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La prima metà del secolo XVIII è dominata nel campo letterario dall’Arcadia: la seconda
metà invece è sotto l’influsso dell’Illuminismo.
Esso si propone quindi di rinnovare integralmente le basi e la struttura della vita umana,
individuale, collettiva: a tale rinnovamento si procede attraverso due momenti:
Dopo la prima rivoluzione, di cui fu vittima Carlo I°, una seconda rivoluzione del 1688,
portò in Inghilterra l’affermazione definitiva della monarchia costituzionale, cioè alla
partecipazione della borghesia alla direzione del Paese.
In Francia, ove il feudalesimo politico era stato eliminato con l’affermarsi dell’assolutismo
(al tempo di Luigi XI prima e di Luigi XII e XIV poi), rimaneva ancora in piedi una specie
di feudalesimo sociale costituito dai privilegi di cui godevano certe classi (nobiltà e clero) a
svantaggio di altre (borghesia e proletariato).
In Francia era ancora in vigore la servitù della gleba e i nobili godevano ancora i diritti
feudali e economico-sociali, anche se non politico-amministrativi; la borghesia francese, a
cui appartenevano molti degli intellettuali della nazione, accoglie le dottrine illuministiche
sulla libertà, sulla uguaglianza, sulla sovranità popolare già elaborate in Inghilterra.
Montesquieu – Voltaire – Rousseau e gli Enciclopedisti sono gloriosi propagandisti delle
nuove idee.
Il tono aggressivo contro la tradizione assume le forme più svariate, nella opere di questi
scrittori: tutti sono concordi nella svalutazione del Medioevo, considerato come l’età della
tirannia politico-religiosa, come l’età dell’arbitrio, della superstizione, del fanatismo,
dell’ignoranza e del pregiudizio, come l’età che ha posto le basi di un costume politico,
sociale e civile, deplorevole e irrazionale.
Non si accetterà più nulla che non sia evidente alla ragione o non risulti da una severa
esperienza scientifica. La rivelazione e la storia in siffatto ambiente hanno ben poco da
sperare.
Quinta causa – Ad accrescere la fiducia dell’illuminista nelle sue forze e rendere più viva
la coscienza della sua superiorità sulle generazioni passate, contribuisce efficacemente
anche il processo scientifico e meccanico che nel secolo XVII si afferma vigorosamente.
Leonardo da Vinci, Galileo, Newton erano stati i fondatori della fisica e della astronomia
moderna. Particolarmente le scoperte nel campo della fisica conducono alla invenzione di
macchine che sostituiscono le braccia umane, moltiplicano e migliorano la produzione e
permettono maggiore rapidità di comunicazione. L’invenzione della macchina a vapore e
del telaio meccanico costituiscono le prime e fondamentali invenzioni della tecnica
moderna.
Siccome, però, la libera iniziativa, nei regimi assolutistici era coartata, essi sentivano
tanto più sdegno contro lo stato sociale del tempo, quanto più si vedevano sfuggire le
possibilità di un arricchimento facile e quasi favoloso.
Da qui un altro motivo per cui la borghesia appoggiò e talvolta finanziò il movimento
illuminista.
Principi dell’illuminismo.
1)- Nel campo giuridico. Gli uomini hanno tutti la stessa natura ineriscono dei diritti che
ne difendono l’esistenza e la potenziano. Dunque tutti gli uomini hanno gli stessi diritti
naturali. La legge positiva non fa che definire nei particolari e garantire i diritti naturali, ed
essendo questi eguali per tutti, anche la legge è uguale per tutti; se la legge è uguale per
tutti sono aboliti i privilegi, sono abolite le classi privilegiate e si afferma l’eguaglianza
sociale. Se un privilegio può restare, resti solo per chi acquista particolari meriti nel servire
il popolo.
In conseguenza di questi principi viene proposta l’abolizione della esenzione dalle tasse
goduta dai nobili e dal clero; l’abolizione di certe cariche politico-militari riservate ai
nobili; la abolizione del diritto d’asilo; la abolizione dell’esenzione dal tribunale laico di cui
godevano gli ambienti e le persone ecclesiastiche; insomma si propongono svariate riforme
per applicare il principio che la legge è uguale per tutti e che, essendo essa l’espressione
della ragione e della natura, non deve essere svigorita da limitazione alcuna, cioè il
principio che la legge è sovrana.
2)- Nel campo politico. La società sorge non per esigenza di natura, ma in forza di un
contratto (Bobbes – Locke – Rousseau). La sovranità risiede nel popolo, il quale la delega,
con la condizione della revocabilità, al governo. Il governo è scelto dal popolo ed ha la
funzione di mandatario, funzione che deve esercitare a servizio della comunità. Qualora,
invece di servire, il governo pretenda di tiranneggiare, cioè invece di garantire i diritti
naturali dei cittadini e di promuovere il progresso privato e collettivo, leda gli uni e soffochi
l’altro, la comunità ha il diritto di revocare la sovranità con sistemi pacifici e con sistemi
violenti.
In forza di questi principi si afferma la concezione democratica; il popolo è considerato
come la forza vera della nazione, come il motore della storia, come il padrone dei suoi
destini.
Si propugnano nuove costituzioni, in base alle quali (sull’esempio di quella inglese del
1698, ossia la dichiarazione dei diritti dell’uomo), si esige la trasformazione dei regimi
assolutistici in regimi costituzionali. Se l’assolutismo si adatta, se si impegna con il suo
metodo a servire il popolo cioè se i monarchi assoluti si illuminano) anche l’assolutismo
può essere tollerato: famosi monarchi illuminati furono Federico II di Prussia, Maria
Teresa d’Austria, Giuseppe II, Caterina II di Russia, e sono anche da ricordare dei famosi
ministri illuminati: il Du Tillot, il Tanucci, il Pombal, il Turgot, il Necker, il Kannitz.
La legge che è l’espressione della volontà del popolo, e nello stesso tempo l’espressione
della ragione deve essere una interpretazione razionale dei bisogni della comunità e una
garanzia di perfezionamento.
3)-Nel campo economico. Fu particolarmente la borghesia che elaborò i principi economici
dell’Illuminismo. I borghesi infatti:
a)- volevano comperare e vendere liberamente, ma si trovavano di fronte a limitazioni
imposte dall’inalienabilità dei beni immobili appartenenti agli ecclesiastici ed agli
aristocratici (si può dire che in ogni nazione i 4/5 dei possessi fondiari fossero in mano al
clero ed alla nobiltà); volevano vendere a prezzi di concorrenza, dato che essi, con le
macchine, producevano di più con spesa minore, ma erano limitati dai prezzi fissi delle
corporazioni, volevano assumere la manodopera anch’essa a prezzo di concorrenza,
sfruttando il più possibile le braccia del proletariato, (il quale in questo momento si
accresce per la introduzione delle macchine), ma erano impacciati dalle organizzazione
corporative.
b)- avevano bisogno di libertà di traffico, perciò propugnavano l’abolizione delle dogane e
dei pedaggi e delle diversità delle misure e dei pesi, che rendevano impossibile e
ostacolavano notevolmente la circolazione delle materie e dei prodotti all’interno della
nazione; erano avversi alla importazione di prodotti stranieri, ma erano fautori ardenti di
una esportazione potenziata al massimo, in modo da poter guadagnare molto e nel
commercio interno e nel commercio estero.
Libertà di circolazione delle merci all’interno, protezionismo delle merci nazionali contro
la concorrenza di quelle straniere, sono i due principi propugnati nel campo dei traffici.
c)- i borghesi, i quali, non potendo acquistare i capitali immobili nell’interno della nazione,
compravano vaste estensioni di terre nelle colonie, per organizzarvi piantagioni
specializzate, i cui rari prodotti saranno utili alla madre patria, esigono dallo Stato libertà
assoluta in tutto ciò che riguarda iniziative di questo genere, e pretendono da esso perfino
finanziamenti, in vista appunto della utilità comune delle loro iniziative.
Giungono perfino a chiedere allo Stato il suo intervento per la soppressione di attività
economiche coloniali da parte di ordini religiosi, perché nocive ai loro interessi.
d)- borghesi i quali, con la loro ricchezza, assumono la direzione della produzione
industriale, in quanto possono acquistare le macchine, esigono la più assoluto libertà
d’iniziativa, e, siccome alcune attività industriali erano state monopolizzate dallo Stato e le
corporazioni non permettevano che sorgessero altre industrie nei luoghi ove da tempo
fiorivano i loro laboratori, essi propugnano l’abolizione dei monopoli statali di qualsiasi
genere e l’abolizione delle corporazioni.
Concludendo nel campo economico, gli illuministi insistono specialmente nel principio
della libera iniziativa, della libera circolazione, del libero contratto, della libera
concorrenza. E la libertà politica che essi difendono è solo in funzione della libertà
economica.
Vengono così abolite le religioni positive o rivelate e tra queste specialmente quelle che si
è rivelata più intollerante ed ha tenuto più vincolate le menti (secondo gli illuministi) nel
corso dei secoli, cioè il Cristianesimo.
I misteri, i miracoli, l’infallibilità del Papa, il culto dei Santi, vengono considerati come
cose del Medioevo; i periodi storici, in cui la Chiesa ha esercitato più efficacemente il suo
influsso, sono definiti periodi di oscurantismo. La Chiesa viene, inoltre, accusata di aver
compresso il libero pensiero, di aver osteggiato sempre la scienza e la ragione per tenere in
piedi la sua impalcatura della sua organizzazione, esclusivamente umana, e, infine, di aver
puntellato con le sue teorie, con la sua prassi, le varie forme storiche della tirannia.
Il complesso dei principi e dei metodi escogitati dagli illuministi, riguardo ai rapporti tra
Stato e Chiesa, si chiama giurisdizionalismo.
Che certi privilegi, goduti dalla Chiesa nel corso dei secoli, dovessero cadere, in seguito
alla affermazione di un più chiaro concetto della sovranità dello Stato, è innegabile, ma è
anche innegabile che alle proposte giurisdizionalistiche era di base una mentalità non
troppo benevola verso il cattolicesimo.
B)- Nel campo morale. Il bene e il male sono definiti dalla ragione; non si accettano
criteri morali dettati dalla religione positiva, perché il criterio della ragione è sufficiente ed
esclusivo. La ragione ci dice la natura umana è buona, essendo facoltà umana ordinata
all’esercizio di una funzione che contribuisce al perfezionamento totale dell’individuo, e
attraverso questo, al perfezionamento della società.
Il peccato originale, con tutte le conseguenze che gli si suole attribuire, è una invenzione
delle religioni positive, tuttavia non si può negare che, a chi osservi bene l’uomo, appare
evidente in lui uno squilibrio innato tra la parte irrazionale e quella razionale.
Il principio fondamentale della morale perciò è il seguente: bisogna seguire la natura alla
luce della ragione.
Gli illuministi nutrono fiducia che, eliminati gli educatori tradizionali, che avevano
oppresso lo spirito umano con precetti e paure, e sostituite ad essi le guide rette e sicure
della natura e della ragione, si avrà una umanità più buona, più sincera, più agile, più
dinamica e spigliata e quindi più capace di progredire sulle vie della civiltà (e siccome gli
ordini religiosi in genere, e specialmente i Gesuiti, avevano esercitato nel corso dei secoli
una funzione primaria nel campo dell’educazione della cultura,
5)- Nel campo letterario. La letteratura troppo spesso, nel corso dei secoli, si era fatta
serva degli interessi e degli orgogli di famiglie aristocratiche e di ambienti oziosi:
l’esempio più recente era quello dell’Arcadia. Troppo spesso anche le lettere erano state
fine a sé stesse e si erano chiuse nei circoli dotti e nelle accademie: belle frasi, belle
immagini, ritmi ricercati, molte parole, ma poche cose. La poesia, per servirci di una
espressione manzoniana era, si può dire diventata l’ultima, la più vile, la più servile delle
professioni, avendo essa il fine di divertire quella classe di uomini che non faceva altro che
divertirsi.
Gli illuministi si sono proposti di fare sul serio, anche perché al trionfo delle loro idee è
collegata tutta una riforma politico-sociale-amministrativa, che deve rivendicare e
garantire i diritti della borghesia. Perciò essi hanno bisogno di diffondere le loro idee in
mezzo a tutte le classi, per vedere quanto prima realizzato il sogno di una società più
ragionevole e, quindi, più umana.
Gli Italiani, di fronte ai giovani popoli stranieri (specialmente di fronte agli Inglesi, agli
Olandesi, ai Prussiani) riconoscevano di essere vecchi, di aver dormito troppo, di essere
arretrati.
Dovendo svecchiare e modernizzare, essi esprimono le loro antipatie nei confronti della
tradizione letterario-politico-economica italiana e la loro ammirazione per il progresso
compiuto all’estero e le loro speranze per un rinnovamento rapido e sicuro.
La critica letteraria aggredisce la nostra letteratura da Dante alla metà del ‘700,
demolendo spietatamente anche i più grandi scrittori, e dal punto di vista del contenuto,
considerato irrazionale o inutile, e dal punto di vista della forma e del linguaggio,
considerati come retorici e accademici.
La lirica stessa, come genere letterario, si riduce di molto, perché predominano i generi
didascalici in prosa e talvolta in versi.
Alla lirica di ispirazione soggettiva delle crisi e degli entusiasmi del poeta, si sostituisce
una lirica di ispirazione sociale e umana, che possa suscitare l’interesse di tutti. Il senso di
umanità, di dignità morale, il senso di schiettezza e di dinamicità, ispirano la lirica di
questo periodo, la quale poi, in fondo, si riduce a quella Pariniana.
Non mancano nella produzione lirica del Parini stesso motivi occasionali e complimenti,
ma sostanzialmente la poesia diventa seria e si propone di essere utile.
Tutto ciò che di buono propongono gli illuministi nel campo morale, sociale, politico,
economico e tecnico-scientifico, viene elaborato dalla nuova lirica, con entusiasmo sincero
e spirito ottimistico.
In questo periodo, perciò, fiorisce il solo genere letterario della didascalica nelle sue
specie di trattato in prosa, del poemetto in versi, della commedia e della tragedia a fine
educativo; della lirica, come è stato già detto, resta quasi esclusivamente la forma dell’ode
di ispirazione morale e civile.
Tra le specie del genere didascalico predomina quella del trattato. In questa specie si
erano già resi famosi i francesi, e i nostri scrittori illuministi, sull’esempio di quelli, si
proposero di dare forma spigliata e chiara alle loro opere; per dare spigliatezza e vivacità al
trattato, essi all’esposizione serratamente logica, aggiunsero descrizioni ed
esemplificazioni colorite.
Uno scrittore che vuol esporre al pubblico alcuni principi importanti nei vari campi
dell’indagine illuministica, immagina di viaggiare all’estero presso popoli che, o in forza
dell’attuazione di quei principi hanno realizzato ottimi progressi, o, a causa di ignoranza di
quei principi, sono ancora in stato di primitività civile; e fingono di comunicare per lettera
le loro impressioni e i loro commenti ad amici o a parenti.
Oppure lo scrittore finge che un illustre personaggio invii ad una accademia o a qualche
persona colta particolare, delle lettere in cui esprima le sue opinioni ed i suoi giudizi su
svariati argomenti; gli esempi più illustri del trattato epistolare erano stati in Francia quelli
del Montesquieau (“Les lettres persanes”) e del Voltaire (“Lettere francesi”); in Italia
adottano la forma epistolare il Baretti, il Bettinelli, l’Algarotti.
Più vivace del trattato in forma tradizionale, e di quello in forma epistolare, è il trattato
periodico, cioè un complesso di articoli, di svariato argomento, che vengono pubblicati
periodicamente (il periodico aveva avuto i suoi preludi nei nostri “annunzi letterari” della
metà del ‘500, che erano recensioni delle opere più degne di nota, e nei “Ragguagli” del
Boccalini. Ma il periodico come lo intendiamo oggi, cioè come pubblicazione a
intermittenze regolari, sorge in Inghilterra con lo “Spectator” di Addison; in Italia, nella
seconda metà del ‘700, abbiamo i famosi periodici del “Caffè”, della “Frusta letteraria”,
dello “Osservatore veneto” e della “Gazzetta veneta”.
Il teatro, che tra i generi letterari di propaganda, è tra i più efficaci, si mette anche esso a
disposizione del movimento illuminista con le opere del Goldoni e dell’Alfieri.
Ciò non vuol dire che si propugni la eliminazione del classicismo: si rifiuta la tirannide
della retorica classicista, ma la forma nitida, sensata, il tono vivace e intelligente,
l’ornamento sobrio dei classici antichi vengono considerati come ottimi esempi di bello
scrivere da imitarsi, specialmente da chi vuole, come gli illuministi, parlare con chiarezza e
con decoro.
Orazio, specie quello delle satire e delle epistole, per il suo buon senso, per la sua arguzia,
per la sua esposizione decorosa e vivace nello stesso tempo, viene considerato come il
migliore dei maestri.
Il ragionamento che fecero gli illuministi nel campo linguistico fu assai semplice: la
lingua, essi dissero, è un mezzo convenzionale per esprimere pensieri e sentimenti; il
pensiero e il sentimento sono sempre in evoluzione; dunque anche la lingua è soggetta a
continui rinnovamenti: a forme nuove di vita, forme nuove di linguaggio.
Il Parini, che fece parte della “Accademia dei Trasformati”, è stato l’unico scrittore del
tempo che abbia saputo conciliare la decorosità e la sceltezza del vecchio linguaggio con le
esigenze della novità e della vivacità. Così il rinnovamento letterario proposto dai nostri
scrittori, che simpatizzavano per gli illuministi, non si limitò alla demolizione del passato,
come comunemente si afferma, ma delineò i principi fondamentali su cui dovevano basarsi
gli scrittori che avessero voluto fare sul serio e riportare finalmente la letteratura a contatto
con la vita.
L’unico appunto che si può fare ai critici di quel periodo è che non abbiano saputo creare
una vera e propria teoria estetica che sistemasse e giustificasse le proprie affermazioni
generalmente ispirate al buonsenso.
Caratteristiche generali dell’Illuminismo.
1)- Ansia di rinnovamento e diffidenza nei confronti del passato.
2)- Naturalismo, cioè esaltazione del culto delle forme della natura umana considerata
come buona.
3)- Esaltazione della libertà come condizione essenziale per lo sviluppo delle forze della
natura.
4)- Esaltazione dell’individuo come sacro in forza della natura umana che possiede.
5)- Esaltazione degli individui più potenziati da natura e più benemeriti della società in
forza della loro attività benefica.
6)- Esaltazione del merito individuale, disprezzo dei privilegi non meritati con forze
proprie.
9)- Ottimismo, ossia fiducia nelle forze della natura e certezza di un rinnovamento
radicale della vita umana attraverso le conquiste e le affermazioni della ragione e della
scienza.
10)- Antistoricismo, cioè svalorizzazione della storia in quanto incapace di essere maestra
della vita (di cui sono uniche maestre la ragione e la scienza); in quanto considerata come
puntellatrice di istituzioni, privilegi, usurpazioni contrarie alla ragione e al diritto
naturale; in quanto considerata come custode delle memorie non del popolo ma dei
tiranni; come custode non di conquiste positive, ma di pregiudizi e di affermazioni
stravaganti, insensate di generazioni degne di eterno oblio. La storia, purché non pretenda
di insegnare e di giustificare ciò che non sa insegnare e ciò che non può giustificare, perché
contrario alla ragione, resti come storia documentaria. Una volta accertata, attraverso
prove documentarie, l’origine di certi istituti, di certe pretese, di certi privilegi, la storia
illuminista sarà in grado di investire con la critica tagliente quegli istituti, quelle pretese,
quei privilegi. Così la storia è ridotta a ricerca documentaria e a critica polemica del
passato.
Meriti dell’Illuminismo.
1)- L’Illuminismo, proponendo di razionalizzare la vita ha contribuito ad eliminare istituti,
pregiudizi, usurpazioni consacrati da una tradizione ultrasecolare e svecchiando organismi
inadatti a compiere funzioni della società moderna, tutta protesa verso il progresso e la
uguaglianza, ha accelerato la affermazione di vita più rispondente alla dignità e ai diritti
dell’uomo. Questo merito si estende al campo della giurisprudenza, come a quello della
politica e della economia.
Degna di particolare rilievo è l’insistenza con cui gli illuministi illustrano, rivendicano i
diritti naturali dell’uomo, conculcati, nel corso dei secoli, dalle più svariate forme di
tirannia; essi infatti difendono il carattere sacro della vita dell’individuo e i principi che ne
garantiscono la inviolabilità e il potenziamento, cioè il diritto della libera iniziativa, il
diritto della libertà di pensiero (e quindi della libertà di religione e di stampa); il diritto di
sposare chi si vuole.
Non erano cose nuove quelle che essi rivendicavano, ma ebbero tuttavia il merito di aver
richiamato in vita principi sacri ed eterni, troppo facilmente dimenticati in un mondo che
era ancora un miscuglio di anarchia feudale e di tirannide monarchica.
2)- Particolarmente in Italia il movimento illuminista ha avuto il merito di aver trovato una
tradizione letteraria che si stava esaurendo nella mitizzazione dei classici e negli artifici
retorici, di aver posto fine ad una letteratura oziosa e vanitosa, creando una letteratura a
servizio della vita, tutta moderna nei temi, nell’ispirazione, nella forma e nel linguaggio.
Agli inizi dell’800 il nostro Romanticismo propugnerà uno svecchiamento ed una
modernizzazione della letteratura, ancora più radicale e con spirito assai diverso da quello
degli illuministi: ma l’iniziativa della rinascita letteraria è merito dell’Illuminismo.
Difetti dell’Illuminismo.
1)- Gli illuministi, demolendo indiscriminatamente tutta la cultura passata si sono
anzitutto mostrati ingiusti nei confronti del lavoro compiuto dai grandi geni nel corso dei
secoli, e in un secondo luogo, si sono messi nella condizione di ripetere cose che dalla
ragione, la quale è eterna, e più o meno ha funzionato in tutte le generazioni umane, erano
già state affermate da tempo: i principi del diritto naturale, della uguaglianza giuridico-
sociale, della libertà individuale, della democrazia, erano concetti vecchi quanto erano
vecchie le civiltà greco-romana e cristiana: ha tutti infatti è noto il concetto che della
società e del governo avessero i Greci e i Romani nelle loro età repubblicane, e a tutti è nota
l’espressione di Gesù Cristo: “Tra voi chi vuol comandare sia come colui che serve”.
2)- Gli illuministi hanno riassunto l’uomo nella ragione, dimenticando che egli è anche
fantasia, sentimento e volontà: tale dimenticanza ha riflessi particolari sulla letteratura, la
quale, eccetto pochi rari casi, si riduce ad esposizione di principi intellettualistici in forma
più o meno spigliata, ma sempre espositiva.
3)- Altro errore è l’esagerato ottimismo nei confronti della natura e delle capacità umane;
ottimismo da cui deriva la spavalda certezza che sia sufficiente l’affermazione della ragione
per realizzare infallibilmente lo stato di felicità sulla terra.
Prescindendo dal fatto che la ragione umana è limitata e che specialmente nei riguardi
dei problemi più gravi (Dio, l’origine, la natura, il fine dell’uomo) essa può dire ben poco, è
da notare soprattutto che gli illuministi non hanno fatto i conti con la volontà umana e con
le tendenze irrazionali della nostra natura, cioè con l’incostanza, l’indolenza e l’incertezza
della nostra facoltà volitiva e la pesantezza di certe forme moderate dei nostri istinti.
E’ sfuggito così agli illuministi il dramma dello spirito umano che è dato appunto dalla
lotta fra il bene e il male.
4)- La fiducia cieca di metodi di ricerca, da essi valorizzati, e nella capacità delle
Per quanto la manodopera fu considerata come una merce soggetta al gioco della libera
concorrenza e per questo, ovunque lo spirito illuminista si affermò, ci si affrettò ad
eliminare le vecchie corporazioni che, se sotto certi aspetti rappresentavano un intralcio al
progresso industriale e commerciale, costituivano però l’unico organo di difesa della
dignità e dei diritti dei lavoratori.
8)- Gli illuministi hanno infine criticato molto la cultura passata, hanno affermato
sovrabbondantemente i loro principi, ma hanno trascurato e sono stati incapaci di dare
una sistemazione organica al complesso delle idee e dei propositi che costituirono il
programma teorico-pratico del loro movimento.
Conclusione.
Il movimento illuminista rappresenta il primo tentativo fatto dall’umanità moderna di
prendere contatto con i problemi concreti della vita, alla luce non più del Cristianesimo,
ma della ragione, cioè alla luce di una ideologia che, nella mente dei suoi propugnatori,
doveva riunire gli uomini in un unico blocco morale, senza più distinzione di cattolici, di
protestanti, di pagani, di aristocratici, di popolo; il movimento storicamente rappresenta il
principio del risveglio di tutte le nazioni di Europa, e il Risorgimento italiano inteso come
rinascita del popolo italiano in tutti i campi, come cessazione di una tradizione senza
ideali, retorica e conformista, e inizio di un’epoca in cui i cittadini riacquistano il senso dei
loro diritti e doveri civili e individuali e il senso della fraternità nazionale incomincia
proprio con l’affermarsi delle idee illuministiche nella nostra penisola.