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ORFEO
Traduzione di Marisa Zini
Nota di Gian Renzo Morteo
Caro Pitoëff,
un pittore può buttarsi dal quinto piano: l’amatore dirà ancora «sí; una
bella macchia di colore». Voi sapete a che cosa si espone un autore
drammatico spellato vivo. Ma, a teatro, il pubblico riserba delle sorprese e
non anticipa il giudizio; invece la critica, tranne alcune eccezioni, non serba
sorprese. La vostra indifferenza per quest’ordine di cose supera la mia, e,
nonostante la critica, ottenemmo ogni sera una platea che collaborava con
noi. Platee commoventi per un temperamento che resta imperturbabile di
fronte all’ammirazione e mira soltanto ad essere libero. Una domenica
vennero i vostri bambini, di cui il maggiore ha sette anni. Provengono
intatti dalla morte verso la quale ritornano i grandi. Sono pertanto allo
stesso livello del mistero. Da allora, la minestra si mangia per Orfeo, per
Euridice, per Heurtebise; Sacha imita il cavallo e Ludmilla attraversa gli
specchi. I critici citano il mio testo tutto storpiato; loro lo ricordano, lo
recitano, ci giocano. Se lo cambiano, è come il sogno che cambia i nostri
atti. Insomma, riescono il miracolo dell’ultima scena: una casa ch’è salita in
cielo. Offro il mio lavoro ai vostri bambini, e auguro che non perdano mai
l’infanzia o la ritrovino grazie al cuore, all’intelligenza, ereditati da vostra
moglie e da voi.
JEAN
1° luglio 1926.
ORFEO
L’A. H.
Costumi.
Scenario.
Orfeo
Heurtebise
Il Commissario di polizia
Il Cancelliere
Il cavallo
Voce del Portalettere
Azraele primo aiutante della Morte
Raffaele secondo aiutante della Morte
Euridice
La Morte
EURIDICE Naturalmente.
ORFEO (furente) Zitta! (Il cavallo batte). A. B. C. D. E. F. G. H. I . L. M. N. O.
P. Q . R. (A Euridice) Ti proibisco di ridere. R , è proprio la lettera R ? M , E ,
R , mer? Ho contato male. Cavallo! è la lettera R ? Se è sí, batti un colpo,
se è no: due.
SCENA SECONDA
Compare Heurtebise sul balcone; il sole batte sui vetri; egli entra, piega
un ginocchio e incrocia le mani sul cuore.
SCENA TERZA
Euridice, Heurtebise.
HEURTEBISE Dorme.
SCENA QUARTA
SCENA QUINTA
Euridice, Heurtebise.
SCENA SESTA
MORTE Sbrighiamoci.
RAFFAELE Dove desidera la signora che deponiamo le valige?
MORTE Per terra, in qualunque posto. Azraele vi spiegherà. Azraele, il mio
mantello.
Gioco scenico.
MORTE Ci siete?
AZRAELE Andate! (Rullio di tamburo. Il filo sfugge dalla camera ed entra
nella scatola che la Morte tiene. In fondo, Azraele e Raffaele volgono le
spalle. Azraele conta con una mano in aria come un arbitro di boxe.
Raffaele eseguisce lentamente dei segnali simili a quelli del codice
navale). Hop!
Tace il rullio del tamburo; Raffaele sta immobile. Il filo resiste. La Morte
si precipita nella camera; ne esce senza la benda sugli occhi con una
colomba che si dibatte, legata all’estremità del filo. Non si sente piú la
macchina.
MORTE Uff! Presto, presto, Raffaele, le forbici. (Corre sul balcone) Venite
qui, tagliate (taglia il filo; la colomba vola via). Mettete a posto.
Azraele, insegnagli. È facilissimo; lascialo fare, deve imparare.
Gioco scenico.
SCENA SETTIMA
Orfeo, Heurtebise.
VOCE DI ORFEO Voi non la conoscete; non sapete di cosa sia capace; sono
commedie per farmi tornare a casa.
Si apre la porta e i due entrano. Heurtebise si precipita verso la camera,
guarda, indietreggia e s’inginocchia sulla soglia.
SCENA OTTAVA
a)
b)
Heurtebise, il Portalettere.
SCENA NONA
HEURTEBISE Lei!
EURIDICE Sí, io. Io, la piú felice delle mogli, io la prima donna che suo
marito abbia avuto l’audacia di venire a riprendere dalla dimora dei
morti.
ORFEO «Madama Euridice ritornerà dall’Ade». E noi che negavamo un
significato a quella frase.
EURIDICE Zitto, tesoro: ricordati la promessa. Non si parlerà mai piú del
cavallo.
ORFEO Dove avevo la testa?
EURIDICE E sapete, Heurtebise, ha scoperto la strada da solo, senza esitare
un attimo. Ha avuto l’idea geniale d’infilarsi i guanti della Morte.
HEURTEBISE Se non sbaglio, è quel che si suol dire trattare con i guanti.
ORFEO (rapido) Insomma… l’essenziale era riuscire. (Fa l’atto di volgersi
a Euridice).
EURIDICE Attento!
ORFEO Oh! (S’irrigidisce).
HEURTEBISE Che avete?
ORFEO Un’inezia; soltanto un’inezia; sulle prime sembra una cosa
terribile, ma con un po’ di prudenza tutto si accomoderà.
EURIDICE Sarà questione di abitudine.
HEURTEBISE Di che si tratta?
ORFEO Di un patto. Ho il diritto di riprendere Euridice, non ho il diritto di
guardarla. Se la guardo, lei scompare.
HEURTEBISE Mostruoso!
EURIDICE Furbo davvero, scoraggiare mio marito!
ORFEO (facendosi passare innanzi Heurtebise) Lascia stare, io non mi
scoraggio. Succede a lui quello che è successo a noi. Potete
immaginarlo; dopo avere accettato quella clausola – era necessario ad
ogni costo – siamo passati attraverso tutti i vostri spasimi. Ora, lo ripeto,
è fattibile; certo, non facile, ma fattibile. Lo ritengo meno terribile che
diventare cieco.
EURIDICE O perdere una gamba.
ORFEO E poi… non avevamo scelta.
EURIDICE Ci sono perfino dei vantaggi. Orfeo non vedrà le mie rughe.
HEURTEBISE Benone! Non mi resta che augurarvi buona fortuna.
ORFEO Ci lasciate?
HEURTEBISE Temo che la mia presenza vi disturbi. Avrete tante cose da
dirvi.
ORFEO Ce le diremo dopo colazione; la tavola è pronta: ho molto appetito;
avete avuto troppa parte nella nostra avventura per non fermarvi a
desinare con noi.
HEURTEBISE Temo che la presenza di un estraneo contrari vostra moglie.
EURIDICE No, Heurtebise. (Calcando sulle parole) Il viaggio donde
ritorno trasforma la faccia del mondo; ho imparato molto; ho vergogna di
me. D’ora in poi Orfeo avrà una moglie irriconoscibile, una sposa da
luna di miele.
ORFEO Euridice! La tua promessa. Non si parlerà mai piú della luna.
EURIDICE Adesso sono io la sventata. A tavola! a tavola! Heurtebise alla
mia destra. Accomodatevi. Orfeo in faccia a me.
HEURTEBISE Non in faccia!
ORFEO Santi numi! Ho avuto ragione a trattenere Heurtebise. Mi installo
alla tua sinistra e ti volto la schiena. Mangio sulle ginocchia.
Euridice li serve.
Pausa.
Pausa.
Pausa.
Pausa.
HEURTEBISE Lo specchio!
ORFEO Lo specchio no! (Si precipita sul balcone).
HEURTEBISE Vi dilanieranno.
TESTA DI ORFEO (parla con la voce di un ferito grave) Dove sono? Com’è
buio… come ho la testa pesante. E il mio corpo, il mio corpo mi duole
tanto. Sono caduto dal balcone; devo essere caduto da molto alto, molto
alto, molto alto, picchiando la testa. E la testa…? Ah, già… parlo della
testa… dov’è la mia testa? Euridice, Heurtebise! Aiutatemi! dove siete?
Accendete la lampada. Euridice! Non vedo il mio corpo; non trovo piú la
testa. Non ho piú né testa né corpo. Non capisco piú. E ho il vuoto, il
vuoto dappertutto. Spiegatemi. Svegliatemi. Aiuto! aiuto! Euridice!
(Come un gemito) Euridice… Euridice… Euridice… Euridice…
EURIDICE (entra, proveniente dallo specchio; sta lí ferma) Amore mio?
TESTA DI ORFEO Euridice… sei tu?
EURIDICE Sono io.
TESTA DI ORFEO Dov’è il mio corpo? Dove ho messo il mio corpo?
EURIDICE Non cercare. Non t’irritare. Dammi la mano…
TESTA DI ORFEO Dov’è la mia testa?…
EURIDICE (prendendo per la mano il corpo invisibile) Ho la tua mano
nella mia. Cammina, non avere paura. Lasciati guidare…
TESTA DI ORFEO Dov’è il mio corpo?
EURIDICE Vicino a me; contro di me. Adesso, tu non puoi piú vedermi e
ho il permesso di condurti con me.
TESTA DI ORFEO E la mia testa, Euridice… la mia testa… dove ho messo
la testa?
EURIDICE Lascia stare, amor mio, non occuparti piú della testa…
SCENA UNDICESIMA
Heurtebise, esita.
SCENA TREDICESIMA
Si siedono di nuovo.
HEURTEBISE Vi servo?
ORFEO (rispettoso) Lasciate che Euridice…
Sipario.
1
Grazie [N. d. T.].
2
Intraducibile il duplice significato del verbo francese voler (volare, rubare).
3
Il regista che temesse di lacerare un velo di mistero con un gesto fra la scena e la sala può
sostituire a questo passaggio un oscuro conciliabolo.
a):
MORTE C’è un mezzo semplicissimo. (Parla sottovoce ad Azraele. Questi torna al tavolo e
sussurra qualcosa a Raffaele). Ci siete?
b):
MORTE Su, in cammino.
AZRAELE Raffaele!
MORTE Che c’è?
RAFFAELE È giusto. (Entra nella camera di Euridice).
MORTE Raffaele, sbrigatevi, sbrigatevi… [N. d. A.].
Il libro
O
RFEO, SCRITTO N E L L ’ E S TAT E DEL 192 5 A VILLEFRANCHE-SUR-
Mer e rappresentato nel giugno dell’anno successivo al Théâtre des Arts di
Parigi dai Pitoëff, costituisce il primo punto fermo nella produzione teatrale
di Jean Cocteau. In questa minuscola e misteriosa tragedia confluiscono, certo, le
esperienze ed i tentativi anteriori, le estrosità bizzarre, talora astratte e gratuite di una
Parade o di un Mariés de la Tour Eiffel, che al pubblico erano apparsi festosi ed
insolenti fuochi di prestigio scenici; come le sollecitazioni classiche, le fascinazioni
del mito che avevano indotto il poeta a tradurre, o meglio a riscrivere un’Antigone e
un Edipo re. Cosí in Orfeo, su una tessitura di racconto mitico, trasposto in termini di
volutamente ambigua modernità, quella stessa che nell’opera grafica di Cocteau
conferisce alle forme reali, mediante un fluido e continuo tratto, la purezza
sovrumana e algebrica del geroglifico, si affaccia il mondo inquietante del circo: dal
cavallo sapiente ai personaggi sospesi a mezz’aria, dagli specchi che inghiottono con
l’immagine la persona alle colombe addomesticate, alla testa parlante dell’uomo
decapitato. D’altronde nella didascalia iniziale lo stesso Cocteau ci avverte che la
scena è molto somigliante ai “salotti dei prestidigitatori”, aggiungendo poco oltre che
essa in nulla può essere mutata in quanto si tratta di «uno scenario “utile” in cui il
minimo particolare ha la sua funzione come i dispositivi di un numero di acrobati».
Per parte sua il prologo, a nome degli interpreti, dichiara, proprio come accade prima
dei numeri particolarmente pericolosi: attenzione, «lavoriamo molto in alto e senza
rete di soccorso».
L’autore
I parenti terribili
La voce umana e La macchina infernale
Titolo originale Orphée
© 1927, 1957, 1986, 1991, 1994, 1998, 2005 Éditions Stock, Paris
Remerciements au Comité Jean Cocteau
COMITÉ
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www.einaudi.it
Ebook ISBN 9788858416877