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opere citate in Guerrieri, op. cit., p. 749 ss., il Libro Verde elaborato dalla Commissione
europea l’11 gennaio 2012, Verso un mercato europeo integrato dei pagamenti tramite carte,
internet e telefono mobile, COM (2011) 941 def., e la risoluzione adottata su tale documen-
to dal Parlamento europeo il 20 novembre 2012 [2012/2040 (INI)]; la comunicazione del-
la Commissione L’atto per il mercato unico II – Insieme per una nuova crescita, COM
(2012) 573 def.; la proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai
servizi di pagamento nel mercato interno, recante modifica delle dirr. 2002/65/CE, 2013/
36/UE e 2009/110/CE e che abroga la dir. 2007/64/CE, COM (2013), 547 def. (la cui re-
lazione introduttiva sottolinea come il ritardo nell’attuazione, in molti Stati membri del-
l’U.E., della dir. 2009/110/CE, sulla ME, abbia impedito di valutare, nell’insieme, detta di-
rettiva e la dir. 2007/64 PSD sui servizi di pagamento); la sintesi del parere del Garante eu-
ropeo per la protezione dei dati, in data 5 dicembre 2013, su detta proposta di direttiva e
sulla proposta del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle commissioni interban-
carie sulle operazioni di pagamento tramite carta (in Dir. inf., 2014); il provvedimento 12
dicembre 2013, n. 561, del Garante della privacy, sul mobile remote payment tramite smar-
tphone e tablet; il rapporto Card payments in Europe. A renewed focus on SEPA for cards,
pubblicato nell’aprile 2014 a cura della Banca Centrale Europea, da cui emerge (v., in par-
ticolare, p. 25) che nel 2012 i pagamenti eseguiti mediante carta ammontavano a 40 miliar-
di, mentre quelli effettuati mediante bonifico e addebiti diretti erano pari, rispettivamente,
a 26 miliardi e 23 miliardi; la versione 7.0 dei requisiti per il Single Euro Payments Area (Se-
pa) Cards Standardisation Volume, rilasciata il 7 gennaio 2014 dall’European Payments
Council e dal Cards Stakeholders Group (e v. Italia Oggi 12 maggio 2014, p. 15); il n. 144/
13 dei Quaderni di economia e finanza di Banca d’Italia; il Provvedimento della Banca
d’Italia del 21 gennaio 2014 recante Istruzioni per la redazione dei bilanci e dei rendiconti
degli Intermediari finanziari ex art. 107 t.u.b., degli Istituti di pagamento, degli IMEL, del-
le SGR e delle SIM (di cui si veda, in particolare, l’all. D, relativo ai rendiconti dei patri-
moni destinati degli IMEL e degli Istituti di pagamento ibridi); la Comunicazione dell’UIF
(Unità di Informazione Finanziaria per l’Italia) del 18 febbraio 2014, recante schemi rap-
presentativi di comportamenti anomali ai sensi dell’art. 6, comma 7o, lett. b, d.lgs. n. 231/
07; la circolare Assonime n. 13/13, Identificazione on-line e pagamenti elettronici: semplici-
tà, sicurezza e interoperabilità. Sulla legislazione europea in materia di servizi di pagamento
e sulla trasposizione della dir. 2009/110/CE, in tema di ME, nei singoli stati dell’U.E., si
veda, in particolare, il sito della Commissione U.E. http://ec.europa.eu (Policies – Eco-
nomy, finance and tax – Financial services and capital markets – Payment Services). Sulla
moneta, in generale, v. infine Carbonetti, voce Moneta, in Dizionari del diritto privato, V,
Diritto monetario, a cura di Irti e Giacobbe, Milano, 1987; Inzitari, La moneta, in Tratt.
di dir. comm. e dir. pubbl. econ. Galgano, VI, Padova, 1983, p. 49 ss.; Di Majo, voce Ob-
bligazioni pecuniarie, in Enc. dir., XXIX, Milano, 1979, p. 222 ss.; Id., voce Pagamento
(dir. priv.), ivi, XXXI, Milano, 1981, p. 532 ss.
( 2 ) Il riferimento alla detenzione della ME è contenuto nei dai normativi: e v., inter alia,
l’art. 114 ter t.u.b. Il termine detentore pare, peraltro, utilizzato dalla legge quale sinonimo
di possessore, ex art. 1140 c.c. Di seguito, dunque, le espressioni detenzione e possesso, ri-
ferite alla ME, saranno tendenzialmente utilizzate quali sinonimi, e non – come general-
mente avviene – in contrapposizione fra loro.
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( 3 ) Come evidenziato in Guerrieri, op. cit., p. 760 ss., l’emissione di ME (che nulla ha
a che vedere con i Bitcoin: moneta virtuale creata dai privati al di fuori dei circuiti di mo-
nete nazionali e dei canali bancari) avviene mediante il rilascio di carte prepagate (la cui
diffusione in Italia, nel 2012, è aumentata del 32,4% – e v. Italia Oggi, 28 ottobre 2013, p.
23 – tanto che detti strumenti, al 31 dicembre 2012, erano più di 18 milioni e rappresen-
tavano più del 20% delle carte in circolazione, corrispondenti a circa il 10% della spesa
totale: in questi termini Riva, in www.ofnews.it, 23 gennaio 2014) o, alternativamente, me-
diante il caricamento di un valore monetario prepagato in un “borsellino” elettronico, che
può essere totalmente dematerializzato e risolversi in un mezzo di pagamento virtuale. Per
convenzione, l’“entità” nella quale è memorizzata elettronicamente la ME, nel prosieguo
del testo, verrà generalmente indicata quale “dispositivo”, con la precisazione per cui, in
ogni caso, l’emissione di ME determina il rilascio di dispositivi prepagati. Al contempo, è
opportuno precisare che, nel corpo dell’articolo, di tutti i prestatori di servizi di pagamen-
to (e v. l’art. 1, lett. g, d.lgs. n. 11/10) si farà riferimento, generalmente, alle banche, e che
il titolare del dispositivo prepagato verrà frequentemente indicato quale pagatore, fermi i
dubbi circa la possibilità di ricomprenderlo, in linea di principio, nella definizione di cui
all’art. 1, lett. e), d.lgs. n. 11/10, riconducendo l’utilizzo di un dispositivo incorporante ME
all’emissione di “ordini” di pagamento, secondo quanto previsto da tale disposizione (ma
v. infra, nt. 29). Dalla soluzione di tale problema, peraltro, dipende la possibilità di consi-
derare “operazioni di pagamento” le attività di versamento, trasferimento o prelevamento
di fondi mediante dispositivi prepagati, dal momento che l’art. 1, lett. c, d.lgs. n. 11/10 ri-
chiede che dette operazioni siano svolte “dal pagatore o dal beneficiario”. Analoghe con-
siderazioni valgono poi tanto con riferimento alla nozione di “conto di pagamento” di cui
alla successiva lett. l, che delinea un insieme al cui interno potrebbero essere ricondotti i
cc.dd. “conti tecnici” utilizzati dalle banche per l’esecuzione dei pagamenti mediante ME
(e v., di seguito, la nt. 29; i conti correnti dei clienti, invece, pur fungendo da conti di pa-
gamento in relazione ad altri strumenti di pagamento, difficilmente possono considerarsi
conti funzionali all’“esecuzioni di operazioni di pagamento” mediante moneta elettronica),
quanto con riferimento alla nozione di “strumento di pagamento”, di cui alla lett. s, an-
ch’essa riferita a ordini di pagamento; dovendosi ulteriormente considerare che, qualora si
ritenesse corretto ricondurre il rilascio di dispositivi prepagati all’emissione di strumenti di
pagamento di cui all’art. 1, lett. b, n. 5 e ricomprendere le operazioni aventi ad oggetto ME
nell’ambito dei depositi, dei prelievi e degli ordini di pagamento di cui allo stesso art. 1,
lett. b, nn. 1, 2 e 3, si dovrebbe inevitabilmente concludere che i servizi connessi all’emis-
sione e al trasferimento di carte prepagate e ai trasferimenti di ME devono essere conside-
rati, a tutti gli effetti, “servizi di pagamento”, ai sensi del d.lgs. n. 11/10: conclusione di
cui, per la verità, si può dubitare, tenendo conto che l’art. 4, comma 1o, lett. a), di tale de-
creto precisa sì che “per servizi di pagamento si intende anche l’emissione di moneta elet-
tronica”, ma aggiungendo che ciò vale “Ai fini dell’applicazione del titolo II”. E v., in ef-
fetti, le ambiguità di cui al nono considerando della dir. PSD 2007/64/CE, che pure con-
duce a propendere per la possibilità di qualificare il trasferimento di ME quale “operazio-
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2o, t.u.b.); (ii) sono investite, nel rispetto delle modalità stabilite dalla
Banca d’Italia, in attività che costituiscono patrimonio distinto, a tutti gli
effetti, da quello dell’istituto di moneta elettronica (art. 114 quinquies.1,
comma 2o, t.u.b.); in ogni caso, anche quando l’emittente sia un soggetto
diverso da un IMEL ( 7 ), (iii) non producono interessi o altri benefici com-
misurati alla giacenza della moneta elettronica (art. 114 bis, comma 3o,
t.u.b.) ( 8 ).
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E, in effetti, gli artt. 114 ter, comma 3o e 126 novies, comma 2o,
t.u.b. ( 11 ), riconoscono in capo ai beneficiari di pagamenti eseguiti in mo-
neta elettronica ( 12 ) un diritto al “rimborso” nei confronti dell’“emitten-
te”, sì che quest’ultimo, per effetto del trasferimento di ME, diviene cer-
tamente, perlomeno per un istante ( 13 ), loro debitore.
In altre parole, coloro che accettino in pagamento ME divengono titola-
ri, nei confronti dell’istituto di emissione, del diritto a vedersi rimborsato
un valore monetario dello stesso importo di quello trasferito a loro favore
dal pagatore; e lo divengono per effetto di un accordo concluso con que-
st’ultimo soggetto e volto al trasferimento, a loro favore, della posizione Circolazione della
giuridica attiva connessa a tale valore monetario. moneta elettronica
Pur con le precisazioni esposte di seguito ( 14 ), pare dunque corretto ri- e rischi
anche in deroga al comma 1”). Come si vede si tratta di disposizioni che regolano, in linea
di principio, i tempi (e, sulla base di questi, l’entità) e i costi del rimborso e che, tenden-
zialmente, non interferiscono con le problematiche oggetto del presente contributo; fermo
quanto si evidenzierà di seguito, nel testo, con riferimento all’ipotesi in cui il pagatore e il
beneficiario si avvalgano di due diversi prestatori di servizi di pagamento: ipotesi in cui il
beneficiario sarà vincolato ad una convenzione unicamente con la propria banca. Sulla di-
sciplina ora richiamata si consenta il rinvio a Guerrieri, op. cit., p. 777 ss.
( 11 ) Riportati alla nota che precede.
( 12 ) Si tratta de “I soggetti, diversi da un consumatore, che accettino in pagamento mo-
neta elettronica”. Al riguardo è inutile ricordare che, salvo diverse previsioni convenziona-
li e salvo il disposto di leggi speciali, l’accettazione della ME non è per legge obbligatoria.
Peraltro, ai sensi dell’art. 3, comma 4o, d.lgs. n. 11/10, “Il beneficiario non può applicare
spese al pagatore per l’utilizzo di un determinato strumento di pagamento. La Banca d’Ita-
lia può stabilire con proprio regolamento deroghe tenendo conto dell’esigenza di promuo-
vere l’utilizzo degli strumenti di pagamento più efficienti ed affidabili”. D’altra parte, ai
sensi del precedente comma 3o, “Il prestatore di servizi di pagamento consente al benefi-
ciario di applicare al pagatore una riduzione del prezzo del bene venduto o del servizio
prestato per l’utilizzo di un determinato strumento di pagamento compreso nell’ambito
d’applicazione del presente decreto”.
( 13 ) E v. di seguito, par. 4.
( 14 ) E v. infra, parr. 5 e 6, circa l’impossibilità di applicare, al trasferimento di ME, la
maggior parte delle norme dettate dal nostro ordinamento giuridico in tema di cessione
ordinaria dei crediti e di circolazione dei titoli di credito.
( 15 ) E v. di seguito, in questo stesso par.
( 16 ) È il caso, piuttosto frequente, in cui il pagatore trasferisca ME dalla propria carta
prepagata a quella del beneficiario.
( 17 ) Le due ipotesi sono considerate in Guerrieri, op. cit., p. 760 ss. (ove la precisazio-
ne per cui, quando il dispositivo è meramente virtuale, nella prassi spesso non si parla di
borsellino elettronico, bensì di moneta virtuale). Per una prima rassegna sulle tipologie di
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moneta elettronica diffuse in altri ordinamenti v. De Stasio, op. cit., p. 193, che ricorda, in
particolare, la GeldKarte tedesca, la Proton e la Pingping belghe, oltre alla Mondex, diffusa
nel Regno Unito.
( 18 ) L’espressione “pertinenza” è utilizzata, in particolare, dall’art. 114 ter, comma 2o e
dall’art. 126 novies t.u.b.
( 19 ) Su cui si rimanda, inter alia, alle pp. 15 ss. del Report Card payments in Europe. A
renewed focus on SEPA for cards, pubblicato nell’aprile 2014 a cura della Banca Centrale
Europea, cit. alla nt. 1.
( 20 ) Nel linguaggio del legislatore comunitario (e v., in particolare, l’art. 4, n. 6], della
dir. PSD 2007/64/CE), ripreso dal legislatore italiano in sede di emanazione del d.lgs. n.
11/10, si tratta dei sistemi “di pagamento”, o “di scambio, di compensazione e di regola-
mento” di cui all’art. 1, lett. d), di tale decreto.
( 21 ) Nel prosieguo del discorso, in effetti, ci si riferirà all’ipotesi in cui il beneficiario del
pagamento sia cliente di una banca e abbia stipulato con quest’ultima una “convenzione di
accettazione” di ME (cfr. Guerrieri, op. cit., p. 792 ss.), nella prassi spesso indicata, e de-
nominata dall’art. 6 d.m. Economia e Finanza 51/14, cit., quale “contratto di convenziona-
mento” (e v. le Disposizioni di Banca d’Italia del 5 luglio 2011, di “Attuazione del Titolo II
del Decreto legislativo n. 11 del 27 gennaio 2010 relativo ai servizi di pagamento (diritti ed
obblighi delle parti)”, p. 14; Farace, op. cit., p. 9, che ricorda l’orientamento dottrinale se-
condo cui si tratterebbe di contratto normativo con prestazioni al terzo; Spada, Carte di
credito: “terza generazione” dei mezzi di pagamento, in Riv. dir. civ., 1976, I, p. 499; Lemme,
Moneta scritturale e moneta elettronica, Torino, 2003, p. 106; Restuccia, La carta di credi-
to nell’ordinamento giuridico italiano e comunitario, Milano, 1999, p. 75 ss. Nella teorica
tradizionale in tema di carte di credito e di debito, si fa riferimento – come noto – a con-
venzioni di abbonamento o di associazione: e v. per tutti D’Arcangeli, op. cit., pp. 900 e
920). Analoghe considerazioni possono venire svolte per l’ipotesi in cui il beneficiario del
pagamento sia cliente di un IMEL; fermo restando che, in tal caso, mancando un conto
corrente bancario, molte delle situazioni prospettate nel testo potrebbero non verificarsi.
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fetti, volendo valorizzare i punti di contiguità con tali figure, prima facie
sembrerebbe possibile affermare che, attraverso la convenzione di accet-
tazione/associazione stipulata fra il beneficiario e la sua banca, quest’ulti-
ma, nella sua qualità di terzo, si obbliga nei confronti del primo a pagare i
debiti che risulteranno avere, nei suoi confronti, i soggetti emittenti la ME
via via incassata ( 44 ); nelle convenzioni fra emittenti, ogni banca si obbliga,
nei confronti di ciascuna delle altre, a pagare i suoi debiti nei confronti dei
terzi beneficiari, che della prima siano clienti ( 45 ), e delega, al contempo,
le altre a pagare i propri debiti da ME ai loro, rispettivi clienti ( 46 ).
Rimane fermo che, nel momento in cui la ME viene trasferita dal paga-
tore al beneficiario, la banca di quest’ultimo non esprime alcuna dichiara-
zione di volontà ( 47 ), tantomeno nei confronti del soggetto emittente ( 48 ),
né quest’ultimo dà vita ad alcuna delegazione: gli unici soggetti fra cui si
forma un accordo sono pagatore e beneficiario, e il loro scambio di con-
sensi, alla luce degli accordi intervenuti in precedenza fra banche, com-
porta che il beneficiario, divenuto per un breve lasso di tempo ( 49 ) titolare
del credito da ME nei confronti dell’emittente ( 50 ), si ritrovi titolare di
detto credito unicamente nei confronti del suo prestatore di servizi di pa-
gamento.
quando la moneta elettronica venga incassata dal beneficiario su un dispositivo che gli
consente di trattenerla per un lasso di tempo significativo.
( 44 ) Evidenti, dunque, gli elementi di affinità con l’espromissione, disciplinata dall’art.
1272 c.c.: “Il terzo che, senza delegazione del debitore” (ma v., a questo riguardo, quanto
osservato di seguito, nel testo), “ne assume verso il creditore il debito (...)”. Si noti, peral-
tro, come, in tal caso, la liberazione del debitore originario – l’istituto emittente – si pro-
duca nonostante manchi l’espressa dichiarazione del creditore richiesta, di regola, dall’art.
1272, comma 1o, c.c.
( 45 ) Di qui l’affinità con l’accollo, di cui all’art. 1273 c.c.: il contratto con cui “il debitore
e un terzo convengono che questi assuma il debito dell’altro”.
( 46 ) Aspetto che avvicina la convenzione de qua a una delegazione (artt. 1268-1271 c.c.).
( 47 ) Come sarebbe necessario per poter configurare un’espromissione, o un accollo.
( 48 ) Secondo quanto sarebbe necessario per potere configurare, in particolare, un accol-
lo.
( 49 ) Se non per un attimo ideale.
( 50 ) Soggetto nei cui confronti il credito da ME non è comunque esigibile, perché istan-
taneamente assunto dalla banca del beneficiario e perché comunque quest’ultimo si è con-
venzionalmente vincolato a chiedere il rimborso della moneta elettronica soltanto al pro-
prio prestatore di servizi di pagamento.
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( 51 ) Che, anche ove non spontaneo, richiede l’assenza di un’obbligazione del pagatore
nei confronti del beneficiario (art. 1180 c.c.).
( 52 ) Che presuppone che un soggetto sia tenuto, se non per altri, perlomeno con altri (e
non – come nel caso che ci occupa – in proprio, in via esclusiva), al pagamento del debito.
( 53 ) La ricostruzione descritta nel testo pare quella più fedele ai dati normativi e alla
prassi operativa degli istituti emittenti ME. In questi termini, dunque, pare di poter retti-
ficare quanto prima facie ipotizzato in Guerrieri, op. cit., p. 762, nt. 63, ove si era imma-
ginato che, a seguito della cessione del credito da ME dal pagatore al beneficiario, que-
st’ultimo la trasferisse alla propria banca (se, ovviamente, diversa dall’emittente). Pare da
escludere, d’altra parte, che il beneficiario del pagamento, divenuto titolare del credito da
ME, si limiti ad assegnare alla propria banca un mandato all’incasso, rientrante nell’ambito
dei servizi di pagamento prestati da tale banca ai propri clienti. In questi termini, invece,
N. Mancini, op. cit., p. 140.
( 54 ) E salvo quanto specificato supra, nel testo (par. 3), in relazione alla posizione giuri-
dica trasferita al cessionario di ME, quando la stessa sia emessa da IMEL.
( 55 ) Come ricordato in altra sede (e v. Guerrieri, op. cit., p. 788), peraltro, è proprio
sul presupposto per cui il debitore ceduto può sempre far valere l’inesistenza del credito
oggetto di trasferimento che si basa la disciplina della garanzia del nomen verum, di cui al-
l’art. 1266 c.c.
( 56 ) Oltre che nell’ipotesi considerata in questa sede, l’inesistenza del credito vantato dal
titolare del dispositivo nei confronti dell’emittente è configurabile anche quando venga ese-
guito un pagamento (erroneamente accettato dal sistema informatico) per un importo supe-
riore al valore monetario memorizzato sul dispositivo. Anche in tal caso, trattato di seguito,
al par. 12, pare corretto ritenere che l’emittente-debitore ceduto non possa eccepire al ces-
sionario-beneficiario del pagamento l’inesistenza del credito vantato dal pagatore-cedente.
( 57 ) L’ipotesi considerata nel testo è riconducibile ad un errore dell’emittente, che rila-
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scia al possessore del dispositivo più ME di quella che gli dovrebbe e gli vorrebbe attribui-
re, sulla base del negozio di emissione. Ovviamente diverso il caso in cui la ME venga
emessa per un importo superiore a quella ricevuta dall’emittente, poiché quest’ultimo in-
tende far credito al proprio cliente (secondo quanto è possibile, perlomeno per gli emit-
tenti di natura bancaria): caso in cui la moneta spendibile è senza dubbio quella immagaz-
zinata nel dispositivo, salvi i diritti azionabili dalla banca nei confronti del proprio cliente
sulla base del rapporto di finanziamento.
( 58 ) Al primo detentore di ME, parte del contratto di emissione, saranno del resto op-
ponibili tutte le eccezioni a lui personali: e v. Guerrieri, op. cit., p. 789, nt. 170.
( 59 ) È l’ipotesi opposta a quella considerata di seguito, al par. 12, di pagamento registra-
to dal sistema informatico (per effetto del malfunzionamento di quest’ultimo), ma non au-
torizzato né effettuato.
( 60 ) Si deve dunque escludere che, in tale ipotesi, la qualità di creditore possa essere ri-
conosciuta al beneficiario; e questo – pare a chi scrive – anche ove il mancato trasferimento
della ME a favore di quest’ultimo dipenda da malfunzionamenti del sistema informatico;
ipotesi in cui, al più, sembra ipotizzabile un’azione di danni del beneficiario nei confronti
del gestore del sistema (e – ammesso che possano dirsi responsabili del suo funzionamento
– nei confronti dell’emittente e/o del prestatore di servizi di pagamento dello stesso bene-
ficiario).
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to che la ha emessa ( 64 ).
Il tema, tuttavia, merita una riflessione più ampia ed approfondita che,
sulla base della disciplina legale ( 65 ), consenta di comprendere in quali ca-
plica a chi, attraverso informazioni e comunicazioni in qualsiasi forma, induce in altri il fal-
so convincimento di essere sottoposto alla vigilanza della Banca d’Italia ai sensi dell’articolo
108 o di essere abilitato all’esercizio delle attività di cui all’articolo 111”). Rimane fermo
che, dal punto di vista civilistico, il credito vantato verso l’emittente abusivo potrà essere
ceduto senza che quest’ultimo possa sottrarsi al pagamento eccependo al cessionario, ai
sensi dell’art. 1993 c.c., la propria mancanza di “capacità” al momento dell’emissione, non
essendo in questione, in tal caso, la capacità dell’emittente, ma unicamente la legittimità, se
non addirittura la liceità, dell’attività da lui esercitata. D’altra parte, è principio consolidato
quello per cui l’esercizio abusivo di attività bancaria e finanziaria, se può comporta l’appli-
cazione di sanzioni penali ed amministrative, non impedisce all’autore dell’abuso di acqui-
sire la qualità di imprenditore e non gli consente di sottrarsi alle conseguenze – in particola-
re, alle conseguenze sfavorevoli – derivanti a suo carico dall’esercizio della predetta attività,
perlomeno nei confronti dei terzi che non abbiano preso parte all’illecito (e v., per rimanere
ai testi istituzionali, Campobasso, Diritto commerciale. 1. Diritto dell’impresa, Torino,
2006, p. 40; Presti e Rescigno, Corso di diritto commerciale, Bologna, 2009, p. 21); analo-
go principio, dunque, pare corretto applicare nell’ipotesi considerata, sì che l’emittente do-
vrà riconoscere il cessionario proprio creditore, senza potersi sottrarre al pagamento.
( 63 ) E salva la possibilità di ritenere che, qualora detti contratti prevedano la proponibi-
lità di eccezioni incompatibili con la disciplina della ME, gli stessi siano comunque (alme-
no parzialmente) efficaci, pur non potendo il relativo oggetto qualificarsi quale moneta
elettronica.
( 64 ) Nell’ipotesi in cui la ME abbia circolato, ove l’emittente sia soggetto diverso dalla
banca del beneficiario, e la richiesta di rimborso, di conseguenza, sia rivolta a quest’ultima,
il beneficiario potrà, al più, vedersi sollevate eccezioni basate sul rapporto che lo lega alla
stessa banca, e non certo all’emittente. Del resto, si è rilevato come la convenzione di ade-
sione al sistema (la convenzione di accettazione/di associazione, o contratto di convenzio-
namento) presenti elementi di affinità con l’istituto dell’espromissione (e v. supra, par.
4.2.2); e non è inutile ricordare che, ai sensi dell’art. 1272, comma 3o (primo periodo), c.c.,
il terzo espromittente, di regola, può opporre al creditore le eccezioni che gli “avrebbe po-
tuto opporre il debitore originario”, ma solo “se non sono personali a quest’ultimo e non
derivano da fatti successivi all’espromissione”. Del resto, ai sensi dell’art. 1272, comma 2o,
c.c., “Se non si è convenuto diversamente” – e non è questo il caso – “il terzo non può op-
porre al creditore le eccezioni relative ai suoi rapporti col debitore originario”; ai sensi del-
l’art. 1272, comma 3o, ultimo periodo, il terzo non può opporre “la compensazione che
avrebbe potuto opporre il debitore originario, quantunque si sia verificata prima del-
l’espromissione”.
( 65 ) E ferme le difficoltà di comprendere quali spazi possano essere riconosciuti all’au-
tonomia negoziale.
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( 66 ) Il tema è studiato anche dai cultori dell’analisi economica del diritto, al fine di indi-
viduare le scelte di politica legislativa più adeguate ed efficienti: e v. per tutti Liberati
Buccianti, op. cit., p. 38 ss., ove, a p. 47, un sintetico quadro degli orientamenti dell’ABF
successivi all’emanazione della dir. PSD 2007/64/CE e anteriori all’entrata in vigore del
d.lgs. n. 11/10. Riferimenti di dottrina e di giurisprudenza sugli orientamenti espressi in te-
ma di indebito utilizzo delle carte di pagamento o di loro malfunzionamento si ritrovano
anche in Farace, op. cit., p. 7, nt. 13 (ove, in particolare, sono ricordate le pronunce di
Cass. 17 luglio 2006, n. 16102, di App. Milano 8 giugno 1999, in Banca, borsa, tit. cred.,
2000, II, p. 568 ss., e di Trib. Roma 10 luglio 1997, in Banca, borsa, tit. cred., 1998, II, p.
422 ss.).
( 67 ) Dati normativi che, per quanto riferiti, in generale, ai servizi di pagamento, verran-
no di seguito analizzati concentrando l’attenzione esclusivamente sui pagamenti eseguiti
mediante ME. In precedenza, sulle problematiche che verranno trattate nei paragrafi che
seguono, si veda quanto previsto dalla Raccomandazione 97/489/CE della Commissione,
del 30 luglio 1997, “relativa alle operazioni mediante strumenti di pagamento elettronici,
con particolare riferimento alle relazioni tra gli emittenti ed i titolari di tali strumenti”, e
dal Parere del Comitato economico e sociale 98/C 95/05 del 28 gennaio1998, in merito al-
la “Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, all’Istituto
monetario europeo ed al Comitato economico e sociale: <Accrescere la fiducia dei consu-
matori negli strumenti di pagamento elettronici nel mercato unico>”.
( 68 ) Su cui si vedano le citate Disposizioni di Banca Italia di “Attuazione del titolo II del
Decreto legislativo n. 11 del 27 gennaio 2010 relativo ai servizi di pagamento (Diritti ed
obblighi delle parti)”, emanate il 5 luglio 2011 ai sensi dell’art. 31 d.lgs. n. 11/10, pp. 28 ss.
( 69 ) E v. infra, il par. 11, ove peraltro sono espressi dubbi circa la compatibilità degli
artt. 62 e 67 quaterdecies c.cons. con la normativa comunitaria.
( 70 ) La norma contiene, inoltre, le seguenti, ulteriori previsioni: “b) se l’utilizzatore dei
servizi di pagamento non è un consumatore, le parti possono convenire che gli articoli 3,
comma 1, 5, comma 4, 10, 12, 13, 14, 17 e 25 non siano in tutto o in parte applicati. Le
parti possono altresì concordare un periodo di tempo diverso per effettuare la comunica-
zione di operazioni non autorizzate o effettuate in modo inesatto di cui all’articolo 9; c)
le microimprese sono equiparate ai consumatori; tuttavia, le parti possono convenire che
gli articoli 13, 14 e 17, comma 3 non siano in tutto o in parte applicati”. Da tali previsio-
ni normative pare di comprendere, per quanto interessa in questa sede, che se l’utilizza-
tore di servizi di pagamento è un consumatore gli artt. 9 (perlomeno per la parte in cui
stabilisce il termine per l’esecuzione della comunicazione ivi prevista) e 12 non possono
venire derogati, essendo, per contro, l’art. 11 (al pari delle altre disposizioni non ricom-
prese nell’elenco di cui all’art. 2, comma 4o) sempre inderogabile, tanto quando l’utilizza-
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Saggi e approfondimenti 1061
D’altra parte, l’art. 4, comma 3o, dello stesso decreto, rubricato “Deroga
per gli strumenti di pagamento di basso valore e moneta elettronica”, sta-
bilisce quanto segue:
“Gli articoli 11 e 12 non si applicano alla moneta elettronica quando le
modalità di funzionamento del relativo circuito consentono al prestatore
di servizi di pagamento di congelare il conto o di bloccare lo strumento di
pagamento e lo strumento prevede limiti di avvaloramento non superiori a
500 euro” ( 71 ).
Da tali previsioni discende che, in linea di principio e salvo quanto di-
sposto dall’articolo ora citato, alla circolazione della moneta elettronica si Circolazione della
applicano, inter alia, gli artt. 11 e 12 d.lgs. n. 11/10: le norme che regola- moneta elettronica
no, rispettivamente, la “Responsabilità del prestatore di servizi di paga- e rischi
tore sia un consumatore, quanto nei casi in cui non lo sia. Si consideri, peraltro, che per i
contratti conclusi fra un professionista e un consumatore ricadenti nell’ambito di appli-
cazione degli artt. 46 e 47 c.cons., dovrebbe teoricamente trovare applicazione, anche in
deroga alle previsioni di cui al d.lgs. n. 11/10, l’art. 62 dello stesso c.cons. (il d.lgs. n. 11/
10 rimanendo applicabile nei limiti di compatibilità con la lex specialis ora citata); e que-
sto a meno che non si ritenga, come pare corretto, che sia l’art. 62, sia l’art. 67 quaterde-
cies siano inapplicabili se e nella parte in cui risultino incompatibili con la normativa co-
munitaria (e, in particolare, con le disposizioni della dir. PSD 2007/64/CE); e v. di segui-
to, al par. 11.
( 71 ) I commi 1o, 2o e 4o dell’art. 4 d.lgs. n. 11/10, invece, prevedono quanto segue:
“1. Nel caso di strumenti di pagamento che conformemente al contratto quadro con-
sentono esclusivamente singole operazioni di pagamento di importo non superiore a 30
euro o che presentano un limite di spesa complessivo di 150 euro o che sono avvalorati per
un importo che in nessun momento supera i 150 euro, le parti del contratto quadro pos-
sono convenire che:
a) gli articoli 7, comma 1, lettera b), 8, comma 1, lettere c) e d), e 12, commi 1 e 2, non
si applicano se lo strumento di pagamento non può essere bloccato o non può esserne im-
pedito l’ulteriore utilizzo;
b) gli articoli 10, 11 e 12, commi 3 e 4, non si applicano se lo strumento di pagamento
è utilizzabile in forma anonima o se, a causa delle caratteristiche dello strumento, il presta-
tore di servizi di pagamento non è in grado di dimostrare che l’operazione di pagamento è
stata autorizzata;
c) il prestatore di servizi di pagamento, in deroga all’articolo 16, comma 1, non è te-
nuto ad informare l’utilizzatore di servizi di pagamento del rifiuto di un ordine di paga-
mento quando la mancata esecuzione dello stesso risulta evidente dal contesto;
d) il pagatore, in deroga all’articolo 17, non può revocare l’ordine di pagamento do-
po averlo trasmesso al beneficiario o dopo avergli dato il proprio consenso ad avviare l’ese-
cuzione dell’operazione di pagamento;
e) si applicano altri termini di esecuzione, in deroga agli articoli 20 e 21.
2. Gli importi di cui al comma 1 sono raddoppiati quando i prestatori di servizi di pa-
gamento del pagatore e del beneficiario sono insediati in Italia; per gli strumenti di paga-
mento prepagati il limite di 150 euro è elevato a 500 euro. (...)
4. La Banca d’Italia, in attuazione delle misure adottate dalla Commissione europea,
può disporre l’applicazione di limiti di importo diversi da quelli previsti dai commi 1, 2 e
3”.
L’art. 4 d.lgs. n. 11/10 – e in primis il comma 3o, riportato nel testo – non è di immediata
comprensione. E v. per tutti Roncaglia, in M. Mancini e altri (a cura di), La nuova disci-
plina dei servizi di pagamento, Torino, 2011, p. 76 ss.
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( 72 ) Alle stesse, e ai principi ivi dettati, sarà dunque dedicato il prosieguo del presente
contributo, che pertanto non prenderà in considerazione ulteriori profili di disciplina, pu-
re riconducibili alla distribuzione dei rischi nella circolazione della moneta elettronica (e
Circolazione della v., inter alia, gli artt. 24 ss. d.lgs. n. 11/10, in tema di responsabilità).
moneta elettronica
e rischi
( 73 ) Questo il testo dell’art. 9 d.lgs. n. 11/10: “1. L’utilizzatore, venuto a conoscenza di
un’operazione di pagamento non autorizzata o eseguita in modo inesatto, ivi compresi i ca-
si di cui all’articolo 25, ne ottiene la rettifica solo se comunica senza indugio tale circostan-
za al proprio prestatore di servizi di pagamento secondo i termini e le modalità previste nel
contratto quadro o nel contratto relativo a singole operazioni di pagamento. La comunica-
zione deve essere in ogni caso effettuata entro 13 mesi dalla data di addebito, nel caso del
pagatore, o di accredito, nel caso del beneficiario.
2. Il termine di 13 mesi non opera se il prestatore di servizi di pagamento ha omesso di
fornire o mettere a disposizione le informazioni relative all’operazione di pagamento se-
condo quanto previsto dalle disposizioni in materia di trasparenza delle condizioni e di re-
quisiti informativi per i servizi di pagamento di cui al titolo VI del testo unico delle leggi in
materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385.
3. Un’operazione di pagamento è eseguita in modo inesatto quando l’esecuzione non è
conforme all’ordine o alle istruzioni impartite dall’utilizzatore al proprio prestatore di ser-
vizi di pagamento”.
L’art. 25, richiamato dal comma 1o, è rubricato “Mancata o inesatta esecuzione” e detta
la seguente disciplina:
“1. Quando l’operazione di pagamento è disposta dal pagatore, fatti salvi gli articoli 9,
24, commi 2 e 3” (norma riferita all’identificativo unico ed estranea, di conseguenza, alla
tematica della ME) “e 28” (articolo ai sensi del quale “Le responsabilità di cui agli articoli
da 5 a 27 non si applicano in caso di caso fortuito o forza maggiore e nei casi in cui il pre-
statore di servizi di pagamento abbia agito in conformità con i vincoli derivanti da altri ob-
blighi di legge”), “il prestatore di servizi di pagamento del pagatore è responsabile nei con-
fronti di quest’ultimo della corretta esecuzione dell’ordine di pagamento ricevuto, a meno
che non sia in grado di provare al pagatore ed eventualmente al prestatore di servizi di pa-
gamento del beneficiario che quest’ultimo ha ricevuto l’importo dell’operazione confor-
memente all’articolo 20, comma 1” (per il quale “Il prestatore di servizi di pagamento del
pagatore assicura che dal momento della ricezione dell’ordine l’importo dell’operazione
venga accreditato sul conto del prestatore di servizi di pagamento del beneficiario entro la
fine della giornata operativa successiva. Fino al 1o gennaio 2012 le parti di un contratto per
la prestazione di servizi di pagamento possono concordare di applicare un termine di ese-
cuzione diverso da quello previsto dal primo periodo ovvero di fare riferimento al termine
indicato dalle regole stabilite per gli strumenti di pagamento dell’area unica dei pagamenti
in euro che non può comunque essere superiore a tre giornate operative. Per le operazioni
di pagamento disposte su supporto cartaceo, i termini massimi di cui ai periodi precedenti
possono essere prorogati di una ulteriore giornata operativa”). “In tale caso, il prestatore
di servizi di pagamento del beneficiario è responsabile nei confronti del beneficiario della
corretta esecuzione dell’operazione di pagamento.
2. Quando il prestatore di servizi di pagamento del pagatore è responsabile ai sensi del
comma 1, rimborsa senza indugio al pagatore l’importo dell’operazione di pagamento non
eseguita o eseguita in modo inesatto e, se l’operazione è stata eseguita a valere su un conto
di pagamento, ne ripristina la situazione come se l’operazione di pagamento eseguita in
modo inesatto non avesse avuto luogo.
3. Nei casi di cui al comma 2 il pagatore può scegliere di non ottenere il rimborso, man-
tenendo l’esecuzione dell’operazione di pagamento. Restano salvi il diritto di rettifica di
cui all’articolo 9 e la responsabilità di cui al comma 8.
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3. Salvo il caso in cui l’utilizzatore abbia agito con dolo o colpa grave
ovvero non abbia adottato le misure idonee a garantire la sicurezza dei di-
spositivi personalizzati che consentono l’utilizzo dello strumento di paga-
mento, prima della comunicazione eseguita ai sensi dell’articolo 7, comma
1, lettera b), l’utilizzatore medesimo può sopportare per un importo co-
munque non superiore complessivamente a 150 euro la perdita derivante
dall’utilizzo indebito dello strumento di pagamento conseguente al suo
furto o smarrimento.
4. Qualora abbia agito in modo fraudolento o non abbia adempiuto ad
uno o più obblighi di cui all’articolo 7 con dolo o colpa grave, l’utilizzato- Circolazione della
re sopporta tutte le perdite derivanti da operazioni di pagamento non au- moneta elettronica
torizzate e non si applica il limite di 150 euro di cui al comma 3. e rischi
( 76 ) Ai sensi dei commi 2o, 3o e 4o dell’art. 5 d.lgs. n. 11/10, peraltro: “(...) 2. Il consenso
ad eseguire un’operazione di pagamento o una serie di operazioni di pagamento è prestato
nella forma e secondo la procedura concordata nel contratto quadro o nel contratto rela-
tivo a singole operazioni di pagamento. 3. L’autorizzazione può essere data prima o, ove
concordato tra il pagatore e il proprio prestatore di servizi di pagamento, dopo l’esecuzio-
ne di un’operazione di pagamento. 4. Il consenso può essere revocato in qualsiasi momen-
to, nella forma e secondo la procedura concordata nel contratto quadro o nel contratto re-
lativo a singole operazioni di pagamento, purché prima che l’ordine di pagamento diventi
irrevocabile ai sensi dell’articolo 17. Le operazioni di pagamento eseguite dopo la revoca
del consenso ad eseguire più operazioni di pagamento non possono essere considerate au-
torizzate”.
Ai sensi dell’art. 17, comma 1o, “Fatte salve le disposizioni di cui al presente articolo,
una volta ricevuto dal prestatore di servizi di pagamento del pagatore l’ordine di pagamen-
to non può essere revocato dall’utilizzatore”.
Il successivo comma 2o stabilisce poi quanto segue: “Fatto salvo quanto previsto all’ar-
ticolo 5, comma 4, se l’operazione di pagamento è disposta su iniziativa del beneficiario o
per il suo tramite” – (e per i pagamenti in moneta elettronica v. i dubbi espressi supra, alla
nt. 29) – “il pagatore non può revocare l’ordine di pagamento dopo averlo trasmesso al be-
neficiario o avergli dato il consenso ad eseguire l’operazione di pagamento”. I commi 5o,
6o, 7o e 8o del citato art. 17, infine, contengono le seguenti previsioni:
“5. Decorsi i termini di cui ai commi da 1 a 4, l’ordine di pagamento può essere revo-
cato solo con il mutuo consenso dell’utilizzatore e del suo prestatore di servizi di pagamen-
to. Nei casi previsti ai commi 2 e 3, per la revoca dell’ordine di pagamento è necessario an-
che il consenso del beneficiario. Il prestatore di servizi di pagamento può addebitare le
spese della revoca solo qualora ciò sia previsto nel contratto quadro.
6. In ogni caso, la revoca di un ordine di pagamento ha effetto solo nel rapporto tra il
prestatore di servizi di pagamento e l’utilizzatore del servizio, senza pregiudicare il carat-
tere definitivo delle operazioni di pagamento nei sistemi di pagamento.
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to ( 81 ), sul presupposto che questi abbia ricevuto – sia pure per effetto di
un utilizzo indebito della ME – quanto effettivamente dovutogli.
Quanto ai rapporti fra emittente e titolare della ME, la legge individua
varie ipotesi, una delle quali può considerarsi fisiologica, a differenza delle
altre, intrise di connotati patologici.
Ai sensi dell’art. 12, commi 1o e 3o, qualora ciascuna delle parti abbia
adempiuto agli obblighi imposti a suo carico dal d.lgs. n. 11/10 – e il tito-
lare del dispositivo ne abbia, dunque, comunicato, ex art. 7, lo smarrimen-
to, il furto, l’appropriazione indebita e, in ogni caso, l’uso non autorizza-
to ( 82 ), avvalendosi degli strumenti messi a sua disposizione dall’emittente Circolazione della
ai sensi dell’art. 8 – la norma pone a carico di quest’ultimo tutti i paga- moneta elettronica
menti eseguiti dopo la (ricezione della ( 83 )) predetta comunicazione, ad- e rischi
formativo predisposto dalla Banca Marche in relazione al “Servizio POS – Point of sale”,
ove fra i “Principali rischi” si menziona espressamente il “Riaddebito degli importi prece-
dentemente accreditati all’esercente in caso di irregolarità nelle modalità di accettazione
delle carte di pagamento presentate dai titolari (carte rubate, clonate o contraffatte)”. Lo
stesso Foglio informativo, nella “Legenda”, ricorda che Visa e MasterCard, con riferimento
alle “transazioni effettuate tramite e-commerce”, hanno dato vita a Protocolli di sicurezza
grazie ai quali “Le transazioni” ripudiabili (ossia a rischio di frode) “vengono notificate al-
l’esercente e, qualora vengano da questi accettate, il rischio è a carico dell’esercente stesso”.
Sulle clausole di riaddebito maggiormente diffuse nella prassi e sui dubbi talora espressi in
relazione alla loro validità v., in particolare, Farace, op. cit., p. 3 ss., che riconduce le clau-
sole di riaddebito puro al genus dei patti di manleva e che ricorda anche le ipotesi di riadde-
bito legale di cui all’art. 56 (oggi, art. 62) e 67 quaterdecies c.cons. (su cui, come detto, v. in-
fra, par. 11); cfr., inoltre, Onza, Estinzione, cit., p. 130 (ove riferimenti, in particolare, a
ABF, Coll. Coord. 15 ottobre 2012, n. 3299; ABF Milano 19 aprile 2013, n. 2088; 3 aprile
2013, n. 1794; 28 marzo 2013, n. 1739); D’Arcangeli, op. cit., p. 914. Nell’ipotesi (e nella
misura) in cui il beneficiario del pagamento subisca gli effetti negativi del riaddebito (legale
o convenzionale), gli spetterà ovviamente azione nei confronti dell’indebito utilizzatore:
azione che in concreto, tuttavia, non sarà quasi mai esercitabile, stante l’impossibilità di
identificare quest’ultimo soggetto e di ottenere, da parte sua, la restituzione dei beni acqui-
stati o il loro controvalore in denaro. Ove, per contro, il riaddebito non operi (o per la mi-
sura in cui non operi), l’azione contro l’indebito utilizzatore (e dunque, in concreto, il ri-
schio dell’operazione) spetterà all’emittente e/o al titolare del dispositivo, a seconda di chi
abbia sopportato, sulla base delle regole esposte nel testo, la perdita. Per l’ipotesi in cui ad
utilizzare indebitamente (fraudolentemente) lo strumento di pagamento sia lo stesso pro-
fessionista, questi dovrà subire il riaddebito da parte dell’emittente e/o l’azione di ripetizio-
ne da parte del titolare, senza poter vantare un diritto di rivalsa verso alcuno. L’ipotesi è
espressamente considerata dai soli artt. 62 e 67 quaterdecies c.cons., riferiti, fra l’altro, al-
l’ipotesi di frode del professionista, o del fornitore; il principio ora espresso, tuttavia, non
può non valere in ogni ipotesi in cui quest’ultimo si renda responsabile di un utilizzo inde-
bito del dispositivo del pagatore.
( 81 ) Ma v. De Stasio, op. cit., p. 112, Barillà, op. cit., p. 18.
( 82 ) Si veda, a titolo esemplificativo, l’art. 3.3 del “Contratto Cliente Imel.Eu S.p.A.”:
“In caso di smarrimento o furto dei codici personali o dei dispositivi fisici utilizzati per ac-
cedere ai servizi, il Cliente si impegna a darne immediata comunicazione a IMEL.EU per il
blocco dell’utenza IMEL.EU seguendo quanto previsto dai Manuali nonché a procedere
in proprio al blocco mediante accesso al Sito”.
( 83 ) In questo senso pare di dovere interpretare il riferimento alla comunicazione con-
tenuto nell’art. 12. In effetti, se la stessa è finalizzata a consentire alla banca di “impedire
qualsiasi utilizzo dello strumento di pagamento successivo alla comunicazione dell’utiliz-
zatore di cui all’articolo 7, comma 1, lettera b)” (in questo senso, come detto l’art. 8, com-
ma 1o, lett. c), si deve ritenere che i pagamenti di cui la banca si assume il rischio integrale
siano solo quelli successivi alla ricezione, e non al semplice invio, di detta comunicazione.
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( 84 ) Importo che la Banca d’Italia, per effetto del disposto dell’art. 12, comma 5o, d.lgs.
n. 11/10, può ridurre, con riferimento a strumenti di pagamento “aventi particolari carat-
teristiche di sicurezza”: e v., di seguito, la nt. 86. Il termine “complessivamente”, utilizzato
nel testo di legge, lascia chiaramente comprendere che – come indicato nel testo – l’impor-
Circolazione della to di 150 euro rappresenta il rischio massimo posto a carico del titolare di ME, a prescin-
moneta elettronica
e rischi
dere dal numero di volte in cui il dispositivo sia stato indebitamente utilizzato; è escluso,
dunque, che il tetto di 150 euro valga per ogni singolo, indebito pagamento. Sul tema v.
De Stasio, op. cit., p. 109, che osserva come la scelta di politica legislativa volta ad addos-
sare al titolare del dispositivo (sia pure entro il limite di 150 euro) il rischio di un utilizzo
indebito dello strumento è indice della “dimensione non negoziale, bensì procedimentale,
della procedura di avvio dell’ordine di pagamento (...)”. Lo stesso A., a p 111, ricorda poi
la pronuncia dell’ABF Roma 8 maggio 2012, n. 1412, secondo cui il limite di 150 euro, di
cui all’art. 12 d.lgs. n. 11/10, “non costituisce una vera e propria franchigia, ma una misura
che va graduata e modulata (...) a seconda delle circostanze concrete (entità della somma
sottratta; misura più lieve o meno della colpa del cliente; grado di negligenza della ban-
ca)”. Nello stesso senso – sulla base di un’interpretazione resa possibile dalla lettera della
norma – ABF Roma 17 maggio 2013, n. 2772; contra, tuttavia, ritenendo che il limite di
150 euro non sia modulabile, ABF Milano 6 marzo 2013, n. 1275; 16 gennaio 2013, n. 333;
12 novembre 2012, n. 3745; Liberati Buccianti, op. cit., p. 81, ove ulteriori riferimenti.
Sul punto v. anche Troiano, Cuocci e Pironti, Art. 12, in M. Mancini e altri (a cura
di), La nuova disciplina dei servizi di pagamento, cit., p. 149. L’art. 66 della Proposta di di-
rettiva relativa ai servizi di pagamento, destinata, fra l’altro, ad abrogare la dir. PSD 2007/
64/CE, prevede l’abbassamento della soglia di rischio per il pagatore da 150 a 50 euro.
( 85 ) Fermi i diritti del beneficiario (o, più verosimilmente, della banca che ha convertito
a suo favore la moneta elettronica in moneta scritturale) nei confronti dell’emittente, il di-
spositivo del cliente dovrà dunque venire nuovamente caricato di un importo pari al 100%
delle somme spese dopo la ricezione della comunicazione di cui all’art. 7 e di un importo
pari alle somme spese prima di detta comunicazione, perlomeno se e nella misura in cui le
stesse risultino superiori a 150 euro. Si noti, peraltro, che mentre l’art. 12, comma 3o, d.lgs.
n. 11/10, con riferimento alle ipotesi di smarrimento o sottrazione del dispositivo incorpo-
rante ME, ricalca il disposto dell’art. 61, comma 1o, della dir. 2007/64/CE, con riferimento
all’ipotesi di appropriazione indebita di detto dispositivo se ne discosta, dal momento che
in tal caso quest’ultima disposizione pone a carico del cliente le perdite derivanti dall’uso
indebito dello strumento solo se “il pagatore non ha conservato in condizioni di sicurezza
le caratteristiche di sicurezza personalizzate” (si tratta dell’obbligo posto a carico dell’uti-
lizzatore dall’art. 56, comma 2o, della direttiva e dall’art. 7, comma 2o, d.lgs. n. 11/10). La
disciplina dettata dall’art. 12, nell’ipotesi considerata nel testo, con riferimento ai paga-
menti indebiti precedenti la comunicazione di cui all’art. 7, introduce, a carico del presta-
tore di servizi di pagamento, una sorta di responsabilità oggettiva: e v. Liberati Buccian-
ti, op. cit., p. 52, che cita ABF Roma 17 maggio 2013, n. 2770; ABF Roma 13 aprile 2012,
n. 1137; ABF Milano 3 ottobre 2011, n. 2027; Farace, op. cit., p. 8.
( 86 ) Si noti che l’art. 12, comma 2o, facendo salva solo l’ipotesi in cui il cliente “abbia
agito in modo fraudolento”, consente di desumere che, quando l’emittente abbia violato
l’art. 8, comma 1, lett. c), il detentore di ME non deve sopportare alcuna perdita anche se
abbia violato gli obblighi di cui all’art. 7 con dolo o colpa grave; in altre parole – al di fuori
dei casi di frode del cliente – quando sia quest’ultimo, sia l’emittente, risultino inadem-
pienti (il primo, agli obblighi di cui all’art. 7, il secondo, agli obblighi di cui all’art. 8, com-
ma 1o, lett. c), trova applicazione il disposto dell’art. 12, comma 2o, e i rischi dell’uso inde-
bito del dispositivo ricadono integralmente sull’emittente. Quanto alla previsione di cui al-
l’art. 12, comma 5o, d.lgs. n. 11/10, riportata supra, la Banca d’Italia vi ha dato attuazione
mediante l’emanazione di un allegato tecnico al provvedimento attuativo del titolo II del
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Saggi e approfondimenti 1069
zione dell’art. 8, comma 1o, lett. c, non abbia reso sempre ( 87 ) disponibili
strumenti adeguati per l’esecuzione della comunicazione di cui all’art. 7 o
nell’eventualità in cui non abbia fornito al titolare della ME, che glieli ab-
bia richiesti, i mezzi per dimostrare di averla effettuata nei diciotto mesi
successivi alla stessa ( 88 ): disposizione, quest’ultima, estremamente pro-
blematica, dal momento che – al di là delle sue ambiguità sul piano lette-
rale – rischia di creare un circolo vizioso ogni qual volta il detentore della
ME adduca di avere effettuato la comunicazione e, non riuscendo a pro-
vare tale circostanza, contesti l’idoneità, in concreto, dei mezzi apprestati
dall’emittente per fornire la relativa dimostrazione. Circolazione della
Per contro, il titolare della moneta si vedrà addossate tutte le perdite de- moneta elettronica
rivanti dall’utilizzo indebito del dispositivo sia quando abbia agito in mo- e rischi
do fraudolento, sia quando non abbia adempiuto, con dolo o colpa grave,
ad uno o più degli obblighi posti a suo carico dall’art. 7 ( 89 ): a) utilizzare lo
strumento di pagamento in conformità con i termini, esplicitati nel con-
tratto quadro, che ne regolano l’emissione e l’uso, adottando, sin dal mo-
mento in cui il dispositivo gli viene consegnato, le misure idonee a garan-
tire la sicurezza dei dispositivi personalizzati che ne consentono l’utiliz-
zo ( 90 ); b) comunicare senza indugio, secondo le modalità previste nel
contratto quadro ( 91 ), al prestatore di servizi di pagamento o al soggetto
d.lgs. n. 11/10 del 5 luglio 2011; tale allegato, intitolato “Tipologie di strumenti di più ele-
vata qualità sotto il profilo della sicurezza”, prevede che, qualora lo strumento di paga-
mento sia dotato di uno dei meccanismi di sicurezza ivi previsti, il prestatore di servizi di
pagamento non può applicare la franchigia di 150 euro di cui all’art. 12, comma 3o: e v.,
sul punto, Liberati Buccianti, op. cit., p. 51, nt. 76.
( 87 ) Al fine di provare l’inadempimento, da parte dell’emittente, dell’obbligo di cui al-
l’art. 8, lett. c, parrebbe dunque sufficiente, per il cliente, fornire la dimostrazione che gli
strumenti idonei a effettuare la comunicazione di cui all’art. 7 non sono sempre stati dispo-
nibili; e ciò anche se gli stessi lo erano all’epoca in cui il furto, lo smarrimento, l’appropria-
zione indebita o l’uso non autorizzato sono stati, in concreto, denunciati. Ma si tratta di
un’interpretazione che, per quanto conforme alla lettera della legge, risulterebbe oltremo-
do gravosa per l’emittente e travalicherebbe quella che, verosimilmente, era (è) l’intenzio-
ne del legislatore: sollevare il titolare del dispositivo da ogni rischio (solo) nei casi in cui
non abbia potuto effettuare la comunicazione ex art. 7.
( 88 ) Cioè, pare di comprendere, alla sua effettuazione.
( 89 ) Come precisato al par. che segue (anche alla luce degli artt. 10, comma 2o, e 11,
comma 3o, d.lgs. n. 11/10), nei casi in cui il cliente deduca di non aver autorizzato un ad-
debito, o denunci lo smarrimento, il furto o l’utilizzo indebito del dispositivo da parte di
terzi, l’onere di provare che l’operazione è avvenuta col suo consenso, o che – trattasi delle
ipotesi considerate in questa sede – egli si è reso inadempiente agli obblighi di cui all’art. 7
con dolo o colpa grave, ovvero che ha agito in modo fraudolento, ricade sull’emittente: e v.
Liberati Buccianti, op. cit., p. 52; ABF Roma 17 maggio 2013, n. 2772, 18 aprile 2013,
n. 2054, 15 aprile 2013, n. 1996.
( 90 ) Quest’ultima precisazione, come ricordato supra, alla nt. 74, è contenuta nel comma
2o dell’art. 7 e rappresenta un’integrazione del disposto dell’art. 7, comma 1o, lett. a (peral-
tro generalmente ripresa all’interno del contratto di emissione). Rimane fermo, comunque,
per il detentore di ME, ai sensi di quest’ultima disposizione, l’obbligo di rispettare i termini
e le condizioni che regolano, in via convenzionale, l’emissione e l’uso di moneta elettronica.
( 91 ) La previsione è stata aggiunta dal legislatore italiano: l’art. 56, comma 1o, lett. b,
della dir. 2007/64/CE contiene semplicemente l’espressione “senza indugio”. Analoga, del
resto, la scelta compiuta dal nostro legislatore nel recepire il disposto dell’art. 58 della di-
rettiva, corrispondente all’art. 9 d.lgs. n. 11/10; in tal caso, all’espressione “senza indugio”
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1070 Saggi e approfondimenti
è stata sostituita l’espressione “secondo i termini e le modalità previste nel contratto qua-
dro o nel contratto relativo a singole operazioni di pagamento”. Circa le ambiguità relative
ai termini entro cui deve essere effettuata la comunicazione di cui all’art. 7 – ambiguità de-
rivanti, in particolare, dal disposto dell’art. 9 – v. Liberati Buccianti, op. cit., p. 62 ss.
(ove riferimenti alle pronunce di ABF Roma 1 giugno 2012, n. 1801 e 5 aprile 2013, n.
1828; ABF Milano 17 maggio 2013, n. 2749; 29 maggio 2013, n. 2943; 24 maggio 2013, n.
2872 e 10 aprile 2013, n. 1892); e v. infra, par. 9.
( 92 ) Sul punto v. Liberati Buccianti, op. cit., p. 58 ss., che giustamente sottolinea co-
me, in caso di utilizzo indebito del dispositivo, “anche la comunicazione più tempestiva
non sarebbe mai in grado di eliminare almeno la prima perdita”, e che ricorda i diversi
orientamenti dell’ABF in relazione ai servizi di “SMS alert” (e v., in particolare, ABF Ro-
ma 30 novembre 2010, n. 1387 e 28 maggio 2013, n. 2915; ABF, Coll. Coord. 26 ottobre
2012, n. 3498; ABF Napoli 13 febbraio 2012, n. 401; ABF Milano 8 agosto 2013, n. 4314).
Qualora il cliente non abbia adempiuto gli obblighi di cui all’art. 7, comma 1o, lett. a), ma
abbia eseguito la comunicazione di cui alla lett. b), ci si deve chiedere se debba rispondere
sia delle perdite derivanti dai pagamenti indebiti compiuti prima della predetta comunica-
zione, sia di quelle derivanti da pagamenti successivi, o se invece di queste ultime non deb-
ba rispondere. Deporrebbe nel primo senso la lettera dell’art. 12, comma 4o, laddove è
previsto non solo che “non si applica il limite di 150 euro di cui al comma 3” (riferito a pa-
gamenti anteriori alla comunicazione di cui all’art. 7), ma anche che “l’utilizzatore soppor-
ta tutte le perdite derivanti da operazioni di pagamento non autorizzate” (il corsivo è di chi
scrive e riprende l’art. 61, comma 2o, della dir. 2007/64/CE). Poiché, tuttavia, ai sensi del-
l’art. 8, comma 1o, lett. d, d.lgs. n. 11/10, l’emittente “ha l’obbligo di (...) impedire qualsia-
si utilizzo dello strumento di pagamento successivo alla comunicazione dell’utilizzatore di
cui all’articolo 7, comma 1, lettera b)” (e v. l’art. 57, lett. d], della direttiva), pare corretto
optare per l’interpretazione più favorevole al cliente (che, dunque, avrà diritto a vedersi
nuovamente attribuita – ed inglobata nel dispositivo – la ME eventualmente utilizzata in
epoca successiva alla citata comunicazione). E v. Troiano, Cuocci e Pironti, op. cit., p.
145. Circa la possibilità di ritenere che, anche quando il titolare del dispositivo non abbia
richiesto immediatamente il blocco della carta in caso di smarrimento o sottrazione, la
banca non sia esentata da responsabilità se la carta venga catturata dall’apparecchiatura
ATM a causa di una sua manomissione, v. Cass. 12 giugno 2007, n. 13777.
( 93 ) Si veda, a titolo esemplificativo, l’art. 3.2 del “Contratto Cliente Imel.Eu S.p.A.”, a
norma del quale “Il Cliente ha l’obbligo di porre in essere tutte le misure opportune per la
custodia e la sicurezza dei codici personali segreti e dei dispositivi fisici utilizzati per iden-
tificarsi e autorizzare transazioni. A titolo esemplificativo non trascrivendo gli stessi in una
forma facilmente riconoscibile, non memorizzandoli sull’agenda del telefono cellulare,
non trascrivendoli sugli oggetti che il Cliente porta abitualmente con sé, etc.”. Si veda,
inoltre, l’art. 10 delle “Condizioni generali di contratto” ContoBusiness elaborate da Mo-
bilMat, a norma del quale “il PIN Dispositivo (...) deve restare segreto; i codici Internet
non devono essere conservati insieme né annotati in un unico documento”.
( 94 ) Sul punto, con riferimento a fattispecie assimilabili a quelle considerate nel testo, v.
ABF Milano 7 settembre 2011, n. 1793, secondo cui è inadempiente agli obblighi derivanti
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Saggi e approfondimenti 1071
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1072 Saggi e approfondimenti
siderazione sia dall’art. 12, sia dall’art. 11, genericamente riferito – come si
è visto – ad operazioni di pagamento non autorizzate. Si tratta dei casi in
cui il cliente denuncia falsamente lo smarrimento, il furto, l’appropriazio-
ne indebita, o l’uso non autorizzato del dispositivo, mediante la comuni-
cazione di cui all’art. 7, o comunque denuncia falsamente “un’operazione
di pagamento non autorizzata o eseguita in modo inesatta”, ai sensi del-
l’art. 9 ( 96 ), e l’emittente riesce a fornire la dimostrazione di dette falsi-
tà ( 97 ).
Ovviamente, in tali circostanze – in cui si può immaginare che il deten-
Circolazione della
tore di moneta elettronica avesse in realtà espresso il proprio consenso al-
moneta elettronica l’utilizzo del dispositivo da parte di terzi o, addirittura, lo avesse utilizzato
e rischi
personalmente, fingendosi poi vittima di una frode o di malfunzionamenti
del sistema informatico – la legge addossa al cliente tutte le perdite deri-
vanti dall’operazione: con la conseguenza che tutti i pagamenti eseguiti
mediante il dispositivo rimarranno fermi senza che l’emittente debba
provvedere ad alcuna ricarica ( 98 ).
( 96 ) Richiamato, come detto, dall’inciso iniziale dettato dall’art. 11: e v. infra, par. 9.
( 97 ) Si è già ricordato, infatti, che, quando il cliente deduca di non aver autorizzato de-
terminate operazioni, l’onere di dimostrare, inter alia, il comportamento fraudolento tenu-
to dallo stesso incombe sull’emittente: e v. supra, in questo stesso par., la nt. 89, e infra,
par. 9.
( 98 ) L’art. 11 (a cui è dedicato il par. che segue) precisa che, “In caso di motivato sospet-
to di frode” – quando cioè l’emittente deduca l’esistenza di un comportamento fraudolen-
to del cliente e motivi le proprie affermazioni – è possibile “sospendere il rimborso” pre-
visto da tale articolo, “dandone immediata comunicazione all’utilizzatore” (e v. infra, la nt.
122). In tal caso, verosimilmente, si aprirà un contenzioso volto ad accertare – salva l’ipo-
tesi di transazione – se il cliente abbia autorizzato l’operazione (dolosa o meno che sia stata
la sua denuncia, ex art. 9: e v. infra, al par. che segue) o se, al contrario, sia stato la vittima
di un malfunzionamento del sistema informatico o di altri avvenimenti che hanno condot-
to alla registrazione indipendentemente dalla sua volontà (secondo quanto può verificarsi,
in particolare, nelle ipotesi di cui all’art. 12).
( 99 ) Questo, come si è visto, l’ambito di applicazione letterale dell’art. 12. E v. supra,
par. 8.
( 100 ) Ipotesi menzionata dall’art. 10, comma 1o: disposizione su cui v. infra, par. 10. Si
consideri, peraltro, che come ricordato, ai sensi dell’art. 28 d.lgs. n. 11/10, “Le responsa-
bilità di cui agli articoli da 5 a 27 non si applicano in caso di caso fortuito o forza maggiore
e nei casi in cui il prestatore di servizi di pagamento abbia agito in conformità con i vincoli
derivanti da altri obblighi di legge”. L’onere della prova circa il fatto che il malfunziona-
mento del sistema informatico è dovuto a caso fortuito o forza maggiore incombe, ovvia-
mente, sull’emittente. Ai sensi dell’art. 4.4 del “Contratto Cliente Imel.Eu. S.p.A.”, “(...)
per causa di forza maggiore si intende qualsiasi evento non previsto né prevedibile da par-
te di IMEL.Eu e dipendente da fatti naturali o di terzi, comunque non riconducibili a
IMEL.Eu quali, a titolo esemplificativo e non esaustivo: catastrofi naturali, fulmini, incen-
di, esplosioni, guerre, sommosse, terremoti, scioperi, interruzioni di energia, virus infor-
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Saggi e approfondimenti 1073
mai spesa; o all’ipotesi in cui, sul conto tecnico del pagatore ( 101 ), sia posto
a debito due volte (o comunque più di una volta ( 102 )) lo stesso impor-
to ( 103 ).
In tali circostanze, l’art. 9 ( 104 ) stabilisce che il detentore di ME deve
darne comunicazione “senza indugio” all’emittente, “secondo i termini e
le modalità previste nel contratto quadro o nel contratto relativo a singole
operazioni di pagamento” ( 105 ), e che “La comunicazione deve essere in
ogni caso effettuata entro” il termine massimo ( 106 ) di “13 mesi dalla data
di addebito, nel caso del pagatore, o di accredito, nel caso del beneficia-
rio” ( 107 ). Circolazione della
moneta elettronica
e rischi
matici, etc.”. La previsione, nella parte in cui si riferisce a interruzioni di energia e virus in-
formatici, pare in realtà di dubbia legittimità, perlomeno nella misura in cui si propone di
esentare da responsabilità l’emittente ME che non abbia adottato le contromisure esigibili,
secondo lo stato della tecnica, per far fronte a detti avvenimenti; si pensi, ad esempio, al-
l’installazione di antivirus adeguati al sistema informatico utilizzato per la fornitura del ser-
vizio. E v. le Disposizioni di Banca Italia del 5 luglio 2011, di “Attuazione del titolo II del
Decreto legislativo n. 11 del 27 gennaio 2010 relativo ai servizi di pagamento (Diritti ed
obblighi delle parti)”, p. 31 (su cui cfr. più dettagliatamente infra, sub par. 10).
( 101 ) Circa l’espressione “conto tecnico” v. – come detto – Guerrieri, op. cit., p. 764,
nt. 77.
( 102 ) Ipotesi che coincide con quella considerata dagli artt. 62 e 67 quaterdecies c.cons.,
nella parte in cui detti articoli si riferiscono a un addebito eccedente il prezzo pattuito. E v.
infra, il par. 11.
( 103 ) Si noti, peraltro, che mentre, in quest’ultimo caso (in cui il beneficiario del paga-
mento riceve due volte il medesimo importo), ci si trova effettivamente di fronte a un pa-
gamento non autorizzato (al pari del caso in cui sia accreditato a un soggetto l’importo ad-
debitato al cliente, senza che quest’ultimo debba alcunché al primo), nella prima ipotesi,
quando non sia stato effettuato alcun pagamento a favore di terzi, è più corretto parlare di
addebito non autorizzato.
( 104 ) Richiamato, come si è visto, dall’inciso iniziale dell’art. 11 e derogabile, ai sensi del-
l’art. 2, comma 4o, d.lgs. n. 11/10, per la parte in cui detta i tempi per la comunicazione di
operazioni non autorizzate o eseguite in modo inesatto, solamente se l’utilizzatore di servi-
zi di pagamento non è un consumatore.
( 105 ) Si ricordi che, ai sensi dell’art. 7, comma 1o, lett. b, il cliente “ha l’obbligo di (...) b]
comunicare senza indugio, secondo le modalità previste nel contratto quadro, al prestatore
di servizi di pagamento o al soggetto da questo indicato lo smarrimento, il furto, l’appro-
priazione indebita o l’uso non autorizzato dello strumento non appena ne viene a cono-
scenza”. E v. supra, par. 8.
( 106 ) Arco di tempo che, in concreto, dovrebbe venire in rilievo, perlomeno per quanto
interessa in questa sede, nella sola ipotesi in cui il contratto di emissione non indichi un
termine per eseguire la comunicazione prevista dall’art. 9 (e – come si è visto – dall’art. 7,
lett. b, relativo, fra l’altro, a “l’uso non autorizzato dello strumento”). Qualora, infatti, un
termine venga indicato, pare che il cliente possa essere ritenuto adempiente all’obbligo di
cui all’art. 7, e che l’onere di cui all’art. 9 possa dirsi assolto, unicamente nel caso in cui la
comunicazione sia eseguita entro la relativa scadenza, senza che il più ampio termine di
tredici mesi possa venire in considerazione. L’art. 58 della dir. 2007/64/CE, invero, nel-
l’utilizzare l’espressione “senza indugio ed entro 13 mesi dalla data di addebito”, sembra
porre due condizioni di carattere cumulativo, sì che il menzionato onere possa dirsi assolto
solo se ambedue i termini ivi previsti siano rispettati. Si noti, peraltro, come le Disposizioni
di Banca Italia del 5 luglio 2011 di “Attuazione del titolo II del Decreto legislativo n. 11
del 27 gennaio 2010 relativo ai servizi di pagamento (Diritti ed obblighi delle parti)”, a p.
32, riferiscano il termine di tredici mesi alla richiesta della rettifica dell’operazione.
( 107 ) Peraltro, ai sensi dell’art. 9, comma 2o, “Il termine di 13 mesi non opera se il pre-
statore di servizi di pagamento ha omesso di fornire o mettere a disposizione le informa-
NLCC 5-2014
1074 Saggi e approfondimenti
NLCC 5-2014
Saggi e approfondimenti 1075
( 111 ) La circostanza è evidente quando egli non abbia instaurato alcun rapporto con
l’originario titolare della ME; lo stesso, peraltro, vale anche nell’ipotesi in cui, pur avendo
effettuato un’attribuzione patrimoniale a favore di quest’ultimo, abbia ricevuto più di una
volta lo stesso importo, dato che per il surplus di moneta che ha incassato nulla, evidente-
mente, gli era dovuto.
( 112 ) Come si chiarirà meglio in seguito, al par. 11, l’interpretazione proposta nel testo è
coerente con quanto previsto, per le ipotesi ricadenti nel suo ambito di applicazione, dal-
l’art. 62 c.cons., nella parte in cui stabilisce che “L’istituto di emissione (...) riaccredita al
consumatore i pagamenti in caso di addebitamento eccedente rispetto al prezzo pattuito”,
ma che, al contempo, “(...) ha diritto di addebitare al professionista le somme riaccreditate
al consumatore”.
( 113 ) Fermo restando, ovviamente, quanto già osservato, circa l’inapplicabilità, alla ME,
di gran parte delle norme dettate dalla legge in tema di circolazione dei titoli di credito. E
v. supra, par. 6.
( 114 ) Ben diversa, invece, la situazione disciplinata dall’art. 12, in cui è perfettamente
comprensibile che il beneficiario del pagamento, essendo questo a lui dovuto, in linea di
principio veda tutelato il proprio interesse a rimanere titolare della moneta corrisposta a
suo favore, nonostante la legge imponga all’emittente di rimborsare (nei limiti già veduti)
un pari importo all’originario possessore. Ma al riguardo v., per maggiori approfondimen-
ti, supra, par. 8.
( 115 ) Peraltro, il titolare del dispositivo che, in presenza di un pagamento non autorizza-
to, non abbia diritto al rimborso da parte dell’emittente, avrà ovviamente azione verso il
beneficiario del pagamento: e v. De Stasio, op. cit., p. 128 ss.
NLCC 5-2014
1076 Saggi e approfondimenti
di cui all’art. 7, comma 1o, lett. b ( 116 ), sì che la conclusione ora accennata
pare coerente con la previsione dettata dall’art. 12, comma 4o, per cui
l’utilizzatore che non abbia adempiuto con dolo o con colpa grave a uno o
più obblighi di cui all’art. 7 deve sopportare “tutte le perdite derivanti da
operazioni di pagamento non autorizzate”.
D’altra parte, nell’ipotesi in cui l’emittente risulti inadempiente all’ob-
bligo di cui all’art. 8, lett. c – “assicurare che siano sempre disponibili
strumenti adeguati affinché l’utilizzatore dei servizi di pagamento possa
eseguire la comunicazione di cui all’art. 7, comma 1, lettera b)” ( 117 ) e pos-
Circolazione della
sa dunque denunciare, anche ai sensi dell’art. 9, l’uso non autorizzato del
moneta elettronica dispositivo – sembra applicabile il principio desumibile dall’art. 12, com-
e rischi
ma 2o, che – come si è già evidenziato ( 118 ) – esenta il cliente da qualsivo-
glia responsabilità per le operazioni non autorizzate ( 119 ).
La parziale coincidenza fra l’ambito di applicazione dell’art. 12 e l’ambi-
to applicativo dell’art. 11 conduce peraltro a chiedersi se, anche nelle ipo-
tesi regolate da quest’ultima disposizione, valga il precetto di cui all’art. 12,
comma 4o, che pone a carico del cliente “tutte le perdite derivanti da ope-
razioni di pagamento non autorizzate” ogni qual volta questi non abbia
adempiuto, con dolo o colpa grave, agli obblighi di cui all’art. 7; fra questi,
in particolare, oltre all’obbligo di comunicazione più volte citato, avente
ad oggetto gli addebiti non autorizzati ( 120 ), l’obbligo di utilizzare lo strumen-
to in conformità con i termini previsti nel negozio di emissione, adottan-
do le misure idonee a garantire la sicurezza dei dispositivi personalizzati.
Preferibile la risposta negativa. Nonostante la lettera dell’art. 12, comma
o
4 , e la sua ratio legis, diretta ad addossare al cliente tutti i rischi connessi
al possesso di ME ogni qual volta egli abbia tenuto un comportamento
idoneo, perlomeno in potenza, a determinare un utilizzo indebito dello
strumento, si deve considerare, infatti, che le ipotesi di pagamenti non au-
torizzati contemplate dall’art. 11 – essenzialmente riconducibili a malfun-
zionamenti del sistema informatico – non possono essere poste in connes-
sione (tantomeno dal punto di vista causale) con la condotta tenuta dal ti-
tolare del dispositivo ( 121 ).
( 116 ) Che, come più volte accennato, impone all’utilizzatore di comunicare, inter alia,
“l’uso non autorizzato dello strumento” “senza indugio, secondo le modalità previste nel
contratto quadro”.
( 117 ) Peraltro, come già ricordato, ai sensi dello stesso art. 8, lett. c, “Ove richiesto dal-
l’utilizzatore, il prestatore di servizi di pagamento gli fornisce i mezzi per dimostrare di
aver effettuato la comunicazione per i 18 mesi successivi la comunicazione medesima”. E
v. supra, par. 7.
( 118 ) E v. supra, al par. 8.
( 119 ) L’art. 12, comma 2o, fa riferimento unicamente all’“utilizzo dello strumento di pa-
gamento smarrito, sottratto o utilizzato indebitamente”. Ma poiché la ratio legis è quella di
tenere indenne da perdite il cliente che non abbia potuto comunicare all’emittente, per
colpa di quest’ultimo, le operazioni non autorizzate (tali essendo, come detto, anche quelle
frutto di uso indebito, ex art. 12), sembra corretto applicare il medesimo principio a tutte
le ipotesi di addebiti non autorizzati, ivi comprese quelle regolate dall’art. 11.
( 120 ) Previsto dall’art. 7, lett. b, e dall’art. 9: obbligo il cui inadempimento da parte del
detentore di ME – lo si è appena rilevato – gli impedisce di ottenere il rimborso delle ope-
razioni non autorizzate senza ombra di dubbio.
( 121 ) La conclusione pare avallata dal testo della dir. 2007/64/CE, che differenzia netta-
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Saggi e approfondimenti 1077
rimborso; fermo restando che l’onere della prova ricade su di lui, ai sensi
dell’art. 10, comma 1o, d.lgs. n. 11/10.
In base a quest’ultima disposizione, infatti, quando il cliente “neghi di
aver autorizzato un’operazione di pagamento già eseguita” ( 124 ), “è onere
del prestatore di servizi di pagamento provare che l’operazione di paga-
mento è stata autenticata ( 125 ), correttamente registrata e contabilizzata e
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1078 Saggi e approfondimenti
11. – Alla disciplina dettata dal d.lgs. n. 11/10 si affiancano, poi, talune
norme contenute in altre leggi speciali, che regolano le carte di pagamento
disciplinando i rischi connessi al loro utilizzo in termini parzialmente dif-
formi da quelli descritti sino ad ora.
In particolare, come già ricordato ( 131 ), vengono in considerazione gli
artt. 62 e 67 quaterdecies c.cons. ( 132 ) (novellato, da ultimo, dal d.lgs. n.
biti contabilizzati a seguito di operazioni allo sportello automatico, quando lo stesso non
abbia erogato le banconote) “coincide con quello che risulta essere stato erogato: se ci so-
no delle eccedenze significa che la parte eccedente non è stata erogata”. E per alcune ipo-
tesi di mancata corretta registrazione e contabilizzazione v. ibidem.
( 126 ) E v. Maffeis, op. cit., p. 1275 ss.; D’Arcangeli, op. cit., p. 914.
( 127 ) Secondo quanto, talora, è possibile si verifichi, in considerazione del fatto che, ai
sensi dell’art. 10, comma 2o, la registrazione dell’addebito “non è di per sé necessariamen-
te sufficiente a dimostrare” l’autorizzazione, ma evidentemente, non è neppure escluso che
possa valere a provarla.
( 128 ) In senso contrario Maffeis, op. cit., p. 1277.
( 129 ) Dovendo applicare, in tali circostanze, la disciplina dettata dall’art. 12.
( 130 ) Trattandosi, ad esempio, di pagamento già effettuato una prima volta.
( 131 ) E v. supra, par. 7.
( 132 ) Il c.d. codice del consumo (d.lgs. 206/05), come risaputo, è stato emanato in attua-
zione della delega di cui all’art. 7 l. 29 luglio 2003, n. 229. La novellazione più recente del
c.cons. – come già ricordato nel testo – è avvenuta in seguito all’emanazione del d.lgs. 21/
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Saggi e approfondimenti 1079
21/14 ( 133 )), relativi, rispettivamente, alla materia dei contratti conclusi
“tra un professionista e un consumatore” ( 134 ), ai sensi dei precedenti artt.
46 e 47 ( 135 ), e alla “Commercializzazione a distanza di servizi finanziari ai
consumatori” ( 136 ). Ed è inutile rilevare che, stante l’ampiezza della nozio-
ne di “consumatore” accolta dal codice del consumo e l’estensione del-
l’ambito di applicazione degli artt. 46 e 47, ora citati, molti rapporti com-
merciali dovrebbero essere retti, d’ora innanzi, dalla disciplina dettata dal-
l’art. 62, anche in deroga a quanto stabilito dal d.lgs. n. 11/10; e questo,
sempre che la discrasia fra gli artt. 62 e 67 quaterdecies c.cons., da un lato,
e il d.lgs. n. 11/10, attuativo della dir. PSD 2007/64/CE, d’altro lato, non Circolazione della
debba condurre a negare la compatibilità (di almeno una parte) delle cita- moneta elettronica
te disposizioni del c.cons. con la normativa comunitaria, secondo quanto, e rischi
14, di recepimento della dir. 2011/83/UE sui diritti dei consumatori (su cui v., in questo
stesso fascicolo, De Cristofaro, Farneti, Pagliantini, ove ulteriori riferimenti); per ef-
fetto di tale decreto legislativo sono stati modificati, in particolare, l’art. 27 e gli artt. 45-67,
ivi compresa, dunque, una parte significativa delle norme di seguito riportate.
( 133 ) Per effetto della novella di cui al d.lgs. 21/14, l’art. 62 c.cons. ha sostituito il previ-
gente art. 56 (su cui, inter alia, D’Arcangeli, op. cit., p. 928 ss.), che era riferito unica-
mente ai contratti a distanza (all’epoca definiti dall’art. 50 c.cons.) e che così prevedeva:
“1. Il consumatore può effettuare il pagamento mediante carta ove ciò sia previsto tra le
modalità di pagamento, da comunicare al consumatore ai sensi dell’articolo 52, comma 1,
lettera e). 2. L’istituto di emissione della carta di pagamento riaccredita al consumatore i
pagamenti dei quali questi dimostri l’eccedenza rispetto al prezzo pattuito ovvero l’effet-
tuazione mediante l’uso fraudolento della propria carta di pagamento da parte del profes-
sionista o di un terzo, fatta salva l’applicazione dell’articolo 12 del decreto-legge 3 maggio
1991, n. 143, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 luglio 1991, n. 197” (poi abroga-
to dall’art. 64, d.lgs. 21 novembre 2007, n. 231, a decorrere dal 30 aprile 2008: e v. infra).
“L’istituto di emissione della carta di pagamento ha diritto di addebitare al professionista
le somme riaccreditate al consumatore.”.
( 134 ) Così come definiti dall’art. 3, comma 1o, lett. a e c, c.cons.
( 135 ) Ai sensi dell’art. 46 c.cons., “Le disposizioni delle Sezioni da I a IV del presente Ca-
po” (ivi compreso, dunque, l’art. 62, rientrante nella sezione III) “si applicano a qualsiasi con-
tratto concluso tra un professionista e un consumatore”, fra cui i contratti di seguito contem-
plati dallo stesso articolo ed esclusi quelli indicati all’art. 47, tra i quali i contratti “(...) d) di
servizi finanziari”, così come definiti dall’art. 67 ter, lett. b) (e v. la nota che segue).
( 136 ) L’art. 67 bis stabilisce che le disposizioni della sezione IV bis (artt. 67 bis-67 vicies
bis c.cons.) “si applicano alla commercializzazione a distanza di servizi finanziari ai consu-
matori, anche quando una delle fasi della commercializzazione comporta la partecipazio-
ne, indipendentemente dalla sua natura giuridica, di un soggetto diverso dal fornitore”. Il
successivo art. 67 ter ha poi cura di precisare che, ai fini della citata sezione IV bis, è “con-
tratto a distanza” “qualunque contratto avente per oggetto servizi finanziari, concluso tra
un fornitore e un consumatore ai sensi dell’articolo 50, comma 1, lettera a)” (richiamo che
oggi pare da intendersi all’art. 45, lett. g, riferito a “qualsiasi contratto concluso tra il pro-
fessionista e un consumatore nel quadro di un regime organizzato di vendita o di presta-
zione di servizi a distanza senza la presenza fisica e simultanea del professionista e del con-
sumatore, mediante l’uso esclusivo di uno o più mezzi di comunicazione a distanza fino al-
la conclusione del contratto, compresa la conclusione del contratto stesso”); “servizio fi-
nanziario” “qualsiasi servizio di natura bancaria, creditizia, di pagamento, di investimento,
di assicurazione o di previdenza individuale”.
( 137 ) Invero, la compatibilità dell’art. 67 quaterdecies con la normativa comunitaria è sta-
ta da tempo messa in discussione, in considerazione del fatto che detta previsione attua
l’art. 8 di una direttiva – la n. 2002/65/CE – che è stata abrogata dalla dir. PSD 2007/64/
CE (art. 90). E v., sul punto, Salamone, op. cit., p. 888, che ricorda come analoghi dubbi
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fossero stati posti con riferimento al testo previgente dell’art. 56 c.cons. In effetti, lo stesso
art. 62 c.cons., mentre al comma 1o detta una disposizione che rappresenta la trasposizio-
ne, nell’ordinamento italiano, dell’art. 19 della dir. 2011/83/UE, al comma 2o (commenta-
to di seguito, nel testo) contiene una norma che riprende unicamente l’art. 8 della dir.
1997/7/CE (inizialmente attuato mediante l’originario art. 56 c.cons.), anch’essa abrogata
dalla dir. PSD (art. 89). Si ricordi, del resto, che l’art. 2, comma 4o, lett. b, d.lgs. n. 11/10,
in attuazione dell’art. 51 della dir. PSD 2007/64/CE, nega la possibilità, per le parti, di de-
rogare all’art. 12 d.lgs. n. 11/10, nell’ipotesi in cui una delle parti sia un consumatore, men-
tre non v’è dubbio che – per le ragioni esposte di seguito, nel testo – sia l’art. 62, sia l’art.
67 quaterdecies c.cons. rappresentino una deroga all’art. 12. Certo – come si avrà modo di
verificare – si tratta di una deroga che pare operare in melius, a favore del consumatore;
con il risultato che il contrasto fra il codice del consumo e la normativa comunitaria e la
conseguente inapplicabilità degli artt. 62 e 67 quaterdecies non possono essere dati per
scontati. Di qui la scelta di commentare diffusamente dette disposizioni, nel testo del pre-
sente paragrafo. Si noti, peraltro, che né l’art. 8 dir. 1997/7/CE, né l’art. 8 dir. 2002/65/CE
prevedevano quanto poi stabilito dall’oggi abrogato art. 56 e dagli attuali artt. 62 e 67 qua-
terdecies c.cons., con particolare riferimento al riaddebito al professionista o al fornitore
degli importi rimborsati dall’emittente al consumatore (e v. infra, nel testo).
( 138 ) Tale disposizione (su cui, inter alia, Doria, Art. 3, in M.Mancini e altri [a cura
di], La nuova disciplina dei servizi di pagamento, cit., p. 61 ss.) stabilisce che “Il beneficia-
rio non può applicare spese al pagatore per l’utilizzo di un determinato strumento di pa-
gamento. La Banca d’Italia può stabilire con proprio regolamento deroghe tenendo conto
dell’esigenza di promuovere l’utilizzo degli strumenti di pagamento più efficienti ed affi-
dabili”.
( 139 ) Fra le informazioni riguardanti il servizio finanziario che l’art. 67 quater impone
siano date al consumatore (in aggiunta a quelle sul fornitore, sul contratto a distanza e sul
ricorso) “Nella fase delle trattative e comunque prima che il consumatore sia vincolato da
un contratto a distanza o da un’offerta”, l’art. 67 sexies, lett. f, prevede “le modalità di pa-
gamento e di esecuzione, nonché le caratteristiche essenziali delle condizioni di sicurezza
delle operazioni di pagamento da effettuarsi nell’ambito dei contratti a distanza”.
( 140 ) Tale disposizione, abrogata dall’art. 64, d.lgs. 21 novembre 2007, n. 231, a decor-
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rere dal 30 aprile 2008 (ma v. oggi l’identica disciplina dettata dall’art. 55, comma 9o, d.lgs.
n. 231/07), era rubricata “Carte di credito, di pagamento e documenti che abilitano al pre-
lievo di denaro contante”, e conteneva la seguente previsione: “Chiunque, al fine di trarne
profitto per sé o per altri, indebitamente utilizza, non essendone titolare, carte di credito o
di pagamento, ovvero qualsiasi altro documento analogo che abiliti al prelievo di denaro
contante o all’acquisto di beni o alla prestazione di servizi, è punito con la reclusione da
uno a cinque anni e con la multa da lire seicentomila a lire tre milioni. Alla stessa pena sog-
giace chi, al fine di trarne profitto per sé o per altri, falsifica o altera carte di credito o di
pagamento o qualsiasi altro documento analogo che abiliti al prelievo di denaro contante o
all’acquisto di beni o alla prestazione di servizi, ovvero possiede, cede o acquisisce tali car-
te o documenti di provenienza illecita o comunque falsificati o alterati, nonché ordini di
pagamento prodotti con essi”.
( 141 ) E v. infra, nt. 160.
( 142 ) E v. di seguito, nt. 160.
( 143 ) Che in questa sede saranno analizzate, al pari della normativa sintetizzata nei para-
grafi che precedono, unicamente nell’ottica dello studioso della ME.
( 144 ) Essendo necessario chiedersi, piuttosto, se tale espressione debba essere riferita ai
soli dispositivi materiali o – come pare preferibile – anche alle carte virtuali. Ai fini di cui al
d.m. Economia e Finanza 51/14, cit., per “carta di pagamento”, ex art. 1, lett. a di detto
decreto, si intende uno “strumento di pagamento che consente al titolare di effettuare
transazioni presso un esercente abilitato all’accettazione della medesima carta”.
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( 145 ) Per quanto, infatti, l’art. 62 non contenga una disposizione di contenuto analogo a
quelle di cui all’art. 67 quaterdecies, comma 1o, e di cui all’abrogato art. 56, comma 1o (e v.
supra, nt. 133), va negato che, qualora il consumatore sia informato circa la possibilità di
effettuare il pagamento mediante ME, il professionista possa poi contestargli l’esattezza
dell’adempimento nell’ipotesi di utilizzo di un dispositivo prepagato. Al riguardo, è op-
portuno precisare che, per i contratti a distanza e per quelli negoziati fuori dai locali com-
merciali, l’art. 49 impone al professionista di fornire al consumatore, prima che questi sia
vincolato dal contratto, in maniera chiara e comprensibile, informazioni relative, fra l’altro,
a “g) le modalità di pagamento (...)”. Analoga disposizione è dettata dall’art. 48 per i con-
tratti diversi da quelli a distanza e da quelli negoziati fuori dai locali commerciali (art. 48,
lett. d). Relativamente ai contratti a distanza, l’art. 51, comma 3o, statuisce poi che “I siti di
commercio elettronico indicano in modo chiaro e leggibile, al più tardi all’inizio del pro-
cesso di ordinazione, (...) quali mezzi di pagamento sono accettati”.
( 146 ) Ivi compreso il professionista-fornitore (e v. la diversa terminologia utilizzata, al ri-
guardo, dagli artt. 62 e 67 quaterdecies). L’uso fraudolento del dispositivo da parte di que-
st’ultimo soggetto, come si è visto, non è contemplato né dall’art. 11, né dall’art. 12 d.lgs.
n. 11/10. In effetti, si tratta di una species particolare del genus utilizzo indebito dello stru-
mento di pagamento. Trattasi, in particolare, dell’unica ipotesi nella quale è pienamente
giustificato che l’emittente, dopo avere riaccreditato a favore del titolare del dispositivo gli
importi sottrattigli, li riaddebiti al professionista, secondo quanto previsto – appunto – da-
gli artt. 62 e 67 quaterdecies c.cons.
( 147 ) Secondo quanto, in linea di principio, è stabilito dall’art. 12 d.lgs. n. 11/10 per gli
addebiti precedenti la comunicazione ivi prevista: e v. supra, par. 8, ove si è evidenziato co-
me, ai sensi di detto articolo, può essere esposto ad una perdita di 150 euro anche il deten-
tore di ME che abbia adempiuto tutti gli obblighi previsti a suo carico dalla legge e dal
contratto e non sia, dunque, neppure in colpa lieve.
( 148 ) Secondo quanto previsto dall’art. 12, comma 4o, d.lgs. n. 11/10 per l’ipotesi in cui
egli abbia agito in maniera fraudolenta o si sia reso inadempiente, con dolo o con colpa
grave, ad uno o più degli obblighi di cui all’art. 7: e v. supra, par. 8.
( 149 ) Su cui v. supra, parr. 7 e 8.
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più sicura, per il consumatore, del denaro contante ( 155 ), e trasferendo i ri-
schi di furto a carico del fornitore, rischia di creare un effetto boomerang,
costituendo un disincentivo all’accettazione di pagamenti mediante dispo-
sitivi prepagati ( 156 ).
Sia l’art. 62, sia l’art. 67 quaterdecies considerano poi l’ipotesi di paga-
menti eccedenti il prezzo pattuito: ipotesi a cui la seconda delle due nor-
me affianca quella di pagamenti non autorizzati.
Quest’ultimo caso coincide, de plano, con l’ambito di applicazione del-
l’art. 11 d.lgs. n. 11/10, sopra esaminato ( 157 ), ed è disciplinato in maniera
del tutto analoga (ricarica del dispositivo da parte dell’emittente e azione
di rivalsa di quest’ultimo nei confronti del fornitore ( 158 )). Generalmente –
( 150 ) Come spesso, peraltro, avviene anche nell’ambito dei negozi rientranti nell’ambito
di applicazione dell’art. 12 d.lgs. n. 11/10. E v. supra, par. 8. Sulle clausole di riaddebito
(chargeback) legale e convenzionale si veda, come detto, Farace, op. cit., p. 10 ss.
( 151 ) Essendo fra l’altro pressoché certo che, nei contratti a distanza, il fornitore non ab-
bia la possibilità di sapere dell’utilizzo indebito dello strumento di pagamento sottratto al
titolare.
( 152 ) Sia pure a favore del soggetto che ha utilizzato indebitamente il dispositivo e che,
in tal modo, si è illegittimamente appropriato di ME altrui e la ha illegittimamente spesa.
( 153 ) Disposizioni la cui derogabilità è posta in discussione da Farace, op. cit., p. 10 (a
parere del quale sarebbe, peraltro, certamente nulla una clausola con la quale il titolare
della carta si obbligasse, a priori, a non richiedere il riaccredito all’istituto di emissione o
addirittura a non disconoscere alcun pagamento).
( 154 ) Si è già evidenziato che sia l’art. 62, sia l’art. 67 quaterdecies disciplinano contratti
stipulati fra professionisti e consumatori, quando invece il pagatore di cui al d.lgs. n. 11/10
può essere anche un soggetto diverso da un consumatore.
( 155 ) In effetti, mentre il rischio di furto del denaro contante è naturalmente a carico del
proprietario, il rischio di “furto della ME” viene posto, dalla normativa in esame, a carico
del rivenditore.
( 156 ) Oltre che mediante altri mezzi di pagamento ricadenti nell’ambito di applicazione
degli artt. 62 e 67 quaterdecies sopra esaminati.
( 157 ) E v. supra, parr. 9 e 10.
( 158 ) Né l’art. 62, né l’art. 67 quaterdecies pongono a carico del detentore del dispositivo,
che intenda ottenere il rimborso, l’onere di denunciare il pagamento non autorizzato entro
i termini previsti dal contratto, secondo quanto è stabilito dall’art. 9 d.lgs. n. 11/10 (e v.
supra, parr. 9 e 10). E, alla luce dell’art. 46, comma 3o (a norma del quale “Le disposizioni
delle sezioni da I a IV del presente capo non impediscono ai professionisti di offrire ai con-
sumatori condizioni contrattuali più favorevoli rispetto alla tutela prevista da tali disposi-
zioni”), è dubbio che il negozio di emissione possa contenere una previsione di tale tenore
(meno favorevole, per il consumatore, rispetto a quella dettata dall’art. 62). Quanto al-
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l’onere probatorio, mentre il previgente art. 56 (riportato supra, nt. 133) prevedeva che
fosse il consumatore a dover dimostrare l’eccedenza del pagamento rispetto al prezzo pat-
tuito, secondo quanto previsto (pur con le precisazioni di cui al comma 3o: e v. infra) dal-
l’art. 67 quaterdecies (e v. ABF Napoli 7 luglio 2010, n. 687), l’art. 62, sul punto, presenta
un tenore letterale completamente neutro. Pare comunque corretto ritenere che il consu-
matore, una volta dedotta l’eccedenza del pagamento rispetto al prezzo pattuito, debba
anche fornirne la dimostrazione, o perlomeno un principio di prova (ad esempio, median-
te esibizione dell’estratto conto della propria carta di pagamento e dello scontrino rilascia-
togli dal negoziante).
( 159 ) Alla stessa conclusione pare di dover pervenire nelle ipotesi – non disciplinate nep-
pure dal d.lgs. n. 11/10 – in cui la fattispecie descritta nel testo ricorra con riferimento a
pagamenti esulanti dall’ambito di applicazione degli artt. 62 e 67 quaterdecies.
( 160 ) Su cui v. supra, par. 10. Così come previsto dall’art. 10 d.lgs. n. 11/10, anche l’art.
67 quaterdecies pone a carico dell’emittente l’onere di provare che l’operazione è stata au-
torizzata; precisamente, come si è visto, il disposto di quest’ultima norma si riferisce ad
un’operazione “autorizzata, accuratamente registrata e contabilizzata”, mentre l’art. 10
utilizza l’espressione “autenticata, correttamente registrata e contabilizzata”. L’art. 67 qua-
terdecies, del resto, fa salva la disciplina dettata dal d.lgs. 82/05 “sul valore probatorio del-
la firma elettronica e dei documenti elettronici”: disciplina che, ove applicabile, può venire
perlomeno astrattamente in rilievo anche con riferimento ad operazioni esulanti dall’ambi-
to di applicazione dell’art. 67 quaterdecies, potendo consentire alle parti di affermare o di
negare il carattere autorizzato del pagamento sulla base delle regole ivi previste. L’ult.
comma dell’art. 67 quaterdecies, poi, richiama, per i contratti a distanza, l’art. 146 t.u.b., in
merito alle condizioni di sicurezza che il fornitore deve adottare, in particolare per garan-
tire l’“integrità”, l’“autenticità” e la “tracciabilità” delle operazioni medesime. Detto arti-
colo, in relazione alla sorveglianza della Banca d’Italia sul sistema dei pagamenti (finalizza-
ta a garantirne il “regolare funzionamento”, l’“affidabilità”, l’“efficienza” e la “tutela degli
utenti”), stabilisce che l’autorità di vigilanza può esercitare l’ampia serie di prerogative in-
dividuate dal comma 2o “nei confronti dei soggetti che emettono o gestiscono strumenti di
pagamento, prestano servizi di pagamento, gestiscono sistemi di scambio, di compensazio-
ne e di regolamento o gestiscono infrastrutture strumentali tecnologiche o di rete” (e v.,
del resto, gli artt. 30 e 31 d.lgs. n. 11/10). Dal tenore di tali disposizioni pare discendere
che, qualora il fornitore (e ancor prima, parrebbe, l’emittente) si sia conformato alla nor-
mativa di Banca Italia in materia di “condizioni di sicurezza” dei dispositivi utilizzati,
l’onere (incombente sull’emittente) di provare l’autorizzazione possa senz’altro essere as-
solto, perlomeno dal punto di vista astratto. Dubbio, invece, che possa esserlo (perlomeno
in concreto) ove dette condizioni di sicurezza non siano state rispettate, non essendo in tal
caso agevole, per l’emittente, fornire dimostrazione che l’operazione di pagamento è stata
“autorizzata, accuratamente registrata e contabilizzata”. Si è già sottolineato, del resto (e v.
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supra, par. 10), che quando il titolare del dispositivo neghi di aver autorizzato un’operazio-
ne di pagamento, l’art. 10, comma 2o, d.lgs. n. 11/10 esclude che la mera registrazione pos-
sa valere a dimostrare, sempre e comunque, l’utilizzo autorizzato dello strumento di paga-
mento; e ciò pur non potendosi escludere che, valutate le circostanze del caso concreto, si
possa pervenire a tale conclusione. Analoghe considerazioni sembra di poter svolgere, mu-
tatis mutandis, con riferimento all’ultima parte dell’art. 67 quaterdecies, comma 3o, a nor-
ma del quale “L’uso dello strumento di pagamento non comporta necessariamente che il
pagamento sia stato autorizzato”.
( 161 ) E v. quanto già rilevato in precedenza, al par. 10.
( 162 ) L’ipotesi si differenzia da quella considerata in precedenza, al par. 5, laddove si è
trattato della memorizzazione, sul dispositivo, di un importo maggiore di quello ricevuto
dall’emittente all’atto del perfezionamento del negozio di emissione; nel caso ora conside-
rato, infatti, la discrasia riguarda il valore monetario memorizzato sul dispositivo e il valore
monetario trasferito dal pagatore al beneficiario.
( 163 ) Questo, in effetti, ciò che generalmente accade; in tali situazioni, ove il pagamento
sia effettuato mediante carta, dal dispositivo del beneficiario del pagamento risulta la se-
gnalazione “importo non sufficiente”, ovvero “transazione non eseguibile”, o espressioni
analoghe.
( 164 ) La libertà, per l’emittente, di pagare (la banca de) il beneficiario per un importo
superiore a quello memorizzato sul dispositivo è, ovviamente, fuori discussione, perlome-
no quando la ME sia stata emessa da una banca (per sua natura, deputata all’esercizio del
credito).
( 165 ) Che si può immaginare gli sia stata inizialmente accreditata sul conto (al momento
in cui ha ricevuto il pagamento) e che, a seguire (una volta che la banca del beneficiario si
sia visto negare il rimborso da parte dell’emittente), gli sia stata riaddebitata.
( 166 ) Quanto all’azione esperibile nei confronti del pagatore da parte del beneficiario,
quest’ultimo potrebbe far valere la garanzia del nomen verum, ovvero azionare il credito
da fornitura di beni o servizi, per la parte rimasta inadempiuta. Tale seconda opzione sa-
rebbe praticabile solo a patto di ritenere che la cessione del credito operata al momento
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del trasferimento di ME non abbia efficacia liberatoria, secondo quanto invece appare cor-
retto (e v. Guerrieri, op. cit., p. 786, nt. 157, p. 791 e p. 792, nt. 176, ove si è espressa la
tesi secondo cui il pagamento mediante ME non è riportabile, perlomeno di regola, al mo-
dello della datio in solutum – o meglio, della cessio solutionis causa – sì che, una volta ac-
cettata la moneta elettronica, il beneficiario non avrà mai la possibilità di richiedere un
nuovo pagamento al debitore, perlomeno sulla base del rapporto che ha dato origine al pa-
gamento stesso, essendo salvo nei propri diritti verso l’emittente, perlomeno nei termini
precisati di seguito, nel testo). La generale problematica relativa all’individuazione del mo-
mento in cui i pagamenti non in contanti, eseguiti ai sensi del d.lgs. n. 11/10, assumono ef-
ficacia liberatoria è sintetizzata da Salamone, op. cit., p. 879 ss., ove ulteriori riferimenti.
( 167 ) Cfr., in particolare, il 13o considerando.
( 168 ) E v., del resto, l’art. 10, comma 1o, d.lgs. n. 11/10 (su cui supra, par. 10), che – sia
pure ad altri fini – dimostra come il rischio “del malfunzionamento delle procedure neces-
sarie per la (...) esecuzione” dell’operazione di pagamento sia a carico dell’emittente. Cfr.,
inoltre, Maffeis, op. cit., p. 1280, che – lo si è già ricordato – con riferimento all’art. 12
d.lgs. n. 11/10 evidenzia come sia a carico della banca il “rischio da ignoto tecnologico”.
V., infine, le Disposizioni di Banca Italia del 5 luglio 2011, di “Attuazione del titolo II del
Decreto legislativo n. 11 del 27 gennaio 2010 relativo ai servizi di pagamento (Diritti ed
obblighi delle parti)”, ove a p. 31 si legge quanto segue: “Avuto riguardo agli obiettivi di
regolare funzionamento del sistema dei pagamenti nonché di tutela della fiducia degli uti-
lizzatori nel ricorso ai servizi compresi nell’ambito di applicazione del Decreto, i prestatori
di servizi di pagamento assicurano che le soluzioni tecniche adottate per l’esercizio dell’at-
tività siano presidiate gestendo i rischi associati alle tecnologie utilizzate, tra i quali: mal-
funzionamenti nei sistemi e nei processi informatizzati interni; difetti delle procedure sof-
tware e dei sistemi operativi; guasti dei componenti hardware; limitata capacità dei sistemi
di elaborazione e trasmissione; vulnerabilità delle reti di telecomunicazione; debolezza del
sistema dei controlli e delle misure di sicurezza; sabotaggi; attacchi da parte di soggetti
esterni; tentativi di frode”. Le medesime Disposizioni, di seguito, richiamano “la normati-
va di Vigilanza emanata in materia di controlli interni e impongono ai prestatori di servizi
di pagamento” “(...) di identificare, valutare, misurare, monitorare e mitigare le minacce di
natura tecnologica” e di definire, fra l’altro, “un adeguato insieme di presidi di sicurezza
logica e fisica per i sistemi informativi”.
( 169 ) L’interpretazione fornita nel testo pare sostenibile a prescindere dalla circostanza
che il contratto (di emissione) stipulato fra emittente e titolare del dispositivo e/o la con-
venzione (generalmente finalizzata sia all’emissione, sia all’accettazione di ME: e v. Guer-
rieri, op. cit., pp. 790, nt. 170, e pp. 792-793) stipulata fra il beneficiario e il proprio pre-
statore di servizi di pagamento contengano previsioni in grado di confermare – come pure
è possibile – la ricostruzione proposta in questa sede.
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Saggi e approfondimenti 1087
( 170 ) L’emittente, in tal caso, avrà infatti pagato il fornitore di beni e servizi, beneficiario
del pagamento (rectius, la sua banca), senza alcuna giustificazione causale; avrà dunque
azione nei confronti del pagatore per un importo pari alla ME che questi ha speso, ma che
è risultata inesistente. Rimane ferma la possibilità di ipotizzare l’esperibilità di un’azione di
danni dell’emittente nei confronti del gestore del circuito informatico e – perlomeno nei
casi in cui il POS sia stato fornito, e debba essere oggetto di manutenzione, da parte della
banca del beneficiario – nei confronti di quest’ultima (il problema pare estraneo alla pre-
visione di cui all’art. 25, che pure disciplina i rapporti fra il prestatore di servizi di paga-
mento del pagatore e quello del beneficiario per l’ipotesi di “Mancata o inesatta esecuzio-
ne” degli ordini di pagamento). Sulle problematiche trattate nel testo (fra cui l’eventuale
responsabilità dell’impresa di gestione dei dati informatici e della centrale di clearing), v.,
fra gli altri, D’Arcangeli, op. cit., p. 929, che fa salvo quanto disposto dall’art. 28 d.lgs. n.
11/10 (ove, come ricordato, è sancita l’esclusione delle responsabilità di cui agli artt. 5-27
di detto decreto per le ipotesi di caso fortuito, forza maggiore e di ottemperanza, da parte
del prestatore di servizi di pagamento, a “vincoli derivanti da altri obblighi di legge”) e
che, peraltro, quanto alla dovuta manutenzione del POS da parte dell’emittente, ricorda le
pronunce di ABF Napoli 18 aprile 2013, n. 2055 e di ABF Milano 27 marzo 2013, n.
1636.Con riferimento al servizio Bancomat, un problema analogo a quello trattato nel te-
sto si è posto per l’ipotesi di prelievo, presso l’ATM (Automatic Taller Machine) di una
banca diversa dall’emittente, di una somma superiore a quella che è nella disponibilità del
titolare del dispositivo. In tal caso, è opinione dominante che il rischio ricada sulla banca
emittente, e non su quella che ha a messo a disposizione il contante: e v. D’Arcangeli, op.
cit., p. 921, ove ulteriori riferimenti (in particolare, a Silvetti, in Calanda Buonaura,
Perassi e Silvetti, La banca: l’impresa e i contratti, Padova, 2001, p. 653).
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