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Contesto storico

Intorno alla metà dell’Ottocento la società subisce una trasformazione ed inizia a massificarsi; si
tratta del portato della rivoluzione industriale, che sebbene giunta in ritardo, porterà anche in Italia
fondamentali novità. La società dei costumi di massa in cui vivranno personaggi di spicco tra cui ad
esempio Verga, non può che influenzare profondamente la cultura ed in particolare la letteratura. La
massificazione infatti fa si che l’uomo, così come l’artista, perda la propria posizione centralizzata.
Le reazioni degli artisti di fronte alla loro incidenza sempre minore sulla società sono
sostanzialmente due: da una parte abbiamo Verga il quale decide di “scomparire” dalla propria
opera, trovando il coraggio di non parlare egli stesso soggettivamente ma di far “parlare”
oggettivamente la propria opera. Egli afferma infatti che “la mano dell’autore deve scomparire e
l’opera deve sembrare essersi fatta da sola”. Dall’alta vi è D’Annunzio, il quale tenderà invece a
fare della propria vita un’opera d’arte.
Proprio in questo periodo si vengono infatti a delineare nuovi movimenti:
- dal positivismo, che predilige le scienze esatte e tutto ciò che può essere accertato e rivelato
attraverso l’esperienza, nasceranno il naturalismo in Francia e il verismo in Italia;
- dalla dissoluzione degli ideali romantici nascerà invece in Francia il simbolismo che si svilupperà
in Italia sotto forma di decadentismo, i cui principali esponenti saranno Pascoli e D’Annunzio.
Queste correnti a prima vista assolutamente contrapposte, si originano da una stessa matrice
romantica rappresentata da Manzoni, in quale aveva dato vita a due diverse tendenze: quella
realistica da cui si sviluppa appunto il naturalismo e quella utopica, tipica di un uomo che voleva e
prevedeva l’unità politica e aveva incentrato tutto sull’idea di patria. Quest’ultimo concetto è
incentrato sull’idealismo romantico il quale si evolverà in una voluta ricerca della verifica. È
proprio da tale visione idealista che trarrà spunto il simbolismo, quella tendenza artistica a vedere
dietro ogni cosa il simbolo di altre, qualcosa che solo l’artista può conoscere e che difficilmente può
trasmettere. Dunque il ruolo che l’artista si ritaglia in una società massificata come questa è quello
di visionario, colui che riesce a vedere e sentire ciò che gli altri non colgono; diventa una sorta di
profeta che riesce ad intuire ciò che si cela dietro i fenomeni reali.
Il simbolismo francese viene anticipato dal poeta Charles Baudelaire che nella sua raccolta “fleurs
du mal” (i fiori del male) vuole racchiudere tutta l’intrinseca malvagità che si può celare dietro un
fiore; i fiori celano tutto il disastro e il turbamento dell’animo umano.
Baudelaire vede l’artista come un disadattato che non è in grado di adattarsi alla società del suo
tempo, alla gretta mentalità borghese che in quel periodo era quella trainante. La borghesia è vista
infatti come un modello da abbattere e controbattere, per questo l’artista, che non riesce a
riconoscersi in questa società, vive ai margini, secondo i propri canoni (il bohemien è infatti il poeta
che non riesce ad adattarsi alla società di cui si sente ospite sgradito).
Baudelaire rappresenta il poeta che interpreta la realtà da un punto di vista dissonante rispetto alla
massa. Manifesto di tale poesia simbolista e della condizione di disagio ed estraneità dell’artista è
l’albatros. Si cela in questa poesia l’opinione che del poeta dà Baudelaire. L’albatros infatti è un
uccello che in volo è maestoso mentre a terra appare goffo e disprezzato; allo stesso modo il poeta,
che sulla terra sembra essere stato posto erroneamente ed è considerato disadattato in mezzo agli
altri uomini comuni e volgari, quando si esprime nel proprio campo, innalzandosi al livello
superiore della poesia, è un miracolo di bellezza.
Da un lato la poetica dell’albatros ha un’accezione simbolista, dall’altro inizia a manifestare
un’esigenza di realismo.
In questo stesso periodo infatti assistiamo alla comparsa della fotografia, la quale cambia
radicalmente il modo in cui l’artista si avvicina all’opera. Se la fotografia infatti rappresenta
esattamente la realtà così com’è, l’artista non ha più motivo di cercare di riprodurla fedelmente, dal
momento che non riuscirà mai a coglierla nella sua interezza come invece riesce a fare questa nuova
forma d’arte. Nasce da qui la tendenza artistica dell’impressionismo in cui si cerca di rappresentare
la realtà partendo non più dall’oggetto bensì dal soggetto.
Naturalismo e verismo

A sancire il passaggio al naturalismo fu il pre-naturalista francese Gustave Flaubert, autore di


Madame Bovary. Flaubert è il primo a mostrare le regole del naturalismo, che risponde infatti a
canoni ben precisi:
- deve cessare la visione soggettiva delle cose, dalla narrazione si passa infatti alla descrizione
oggettiva: l’opera d’arte deve parlare da sola (da qui l’importanza della fotografia che mostra la
realtà così com’è);
-l’artista non deve esprimere il proprio giudizio neanche su quanto la società stessa giudica; non
deve scavare nella coscienza dei personaggi ma deve presentarceli attraverso ciò che dicono e che
fanno.
Quest'ultimo punto è particolarmente evidente nel già citato romanzo Madame Bovary, in cui la
protagonista, Emma Bovary, presa da una profonda noia per la vita che conduce, decide di tradire il
marito con un giovane studente, Lèon. Ma presto anche la relazione con quest'ultimo non soddisferà
la donna che troverà un nuovo amore in un ricco proprietario terriero, Rodolphe. Emma vorrebbe
scappare con l'amante che però non è ancora pronto per un passo del genere. Ferita da questo
rifiuto, Emma si darà la morte col cianuro.
La tematica dell'adulterio, per di più femminile, era quasi un tabù nel mondo ottocentesco;
malgrado ciò Flaubert descrive in maniera assolutamente distaccata l'atteggiamento di una donna
pronta a tradire il marito non per mancanza di affetto da parte di quest'ultimo ma per noia,
comportamento sicuramente deplorevole sotto ogni punto di vista.
Il romanzo appena descritto mette in un luce un altro aspetto della letteratura naturalista: la
centralità della donna, che per la prima volta dà il titolo ad un romanzo.
Ciò si può notare in un'altra opera naturalista, questa volta della tradizione russa: Anna Karenina di
Lev Tolstoj. Anna, protagonista della vicenda, come Emma Bovary è pronta ad intraprendere una
relazione all'insaputa del marito. Ma ciò che desta più scalpore nel suo atteggiamento è che alla fine
della vicenda, la donna deciderà di abbandonare non solo il consorte ma anche il figlio, gesto che va
contro la natura di una madre. Tutto ciò viene fatto, inoltre, in nome di un amore non perfettamente
corrisposto: l'amante di Anna, infatti, si rifiuterà di seguire la donna, preferendo preservare la
propria carriera.
Altra opera “femminista” di chiaro stampo naturalista è la commedia Casa di bambola del
norvegese Henrik Ibsen. La vicenda gira intorno al personaggio di Nora, moglie devota al marito,
che, per risolvere un problema fiscale di quest'ultimo, decide di chiedere un prestito. Quando l'uomo
viene a sapere dell'iniziativa della moglie, la rimprovera aspramente. Nora si rende conto, in questo
modo, di non aver vissuto la propria vita ma quella di una bambola, amata non per quello che è ma
per il ruolo che il marito le aveva imposto di compiere. La donna decide quindi di abbandonare il
marito e i figli senza un attimo di esitazione.
Per quanto riguarda le altre caratteristiche del naturalismo francese, in esso è presente una forte
volontà di denuncia sociale. L’arte dunque non può non assumersi la responsabilità di incidere nella
realtà e descriverla. Si delinea così l’immagine del letterato impegnato che attraverso la propria
opera può mettere in evidenza i soprusi subiti dalla società. Il naturalismo ha dunque una
concezione progressista dell’arte che viene assunta come elemento distintivo dell’uomo.
Gli altri due grandi esponenti di questa corrente saranno Balzac e Zola.
Nel verismo invece quest’idea dell’arte come elemento fortemente incisivo nella realtà, appare poco
sviluppata. Principale esponente del verismo in Italia è, insieme a Capuana (uno dei “fondatori”
del genere) e De Roberto (che scrisse un romanzo verista, I Viceré, quando ormai il verismo si era
esaurito), Giovanni Verga, il quale si fa propulsore di nuove e fondamentali tecniche narrative:
- l’utilizzo del discorso indiretto libero, privo di quei connettivi che sottolineano il passaggio da
ciò che dice il narratore e ciò che dice il personaggio, questi infatti sono legati da una linea diretta.
Il narratore diventa un personaggio vero e proprio che non giudica gli altri personaggi dall’alto ma
si pone al loro stesso livello (in Verga tale tecnica appare per la prima volta in rosso malpelo).
- La tecnica dello straniamento (introdotta per la prima volta da Tolstoj che in una sua opera fa
descrivere le vicende da un cavallo), attraverso cui si pone come normale qualcosa che di fatto
normale al lettore non sembra.
-Regressione: a differenza di Manzoni che, nel suo romanzo, eleva i personaggi, portandoli al
proprio livello lirico, Verga si cala al livello culturale e sociale dei suoi personaggi.

Confronto tra Naturalismo e Verismo


Naturalismo e verismo, pur nascendo dalla medesima matrice realista, presentano profonde
differenze:
-mentre il naturalismo crede fortemente nel progresso e nella scienza, il verismo tende a sottolineare
i limiti di quest'ultima;
-il naturalismo, ricorrendo a termini prettamente politici, può essere visto come un genere
progressista, attento agli sconvolgimenti sociali e attivo nei confronti di questi ultimi, a differenza
del verismo, di stampo conservatore;
-gli scrittori naturalisti prediligono l'ambiente urbano (in Francia, infatti, culla del naturalismo, tale
settore subirà profondi cambiamenti proprio nell'Ottocento), mentre quelli veristi sono più
interessati a quello rurale (ambiente tipico dell'Italia);
-i personaggi dei romanzi naturalisti sono per la maggior parte esponenti del proletariato urbano,
mentre quelli veristi appartengono perlopiù al ceto contadino.

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