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Apprendimento

L’apprendimento è un processo intellettivo attraverso il quale


l’individuo acquisisce conoscenze sul mondo, che permettono di
strutturare e orientare il comportamento in modo duraturo. Il
processo di costruzione del sistema di conoscenza è
determinato, per ogni individuo, dall’intreccio fra componenti
intuitive, quantitative e qualitative, sotto l’influenza di
condizionamenti sociali, culturali ed emotivi. Esso risulta
dalla compenetrazione di motivazione, emozione, memoria e non
è dunque riducibile ad uno sterile meccanismo di
assimilazione. Ha carattere adattativo in quanto permette
all’uomo di sopravvivere in diversi ambienti. Può essere
spontaneo o orientato e non deve essere confuso con la
maturazione che deriva da un programma geneticamente
prestabilito. E’ pianificato quando non rappresenta
un’assimilazione passiva di contenuti, ma prevede
l’elaborazione di strategie, perché il processo avvenga più
velocemente o in modo più efficiente, al fine di raggiungere
un risultato ottimale. L’apprendimento ha una struttura
dinamica, che segue percorsi non lineari e non sequenziali che
ha attratto l’attenzione di diversi studiosi che si sono
occupati di analizzare e misurare i processi che sono alla
base.

Tra le principali teorie si annoverano le teorie


comportamentiste a partire dai primi del novecento, per la
quale c’è apprendimento quando si stabilisce una connessione
prevedibile tra un segnale nell’ambiente (lo stimolo), un
comportamento (la risposta) e una conseguenza (rinforzo). Con
l’esperienza e la pratica il legame si fa più forte e il tempo
che intercorre tra il segnale e il comportamento si riduce
sempre più. Pavlov parlando di condizionamento classico e
condizionato, sostiene che l’apprendimento possa avvenire in
modo spontaneo quando ad un determinato stimolo consegue una
determinata risposta e indotto quando allo stimolo viene
associato un altro stimolo condizionato, sia negli animali che
nelle persone. Casualmente Pavlov si rese conto che quando i
cani vedevano il cibo, la loro saliva aumentava. Provò ad
associare allo stimolo del cibo, il suono del campanello e si
rese conto successivamente, che se veniva presentato il suono
del campanello senza il cibo i cani tendevano a salivare come
se vedessero il cibo. Chiamò questa forma di apprendimento
“condizionato”. Il comportamento di colui che apprende risulta
così essere un adattamento alle contingenze degli eventi e
degli obiettivi; Lo studioso americano Watson (1925) diede il
nome di behaviorismo a questo movimento che riteneva, in linea
di massima, che i comportamenti sono determinati dalle
condizioni ambientali e che sia sufficiente manipolarle per
ottenere i comportamenti voluti. In tale teoria emerge una
concezione di tipo sommatorio dell’apprendimento che vede il
soggetto come essenzialmente passivo. Sostenitore dello stesso
approccio, Skinner, ha introdotto nel 1971 il concetto di
condizionamento operante, per la quale il soggetto compie
un’azione e ne apprende l’uso, rinforzato dalla ricompensa,
promuovendo una nuova visione dell’apprendimento, in cui il
soggetto da passivo diventa operativo, attraverso prove ed
errori.

L’approccio cognitivista nasce intorno al 1950 e prende


distanza dai modelli comportamentisti spostando l’attenzione
dal concetto di associazione a quello di soggetto attivo
nell’elaborazione della realtà circostante, dando pertanto
maggior rilievo ai processi interni di elaborazione e
rappresentazione. Se nella prospettiva comportamentista
l’apprendimento viene studiato attraverso il comportamento
manifesto e trattato come un fenomeno ‘unitario’, nella nuova
prospettiva cognitivista si osserva una frammentazione
dell’ambito di indagine e l’apprendimento viene ridefinito in
relazione alle diverse componenti cognitive coinvolte. In
particolare, si verifica una forte associazione tra lo studio
dell’apprendimento e quello della memoria, in quanto, per
poter imparare, è innanzitutto necessario saper codificare,
immagazzinare, integrare e ricordare un set d’informazioni.
Tolman parla di apprendimento latente e dell’esistenza di
mappe cognitive evidenziando come i topi posti in un labirinto
riescano dopo diversi tentativi a memorizzare le diverse
strade ed intraprendere quella che porta all’uscita e come il
cibo (rinforzo) agevoli questo compito. Secondo Tolman si
apprende anche senza rinforzi, per far fronte ad una
situazione problematica, ma il comportamento non è esibito se
non c’è un obiettivo da realizzare. La psicologia della
Gestalt, anche se sorta prevalentemente su materiale collegato
alla percezione, è in grado di elaborare un impianto teorico
che si estende all’intera gamma degli aspetti cognitivi, non
limitandosi pertanto ad aspetti percettivi, cercando piuttosto
di individuare queste “forme” anche negli altri ambiti della
psicologia. A tal proposito, Kholer (1968) introduce il
concetto di “Insight” (intuire nel senso di “vedere dentro”)
ossia apprendimento per intuizioni improvvise, anche se
scaturiscono da un processo di osservazione, assimilazione e
creatività.

Kohler riesce a cogliere l’importanza della componente


intellettiva e creativa nell’apprendimento e come la mente
riesce a dare significati diversi all’uso degli oggetti e
quindi a cambiare prospettiva. Come in un percorso quasi
obbligato si è sentita poi l’esigenza di analizzare quanto
fosse importante per l’individuo avere consapevolezza del
proprio modo di apprendere e delle proprie risorse. A
rispondere a questo quesito ci ha pensato Flavell (1977) con
il concetto di metacognizione. La metacognizione è
l’acquisizione di un metodo di apprendimento, che prevede
processi di controllo, supervisione, monitoraggio, ricerca di
strategie per memorizzare velocemente, la gestione delle
risorse attentive e temporali al fine di raggiungere
l’obiettivo preposto in modo efficace ed efficiente, che
l’individuo elabora e mette appunto attraverso uno studio su i
propri metodi e ciò che più rende facile il suo processo di
apprendimento.

In questo ampio quadro storico di teorie un rilevante


contributo per la psicologia, ha assunto il pensiero dello
psicologo social-cognitivo Albert Bandura (1960) che partendo
dalla concezione comportamentista introduce una nuova visione
dell’apprendimento, ma che ha colto elementi essenziali da
tutti i costrutti sopracitati, introducendo la componente
affettiva e sociale. Innanzitutto stabilendo che questo
processo negli uomini sia più complesso rispetto ciò che si
può osservare negli animali e che debbano essere presi in
considerazione altri aspetti legati all’emozione, motivazione,
identificazione, affettività, ma anche il contesto sociale e
il momento storico che l’individuo sta vivendo. Mentre,
infatti, la teoria tradizionale dell’apprendimento segue una
visione meccanicistica, secondo la quale l’uomo è passivo di
fronte all’influenza dell’ambiente, per i teorici
dell’apprendimento sociale l’uomo è attivo, nel senso che
filtra la propria esperienza per mezzo di coscienze e
aspettative che ha in quel momento sul mondo, crea quindi il
suo ambiente dal momento che il suo comportamento influenza
l’ambiente e inoltre genera nuovi comportamenti attraverso la
riorganizzazione dei comportamenti appresi in precedenza.
Attraverso i suoi studi si rese conto che l’apprendimento può
avvenire anche attraverso esperienze indirette, attraverso la
semplice osservazione, che si basa sull’imitazione ed è resa
possibile grazie al meccanismo del rinforzo vicariante per cui
le conseguenze relative al comportamento del modello
(ricompense o punizioni) hanno i medesimi effetti
sull’osservatore. Modeling è il termine che Bandura utilizza
per indicare l’insieme dei processi che intervengono
nell’apprendimento, quando il soggetto si trova in un
determinato contesto sociale e sceglie di aderire ad uno
specifico modello di comportamento. Alcuni fattori che
favoriscono per Bandura il modellamento sono: la somiglianza
delle prestazioni, la molteplicità e varietà dei modelli, la
competenza del modello, la somiglianza delle caratteristiche
personali tra osservatore e modello, e l'identificazione che
si instaura tra modello e modellato. Quest’ultima è stata
considerata la caratteristica distintiva dell’apprendimento
per modellamento e più essa sarà elevata e più l'apprendimento
avrà effetto sulla condotta del soggetto.
Per spiegare questo tipo di apprendimento sociale Albert si è
occupato di osservare i bambini in un particolare esperimento
legato al gioco, condotto nel 1961, per osservare l’imitazione
di comportamenti aggressivi.

Bandura formò tre gruppi di bambini in età prescolare:

nel primo gruppo inserì uno dei suoi collaboratori che si


mostrò aggressivo nei confronti di un pupazzo gonfiabile
chiamato Bobo. L'adulto picchiava il pupazzo con un martello
gridando: «Picchialo sul naso!» e «Pum pum!».

nel secondo gruppo, quello di confronto, un altro


collaboratore giocava con le costruzioni di legno senza
manifestare alcun tipo di aggressività nei confronti di Bobo.

infine, il terzo gruppo, quello di controllo, era formato da


bambini che giocavano da soli e liberamente, senza alcun
adulto con funzione di modello.

In una fase successiva i bambini venivano condotti in una


stanza nella quale vi erano giochi neutri (peluche, modellini
di camion) e giochi aggressivi (fucili, Bobo, una palla con
una faccia dipinta legata ad una corda).

Bandura poté verificare che i bambini che avevano osservato


l'adulto picchiare Bobo manifestavano un'incidenza maggiore di
comportamenti aggressivi, sia rispetto a quelli che avevano
visto il modello pacifico sia rispetto a quelli che avevano
giocato da soli.

In altri esperimenti di questo genere i bambini evitavano di


imitare comportamenti in cui il modello era stato punito
oppure al contrario tendevano a riprodurre comportamenti che
avevano avuto un riscontro positivo.

Secondo Bandura nell’apprendimento osservativo ci può essere


apprendimento senza che il comportamento sia riprodotto
neppure una volta. Il comportamento manifesto è importante, ma
è solo un aspetto dell’apprendimento, spesso non necessario.
Bandura analizzò inoltre le variabili coinvolte nel processo
di apprendimento chiamando in causa fattori cognitivi, quindi
il processo di attenzione nel selezionare cosa fare, di
memorizzazione delle azioni, di rappresentazione mentale e i
processi motivazionali che spingono il soggetto ad apprendere
da quel determinato modello.

L’eventuale fallimento nell’imitare il comportamento di un


modello osservato dipende, secondo Bandura, dal cattivo
funzionamento di uno o più di questi processi: attenzione
inadeguata, codifica e conservazione non appropriate,
insuccesso nella riproduzione a causa di deficit fisici,
scarsa motivazione.

In altre parole, i fattori cognitivi influenzano ciò che viene


osservato, il modo in cui una persona o un evento vengono
percepiti, il modo in cui questa nuova informazione viene
organizzata per il futuro, il fatto che l’apprendimento abbia
o meno un effetto duraturo.

A tal proposito Bandura introduce il concetto di autoefficacia


percepita come "la convinzione delle proprie capacità di
organizzare e realizzare il corso di azioni necessarie per
gestire adeguatamente le situazioni che si incontreranno in un
particolare contesto, in modo da raggiungere gli obiettivi
prefissati” (Bandura 1997).

Metodi d’indagine

Come è stato evidenziato i processi di apprendimento hanno


diverse sfaccettature e molto probabilmente, sia in campo
neurologico che psicologico, la ricerca dovrà affrontare
ancora grandi quesiti.

Le interpretazioni sistematiche dell’apprendimento occupano un


posto di grande rilievo sia nella psicologia generale che
nelle sue applicazioni all’educazione ed alla clinica. Il
metodo di indagine utilizzato dai comportamentisti fu quello
sperimentale. Gli esperimenti di laboratorio prevedevano il
supporto di una strumentazione per la somministrazione degli
stimoli (es. Skinner box). ln tali situazioni era possibile
manipolare alcune variabili, mantenendone costanti altre, e
misurare le modificazioni del comportamento (come
modificazioni di frequenza, velocità delle reazioni…).
Esistono inoltre scale psicometriche che, tra le altre
variabili, indagano anche l’eventuale presenza di disturbi
dell’apprendimento: ad esempio la Scala WISC-R di Wechsler,
indicata per soggetti di età compresa tra i 6 ed i 16 anni. In
ambito scolastico ricordiamo i test di profitto, che misurano
quanto e come un soggetto ha appreso dei contenuti specifici a
seguito di un insegnamento; Boncori (1993) distingue,
all‟interno di questo tipo di test, tra:

- Test per la valutazione sommativa (misurano se gli


apprendimenti presenti al termine di un dato ciclo di studi
sono sufficienti per autorizzare il passaggio da un livello
scolastico ad un altro).

- Test riferiti ad ampie aree di contenuto per accertare


presenza di prerequisiti all’apprendimento.

- Test “diagnostici” riferiti a unità didattiche per


verifiche al termine di brevi cicli d’insegnamento.

- Test che valutano prerequisiti o acquisizioni riferiti a


variabili psicologiche utili per l’identificazione precoce dei
soggetti a rischio di disturbi dell’apprendimento e
nell’ambito di esami clinici delle funzioni cognitive.

Per valutare la presenza di disturbi dell‟apprendimento si


possono utilizzare test di profitto a livello elementare, per
poi somministrare test di livello nel caso in cui le
prestazioni in prove specifiche risultino significativamente
inferiori a quelle tipiche del livello di età.
AMBITI APPLICATIVI

L’applicazione delle conoscenze sperimentali


sull’apprendimento classico prende il nome di “Terapia del
Comportamento” , approccio psicoterapeutico basato sul
presupposto che la maggior parte dei disturbi mentali sia il
risultato dell’apprendimento di pattern di risposta inadeguati
e disadattavi. Una delle tecniche usate è la
desensibilizzazione sistematica.

Il nucleo della teoria della Desensibilizzazione Sistematica


formulato da Wolpe consiste nel fatto che se è possibile fare
in modo che una risposta antagonista all' ansia compaia alla
presenza dello stimolo ansiogeno, in modo tale che essa
provochi l'eliminazione parziale o totale della risposta
d'ansia, si viene ad indebolire il legame esistente tra questo
stimolo e l'ansia stessa.

I passi richiesti per applicare il metodo sono sostanzialmente


tre: .

1) L'addestramento al rilassamento muscolare

2) La costruzione di una gerarchia individualizzata di stimoli


ansiogeni

3) L'abbinamento degli item della gerarchia con lo stato di


rilassamento (desensibilizzazione sistematica vera e
propria).

Molti dati sperimentali dimostrano che la desensibilizzazione


sistematica è stata usata con successo nel trattamento di
un'ampia varietà di disturbi fobici, agorafobici e attacchi di
panico. Viene effettuata in vivo e in immaginazione.

Le applicazioni terapeutiche più note di tale paradigma del


condizionamento operante sono la behaviour therapy (che
concerne l’apprendimento di nuovi comportamenti adattivi e
l’estinzione di risposte disadattive) e la bio-feedback per
l’eliminazione di fobie. Tecniche di matrice operante possono
essere applicate all’apprendimento di nuovi comportamenti
adattivi, al potenziamento di comportamenti già presenti. Ma
deboli e poco frequenti o all’eliminazione-riduzione di
condotte disadattive.

Un’altra particolare tecnica di apprendimento, detta


modellamento (shaping) è stata sviluppata a partire dal
condizionamento operante di Skinner. Questa tecnica,
largamente testata dell’apprendimento dell’uomo risulta utile
per modificare gradatamente il comportamento. La prima volta
viene premiato (attraverso un rinforzo positivo) un
comportamento che si avvicina anche solo approssimativamente
al comportamento che si vuole sviluppare, la seconda volta
solo le esecuzioni che progrediscono in una situazione
corretta, la terza volta solo le prestazioni ancora più
corrette, e così via. Per sviluppare uno shaping efficace è
importante che i rinforzi siano continui. Sono tuttavia
possibili anche i rinforzi intervallati, ma risultano più
utili per riapprendere comportamenti già appresi.

In campo clinico si osservano le “learning disabilities” tra


cui dislessia, discalculia, disgrafia, disortografia. Le
statistiche dicono che in Italia 3/5 bambini su 100 soffrono
di disturbi dell‟apprendimento. Tali disabilità possono
provocare gravi conseguenze sulla personalità in via di
sviluppo. In presenza di queste patologie è necessario
effettuare un‟accurata valutazione e la conseguente presa in
carico globale del minore, inserito nel suo sistema familiare
e scolastico, associando alla terapia riabilitativa una
psicoterapia di sostegno.

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