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Dal 1925, il governo iniziò ad abbassare il prezzo che lo stato pagava ai contadini per gli ammassi. Nel
1927 la raccolta di grano per lo stato risultò 1/3 inferiore a quella dell'anno precedente. La crisi degli
ammassi, agl'occhi dei dirigenti bolscevichi, segnava il fallimento della politica agricola della Nep: essi, vi
lessero il rifiuto da parte dei contadini di vendere il grano allo stato ad un prezzo sempre inferiore, così
basso da coprire appena i costi di produzione. Per fronteggiare la crisi degli ammassi, che Stalin bollò
come uno "sciopero dei kulaki", nel '28 furono ripristinate le tradizionali misure delle requisizioni dei
cereali, accompagnate da una campagna propagandistica contro gli avidi kulaki, indicati come nemici del
socialismo e del paese. La svolta decisiva avvenne nel 1929: Stalin decise la collettivizzazione forzata
dell'agricoltura, ovvero trasformare la proprietà privata in collettiva. A questa misura si sarebbe dovuta
accompagnare la meccanizzazione e modernizzazione delle campagne, per innalzare la produttività;
vennero costituite apposite unità produttive, le "Stazioni macchine e trattori", destinate a fornire i
macchinari più complessi. Milioni di aziende contadine furono unificate in fattorie cooperative (kolchoz)
o di proprietà dello stato
LA GUERRA AI CONTADINI
Questa decisione modificò con gravi conseguenze il rapporto tra il potere sovietico e le campagne;
l'annoso problema di come ottenere il grano dai contadini si trasformò in una vera e propria guerra
mossa dallo stato ai contadini, con obbiettivi economici e politici:
Stalin era consapevole che tutto ciò avrebbe comportato uno scontro sociale nelle campagne. Lo scontro
vi fu, proprio per l'espropriazione di quello che i contadini ottennero con la rivoluzione, ovvero le terre
La resistenza contadina fu fortissima. I contadini si opposero in ogni modo: con le armi, imboscando le
derrate alimentari, macellando il bestiame. Nei confronti dei contadini, Stalin impiegò il terrore: i kulaki,
che Stalin voleva proprio sterminare, sparirono quasi totalmente. Un decreto del 1930 divise i kulaki in 3
categorie
- quelli che non potevano che contribuire alla controrivoluzione (150 000 famiglie)
Dal punto di vista strettamente economico, la collettivizzazione dell'agricoltura diede un esito disastroso
poichè la produzione del grano diminuì drasticamente. Gli organi centrali dello stato premevano sui
funzionari locali perchè fossero rispettati gli obbiettivi di produzione prefissati per ciascun kolchoz, ma
essendo tali obiettivi troppo alti, i kolchoziani dovevano consegnare quello che avevano, anche quello
per la semina successiva. Si avviò così un meccanismo di depredazione delle risorse agricole che
condusse nell'inverno 32-33, alla più grande carestie della storia recente europea. Per fronteggiare
questo crollo, il governo cercò di bloccare la fuga dei contadini dai kolchoz introducendo nel 1932 un
sistema di passaporti interni, necessari per circolare nel paese, che non venivano dati ai kolchoziani.
Posti di fronte all'alternativa di lavorare nei kolchoz, morire di fame e venire deportati, i contadini si
piegarono. Nel 1935, lo stato consentì ai kolchoziani di coltivare in proprio piccoli appezzamenti di
terreno e nel '38, tali appezzamenti costituivano il 45% della produzione agricola sociale. Fu consentito
anche di allevare animali di piccola taglia e sempre nel '38, il bestiame privato rappresentava il 50% del
patrimonio zootecnico del paese