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TEORIE APPROFONDITE:
TEORIA DELL’ATTACCAMENTO di Bowlby
La teoria di Bowlby, il cui impianto concettuale è contenuto nei tre volumi che compongono l’opera
fondamentale dell’autore (Attaccamento e perdita, 1969, 1973, 1980), si basa su concetti che
derivano da numerose fonti, tra cui la psicoanalisi, l’evoluzionismo (Darwin) e l’etologia (Lorenz,
Harlow). Questa teoria postula l’esistenza di una tendenza innata dell’essere umano a ricercare la
vicinanza protettiva di una figura di riferimento (figura di attaccamento; in genere la madre) in
situazioni di pericolo, sofferenza, paura, ecc. A differenza dell’approccio psicoanalitico classico,
che concepisce il legame con la madre come frutto di una spinta motivazionale secondaria che
nasce solo quando il piccolo, dopo aver soddisfatto i suoi bisogni fisiologici, investe sulla madre
come oggetto di pulsioni libidiche e aggressive, secondo Bowlby questa tensione verso una figura di
riferimento esprime essa stessa un bisogno primario: in alcune situazioni il bambino non cerca la
madre per essere nutrito, ma per ricevere calore, sicurezza, protezione. Questo istinto ha un valore
evoluzionistico in quanto rappresenta un notevole vantaggio in termini di sopravvivenza e
adattamento all’ambiente.
Il legame di attaccamento si sviluppa attraverso le predisposizioni all’interazione sociale e alla
creazione di un rapporto stabile e duraturo presenti fin dalla nascita.
L’autore differenzia 4 fasi nello sviluppo del legame di attaccamento:
Fase 1 (0-2 mesi). Caratterizzata da comportamenti di segnalazione e di avvicinamento, senza
discriminazione della persona. Il bambino si orienta verso qualunque persona e produce i
segnali di attaccamento di cui è dotato (pianto, sorriso, vocalizzazioni, ecc.) allo scopo di
indurre l’avvicinamento, la prossimità e il contatto con qualsiasi essere umano.
Fase 2 (3-6 mesi). Caratterizzata da comunicazioni dirette verso una o più persone discriminate.
Il bambino non muta i suoi comportamenti o segnali di vicinanza, ma appare sempre più in
grado di distinguere tra figure familiari e persone sconosciute, orientandosi verso le prime, in
particolare verso quella che si prende cura di lui.
Fase 3 (6 mesi-2 anni). Appaiono segnali di mantenimento della vicinanza con la persona
discriminata. Il bambino mantiene un contatto preferenziale con la figura di attaccamento,
mentre le altre figure familiari diventano figure di attaccamento secondarie. Si manifesta l’ansia
da separazione e la paura dell’estraneo, che segnalano la definita capacità del bambino di
riconoscere e preferire la propria figura di attaccamento.
Fase 4 (dai 2 anni in poi). Si sviluppa una relazione basata sul set-goal (scopo programmato),
che consiste nel perseguimento di scopi e obiettivi regolati dai feedback provenienti
dall’ambiente.
Il legame di attaccamento va distinto dai comportamenti di attaccamento, che sono quei
comportamenti che stabiliscono e mantengono la prossimità al caregiver e rappresentano il mezzo
attraverso il quale si manifesta il legame. Tali comportamenti sono di tre tipi:
comportamenti segnale da parte del bambino (vocalizzi, sorrisi), che favoriscono l’avvicinarsi
del caregiver e promuovono interazioni positive
comportamenti avversivi (gridare, piangere) che fanno sì che il genitore si avvicini e intervenga
per alleviare il disagio
comportamenti attivi (seguire, avvicinarsi, stringere) che favoriscono la vicinanza al caregiver
Dalla seconda metà del primo anno, il bambino sviluppa il sistema di attaccamento e inizia a
manifestare le caratteristiche peculiari che definiscono le relazioni di attaccamento. Dopo che il
bambino ha iniziato a indirizzare il comportamento di attaccamento su figure specifiche, si
manifestano le 3 principali funzioni dell’attaccamento: mantenere il contatto fisico, offrire
conforto e sostegno, e garantire la sicurezza (base sicura). Particolare importanza riveste il concetto
di base sicura introdotto da Mary Ainsworth. La figura di attaccamento rappresenta la base sicura
da cui il bambino può allontanarsi per esplorare l’ambiente perché ha la certezza di potervi fare
ritorno.
La teoria dell’attaccamento, inoltre, ipotizza la continuità dell’attaccamento oltre il periodo della
sua formazione, grazie alla costruzione di modelli mentali sia delle figure affettive sia di se stesso
(modelli operativi interni), che hanno la funzione di indirizzare l’individuo nell’interpretazione
delle informazioni che provengono dal mondo esterno e di guidare il suo comportamento nelle
situazioni nuove.
METODOLOGIE DI INDAGINE:
La valutazione dello sviluppo sociale nei bambini è stata realizzata basandosi sull’osservazione
delle interazioni all'interno della relazione madre-bambino. In tale ambito, la Strange Situation
(Ainsworth, Blehar, Waters, Wall, 1978) è una procedura osservativa standardizzata ideata per
valutare l’equilibrio tra il sistema di attaccamento e quello di esplorazione. Questa procedura valuta
inizialmente il comportamento di esplorazione e successivamente attiva nel bambino, attraverso
l'inserimento di eventi moderatamente stressanti, comportamenti volti a ricercare la vicinanza e
mantenere il contatto con il caregiver.
Tale procedura si basa su 8 episodi della durata di 3 minuti ciascuno:
1) Il bambino viene introdotto insieme alla madre in una stanza di laboratorio con all’interno dei
giocattoli.
2) Il bambino ha la possibilità di esplorare l’ambiente in presenza della madre e giocare con lei.
3) Entra un estraneo che inizialmente si siede in silenzio per un minuto, poi conversa con la madre
per un altro minuto e infine si avvicina al bambino e lo coinvolge con qualche gioco.
4) Prima separazione. La madre esce e il bambino rimane solo con l’estraneo. Il comportamento
dell’estraneo si modula su quello espresso dal bambino.
5) Prima riunione. La madre ritorna e saluta o conforta il bambino, poi cerca nuovamente di farlo
giocare. L’estraneo se ne va senza fare rumore.
6) Seconda separazione. La madre si allontana salutando il bambino.
7) Entra l’estraneo che cerca di consolare il bambino. Il suo comportamento si modula sulla base di
quello espresso dal bambino.
8) Seconda riunione. La madre entra, saluta il bambino e lo prende in braccio. L’estraneo esce
senza fare rumore.
La classificazione del tipo di attaccamento si basa sull’osservazione del comportamento di
esplorazione, delle reazioni emotive del bambino in presenza e in assenza della madre, e del suo
comportamento di ricerca o evitamento della figura di attaccamento al momento della riunione,
dopo la separazione.
Ainsworth e collaboratori hanno distinto 3 tipologie di attaccamento. Successivamente, Main e
Solomon (1986) ne hanno identificata una quarta.
SICURO (60-65%): Equilibrio tra comportamento di attaccamento e comportamento esplorativo.
Esplorazione: Questi bambini sono in grado di usare con successo la madre come base sicura, che gli
permette di esplorare e interagire autonomamente con l’ambiente.
Separazione: Sono presenti segni di disagio e sconforto, più o meno marcato, specialmente durante la
seconda separazione.
Riunione: Salutano attivamente il genitore con vocalizzazioni, sorrisi e gesti fisici. Se tristi lo
manifestano o ricercano intenzionalmente un contatto. Una volta consolati riprendono facilmente
l’esplorazione. Non sono presenti manifestazione di affetti negativi, ambivalenza o rifiuto verso il
caregiver.
Il MOI di questi bambini si è sviluppato in base al fatto che la loro figura primaria è ritenuta affidabile e
pronta a intervenire in caso di bisogno.
Qualità delle cure: Le madri di questi bambini sono ritenute sensibili, accoglienti e disponibili
emotivamente.
INSICURO-EVITANTE (20-25%): Prevalente interesse per l’ambiente a scapito della relazione. Il
comportamento di attaccamento sembra disattivato.
Esplorazione: Esplorano volentieri e facilmente l’ambiente, presentano scarse manifestazioni di affetti
positivi e il loro comportamento di esplorazione non fa affidamento su di una base sicura.
Separazione: Mostrano poco disagio durante gli episodi di separazione.
Riunione: Guardano altrove oppure evitano attivamente il genitore: spesso si focalizzano sui giocattoli a
loro disposizione. Se presi in braccio possono irrigidirsi e inarcare la schiena. Mantengono la distanza
dal genitore, concentrando la loro attenzione altrove.
Il MOI di questi bambini si costruisce intorno a una figura genitoriale rifiutante rispetto alle loro
richieste di aiuto e conforto nei momenti di stress.
Qualità delle cure: Le madri di questi bambini sono ritenute intrusive, controllanti, iperattive,
eccessivamente rifiutanti e i loro comportamenti di conforto non fanno uso del contatto fisico.
INSICURO-AMBIVALENTE (10-15%). Prevalente interesse per la relazione. Incapacità di utilizzare
il caregiver come base sicura per l’esplorazione.
Esplorazione: Appaiono visibilmente angosciati quando entrano nella stanza, sono spesso agitati o
passivi e non riescono a coinvolgersi nell’esplorazione.
Separazione: Sono molto turbati e angosciati.
Riunione: Possono manifestare contemporaneamente un’alternanza di segnali per la ricerca di un
contatto ed esplosioni di rabbia e di rifiuto, eccessi di collera, o possono sembrare estremamente passivi
o molto addolorati nella ricerca di un contatto con il genitore. Non si calmano facilmente e non riescono
a trovare conforto dai genitori.
Il MOI sviluppato da questi bambini sembra essere l’esito di un accudimento inadeguato e incapace di
rispondere alle richieste di attaccamento del bambino.
Qualità delle cure: Le madri di questi bambini sono descritte incostanti e imprevedibili nelle cure oppure
poco capaci di rispondere alle richieste del bambino
DISORGANIZZATO: I bambini mostrano:
-modelli di comportamento contraddittori (manifestati in simultanea o rapida sequenza)
-stereotipie, movimenti asimmetrici, movimenti incerti, posture anomale
-congelamento, immobilità, movimenti ed espressioni lente
-indici diretti di paura nei confronti del genitore
-indici diretti di disorientamento e di disorganizzazione
L’indagine sullo sviluppo sociale può essere effettuata anche mediante l’utilizzo di strumenti
psicometrici, in particolare i test proiettivi, tra i quali possiamo citare: il Thematic Apperception
Test (TAT) di Morgan e Murray, che si serve di una serie di tavole che rappresentano un’ampia
gamma di situazioni e contesti interpersonali, e si chiede al soggetto di creare una storia che ha per
oggetto ciò che lui crede stia avvenendo nella figura rappresentata sulla tavola; il Children’s
Apperception Test (CAT) dei coniugi Bellak, Test di Appercezione Tematica per Bambini dai 3 ai
10 anni; il Test della figura umana di Machover, che rappresenta l’immagine personale e sociale
che il bambino possiede di se stesso.
AMBITI APPLICATIVI:
Le teorie delle relazioni sociali hanno notevoli risvolti applicativo-professionali: nell’ambito di
ricerca, sono interessanti, ad esempio, gli studi longitudinali per correlare i pattern di attaccamento
a comportamenti psicopatologici. Questi studi mirano sostanzialmente a valutare l’andamento della
relazione tra pattern di attaccamento e psicopatologia, allo scopo di sviluppare presidi preventivi
della salute mentale infantile e adulta.
In ambito clinico, un caso può essere letto alla luce della teoria dell’attaccamento: in questo senso
l’esplorazione dei Modelli Operativi Interni fornisce un importante spaccato delle modalità di
funzionamento relazionale. Sempre in ambito clinico, le teorizzazioni di Bowlby hanno contribuito
ad identificare i disturbi e le conseguenze nel processo evolutivo relativi al legame d’attaccamento.
Inoltre, in ambito di ricerca, queste teorizzazioni hanno promosso una serie di studi successivi che
hanno permesso di evidenziare l’esistenza di una trasmissione intergenerazionale di attaccamento,
di ideare altri strumenti di valutazione come l’AAI di Main et al. atta a far emergere le esperienze di
attaccamento vissute nella prima infanzia, di stabilire uno possibile processo di continuità della
patologia a partire da un legame di attaccamento disfunzionale (ad es. tra Disorganizzato e Cluster
B tra cui l’Antisociale).
Anche la teoria di Erikson, con il suo concetto di crisi psicosociale, offre spunti per una
applicazione in campo clinico ed evolutivo. Molti casi clinici infatti, si possono leggere in chiave
eriksoniana, in base a cui i problemi insorti nella prima infanzia possano durare per tutta la vita. Ad
esempio, certi atteggiamenti distruttivi che si possono riscontrare nell’adulto, potrebbero esser fatti
risalire al periodo della seconda fase dello sviluppo, in cui il bambino affronta il conflitto tra
autonomia e vergogna e dubbio.