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Proteasi - Proteases
Le proteasi - chiamate anche peptidasi o proteinasi - sono enzimi che catalizzano l'idrolisi dei legami
peptidici (portano avanti la proteolisi, ovvero la scissione delle proteine in peptidi più piccoli che
possono ulteriormente idrolizzati fino ad arrivare ai singoli aa componenti)
Le proteasi si sono evolute più volte e diverse classi di proteasi possono eseguire la stessa reazione
(scissione dei legami peptidici) con meccanismi catalitici completamente diversi
Le proteasi sono presenti sia nel mondo animale che vegetale, oltre che nei funghi, batteri e virus
In base alla struttura e al meccanismo molecolare del sito catalitico, le proteasi possono essere
classificate in sette grandi gruppi, in base alla struttura chimica ma soprattutto sulle caratteristiche
del meccanismo molecolare, sulla natura degli aa presenti nel gruppo funzionale che presiedono al
meccanismo molecolare del processo catalitico:
Serin Proteasi
Il gruppo serin proteasi è caratterizzato da numerosi enzimi:
Tripsina, chimotripsina, elastasi, trombina, subtilisina, plasmina, attivatore tissutale del plasminogeno (ti
ssue plasminogen activator tPA)
Le serin proteasi sono una classe di proteasi il cui meccanismo catalitico è basato sulla presenza nel
sito attivo di un residuo di serina
La serina fa parte di una “triade catalitica” di Ser, His, Asp presente nel sito attivo. La triade è
collegata tramite dei legami ad idrogeno e il ruolo catalitico è esplicato attraverso il meccanismo
nucleofilo del gruppo OH della serina che attacca il carbonio carbonilico di un legame peptidico
all’interno della sequenza degli amminoacidi.
Le Serina proteasi sono proteine omologhe (similitudini strutturali), ma
la posizione della triade catalitica può variare
Gli enzimologi numerano questi residui sempre come His-57(istidina), Asp-102(aspartato), Ser-195 ,
in modo da unificare il meccanismo catalitico su questi 3 aa cardini della funzione catalitica
Le proteasi sono enzimi che catalizano l' idrolisi di legami peptidici. Le serin proteasi sono una
classe di proteasi il cui meccanismo catalitico è basato sulla presenza nel sito attivo di un residuo di
serina.
Chimotripsina e tripsina sono proteasi digestive sintetizzate in forma di zimogeni inattivi nel
pancreas ed attivate nell’intestino ad opera di altre proteasi. È importante perché se le proteasi
fossero attive fin dal momento in cui sono presenti e sintetizzate nelle cellule pancreatiche
comincerebbero ad attivare la loro funzione catalitica di scissione di proteine all’interno di queste
cellule provocando dei danni tissutali. Entrambe sono delle endopeptidasi (idrolizzano i legami
peptidici interni della proteina dando origine a frammenti più corti rompendo dei legami peptidici,
possoo essere ulteriormente scissi fino ad arrivare ai singoli aa componenti).
La tripsina riconosce preferenzialmente le catene laterali degli amminoacidi Lys e Arg ed idrolizza il
legame peptidico a livello della loro estremita’ C-terminale della lisina o dell’argenina. La
chimotrispsina e’ un’ enzima con bassa specificita’ ed è selettiva nei riguardi della Phe, Tyr e Trp. La
lisina e l’arginina hanno una catena laterale che termina con un residuo azotato mentre nella
chimotrispina abbiamo una selettività per aa che hanno una una catena laterale con un gruppo
aromatico voluminoso.
Molto meno suscettibili di idrolisi sono i legami in cui sono impegnate l' isoleucina e la valina. Di
fatto una proteina idrolizzata dalla chimotripsina dà origine in primo luogo a peptidi con gli
aminoacidi Phe, Tyr e Trp in posizione C-terminale; in un secondo tempo si formano peptidi con Leu
e Met C-terminali. Solo più lentamente appaiono in posizione C-terminale sia Ile, Val e tutti gli altri
aminoacidi.
Una proteina idrolizzata dalla chimotripsina darà origine più velocemente a peptidi che espongono
al carbossile terminale fenilialanina, tirosina e triptofano perché questa è la posizione preferenziale
per l’idrolisi e solo in un secondo tempo questi peptidi formati nella prima scissione possono essere
ulteriormente scissi a livello di leucina, isoleucina e metionina.
A questo punto interviene una molecola d’acqua che è presente nel sito attivo, l’istadina rimuove un
protone dalla molecola d’acqua che prende parte al processo catalitico, si genera un OH- nucleofilo che
immediatamente attacca il carbonile dell’estere (sost nucleofila acilica), si genera un nuovo intermedio
tetraedrico, l’O- ricostituisce il doppio legame C=O, il legame viene scisso e riprotonato ad opera del
gruppo acido dell’istidina.
Collassa a seguito della catalisi acida esercitata dall’istidina che va riprotonare l’ossigeno della serina e il
frammento peptidico viene rilasciato in cui il C terminale è costituito dal residuo aa che era stato
riconosciuto dal sito attivo dell’enzima. Se abbiamo una chimotripsina, il residuo C terminale potrebbe
essere una fenilalanina, una tirosina o un triptofano; se abbiamo la tripsina potrebbe essere una lisina o
una arginina; se abbiamo un’elastasi potrà essere un piccolo aa con catena laterale lipofila con una valina,
alanina o glicina.
Naturalmente in conseguenza del rilascio anche di questo secondo frammento peptidico , l’enzima torna
nella sua struttura nativa, si è completato il processo catalitico. L’aspartato forma un legame ad H con l’NH
acido dell’istidina e l’azoto basico che forma il legame ad H con l’OH della catena laterale della serina 195.
Pronto l’enzima per un nuovo processo catalitico, identico a quello appena descritto.
Il residuo Asp deprotonato agisce come base generale e, accettando un protone dall’acqua, genera OH-
nucleofilo, nello stato di transizione;
Simultaneamente l’altro residuo di Asp (acido generale) dona un protone, facilitando l’attacco nucleofilo
e la formazione dell’intermedio tetraedrico, classico di una sostituzione nucleofila acilica.
MECCANISMO: Abbiamo (sulla dx) l’aspartato 32 nella forma basica e un residuo di aspartato 215 nella
forma acida protoanata. Quello di sopra catalisi basica, quello di sotto catalisi acida. Nel sito attivo
abbiamo una molecola d’acqua, e poi abbiamo il legame peptidico che deve essere scisso. L’ossigeno del
legame peptidico forma un legame ad idrogeno con il protone dell’acido aspartico che si trova nella forma
acida, dall’altro lato, invece, l’anione carbossilato dell’aspartato nella forma basica, fa da base e preleva un
protone dall’acqua e contemporaneamente l’ossigeno nucleofilo dell’acqua va ad attaccare il carbonio
acilico (attivato) dell’amminoacido. Tutto questo è il complesso di questi tre effetti contemporanei. Questo
porta ad un intermedio tetraedrico stabilizzato all’interno del sito attivo. Il protone condiviso tra i due
residui di acido aspartico viene riceduto all’aspartato 215 che, a questo punto, può nuovamente esercitare
la sua funzione acida, va a protonare l’N della sequenza peptidica, mentre il carbossilato fa da base e
rimuove uno dei protoni dell’intermedio tetraedrico, si rigenera il C carbonilico, si scinde il legame C-NHR a
seguito della catalisi acida che va a protonare l’azoto, esce il residuo azotato, peptidico con N terminale,
mentre dall’altro lato il residuo peptidico con il carbossile terminale. Alla fine di questo processo si
ricostituisce l’enzima nella sua struttura originale per far partire un nuovo ciclo.
L’HIV-1 proteasi: una nuova proteasi aspartica
L’HIV-1 proteasi rompe selettivamente le catene poliproteiche prodotte dal genoma dell’HIV “attivando” le
proteine del virus scindendo queste sequenze poliproteiche attiva la funzione virale.
Questa proteasi rappresenta una impressionante imitazione delle proteasi aspartiche dei mammiferi.
La proteasi HIV-1 è tuttavia un omodimero (grande particolarità) – una soluzione “geneticamente
economica” per il virus, in quanto richiede un solo gene per essere prodotta.
Il sito attivo è simmetricamente ricoperto da due lembi che richiudono questo sito attivo.
I due residui di Asp hanno uno un’alto pKa, e l’altro un basso pKa e questo fa sì che il valore massimo di
attività sia correlato ad un valore intermedio di pH.
Quando l'HIV-RNA virale entra nella cellula, è accompagnato da tre enzimi: una trascrittasi inversa,
un'integrasi e un PR maturo di HIV-1.
La trascrittasi inversa converte l'RNA virale in DNA (codice genetico che porterà le informazioni genetiche
nella cellula), facilitando il ruolo dell'integrasi nell'incorporare le informazioni genetiche virali con il DNA
nella cellula ospite.
Il DNA virale può rimanere dormiente anche per molto tempo (inattivo) nel nucleo o essere trascritto in
mRNA e tradotto dalla cellula ospite nella poliproteina Gag-Pol (GA=GRUPPO ANTIGENICO). Questa
proteina deve essere scissa perché possa essere attivata e possa esplicarsi tutta la funzione dannosa del
virus. Viene quindi scissa in singole proteine funzionali contenute nella sequenza poliproteica (incluso un
HIV-1 PR appena sintetizzato) del maturo HIV-1 PR.
Il precursore dell'HIV-1 PR catalizza la propria produzione facilitando la sua scissione dalla poliproteina
Gag-Pol in un meccanismo noto come autoelaborazione o autoprocessamento.
L'autoelaborazione dell'HIV-1 PR è caratterizzata da due fasi sequenziali:
La scissione intramolecolare a livello dell'N-terminale nel sito di scissione della p6pol-proteasi, che serve a
finalizzare l'elaborazione della proteasi e aumentare l'attività enzimatica, inoltre porta alla formazione di un
nuovo intermedio di trascrittasi inversa formato dalla proteasi.
La scissione intermolecolare del C-terminale nel sito di scissione della proteasi-trascrittasi inversa, che porta
all'assemblaggio di due subunità della proteasi che porta alla formazione di un dimero maturo.
La dimerizzazione delle due
subunità consente la
formazione di un sito attivo
combinato completamente
funzionale, caratterizzato da
due residui catalitici Asp25
(uno da ciascun monomero).
Tuttavia, un inibitore da utilizzare come farmaco deve essere in grado di bloccare le funzionalità della
proteasi virale da HIV, senza danneggiare le proteasi essenziali presenti nell’organismo umano, devono
quindi essere selettivi per la proteasi virale e non intaccare le altre proteasi. Questo, però, non è sempre
semplice.
Lo studio, quindi, di questi processi catalitici enzimatici e delle caratteristiche strutturali che vi presiedono,
consentono di sviluppare, nel caso in cui determinati enzimi siano particolarmente rilevanti in particolari
malattie, un approccio importante allo sviluppo dei farmaci e quindi di molecole in grado di alterare il
funzionamento di questi enzimi. Il meccanismo inibotorio, ovviamente, prevede che l’inibitore entri nel sito
attivo e resti lì, bloccato, nel caso di inibitore competitivo, oppure si può avere anche un inibitore non
competitivo che può alterare la conformazione
del sito attivo.
In questa immagine sono riportati una serie di
meccanismi delle proteasi.
Quella della serin proteasi, in cui la serina,
attraverso l’azione dell’istidina, diventa nucleofilo
e attacca il sito attivo.
È riportato poi il funzionamento basico iniziale
delle cisteine proteasi. L’istidina attiva la funzione
nucleofila di un gruppo SH di una cisteina e in
questo caso S- porta l’attacco nucleofilo al
peptide.
Poi vediamo il funzionamento dell’aspartato
proteasi, di cui abbiamo ampiamente discusso.
Infine abbiamo lo schema di funzionamento delle
metalloproteasi. Esse hanno un catione positivo,
di solito Zn 2+ complessato con residui di istidina o altri residui amminoacidici. Lo zinco complessa il c
acilico del peptide per un’interazione elettrostatica, complessa anche una mol d’acqua è molto
importante la collocazione di questo complesso nel sito attivo. Abbiamo infatti il C acilico di cui viene
accentuata l’elettrofilictà grazie all’effetto del catione zinco, questo è ben fissato nel sito attivo, quindi
anche l’intero complesso lo sarà. Questo vale anche per la mol d’acqua da cui viene poi rimosso un protone
dal gruppo basico dell’acido glutammico e allora l’ossigeno nucleofilo attacca il carbonile, si forma
l’intermedio tetraedrico e da qui si va avanti con un processo analogo visto per le aspartato proteasi.