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Ghesce Losan Tenkyon

Gli otto versi dell’addestramento mentale


ScenPhen GiamTse Ling
18 / 19 novembre
Parma

Traduzione Annamaria De Pretis


Trascrizione Ivan Zerlotti

TRASCRIZIONE IMMEDIATA NON CORRETTA E NON REVISIONATA


POTREBBE CONTENERE ERRORI

Ci scusiamo di questo ritardo che è dovuto al nostro dipendere da altri.


È successo che non abbiamo potuto iniziare in orario e ciascuno di noi ha dovuto aspettare.
Tutti di base vorremmo stare bene e non soffrire ma l’obiettivo dei nostri desideri è soggetto alla
legge di causa ed effetto per cui dobbiamo porre le cause specifiche per la felicità ed evitare di
mettere le cause della sofferenza.
Le nostre felicità e le nostre sofferenze dipendono dai nostri atteggiamenti mentali.
Dovremmo essere in armonia nelle nostre azioni con l’obiettivo di causare la felicità, invece il
nostro atteggiamento è spesso dissonante con l’obiettivo di una felicità perenne e definitiva. Ci
procuriamo invece tanta sofferenza.
Per quanto riguarda le nostre esperienze di felicità e di sofferenza le possiamo relativizzare a quella
che è un’esperienza delle condizioni esterne e quella delle condizioni interne. Il nostro mondo
esterno si riferisce anche ai nostri aggregati determinati da afflizioni mentali e azioni. Siccome i
nostri aggregati dipendono da quelle cause siamo soggetti a sofferenza continua dalla nascita alla
morte. Siccome i nostri aggregati, mente e corpo, sono determinati da afflizioni mentali siamo
costretti a soffrire. Anche se possiamo alleviare temporaneamente le sofferenze materiali questa non
è una soluzione definitiva.
La situazione di base, rispetto al mondo esterno, abbiamo una condiziona esistenziale piuttosto
agiata. Abbiamo un tetto, cibo, abiti, non abbiamo delle esigenze primarie non coperte. Rispetto ad
altri popoli non stiamo male, ma siccome la base fondamentale per poter godere del nostro pensiero
dobbiamo avere una mente in grado di apprezzare ciò che abbiamo e non di lamentarsi di quello che
ci manca. Così ci troviamo ad avere tante ricchezze e ugualmente sentirci insoddisfatti anche se
abbiamo più di altri. La base è la nostra mente che non è mai soddisfatta di quello che ha. È molto
importante relativizzare quello che è il nostro stato rispetto ad altri esseri umani che non hanno
nemmeno di che vestirsi.
Questo al momento non è un problema che ci tocca direttamene e potremmo apprezzare questa
condizione invece di pensare sempre di non avere abbastanza.
Ciò che ci riguarda, il disagio interiore, passa anche dalle condizioni difficili che non approviamo,
eventi che non vanno incontro alle nostre speranze. Anche in questo paese viviamo diversi problemi
che la vita ci presenta. Costantemente ci troviamo ad affrontare disagi e delusioni. Il fatto di vivere
in modo problematico questi disagi è un problema di atteggiamento mentale per cui la nostra
sofferenza diviene soverchiante rispetto alla reale entità del problema, anche perché c’è un
contributo della mente che genera aspettative. È molto importate perciò avere una mente molto
lucida rispetto alle possibilità di intervento sul problema. Una eccessiva preoccupazione, mettersi in
gioco con un’ansia eccessiva non aiuta a trovare soluzioni, invece un atteggiamento pragmatico ci
aiuta a trovare la soluzione.

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Nel caso invece in cui non ci sia soluzione è ancora più assurdo vivere con angoscia il fatto di non
avere rimedio. Ancora una volta l’intervento dell’ansia non è funzionale né a trovare una soluzione
né al nostro benessere che non ne trova giovamento. Perciò non è di beneficio lasciarci portare da
questo modo di pensare.
Quello che ci procura disagio, sono le attitudini mentali che hanno la responsabilità principale nel
malessere che sperimentiamo così come quelli di benessere.
Quello che ci porta benessere sono gli stati mentali di amorevolezza, di compassione, l’indirizzarci
alla realizzazione della buddità per il bene degli esseri. Dobbiamo continuamente nutrire questi
semi nel nostro continuo mentale in modo che le nostre azioni siano costantemente irrorate di
qualità positive.
Il pensare in modo limitato solo a se stessi, le dinamiche di attaccamento, avversione, odio,
presunzione, orgoglio, in tutte queste dinamiche in cui è presente un atteggiamento egocentrico si
generano stati di disagio e di sofferenza nostra e altrui.
L’insegnamento di Buddha Sakyamuni, il dharma che ha trasmesso era principalmente
responsabilizzare gli individui perché cercassero di evitare la sofferenza e cercassero di creare
felicità. “Se possibile create felicità, se non vi è possibile almeno cercate di non creare sofferenza”.
Questa è stata la proposta di base di Buddha Sakyamuni.
Il buddha non ha cercato di convertire nessuno rispetto alle proprie scoperte. Ha trasmesso la sua
realizzazione ed è responsabilità individuale accettarla.
Questa responsabilità di buon senso funzionale al benessere non implica essere appartenenti a una
religione o filosofia.
Il creare benessere o malessere è indipendente dalla nostra visione filosofica. Avere amore e
compassione sono funzionali comunque anche se non abbiamo una visione delle vite passate e
future. Continuiamo a coltivare amore e compassione per noi stessi e per gli altri perché sono
atteggiamenti mentali che fanno sempre del bene.
La coltivazione della propria mente è un elemento comune di tutti gli insegnamenti del Buddha
sono funzionali all’addestramento mentale, al miglioramento della qualità della nostra vita. Ci sono
molte composizione specifiche chiamate “addestramento mentale”. Questo testo degli Otto versi
dell’addestramento mentale è stato composto da Lanrig Tangpa.
La lettura della prima strofa dice

“Determinato a realizzare la meta suprema (Illuminazione), (grazie) a tutti gli


esseri senzienti, più preziosi della gemma che esaudisce tutti i desideri, li terrò
costantemente cari .”

Consapevoli della propria responsabilità di amore e compassione nei confronti degli esseri senzienti
si tiene questo atteggiamento costantemente presente nella nostra mente considerando gli esseri
senzienti come un tesoro preziosissimo grazie al quale possiamo realizzare qualunque desiderio.
Valorizzando amore e compassione non solo per la nostra felicità ma anche perché esistiamo solo
grazie all’amore e alla compassione altrui.
Questo verso esalta la dipendenza dagli altri che sono superiori a una gemma che desidera i nostri
desideri. Sia a breve che a lungo termine. Avere le condizioni materiali dipende dagli altri, in tutto e
per tutto, anche per il nostro lavoro, la nostra stessa esistenza dipende dall’amore e dalla gentilezza
di altri che ci hanno accudito e fatto crescere. Grazie alle relazioni con altri abbiamo la possibilità di
avere scambi, e soddisfare le nostre necessità. In relazione agli altri possiamo anche creare molta
sofferenza perciò dobbiamo essere molto accurati nelle modalità del nostro relazionarci.
Considerare il nostro dipendere da altri sembra molto banale. Se possiamo procurarci quello che ci
permette di soddisfare le nostre necessità è perché facciamo un lavoro che molto probabilmente è
dipendente. Lo sforzo di lavorare, e in generale di sopravvivere è sempre in relazione a qualcuno
con cui ci relazioniamo. Possiamo enfatizzare il nostro costante essere in relazione di dipendenza da
altri. Il fatto di essere qui dipende da altri che ci hanno permesso di essere vivi qua. Tutto ciò che
possiamo sperimentare di piacevole nella nostra vita è in relazione a qualcuno.
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In tutta la nostra vita cerchiamo di calarci il più possibile nelle qualità di relazione che abbiamo con
gli altri con cui siamo relaziona in questa vita, costantemente.
Osservate la relazione con gli altri dal punto di vista della nostra sopravvivenza. Ma c’è di più di
apprezzabile nella relazione con gli altri, l’evoluzione.
A partire dalla base che è l’astenersi dalle azioni che generano sofferenza in relazione agli altri.
Evitare di fare danno ad altri è una sorgente di energia positiva. Evitare di uccidere e di rubare
(prendere ciò che non ci è stato dato) nei confronti degli altri è una pratica positiva, una virtù.
La pratica stessa di virtù è in relazione agli altri. Lo stato di realizzazione del nirvana, lo stato di
arhat, è in relazione agli altri. Anche la realizzazione dell’illuminazione è in relazione agli altri.
Senza gli altri non potremmo realizzare questi alti stati di realizzazione.
Dall’inizio fino alla completa espansione di tutte le nostre qualità, tutta la nostra pratica è in
relazione agli altri.
A questo proposito Ghesce La vuole ribadire il suo apprezzamento di quanto ha rilevato in Italia, in
riferimento alla relazione con i propri genitori anche in età adulta. È molto importante riconoscere
la gentilezza dei genitori. Abbiamo potuto cominciare a scrivere e così via grazie ai nostri genitori.
Invece in altri paesi c’è un taglio delle relazioni affettive tra genitori e figli, non c’è più ricchezza di
relazione partecipata. Invece il ruolo dei genitori è molto importante.
Il rapporto con i genitori è molto importante perché ci assistito dalla nostra venuta al mondo sino
alla nostra autonomia. Quando si presentano gli acciacchi della tarda età chi se non i figli
dovrebbero prendersi cura dei genitori. Ci sono persone che riescono a vivere a lungo ma hanno
bisogno di molta cura.
Questa cultura dell’assistenza delle persone care è qualcosa che Ghesce La apprezza in Italia.
Mentre un amico tibetano negli Stati Uniti si è trovato su un autobus e ha osato offrire il suo sedile
a una persona anziana in segno di gentilezza. Questa persona si è irritata moltissimo e lo ha forse
insultato perché si è sentita offesa. Lui non si aspettava una cosa del genere. Anche Ghesce La
all’inizio era un po’ inquieto sul fatto di offrire il sedile agli anziani. Però poi ha visto dei giovani
che offrivano sedili agli anziani e questo lo ha trovato molto bello.
In un occasione in cui sono andato in Germania ho espresso questo pensiero di apprezzamento della
relazione di mutuo sostegno tra genitori e figli.
A proposito di questi episodi in cui ha espresso il valore dell’accudirsi reciproco tra genitori e figli.
In un caso si trovava a Kopan in cui insegnava a occidentali e ha avuto modo di ascoltare cose che
ha trovato bizzarre. Uno degli studenti in relazione all’amore dei genitori ha espresso l’opinione che
invece la vera causa era il loro attaccamento e non c’è da vedere una gentilezza particolare in
questo. Ghesce La ha trovato molto dura questa affermazione. È possibile che il concepimento sia
avvenuto per puro attaccamento senza alcuna prospettiva di accudire la creatura che ne sarebbe
venuta. Però se la madre non avesse tenuto in grembo quell’essere non avrebbe visto la luce. E una
volta venuto alla luce non avrebbe avuto speranza senza le cure della madre. C’è quindi un
atteggiamento di amore da cui dipendiamo per la nostra crescita e la nostra vita. È quindi molto
bizzarro non apprezzare questo accudirsi.
Può essere che qualcuno avesse aspettativa di trovare insegnamenti di buddismo sulle vite passate e
future, invece parliamo della nostra vita quotidiana che può apparire poco spirituale. Sì va bene
pensare agli obiettivi alti di liberarci dal samsara per il beneficio degli esseri. Ma queste qualità si
ottengono sulla base delle nostre relazioni ordinarie e comuni. Pensare a questi grandi obiettivi
senza considerare la vita quotidiana è un atteggiamento irrealistico perché non si possono ottenere
senza la nostra continua attenzione alla qualità delle relazioni e degli atteggiamenti mentali che
vanno migliorati continuamente fino ad ottenerne la perfezione.
La seconda strofa:

“In qualsiasi momento e luogo, mi accompagnerò con chiunque altro, considererò


me stesso come il meno importante e con rispetto terrò caro l’altro come il più
elevato degli esseri”

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In questa vita possiamo renderci conto che le cause dei nostri problemi sono dovuti al nostro
atteggiamento mentale che si considera come la persona più importante che la deve avere vinta su
tutto e tutti, che deve sempre essere riverita, che sono le dinamiche del nostro orgoglio egoistico,
questo ha prodotto finora solo sofferenza. Mente un atteggiamento che ci permette di trovare la
felicità è l’opposto quello che considera gli altri più importanti di noi stessi, l’atteggiamento che dà
priorità agli altri.
L’orgoglio di appartenere a caste, ceti o famiglie superiori ci appare qualcosa di dignitoso.
Identificarci in un ruolo sociale importante ci sembra importante mentre l’altruismo ci sembra
qualcosa di debole che ci mette nelle mani altrui. Ci fa sentire più importanti e meno alla mercé
altrui poter guardare gli altri dall’alto al basso. Molte persone cercano queste posizioni privilegiate.
Queste posizioni però non sono definitive, anche i regnanti perdono ricchezze e favori. È successo
qua in Italia, succede in Nepal. Il trovarsi in situazioni privilegiate non è un bene definitivo e
affidabile.
Proprio per il fatto che ci piace essere considerati con una buona reputazione, l’atteggiamento
dell’orgoglio che ci sembra proteggere in questo ambito di buona reputazione, è in realtà non
affidabile e non ci permette di mantenere in modo costante una buona relazione con gli altri. Invece
questo ce lo possono dare l’amorevolezza, la gentilezza e l’umiltà.
La terza strofa:

“In ogni attività esaminerò il mio continuum mentale e, non appena sorgerà un
pensiero negativo che potrebbe nuocere a me e agli altri, lo affronterò e me ne
separerò senza indugio.”

L’esortazione è ad essere costantemente presenti a noi stessi. Ogni volta troviamo degli stati mentali
negativi nel nostro continuo mentale dobbiamo immediatamente intervenire per non rafforzarle e
invece depotenziarle.
Possiamo parlare di quattro stati del nostro essere. Quando ci alziamo, quando ci muoviamo,
quando siamo seduti e quando rimaniamo. In tutte queste occasioni la nostra mente va
costantemente osservata per scalzare l’eventuale sorgere di afflizioni mentali.
L’esortazione è quella di intervenire per separarsi senza indugio da qualunque distorsione mentale
prima che sia troppo tardi, prima che abbiano permeato la nostra mente nel qual caso diviene
difficile distaccarsene. Perciò il nostro compito principale è osservare il sorgere delle afflizioni
mentali. Non sempre è facile accorgersi della loro entità e della loro funzione afflittiva. La collera è
facile da riconoscere come afflizione, come distorsione che fa soffrire. Non è così facile con le altre
afflizioni come l’orgoglio che invece spesso sono viste come favorevoli.
Se questi stati mentali non vengono rilevati come distruttivi non ci sarà un intervento per scalzarli
per cui dobbiamo imparare a riconoscerli nel modo più realistico possibile.
Iniziamo dal problema più evidente, la collera, l’odio. Possiamo dire che quasi tutte le nostre
problematiche di relazione hanno a che fare con questo atteggiamento di collera. Non c’è nulla con
il quale non sia potenzialmente possibile prendersela quando si è in preda alla rabbia. Le cose,
persino il nostro stesso corpo possono essere oggetto di azione della rabbia. Può essere un
atteggiamento molto distruttivo, anche auto distruttivo, di cui velocemente sbarazzarci.
L’esortazione qua è di disfarsi degli stati afflittivi non appena sorgono senza lasciare che la nostra
mente sia sopraffatta da questi stati perché altrimenti diviene molto difficile sbarazzarcene perché
prendono potere. Per quanto riguarda la collera e l’ira ci sono diversi linee di intervento. In alcune
correnti psicologiche viene detto che la rabbia va sempre espressa. La mia idea è che si tratta di
un’idea completamente sbagliata. Magari la collera finisca con l’esprimerla. Invece la collera si
auto sostiene e poi fa generare situazioni di collera negli altri che aumentano la collera. In generale
l’odio va sempre spento e non fatto crescere. Però quando ci sono situazioni difficili in una
relazione di coppia invece di inghiottire il boccone quando sorge ira verso l’altro che potrebbe
divenire molto più difficile da controllare, bisognerebbe fare un lavoro di elaborazione con l’altra
persona cercando una modalità di comunicazione che cerchi una soluzione dei problemi essendo
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però chiari passo per passo senza accumulare del non detto che può generare situazioni molto più
distruttive.

D. Il dolore di questi bambini abbandonati che vanno a dormire nelle fogne in [Mongolia?] e si sta
diffondendo molto l’abbandono. Dove sta la gentilezza dei genitori in queste situazioni di infanzia
abbandonata?
R. Oggi c’era un documentario su Canale 5 che parlava di questo argomento. Ci sono tanti casi al
mondo di infanzia abbandonata che producono anche l’uso di sostanze dannose come il tabacco, le
droghe, ecc anche in tenerissima età. Si formano queste bande di ragazzini che fanno una vita molto
dura. Ci sono molti popoli che vivono questi disagi fin dalla prima infanzia, penso al Nepal,
all’India, all’Africa. Questi bambini che hanno come formazione questo tipo di vita sicuramente
vivono in sofferenza. Penso che ci sia bisogno di continuare o cominciare a pensare alla formazione
oltre che naturalmente al sostentamento di questi bambini che vivono disagi così gravi.
Questa possibilità di comprendere questa realtà del mondo passa attraverso l’esame del chiedersi,
del ricercare senza accettare in modo passivo le informazioni. L’importante è porsi sempre delle
domande. Quando invece si accettano le cose perché sono dette da qualcun altro chiunque esso sia
non c’è molta possibilità di ottenerne una comprensione profonda, e realizzarla.

D. Una domanda sulla rabbia. Ci sono dei momenti di rabbia che hanno un motivo mentre altri che
non si sa da dove vengono. Come si fa a gestire questi stati mentali che rovinano l’intera giornata?
R. possiamo fare una distinzione tra rabbia con ragione o senza ragione. Uno scatto d’ira motivato
potrebbe essere dovuto alla conseguenza di essere stati bastonati da qualcuno. Invece magari ci si
sveglia al mattino con la collera che sembra non avere una ragione. Invece c’è un terreno di base
che è l’infelicità mentale su cui cresce la rabbia. Anche se non c’è una ragione esterna c’è un
malessere interno che la genera. Poi c’è una ragione anche nell’equilibrio delle energie interne. Se
per esempio abbiamo uno squilibrio dell’elemento aria abbiamo propensione verso la collera.
Mi viene in mente una cosa in riferimento a questo.
C’è un grande erudito indiano, un grande santo, Ciandrakirti che ha portato dei ragionamenti
rispetto alla collera.
C’è molto da dire in relazione alla collera. L’uso della logica ci permette di disattivare questo stato
mentale distruttivo.
Se qualcuno ci colpisse con un bastone si crea un disagio. Il consiglio di Ciandrakirti è che è
conveniente la pazienza in un caso del genere per proteggere noi stessi. È conveniente con la
tolleranza perché se reagissimo in modo collerico avremmo una escalation di reazioni e il dolore
aumenterebbe. Inoltre il dolore che stiamo sentendo non viene annullato dal colpire a nostra volta
un’altra persona. Reagire con collera sarebbe un investimento fallimentare. Se pensiamo a cosa è
conveniente fare già indeboliamo la dinamica negativa. Penso a un caso plateale come quello che
accade tra israeliani e palestinesi. Questi botta e risposta continua tra gli uni e gli altri, non è un
intervento funzionale al desiderio di smettere di soffrire c’è un continuo peggioramento della
situazione in termini di vittime che sono tra l’altro per la maggior parte civili. C’è questa reazione
non funzionale che conferma quanto dice Ciandrakirti.

La quarta strofa:

“Ogni volta che vedrò esseri di indole negativa, sopraffatti da forti negatività e
sofferenze, li terrò cari come se avessi trovato un prezioso tesoro difficile da
scoprire. “

Ancora una volta questa strofa evoca la necessità di amore e compassione in tutte le nostre attività,
incontri, occasioni in cui anche ci fossero degli attacchi o degli atteggiamenti negativi. Ancora più
importante sono amore e compassione quando ci sono atteggiamenti negativi da parte di altri.
Quando ci sono grandi difficoltà si arriva anche a gioire perché diventano importanti momenti di
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pratica e di crescita di qualità positive come amore, compassione. Non è che di per sé sia positiva
però è funzionale per la nostra evoluzione e per questo diviene un’occasione per gioirne.
Va relativizzata la persona che non è da sempre e per sempre in quel modo. Non è una sua
caratteristica intrinseca. Il suo atteggiamento è dovuto al sorgere di cause e condizioni che l’hanno
spinta ad agire in quel modo. Quella persona non sarà per sempre in quel modo.
Per enfatizzare questo termine “essere sopraffatti”. Ogni volta che siamo sopraffatti dalle afflizioni
mentali ne siamo dominati, siamo come pazzi, senza controllo sulla nostra mente. È molto difficile
avere padronanza della nostra mente e delle nostre azioni in quei momenti. Così come un medico ha
dei pazienti con gravi disturbi psichici non si arrabbia nei confronti dei malati perché sanno che
sono senza controllo ma cercano di controllare la situazione.
Allo stesso modo quando altri mostrano stati alterati nei nostri confronti invece di appesantire la
situazione con altri momenti di rabbia che coinvolgerebbe anche noi è molto importante accorgersi
di questi meccanismi e non farsi coinvolgere. Di base abbiamo un desiderio di felicità personale, di
evitare la sofferenza e anche un desiderio dichiarato di amore e compassione verso gli altri.
Dobbiamo allora ribadire a noi stessi che se ci facessimo coinvolgere dalla collera non solo non
saremmo di beneficio ma saremmo addirittura di danno per l’altra persona.
In sintesi dobbiamo considerare come sarebbe devastante dargli spazio.
È molto importante l’esercizio del pensiero che abitua la mente a ritrarsi dalla reattività perché ci
permette di cambiare il nostro stato. Dobbiamo agire a monte perché quando siamo coinvolti dalla
rabbia non siamo più in grado di agire. È importante impostare delle motivazioni positive, creare
un’atmosfera positiva nella nostra mente. I casi classici in cui si generano rapporti conflittuali sono i
rapporti intimi all’interno della famiglia. Interventi duri dei nostri genitori hanno creato in noi
atteggiamenti di collera che hanno appesantito la nostra relazione con loro. Dovremmo invece
valutare anche la motivazione di base di queste azioni, potrebbero essere motivazioni di
preoccupazione nei nostri confronti.
In tutte le occasioni in cui veniamo feriti o attaccati dovremmo usare e coltivare un pensiero
positivo per evitare di essere vittima delle passioni negative.
Qualunque atteggiamento negativo in cui ci imbattiamo va riconosciuto come condizionato, sia che
si mostri in noi stessi che negli altri. Non esiste di per sé isolatamente. È molto importante vedere le
circostanze le cause e le condizioni che hanno provocato reazioni e atteggiamenti da parte di
qualcuno che ci sta attaccando. Chiediamoci sempre come mai, che cosa gli sta succedendo. Ogni
volta va contestualizzato. Sicuramente quella persona sta soffrendo e non ha altre risorse, in realtà il
suo atteggiamento è una richiesta di aiuto. Il testo dice che è come se avessimo trovato un tesoro
prezioso e difficile da trovare. Proprio perché di fronte alla sofferenza di quella persona possiamo
sviluppare amore e compassione che divengono uno sviluppo di grande energia positiva per noi
stessi. Siccome è una richiesta di aiuto dovremmo attivarci per essere di aiuto e di beneficio per
quella persona invece di calarci nelle solite reazioni devastanti.
Il fatto che abbiamo questa esigenza, questo desiderio di ottenere la felicità positiva e siccome ogni
cosa positiva la otteniamo grazie ad altri, anche queste occasioni divengono momenti per ottenere
stati positivi che ci conducono a eliminare la sofferenza e ci conducono verso la felicità definitiva.
Ghesce La vuole esprimere il suo grande apprezzamento per le azioni che organizzazioni di vario
tipo e di ogni appartenenza culturale e religiosa fanno per beneficiare le persone che soffrono sul
pianeta. Oltre a fornire i bisogni primari è molto importante dare aiuti anche per aumentare il livello
educativo delle popolazioni bisognose.
La quinta strofa

“Quando altri, motivati da gelosia, ingiustamente mi maltratteranno e


calunnieranno con disprezzo, accetterò la sconfitta e offrirò loro la vittoria.”

noi invece siamo molto vulnerabili. Basata un nonnulla perché reagiamo e sommiamo altra
negatività a quella che è stata già creata. Questa strofa mostra un atteggiamento eroico in cui c’è

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molta lucidità mentale e molta presenza per poter agire in questo modo quando qualcuno ci attacca
in modo grave quando non abbiamo fatto nulla.
È molto importante ribadire a noi stessi il danno che deriverebbe da certe azioni. Come nel caso
della bastonata in testa dell’esempio di ieri, ragioniamo sulle nostre risposte. Se reagissimo
andremmo verso una situazione catastrofica. Dobbiamo sempre avere presente come la rabbia non
sia che una sconfitta nella relazione con l’altra persona. Coltivando questo pensiero che riconosce i
difetti deleteri della collera ne siamo sempre consapevoli e divenire eroici come suggerisce Lanri
Tagpa in questa strofa.
Racconta di una situazione in cui si trovava in Nepal, a Kopan, in cui stava insegnando su questi
temi, come sia deleterio arrabbiarsi e così via. Uno studente ha ribattuto che in quel modo si diviene
dei molluschi che vengono schiacciati nella realtà. Lo studente veniva da Israele. Ne hanno parlato
a lungo e Ghesce La ha pensato a vari punti di vista in cui può essere espresso questo atteggiamento
separando l’atteggiamento esterno da quella che è la motivazione. Da una parte bisogna essere in
grado di difendersi, di essere protettivi verso se stessi. Si può mantenere un atteggiamento forte
manifestato nel corpo ma avere una mente di amorevolezza e compassione nei confronti degli altri.
Ognuno in modo personale deve aggiustarsi nella propria situazione per mantenere una mente di
amore e compassione e al contempo relazionarsi nel proprio ambiente nel modo più opportuno.
La proposta del testo è forte, “accetterò la sconfitta e offrirò loro la vittoria”, sembra un po’
esagerata, è ingiusta. Questo atteggiamento è al di fuori della portata del pensiero comune.
Accettare la sconfitta è però una proposta costruttiva, un investimento che momentaneamente può
essere una piccola sconfitta ma nel lungo termine porta a un grande risultato: il risveglio
dell’illuminazione. Per ottenere l’illuminazione è indispensabile coltivare la pazienza. Si tratta
quindi di impostare la propria vita nelle direzione di ottenere dei grandi risultati che non sono fuori
dalla nostra portata accettando i piccoli costi quali quelli che derivano dall’accettare situazioni di
temporaneo svantaggio.
Qualunque sia il nostro percorso di vita è previsto che incontriamo delle difficoltà. Andiamo a
tentoni nel cercare il luogo o la situazione migliore per noi, quale sia il migliore investimento per la
qualità della nostra vita. Tentiamo costantemente di indovinare anche chiedendo ad altri. È quindi
prevedibile che per la natura del percorso ci imbatteremo sempre in difficoltà, imprevisti e ostacoli,
perciò dovremmo imparare ad affrontarli nel modo migliore possibile.
L’addestramento mentale, che è il tema di questo testo, prevede delle difficoltà. Ci sono difficoltà
con cui ci si confronta costantemente nel percorso dell’addestramento mentale. Queste difficoltà in
un primo momento possono sembrare insopportabili però poi poco alla volta ci appaiono sempre
più alla nostra portata. Possiamo abituare la nostra mente a un certo tipo di pensiero per cui a un
certo punto diventa automatico percepire certi segni ed elaborare in modo costruttivo. È un processo
di educazione graduale come in una scuola dove un insegnante che ha diversi alunni e dà la giusta
misura di esercizio e i giusti consigli in modo che ciascuno sviluppo la sua potenzialità al meglio.
Qualcuno avrà anche bisogno di ripetere gli studi più degli altri. Non dobbiamo preoccuparci troppo
se non riusciamo subito ai primi tentativi.
La sesta strofa:

“Anche se qualcuno che ho beneficiato e in cui ho riposto grandi speranze


ingiustamente mi danneggiasse in modo grave, lo considererò come il supremo
amico spirituale.”

Nelle relazioni possiamo trovarci spesso in queste situazioni dove non troviamo le risposte che ci
aspettiamo dagli altri a cui abbiamo favori, o che abbiamo beneficiato. Sono situazioni di grande
delusione, di abbattimento. Più alte erano le aspettative nei confronti degli altri più grande la
delusione. Il testo ci dice che non è il caso di vivere questa situazione con irritazione, ma anzi di
osservare questa persona come la “sublime guida spirituale”.
Il testo dice che “ci procurano danno in modo molto ingiusto”. In tutte queste situazioni in cui
viviamo questa ingiustizia non è mai il caso di essere collerici è invece il miglior momento in cui
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coltivare la virtù della pazienza. La pazienza è una qualità di cui non si può fare a meno per il
nostro benessere e per l’obiettivo dell’illuminazione per il beneficio degli esseri senzienti. Queste
occasioni sono proprio fenomenali per poter coltivare queste virtù. Perché con coloro che ci
indicano il sentiero e ci insegnano queste cose è difficile trovare il momento per mettere in pratica
la virtù della pazienza. Lo stesso vale per le persone che ci sono care e ci amano. Abbiamo invece
l’occasione di praticare la palestra della pazienza quando incontriamo persone che ci ostacola con
forza. Perciò questi sono estremamente funzionali alla nostra aspirazione, fanno proprio al caso
nostro.
Queste situazioni sono frutto di cause e condizioni che divengono cause e condizioni per il nostro
sviluppo, per questo vanno viste in una luce di gentilezza. Siccome sono l’occasione di praticare la
virtù della pazienza la persona viene vista come un maestro spirituale perché ci dà questa grande
opportunità. Non vuol dire che dobbiamo essere passivi e lasciare che gli altri facciano qualunque
cosa per il nostro e loro danno. Il significato è che non dobbiamo andare a rinfacciare quello che
abbiamo fatto nei confronti degli altri. Non è utile nei confronti altrui né nei nostri. Il non reagire
negativamente ci permette di avere un approccio fruttuoso alla situazione che beneficia noi e gli
altri.
Non reagire in modo immediato ci permette di reagire nel modo più favorevole a noi e agli altri. È
proprio il modo corretto di difenderci che non ci mette in una situazione in cui saremmo vittime di
una reattività devastante. Inoltre il pensiero positivo è un lenitivo per la sofferenza della mente che
vede disattese le proprie aspettative.
In generale la collera va sempre vista come fallimentare, non è mai un mezzo di difesa. Se la
guardiamo in modo lucido vediamo che non è mai protettiva è sempre distruttiva, non è mai
funzionale al nostro tutelarci.
La settima strofa:

“In breve, sia in questa vita sia nei continuum futuri, offrirò benefici e felicità a
tutti gli esseri madri e, segretamente, prenderò su di me tutte le loro sventure e
sofferenze. ”

qua si propone la pratica che è chiamata eguagliare e scambiare se stessi con gli altri. Prendere su di
sé tutte le sventure e le sofferenze altrui e condividere con loro ogni gioia e felicità. Di solito ogni
persona auto centrata ha l’atteggiamento opposto, l’importante è avere per sé, gli altri si arrangino.
La proposta dell’eroe spirituale è appunto opposta di prende su di sé ogni sofferenza e dare agli altri
le gioie.
Si può partire dall’eguagliare se stessi con gli altri. L’eguaglianza è vista in termine di esigenze.
Ognuno ha esigenza di felicità e di non sofferenza. Ognuno ha gli stessi bisogni ed esigenze. Ci
mettiamo quindi nell’ottica di trovare il modo di fare si che ci sia per tutti la liberazione della
sofferenza e l’ottenimento della felicità.
Questa pratica dello scambiare se stessi con gli altri è portata nella quotidianità con il metodo di
meditazione chiamato tong len. Possiamo usare questa pratica anche quando abbiamo dei piccoli
dolori o malattie. Possiamo rendere benefica anche una situazione di disagio, che possono così
divenire formidabili occasioni per attivare e sviluppare tutte le qualità che sono fondamentali per
arrivare agli apici dello sviluppo mentale: l’illuminazione.
La pratica avviene a livello immaginativo, non accade a livello materiale, si prende su di sé il dolore
degli altri e gli si dà in risposta ogni cosa positiva. Questo atteggiamento è funzionale allo sviluppo
della mente altruistica dell’illuminazione e possiamo attivarlo proprio nelle condizioni di
insoddisfazione o disagio grazie al nostro pensiero positivo ben impostato.
L’ottava strofa:

“Tramite la mente che riconosce l’illusorietà di tutti i fenomeni, e senza


contaminare con l’impurità dei pregiudizi degli otto dharma mondani anche tutte
queste (pratiche), senza aderire possa essere liberato da ogni legame.”

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Qui si parla degli otto dharma mondani, il desiderio di avere tutto ciò che è gratificazione mondana
e di allontanarsi da ciò che è il suo contrario. Questo atteggiamento è in una visione limitata dei
fenomeni e non è funzionale allo sviluppo delle nostre qualità.
Questa strofa parla di come la mente debba riconoscere come illusori tutti i fenomeni e possa così
svincolarsi da ogni legame e prigionia. Questo si riferisce all’uso della saggezza, alla conoscenza
della vacuità, della natura dei fenomeni. Sono termini di cui abbiamo spesso sentito parlare. Il solo
sentirne parlare non è sufficiente per scalzare l’ignoranza. Non accontentatevi di poche parole,
cercate di trovare il senso più sottile di questi contenuti.
La realtà non è ciò che appare e l’esempio classico è il mago che mostra una fanciulla o un cavallo
o un elefante e così via sulla base di bastoncini o pezzi di carta. In ogni caso dobbiamo sapere che le
cose non sono così come ci appaiono perché la nostra mente è costantemente controllata
dall’ignoranza.
In questa occasione stiamo solo toccando tutti questi punti che però richiedono un lungo studio e
approfondimento per poterli mettere in pratica effettivamente.
La natura dei fenomeni deve essere vista dalla mente come simili alle illusioni, non come proprio
illusori. C’è una dissonanza tra come le cose sono e come sono vissute. Non è che non esiste
alcunché. Si attivano le afflizioni mentali di attaccamento, collera, gelosia, ecc. proprio sulla base di
questa ignoranza che è uno stato della mente che distorce le cose mostrandole come non sono. Ci
arrabbiamo o proviamo attaccamento perché abbiamo questa visione erronea delle cose.
Abbiamo per esempio una visione monolitica del nostro corpo che non dipende da altro, però non
siamo così come ci vediamo. Siamo sempre effetto di cause e condizioni. Se andiamo a cercare il
corpo con un’analisi non lo troviamo. È un nome che diamo a un insieme di parti. Oppure pensiamo
a qualcuno che si chiama Sandro. Ne abbiamo un’immagine precisa di come lui è, solo pensando al
suo nome. Ci sembra proprio quella cosa che percepiamo. Ma Sandro è solo un nome che diamo a
una serie di parti. Se lo cerchiamo nelle sue parti non troviamo alcunché che sia Sandro come lo
vediamo. Possiamo vedere tutte le sue parti ma nessuna di esse è il Sandro che cerchiamo. Questa
operazione ci può far capire che quello che viviamo e ci appare non è confermabile sotto ricerca. La
nostra impressione è illusoria rispetto alla realtà. Però questa distorsione mentale che ci fa vedere le
cose come isolate, ecc fa sì che continuiamo a vivere afflizioni e distorsioni mentali. Perciò è
importante che ci addentriamo in modo accurato in questo tema.

D. Quando ci vengono date delle possibilità nella relazione come evoluzione. Il lama ha parlato di
esperienze in relazione ai genitori. Nel caso delle situazioni in cui si presenta la necessità di
separarci da un coniuge, come ci si deve comportare? Si deve restare nella situazione
insoddisfacente?
R. Nella relazione conflittuale c’è il desiderio di separarsene. Non è possibile dare una risposta
univoca per ogni situazione. Uno deve valutare. Se per esempio c’è troppa rabbia che non possiamo
gestire, se c’è qualcosa di molto problematico in cui c’è anche magari una sensazione di vergogna
non sarà facile poterla assorbire.
Non possiamo essere da subito dei grandi eroi. Da un lato dobbiamo coltivare la nostra attitudine
positiva e dall’altra valutare bene le nostre possibilità. Un impulso eroico mal calibrato ci può
portare a situazioni di auto distruzione. Dobbiamo imparare lentamente e non è facile.
Il matrimonio e le separazioni di cui siamo testimoni e fautori. Di solito ci si sposa per essere felici
e ci si trova travolti da conflitti e problematiche, una specie di prigione. È perciò molto difficile
pronunciarsi su ciò che è bene o male, io poi non ho un’esperienza diretta in questo senso. I
matrimoni vengono fatti sulla spinta dell’attaccamento e dopo un periodo più o meno lungo di
convivenza questo attaccamento scompare e appare il desiderio di cambiare il partner nella coppia.
In Tibet si parla di amici per la vita, persone che si aiutano e si assistono durante la vita. Qualcuno
con cui confrontarsi e parlare. È importante avere una visione meno sognatrice del matrimonio.
Essere un po’ più realistici aiuterebbe a salvare molte situazioni.

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In un occasione in cui ero in ospedale ho visto due vecchi, lei sulla sedia a rotelle e lui che la
spingeva e mi sono sembrati proprio due compagni di vita che si sostenevano anche in tarda età. È
importante avere sempre una mente che cerca beneficio per noi stessi e per gli altri, piuttosto che
essere sempre coinvolti in emozioni distruttive.

D. si può approfondire la meditazione del prendere e dare?


R. La pratica del tong len non è qualcosa da cui ci possiamo aspettare chissà che come modifica
sull’ambiente esterno. È piuttosto un momento per la nostra evoluzione spirituale.
Si pensa che quando il respiro esce dalla nostra narice destra si pensa che esce della luce che
beneficia tutti gli esseri. Quando si inspira dalla narice sinistra entra luce nera che è carica di tutti i
problemi e le sofferenze degli esseri.
Questa è una pratica del mahayana.
Ancora una volta può essere interpretata erroneamente come un volersi far carico della sofferenza
degli altri in un senso masochistico. Invece si tratta di un farsi carico o di un accogliere dentro di
noi la sofferenza ha lo scopo di aprirci all’illuminazione per ottenere l’illuminazione per il beneficio
di tutti gli esseri senzienti.

D. mi è capitata spesso di fare esperienza di situazioni in cui incontro persone anche animate da
buoni proposito di aiuto agli altri o all’ambiente, e vederle incontrare tante difficoltà e costrette a
cambiare lavoro. Mentre persone animate da propositi meno buoni hanno successo e influenzano la
vita di tutti noi in modo negativo. La mia fatica è trovare una interpretazione di questo e chiedere
cosa consigliare a chi desiste dai buoni propositi per queste difficoltà.
R. in qualunque impresa ci mettiamo dobbiamo prevedere che ci siano ostacoli e imprevisti.
Dobbiamo sapere che faremo fatica soprattutto se facciamo cose nuove. Avere anche bene in mente
quale sia il beneficio per far si che si abbia il coraggio di affrontare le difficoltà.
Trascurare l’ambiente è molto grave, l’inquinamento è qualcosa che sperimentiamo direttamente.
Per esempio noi tibetani andando in India che è molto inquinata abbiamo avuto dei cambiamenti di
pelle. È difficile andare contro corrente sia verso l’esterno che all’interno nell’andare contro gli
inquinanti esterni. Dobbiamo mettere in conto le difficoltà. Non c’è nessuna attività nel mondo
comune che non preveda difficoltà. Perciò con tolleranza e pazienza dobbiamo perseverare nei
buoni propositi.

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