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LEZIONE 14

Proteasi - Proteases
 Le proteasi - chiamate anche peptidasi o proteinasi - sono enzimi che catalizzano l'idrolisi dei legami
peptidici (portano avanti la proteolisi, ovvero la scissione delle proteine in peptidi più piccoli che
possono ulteriormente idrolizzati fino ad arrivare ai singoli aa componenti)
 Le proteasi si sono evolute più volte e diverse classi di proteasi possono eseguire la stessa reazione
(scissione dei legami peptidici) con meccanismi catalitici completamente diversi
 Le proteasi sono presenti sia nel mondo animale che vegetale, oltre che nei funghi, batteri e virus
 In base alla struttura e al meccanismo molecolare del sito catalitico, le proteasi possono essere
classificate in sette grandi gruppi, in base alla struttura chimica ma soprattutto sulle caratteristiche
del meccanismo molecolare, sulla natura degli aa presenti nel gruppo funzionale che presiedono al
meccanismo molecolare del processo catalitico:

1. Serine proteases / serina proteasi: sono caratterizzate dalla funzione nucleofila del gruppo -OH


della catena laterale di una serina nel sito catalitico
2. Cysteine proteases / cisteina proteasi: gruppo –SH di una cisteina nel sito catalitico
3. Threonine proteases / treonina proteasi: la funzionalità catalitica è legata al gruppo -
OH secondario della catena laterale di una treonina nel sito catalitico
4. Aspartate proteases / aspartato proteasi: contengono due residui di acido aspartico nel sito
catalitico e la funzione catalitica è dovuta dal ruolo acido/base –COOH/COO- di acido aspartico
5. Glutamic proteases / glutammico proteasi:  nel sito attivo troviamo residui di acido glutammico e
la funzione catalitica è svolta attraverso gli equilibri acido/base –COOH/COO- dei due. Residui
acido/base dell’acido glutammico
6. Metalloproteases / metallo proteasi: contengono dei cationi metallici, solitamente Zn2+
7. Asparagine peptide lyases / asparagina peptide liasi: utilizzano una asparagina della catena
proteica nel sito catalitico per svolgere una reazione di eliminazione, scissione idrolitica (non
richiede acqua, come nelle precedenti proteasi).

Serin Proteasi
Il gruppo serin proteasi è caratterizzato da numerosi enzimi:
Tripsina, chimotripsina, elastasi, trombina, subtilisina, plasmina, attivatore tissutale del plasminogeno (ti
ssue plasminogen activator tPA)

 Le serin proteasi sono una classe di proteasi il cui meccanismo catalitico è basato sulla presenza nel
sito attivo di un residuo di serina
 La serina fa parte di una “triade catalitica” di Ser, His, Asp presente nel sito attivo. La triade è
collegata tramite dei legami ad idrogeno e il ruolo catalitico è esplicato attraverso il meccanismo
nucleofilo del gruppo OH della serina che attacca il carbonio carbonilico di un legame peptidico
all’interno della sequenza degli amminoacidi.
 Le Serina proteasi sono proteine omologhe (similitudini strutturali), ma
la posizione della triade catalitica può variare 
 Gli enzimologi numerano questi residui sempre come His-57(istidina), Asp-102(aspartato), Ser-195 ,
in modo da unificare il meccanismo catalitico su questi 3 aa cardini della funzione catalitica
 Le proteasi sono enzimi che catalizano l' idrolisi di legami peptidici. Le serin proteasi sono una
classe di proteasi il cui meccanismo catalitico è basato sulla presenza nel sito attivo di un residuo di
serina. 

 Chimotripsina e tripsina sono proteasi digestive sintetizzate in forma di zimogeni inattivi nel
pancreas ed attivate nell’intestino ad opera di altre proteasi. È importante perché se le proteasi
fossero attive fin dal momento in cui sono presenti e sintetizzate nelle cellule pancreatiche
comincerebbero ad attivare la loro funzione catalitica di scissione di proteine all’interno di queste
cellule provocando dei danni tissutali. Entrambe sono delle endopeptidasi (idrolizzano i legami
peptidici interni della proteina dando origine a frammenti più corti rompendo dei legami peptidici,
possoo essere ulteriormente scissi fino ad arrivare ai singoli aa componenti).

 La tripsina riconosce preferenzialmente le catene laterali degli amminoacidi Lys e Arg ed idrolizza il
legame peptidico a livello della loro estremita’ C-terminale della lisina o dell’argenina. La
chimotrispsina e’ un’ enzima con bassa specificita’ ed è selettiva nei riguardi della Phe, Tyr e Trp. La
lisina e l’arginina hanno una catena laterale che termina con un residuo azotato mentre nella
chimotrispina abbiamo una selettività per aa che hanno una una catena laterale con un gruppo
aromatico voluminoso.

 Molto meno suscettibili di idrolisi sono i legami in cui sono impegnate l' isoleucina e la valina. Di
fatto una proteina idrolizzata dalla chimotripsina dà origine in primo luogo a peptidi con gli
aminoacidi Phe, Tyr e Trp in posizione C-terminale; in un secondo tempo si formano peptidi con Leu
e Met C-terminali. Solo più lentamente appaiono in posizione C-terminale sia Ile, Val e tutti gli altri
aminoacidi.
Una proteina idrolizzata dalla chimotripsina darà origine più velocemente a peptidi che espongono
al carbossile terminale fenilialanina, tirosina e triptofano perché questa è la posizione preferenziale
per l’idrolisi e solo in un secondo tempo questi peptidi formati nella prima scissione possono essere
ulteriormente scissi a livello di leucina, isoleucina e metionina.

Vediamo rappresentati a sx in maniera


sintetica quelle che sono le caratteristiche del
sito attivo degli enzimi e delle motivazioni
strutturali per cui ci sono delle selettività in
queste diverse serin proteasi. La
chimotripsina ha una larga tasca idrofobica,
ospita molto bene la Phe, Tyr e Trp, le catene
laterali aromatici di questi aa.
Nel caso della tripsina abbiamo un residuo di
acido aspartico deprotonato sul fondo di
questa sacca che quindi crea un’interazione
elettrostatica con un residuo azotato carico
positivamente di una lisina o di un’arginina.
Questo è il motivo per cui questa tripsina ha
un’elevata selettività per lisina e arginina e
anche molto specifica. Nel caso della chimotripsina c’è una selettività preferenziale per Phe, Tyr e Trp ma
poi possono entrare ed essere idrolizzati legami peptidici anche di altri aa apolari, nel caso della tripsina c’è
una specificità molto più elevata.
Nelle elastasi c’è ancora una sacca idrofobica più piccola che ospiti le catene laterali di piccoli aa apolari
come licina, alanina e valina. Scinde a livello del legame peptidico di questi aa.
Vediamo schematicamente rappresentate le sequenze amminoacidiche di alcuni di queste proteine nella
forma di zimogeno, la forma inattiva, ci sono anche dei ponti di solfuro. Sono evidenziate l’isitina 57,
l’aspartico102 e la serina 195 caratteristiche del sito catalitico anche se in alcuni casi possono essere
posizionati con una sequenza diversa ma costituiscono sempre delle triadi catalitiche nel sito attivo.
Come possono diventare attive? Vediamo il caso della chimotripsina la quale viene prodotta inizialmente
sottoforma di chimotripsinogeno, la forma si zimogeno inattivo (le catene in giallo rappresentano i ponti di
solfuro). Il primo passo per l’attivazione è una scissione proteolitica a livello dell’arginina15, si apre la
sequenza peptidica e poi c’è un autodigestione a livello della leucina 13, tirosina146, aspartico148 dalla
forma pigreco-chimotripsina. Dalla forma inattiva si passa alla forma parzialmente attiva che inizia un
processo di autodigestione, scinde le coppie di aa evidenziate in rosa quindi il legame 13-14, 146-147,148-
149 e dà luogo all’alfa-chimotripsina, l’enzima attivo che svolge le funzioni catalitiche.

Meccanismo delle serina proteasi


Una combinazione di catalisi covalente (significa che si crea un legame covalente tra un residuo
amminoacidico dell’enzima e il substrato) e acido-basica generale (basato sulle funzioni acide e basiche dei
residui di aa che sono all’interno del sito attivo)

 Asp-102 in forma deprotonata orienta il residuo di His-57 il residuo imidazolico dell’istidina 57


viene orientato e bloccato dal residuo di aspartato generando il legame ad H tra il protone del
gruppo NH dell’anello imidazolico con l’ossigeno negativo dell’aspartato
 His-57 funge da  reagente acido e base, con l’azoto protonato può cedere un protone e dall’altro
può prelevare un protone dal substrato. Forma un legame H con l’ossigeno della serina 195 e
vedremo come nel meccanismo sarà importante nel rimuovere il protone dal gruppo OH.
 Ser-195 forma un legame covalente con il peptide che deve essere idrolizzato, ecco perché
parliamo di catalisi covalente e acido-base. La funzione acido-base è portata avanti dall’istidina ,
donazioni protoni e rimozioni protoni mentre la catalisi covalente attraverso l’attacco nucleofilo di
questo ossigeno sul carbonile peptidico.
 Il legame covalente converte il carbonile peptidico in ossianione tetraedrico intermedio (come
avvengono il tutte le reazioni di sostituzione nucleofila al carboni acilico) con una carica negativa
sull’ossigeno, il quale è stabilizzato dagli N-H della Gly-193 e della Ser-195
 L’ossianione,per effetto del gruppo acido dell’istidina, collassa  a seguito del effetto del gruppo
acido dell’isitidina (catalisi acida),portando alla scissione del legame peptidico e rilascia una
porzione della catena peptidica andando incontro ad ulteriore evoluzione che porta al rilascio
dell’altra metà.
Osserviamolo in maniera più dettagliata:
PRIMO RIQUADROnel sito catalitico abbiamo l’aspartato 102 che orienta il residuo dell’istidina57, il
legame ad H tra l’NH e l’ossigeno negativo all’aspartato, dall’altra parte abbiamo un legame ad H tra
l’azoto basico dell’anello imidazolico e il protone dell’ossidrile laterale della serina 195. L’azoto basico
dell’istidina rimuove il protone e libera un ossanione, un alcossido un O- nucleofilo sul residuo della serina.
SECONDO RIQUADRO l’O- nucleofilo che è stato liberato sta nel sito attivo dell’enzima adiacente al
residuo peptidico, il peptide è stato già inglobato all’interno del sito attivo e grazie alla tasca di
riconoscimento specifiche riconoscerà un determinato aa. Esempio: immaginiamo sia un residuo di
fenilalanina ci sarà una larga tasca idrofobica oppure nel caso della tripsina ci sarà un residuo di lisina che
viene ospitato in una tasca più piccola e più stretta dove sul fondo c’è un aspartato negativo che lega
l’azoto carico +. Sia la triade catalitica che il residuo peptidico che deve essere scisso sono tutte in
prossimità tra di loro all’interno del sito catalitico e il peptide viene esposto alla triade catalitica attraverso
l’aa della sequenza che è riconosciuto specificamente dal sito attivo.
L’ossanione nucleofilo attacca il carbonio acilico peptidico e genera l’intermedio tetraedrico ovvero
l’ossanione, classico di tutte le sostituzioni nucleofile aciliche, il quale siccome ha una carica negativa
netta sull’ossigeno deve essere stabilizzato per interazione con l’NH della serina 195, già disposta per
quest’interazione, e con un altro residuo NH della glicina 193. Una volta stabilizzata interviene un effetto
di donazione acida del protone da parte dell’istidina( prima aveva svolto una funzione basica prelevando il
protone dall’OH della serina ora cede nuovamente il protone all’azoto il legame si scinde e va a legare il
protone mentre la coppia elettronica torna sull’azoto e contemporaneamente si ripristina il doppio legame
carbonio ossigeno.
Qual è la conseguenza di questo
flusso di elettroni? Il legame
viene scisso e l’azoto viene
protonato, si stacca un pezzo del
peptide attraverso il residuo
ammino terminale, esce dal sito
attivo. Nel sito attivo resta l’altro
frammento peptidico quello che
portava il residuo di aa
riconosciuto dal sito attivo, nel
caso della chimotripsina può
essere una fenilalanina, nel caso
di una tripsina può essere una
lisina, nel caso di un’elastasi può
essere un piccolo aa apolare.
Viene legato al sito attivo
attraverso un legame estereo,
perchè in quanto l’ammide si è
rotto, il resto del polipeptide è
legato alla serina 195 ed è legato
come estere, interagisce grazie a dei legami ad H che lo tengono stabile e fermo in questa posizione. La
reazione non può finire così infatti ci devono essere una serie di passaggi che staccano anche l’altro residuo
dal sito attivo.

Gli studi meccanicistici sulle serin proteasi sono basati


su cristallografia a raggi X. Si è riuscito a bloccare dei
complessi tra enzima e substrato, in determinate
condizioni sono stati ottenuti dei cristalli e attraverso
la cristallografia a raggi x si sono riconosciute le
interazioni di legame.
La glicina 193 e la serina 195 sono legati tramite dei
legami ad H, l’O della catena laterale della serina che
è pronto per portare avanti l’attacco nucleofilo al
carbonile, si forma l’intermedio tetraedrico
ossanionico carico – stabilizzato dalle interazioni con i
2 legami ad H. Nel buco dell’ossanione si verifica
l’aspetto fondamentale del meccanismo catalitico.
L’ossigeno della catena laterale della serina che ha
portato l’attacco nucleofilo al carbonio acilico. Il
legame si rompe, rilascia il residuo, resterà legata la sequenza peptidica attraverso il legame estereo
all’ossigeno della serina.

A questo punto interviene una molecola d’acqua che è presente nel sito attivo, l’istadina rimuove un
protone dalla molecola d’acqua che prende parte al processo catalitico, si genera un OH- nucleofilo che
immediatamente attacca il carbonile dell’estere (sost nucleofila acilica), si genera un nuovo intermedio
tetraedrico, l’O- ricostituisce il doppio legame C=O, il legame viene scisso e riprotonato ad opera del
gruppo acido dell’istidina.
Collassa a seguito della catalisi acida esercitata dall’istidina che va riprotonare l’ossigeno della serina e il
frammento peptidico viene rilasciato in cui il C terminale è costituito dal residuo aa che era stato
riconosciuto dal sito attivo dell’enzima. Se abbiamo una chimotripsina, il residuo C terminale potrebbe
essere una fenilalanina, una tirosina o un triptofano; se abbiamo la tripsina potrebbe essere una lisina o
una arginina; se abbiamo un’elastasi potrà essere un piccolo aa con catena laterale lipofila con una valina,
alanina o glicina.

Naturalmente in conseguenza del rilascio anche di questo secondo frammento peptidico , l’enzima torna
nella sua struttura nativa, si è completato il processo catalitico. L’aspartato forma un legame ad H con l’NH
acido dell’istidina e l’azoto basico che forma il legame ad H con l’OH della catena laterale della serina 195.
Pronto l’enzima per un nuovo processo catalitico, identico a quello appena descritto.

RIASSUMENDO TUTTO IL CICLO CATALITICO


Partiamo dal sito attivo in cui è
presente la triade catalitica.
L’aspartato102 forma un legame H con
istidina 57, la serina195 è orientata
attraverso un legame ad H con l’azoto
basico, pronta per ospitare, in una
determinata regione spaziale (BUCO
DELL’OSSANIONE) la formazione
dell’ossanione. È un enzima non ancora
complessato. Entra il peptide, che viene
riconosciuto dalla catena laterale di
questo aa per cui c’è la specificità. Il
carbonile terminale di questo aa si
accomoda all’interno del buco
dell’ossanione dove avviene uno dei
processi chiavi del processo catalitico:
la base rimuove il protone, l’ossigeno
nucleofilo attacca il carbonile, il quale
genera l’ossanione che viene stabilizzato sia dall’NH della serina195 che dall’NH della glicina193.
L’intermedio tetraedrico collassa, perché l’azoto viene protonato dal gruppo acido dell’istidinasi scinde il
legamesi forma doppio legame C=O viene liberato un primo frammento peptidico, altro è legato con
legame estereo viene scisso il legame estereo attraverso l’intermediazione di una molecola di acqua,
avviene la catalisi acida dell’istidina, si genera un nuovo ossanione stabilizzato dalle interazioni dei legami
ad H all’interno del buco dell’ossanione ripristino della struttura enzimatica nativa fuoriuscita del
secondo frammento con C terminale caratterizzato dal residuo aa che viene riconosciuto da questo
specifico enzima si ritorna alla situazione iniziale e parte un altro ciclo catalitico
Qui vediamo un altro
aspetto interessante che è
servito a caratterizzare
questi meccanismi
enzimatici. Notiamo le
tasche di riconoscimento
dei residui amminoacidici,
quella lunga della tripsina
con l’aspartato sul fundo,
la larga tasca idrofobica
della chimotripsina, la
piccola tasca dell’elastasi.
La chimotripsina ha anche
un effetto catalitico sui
legami esterei, quindi è in
grado di scindere degli
esteri che simulano il
substrato per delle
analogie strutturali.
Ad esempio nel p-
nitrofenilacetato c’è un nitrobenzene che simula un gruppo lipofilo grosso come quello della fenilalanina,
che può essere riconosciuto e ospitato all’interno di questa tasca e un legame estereo che può essere
scisso. La cosa interessante che ha aiutato a definire questo processo meccanicistico è che la cinetica è
basata su un processo a due fasi. Nel primo passaggio abbiamo la scissione del legame estereo con il
rilascio del p-nitrofenolato, mentre il residuo acilico si lega alla serina. Meccanismo analogo alla scissione
peptidica, simula la rottura del legame peptidico. Nel secondo stadio, invece, si ha la scissione del gruppo
acilico dalla serina, con rilascio dell’acetato, grazie all’intervento di una molecola d’acqua. Il primo è un
processo molto rapido, veloce, mentre il secondo è un processo più lento. Studiando le cinetiche di queste
due fasi, si nota che la scissione inizia con quella che viene definita una vera e propria esplosione di rilascio
del p-nitrofenolato. Questo composto è pigmentato in giallo, quindi comunque ben riconoscibile attraverso
procedure analitiche, quindi se ne può seguire il rilascio nel tempo. Una volta che viene rilasciato anche
l’acetato, di sui si può misurare anche la concentrazione, i due processi seguono con uno stato stazionario
di rilascio parallelo.
Passiamo alla seconda classe di enzimi: le aspartato proteasi.
Aspartato proteasi: pepsina, chimosina, catepsina D, renina e proteasi HIV-1.
Questi enzimi sono caratterizzati da:
 Presenza di due residui di Asp nel sito attivo, che fungono da catalizzatori acido-base, cedono o
acquistano protoni secondo il momento meccanicistico, a seconda dello stato in cui si trova la catena
laterale del residuo di acido aspartico, se si trova sottoforma di –COOH, fungerà da acido cedendo un
protone, se, invece, sottoforma di –COO- fungerà da base, acquisirà un protone dal substarto,
dall’ambiente di reazione.
 Molte aspartato proteasi hanno una struttura terziaria con due lobi (N-terminale e C-
terminale) che si ripiegano per generare una struttura simmetrica.

Ci sono inoltre delle strutture dimeriche


di proteasi, vediamo ad esempio la
proteasi dell’HIV, struttura
omodimerica, costituita da due residui
proteici che si affacciano l’uno contro
l’altro, con il sito attivo nella zona
centrale con residui di aspartato. Il sito
attivo è ricoperto con due ali
simmetriche e scinde le catene
proteiche di sequenze di poliproteine prodotte dal genoma dell’HIV e in questo modo vengono attivate le
proteine virali responsabili dell’attività del virus.
Vediamo poi un modello di renina, una struttura ripiegata su se stessa con al centro il sito attivo. Si tratta di
una struttura di tipo monomerico.
una cosa importante dell’attività
catalitica di quest’enzima è che
quest’attività è fortemente
dipendente dai valori di pH. Queste
proteasi raggiungono il massimo
dell’attività a valori di pH
intermedio mentre sono inibite da
valori di pH estremi, quindi o
troppo bassi e troppo acidi o
troppo alti e troppo basici.
Ad esempio la pepsina ha un suo
massimo di attività tra velori di 2 e
4 mentre l’HIV proteasi è spostata
verso valori leggermente più alti,
tipo 4/5.
Questi grafici riportano la
variazione dell’attività del gruppo
che funge da base di un aspartato e
quindi quest’attività aumenta
all’aumentare del pH, raggiungendo un valore stazionario a valori di pH più elevati, mentre la funzione del
gruppo acido aumenta al diminuire del pH. Ma siccome l’effetto catalitico è basato sul funzionamento di
entrambi i residui catalitici, l’attività sarà un compromesso tra i due, e quindi raggiunge valore massimo a
valori di pH intermedi, poiché ci deve essere un bilanciamento equilibrito dell’attività sul gruppo basico
(riquadro a) sia dell’attività sul gruppo acido (riquadro b).
Meccanismo d’azione dell’aspartato proteasi: una diade catalitica con due residui di acido aspartico.
 I valori di pKa dei residui di Asp sono cruciali: uno dei residui ha un pKa basso, l’altro un pKa alto, questo fa
sì che poi ci sia un valore intermedio dell’ttività di quest’enzima.
 Nella pepsina I due residui hanno valori di pKa di 1,4 e 4,3

 
 Il residuo Asp deprotonato agisce come base generale e, accettando un protone dall’acqua, genera OH-
nucleofilo, nello stato di transizione;
 Simultaneamente l’altro residuo di Asp (acido generale) dona un protone, facilitando l’attacco nucleofilo
e la formazione dell’intermedio tetraedrico, classico di una sostituzione nucleofila acilica.

MECCANISMO: Abbiamo (sulla dx) l’aspartato 32 nella forma basica e un residuo di aspartato 215 nella
forma acida protoanata. Quello di sopra catalisi basica, quello di sotto catalisi acida. Nel sito attivo
abbiamo una molecola d’acqua, e poi abbiamo il legame peptidico che deve essere scisso. L’ossigeno del
legame peptidico forma un legame ad idrogeno con il protone dell’acido aspartico che si trova nella forma
acida, dall’altro lato, invece, l’anione carbossilato dell’aspartato nella forma basica, fa da base e preleva un
protone dall’acqua e contemporaneamente l’ossigeno nucleofilo dell’acqua va ad attaccare il carbonio
acilico (attivato) dell’amminoacido. Tutto questo è il complesso di questi tre effetti contemporanei. Questo
porta ad un intermedio tetraedrico stabilizzato all’interno del sito attivo. Il protone condiviso tra i due
residui di acido aspartico viene riceduto all’aspartato 215 che, a questo punto, può nuovamente esercitare
la sua funzione acida, va a protonare l’N della sequenza peptidica, mentre il carbossilato fa da base e
rimuove uno dei protoni dell’intermedio tetraedrico, si rigenera il C carbonilico, si scinde il legame C-NHR a
seguito della catalisi acida che va a protonare l’azoto, esce il residuo azotato, peptidico con N terminale,
mentre dall’altro lato il residuo peptidico con il carbossile terminale. Alla fine di questo processo si
ricostituisce l’enzima nella sua struttura originale per far partire un nuovo ciclo.
L’HIV-1 proteasi: una nuova proteasi aspartica
 L’HIV-1 proteasi rompe selettivamente le catene poliproteiche prodotte dal genoma dell’HIV “attivando” le
proteine del virus scindendo queste sequenze poliproteiche attiva la funzione virale.
 Questa proteasi rappresenta una impressionante imitazione delle proteasi aspartiche dei mammiferi.
 La proteasi HIV-1 è tuttavia un omodimero (grande particolarità) – una soluzione “geneticamente
economica” per il virus, in quanto richiede un solo gene per essere prodotta.
 Il sito attivo è simmetricamente ricoperto da due lembi che richiudono questo sito attivo.
 I due residui di Asp hanno uno un’alto pKa, e l’altro un basso pKa e questo fa sì che il valore massimo di
attività sia correlato ad un valore intermedio di pH.

Quando l'HIV-RNA virale entra nella cellula, è accompagnato da tre enzimi: una trascrittasi inversa,
un'integrasi e un PR maturo di HIV-1.
La trascrittasi inversa converte l'RNA virale in DNA (codice genetico che porterà le informazioni genetiche
nella cellula), facilitando il ruolo dell'integrasi nell'incorporare le informazioni genetiche virali con il DNA
nella cellula ospite.
Il DNA virale può rimanere dormiente anche per molto tempo (inattivo) nel nucleo o essere trascritto in
mRNA e tradotto dalla cellula ospite nella poliproteina Gag-Pol (GA=GRUPPO ANTIGENICO). Questa
proteina deve essere scissa perché possa essere attivata e possa esplicarsi tutta la funzione dannosa del
virus. Viene quindi scissa in singole proteine funzionali contenute nella sequenza poliproteica (incluso un
HIV-1 PR appena sintetizzato) del maturo HIV-1 PR.
Il precursore dell'HIV-1 PR catalizza la propria produzione facilitando la sua scissione dalla poliproteina
Gag-Pol in un meccanismo noto come autoelaborazione o autoprocessamento.
L'autoelaborazione dell'HIV-1 PR è caratterizzata da due fasi sequenziali:
 La scissione intramolecolare a livello dell'N-terminale nel sito di scissione della p6pol-proteasi, che serve a
finalizzare l'elaborazione della proteasi e aumentare l'attività enzimatica, inoltre porta alla formazione di un
nuovo intermedio di trascrittasi inversa formato dalla proteasi.
 La scissione intermolecolare del C-terminale nel sito di scissione della proteasi-trascrittasi inversa, che porta
all'assemblaggio di due subunità della proteasi che porta alla formazione di un dimero maturo.
 La dimerizzazione delle due
subunità consente la
formazione di un sito attivo
combinato completamente
funzionale, caratterizzato da
due residui catalitici Asp25
(uno da ciascun monomero).

questo è uno schema di quanto


abbiamo appena detto.
Viene rappresentato
simbolicamente l’RNA messaggero
che porta poi alla sintesi della
poliproteina GAG-POL.
Nel secondo segmento sono inglobate tutte le proteine virali che devono essere liberate attraverso un
meccanismo di autoprocessamento autoproteolisi.
La proteasi iniziale da HIV innecs ail processo di scissione attraverso cui vengono liberate tutta una serie di
proteine tra cui l’integrasi, la trascrittasi inversa e la nuova proteasi da HIV. In questo modo viene attivata
la funzionalità virale che poi procede attraverso la replicazione del virus. La trascrittasi inversa va a
convertire altro RNA virale in DNA, l’integrasi lo incorpora nel DNA cellulare, quest’ultimo viene trscritto in
mRNA, e così riparte un nuovo processo di traslazione. La cosiddetta gag-pol poliproteina contiene tutte le
proteine codificate e premature che devono essere poi liberati attraverso un processo di scissione grazie
alla proteasi matura
iniziale.
Sono stati fatti anche in
questo caso diversi studi
abbastanza approfonditi, in
particolare alcuni studi
meccanicistici sonp stati
effettuati utilizzando
dell’acqua contenente
ossigeno 18, detta anche
acqua pesante che, però, si
riferisce propriamente ad
acqua deuterata.
I due residui di ac aspartico
sulle due subunità
dimeriche che si
agganciano l’una all’altra,
hanno da una parte la
funzione basica che preleva
il protone dall’acqua,
dall’altra parte il gruppo acido che va a protonare il residuo carbonilico del legame peptidico. In questo
caso abbiamo un dipeptide che può essere usato come modello nello studio del meccanismo di reazione.
L’acqua porta, quindi, l’attacco nucleofilo, si forma il classico intermedio tetraedrico che poi andrà a
collassare con i classici processi visti prima. Sarà rimosso il protone dalla funzione basica dell’aspartato,
mentre sarà protonato il gruppo OH dalla funzione acida, si rigenera il carbonile. In questo caso non
abbiamo una scissione ma un equilibrio tra il C tetraedrico che viene formato e poi scisso nuovamente e in
questo processo di equilibrio abbiamo uno scambio tra l’O18 della molecola di acqua pesante e quindi ci
ritroviamo alla fine un peptide marcato con ossigeno 18. Questo ci autorizza ad ipotizzare un meccanismo
catalitico di scissione del legame peptidico analogo a quello delle classiche aspartato proteasi.

TERAPIA DELL’HIV: inibitori delle proteasi come farmaci contro l’AIDS


Abbiamo visto che tutta l’attività enzimatica è legata nella prima fase alla trascrittasi inversa che converte
l’RNA virale in DNA e poi grazie all’integrasi viene inserito nel DNA cellulare. Nella seconda fase, però,
abbiamo un altro meccanismo importante: la scissione della gag-pol poliproteina ad opera della proteasi da
HIV. Se le HIV-1 proteasi potessero essere selettivamente inibite, le proteine e, quindi, i prodotti dell’HIV
non si potrebbero formare. C’è stato infatti un grandissimo interesse nello studio di inibitori delle proteasi
sono attualmente sul mercato come farmaci anti-AIDS. Questi studi hanno portato alla scoperta di molti
inibitori delle proteasi che si sono dimostrati attivi in vitro nei terreni di cultura del virus.
In questa immagine ne
vediamo alcuni che sono stati
sviluppati sottoforma di
farmaci utilizzati ancora oggi
efficacemente nella terapia
contro l’AIDS. In questa terapia,
però, vengono utilizzati
principalmente dei cockteil di
farmaci, per cui vi sono vari
inibitori enzimatici efficaci a
vari livelli, per avere miscele di
farmaci più efficaci di un
singolo farmaco.

Tuttavia, un inibitore da utilizzare come farmaco deve essere in grado di bloccare le funzionalità della
proteasi virale da HIV, senza danneggiare le proteasi essenziali presenti nell’organismo umano, devono
quindi essere selettivi per la proteasi virale e non intaccare le altre proteasi. Questo, però, non è sempre
semplice.
Lo studio, quindi, di questi processi catalitici enzimatici e delle caratteristiche strutturali che vi presiedono,
consentono di sviluppare, nel caso in cui determinati enzimi siano particolarmente rilevanti in particolari
malattie, un approccio importante allo sviluppo dei farmaci e quindi di molecole in grado di alterare il
funzionamento di questi enzimi. Il meccanismo inibotorio, ovviamente, prevede che l’inibitore entri nel sito
attivo e resti lì, bloccato, nel caso di inibitore competitivo, oppure si può avere anche un inibitore non
competitivo che può alterare la conformazione
del sito attivo.
In questa immagine sono riportati una serie di
meccanismi delle proteasi.
Quella della serin proteasi, in cui la serina,
attraverso l’azione dell’istidina, diventa nucleofilo
e attacca il sito attivo.
È riportato poi il funzionamento basico iniziale
delle cisteine proteasi. L’istidina attiva la funzione
nucleofila di un gruppo SH di una cisteina e in
questo caso S- porta l’attacco nucleofilo al
peptide.
Poi vediamo il funzionamento dell’aspartato
proteasi, di cui abbiamo ampiamente discusso.
Infine abbiamo lo schema di funzionamento delle
metalloproteasi. Esse hanno un catione positivo,
di solito Zn 2+ complessato con residui di istidina o altri residui amminoacidici. Lo zinco complessa il c
acilico del peptide per un’interazione elettrostatica, complessa anche una mol d’acqua è molto
importante la collocazione di questo complesso nel sito attivo. Abbiamo infatti il C acilico di cui viene
accentuata l’elettrofilictà grazie all’effetto del catione zinco, questo è ben fissato nel sito attivo, quindi
anche l’intero complesso lo sarà. Questo vale anche per la mol d’acqua da cui viene poi rimosso un protone
dal gruppo basico dell’acido glutammico e allora l’ossigeno nucleofilo attacca il carbonile, si forma
l’intermedio tetraedrico e da qui si va avanti con un processo analogo visto per le aspartato proteasi.

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