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AGRONOMIA

INTRO
L’agronomia è lo studio dei fattori che condizionano la crescita delle piante e delle
tecniche che possono regolarla in modo da ottimizzare la produzione nel rispetto
dell’ambiente, al fine di soddisfare gli obbiettivi imprenditoriali che sono quelli di
ottenere una buona quantità di prodotto e di una certa qualità. Oggi sono diffusi
metodi colturali alternativi ai classici come agricoltura sostenibile, eco-compatibile e
multifunzionale: l’agricoltura non esaurisce il suo ruolo nella produzione di genere
alimentare, ma svolge una serie di altre funzioni (ambientali, paesaggistiche,
ricreative, culturali) fondamentali per l’equilibrio sociale, economico e ambientale.

Lo studio agronomico presuppone una adeguata conoscenza delle interazioni


pianta-terreno-ambiente-atmosfera-ambiente biologico su cui si deve operare.
L’ecosistema in cui è inserita una pianta, infatti, è formato da un ambiente fisico
(clima, atmosfera, litosfera, acqua) e uno biologico (produttori, consumatori,
decompositori). I processi di assorbimento, nutrizione, fotosintesi, accumulo e
respirazione delle piante necessitano di elementi nutritivi, acqua, ossigeno, anidride
carbonica, luce e un ambiente adatto per avvenire. Se riusciamo ad apportare nella
misura ottimale tutti questi elementi avremo la PRODUZIONE MASSIMA
POTENZIALE. Al mancare di uno o più fattori introdurremo un fattore di stress che ci
allontanerà in maniera più o meno significativa dalla PMP.

Spesso in un’azienda agricola si può individuare un agroecosistema, ovvero un


particolare tipo di ecosistema in cui sono presenti una o più specie vegetali scelte
dall’uomo al posto di una vegetazione spontanea. Il processo produttivo si divide in
tre fasi:

● Preparazione del terreno e messa a dimora del copro riproduttore.


● Crescita e sviluppo della pianta in concomitanza con interventi agronomici.
● Raccolta e asportazione del PRODOTTO AGRARIO UTILE (PAU).
Gli interventi agronomici possono essere effettuati:

● Sulla coltura (miglioramento genetico, scelta della specie o varietà,


consociazioni ecc.…)
● Sul terreno (sistemazioni, lavorazioni, concimazioni, irrigazioni ecc.…)
● Sul clima (apprestamenti protettivi ecc.…)
● Sui fattori biologici (antiparassitari, insetticidi, diserbanti ecc.…)
Con vari scopi come:

● Miglioramento della PAU quantitativamente o qualitativamente.


● Migliorare la fertilità del terreno o evitarne l’erosione.
● Aumentare la biodiversità.
● Ridurre l’inquinamento.
● Rendere dei servizi alla popolazione.
● Benessere animale.
● Paesaggistica.
● Mantenere tradizione e cultura.
● Prevenire calamità naturali.
● Produzione di energia.
● Ecc...
La crescita di una pianta attraversa tre fasi: la crescita esponenziale, la crescita
lineare e la crescita asintotica (arresto). La fase fenologica è uno stadio particolare
del ciclo vitale di un organismo vivente caratterizzato da uno status morfologico,
fisiologico, funzionale al quale si associano particolari esigenze fisiologiche. Ogni
specie ha una sua fenologia, tuttavia possiamo individuare delle fasi comuni:
Una prima fase VEGETATIVA divisa in:

● Germinazione
● Emergenza
● Accestimento
● Accrescimento
Una seconda fase RIPRODUTTIVA divisa in:

● Differenziazione organi riproduttivi.


● Fioritura.
● Fecondazione.
● Maturazione.
● Senescenza.

SUOLO
È lo strato superficiale detritico in cui le piante possono espandere il loro apparato
radicale traendone nutrimento e supporto meccanico. È la sede di attività
biologiche, processi chimici e fisici che permettono la vita vegetale e non solo.
Infatti, il suolo è l’habitat di un elevatissimo numero di organismi, soprattutto nei
primi centimetri. Il terreno non è solo un semplice ammasso di detriti minerali e
organici provenienti dalla roccia madre e resti di organismi, ma può essere visto
come un corpo naturale, che possiede una struttura che gli permette di ospitare la
vita vegetale. Il terreno ha 2 funzioni fondamentali:

1. Abitabilità: che dipende dalla quantità di terreno, dalla porosità,


permeabilità, temperatura e PH.
2. Nutrizione: dipende da tutti quei fattori che mettono a disposizione elementi
nutritivi come acqua, colloidi e attività microbica.
Per fertilità si può intendere l’attitudine del suolo a produrre biomassa vegetale.

L’insieme dei processi che portano alla sua formazione sono detti PEDOGENETICI ed
è caratterizzata da azioni di lunga durata che possono essere:

● Fisico-meccaniche (fattori ambientali) – alternanza alte-basse temperature,


gelo, radici, vento…
● Chimiche (fattori ambientali) – H2O che scioglie i Sali solubili, CO2 che
solubilizza il carbonato di calcio, l’O2 che ossida ferro e magnesio…
● Biologiche (fattori viventi)
I terreni possono essere di tipo autoctoni se rimangono nel luogo in cui si sono
formati, o alloctoni se vengono trasportati. La vocazione agronomica del terreno
dipende anche dalla giacitura e dall’esposizione. Per giacitura si intende
l’inclinazione rispetto al piano orizzontale, mentre per esposizione si intende
l’orientamento della superficie rispetti ai punti cardinali. La sezione verticale del
suolo sarà divisa in zone:

● L’orizzonte A detto anche eluviale in quanto al suo interno vengono


trasportate sostanze verso il basso. È diviso in A0 (sostanza organica), A1
(minerali e sostanza organica) e A2 (sostanza organica argilla sesquiossidi).
● L’orizzonte B o illuviale perché accoglie il materiale di trasporto.
● L’orizzonte C o pedogenetico formato da roccia madre poco alterata.
● L’orizzonte D costituito dalla roccia madre.
Tuttavia, è possibile modificare il profilo del terreno, con concimazioni,
lavorazioni superficiali o altro, portando alla formazione del profilo agronomico,
che è costituito di solo 2 strati: strato attivo e strato subattivo.
● Strato attivo: i primi 30 cm, è quello più superficiale, interessato dalle
lavorazioni e dagli apporti di concimi organici e chimici, che ospita la
maggioranza delle radici.
● Strato subattivo: ospita solo le radici più profonde che si spingono in
questa zona alla ricerca di acqua.
Lo strato attivo è più ricco di elementi nutritivi e si presenta di un colore scuro
per la maggior ricchezza di SO, il suo humus è più ricco di N, mentre lo strato
subattivo presenta una maggior presenza di colloidi minerali e di conseguenza è
più compatto e meno permeabile. Al di sotto dello strato subattivo è presente il
cosiddetto sottosuolo che non è interessato né dalle lavorazioni né dalle radici.

Il terreno può rappresentare degli orizzonti particolari che impediscono


l’approfondimento delle radici. Si tratta dei cosiddetti strati di inibizione che
possono essere di varia natura: tossici e aridi. In Italia sono diffusi 2 tipi di strati
impermeabili di origine illuviale:

● Il crostone che è uno strato calcareo impermeabile


● Il ferretto è formato da aggregati ferruginosi.
Invece in Campania e Lazio è presente il cappellaccio, un altro tipo di strato
impermeabile formato da tufi litoidi.

Il crostone di lavorazione è uno strato impermeabile formatosi nei terreni argillosi,


in seguito alla pressione esercitata dal tallone dell’aratro su terreno allo stato
plastico.

La profondità del terreno è una caratteristica di grande interesse pratico in quanto


determina la disponibilità di spazio vitale per le radici, la quantità di elementi
nutritivi e di acqua assorbibili dalle singole piante.

Il suolo è un sistema trifasico composto da una fase solida (particelle minerali,


sostanza organica, argille, limo, quarzo, ossidi ecc..), da una fase liquida (soluzione
circolante), e da una gassosa (aria tellurica). In più sono presenti una flora (batteri,
funghi, alghe…) e una fauna (protozoi, artropodi, lombrichi…).

La fase solida deriva dalla roccia madre e può essere più o meno trasformata. È
composta da:

● Quarzo
● Limo (-)
● Ossidi/idrossidi (+) (Si-Fe-Al)
● Carbonati (Ca-Mg)
● Sostanza organica
● Argilla
L’argilla è composta da silicati idrati di alluminio con una struttura lamellare che può
essere di due tipi: il tipo 2:1 (silicio-alluminio-silicio) ha spazi interlamellari ampi e
espandibili, mentre il tipo 1:1 (silicio-alluminio) ha spazi interlamellari stretti.

La sostanza organica gioca un ruolo fondamentale nel suolo. Ne fanno parte radici,
residui di piante, animali, microrganismi e sostanze sintetizzate da questi ultimi.
Questo materiale, in condizioni adatte, va incontro ad un processo detto di
umificazione, ovvero una serie di reazioni biologiche che trasformano e stabilizzano
la sostanza organica (pool) in humus. L’humus è fondamentale per la sua azione di
cemento organico e per la capacità di mineralizzare alcuni elementi e renderli
disponibili per le piante. Le sue caratteristiche sono:

● Carica negativa.
● Elevata capacità di scambio.
● Elevata capacità di idratazione.
● Colloide ad elevata superficie.
L’humus è formato principalmente da residui di lignina, cellulosa e pectine, una
piccola frazione idrosolubile (amminoacidi, zuccheri), acidi umici, acidi fulvici e
umina. Il rapporto C/N, indica il rapporto tra la quantità di carbonio e quella
di azoto presente in una sostanza. Tale rapporto è importante perché fornisce
un'indicazione sulla disponibilità dell'azoto, che è uno dei tre macro-elementi
fondamentali per la vita delle piante. Il rapporto c/n dell’humus è circa 10.

GRANULOMETRIA E STRUTTURA DEL TERRENO

Con il termine granulometria o tessitura del terreno si indica la composizione della


parte solida del suolo, espressa come percentuale in peso delle particelle elementari
che lo compongono, classificate convenzionalmente per diametro. Il terreno si
divide in terra fine, cioè particelle con diametro minore di 2 mm, e scheletro
(maggiore di 2 mm). Nella terra fina troviamo:
● Sabbia – particelle tra 2 e 0.02 mm di diametro.
● Limo – particelle tra 0.02 e 0.002 mm di diametro.
● Argilla – particelle minori di 0.002 mm di diametro.
Lo scheletro è un materiale grossolano (pietre) derivato dalla disgregazione delle
rocce, generalmente, non apporta fertilità al terreno. I terreni con scheletro
prevalente sono caratterizzati da elevata permeabilità, forte areazione, modesta
presenza di humus e debole capacità di trattenuta idrica. Il contenuto di scheletro
nei terreni può essere assai vario:

- Inconsistente < 5%

- Sensibile tra 5 e 20 %

- Abbondante tra 20 e 40%

- Eccessiva > 40%

La localizzazione spaziale delle particelle, il grado di associazione e l’intensità dei


legami determinano la struttura. La struttura del terreno è la posizione delle
particelle del suolo rispettivamente tra loro. È influenzata dalla tessitura del terreno
ma soprattutto dalla presenza di colloidi organici e di ioni flocculanti. La
flocculazione è un processo chimico-fisico in cui la fase solida tende a aggregarsi in
fiocchi (Na=forte azione deflocculante). La struttura ideale da avere è quella
grumosa glomerulare in cui abbiamo un perfetto equilibrio tra aria e acqua, e in cui
abbiamo aggregati di dimensioni comprese tra 1 e 5 mm. Il suolo può subire
destrutturazione a causa di:

• Azione battente dell’acqua (pioggia-irrigazione)

• Lavorazioni mal fatte.

• Calpestio.

• Perdita sostanza organica (eremacausi).

• Rammollimento cementi (imbizione).

• Deflocculazione argille.

Fondamentali per la struttura sono:

• Lavorazioni in stato di tempera.


• Apporto sostanza organica (sovescio).

• Organismi terricoli.

• Concimazioni e irrigazioni (senza sodio).

• Presenza di ioni flocculanti (Ca).

• Pacciamatura.

• Alternanza con prati di graminacee.

Lo stato di tempera è la condizione ideale del terreno per le lavorazioni, con il giusto
quantitativo di acqua al suo interno così da ottimizzare lee forze di coesione (forze
che uniscono le particelle di terreno) e le forze di adesione (forze che uniscono le
particelle agli organi lavoranti.

Il concetto di terreno a grana media o di medio impasto o terra franca, si tratta di


un terreno quasi ideale formato da sabbia, limo e argilla in proporzioni tali che le
caratteristiche fisiche e fisico-chimiche non prevalgono l’una sull’altra ma si
completano a vicenda.

Esistono vari tipi di struttura:

- struttura a particelle singole: non presenta la formazione di aggregati e le


particelle elementari possono essere indipendenti le une dalle altre o cementate in
un unico blocco)

- struttura concrezionata: è simile alla precedente ma deriva da aggregazioni


singole o associate

- struttura grumosa: è costituita da aggregati porosi e irregolari, capaci di


consentire buone condizioni di abitabilità anche in terreni bagnati e costipati.
Questa sarebbe la vera struttura.

- Struttura granulare: è tipica dei terreni argillosi derivante dalla flocculazione


dei colloidi minerali.

- Struttura di disgregazione: è originata dalla frammentazione di entità più


grossolane in seguito all’azione di agenti esterni.

L’agricoltore attribuisce grande importanza alla struttura del terreno, in quanto, essa
è in grado di influenzare sia la fertilità del suolo che la tecnica agronomica. I
meccanismi che portano alla formazione degli aggregati strutturali sono di varia
natura e dipendono da vari fattori: la proporzione fra le diverse porzioni
granulometriche, la natura chimica delle particelle elementari, gli interventi
antropici e climatici.

La porosità è il rapporto percentuale tra volume di spazi vuoti e volume apparente


di terreno, ed è in questi spazi che si propagano le radici e che vivono i
microrganismi indispensabili per la vita. La porosità totale è data dalla somma di
microporosità e macroporosità. I macro-pori servono per la areazione del suolo e
circolazione dell’acqua mentre i micro-pori conferiscono al terreno la capacità di
trattenere la riserva idrica. Parliamo di macroporosità in presenza di pori superiori ai
10 nanometri, e microporosità con pori minori di 10 nanometri. La porosità è
fondamentale per il giusto equilibrio tra aria e acqua nel terreno: in presenza di una
bassa macroporosità ci sarà una condizione di asfissia nel terreno e una difficoltà per
l’acqua di infiltrarsi all’interno di esso, mentre una elevata macroporosità
determinerà una difficoltà del suolo nel trattenere l’acqua e un eccesso di aria. Un’
elevata porosità del terreno, accompagnata da un equilibrato rapporto fra micro e
macro-pori conferisce al substrato una caratteristica molto importante, la sofficità,
ovvero l’attitudine del terreno a ridurre il suo volume apparente quando viene
sottoposto a pressioni.

Fra i fattori che influenzano positivamente lo stato di aggregazione ricordiamo la SO,


ogni apporto di SO è in grado di migliorare la struttura del terreno, anche se il
risultato più o meno positivo dipenderà da: velocità di degradazione della stessa e
rapporto tra mineralizzazione e umificazione, quest’ultimo influenzato molto dalla
presenza di N. l’effetto migliore e più persistente si ottiene con la letamazione. Gli
ammendanti sono delle sostanze di varia natura che si possono apportare al terreno
con lo scopo di migliorare la struttura. Il letame, i residui colturali e la materia
organica rappresentano dei materiali ammendanti di notevole interesse.
L’obbiettivo delle lavorazioni è quello di ripristinare un giusto equilibrio tra micro e
macroporosità, e di dare una struttura al terreno.

TERRENI SABBIOSI

Il terreno si dice sabbioso, solo se la sabbia supera il 60% in peso della terra fine del
suolo. Sono caratterizzati da una bassa capacità di scambio (povertà chimica), in
particolar modo l’azoto viene trasportato in profondità dalle acque di percolazione,
e da una bassa capacità di trattenere l’acqua, ma sono facilmente penetrabili dalle
radici. Possono essere lavorati in ogni periodo perché risentono poco degli effetti
delle lavorazioni, per questa caratteristica vengono anche chiamati terreni leggeri, e
degli apporti di materia organica.

TERRENI ARGILLOSI

L’argilla è considerato un colloide micellare, capace di circondarsi di un alone di


molecole d’acqua, di rimanere sospeso nel mezzo liquido fino a che non vengono
neutralizzate le cariche elettriche e, al contrario, di flocculare se queste cariche sono
neutralizzate da cationi e colloidi di segno diverso. Si definiscono terreni argillosi
quei terreni che contengono più del 40% di argilla. Le loro caratteristiche dipendono
molto dalla struttura ma in genere hanno una elevata reattività chimica ma anche
una difficoltà di circolazione aria-acqua, inoltre, c’è un’alta dotazione di elementi
nutritivi in particolar modo potassio. Possono essere lavorati solo in condizioni di
tempera, altrimenti comportano un eccessivo consumo di energia e di organi
lavoranti. Sono molto fertili chimicamente e trattengono bene l’acqua, ma
subiscono il fenomeno di crepacciabilità che si manifesta in seguito ad essiccamento
con la formazione di crepe. La crepacciabilità ha aspetti sia negativi (dispersione
dell’acqua, evaporazione di acqua e rottura di apparati radicali), che positivi (facile
penetrazione di acqua nell’ strato attivo e arieggiamento). La sarchiatura riesce a
ridurre il fenomeno di crepacciabilità del terreno. Per tenacità invece si intende la
resistenza opposta alla penetrazione di corpi estranei. La tenacità dipende
strettamente dalla coesione (resistenza del terreno agli organi lavoranti). Mentre
l’adesione è la tendenza del terreno ad aderire agli organi lavoranti. L’adesione
aumenta con l’umidità, invece, la coesione diminuisce con l’umidità.

TERRENI LIMOSI

Il limo è formato principalmente da quarzo e da silicati che derivano da alterazioni


chimiche della roccia madre. Hanno caratteristiche intermedie tra i due precedenti.
Si presentano polverosi allo stato secco e fangosi con molta acqua, sono poco
permeabili e freddi (si riscaldano tardi in primavera).

Un’altra caratteristica dei terreni è il colore che può dirci qualcosa sulla sua
composizione:
- Bruno – presenza di sostanza organica.

- Rosso/bruni – presenza di ferro e manganese ossidati.

- Grigio/bluastri – presenza di ferro ridotto.

- Colori chiari – presenza di quarzo o silicati.

Fra i fattori che influenzano positivamente lo stato di aggregazione ricordiamo la SO,


ogni apporto di so è in grado di migliorare la struttura del terreno, anche se il
risultato più o meno positivo dipenderà da: velocità di degradazione della stessa e
rapporto tra mineralizzazione e umificazione, quest’ultimo influenzato molto dalla
presenza di N. l’effetto migliore e più persistente si ottiene con la letamazione. Gli
ammendanti sono delle sostanze di varia natura che si possono apportare al terreno
con lo scopo di migliorare la struttura. Il letame, i residui colturali e la materia
organica rappresentano dei materiali ammendanti di notevole interesse.

pH

Il pH è una delle caratteristiche più importante dei suoli, e condiziona fortemente le


funzioni di abitabilità e di nutrizione. Esso è il logaritmo negativo della
concentrazione di ioni H+ di una soluzione acquosa di terreno. I suoli acidi (pH<6.6)
sono caratteristici di climi piovosi in cui c’è un alto dilavamento di Ca, Mg, K, Na e un
elevato processo di umificazione. I suoli basici (pH>7.3) sono caratteristici di climi
aridi con una elevata evaporazione, uno scarso dilavamento e risalita di Sali dagli
strati profondi (Na). Il pH ideale per la gran parte delle colture è il neutro (6.5-7.5)
anche se al suo variare variano anche gli elementi assimilabili dalle piante. Influenza
il pH le attività microbiche (batteri, funghi) ma soprattutto le tecniche colturali
attuate.

DOTAZIONE ELEMENTI NUTRITIVI

Oltre ai tre macroelementi, carbonio, idrogeno e ossigeno, apportati dall’aria e


dall’acqua alle piante, è il suolo la principale fonte di nutrienti per queste ultime. Gli
elementi principali sono azoto, fosforo e potassio.

AZOTO
L’azoto è fondamentale per le piante in quanto esercita un’azione molto forte di
stimolazione della crescita. Quindi è direttamente collegato ad un buono sviluppo
dell’apparato radicale, ad un colore verde intenso delle foglie, e, in genere, ad una
crescita veloce. È presente in percentuali del 5/6% nella biomassa secca di piante
giovani ed è un costituente di proteine, acidi nucleici, enzimi e clorofilla. Un eccesso
di azoto porta al rallentamento della crescita, ad un eccessivo lussureggiamento e,
quindi, una elevata evapotraspirazione e una minore resistenza alle avversità.
L’azoto può essere minerale (ammoniacale e nitrico) e organico. Nella sua forma
ammoniacale è solubile in H2O, facilmente trattenibile dal suolo e parzialmente
assorbito dalle piante. Si ossida in azoto nitrico che non è trattenuto dal terreno,
facilmente lisciviabile ma facilmente assorbito dalle piante. L’azoto organico, invece,
è una vera e propria riserva in quanto col tempo e le giuste condizioni ambientali si
trasforma in azoto minerale. Viene apportato da:

● Pioggia e irrigazioni.
● Concimi e fertilizzanti.
● Mineralizzazione e fissazione biologica.
Viene sottratto da:

● Lisciviazione.
● Asportazioni di biomassa.
● Denitrificazione.
● Volatilizzazione di NH3.
Avendo una elevata mobilità, sono fondamentali gli interventi di lavorazione che si
attuano. Inoltre, bisogna tener conto del fattore ambientale in quanto l’azoto
lisciviato che finisce nelle falde le inquina rendendole non potabili. In base al
contenuto di azoto i terreni agrari possono essere classificati:

- Molto poveri < 0,5‰


- Poveri compresi tra 0,5 e 1‰
- Mediamente dotati compresi tra 1 e 1,5‰
- Ben dotati compresi tra 1,5 e 2,2‰
- Ricchi compresi tra 2,2 e 5‰
- Eccessivamente dotati > 5‰
FOSFORO

Il fosforo è alla base degli scambi energetici nelle cellule (ATP-ADP) e della
fotosintesi (acido fosfoglicerico). È un costituente degli acidi nucleici e di sostanze di
riserva. È molto importante nelle prime fasi di sviluppo della pianta e favorisce
l’accrescimento radicale, oltre ad essere un fattore di precocità. Si trova nel terreno
sotto forma di fosforo solubile e fosforo assimilabile. Quest’ultimo, in ioni fosforici,
è assimilato in genere dalle piante in quanto fissato labilmente. Il fosforo precipitato
non è utilizzabile dalle piante, quello organico rappresenta una riserva e quello
inerte è un costituente della roccia madre. Sia per il contenuto di fosforo totale che
per quello assimilabile, il terreno può essere classificato come:

- Ridotto
- Medio-ridotto
- Media
- Elevato
- Molto elevato
Una quantità di fosforo viene immobilizzata e non resa disponibile per le piante.
Il fenomeno del fosforo retrogradato dipende dal ph del suolo
POTASSIO

Il potassio è circa l’1% del peso di una pianta ma è fondamentale per gli scambi tra
le membrane semipermeabili, la regolazione del pH delle cellule, l’aumento della
turgescenza e l’accumulo di sostanze di riserva. La frazione minerale è prevalente e
si presenta in quattro forme:

- Potassio reticolare: fa parte dei reticoli cristallini dei minerali di partenza;


- Potassio legato fissato: rimane imprigionato all’interno dei reticoli cristallini;
- Potassio scambiabile: è il potassio assorbito dai colloidi argillosi;
- Potassio in soluzione: si trova trattenuto dai colloidi organici e non sotto
forma di ione K+.
Il potassio può essere:

- fissato, tra i foglietti di argilla,


- minerale, attraverso i processi di pedogenesi
- organico, come fonte di riserva.
Il potassio è poco mobile nel terreno, e in base al contenuto in potassio scambiabile
il terreno può essere classificato come:

- povero meno di 80 ppm


- mediamente dotato con 80-150 ppm
- ben dotato con 150-250 ppm
- ricco più di 250 ppm

Calcio

Ha un ruolo principalmente fisico nel terreno poiché gli ioni calcio aumentano la
flocculazione, viene sottratto dalle asportazioni e dalla lisciviazione, mentre e fornito
al terreno attraverso concimi organici e concimi minerali contenenti calcio legato al
fosforo e all’azoto.

Zolfo

Si può trovare nel terreno sia sotto forma minerale che organica. Nei terreni coltivali
la forma minerale è rappresentata da solfati. La quantità di zolfo presente nel
terreno sotto forma organica è quasi sempre prevalente su quella minerale. Vari
interventi agronomici possono comportare un arricchimento di S nel terreno, tra
questi troviamo:

- concimazioni organiche
- concimazioni chimiche
- trattamenti antiparassitari
Viceversa, il terreno perde zolfo per opera di colture come leguminose e attraverso
dilavamenti, erosioni e volatilizzazione.

Calcare (carbonato di calcio)

È più frequente nei climi aridi in quanto, in quelli umidi, viene dilavato dalle piogge.
Una quantità eccessiva di calcare causa suoli alcalini (8-8.4).

SOLUZIONE CIRCOLANTE E POTERE ADSORBENTE

Per soluzione circolante si intende la fase liquida del terreno formata dall’acqua e
dalle sostanze in essa disciolte. La composizione e la concentrazione sono due
caratteristiche importanti della soluzione circolante perché da esse dipende la
nutrizione delle piante. La capacità di fissare labilmente ioni del terreno è
fondamentale in quanto determina una soluzione circolante sempre ricca di
elementi per le piante. La soluzione circolante è influenzata da vari fattori quindi
sarebbe soggetta ad oscillazioni molto più forti di quelle riscontrate in realtà, se la
fase solida non fosse dotata di una proprietà importantissima, la capacità di
scambio ionico, fenomeno che avviene continuamente tra fase solida e liquida
attraverso i processi di adsorbimento (passaggio dalla fase liquida alla fase solida) e
desorbimento (passaggio dalla fase solida alla fase liquida). La capacità del terreno
di fissare determinati ioni, prende il nome di potere adsorbente. Il potere
adsorbente, per i cationi, viene calcolato dalla capacità di scambio cationica e si
misura in milliequivalenti per 100 grammi di suolo (indice di fertilità). La CSC nel
terreno può essere classificata come:

- ridotta < 5
- medio-ridotta tra 6-11
- media tra 12-20
- elevata >20
Da questo è possibile distinguere:

- la capacità di scambio cationica massima (CSCm): indica la quantità di cationi


scambiabili che il suolo può trattenere a saturazione
- la capacità di scambio cationica reale (CSCr): indica la quantità dei cationi
scambiabili che il terreno trattiene in un determinato momento
- tasso di saturazione basica (TSB): indica il rapporto in percentuale fra la
quantità assorbita e la quantità potenzialmente assorbibile
- acidità di scambio (AS): indica la quantità di anioni ancora accettabili per
arrivare alla saturazione
l’adsorbimento anionico invece interessa soprattutto l’agronomo per il fosforo, e in
questo caso si parla di capacità di scambio anionico. Fra gli anioni di maggiore
interesse troviamo l’NO3⁻ che sfugge al potere adsorbente del terreno.

SALINITA’ DEL TERRENO

La presenza di sali solubili nel suolo (salinità) come carbonato di sodio, carbonato di
magnesio, cloruro di sodio, solfato di calcio ecc. è un valore fondamentale da tenere
sotto controllo in quanto una eccessiva salinità determina la difficoltà delle radici di
assorbire acqua e nutrienti dal suolo, un pH elevato e presenza di sostanze tossiche
per le piante. La classificazione dei terreni salini, basata sul loro contenuto totale di
Sali solubili è:

- terreni non salini <2‰


- terreni leggermente salini tra 2-3,5‰
- terreni salini >3,5‰
Si misura indirettamente tramite la ECe, ovvero la misura della conducibilità
elettrica nel suolo, direttamente collegata alla presenza di Sali.

La ESP è il rapporto tra la quantità di sodio e la CSC e corrisponde alla quantità di


sodio scambiabile.

BIOMASSA

La biomassa nel terreno può rappresentare una quantità che va da 1 a 10 tonnellate


a ettaro a seconda della stagione, della temperatura, dell’umidità, della profondità.
È divisa in biomassa viva e morta (sostanza organica). Tra la biomassa viva troviamo:

● Batteri
- Anaerobici - fermentazione degli zuccheri, putrefazione sostanze
proteiche, denitrificazione.
- Aerobici - proteolitici, cellulosolitici, lipolitici, denitrificanti.
● Attinomiceti
● Funghi
● Alghe
Il terreno è sede di una complessa attività biotica che coinvolge le trasformazioni
della sostanza organica, i principali elementi nutritivi e alcune proprietà fisiche e
chimiche. I microrganismi interessati sono di varia natura e il loro numero cambia in
funzione della temperatura, umidità, e della profondità. Generalmente invece che al
numero di microorganismi si fa riferimento al loro peso complessivo o biomassa
microbica.

Fauna terricola

La fauna terricola sostiene un ruolo importante nel terreno agrario, la sua attività si
manifesta sia sulla microflora che sul sistema terreno coltura. Fra gli animali
superiori incontriamo topi e arvicole che si nutrono a spese delle piante e scavano
gallerie rompendo gli apparati radicali. Questi danni interessano anche le talpe che
invece sarebbero utili perché si nutrono di insetti. I lombrichi rappresentano l’unico
gruppo di animali ai quali si attribuisce una costante azione positiva sulle proprietà
del terreno. Fra gli insetti si trovano numerose specie dannose che vivono nel
terreno e si nutrono a spese delle piante. I protozoi sono degli organismi unicellulari
che si trovano nel terreno e svolgono azione di degradazione e sintesi organica, sono
predatori e si nutrono di funghi, alghe e batteri. L’importanza della fauna risiede
nell’effetto stimolante che esercita sulla microflora:
- Essa sminuzza la materia organica rendendola più accessibile
- Gli animali esercitano un ruolo regolatore sulla microflora e contribuiscono
a determinare l’equilibrio batteri-funghi
Flora terricola

È formato da batteri, attinomiceti, funghi, alghe e licheni.

I batteri o schizomiceti sono organismi unicellulari, rappresentano il gruppo più


importante nel terreno agrario. I batteri svolgono 2 ruoli fondamentali:

- Quello nutrizionale
- Quello per gruppi fisiologico
Gli attinomiceti invece sono microorganismi di tipo intermedio fra batteri e funghi.
La loro azione va considerata sotto 2 aspetti:

- Degradazione di sostanza organica non degradabile da funghi e batteri


- Produzione di vitamine e sostanza antibiotiche

I funghi sono presenti in grandi quantità in tutti i terreni e svolgono un ruolo molto
vario, che va dal parassitismo alla degradazione dei residui organici. Molto diffusi
sono i generi: pythium, fusarium e tricoderma. Le alghe sono degli organismi uni o
pluricellulari presenti nel terreno in numero inferiore a funghi e batteri. Alcune
alghe possono fissare l’azoto atmosferico e contribuiscono a rendere più stabile la
struttura riducendo le perdite di acqua per evaporazione.

Nel ciclo del carbonio la microflora terricola interviene prima a livello di attacco
diretto verso tutti i residui organici esterni nel terreno, in seguito parte della
sostanza organica viene mineralizzata direttamente mentre l’altra viene avviata alla
sintesi dell’humus che verrà successivamente mineralizzato. Nel ciclo dell’azoto la
microflora interviene in alcuni processi, che si sovrappongono a quelli del ciclo del
carbonio, come ammonizzazione, nitrificazione, denitrificazione e fissazione
dell’azoto atmosferico.

L’ammonizzazione è il processo attraverso il quale avviene la mineralizzazione


dell’azoto, esso è prevalentemente di natura batterica e si verifica in tutti i terreni.
La nitrificazione, cioè l’ossidazione dell’ammoniaca con formazione prima di nitriti e
poi di nitrati, è un importantissimo processo biologico che interessa la nutrizione
delle piante. In questo processo intervengono due classi di microrganismi principali
- I nitrosomonas
- I nitrobacter
I fattori ecologici che favoriscono la nitrificazione sono:

- Presenza di CO2
- pH non superiore a 9 o non acido
- sufficiente aerazione del substrato
- temperatura elevata
la denitrificazione è un processo microbico che comporta la riduzione dei nitrati e
dei nitriti ad azoto elementare che si perdono allo stato gassoso, essa è dovuta a
batteri dei generi:

- achromobacter
- bacillus
- spirillum
il processo avviene in assenza di ossigeno, più frequentemente nei terreni asfittici e
mal drenati. Si tratta di un fenomeno negativo perché sottrae azoto alle colture. La
denitrificazione, tuttavia, può risultare utile all’ambiente quando riduce
l’inquinamento azotato delle acque. La fissazione dell’azoto atmosferico da parte
dei microrganismi terricoli permette la trasformazione dell’N2 atmosferico, non
utilizzabile delle piante, in sostanze proteiche di immediata utilizzazione.

La fissazione dell’azoto atmosferico si distingue in fissazione asimbiontica e


simbiontica.

La fissazione asimbiontica è dovuta a diversi gruppi di microrganismi:

- batteri eterotrofi aerobi


- batteri eterotrofi anaerobi
- batteri autotrofi anaerobi
- cianobatteri
- attinomiceti
- funghi
la fissazione simbiontica è dovuta a batteri del genere rhizobium che vivono in
simbiosi con leguminose e altri vegetali. L’instaurazione della simbiosi è ben visibile
perché sulle radici delle piante si formano delle nodosità o tubercoli. Negli ambienti
di nuova coltivazione potrebbe non essere presente il rizobium specifico e quindi le
leguminose non riescono ad attivare la simbiosi. È necessario ricorrere alla
batterizzazione con colture microbiche che possono essere sparse nel terreno o
mescolate al seme. Le leguminose sono in grado di assimilare l’azoto, elemento
fondamentale per la sintesi di composti utili alle piante, direttamente
dall’atmosfera. È possibile incrementare l’azotofissazione nelle leguminose
inoculando ceppi di rizobio più efficienti.

Le micorrize si dividono in:

- ectomicorrize: formate principalmente nelle piante forestali. Non


penetrano all’interno dei tessuti, ma formano uno spesso strato di micelio
attorno agli apici radicali.
- Endomicorrize: tipiche delle specie erbacee, penetrano all’interno dei
tessuti riempendo gli spazi intercellulari, formando strutture ovoidali e
ramificate.
i vantaggi del processo di micorrizazione sono reciproci sia per il fungo che per la
pianta, che estende il proprio apparato radicale e quindi maggiori nutrienti, in
particolare fosforo e potassio. La pianta in cambio cede al fungo carbonio organico
ottenuto dall’attività fotosintetica della pianta.

Gli interventi dei microorganismi sull’ambiente ipogeo si esplicano anche nel ciclo
dello zolfo, nelle trasformazioni del fosforo, nelle trasformazioni del ferro, del
potassio e del manganese, sul pH e sulla struttura del terreno.

Piante infestanti

Le piante infestanti crescono spontaneamente tra le colture provocando una


riduzione produttiva più o meno consistente. I danni provocati sono:

- Parassitismo: è il caso meno frequente, e si verifica quando una -


2determinata specie traendo il suo nutrimento dalle specie coltivate.
- Competizione: è il caso più tipico di danneggiamento dovuto alle infestanti,
e si verifica con una competizione per: spazio vitale, luce, acqua ed
elementi nutritivi.
- Allelopatia: comunicazione chimica ossia sostanze secrete da una specie
per ostacolare l’altra specie.
- Avvelenamento dei prodotti
- Deprezzamento qualitativo
- Intralcio alle operazioni meccaniche
Le erbe infestanti possono essere classificate in annuali, biennali e poliennali (per
più di un anno). La propagazione delle piante infestanti può avvenire per via
vegetativa (asessuata o agamica) o per seme (sessuale o gametica).

Controllo infestanti

La presenza delle infestanti influisce sia sulla quantità che sulla qualità del prodotto.
È buona norma applicare delle tecniche preventive al fine di evitare di combattere le
infestanti con la coltura in atto. Si può attuare l’avvicendamento di foraggere, le
cover crops, si deve stare attenti ad utilizzare letame maturo e sementi certificate
prive di infestanti, evitare lavorazioni che propagano la pianta infestante e attuare
una rotazione con lavorazioni che prevedono l’inversione degli strati.

Altre tecniche sono la falsa semina e la solarizzazione. La falsa semina consiste nel
preparare il letto di semina senza seminare, così che la pianta infestante germina e
può essere eliminata successivamente con un’erpicatura. La solarizzazione consiste
nel coprire in estate un terreno irrigato con un film di polietilene trasparente per 30-
40 giorni. L’alta temperatura fa sì che lo strato superiore di terreno sia devitalizzato
di una intera gamma di microrganismi e di semi infestanti.

Il controllo delle infestanti può avvenire meccanicamente con la sarchiatura o la


trinciatura, o eventualmente il pirodiserbo.

Il controllo può essere chimico, molto efficiente e preciso. Esistono trattamenti


presemina, pre-emergenza e post-emergenza anche se qui dobbiamo avere un
erbicida selettivo. La selettività è data dalle differenze in tolleranza e sensibilità. La
distribuzione può essere a tutto campo o localizzata e può avvenire sulla pianta
(contatto o traslocazione) o sul terreno.

Il glifosato è un erbicida non selettivo che blocca l’azione dell’EPSP sintasi nelle
piante. È probabilmente nocivo e inquinante, ma al momento, non è disponibile un
equivalente non nocivo.

L’ACQUA NEL TERRENO

L’acqua può essere presente all’interno del terreno in tutti e tre i suoi stati ma è
sulla fase liquida che dobbiamo soffermarci. Il suo potere solvente fa sì che nel suolo
non sia mai pura, bensì ricca di sostanze disciolte al suo interno (soluzione
circolante). Il contenuto d’acqua all’interno del suolo si può misurare in vari modi: i
metodi diretti, sono quello gravimetrico (peso terreno e acqua – peso terreno
secco) e quello volumetrico (contenuto in acqua in peso * massa volumica
apparente). I metodi indiretti sono la TDR, che misura la velocità della propagazione
di onde da un punto all’altro del terreno in base alla quantità d’acqua (precisa ma
costosa), e la FDR che misura la velocità di propagazione di segnali elettrici (meno
precisa per via della salinità ma più economica). La soluzione circolante è soggetta a
tutta una serie di forze che tendono a trattenerla in loco o a spostarla. Il terreno
trattiene l’acqua con forza crescente al diminuire della sua quantità. Quindi da parte
delle piante è necessario un lavoro per assorbire l’acqua, questo lavoro è detto
potenziale idrico e corrisponde al lavoro necessario per spostare una quantità
unitaria d’acqua da un punto in cui è, a uno stato standard di riferimento a una
condizione in cui il potenziale ha un certo valore. Il valore di riferimento è quello
dall’acqua libera a pressione atmosferica (in aria) e l’unità di misura è il Pascal. Le
forze a cui è sottoposta la soluzione circolante nel terreno sono quella
gravitazionale, quelle di adesione e coesione dell’acqua, e le forze dovute alla
pressione osmotica.

Quando abbiamo un terreno in cui micro e macro-pori sono saturi d’acqua abbiamo
un suolo alla capacità idrica massima (Ψ=0), dopo che la gravità ha allontanato
l’acqua gravitazionale, avremo un terreno in cui troviamo sia aria che acqua adesa
alle particelle solide, cioè un suolo alla capacità idrica di campo (Ψ=-33KPa).
Quando l’evaporazione e la suzione delle radici avranno sottratto l’acqua adesa alle
particelle solide, avremo un terreno in cui l’acqua è presente solo in minima parte
all’interno dei micro-pori e non accessibile alle radici perché con un potenziale
troppo alto, cioè un suolo al punto di appassimento (Ψ=-1000/2500 KPa). L’acqua
disponibile alle piante, dunque va dalla situazione di capacità idrica di campo al
punto di appassimento (l’acqua gravitazionale si allontana troppo velocemente) (-
1,5MPa per convenzione). Con la curva di ritenzione idrica è possibile visualizzare
l’andamento del potenziale idrico (matriciale) al diminuire dell’umidità in funzione
del tipo di granulometria. È facilmente visualizzabile anche l’acqua disponibile per la
coltura. L’acqua disponibile massima (ADM) per il volume di suolo considerato ci dà
la riserva idrica massima utilizzabile (RUm). La velocità con cui l’acqua si sposta tra
(1−2)
due punti nel terreno è data da Vs=Ks dove Vs è la velocità fra due punti, Ks è
d
la conducibilità idrica, delta Ψ è la differenza di potenziale e d è la distanza. La
conducibilità idrica è influenzata dalla granulometria e dalla quantità d’acqua gia
presente. Una bassa velocità di infiltrazione può causare ristagni e erosioni, una altà
velocità può determinare un eccessivo impiego di acqua irrigua.

AGROMETEOROLOGIA

Il clima è uno dei fattori che maggiormente influenza una coltura. Esso viene
definito come l’insieme dei fenomeni metereologici che caratterizzano lo stato
medio dell’atmosfera e le sue variazioni in un determinato punto geografico. Si può
distinguere un macroclima, riferito ad una zona ampia come una regione, e un
microclima riferito anche ad uno specifico appezzamento di terreno con
determinate caratteristiche climatiche. I fattori climatici più importanti sono: la
radiazione solare, temperatura, vento e idrometeore.

Radiazione solare

È energia sotto forma di onde elettromagnetiche che si propagano nel vuoto e con
diverse lunghezze d’onda. I raggi solari si differenziano in funzione della loro
lunghezza d’onda in tre principali gruppi:

● Radiazione ultravioletta (<400nm): forniscono una piccola quantità di


energia ma hanno un’attività importante verso il mondo biologico infatti
hanno effetto sulla germinazione e sulla riproduzione di molti patogeni e
microrganismi.
● Radiazione visibile (tra i 400 e i 760 nm): forniscono una buona quantità di
energia e compiono l’azione più diretta sulla vegetazione (fotosintesi).
● Radiazione infrarossa (dai 700 ai 4000 nm): forniscono la gran parte
dell’energia termica riscaldando così acqua e terreno.
Dato che la terra ruota intorno al sole in un’orbita ellittica, e ruota su sé stessa con
un certo angolo, l’intensità e la quantità di radiazione che intercetta variano
notevolmente sia tra il giorno e la notte e sia in base alla stagione. La radiazione,
inoltre, è influenzata dal fatto che a diverse latitudini inciderà con un angolo diverso
e, in più, l’atmosfera potrebbe essere coperta da nuvole con un alto potere
riflettente. Quindi solo una quota dell’intera radiazione arriverà e attraverserà
l’atmosfera. Dobbiamo, però, considerare ulteriori perdite di energia anche
successivamente il superamento di quest’ultima ovvero quella riflessa dalle nubi e
quella assorbita dall’atmosfera stessa. A questo punto siamo rimasti con la sola
radiazione diretta e da una parte della radiazione diffusa. Parte di queste viene
riflessa dal suolo o dalla vegetazione e si perde nell’atmosfera. Un’altra perdita è
data dall’emissione di onde lunghe dalla superficie terrestre. La radiazione netta
incidente dunque è quello che è rimasto della radiazione solare tenuto conto delle
perdite.

La PAR o radiazione luminosa fotosinteticamente attiva è trasformata in energia


chimica e utilizzata dalle piante per la costruzione di molecole organiche. È una
reazione con un rendimento molto basso che non supera il 15%, con minimi che
toccano il 2-3% nei periodi estivi. L’efficienza della PAR è data dalla quantità di
sostanza secca fratto la PAR, mentre l’efficienza fotosintetica è data dall’energia
contenuta nella sostanza organica fratto la PAR. questi valori sono influenzati molto
dal LAI (leaf area index) che si può valutare sulla singola pianta o su unità di
superficie. Altri indici importanti sono il LAD che misura la durata dell’area fogliare e
il GAI che misura l’area di tutte le parti verdi della pianta, L’HI (harvest index) che è
il rapporto tra biomassa utile e la biomassa totale, il CGR misura l’incremento di
biomassa (delta peso secco fratto delta tempo). La luce ha effetti diversi su piante
diverse: influisce molto sulla produzione la presenza di organi source, ovvero che
generano biomassa, e organi sink, ovvero che assimilano biomassa. La
manipolazione genetica e la scelta della varietà cambia queste due componenti e
permette di avere HI più alti, per esempio cultivar di graminacee con cariossidi più
grandi o con foglie più piccole ma erette. Per una buona produzione, le
caratteristiche che deve avere la source sono efficienza, ampiezza e durata, mentre
le caratteristiche del sink devono essere vicinanza alla source e capacità. Per una
buona produzione bisogna eliminare i fattori di stress da ogni fase del ciclo
fenologico anche se spesso non è possibile. Quindi è fondamentale la scelta della
cultivar in quanto la pianta può essere capace o meno di recuperare eventuali
perdite in una fase in fasi successive.

Una carenza di luce porta a un ingiallimento delle foglie e caduta di quelle inferiori,
riduzione di ramificazioni, riduzione di fertilità e lignificazione. La scelta della varietà
è fondamentale in quanto possiamo avere piante sciafile, ovvero che soffrono per
una eccessiva esposizione alla luce, e piante eliofile che soffrono per una mancanza
di luce. Per un aumento della esposizione alla luce è importante la giacitura del
terreno, il sesto di impianto e gli interventi di potatura, mentre per una riduzione
dell’esposizione si può ricorrere a consociazioni o una rincalzatura per proteggere gli
organi ipogei dalla luce. In ambiente protetto il controllo della luce è molto più facile
controllare l’intensità luminosa con interventi di copertura (calce) o di illuminazione
(lampade). Il fotoperiodismo è il fenomeno di risposta delle piante alla luce, mentre
il fotoperiodo è la durata dell’esposizione luminosa in un giorno.

La luce, insieme alla temperatura, è fondamentale per i passaggi da una fase


fenologica all’altra come germinazione, dormienza, caduta delle foglie, fioritura ecc.
possiamo avere piante brevidiurne obbligate, che necessitano un numero di ore di
luce minore di un dato valore, longidiurne obbligate, che necessitano di ore di luce
giornaliere superiore ad un dato valore, e neutrodiurne che non necessitano di un
dato numero di ore di luce al giorno. Poi ci sono brevidiurne e longidiurne
facoltative, cioè che regolano i loro passaggi di stato fenologici in base alle ore di
luce giornaliere (per es. anticipi di fioritura).

Temperatura

La temperatura è la caratteristica macroscopica dell’energia cinetica delle particelle


ed è una misura della capacità dei corpi di scambiare calore per convezione,
conduzione o irraggiamento. A differenza dell’aria le escursioni termiche nel terreno
sono molto minori in quanto il suolo è in ritardo nelle variazioni di temperatura
dell’aria. Il riscaldamento avviene principalmente per assorbimento dell’energia
solare mentre il raffreddamento avviene per:

● Emissione di raggi infrarossi.


● Cessione all’aria per convezione e conduzione.
● Cessione agli strati sottostanti per conduzione.
● Evaporazione dell’acqua.
La temperatura è influenzata dal calore, dalla copertura vegetale (ombreggiamento)
dalla giacitura, dall’umidità e dalla conduttività termica. Essa influisce molto sul
metabolismo delle piante (in particolare i passaggi dormienza e fioritura) e in quello
dei microrganismi (mineralizzazione, umificazione, nitrificazione e fissazione). Le
temperature ottimali sono, appunto, le temperature in cui si ottiene il massimo PAU
(prodotto agrario utile) e sono in funzione della fase fenologica. Le temperature
cardinali sono quelle in cui la fase fenologica cessa il suo sviluppo in modo non
permanente, mentre le temperature critiche sono quelle in cui la pianta subisce dei
danni irreparabili. In base alle temperature di germinazione delle piante,
distinguiamo microterme (0-14), macro-terme (15-20) e megaterme (>20).
Ovviamente le temperature critiche e cardinali variano anche nella stessa pianta in
base all’organo che consideriamo, per esempio le radici possono resistere a minimi
inferiori rispetto alla parte aerea o gli organi fiorali sono molto più sensibili delle
parti vegetative. Abbiamo temperature critiche diverse anche in base all’età
dell’organo per esempio le foglie giovani sono più sensibili di quelle vecchie.

I danni che causano elevate temperature sono la disidratazione, scottature, coagulo


del protoplasma e squilibrio fotosintesi/respirazione. Le difese delle piante sono la
suberificazione, i tricomi, l’ombreggiamento, l’aumento di traspirazione e il riposo
vegetativo. I danni da temperature eccessivamente basse sono congelamento acqua
nei tessuti (lento più grave del rapido), precipitazione delle proteine nel citoplasma,
paralisi della funzione assorbente. I rimedi al freddo sono riposo vegetativo,
concentrazione dei succhi cellulari, riduzione di acqua nei tessuti.

La somma termica è la sommatoria delle differenze tra la media giornaliera e lo zero


di vegetazione di una specie, in pratica sono i gradi utili di una pianta in un
determinato periodo. È utile per determinare i passaggi di fase fenologica, infatti
ogni specie cambia fase dopo aver raggiunto un numero determinato di gradi utili.
Alcune specie hanno bisogno di freddo per continuare correttamente i cicli
fenologici, ad esempio per la riproduzione. Anche i semi rilasciati in estate da alcune
piante hanno bisogno della vernalizzazione, ovvero di simulare l’inverno prima di
poter germinare.

Vento

Il vento non è altro che una massa di aria in movimento che porta con sé umidità e
calore ed è la causa, quindi, dei diversi microclimi in aree anche molto piccole. Ha
molti effetti positivi come il rifornimento di CO2, la disseminazione di semi e polline,
e il ricambio di aria che previene il rischio di gelate. Ha anche effetti negativi come
l’aumento di evapotraspirazione, l’erosione del suolo nel caso si abbia una carenza
di struttura e di copertura vegetale. Determina anche una modifica o un arresto
della crescita (allettamento, rottura rami, caduta fusti), e può causare
l’appassimento rapido in caso di venti caldi come il favonio o lo scirocco. Può anche
essere causa di un aumento di salinità o un inquinamento in generale come nel caso
dell’effetto deriva dei fitofarmaci, di acque inquinate, o di metalli pesanti.

Una soluzione ai danni del vento sono le barriere frangivento che possono essere
vive (siepi, boschi ecc.) o morte (muri ecc.), le cui caratteristiche che determinano
l’efficacia sono altezza e densità. Le barriere funzionano a una distanza di circa 5
volte l’altezza. Le caratteristiche di una barriera viva devono essere:

● Sempreverde.
● A crescita rapida.
● Specie adatta all’ambiente pedoclimatico.
● Resistenti alle avversità sia biotiche che abiotiche.
● Ingombro ridotto.
● Apparato radicale sviluppato in profondità e non lateralmente.
Le siepi, oltre che proteggere dal vento, in un’ottica di agricoltura multifunzionale,
può avere più funzioni. Possono avere un uso officinale, essere un filtro contro
sostanze tossiche, essere una fonte di nettare per le api, essere un ecosistema per
molti animali, possono avere un controllo sui parassiti e avere una funzione
paesaggistica.

Idrometeore

Sono tutti i tipi di precipitazioni. Sono neve (coibentante naturale, riserva idrica),
grandine e brina (acqua condensata sotto gli 0 gradi, sempre dannose) la rugiada e,
ovviamente, la pioggia. La pioggia è la principale fonte di approvvigionamento
d’acqua e si forma quando il vapore acqueo condensa a causa di una riduzione di
temperatura. La pioggia caduta in un dato territorio si misura in mm annui (1mm
→10m^2 per ettaro).

Le caratteristiche della pioggia sono:

● Distribuzione stagionale e giornaliera.


● Intensità (mm/h) → valutata rispetto alla velocità di infiltrazione determina la
presenza o meno di ristagni e ruscellamenti.
● Frequenza (n)
● Probabilità.
Gli effetti negativi della pioggia sono erosione del suolo, allettamento, dispersione di
patogeni, riduzione allegagione e ritardo di maturazione, deprezzamento del
prodotto e difficoltà degli interventi. La pioggia utile o efficiente è la quantità di
pioggia rimasta dopo la sottrazione dell’acqua persa per infiltrazione negli strati
sottostanti, per ruscellamento o per evaporazione.

L’acqua nelle piante (costituzionale) è presenta per il 5-15% nei semi e per il 95-85 %
negli altri organi, anche se l’acqua costituzionale è solo l’1% dell’acqua consumata
da una specie (fabbisogno idrico). La gran parte dell’acqua assorbita dalle piante è
utilizzata nei processi metabolici o semplicemente persa per traspirazione. Quindi
trascurando l’acqua costituzionale, possiamo dire che il fabbisogno idrico di una
coltura è dato dall’ET (evapotraspirazione mm/h). Abbiamo un’evapotraspirazione
di riferimento ovvero la quantità di acqua evapotraspirata da un terreno con una
coltura fitta, bassa, omogenea e in piena attività in un dato periodo di tempo con
disponibilità di acqua illimitata (ETo), mentre l’evapotraspirazione di una coltura
(ETc) è data dalla ETo per un dato coefficiente colturale Kc. Dato che non siamo
quasi mai in condizioni di disponibilità di acqua illimitata, avremo una
evapotraspirazione effettiva ETe data da ETc per un coefficiente Ks (coefficiente di
stress). Ovviamente, il fabbisogno di acqua varia a seconda della fase fenologica in
cui ci troviamo, ad esempio nelle graminacee la fase di levata-fioritura è quella in cui
è massimo il fabbisogno idrico. Per calcolare la quantità di acqua evapotraspirata da
una coltura ci sono metodi diretti che si basano sul peso del terreno prima e dopo il
consumo idrico (evaporimetro, lisimetro) e metodi indiretti che si basano su stime e
parametri climatici come radiazione e temperatura.

Umidità

L’umidità dell’aria influenza l’evapotraspirazione, gli attacchi parassitari, allunga il


periodo di maturazione, riduce l’impollinazione e rende difficoltosa la raccolta.
Abbiamo l’umidità assoluta che è la quantità di acqua in grammi in un’unità di
volume, l’umidità di saturazione che è la massima quantità di acqua in un volume, e
l’umidità relativa che è il rapporto tra umidità assoluta e massima.

LAVORAZIONI

Le lavorazioni sono manipolazioni meccaniche del terreno che hanno come


obbiettivo quello di accogliere in modo migliore la coltura e favorirne la crescita.
Vengono svolti dalla trattrice (gommati o cingolati) più gli organi lavoranti che
possono essere trainati o con presa di forza. Le lavorazioni si dividono in due grosse
categorie, anche se il confine tra le due è molto sottile: lavorazioni preparatorie e
lavorazioni consecutive. Le lavorazioni preparatorie sono quelle svolte in assenza
della coltura e si dividono a loro volta in principali e complementari, hanno come
scopo quello di preparare il letto di semina. Le lavorazioni consecutive sono quelle
che servono a migliorare le condizioni di crescita della coltura già presente.
Ripristinano le condizioni ottimali di porosità in modo da avere un equilibrio tra aria
e acqua, favoriscono, quindi, l’infiltrazione di acqua. Hanno anche lo scopo di
invertire gli strati del terreno, interrare infestanti, concimi, antiparassitari e sostanza
organica. Possiamo avere strumenti rovesciatori che servono appunto a rovesciare
una zolla e a sbriciolarla. Strumenti discissori, che dirompono tramite tagli verticali.
Strumenti rimescolatori che disgregano e rimescolano il terreno tramite organi
rotanti. Possiamo avere anche strumenti misti e speciali (rulli, rincalzatori,
assolcatori…). Avere una buona dimensione delle zolle è fondamentale, oltre che
per il passaggio dell’acqua, anche per avere un contatto ottimale seme-suolo.

Aratura

L’aratura è una delle più importanti lavorazioni preparatorie principali. Viene svolta
dall’aratro, uno strumento trainato formato da una lama verticale (coltello), una
orizzontale (vomere) e un versoio che rovescia la zolla. In alcuni casi si può avere
l’avanvomere che serve ad un migliore interramento della sostanza organica. Il
rovesciamento della zolla può avvenire a diverse angolazioni dai 20 ai 70 gradi a
seconda della funzione (<40 controllo infestanti >50 penetrazione acqua). Lo strato
di tempera si calcola dalle curve di coesione e plasticità che sono proporzionali al
contenuto d’acqua. Un effetto negativo dell’aratura è la formazione della suola di
lavorazione, ovvero uno strato impermeabile dovuto alla compressione dell’organo
lavorante. Si può evitare cambiando sempre la profondità di aratura, lavorando in
stato di tempera o con altre lavorazioni. Se siamo in terreni in pendio, quindi con
pericolo di ribaltamento e di erosione si effettua l’aratura o di traverso, cioè
seguendo le curve di livello (riduzione ruscellamento), o a rittochino seguendo, cioè,
le linee di massima pendenza (smaltimento dell’acqua). L’aratura in pianura può
essere a colmare (zolle verso il centro), a scolmare (zolle verso l’esterno) e alla pari
(zolle tutte in un verso-ritorno a vuoto). I problemi legati all’aratura sono:

● Si porta in superficie uno strato inerte, tossico o molte pietre.


● Si diluisce la sostanza organica.
● Eremacausi. (ossidazione della sostanza organica)
● Si porta in profondità tutta la flora microbica.
● C’è un incremento di evaporazione.
● Erosione.
Modificazioni dell’aratro classico sono il polivomere, il volta-orecchio (evita ritorno
a vuoto), e l’aratro a dischi che evita la formazione della suola di lavorazione ma c’è
un minore controllo delle infestanti. A seconda dell’epoca di aratura abbiamo pro e
contro. Le arature autunnali e invernali sono utili per interrare i residui della coltura
estiva e di concimi, c’è una migliore umificazione, ma è più difficile trovare il terreno
in uno stato di tempera e c’è poco tempo prima della semina per avvantaggiarsi
degli effetti dell’aratura. Per l’aratura primaverile abbiamo un interramento di
ammendati organici, ma troviamo un terreno compatto e c’è un alto rischio di
mineralizzazione come nell’aratura estiva. I pro di quest’ultima sono una lunga
esposizione agli agenti atmosferici, un terreno non compattato e possiamo
immagazzinare in modo ottimale la pioggia autunnale. I contro sono, oltre la
mineralizzazione, una eccessiva zollosità, un eccessivo impiego di energia e consumo
degli organi lavoranti, e un alto rischio di erosione in mancanza di copertura
vegetale. Questi effetti dipendono sempre dal tipo di suolo: con un terreno sabbioso
è indifferente l’epoca di semina perché si avvantaggia poco delle lavorazioni.

Vangatura

Con la vangatura abbiamo un processo di introduzione dell’organo nel terreno,


sollevamento della zolla, rovesciamento completo e appoggio nel solco. A differenza
dell’aratura, quindi, abbiamo un ribaltamento completo della parte di suolo. I
vantaggi sono gli stessi dell’aratura anche se con un minor controllo delle infestanti
e con una zollosità senza polverizzazione. È svolta da strumenti con pale che imitano
il lavoro manuale.

Discissura

È l’operazione di taglio verticale della massa terrosa, con uno sgretolamento più o
meno marcato ma senza il rovesciamento della zolla. È più veloce, determina minor
consumo di energia e minor usura degli organi, rispetto all’aratura. Non si forma la
suola di lavorazione, non si altera l’attività microbica e non c’è trasporto di terreno
indesiderato verso la superficie. I contro sono la bassa capacità di interramento della
sostanza organica e l’assenza di controllo delle infestanti. Può essere anche una
lavorazione complementare all’aratura, per esempio con l’azione di rottura delle
zolle o delle cotiche erbose.

Fresatura

Tra le lavorazioni complementari troviamo la fresatura che è una frantumazione e


un rimescolamento di uno strato superficiale di terreno (5-30 cm). Abbiamo un
ottimo interramento di concimi e sostanza organica, e un’ottima raffinatura del letto
di semina. Tra i contro troviamo una diffusione delle infestanti, una eccessiva
sofficità del suolo e quindi un rischio di erosione e di perdita di struttura. C’è la
formazione della suola di lavorazione ed è una lavorazione inadatta a terreni
pietrosi.

Estirpatura

È simile alla discissura ma con strumenti aventi bracci più o meno curvi e elastici e
riguarda uno strato più superficiale di suolo (25-30 cm). È ottima per il controllo
delle infestanti in quanto porta in superficie gli organi riproduttivi e li devitalizza.
Crea una porosità ottimale e necessita di poca energia ma abbiamo una minore
affinatura del suolo.

Erpicatura

Serve a sminuzzare le zolle superficiali e a completare la preparazione del letto di


semina senza perdere la struttura. Abbiamo un interramento di concimi, sostanza
organica, diserbanti, semi, un buon controllo delle infestanti e soprattutto la rottura
della crosta. Può essere svolta da Erpici a dischi → profondità maggiore, erpici a
denti → profondità minore

Rullatura

La rullatura effettuata prima della semina ha lo scopo di compattare il letto di


semina troppo soffice, mentre la rullatura dopo la semina ha lo scopo di far aderire
meglio i semi al terreno. Può causare danni come la formazione della crosta
superficiale e la troppa compattazione del terreno.

Nell’agricoltura classica si attua prima una lavorazione principale (aratura) e poi una
-complementare (erpicatura), oggi, però, in un’ottica di agricoltura sostenibile per
ridurre i consumi si attuano diverse tecniche. La prima è quella di sostituire una
lavorazione principale con una complementare o, addirittura, seminare su sodo,
ovvero senza lavorazioni preparatorie, anche si ci sono molti problemi tra cui il
controllo delle infestanti.

Sarchiatura

La sarchiatura è una lavorazione consecutiva e consiste nel rimescolamento di uno


strato superficiale di terreno tra le file della coltura. Ha come scopo l’eliminazione
delle infestanti, l’interramento di sostanze, la riduzione di evaporazione e quello di
migliorare l’aerazione rompendo la crosta superficiale.

Rincalzatura

La rincalzatura consiste nell’addossare al piede della pianta del terreno per favorire
il radicamento, proteggere organi ipogei dalla luce del sole e dalle gelate.

Esistono, inoltre, lavorazioni di messa a coltivazione di un terreno. Esse sono molto


costose per cui si deve fare un’attenta valutazione costi-benefici. Consistono nel
disboscamento e/o decespugliamento di un’area, nello spietramento, nella
sistemazione del terreno e nello scasso.

La tecnica della minima lavorazioni o minimum tillage trae il suo spunto proprio da
queste ultime considerazioni. Quindi in alternativa alle tecniche tradizionali, come
aratura, erpicatura, estirpatura, ecc., si propongono alcune soluzioni che riguardano
alcuni tipi di minimum tillage, overo:

- Semplice discatura con erpice a dischi


- Fresature profonde
- Leggera scarificatura
- Fresatura o discatura solo sulle file.

FERTILIZZANTI

Al fine di massimizzare l’efficienza dell’intervento è fondamentale dare una


definizione di fabbisogno tramite un bilancio, ovvero calcolare la quantità di
fertilizzante da apportare dopo che sono state tolte dal totale le restituzioni e gli
apporti del terreno, e aggiunte le asportazioni e le perdite per varie ragioni. Per
fertilizzante intendiamo qualsiasi sostanza, che per il contenuto di elementi nutritivi
o per caratteristiche fisiche, biologiche o chimiche aumenta la fertilità nel terreno e
fornisce il giusto sostegno alle piante. A seconda del tipo di miglioramento che
conferiscono al suolo, i fertilizzanti si possono dividere in:

- concimi (arricchiscono il terreno in uno o più elementi nutritivi utilizzabili


dalle piante)
- ammendanti (qualsiasi sostanza sintetica o naturale, organica o minerale
capace di fornire alle piante gli elementi utili per l’accrescimento
- correttivi (qualsiasi sostanza capace di modificare le caratteristiche
chimiche del terreno
I concimi sono divisi in minerali e organici. Ognuno di essi può contenere solo uno o
più elementi principali della fertilità (N, K, P) o anche meso-elementi (Ca, Mg, S, Na)
e microelementi (B,Mn, Zn, Cu, Mo, Co, Fe). Essa può essere eseguita sulla parte
epigea delle piante (concimazione fogliare) o sul/nel terreno. Il titolo di un concime
è la percentuale in peso dell’elemento o degli elementi contenuti nel prodotto
commerciale, rispetto al peso del prodotto stesso.

Organici

I concimi organici, a seconda del materiale di provenienza, possono avere


caratteristiche ammendanti o concimanti. Ammendanti se non apportano nutrienti
al suolo ma ne migliorano la struttura. Possiamo avere:

● Letame, che deve essere maturo.


● Liquami.
● Pollina.
● Compost.
● Digestato.
● Vermicompost.
● Sovescio.
Il letame sono le deiezioni liquide e solide di animali insieme alla lettiera utilizzata.
La sua qualità dipende dalla specie, dall’età, dallo stato di salute e dal tipo di
alimentazione. Fondamentale per il rapporto C/N è il tipo, la quantità e la frequenza
di ricambio della lettiera. Il letame per essere utilizzato deve subire un processo di
maturazione in condizioni anaerobiche. La maturazione (min 3 mesi) serve a rendere
il prodotto stabile e uniforme, a eliminare semi di infestanti e patogeni, e a dare la
capacità al fertilizzante di mineralizzare l’azoto lentamente e a rendere disponibili K
e P. ogni letame ha una sua caratteristica. Quello equino-ovino è ricco di elementi
nutritivi e ha la capacità di innalzare la temperatura del suolo. Quello suino è più
povero di elementi nutritivi e più acquoso. Il bovino ha caratteristiche intermedie e il
bufalino è carente di N e K2O. Bisogna stare molto attenti con le dosi e con l’epoca
di concimazione anche in base alla tessitura del suolo. È utile intervenire prima
dell’aratura così da avere un rapido interramento per evitare perdite per
ossidazione e volatilizzazione.
La pollina proviene dai polli da carne ma causa eccessi di salinità ed ha un basso
rappotro C/N.

I liquami si hanno solo da animali allevati senza lettiera. Ha bisogno di essere


stoccato in ambiente anaerobico per almeno tre mesi e rimescolato periodicamente.
Essendo privo della componente pagliosa abbiamo un basso rapporto C/N e
un’azione meno duratura, in cambio di una veloce disponibilità di elementi. Crea dei
problemi a chi ha allevamenti senza possedere terreni in quanto il suo trasporto e
smaltimento ha costi molto onerosi. I liquami creano molti problemi soprattutto
riguardo l’inquinamento: possono infiltrarsi e contaminare le falde. Può inquinare il
suolo con un eccesso di fitonutrienti e di metalli pesanti, ed è causa di
imbrattamento e di cattivi odori. La volatilizzazione di composti azotati, inoltre,
causa piogge acide.

Il compost è un ammendante che apporta vantaggi sia fisici che chimici al suolo. È il
derivato da una fermentazione aerobica attivata da microrganismi che trasforma il
substrato organico di partenza in un prodotto più stabile. Tra i vantaggi ha quelli di
aumentare la temperatura del suolo oltre a ridurre l’erosione, aumentarne la
lavorabilità, migliora la struttura, aumento attività biologiche e accresce la capacità
di assorbire nutrienti per le piante.

Il digestato è il sottoprodotto della fermentazione anaerobica per la produzione di


biogas per energia elettrica o calore. Ha un’alta disponibilità di potassio e fosforo.

Il vermicompost è il prodotto dal passaggio di un materiale di partenza nell’intestino


dei lombrichi. Non si sa ancora che tipo di trasformazioni avvengano ma è un
prodotto ricco di attività microbica.

Il sovescio è la coltivazione di una specie erbacea allo scopo successivo di


interramento al fine di aumentare la sostanza organica nel terreno, e
eventualmente l’azoto, per la coltura in successione.

Minerali

I concimi minerali o chimici possono essere granulari o fluidi. I fluidi possono essere
liquidi o in sospensione. Presentano un titolo che equivale al peso di elemento
nutritivo su 100 kg di concime. Si dividono in concimi semplici, cioè che apportano
un solo elemento, o complessi cioè che apportano più elementi (binari, ternari). La
legislazione europea impone l’utilizzo di fertilizzanti azotati solo sotto forma
elementare, mentre per potassio-fosforo, calcio-magnesio e sodio-zolfo si utilizzano
anche gli ossidi. L’intervento può avvenire sul terreno, con concimi ad assorbimento
radicale, sia a coltura in atto che in presemina, mentre può avvenire sulle parti
epigee della pianta se si tratta di fertilizzanti fogliari. Questi ultimi vengono assorbiti
rapidamente ma hanno una quantità ridotta di elementi nutritivi. Possono causare
ustioni se non diluiti e vengono utilizzati solo per carenze di elementi, in fasi
fenologiche particolari e per ottenere frutti, ortaggi e fiori migliori.

Per quanto riguarda l’azoto, possiamo avere fertilizzanti ammoniacali, con un’azione
più lenta perché poco assorbiti direttamente, nitrici, a effetto immediato ma più
costosi, e nitro-ammoniacali. Poi abbiamo i concimi a rilascio lento, utili per ridurre
il rischio di dilavamento composti da sostanze che ritardano il rilascio di azoto come
cere e resine.

Riguardo al fosforo c’è da tenere in conto della quantità di P2O5 retrogradata,


ovvero la quantità che passa in una forma insolubile non assimilabile dalle piante.
Questa quantità varia in base al pH ed è minima per pH intorno al 7 ed è minore se
utilizziamo fertilizzanti come il perfosfato triplo umico, con granuli rivestiti da
sostanze umiche che ritardano la retrogradazione. Una pianta allevata in carenza di
fosforo presenta fenomeni di nanismo, ritardo vegetativo, ecc. Questo elemento
favorisce l’espansione delle radici, rende la pianta più resistente alle malattie,
migliora la qualità e così via. Il fertilizzante fosfatico più conosciuto è il perfosfato
semplice, che si trova sia sotto forma granulare che polverulenta.

Per quanto riguarda i concimi potassici, possiamo dire che il potassio esplica
numerose funzioni, nella pianta, ad altissimo valore biologico. Insieme al fosforo
minimizza gli effetti negativi delle abbondanti concimazioni azotate e conferisce alla
pianta maggiore resistenza alle avversità, migliora la qualità dei semi, dei frutti, il
colore e il profumo. I concimi potassici più diffusi sono il cloruro potassico e il
solfato potassico.

Concimi minerali composti

I concimi minerali composti sono prodotti, naturali o sintetici, che contengono due o
più elementi chimici principali della fertilità (N, P, K). Si distinguono in:

- Concimi minerali composti NP


- Concimi minerali composti NK
- Concimi minerali composti PK
- Concimi minerali composti NPK
I concimi minerali composti possono presentarsi allo stato solido o allo stato fluido.

Concimi organo-minerali

I concimi organo-minerali sono prodotti ottenuti per reazione o miscela di uno o più
concimi organici e di una o più matrici organiche (torba acida, torba neutra, torba
umificata, lignite, ammendante vegetale semplice non compostato e ammendante
compostato verde), con uno o più concimi minerali. I concimi organi-minerali si
dividono in:

- Concimi organo-minerali azotati


- Concimi organo-minerali NP
- Concimi organo-minerali NK
- Concimi organo-minerali NPK
Questi concimi sono un po' più costosi dei precedenti e meno utilizzarti nella pratica
agricola.

Concimi contenenti elementi minori

La legge italiana distingue, concimi che contengono elementi secondari e concimi


che contengono microelementi. Sono concimi a base di elementi secondari, quei
prodotti, naturali o sintetici, che contengono no degli elementi secondari: calcio,
zolfo, magnesio e sodio. Sono concimi a base di microelementi, i prodotti naturali o
sintetici, che contengono uno o più microelementi: boro, cobalto, rame, ferro,
manganese e zinco. I concimi a base di elementi secondari presenti sul mercato
sono: solfato di calcio, solfato di magnesio, idrossido di magnesio, solfato ferroso,
chelati di ferro, solfato di rame, ossido di rame, solfato di manganese, ossido di
manganese, solfato di zinco, ossido di zinco.

L’efficienza della concimazione si calcola come quantità assorbita/quantità


apportata. Per far sì che questo valore sia più vicino a 1 possibile, si devono tenere
in conto molti fattori: il tipo di elemento che apportiamo, il regime pedoclimatico, la
coltura su cui interveniamo, la tecnica di concimazione e gli interventi agronomici.

Un buon metodo per ridurre al minimo i danni dell’azoto sull’ambiente sono, innanzi
tutto, calcolare la giusta quantità di azoto da apportare, poi frazionare il più
possibile la dose, utilizzare la fertirrigazione, ovvero la distribuzione di concimi
organici o minerali con l’acqua irrigua, agire in modo uniforme, scegliere colture con
maggiore copertura del suolo e gestire bene i flussi idrici.

La tecnica di concimazione può essere localizzata (semina o lungo la fila), sull’intera


superficie (colture fitte), con interramento (lavorazioni, riduzioni perdite per
evaporazione), o superficiale. Quando si parla di efficienza è molto importante
l’agricoltura di precisione, ovvero quel tipo di agricoltura che, tramite sensori e
mappe, ci mostra le esigenze puntuali del suolo e lo stato della coltura in modo da
ridurre al minimo gli sprechi.

SISTEMI COLTURALI

Un sistema colturale è la diversa disposizione nello spazio e nel tempo di diverse


colture. Si può avere un sistema monocolturale (una sola coltura che occupa tutta la
superficie aziendale), poli-colturale (più colture presenti contemporaneamente),
mono-successione (viene coltivata sempre la setssa specie per periodi medio-
lunghi), avvicendamento (successione di diverse specie nel tempo). Possiamo avere
delle colture depauperanti o sfruttanti, cioè che lasciano il terreno in condizioni
peggiori di prima; colture miglioratrici e preparatrici. Abbiamo, inoltre, il maggese
che consiste nel lasciare il terreno senza una coltura. Abbiamo tre tipi di sistemi
modello:

IL SISTEMA COLLINARE ASCIUTTO consiste in una rotazione leguminosa – cereale da


granella – erbaio – cereale da granella.

SISTEMA FORAGGERO IRRIGUO consiste nella rotazione prato – mais – erbaio +


erbaio estivo – cereale da granella.

IL SISTEMA INDUSTRIALE IRRIGUO consiste in una rotazione leguminosa da granella


– pomodoro – erbaio – mais da granella.

CEREALI

I cereali sono piante monocotiledoni facenti parte della famiglia delle graminacee.
Sono una specie che si adatta facilmente e con una tecnica di coltivazione semplice.
Abbiamo orzo, frumento, triticale (ibrido tra frumento e segale), segale e avena tra
le microterme e mais, riso, miglio e sorgo tra le macro-terme. Le graminacee hanno
molte caratteristiche specifiche come apparato radicale fascicolato, fusto cilindrico
con nodi e internodi, capace di accestire, foglie con guaina, ligula, lamina e auricole,
infiorescenza a spiga, pannocchia, spadice o panicolo. Il fiore può essere unisessuato
(mais) o ermafrodita e il frutto è una cariosside che può essere nuda o vestita.

La spiga è composta da 3 spighette ad ogni nodo che possono essere uniflore o


poliflore. I fiori sono racchiusi da una glumetta. La cariosside è formata da embrione,
pericarpo e endosperma (strato aleuronico), derivato dalla fecondazione secondaria
e contenente le proteine, l’amido, gli enzimi e i sali necessari all’embrione. Le fasi
fenologiche si dividono in emergenza, accrescimento e riproduzione e le fasi di
maturazione della cariosside si dividono in lattea, cerosa e piena. La scelta della
specie va fatta in base alle caratteristiche di salinità e acidità del terreno, in base al
clima e alla disponibilità di acqua.

Il frutto dei cereali è la cariosside, cioè un frutto secco indeiscente in cui il pericarpo
è saldato con il seme, amidaceo e farinoso, da cui derivano la farina e le sue
trasformazioni. La granella ha un alto potere calorico, è facilmente trasportabile e
conservabile ed ha un buon sapore e ha, inoltre, un alto valore salutistico per
quanto riguarda la produzione di cibi speciali come quelli privi di glutine. Si possono
anche avere cereali per la produzione animale.

I composti bioattivi presenti nei cereali sono: antiossidanti (carotenoidi, vitamine E,


e composti fenolici), fitosteroli, fibre (solubili e insolubili) e folati (derivati dalla
vitamina B). esistono anche degli pseudo cereali con usi analoghi ai cereali veri e
propri come quinoa, grano saraceno e amaranto.

La prima trasformazione che subisce la cariosside è la molitura che consiste nella


frammentazione (separazione embrione) e separazione (divisone dei tegumenti
dallo strato aleuronico). La percentuale di abburattamento è la percentuale di
farina rimanente dopo l’eliminazione degli scarti. Più è alta più abbiamo una
conservazione dei componenti. La raffinazione ha l’effetto di ridurre la cellulosa
dalla cariosside il che causa rallentamento del transito intestinale con stipsi e
congestione. Si eliminano, inoltre, gli effetti positivi della cellulosa quali pulizia del
tratto intestinale, equilibrio flora batterica e concorrenza con colesterolo
nell’intestino.

Il mais è una graminacea monoica diclina, l’infiorescenza maschile è il pennacchio,


situato in cima alla pianta, mentre quella femminile è la spiga (spadice) con l’asse
centrale ingrossato (tutolo). È soggetta a proterandria (gameti maschili maturi prima
dei femminili) infatti presenta sete (stigmi) che impiegano anche una settimana ad
uscire dalla spiga, e il polline emette tubi pollinici lunghi anche 25 cm. Il mais viene
coltivato per vari scopi: può essere coltivato per la granella (maturazione completa,
cerosa o latteo-cerosa), per il trinciato (cerosa), e per il granturchino (inizio
fioritura).

FORAGGERE

Le specie foraggere sono quelle specie il cui prodotto può essere utilizzato per
l’alimentazione del bestiame. Il prodotto (foraggio) è la parte vegetativa della pianta
e i suoi derivato (fieno, insilato, disidratato). Se il prodotto viene raccolto quando
sono presenti frutti o semi si parla di trinciato. Il pascolo, invece, è una copertura
erbacea permanente a prevalente utilizzazione diretta degli animali. La loro
composizione è perlopiù fibra grezza (lignina, cellulosa) insieme a proteine, vitamine
e sali minerali. È possibile introdurre nella dieta animale piante medicinali al fine di
migliorare la qualità del prodotto.

Le foraggere si dividono per: famiglia botanica, composizione floristica (quante


specie), la durata (annuali, poliennali, perenni), sistema di formazione (naturale o
coltivato), sistema di conservazione (verde, fieno, disidratato, insilato).

Per consociazione agraria si intende la coltivazione contemporanea di più specie


sullo stesso appezzamento di terreno. Questo sistema colturale è stato fortemente
ridimensionato nell’agricoltura industrializzata ma oggi ritorna a offrire vantaggi non
trascurabili.

Si può, inoltre, unire i vantaggi delle foraggere a quelli delle leguminose azoto-
fissatrici come l’erba medica.

LEGUMINOSE

Le leguminose possono essere proteaginose, oleaginose e azotofissatrici.


Appartengono alla famiglia delle fabacee, hanno portamento eretto con foglie
alterne che possono essere pennate, palmate o trifogliate. Presentano stipole e
possono avere cirri o viticci. Il fiore è zigomorfo, il frutto è un legume (baccello) a
due valve. Il seme è formato dall’embrione e da due cotiledoni ingrossati, fonte di
materiale di riserva quale proteine, lipidi, zuccheri e amido. Possono essere a
sviluppo determinato o indeterminato. Sono specie ad alto contenuto proteico
(20,9% in media), hanno un basso indice glicemico, hanno un effetto sul controllo
dell’obesità, del cancro al colon-retto e del colesterolo. I grassi presenti sono al 60%
insaturi e fitosteroli.

IRRIGAZIONE

Nonostante l’acqua nelle piante sia una quota importante, questa è circa l’1% di
quella consumata nell’intero ciclo per evapotraspirazione. La mancanza di questo
elemento causa l’arresto della traspirazione in primis, poi, di conseguenza, l’arresto
della fotosintesi e della crescita fino alla morte dell’organismo. La carenza di acqua,
anche se non letale, porta comunque delle modificazioni sia sul piano fisico (ridotto
accrescimento, inspessimento dei tessuti, cellule più piccole, lignificazione, sviluppo
radicale) che sul chimico (oli essenziali e mucillagini). Il consumo idrico di una
coltura è equivalente alla quantità d’acqua evapotraspirata, se si riesce quindi a
fornire sempre questa quantità saremo in condizioni ottimali, anche se non è
sempre l’obbiettivo dell’agricoltore (soia con molte foglie, barbabietola con basso
titolo zuccherino, vite minore qualità uva ecc..). L’acqua, però, non è inesauribile ed
ha un costo elevato. Fondamentale, quindi, ridurre al minimo l’acqua apportata con
l’irrigazione e gli sprechi. l’irrigazione può avere anche scopi fertilizzanti,
ammendanti, dilavanti, termici, antiparassitari o correttivi.

Ci sono problematiche a livello nazionale per quanto riguarda l’irrigazione, come


l’idoneità dei terreni all’irrigazione (pendenza, permeabilità), la risposta delle
colture, determinazione del momento e della quantità di acqua da apportare.
L’organizzazione del sistema irriguo può essere autonoma (pozzo, fiume, in vaso) o
consortile (a domanda o turnata).

I metodi di irrigazione possono essere basati su: umidità del terreno, ovvero
misurare periodicamente l’umidità nel terreno e agire di conseguenza; bilancio
idrico, ovvero calcolare il bilancio d’acqua in entrata e in uscita; sul periodo critico;
agricoltura di precisione.

Il volume di adacquamento è la quantità di acqua necessaria a riportare il terreno


alla capacità idrica di campo, ed è data dalla formula V=10.000*h*ρ app*(Wcic-
Wint) / 100.

L’efficienza di un intervento irriguo è la quantità di acqua che effettivamente arriva


ad essere assorbita dalle piante rispetto all’acqua utilizzata in percentuale. È un
valore che può scendere anche al 20% nei casi peggiori, questo è dovuto alle perdite
che possono avvenire sia nella fase di consegna che di distribuzione. L’efficienza di
adacquamento è quella che riguarda la fase di distribuzione, le cui perdite
dipendono dal metodo scelto per l’intervento, il tipo di coltura e di terreno.

Il volume di adacquamento è la quantità d’acqua distribuita ad ogni intervento, il


corpo d’acqua parcellare (o portata di adacquamento) è la quantità di acqua
distribuita nell’unità di tempo (L/sec), l’orario di adacquamento è la durata
dell’intervento mentre il turno di intervento è il tempo che passa tra un intervento e
il successivo.

I parametri da tenere in conto quando si effettua un intervento irriguo sono coltura,


clima, impianto, l’acqua usata, il costo e il terreno. Del terreno, in particolare, vanno
considerate la giacitura, la granulometria, e le caratteristiche chimiche. I sistemi
irrigui si dividono in sistemi a gravità e sistemi a pressione. A gravità possono essere
per scorrimento, per sommersione, per infiltrazione laterale. il sistema a pressione
può essere sotterraneo, ad aspersione o localizzato.

Irrigazione per scorrimento

Bassa efficienza, corpi d’acqua elevati.

Irrigazione per infiltrazione laterale

Corpi d’acqua limitati, bassa efficienza, sistemazioni meno accurate. È un sistema


misto, cioè in parte a pressione e in parte a gravità, si ha bisogno di un terreno
leggermente in pendio, precedentemente lavorato con rincalzatura. Per applicare
questa tecnica, si deve tenere conto della natura del suolo, della lunghezza dei
solchi e della distanza tra i solchi.

Irrigazione per aspersione

È un’irrigazione che imita la pioggia a varie intensità a seconda della natura del
terreno, la gittata è il raggio del cerchio bagnato. Ha un’elevata efficienza, non sono
necessarie sistemazioni, è possibile il passaggio con macchine agricole, può
combinarsi con fertirrigazione, c’è un buon controllo dell’acqua distribuita e la
manodopera è economica. Gli impianti possono essere mobili autoavvolgenti o ad
ali.

Micro irrigazione (a goccia)

Caratterizzata da efficienza molto alta, brevi turni di irrigazione, lunghi tempi


di erogazione. L’erogatore può essere un gocciolatoio, spruzzatore o manichette. La
tubazione, in materiale plastico, può essere rigide, semirigide, flosce e possono
essere disposte a terra, sotto la pacciamatura o sospese. Si evitano problemi di
compattazione del suolo e la perdita di struttura, si combina con fertirrigazione e c’è
un ridotto sviluppo di infestanti, c’è un buon controllo dell’acqua utilizzata e
manodopera economica.

Subirrigazione

Consiste in un apparato gocciolante ipogeo. Si evitano perdite per evaporazione,


non si intralciano le operazioni superficiali mentre si ostacolano le lavorazioni del
terreno. Vi è un rischio di perdite per percolazione e una difficoltà di manutenzione
dell’impianto.

L’acqua può provenire da fonti superficiali, come laghi, fiumi, canali con torbidità
elevata e temperatura variabile, o da fonti sotterranee come pozzi o sorgenti, con
bassa torbidità e temperatura costante. Un’acqua torbida può avere effetti positivi
come miglioramento della tessitura, aumento fertilità nel caso di Sali ma anche
negativi come ostruzione dell’impianto nel caso di calcare e aumento di salinità nel
caso di acque salmastre (Na).

REGIMAZIONE DELLE ACQUE IN ECCESSO

Per regimazione delle acque in eccesso nei terreni agrari si intende quegli insieme di
interventi tecnici svolti con lo scopo di regolare il deflusso della massa idrica senza
compromettere la trattenuta di riserve di acqua nel suolo. La regimazione delle
acque in eccesso comporta vari danni come: ristagno sugli appezzamenti coltivati,
erosione, depositi alluvionali sui terreni agrari a valle e allagamenti di terreni
coltivati e di centri abitati.

Gli effetti del ristagno idrico

Per ristagno di acqua nel terreno si intende un contenuto idrico del suolo superiore
alla capacità di campo, in tutto il suo profilo o solo in alcuni orizzonti, e dalla
presenza di acqua libera in superficie. Nel primo caso si parla di ristagno
sotterraneo, mentre nel secondo caso di ristagno superficiale. Il ristagno sotterraneo
può avere varie origini. Molto spesso si formano delle falde sospese dovute
all’acqua piovana, che dopo aver attraversato lo strato lavorato incontrano uno
strato poco permeabile, che rallenta o interrompe il processo di percolazione. Per le
falde inoltre va tenuto presente l’esistenza della frangia capillare, cioè uno strato di
terreno saturo d’acqua, il cui spessore è tanto maggiore quanto più è fine la
composizione granulometrica del suolo. Il ristagno superficiale può avere un
carattere permanente o temporaneo. Gli effetti negativi del ristagno si manifestano
in 3 diversi direzioni:

- Terreno: la prima conseguenza legata all’accesso di acqua è rappresentata


da un’insufficiente aereazione, e quindi rallenta l’attività microbica
complessiva, il potenziale di ossidoriduzione si abbassa, la nitrificazione si
arresta e la concentrazione di O2 diminuisce in Favore della CO2
- Coltura: sono la conseguenza dei fenomeni precedenti. Il primo effetto
negativo consiste in una riduzione dell’attività respiratorie delle radici,
quindi l’assorbimento degli elementi nutritivi viene ridotto, le radici sono
più corte, più superficiale, meno numerose e meno ramificate. Un altro
aspetto fondamentale riguarda le fitopatie, infatti, le radici turgide d’acqua
sono meno resistenti agli attacchi parassitari.
- Attività agricola: può fatica quant c stann e pantan r’acqua? NO è ovvij
Erosione idrica, sedimentazione e frame

Quando agenti esogeni come l’acqua o aria staccano materiali solidi dalla loro sede e
li allontanano si ha erosione, quando invece vengono depositati si ha
sedimentazione. Sui terreni agrari l’erosione può manifestarsi con la formazione di
solchetti (erosione per incisione) oppure può asportare materiale terroso in modo
uniforme da tutta la superficie (erosione laminare). L’erosione per incisione avviene
per asportazione del terreno da parte di rivoletti di acqua (piccoli corsi d’acqua) che
si formano durante lo scorrimento superficiale. Un movimento di terra confuso con
l’erosione è la frana. Essa infatti può interessare interi volumi di terreno che si
muovono velocemente per slittamento su strati sottostanti. I danni provocati dalle
frane sono lo sconvolgimento della superficie del terreno con conseguente
alterazione della fertilità, devastazioni delle coltivazioni, danni alle strade ed ecc. la
sedimentazione dei materiali erosi provoca sia vantaggi che svantaggi. Tra i vantaggi
troviamo: sfruttamento delle acque torbide, per ottenere effetti ammendanti o un
semplice miglioramento della fertilità del terreno a valle; tra gli svantaggi troviamo il
peggioramento della fertilità e l’intasamento dei canali.

Difesa del ristagno

Il miglior modo per la difesa dai danni dell’acqua è la prevenzione. Far si che il
terreno sia sempre in condizioni ottimali per assorbire l’acqua, far si che il terreno
non sia mai nudo, ma sempre coperto da vegetazioni. Le tecniche di difesa dal
ristagno si prefiggono, come obiettivo, lo sveltimento del deflusso di acqua in
eccesso sulla superficie del terreno e nello strato interessato dalle radici, favorendo
allo stesso tempo il massimo immagazzinamento di acqua utile nel suolo. Al terreno
coltivato oltre a garantire l’assenza di ristagno superficiale, bisogna anche garantire
un conveniente franco di coltivazione (ovvero la distanza tra superficie del suolo e
pelo libero dell’acqua).

Sistemazioni terreni in piano

Le sistemazioni dei terreni in piano hanno come obiettivo quello di contrastare il


ristagno idrico. Le sistemazioni in piano sono: affossatura, baulatura, campi,
capezzagna, drenaggio sotto superficiale.

- Affossatura: serie di fossi e scoline che raccolgono l’acqua superflua dagli


appezzamenti coltivati e la convogliano nei canali di scarico.
- Baulatura: modellamento della superficie del terreno conferendo agli
appezzamenti coltivati una baulatura. In seguito a questa operazione, la
sezione verticale dei campi risulta ad arco e la loro superficie evidenzia una
linea di colmo, ai lati di quali si originano due pendenze verso il basso.
- Gli appezzamenti o campi: sono generalmente rettangolari. Le principali
sistemazioni di pianura per la regimazione delle acque in eccesso nel
nostro paese sono: la sistemazione a larghe o alla ferrarese, sistemazione
a prode, a cavalletto o alla bolognese, sistemazioni a cavino o alla
padovana, e la mazzolatura
- Capezzagna: sono delle strade campestri, generalmente inerbite, che
servono per la viabilità interna dell’azienda.
- Drenaggio sotto superficiale: smaltimento dell’acqua con condotti
sotterranei.
● Fognature: ossia canali sotterranei il cui fondo è ricoperto per 20-30 cm
con materiale drenante come fascine, ghiaia, pietraia. Le fosse poi
vengono completamente ricoperte con terra.
● Drenaggio tubolare: viene realizzato con la realizzazione di tubi che
hanno la funzione emungente ricoperti da materiale drenante. Sono dei
tubi avvolgibili collegabili tra loro ad incastro o con manicotto. La
profondità alla quale vengono collocati i dreni varia da 60 a 130 cm, ma
dipende soprattutto dal franco di coltivazione che si vuole ottenere. La
disposizione dei dreni può essere:
- a pettine
- spina di pesce
- su aree limitate
- su tutta la superficie
- terreno in pendio
per il buon funzionamento del sistema drenante è molto importante conferire ai
dreni una giusta pendenza.

● Aratro talpa: organo discissore che penetra nel terreno che porta
fissato alla sua estremità inferiore un organo a forma di proiettile
(obice). Quest’organo compie dei tagli verticali che facilita la
penetrazione dell’acqua, la quale scorrerà nei condotti creati.
Sistemazioni dei terreni in pendio

Le sistemazioni in pendio possono essere dirette, cioè che cambiano la pendenza del
terreno, o indirette ossia che non modificano la pendenza del terreno.

I diretti sono: a spina, a terrazzamento, ciglionamento, girapoggio, cavalcapoggio,


sistemazione a fossi livellari e rittochino.

● Terrazzamento: il suolo presenta una forma abbastanza regolare, quasi


orizzontale, con leggera pendenza. Il terrazzo è delimitato a valle da una
scarpata molto ripida, rivestita da una vegetazione fitta e permanente
(ciglionamento), oppure da un muro verticale. Un terrazzamento meno
intensivo dei precedenti è il gradonamento che si ottiene con muri a secco.
● Girapoggio: è una delle soluzioni più adottate in agricolture estensive con
prati e pascoli permanenti, anche con pendenze molto elevate. Le unità
colturali sono delimitate da scoline, che scendono a spirale lungo
l’appezzamento, delimitando fasce di terreno con larghezza che varia in
funzione della pendenza del pendio.
● Cavalcapoggio: è adottata in aziende di piccole dimensioni per colture miste o
per vigneti con pendenze fino al 30 %. Le unità colturali sono di forma
regolare delimitate da scoline parallele. Questo facilita le operazioni
meccaniche e la formazione di filari di piante arboree. Un miglioramento di
questa sistemazione è rappresentata dalla sistemazione a spina che sfrutta il
movimento dell’acqua allo scopo di favorire l’erosione in certe zone e la
sedimentazione in altre.
● Rittochino: è la più antica ma anche la più diffusa sistemazione utilizzata. Il
pendio è suddiviso in unità colturali da scoline parallele. Anche le arature
sono eseguite a rittochino, dall’alto verso il basso, con ritorno a vuoto perché
la pendenza è troppo elevata.
● Fossi livellari: rappresentata da pendenze non superiori a 15-20% e quindi
facilmente meccanizzabili, con scoline più profonde del solco di aratura, unita
colturali ampie e strade pista. La sistemazione prevede di solito la coltivazione
di sole piante erbacee e adatta per le aziende di medie-grandi dimensioni.
Gli indiretti sono: colture a strisce, lavorazioni per traverso, lavorazioni conservative,
copertura del terreno (cover crop, residui, inerbimento) e ordinamento colturale.

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