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Alberto di Colonia era nato a Lauingen in Baviera agli inizi del ‘200, egli aveva avuto modo di studiare

il diritto e le
1.
scienze naturali a Padova, una delle più importanti università
Dopo i primi studi a Padova Alberto si trasferisce poi a Colonia, a Ratisbona e a Strasburgo, dove completa i suoi
3.
studi di teologia
Il percorso di studi di Alberto è quello tradizionale dei clerici vagantes, quindi Alberto stesso è stato un chierico
5.
vagante, che per completare la propria formazione culturale non ha esitato a sfruttare le sue risorse per muoversi
da un’università all’altra, cercando i luoghi più adatti alla formazione
Alberto intorno ai 20 anni entra nell’ordine domenicano, e intorno alla metà del ‘200, tra il 1245 e il 1248 diventa
7.
maestro di teologia a Parigi
Proprio nel 1248, al termine di questo primo triennio di insegnamento a Parigi, Alberto è oggetto di un importante
9.
incarico di responsabilità, perché Alberto è inviato dai suoi superiori domenicani a Colonia per dirigere lo studio
generale dei domenicani
Questo è l’esito di un percorso di progressiva ascesa culturale, perché da qui Alberto condurrà la parte più cospicua
11.
della sua attività intellettuale
Qui Alberto, durante la sua attività di insegnante commenta soprattutto Aristotele, che è il centro dei suoi interessi
15.
Alberto è convinto che la filosofia sia la massima espressione della ragione naturale, di quella ragione che è comune
13.
a tutti indipendentemente dalla fede, ed è convinto che il massimo esponente di questa massima espressione della
ragione naturale, che è la filosofia, sia stato Aristotele
Secondo Alberto la filosofia è strutturalmente distinta dalla teologia, la filosofia si fonda su principi primi
17.
immediatamente evidenti alla ragione naturale, e ricava da questi primi principi evidenti delle conclusioni universali
e necessarie
Mentre invece la teologia si fonda sulla Rivelazione, si fonda su principi che derivano dalla fede, quindi trae le
19.
proprie conclusioni a partire da questi stessi principi di origine rivelata
Quindi mentre la filosofia si fonda sulla dimostrazione razionale, la teologia trae la propria certezza dalla fede, per
21.
Alberto dunque la filosofia è autonoma dalla filosofia
Alberto è convinto che Aristotele rappresenti il modello per eccellenza della filosofia, allora la filosofia aristotelica
23.
deve essere recuperata integralmente per far sì che sia possibile portare la ragione naturale alla sua massima
espressione
Animato da questa prospettiva Alberto in vent’anni lavora al commento di tutti gli scritti aristotelici, compreso il
25.
Liber de causis, che per Alberto è stato scritto da Aristotele
Alberto si propone di rendere questi libri comprensibili ai latini e di completarli in prima persona laddove questi
27.
libri fossero lacunosi
Alberto per completare in prima persona i materiali di studio offerti dalle opere aristoteliche adotta un
29.
atteggiamento ecclettico, si avvale dei materiali più diversi, sfrutta i testi di commenti arabi, sfrutta trattati medici,
inserisce anche riferimenti a esperienze sue
Alberto alla fine mette a disposizione nel mondo latino una vera e propria enciclopedia, fatta di opere scientifiche,
31.
che si rifanno ai libri aristotelici di fisica combinati con la tradizione greco-araba
Alberto colloca questa enciclopedia generale del sapere di impronta aristotelica-ecclettica all’interno di una più
33.
ampia visione metafisica, che è influenzata dal Liber de Causis
Alberto esprime una visione metafisica, che si fonda su una visione discendente del reale, per Alberto la realtà è un
35.
fluxus, è un’emanazione che scaturisce da Dio inteso come pura luce, da cui promana l’essere, e gli universali, già
esistenti nella mente di Dio scaturiscono da questa mente divina dando forma alla natura reale delle cose
Esattamente come la luce rende visibile la realtà e rende identificabili i contorni delle cose, allo stesso modo la luce
37.
divina dà forma alla realtà, è l’espressione visibile del fluxus di emanazione dell’essere, che scaturisce da Dio,
sorgente di luce
La caratteristica di questo universo è la stretta connessione discendente degli enti che fluiscono da Dio
41.
Gli enti che fluiscono da Dio sono strettamente intrecciati e rappresentano una catena di cause seconde che
39.
agiscono in modo strumentale su quelle a loro inferiori
Quindi mentre Dio, pura luce, è la causa prima di tutta la realtà ed è in continua azione creatrice, da questa luce
43.
continua si diffonde una catena di enti che rappresentano di volta in volta le cause seconde, cioè quelle cause da
cui dipendono gli effetti sottoposti a loro
Questa visione discendente del reale è importante perché è la base di una visione astrologica e magica che ha
45.
fortuna in tutto il Medioevo
Questa visione della realtà come di un tutto in cui tutti gli enti sono strettamente intrecciati tra di loro all’interno di
47.
una catena di connessioni attraverso cui è possibile arrivare a Dio è alla base della magia
Il mago è colui che è in grado di agire sulle cause seconde per modificare la struttura della realtà, il mago può agire
49.
sulle cause seconde proprio perché tutte le cose sono concatenate tra di loro
Conoscendo la chiave che ci consente di agire sugli elementi a noi circostanti è possibile influire sugli enti dai quali
51.
queste stesse realtà che ci circondano dipendono
Quindi abbiamo una prospettiva filosofica, che ha grande valore filosofico, ma che ha allo stesso tempo una grande
53.
valenza culturale più generale, perché è alla base della visione della magia e dell’astrologia
L’introduzione delle opere aristoteliche nell’Occidente genera però anche adesioni ancora più entusiastiche, in
55.
particolare si ha notizia di un gruppo di filosofi attivi alla facoltà delle arti di Parigi tra il 1265 e il 1275, che ha
accolto con particolare entusiasmo le opere dell’Aristotele non logico
Sulla base di questo capitale testuale questo gruppo di filosofi ha bloccato la propria attività all’interno di una
57.
finalità specifica, cioè quella di spogliare il testo aristotelico di tutte le deformazioni dettate da preoccupazione
filosofiche e religiose che nel corso della storia si erano aggiunte a questi testi
La particolarità di questi maestri è stata quella di condurre questa operazione di pulizia dei testi aristotelici
59.
avvalendosi dell’autorità di Averroè
L’attività di questi filosofi ha lasciato delle tracce nella cultura circostante, e ha determinato dei veri e propri
61.
allarmismi
Nel 1270 il vescovo di Parigi Stefano Tempier condanna ufficialmente 13 tesi considerati eretiche, che erano tratte
63.
dall’attività di questi maestri parigini, che si ispiravano ad Averroè per portare avanti questa operazione di pulizia
sui testi aristotelici
Nel 1272 gli statuti della facoltà delle arti di Parigi recepiscono questa condanna emanata da Stefano Tempier
67.
Allora gli statuti della facoltà delle arti proibiscono di discutere di argomenti teologici obbligando i maestri a
65.
risolvere tutte le questioni in cui potesse venir essere coinvolta la fede cattolica in accordo con la fede cattolica
stesso e obbliga i maestri a confutare le tesi contrarie alla religione
Quindi è una presa di posizione molto netta che intende contrastare quella che viene percepita come una grande
69.
minaccia, cioè la possibilità di vedere in Aristotele delle conclusione contrarie a quella della religione
Questa quindi è un’operazione di carattere ideologico con cui si intende censurare una lettura aristotelica ispirata a
71.
un criterio diverso
Nel 1277 inizia a muoversi anche il papa, perché giunge notizia da Parigi che c’è un gruppetto di filosofi che sta
73.
proponendo una lettura di Aristotele molto particolare non sempre aderente alle verità di fede
Allora il papa Giovanni XXI sollecita il vescovo di Parigi Stefano Tempier perché è preoccupato di alcune dottrine
75.
che si diceva fossero insegnate in città
Stefano Tempier così, su sollecitazione del papa, nomina una commissione d’indagine e si mette a studiare l’attività
77.
di questi maestri, e condanna 219 proposizioni considerate eretiche
La condanna è rivolta esplicitamente contro i maestri delle arti che si sono spinti oltre i confini della loro facoltà,
79.
quindi si rimprovera l’idea che vi siano dei casi in cui ciò che è vero secondo la filosofia non necessariamente lo è
secondo la fede
Il vescovo Stefano Tempier sostiene che in città ci siano dei maestri che fanno filosofia in modo nuovo, che leggono
81.
Aristotele e che sostengono che sia possibile dare dei testi aristotelici una lettura diversa e contrastante con i
principi della fede, come se ci fossero due verità opposte tra di loro
In realtà questi autori non hanno mai sostenuto una dottrina della doppia verità
85.
La condanna delle 219 proposizioni considerate eretiche da Stefano Tempier è una condanna ufficiale, che sembra
83.
mettere seriamente in discussione l’importanza crescente di Aristotele nell’elaborazione dell’enciclopedia del
sapere medievale
La tradizione ha designato questi filosofi con un’etichetta oggi completamente superata, cioè quella di averroisti
87.
latini, proprio perché questi pensatori hanno assunto i commenti di Averroè a loro linea guida
In realtà sarebbe più corretto parlare di aristotelici radicali perché propongono per la prima volta una lettura
89.
particolarmente attenta alla storicità di Aristotele, sono particolarmente attenti a sottolineare le differenze tra il
pensiero di Aristotele e quello delle verità delle verità rivelate
Possiamo dire che questi sono i primi filosofi di professione, proprio perché sono i primi filosofi che rivendicano
91.
l’autonomia della filosofia rispetto ad altre forme di sapere
Due figure importanti di questa scuola di insegnamento sono Sigieri di Brabante e Boezio di Dacia
95.
A differenza dei loro colleghi, che tendevano a lasciare l’insegnamento delle arti per passare poi a degli studi più
93.
prestigiosi, questi maestri attivi all’interno della facoltà delle arti di Parigi tra il 1265 e il 1275 insegnano le arti per
tutta la loro carriera
Secondo questi autori la filosofia è una disciplina autonoma, non è propedeutica a un sapere più elevato in
97.
funzione del quale regolarsi, e la filosofia non è neanche un mezzo teorico utile a scopi pratici
Quindi secondo questi autori non dobbiamo pensare che la filosofia debba essere un mezzo per arrivare a svolgere
99.
professioni di rilievo
Secondo costoro la filosofia è un’attività intellettuale dotata di metodi e principi propri in grado di assicurare il
101.
massimo bene possibile agli uomini in questa vita
Sotto questa concezione c’è una premessa epistemologica fondamentale, in ogni disciplina scientifica è possibile
103.
ammettere o negare qualcosa soltanto in base ai principi propri della disciplina stessa
Nel caso della filosofia naturale il suo principio proprio è la natura, quindi il filosofo naturale non può dimostrare e
105.
negare se non ciò che è possibile secondo natura
Secondi questi autori questa constatazione permette di assicurare la piena indipendenza della ricerca scientifica,
107.
congiurando nello stesso tempo il rischio che essa possa entrare in conflitto con la religione cristiana
Le conclusioni che il filosofo naturale parlando da filosofo naturale può infierire a partire da principi ricavati
109.
dall’ambito della natura sono necessarie solo in relazione a quei principi, ed è proprio a questo punto che questi
autori teorizzano una distinzione rispetto a un’altra forma di verità che invece ha valore assoluto
Questi autori sembrano dire che ci sono due prospettive e due procedimenti diversi che portano a due livelli di
111.
conoscenza, la filosofia naturale giunge a conclusioni che sono in linea con i principi propri della filosofia naturale e
che hanno una validità relativa a questo ambito di ricerca
Allo stesso modo però esistono verità che hanno valore assoluto perché sono insegnate dalla Rivelazione, allora le
113.
verità a cui giunge il filosofo naturale in linea con i principi propri della filosofia naturale hanno una validità che è
relativa, non è una verità in senso assoluto, perché la Rivelazione può insegnare il contrario
Quindi ciò è che vero relativamente all’ambito della filosofia naturale non si identifica necessariamente con la
115.
verità assoluta, il filosofo naturale, ragionando sull’ordine del mondo empiricamente conoscibile, scopre solo delle
verità relative che non sono in grado di contraddire la verità assoluta della Rivelazione
Quindi sottile distinzione ha fatto pensare ad autori come il vescovo Stefano Tempier che questi autori
117.
sostenessero una dottrina della doppia verità
Non è esattamente una dottrina della doppia verità, questi autori sostengono che siano possibili diversi livelli di
119.
indagine, che la filosofia sia una scienza autonoma in grado di pervenire autonomamente a un proprio ambito di
verità
Una verità che, pur non assumendo valore assoluto, perché la verità assoluta è solo quella insegnata dalla
121.
Rivelazione, ha una propria validità relativa all’interno dello specifico ambito di cui si occupa la filosofia naturale
Questa è la duplicità di livelli sostenuta da questi autori, non è però una duplicità che né vuole mettere in
123.
discussione la validità della teologia né vuole sopporre che siano possibili visioni che corrono parallelamente e che
configurano due verità opposte entrambi sostenibili
È semplicemente un’ammissione di impotenza nei confronti della filosofia, una disciplina autonoma in grado di
125.
pervenire autonomamente a conclusioni valide in maniera relativa al suo specifico ambito d’indagine, ma che non
può andare al di là di questo ambito d’indagine
Quindi si sostiene anche dolorosamente l’incapacità della filosofia di dimostrare alcunché al di là del suo specifico
127.
ambito d’indagine, sicuramente questa è cosa diversa dal sostenere che vi siano due verità entrambe valide
sebbene opposte, che possano essere sostenute nello stesso momento
Non è una dottrina della doppia verità, è una rivendicazione dell’autonomia della libertà della filosofia dalla
129.
teologia, nello stesso tempo è una presa di coscienza di una consapevolezza che la filosofia non può dimostrare
alcunché al di fuori del suo specifico ambito di indagine
Per comprendere questo atteggiamento dobbiamo risalire a un altro contesto dell’università di Parigi della seconda
131.
metà del ‘200
La facoltà delle arti di Parigi si sta trasformando in un centro di insegnamento e di ricerca filosofica nel quale si
133.
discutevano le riscoperte opere di Aristotele, ufficialmente adottati come libri di testi con lo statuto del 1255
Questa trasformazione aveva ormai reso evidenti a tutti che questa facoltà aveva una posizione problematica e
135.
ambigua, questa facoltà era il nucleo fondamentale dell’università, infatti era una facoltà propedeutica a tutte le
altre, ed era originariamente incaricata di fornire agli studenti solo una introduzione alle sette arti liberali
Quindi c’era una considerazione puramente propedeutica degli studi alle arti, questa visione viene messa
137.
radicalmente in discussione quando la facoltà delle arti da luogo di formazione di base diventa una vera e propria
facoltà di filosofia grazie all’accesso alle nuove opere non logiche di Aristotele
Quindi la progressiva professionalizzazione della filosofia e il parallelo sviluppo della autocoscienza dei maestri delle
139.
arti sono all’origine di una profonda riflessione epistemologica, che imposta in termini nuovi il rapporto tra le arti,
le scienze filosofiche e le altre forme di sapere, prima tra tutte la teologia
Già dagli anni ’30, quindi 50 anni prima di questo processo alcuni dei maestri delle arti avevano già incominciato a
141.
utilizzare nei loro commenti su Aristotele delle formule di carattere limitativo
Queste formule di carattere limitativo da un lato permettevano di dissociare le loro responsabilità di interpreti da
143.
quelle dell’autore che stavano esponendo, e dall’altro lato consentivano di chiarire che quelle loro riflessioni si
collocavano a un particolare livello di discorso, distinto da quello teologico, cioè il livello filosofico
Quindi fin dagli inizi del ‘200, quando le opere non logiche di Aristotele entrano in Occidente, introducono già
145.
l’esigenza ai commentatori di adottare queste formule di carattere limitativo con le quali da un lato si prendono le
distanze da Aristotele e dall’altro si esprime l’autonomia del livello di discorso filosofico rispetto a quello teologico
Poi gradualmente, a mano a mano che queste opere si diffondono in Occidente e vengono adottate nelle università
147.
la trasformazione diventa sempre più evidente, il cuore di questa rivoluzione è la facoltà delle arti di Parigi
Lì infatti nel 1255 le opere non logiche di Aristotele diventano i manuali per l’insegnamento alla facoltà delle arti, e
149.
qui questo gruppo di maestri, manifesta la consapevolezza dell’autonomia della filosofia dalla teologia, e allo stesso
tempo denuncia l’incapacità della filosofia di andare al di là dei limiti stessi entro cui il discorso filosofico ha validità
Questi maestri sono accomunati da alcune tesi comuni, la prima tesi comune è l’eternità del mondo e della specie
151.
umana
Questi autori sostengono che da un punto di vista filosofico noi siamo costretti a riconoscere solo che il mondo e la
153.
specie umana sono eterni, perché la creazione dal nulla e la creazione della specie umana sono indimostrabili dal
punto di vista filosofico
L’argomentazione di questi autori è che tra la causa prima e il suo effetto c’è sempre un legame di necessità, quindi
155.
se la causa prima è Dio e Dio è eterno per definizione, allora è necessario ammettere che se la causa prima è Dio e
Dio è eterno, allora anche l’effetto deve essere eterno
Quindi non si può concepire un momento temporale in cui l’effetto non è ancora stato causato, da un punto di vista
157.
temporale noi non possiamo concepire un momento in cui Dio ha creato dal nulla
Questa constatazione porta a due conclusioni fondamentali, la prima è che dal punto di vista filosofico si nega l’atto
159.
di creazione del mondo, perché è indimostrabile filosoficamente
La seconda conclusione è che dal punto di vista filosofico si nega la creazione della specie umana, perché da un
161.
punto di vista filosofico-temporale non abbiamo la possibilità di concepire un momento nel quale l’effetto non è
ancora stato causato
Quindi la specie umana, così come il mondo, da un punto di vista delle conclusioni a cui è possibile arrivare con gli
163.
strumenti della filosofia devono essere considerati eterni, quindi causati dal movimento eterno delle sfere celesti
La seconda tesi comune a questi maestri è la cosiddetta tesi dell’unicità dell’intelletto possibile separato, tesi
165.
ripresa dal commento di Averroè all’Anima di Aristotele
Nel De anima Aristotele sostiene che non sia possibile fornire una definizione dell’intelletto, e che sia possibile
167.
ricavare solamente le sue caratteristiche
Secondo Aristotele esistono due forme fondamentali di intelletto, abbiamo innanzitutto un intelletto potenziale o
169.
passivo, cioè la disposizione ad accogliere gli intelligibili, la disposizione ad accogliere la conoscenza effettivamente
in atto, quindi è la potenzialità di apprendere, di esprimere una effettiva e reale conoscenza
Perché vi siano delle conoscenze in atto è necessario che vi sia un’altra di forma di intelletto, che porti questa
171.
disposizione ad attuarsi, è necessario quindi un intelletto già in atto che agisce su quello potenziale e che attualizzi
gli intelligibili potenzialmente racchiusi in esso
Un intelletto dice Aristotele produttivo, perché è l’intelletto che effettivamente produce la conoscenza in atto,
173.
l’effettiva conoscenza
Quindi Aristotele osserva che un conto è la potenzialità della conoscenza, un conto è la conoscenza in atto,
175.
l’effettiva conoscenza
Uno dei principi fondamentali della fisica aristotelica è che tutto ciò che è in potenza per diventare in atto ha
177.
bisogno di una causa già in atto
Nel De anima Aristotele applica esattamente questo principio, l’intelletto potenziale ha bisogno di una causa già in
179.
atto per diventare a sua volta in atto, e questa causa già in atto è l’intelletto produttivo, cioè quell’intelletto che
attiva le potenzialità dell’intelletto potenziale e trasforma gli intelligibili in potenza in intelligibili in atto
Aristotele dice che l’intelletto passivo scompare con la dissoluzione del corpo, è legato al corpo e scompare col
181.
corpo, mentre l’intelletto produttivo è separato dal corpo e continua a sussistere a seguito della morte del corpo
Aristotele non approfondisce molto questa questione e lascia irrisolti molti problemi, e proprio questa sua
183.
mancanza di approfondimento è alla radice di un dibattito immenso, che attraversa tutta la filosofia islamica prima
e che poi viene ereditato da tutta la filosofia latina quando giungono i testi arabi in Occidente grazie alle traduzioni
Già un commentatore aristotelico, Alessandro di Afrodisia, aveva contribuito a questo dibattito, egli aveva
185.
chiamato l’intelletto potenziale anche intelletto materiale, e aveva chiamato l’intelletto produttivo intelletto attivo
Però l’operazione più importante di Alessandro di Afrodisia è l’aver individuato l’intelletto attivo con il Dio di cui
187.
Aristotele parla in Metafisica
Questa operazione ha avuto dei riflessi importantissimi sul pensiero islamico, perché è un’operazione con cui
189.
Alessandro di Afrodisia sottolinea la separazione tra l’intelletto potenziale e l’intelletto attivo, che egli identifica con
Dio
Questa lettura è importante perché è alla base di una visione che attraversa il mondo arabo e che giunge in
191.
Occidente a rafforzare la prospettiva agostiniana
Infatti in Occidente importanti teologi sosterranno che l’intelletto attivo è la luce divina, che in prospettiva
193.
agostiniana illumina le menti degli uomini e consente ad essi di trasformare la loro conoscenza in potenza in
conoscenza in atto
Nei pensatori medievali c’è un’accoglienza di questa visione duplice dell’intelletto e quindi anche nel Medioevo
195.
latino si sostiene l’esistenza di un intelletto potenziale e di un intelletto produttivo
I pensatori medievali però preferiscono fare ricorso a una terminologia differente, chiamano l’intelletto potenziale
197.
intelletto possibile, proprio perché ha la possibilità di diventare potenzialmente qualsiasi cosa essa apprenda
Mentre chiamano invece l’intelletto produttivo con il termine intelletto agente, termine che sottolinea l’azione di
199.
questo intelletto sull’intelletto possibile
Averroè sostiene che non solo l’intelletto produttivo è separato e comune a tutti gli uomini, ma è separato e
201.
comune a tutti gli uomini anche l’intelletto possibile
Averroè cioè sostiene non solo l’unicità e la separatezza dell’intelletto agente, ma l’unicità e la separatezza anche
203.
dell’intelletto possibile, perché secondo Averroè se l’intelletto possibile fosse legato al corpo inevitabilmente
avrebbe le caratteristiche del corpo, e quindi sarebbe sottoposto ai fenomeni della degenerazione e corruzione
Questo però mina il valore universale della conoscenza secondo Averroè, la conoscenza ha valore universale e
205.
necessario a prescindere dai singoli individui che conoscono, e quindi a suo giudizio anche l’intelletto possibile è
unico per tutti gli uomini e separati da essi
Questa prospettiva è fondamentale perché viene accolta in toto anche dai maestri delle arti attivi a Parigi tra il 1265
207.
e il 1275 e viene ulteriormente consolidata
Dal loro punto di vista la conoscenza è certamente individuale, ma ha valore universale e necessario, e pertanto è
209.
necessario ammettere dal punto di vista filosofico che anche l’intelletto possibile è unico per tutti gli uomini e
separato dal corpo
La terza tesi condivisa da questi maestri è la tesi relativa al sommo bene, secondi questi autori l’uomo può
211.
raggiungere il bene più alto con l’attività della sua più alta facoltà, cioè dell’intelletto
L’uomo quindi attraverso l’attività dell’intelletto può raggiungere il sommo bene in questa vita, non deve aspettare
213.
la vita nell’aldilà
Questa è una tesi che si contrappone radicalmente alle conclusioni a cui i teologi davano rilievo in base ai testi
215.
rivelati
Secondo i teologi la vera felicità sarebbe dischiusa all’uomo solamente dopo la morte del corpo, la vera felicità
217.
coincide con la beatitudine divina, con quella condizione a cui l’uomo può accedere solamente dopo la morte, e di
fatto si concretizza nella visione beatifica di Dio
Questi maestri invece sostengono qualcosa di radicalmente diverso, gli uomini hanno accesso al bene più alto già in
219.
questa vita con l’attività dell’intelletto, questa attività si esplica nella conoscenza della realtà e dei suoi principi
I filosofi sono coloro che possono pervenire a questa condizione, l’attività propria del filosofo è quella che consente
221.
di raggiungere il sommo bene in questa vita
Allora il filosofo in questa prospettiva è l’uomo perfetto, è colui che più di tutti vive secondo la sua natura di essere
223.
razionale, esplicando in sommo grado tutte le potenzialità insite nella più alta delle sue facoltà, cioè l’intelletto
Quindi il filosofo, colui che più di tutti vive secondo la sua natura, è colui che raggiunge il sommo bene, la felicità,
225.
che è una felicità mentale
Questi maestri son ben attenti a chiarire che non si stanno spingendo oltre i confini della loro facoltà, anzi
227.
sottolineano con molta decisione l’indipendenza della loro facoltà rispetto alla teologia, e sono ben attenti a
sottolineare che le loro conclusioni non intendono essere in contrasto con la fede, né proporre una verità parallela
Questi maestri semplicemente intendono sottolineare l’impossibilità di dimostrare in termini razionali le verità di
229.
fede, questa impossibilità però non implica una mancanza di validità all’interno dello specifico ambito di riflessione
della filosofia
Questi autori quindi in realtà stanno esprimendo la necessità di pensare alla filosofia come un ambito di indagine
231.
autonomo, dotato delle sue regole, e denunciano anche l’impossibilità della filosofia di andare al di là di questo
confine

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