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Indice
1 Introduzione ai tensori 3
3 Cinematica relativistica 15
2
1 Introduzione ai tensori
Consideriamo uno spazio vettoriale V sul campo R. Sia n la sua dimensione e ea , (a =
1, 2 · · · , n), una base in tale spazio. Un generico vettore v sara’ allora esprimibile come
v = v a ea (1.1)
f (v) ∈ R ∀v ∈ V (1.2)
Vediamo ora come sia possibile assegnare a V ∗ la struttura di spazio vettoriale. Definiamo
a questo scopo la somma di due applicazioni come quella applicazione tale che
f = fa ω a (1.7)
3
Questo mostra che in effetti le ω a formano una base per V ∗ e quindi anche V ∗ e’ uno
spazio vettoriale n-dimensionale. Le fa sono le componenti covarianti.
Un vettore ha una definizione intrinseca che quindi non dipende dalla scelta della base.
Naturalmente in una base diversa da quella fissata originariamente le componenti del
vettore saranno diverse. La variazione delle componenti puo’ essere facilmente calcolata
a partire dalla trasformazione della base. Supponiamo allora che la base sia trasformata
nel modo seguente:
ea → e0b = Λ·a
b ea (1.10)
con (Λ)ba ≡ Λ·ab una matrice n × n nonsingolare (b denota le righe ed a le colonne). Per
calcolare la trasformazione delle componenti usiamo il fatto che v non dipende dalla base
e quindi
b b
v = v a ea = v 0 e0b = v 0 Λ·a
b ea (1.11)
e pertanto
b
v a = Λ·a
b v
0
(1.12)
Congiuntamente alla base ea , la base duale ω a subira’ una trasformazione, visto che la
base duale e’ definita in riferimento alla base usata per V (vedi eq.(1.6)). Avremo dunque
b
ω a → ω 0 = Λ̃b·a ω a (1.13)
con Λ̃b·a un’altra matrice nonsingolare. Ma usando la (1.6) nella nuova base si ha
a0 0 0
ω 0 (e0b0 ) = Λ̃a·a Λ·b a a ·a
b0 ω (eb ) = Λ̃·a Λb0 (1.14)
Segue dunque
0 0
Λ̃a·a Λ·a a
b0 = δb0 (1.15)
Possiamo allora invertire la relazione (1.12), moltiplicando per Λ̃c·a e sommando su a
b
v 0 = Λ̃b·a v a (1.16)
Esempio
Se consideriamo il caso V = Rn , potremo scrivere il generico elemento come il vettore
colonna 1
v
v2
.
v= .
(1.18)
.
vn
4
Una base e’ data allora da
1 0
0 0
. .
e1 =
. , · · · , en = . (1.19)
. .
0 1
Pertanto i vettori duali possono essere pensati come vettori riga. Il generico elemento del
duale potra’ allora essere scritto come f = fa ω a , con la base duale data da
ΛΛ̃T = I (1.24)
Usando una procedura analoga a quella seguita per la costruzione del duale e’ possibile
costruire altri spazi vettoriali che ci permetteranno di definire i tensori di rango (r, s). A
tal fine costruiamo il seguente spazio ottenuto come prodotto cartesiano di r copie di V ∗
e di s copie di V :
Πsr = (V ∗ )r (V )s (1.25)
Un tensore è una applicazione multilineare da Πsr → R (cioe’ lineare in tutti gli argomenti).
Lo spazio di queste applicazioni lineari sara’ indicato con T (r, s) e sara’ detto lo spazio
dei tensori di rango (r, s). Per esempio T (0, 1) = V ∗ poiche’ questo e’ lo spazio delle
applicazioni da V → R. Analogamente si ha T (1, 0) = V , poiche’ le applicazioni da
V ∗ → R danno il duale del duale che come abbiamo visto coincide con lo spazio vettoriale
di partenza. Il generico elemento di T (r, s) sara’ allora indicato con T e sara’ un tensore
controvariante di ordine r e covariante di ordine s:
η 1 , η 2 , · · · , η r , Y1 , Y2 , · · · , Ys → T (η 1 , η 2 , · · · , η r ; Y1 , Y2 , · · · , Ys ), (1.26)
5
con η 1 , η 2 , · · · η r ∈ V ∗ e Y1 , Y2 , · · · Ys ∈ V .
Lo spazio T (r, s) puo’ essere dotato della struttura di spazio vettoriale cosi’ come
abbiamo fatto per lo spazio duale. Definiremo cioe’ la somma di due elementi T (r, s)
(T + T 0 )(η 1 , η 2 , · · · , η r ; Y1 , Y2 , · · · , Ys ) =
= T (η 1 , η 2 , · · · , η r ; Y1 , Y2 , · · · , Ys ) + T 0 (η 1 , η 2 , · · · , η r ; Y1 , Y2 , · · · , Ys ) (1.27)
Consideriamo ora lo spazio T costituito dall’insieme di tutti gli spazi T (r, s). E’ allora
possibile definire in questo spazio una operazione che prende il nome di prodotto tensoriale.
Dato il tensore T ∈ T (r, s) e il tensore e T 0 ∈ T (r0 , s0 ) il prodotto tensoriale di T e T 0
é il tensore T ⊗ T 0 ∈ T (r + s, r0 + s0 ) definito dalla relazione
0
(T ⊗ T 0 )(η 1 , · · · , η r+r ; Y1 , · · · , Ys+s0 ) =
0
= T (η 1 , · · · , η r ; Y1 , · · · , Ys ) · T 0 (η r+1 , · · · , η r+r ; Ys+1 , · · · , Ys+s0 ) (1.29)
tba11ba22···b b1 b2
···ar ≡ ea1 ⊗ ea2 ⊗ · · · ⊗ ear ⊗ ω ⊗ ω ⊗ · · · ⊗ ω
s bs
a k , bk = 1 . . . n (1.30)
Questi sono nr+s elementi di T (r, s), definiti come quelle applicazioni che mappano
(η 1 , η 2 , · · · , η r ; Y1 , Y2 , · · · , Ys ) (1.31)
in
η 1 (ea1 ) · · · η r (ear )ω b1 (Y1 ) · · · ω bs (Ys ) (1.32)
Ovvero
b1
tba11ba22···b 1 2 r 1 r
···ar (η , η , · · · , η ; Y1 , Y2 , · · · , Ys ) = ηa1 · · · ηar Y1 · · · Ys
s bs
(1.33)
dove abbiamo introdotto le componenti degli η 1 , · · · , η r e degli Y1 , · · · , Ys :
In particolare
cr b1 b2 bs
tba11ba22···bs c1 c2 cr c1 c2
···ar (ω , ω , · · · , ω ; ed1 , ed2 , · · · , eds ) = δa1 δa2 · · · δar δd1 δd2 · · · δds (1.35)
Possiamo vedere facilmente che questi nr+s elementi di T (r, s) costituiscono una base.
Infatti essi sono linearmente indipendenti perché
fba11···b
···ar b1 b2 ···bs
t
s a1 a2 ···ar
=0 (1.36)
implica fba11···b
···ar
s
= 0 (come segue utilizzando la (1.35)).
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Inoltre il generico tensore T ∈ T (r, s) puo’ essere decomposto come
T = Tba11ba22···b
···ar b1 b2 ···bs
s
ta1 a2 ···ar (1.37)
con
Tba11ba22···b
···ar
s
= T (ω a1 , ω a2 , · · · , ω ar , eb1 , eb2 , · · · , ebs ) (1.38)
Infatti
T (η 1 , η 2 , · · · , η r ; Y1 , Y2 , · · · , Ys ) = Tba11ba22···b
···ar b1 b2 ···bs
s
ta1 a2 ···ar (η 1 , η 2 , · · · , η r ; Y1 , Y2 , · · · , Ys )
= Tba11ba22···b
···ar 1 2
s
ηa1 ηa2 · · · ηarr Y1b1 Y2b2 · · · Ysbs (1.40)
Le quantita’ Tba11ba22···b
···ar
s
sono le componenti del tensore T . E’ ovvio dalle definizioni date
che:
a a ···a
(T + T 0 )ab11ba22···b
···ar
s
= Tba11ba22···b
···ar
s
+ T 0 b11b22···bsr (1.41)
e
(αT )ab11ba22···b
···ar
s
= αTba11ba22···b
···ar
s
(1.42)
Per esempio
v ⊗ w = v a wb ea ⊗ eb (1.43)
da cui, come deve essere
(v ⊗ w)ab = v a wb (1.44)
La formula (1.16) puo’ anche essere ottenuta osservando che in generale le componenti
di un tensore possono essere ottenute valutando il tensore sulla base duale, cioe’
Tba11ba22···b
···ar
s
= T (ω a1 , ω a2 , · · · , ω ar , eb1 , eb2 , · · · , ebs ) (1.45)
Per esempio
v a = ω a (v) (1.46)
Usando quest’ultima relazione si ha
a a
v 0 = ω 0 (v) = Λ̃a·b ω b (v) = Λa·b v b (1.47)
Segue allora
a 0 a 0 ···a 0 0 0 0
T 0 b110 b220 ···bsr0 = T (ω 0 a1 , ω 0 a2 , · · · , ω 0 ar , e0b1 0 , e0b2 0 , · · · , e0bs 0 )
0 0 0
= Λ̃a·a11 Λ̃a·a22 · · · Λ̃a·arr Λ·bb110 Λ·bb220 · · · Λ·bbss0 Tba11ba22···b
···ar
s
(1.48)
7
Un esempio di tensore è il tensore δ di Kronecker. Questo appartiene a T (1, 1) ed è
definito da
δ(η, Y ) = η(Y ) = ηa Y a η ∈ V ∗ , Y ∈ V (1.49)
Le sue componenti sono
δ(ω b , ea ) = δab (1.50)
Dato un tensore in T (r, s) con r > 1, s > 1 e’ possibile definire un tensore appartenente
a T (r −1, s−1) tramite la cosi’ detta operazione di contrazione C11 . C11 e’ una applicazione
T (r, s) → T (r − 1, s − 1) cosi’ definita: dato un tensore T di T (r, s)
T = Tba11ba22···b
···ar
s
ea1 ⊗ ea2 ⊗ · · · ⊗ ear ⊗ ω b1 ⊗ ω b2 ⊗ · · · ⊗ ω bs (1.51)
C11 (T ) ∈ T (r − 1, s − 1) e’ dato da
aa2 ···ar
C11 (T ) = Tab2 ···bs
ea2 ⊗ · · · ⊗ ear ⊗ ω b2 · · · ⊗ ω bs (1.52)
Affinche’ la contrazione sia ben definita e’ necessario verificare che la definizione data sia
indipendente dalla base. Infatti si ha
0 0 0 0 0 0
C11 (T ) = T 0 aa0 ab220 ···b
···ar 0
s 2
0
0 ea 0 ⊗ · · · ⊗ ea 0 ⊗ ω
r
0 b2
· · · ⊗ ω 0 bs
0
= Λ̃a·a Λb·a0 Tbbaa22···b
···ar
s
ea2 ⊗ · · · ⊗ ear ⊗ ω b2 · · · ⊗ ω bs = C11 (T ) (1.53)
Un altro tensore che ci sara’ utile nel seguito e’ il tensore metrico. Questo e’ un tensore
simmetrico di rango (0,2), cioe’ una applicazione g di V xV → R. Le componenti di g si
ottengono valutandolo su una base
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Se det |gij | 6= 0 si dice che la metrica e’ non degenere. L’assegnazione di un tensore metrico
permette di definire un’applicazione da V → V ∗ , che indicheremo ancora con g, definito
come
g(v, w) = g(v)(w) (1.59)
Le componenti di g(v) possono essere calcolate immediatamente notando che si puo’
scrivere
g(v, w) = gij v i wj = g(v)j wj (1.60)
dove nell’ultimo passaggio abbiamo usato la definizione di g(v). Per confronto vediamo
che
g(v)i = gij v j (1.61)
e quindi g(v) = g(v)j ω j = gij v i ω j . Le quantità in (1.61) sono anche dette le componenti
covarianti del vettore v (mentre le v i sono le componenti controvarianti) e saranno indicate
con l’indice in basso:
vi ≡ gij v j (1.62)
Si ha anche immediatamente che
g(ei ) = gij ω j (1.63)
Notiamo che se g e’ non degenere allora il mapping tra V e V ∗ definito dalla metrica e’
invertibile, e si puo’ introdurre il mapping inverso g −1 : V ∗ → V . La sua azione sulla base
duale sara’
g −1 (ω i ) = g ij ej (1.64)
dove g ij e’ la matrice inversa di gij
Infatti
g(g −1 (ω i )) = g(g ij ej ) = g ij gjk ω k = ω i (1.66)
dx = dxi ω i i = 1, · · · n (1.70)
possiamo introdurre la distanza infinitesima tra due punti usando l’inverso del tensore
metrico:
ds2 = g −1 (dx, dx) = g −1 (dxi ω i , dxj ω j ) = g ij dxi dxj (1.71)
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nel caso in cui X
ds2 = dxi dxi (1.72)
i
Il tensore ²i1 ···in e’ definito essere zero quando una o piu’ coppie di indici sono uguali, e’
completamente antisimmetrico ed e’ uguale a +1 quando gli indici sono in una permuta-
zione pari rispetto alla permutazione fondamentale (1, 2, · · · , n). Si vede allora facilmente
che data una matrice Aj·i , il tensore di Ricci Levi-Civita soddisfa la relazione
²i1 ···in → Λ̃i·j11 · · · Λ̃i·jnn ²j1 ···jn = det Λ̃²i1 ···in (1.75)
Il tensore ²ijk é invariante sotto rotazioni in R3 e cambia segno sotto inversioni spaziali;
é quindi uno pseudotensore. Vale inoltre
²ijk ²ijk = 3!
²ijk ²ijl = 2δ kl
²ijk ²iml = δ jm δ kl − δ jl δ km (1.77)
Inoltre si verifica
~ × (∇
∇ ~ × ~v ) = ∇(
~ ∇~ · ~v ) − ∇2~v (1.79)
Infatti
~ × (∇
(∇ ~ × ~v ))i = ²ijk ∂j (∇~ × ~v )k
= ²ijk ∂j ²klm ∂l v m
= (δ il δ jm − δ im δ jl )∂j ∂l v k
= ∂i (∂k v k ) − ∇2 v i (1.80)
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2 Rappresentazione quadridimensionale delle trasfor-
mazioni di Lorentz
Tutti i fenomeni della natura avvengono nello spazio e nel tempo. Ogni fenomeno è
una successione di eventi, ovvero ciò che succede in un dato istante in un punto dello
spazio. Lo studio dei fenomeni fisici è possibile con riferimento ad un dato sistema di
riferimento. Particolari sistemi di riferimento sono quelli inerziali, ovvero quelli rispetto
ai quali vale il principio di inerzia. E’ noto dalla meccanica classica che le equazioni
della meccanica newtoniana rimangono inalterate passando da un sistema di riferimento
inerziale ad un altro. Ciò non significa che le grandezze fisiche rimangono inalterate ma
piuttosto che le stesse equazioni differenziali legano tra loro le stesse grandezze misurate
in ciascun sistema. Le equazioni che mantengono la loro forma rispetto alle trasformazioni
di coordinate sono dette covarianti.
Le corrispondenti trasformazioni, le trasformazioni di Galileo, sono espresse (nel caso
in cui un sistema trasli rispetto all’altro lungo l’asse x con velocità v) da
x0 = x − vt, y 0 = y, z 0 = z, t0 = t (2.1)
~u0 = ~u − ~v (2.3)
se ~u = d~r/dt.
L’assunzione base della teoria della Relatività Speciale è che il principio di relatività,
ovvero quello secondo cui i fenomeni fisici sono descritti dalle stesse leggi in tutti i sistemi
di riferimento inerziali, vale per tutti i fenomeni e non solo quelli meccanici.
Ora il sistema delle equazioni di Maxwell cambia forma sotto le trasformazioni di
Galileo, cioè le equazioni di Maxwell non sono covarianti rispetto a tali trasformazioni.
D’altra parte è una semplice conseguenza delle equazioni di Maxwell la proprietà
delle onde elettromagnetiche di propagarsi nel vuoto con velocità c indipendentemente
dalla velocità della sorgente, in contraddizione con la legge di composizione classica delle
velocità (2.3).
Questo porta ad enunciare il secondo principio della Relatività Speciale (o della co-
stanza della velocità della luce), ovvero quello secondo cui esiste un sistema di riferimento
inerziale in cui la luce nel vuoto si propaga con velocità pari a c, in tutte le direzioni ed
indipendentemente dal moto della sorgente.
Se consideriamo la propagazione di un’ onda, in un sistema inerziale S, partita da
x = 0 a t = 0, il fronte d’onda raggiunge un punto di coordinate (x, y, z) al tempo t tale
che
0 = c2 t2 − x2 − y 2 − z 2 (2.4)
11
In modo simile la propagazione del fronte d’onda nel sistema S 0 , che coincide al tempo
t0 = t = 0 col sistema S, è descritta da
c2 t2 − x2 − y 2 − z 2 (2.6)
s2 = gµν xµ xν (2.10)
dove
+1 0 0 0
0 −1 0 0
gµν = g µν =
0
(2.11)
0 −1 0
0 0 0 −1
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sono le componenti del tensore metrico e gµν g νρ = δµρ . Ricordiamo che stiamo utilizzando
la convenzione sommatoria (indici uguali ripetuti sottintendono una sommatoria). Use-
remo indici greci per indici che assumono i valori 0, 1, 2, 3 e indici latini per indici che
assumono i valori 1, 2, 3. Dati due vettori xµ e y ν , il prodotto scalare in questo spazio é
definito da
(x, y) ≡ gµν xµ y ν (2.12)
da cui
gµν = gρσ Λρ·µ Λσ·ν (2.14)
Ricordiamo che nella notazione Λν.µ , ν individua le righe e µ le colonne della matrice Λ,
ed in conseguenza (ΛT )·ν ν
µ = Λ·µ . E’ possibile quindi scrivere la relazione precedente nella
forma matriciale
ΛT gΛ = g (2.15)
Segue da (2.15) e da det g = −1 che det Λ = ±1.
Esempio Una trasformazione di Lorentz speciale che corrisponde alla trasformazione
da un sistema S ad un sistema S 0 che sta traslando con velocitá v = βc lungo l’asse x é
data, in queste notazioni, da
γ −βγ 0 0
−βγ γ 0 0
(2.16)
0 0 1 0
0 0 0 1
dove
1
γ=p (2.17)
1 − β2
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Utilizzando il tensore metrico possiamo trasformare un tensore controvariante in co-
variante
Tαβ···γ = gαµ gβν · · · gγρ T µν···ρ (2.21)
Λ·ρ ν σρ
µ = gµν Λ·σ g (2.23)
La matrice Λ·ρ
µ è tale che, per la (2.14),
Λ·ρ µ ρ
µ Λ·ν = gν (2.24)
Consideriamo l’operatore
∂
(2.28)
∂xµ
Sotto trasformazioni di Lorentz
∂ ∂ ∂xν ∂ ·ν ∂
→ µ = µ = Λ µ (2.29)
∂xµ ∂x0 ∂x0 ∂xν ∂xν
Quindi, confrontando con (2.22) si vede che ∂x∂ µ é un quadrivettore covariante che indi-
cheremo con
∂
∂µ = (2.30)
∂xµ
Useremo quindi gli operatori
∂ ∂ ~
∂µ = µ
= ( 0 , ∇) (2.31)
∂x ∂x
∂ ∂ ~
∂µ = = ( 0 , −∇) (2.32)
∂xµ ∂x
La quadridivergenza di un quadrivettore v µ é quindi invariante
∂v 0 ~
∂µ v µ = + ∇ · ~v (2.33)
∂x0
14
Nel seguito utilizzeremo anche l’operatore d’Alembertiano
1 ∂2
¤ = ∂ µ ∂µ = − ∇2 (2.34)
c2 ∂t2
che é anch’esso invariante.
Questo spazio quadridimensionale con metrica pseudoeuclidea é stato introdotto per
primi da Poincaré (1906) e Minkowski (1909).
Un quadrivettore é detto di tipo tempo se x2 ≡ gµν xµ xν > 0, di tipo luce se x2 = 0 e
di tipo spazio se x2 < 0.
3 Cinematica relativistica
xµ (s) (3.1)
dove s é la lunghezza della curva descritta dalla particella nello spazio tempo
Z
s = ds (3.2)
dove
2 2 2 2 ~v 2
ds2 = dx0 − dx1 − dx2 − dx3 = c2 dt2 (1 − ) (3.3)
c2
Definiamo a partire da ds il tempo proprio della particella, ovvero il tempo misurato da
un orologio che segue il moto della particella,
ds ~v 2 1
dτ = = (1 − 2 )1/2 dt = dt (3.4)
c c γ
dove
1
γ=r (3.5)
~v 2
1− 2
c
Poiché dτ é un invariante rispetto a trasformazioni di Lorentz e dxµ un quadrivettore
(controvariante), definiamo come quadrivelocitá
dxµ
uµ = (3.6)
dτ
Le quattro componenti della quadrivelocitá sono
dx0
u0 = = γc (3.7)
dτ
15
dxi dxi
ui = =γ (3.8)
dτ dt
dove abbiamo fatto uso della (3.4). Dalla definizione di quadrivelocitá segue inoltre
uµ uµ = γ 2 (c2 − ~v 2 ) = c2 (3.9)
pµ = muµ (3.17)
dove m é la massa a riposo della particella (ovvero misurata nel sistema di riposo della
particella). Dalla (3.9) segue che
2
pµ pµ = p0 − p~2 = m2 c2 (3.18)
p0 = mγc (3.19)
16
e
p~ = mγ~v (3.20)
L’energia relativistica é definita a partire dalla componente temporale del quadrimomento
come
E = p0 c = mc2 γ (3.21)
Utilizzando la (3.18) si ottiene la relazione tra energia e momento
p
E = p~2 c2 + m2 c4 (3.22)
La (3.24) é il primo esempio di una legge scritta in forma covariante ovvero come
uguaglianza tra due quantitá tensoriali, in questo caso vettori. In un altro sistema inerziale
la legge mantiene la stessa forma, ma con i quadrivettori trasformati con la trasformazione
di Lorentz corrispondente
dp0 µ µ
= F0 (3.26)
dτ
con
µ
p0 = Λµ·ν pν (3.27)
e analogamente per F 0 .
Vedremo in seguito come applicazione dell’equazione di Newton (3.24), l’equazione di
una particella di carica e in un campo elettromagnetico.
17
4 Equazioni di Maxwell in forma covariante (gauge
di Lorentz)
ρd3 x = ρ0 d3 x0 (4.1)
j 0 = ρc (4.4)
e la densità di corrente
~j = ρ~v (4.5)
Vale
jµ j µ = ρ2 (c2 − v 2 ) (4.6)
Se quindi indichiamo con ρR la densitá di carica nel sistema di riposo, dalla (4.6) segue
e pertanto
ρ = γρR (4.8)
Cominciamo col considerare l’equazione di continuitá
∂ρ ~ ~
+∇·j =0 (4.9)
∂t
Questa puó riscriversi nella forma
∂j 0
0
+ ∂k j k = 0 (4.10)
∂x
ovvero nella forma covariante
∂µ j µ = 0 (4.11)
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In conclusione dall’invarianza della carica elettrica rispetto a trasformazioni di Lorentz
segue che j µ é un quadrivettore e l’equazione di continuità è scritta in forma invariante.
Consideriamo le equazioni di Maxwell nel vuoto, nel sistema di unitá di Heaviside-
Lorentz:
~
∇ ~ + 1 ∂B
~ ×E = 0
c ∂t
∇~ ·B
~ = 0
∇~ ·E
~ = ρ
~
∇ ~ − 1 ∂E
~ ×B 1
= ~j (4.12)
c ∂t c
Dalla seconda equazione di Maxwell segue
~ =∇
B ~ ×A
~ (4.13)
¤ϕ = ρ
~ = 1~j
¤A (4.21)
c
dove abbiamo utilizzato l’operatore d’Alembertiano (2.34). Poiché l’operatore d’Alember-
tiano é invariante rispetto a trasformazioni di Lorentz, essendo (cρ, ~j) le componenti di un
quadrivettore, anche (ϕ, A) ~ saranno le componenti di un quadrivettore che indicheremo
con
~
Aµ = (ϕ, A) (4.22)
Quindi le equazioni (4.21) si riscrivono nella forma manifestamente covariante
1
¤Aµ = j µ (4.23)
c
e la condizione gauge di Lorentz (4.20), ricordando (2.33),
∂µ Aµ = 0 (4.24)
ϕ → ϕ0 = ϕ + ∂ 0 χ
= ϕ + ∂0 χ
1∂
= ϕ+ χ (4.26)
c ∂t
Per µ = i,
Ai → (A0 )i = Ai + ∂ i χ
= A i − ∂i χ (4.27)
~
ovvero la componente i-esima della trasformazione (4.17) su A.
Notiamo anche che per trovare la trasformazione che porta nel gauge di Lorentz parten-
do da un quadripotenziale Aµ , tale che ∂µ Aµ = −ψ basta fare una trasformazione (4.25)
con ¤χ = −ψ. Notiamo inoltre che, all’interno del gauge di Lorentz, una trasformazione
di gauge (4.25) con ¤χ = 0 mantiene ancora all’interno del gauge di Lorentz.
20
5 Equazioni di Maxwell in forma covariante
Consideriamo poi il tensore del secondo ordine
F µν = ∂ µ Aν − ∂ ν Aµ (5.1)
F µν → F µν + ∂ µ ∂ ν χ − ∂ ν ∂ µ χ = F µν (5.2)
F µν = −F νµ (5.3)
dove ²ijk é il tensore di Ricci, tensore antisimmetrico nello scambio di ogni coppia di
indici, con la convenzione ²123 = 1. Quindi F 12 = −B 3 = −Bz , F 23 = −B 1 = −Bx e
F 31 = −B 2 = −By . Analogamente
F 0i = ∂ 0 Ai − ∂ i A0 = ∂i A0 + ∂ 0 Ai = −E i (5.5)
Quindi i campi elettrico e magnetico sono le sei componenti di questo tensore antisimme-
trico
0 −Ex −Ey −Ez
Ex 0 −Bz By
F µν =
E y Bz
(5.6)
0 −Bx
Ez −By +Bx 0
∂ µ F νρ + ∂ ν F ρµ + ∂ ρ F µν = 0 (5.8)
0 = ∂ 0 F ij + ∂ i F j0 + ∂ j F 0i
1 ∂
= − ²ijk B k − ∂i E j + ∂j E i (5.11)
c ∂t
Moltiplicando per ²ijl e sommando su i, j ricordando che
si ottiene
1 ∂ l ijl 1∂ l 1∂ l ~ × E)
~ l (5.13)
0 = −2 B − ² (∂i E j − ∂j E i ) = −2 B − 2²ijl ∂i E j = −2 B − 2(∇
c ∂t c ∂t c ∂t
da cui segue la componente l−esima della prime delle equazioni (4.12). In modo analogo
si verificano le altre. Scegliamo µ = i, ν = j, ρ = k; abbiamo
0 = ∂ i F jk + ∂ j F ki + ∂ k F ij
= ²jkl ∂ i B l + ²kil ∂ j B l + ²ijl ∂ k B l (5.14)
∂i B i = 0 (5.15)
Si ha
1 1 1
F 0i = ²0iρσ Fρσ = ²0ijk Fjk = − ²ijk ²jkl B l = −B i (5.17)
2 2 2
e
1 1 1
F ij = ²ijρσ Fρσ = ²ij0k F0k + ²ijk0 Fk0 = −²ijk F 0k = ²ijk E k (5.18)
2 2 2
Ovvero le componenti del tensore duale si ottengono mandando E ~ →B ~ eB ~ → −E.
~
∂α F αβ = 0 (5.19)
22
6 Trasformazioni di Lorentz del campo elettroma-
gnetico
Dopo aver identificato i campi elettrico e magnetico come le componenti del tensore an-
tisimmetrico F µν possiamo facilmente studiarne le trasformazioni di Lorentz. In generale
sarà
µν
F 0 = Λµ·α Λν·β F αβ (6.1)
se Λ denota la trasformazione di Lorentz. Se Λ è la trasformazione speciale (2.16), ovvero
un boost lungo l’asse x con velocità βc, avremo
10
Ex0 = F 0 = Λ1·α Λ0·β F αβ = Λ1·0 Λ0·1 F 01 + Λ1·1 Λ0·0 F 10 = Ex (6.2)
20
Ey0 = F 0 = Λ2·α Λ0·β F αβ = γ(Ey − βBz ) (6.3)
30
Ez0 = F 0 = Λ3·α Λ0·β F αβ = γ(Ez + βBy ) (6.4)
Analogamente
Bx0 = Bx (6.5)
By0 = γ(By + βEz ) (6.6)
Bz0 = γ(Bz − βEy ) (6.7)
Le trasformazioni inverse sono trovate mandando β → −β.
~ rispetto al sistema
Se il sistema S 0 si muove con velocità con direzione arbitraria βc
S le leggi di trasformazione divengono
2
~ 0 = γ(E
E ~ − γ β(
~ + β~ × B) ~ β~ · E)
~
γ+1
2
~ 0 = γ(B
B ~ − γ β(
~ − β~ × E) ~ β~ · B)
~ (6.8)
γ+1
Come conseguenza di queste leggi, un campo, che in un sistema di riferimento appare come
un campo puramente elettrico o puramente magnetico, in un altro sistema di riferimento
e’ una miscela di campo elettrico e magnetico.
F αβ uβ (7.2)
23
Data l’antisimmetria di F αβ , la (7.1) è soddisfatta:
F αβ uβ uα = F βα uα uβ = −F αβ uα uβ = −F αβ uβ uα = 0 (7.3)
~ k]
F kβ uβ = E k cγ − F kl γv l = γ[E k c + ²klm B m v l ] = γ[E k c + (~v × B) (7.4)
ovvero, a parte il fattore e/cγ la forza di Lorentz non relativistica. La quadriforza, ovvero
il quadrivettore tale che, nel limite non relativistico, le sue componenti spaziali si riducono
alla forza di Lorentz, è
e αβ
F uβ (7.5)
c
e quindi l’equazione di Lorentz relativistica
dpα e
= F αβ uβ (7.6)
dτ c
dp0 e
= F 0i ui (7.8)
dτ c
da cui segue
dE ~ · ~v
= eE (7.9)
dt
dove E è l’energia relativistica della particella. Le due eq. (7.7) e (7.9) sono le equazioni
che descrivono il moto di una particella carica relativistica in un campo elettromagnetico
esterno.
Ringrazio R. Casalbuoni per alcuni appunti sui tensori, da cui mi sono ispirato.
24
Riferimenti bibliografici
[1] R. Abraham and J. E. Marsden, Foundation of Mechanics, W. A. Benjamin, New
York, 1967
[2] J. D. Jackson, Classical Electrodynamics, J. Wiley and sons, New York, 1975
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