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LA DIDASCALIA MUSEALE

Andrea Lucia, Didattica dell’arte e mediazione del patrimonio artistico


A.A. 2019/2020
Corso di Progettazione Multimediale
Prof. Donato Maniello
1. La Didascalia: dall’etimologia alle problematiche odierne
L’etimologia del termine Didascalia ci riporta indietro nel tempo, all’antica Grecia. Questo
termine, infatti, deriva da diverse parole greche, le cui traduzioni sono: istruzione, maestro e
insegnare[1]. Sempre nell’antica Grecia, questa parola era utilizzata nella drammaturgia per
descrivere l’insieme di tragedie e commedie che ogni poeta avrebbe rappresentato negli agoni e
anche la cronologia delle rappresentazioni delle stesse[2], come una sorta di moderno
calendario di eventi. Partendo dal significato insito della parola, dalla sua provenienza e dal suo
uso natale, possiamo capire come e per quali scopi essa sia stata utilizzata in seguito; se il suo
significato etimologico è quello di insegnare, di farci da maestro, di istruirci, ad oggi questo
scopo viene più o meno raggiunto. In termini più generali, la Didascalia è un breve testo
esplicativo posto sotto una tavola o una figura. Troviamo didascalie anche nei fumetti, nei
copioni teatrali o cinematografici e nei film, soprattutto quelli muti, in cui esse venivano usate
tra una scena e l’altra per descrivere il dialogo che era avvenuto nella scena appena vista. Ma il
luogo in cui la didascalia la fa da padrona, è il Museo. Qualsiasi tipo di museo è pieno di
didascalie, qualsiasi opera esposta ne ha bisogno per spiegarsi, per descriversi e per poter
dialogare con i pubblici che la osservano giornalmente. Non sempre però le didascalie riescono
ad adempiere al loro dovere, non sempre esse riescono a restituire la biografia dell’oggetto ad
esse complementare e non sempre esse sono di facile comprensione per coloro che le leggono.
Questo è, probabilmente, il più grande problema odierno delle didascalie per il quale non basta
più delineare delle linee standard da adattare a livello nazionale o internazionale, un problema
di difficile gestione e risoluzione che allontana sempre di più l’opera dal suo fruitore che
inevitabilmente finisce per leggere a mente stanca le informazioni che qualcuno ha ritenuto
necessarie da sapere. Troviamo molto spesso nei Musei didascalie scritte frettolosamente, su
supporti non idonei al luogo in cui si trovano, il più delle volte su dei semplici fogli da
stampante ritagliati male e attaccati ai piedi dell’opera senza la minima attenzione o il minimo
sforzo. In molti Musei, inoltre, non viene posta attenzione alle didascalie e capita, quindi, di
trovarne una al posto di un’altra o completamente diverse da una stanza all’altra. In altri ancora
l’incuria le ha logorate e spesso sono illeggibili e dismesse. Troviamo, ancora, didascalie che,
invece di guidare il fruitore o di insegnargli qualcosa, non fanno altro che confonderlo con
vocaboli tecnici sconosciuti che hanno l’effetto contrario di quello che dovrebbero avere. Non
dialogo, ma lontananza; non informazione, ma confusione. I piccoli musei provinciali sono
quelli in cui la situazione molto spesso è più grave, ma ci sono anche musei di grande
importanza storico-artistica in cui non vi è la minima attenzione ad un dettaglio estremamente
importante quale la didascalia. Alla Galleria degli Uffizi di Firenze, ad esempio, ci sono diversi
modelli di didascalia, quasi a determinare il livello di importanza artistica dell’opera: per le
opere del Botticelli ci sono ben due tipi diversi di didascalia, una stampata su un foglio A4 e
messa in una cornice di plexiglass attaccato ai dissuasori (figura 1), un’altra stampata su un
pannello di plastica attaccato alla parete accanto all’opera, una didascalia “fatta meglio” per
“un’opera più importante" (figura 2). In altre sale inoltre i supporti e la progettazione delle
didascalie cambiavano ancora (figura 3) rendendo tutto confusionario e distraendo il visitatore,
che per la maggior parte delle opere, leggeva solo il titolo per poi soffermarsi ad una rapida
occhiata e una fotografia con il cellulare. Inoltre, il testo narrativo e illustratore posto sulla
didascali ha un tono molto distaccato, freddo e tecnico; questo genere di testo non lascia niente
al fruitore se non dei semplici dati tecnici di cui egli probabilmente è già a conoscenza. Non è
il testo ad essere sbagliato, ma il modo in cui è scritto, poiché rende l’opera lontana, intoccabile
e fredda agli occhi del fruitore, mentre invece la didascalia dovrebbe avvicinare e rendere calda
l’opera davanti alla quale ci si trova, in modo da poterne godere a pieno la bellezza e il suo
“valore”. Se agli Uffizi il testo distrae e raffredda il rapporto tra opera e fruitore, al Museo
Archeologico dei Campi Flegrei di Bacoli, le didascalie sono estremamente dispersive e
“vuote”, con testi caratterizzati da vocaboli archeologici specifici di cui quasi nessuno conosce
il significato (figura 4). Inoltre il supporto è troppo grande per il testo scritto dando prova
dell’incuria nella realizzazione e del fatto che la loro progettazione sia stata fatta più per
l’adempimento di un obbligo che per il desiderio di aiutare e di guidare il fruitore alla
comprensione e all’identificazione dell’opera (figura 5-6). L’incuria delle didascalie, dunque,
ostacola il fruitore nella sua ricerca di comprensione, raffredda il suo dialogo con l’opera e,
soprattutto, lo distrae e lo confonde rendendo la visita al Museo pesante e insoddisfacente. Il
fruitore che si trova di fronte ad una didascalia con troppi termini tecnici di difficile
comprensione, che magari non gli vengono spiegati da nessuno, oppure di fronte ad una
didascalia con un testo esplicativo estremamente distaccato e tecnico, non imparerà niente
all’interno del museo, anzi, eviterà di leggere tutte le didascalie trovandole estremamente
noiose, macchinose e inutili alla sua visita.
2. Regole generali per le didascalie nei musei
Nel 2015 il MiBACT ha redatto i Quaderni della valorizzazione che mettono in luce le linee
guida per la comunicazione nei musei. In questa opera, scritta da Cristina Da Milano e Erminia
Sciacchitano, si configurano i parametri generali per la realizzazione di pannelli, didascalie e
segnaletica interna. “Questo testo quindi colma un vuoto, fornendo – sia pure senza pretesa di
esaustività – uno strumento operativo, basato su riflessioni maturate in decenni di dibattito
nazionale e inter-nazionale; un compagno di strada per quegli operatori impegnati
quotidianamente ad aprire i musei italiani a una pluralità di pubblici diversi, creando per quante
più persone possibili le condizioni per un’esperienza culturale piena e soddisfacente” [3]. Il
lavoro nel MiBACT parte nel 2011 con una serie di esperimenti nel Museo Archeologico
Nazionale di Firenze e in altri musei che hanno acconsentito a questa sperimentazione e il suo
obiettivo è quello di fornire degli spunti di riflessione per la progettazione della comunicazione
museale, fornire una guida per la realizzazione degli apparati e fornire indicazioni per la
verifica preventiva dei suddetti apparati. Il testo, inoltre, risponde alle diverse domande
riguardo la comunicazione dei musei: a chi comunicare, cosa comunicare, dove comunicare e
come comunicare.
2.1. A chi comunicare?
I Quaderni della valorizzazione sottolineano come il pubblico dei visitatori sia estremamente
eterogeneo. Il museo, quindi, deve essere capace di comunicare a tutti i tipi di pubblici che lo
frequentano, tenere conto di questa diversità e farne un punto di forza agendo in base al fruitore
e dedicando tutte le sue ricerche a lui. Per questo motivo, la comunicazione del museo deve
tenere conto soprattutto del grado culturale dei pubblici. Non sempre i visitatori di un museo
sanno cosa stanno andando a vedere, non tutti di fronte ad un’opera d’arte riescono a coglierne
il significato, la bellezza, il periodo storico o, in generale, il suo valore. “La definizione da
parte di un sito culturale della propria politica di comunicazione parte proprio dalla definizione
e dalla conoscenza delle tipologie di pubblico/i che si vogliono raggiungere e con cui si vuole
comunicare e dalla conoscenza profonda dei bisogni e delle aspettative culturali del pubblico
sia reale che potenziale. Solo avviando questo processo di consapevolezza sarà possibile
implementare strategie comunicative che soddisfino le diverse esigenze specifiche dei
visitatori” [4]. È, inoltre, importante tenere presente non solo dei turisti o dei visitatori esterni,
ma anche dei visitatori residenti nella città del museo poiché è molto importante la relazione tra
cittadini e patrimonio. I Quaderni fanno inoltre una distinzione tra i pubblici distinguendoli in:
 Pubblici centrali o abitudinali
 Pubblici occasionali
 Pubblici potenziali
 Non pubblici
La comunicazione del museo deve puntare a tutti, poiché ogni pubblico deve poter godere
dell’esperienza museale in egual modo. L’attenzione particolare va posta, però, ai pubblici
potenziali e ai non pubblici in modo che anche essi possano diventare visitatori assidui del
museo.
2.2. Cosa comunicare?
“Per quanto le condizioni materiali lo consentano e le notizie relative siano certe e sicure, ogni
quadro, statua ed altro oggetto d’arte recherà l’indicazione del luogo di provenienza, del
soggetto rappresentato, della scuola e del secolo cui l’oggetto appartiene e, quante volte sia
possibile, dell’autore di esso” [5] questa citazione ci fa comprendere cosa è necessario, per il
pubblico, sapere dell’opera che sta osservando. Come ampiamente detto, bisogna tenere conto
dei diversi livelli culturali e di apprendimento dei vari pubblici e scegliere con cautela e
attenzione le informazioni da comunicare. L’oggetto, che trovandosi in un museo è
decontestualizzato, deve essere in grado di comunicare la sua biografia e la sua provenienza e
le didascalie e i pannelli devono essere in grado di adempiere a questo dovere.
2.3. Dove comunicare?
Anche il posizionamento dei testi didascalici è essenziale per il pubblico del museo poichè per
leggere un pannello o una didascalia più articolata, il fruitore ha bisogno di tempo e di
concentrazione. Il testo deve essere il più vicino possibile all’oggetto ad esso complementare
perché il fruitore deve poter collegare facilmente testo e oggetto.
2.4. Come comunicare?
I musei si basano principalmente sulla vista e, a volte, grazie alle visite guidate o alle
audioguide, sull’udito. “Didascalie e pannelli portano quindi il peso della responsabilità di
essere i principali media dei contenuti. Rivelano persino informazioni alla visione stessa:
quante volte abbiamo guardato un quadro e -dopo aver letto una descrizione, o una didascalia-
lo abbiamo visto con altri occhi?” [6].
2.5. La didascalia nei Quaderni della valorizzazione
Le autrici del testo forniscono una tabella che specifica i diversi tipi di musei e le informazioni
che ognuno di essi deve fornire sulle didascalie da porre accanto alle opere che espone. Per
ognuno di essi le indicazioni che il MiBACT ritiene importanti esporre sono: autore, titolo o
denominazione oggetto, data, provenienza, tecnica, funzione, materiale e numero inventario.
Nel testo viene anche specificato che i termini tecnici presenti nelle didascalie, che possono
risultare di difficile comprensione, devono essere spiegati in parole semplici e comprensibili a
tutti i pubblici direttamente sulla didascalia o su un pannello posto nelle immediate vicinanze
dell’oggetto. Vengono inoltre dati una serie di suggerimenti riguardanti le didascalie
interpretative la cui priorità deve essere quella di rispondere alle esigenze informative dei
pubblici:
 “Le testimonianze personali, poste in tono accessibile e conversazionale, possono
essere usate per catturare l’attenzione del pubblico e veicolare le informazioni
associandole a esperienze di vita reale;
 Le domande, (ad esempio la richiesta di indovinare un oggetto rappresentato, di
individuare un dettaglio, la tecnica di esecuzione ecc.) invitano l’osservatore a guardare
l’oggetto più in profondità e possono contribuire a stimolare il dibattito fra i visitatori;
 Indicazioni che invitano a guardare più in profondità. Molte persone non hanno ricevuto
un’educazione specifica a come si guarda un’opera d’arte o un reperto archeologico. Si
tratta di dipinto che rappresenta una storia? C’è una posizione privilegiata o devo
muovermi attorno all’opera per goderla?
 Risposte a domande comuni. Non bisognerebbe spaventarsi nel dare risposta alle
domande che sorgono spontanee, che andrebbero soddisfatte per prime per poi
procedere nei successivi approfondimenti. Quanto tempo è occorso all’artista per
realizzare l’opera o all’architetto per progettare e realizzare l’edificio? Che cosa è stato
apprezzato maggiormente dalla critica nel tempo? A che punto della sua carriera
l’artista o l’architetto l’ha ideata?
 Informazioni sui personaggi o sui temi rappresentati. In alcuni casi è ancora possibile
mediare i contenuti del patrimonio attraverso le persone, le storie, che la popolazione
locale riconosce, altre volte i personaggi sono stati dimenticati, il paesaggio e
l’ambiente urbano sono profondamente mutati. Occorre quindi ripercorrere brevemente
la storia dei personaggi per comprendere l’opera, chiarire se la città rappresentata o il
paesaggio sullo sfondo sono reali, immaginarie o ideali” [7].
2.6. Immagini invece di testi
Questo genere di attenzione alle didascalie può essere molto utile per i visitatori contemporanei
che la maggior parte delle volte sono annoiati e svogliati. Delle didascalie dispersive, o troppo
precise, o ancora troppo piene di informazioni possono distrarre a loro volta il fruitore che non
porrà più attenzione all’oggetto ma si soffermerà di più sulla didascalia. Interessanti potrebbero
essere delle didascalie che lasciano libero spazio all’interpretazione personale dell’opera, che
lascino libero campo all’immaginazione del fruitore anche con l’aiuto di immagini ricavate dal
luogo di provenienza dell’oggetto. Esperienze interessanti in questa direzione sono sicuramente
i Walkscape di Antonella Micaletti e Giovanna Bozzi. Le due esperte di educazione museale
hanno intrapreso un interessante progetto che consiste in visite guidate nei centri storici delle
città armati soltanto di fotografie antiche che ritraggono i luoghi di maggiore interesse. Grazie
alle fotografie e ai documenti ad esse collegati, reperibili in un secondo momento sul sito
Almaloci.com, i visitatori non hanno bisogno di soffermarsi a leggere, ad interpretare o a dover
capire cosa gli si pone davanti, ma hanno una chiara e diretta visione della comunicazione che
le due organizzatrici vogliono dare. In più, oltre alla vista, vengono messi in azione anche gli
altri sensi stimolati dall’ambiente circostante. Il museo è all’aperto, i “reperti” sono visibili nel
loro contesto e se non più presenti nel loro luogo d’origine, sono ritratti nelle fotografie che
vengono usate come didascalie (figura 7). Questo tipo di esperienza offre un coinvolgimento
completo per il fruitore poiché egli stesso può decidere quale luogo visitare nel passato e nel
presente e in più può informarsi in un secondo momento, quando preferisce, su ciò che ha visto
o che vedrà. Il primo esperimento di questo genere è stato fatto a Brindisi, in Puglia, nel 2016.
Importantissimo nei Walkscape è la tecnologia come spiega Antonella Micaletti in
un’intervista ad Artribune: “La tecnologia ha un ruolo importantissimo. Il percorso può essere
seguito da un cellulare o tablet, dove si trovano i documenti, le immagini d’archivio e tutti i
supporti alla storia raccontata. A volte la tecnologia ci ha aiutato a rendere visibili luoghi
generalmente chiusi, grazie alla fotografia a 360 gradi (come per la chiesa di Sant’Egidio a
Sant’Angelo in Lizzola o nella Torre di Fermignano). I luoghi sono visibili, così, in qualunque
momento e in autonomia” [8]. Le immagini e la tecnologia sostituiscono quasi del tutto il testo
scritto in questo tipo di didascalia (figura 8). “Per Susan Sontag scrive nel suo saggio Tradurre
letteratura, del 2004, e nel ’73 affermava che le parole parlano più forte delle immagini
sovrapponendosi alla percezione oculare del dato visivo” [9]. Al contrario della Sontag,
Benjamin e Barthes sono sostenitori del dialogo tra scrittura e immagine affermando che la
didascalia serve per ridare senso e comunicabilità all’immagine che, da sola, spesso non riesce
a “spiegarsi” e a parlarci.
3. Manuale per la didascalia museale
Nel corso di quest’anno, il MiBAC ha redatto ulteriore materiale per la realizzazione di
didascalie e pannelli all’interno dei musei. Un vero e proprio manuale tecnico con tutte le
indicazioni per la “didascalia perfetta”. Il manuale affianca le linee guida pubblicate nel 2015 e
propone una serie di “regole” da seguire nella progettazione delle didascalie e dei pannelli
museali. L’introduzione parla di museo “aperto” a tutti e, nel secondo punto, il manuale espone
una lista di pubblici a cui le opere e, di conseguenza, le didascalie devono essere aperte e
soprattutto comprensibili. “La scelta più semplice per rendere la visita agevole anche a chi non
può soffermarsi è quella di utilizzare un linguaggio facile da comprendere, non quello che
leggerebbe un bambino (che potrebbe portare a uno sgradevole tono paternalistico) piuttosto
quello rivolto a un adolescente, lasciando la possibilità di ulteriori approfondimenti su ogni
argomento attraverso mezzi diversi: schede di sala, approfondimenti disponibili su smartphone
dedicato e/o sul sito del museo, pubblicazioni del museo” [10]. Il manuale consiglia, dunque, la
progettazione di un sito internet fornito di cataloghi base e di articoli di facile comprensione,
ma anche di altro materiale più specifico consultabile dagli esperti in materia. Tutto questo
materiale deve essere facilmente raggiungibile e indicato sulla didascalia o su un pannello.
Ancora, si fa riferimento alle lingue: tutti gli scritti del museo devono essere tradotti almeno in
inglese e, qualora ci sia la possibilità, la traduzione deve essere fatta anche in altre lingue sulle
schede di sala. Per quanto riguarda la redazione dei testi, il primo passo è quello di coinvolgere
un esperto in materia che scriva una scheda tecnica e scientifica dell’opera; “Il materiale
scientifico, prima di essere utilizzato per pannelli e didascalie, verrà elaborato secondo una
logica narrativa da scrittori, esperti della comunicazione, dell'allestimento e della grafica e
verificato da un editor che garantirà il mantenimento della scientificità del messaggio passando
attraverso forme di linguaggio immediate. […] il gruppo di lavoro dovrà necessariamente
comprendere l’architetto responsabile dell'allestimento degli spazi e, ove possibile, un designer
e un informatico per la realizzazione di eventuali nuovi supporti, e potrà allargarsi a esperti di
psicologia e linguaggio che favoriscano una fruizione più ampia. Il processo verrà dunque
sottoposto alla Direzione del museo e se ne redigerà, dopo eventuali prove grafiche e prototipi,
l'edizione finale che verrà inserita nel percorso secondo quanto concordato coi responsabili
dell’allestimento” [11]. Il manuale propone in seguito delle vere e proprie indicazioni di
carattere tecnico per quanto riguarda la scelta del font, la grandezza del carattere, l’interlinea, e
sul calcolo delle proporzioni in modo da rendere la lettura dei testi semplice e veloce. Vengono
date indicazioni sul posizionamento dei pannelli a parete (dai 110 ai 170cm dal pavimento) e
didascalie (dai 140 ai 150cm dal pavimento) e sulle immagini inserite nei panelli e nelle
didascalie. Per quanto riguarda le scelte di stampa, il manuale consiglia il classico nero su
bianco oppure ci invita a preferire un contrasto forte tra colore chiaro per base e colore scuro
per il testo prediligendo colori che non neghino la lettura a persone con handicap; l’immagine
nella didascalia può fare da sfondo o essere da accompagnamento, ma non deve essere di
intralcio alla lettura del testo. “Un pannello con stampa a rilievo o in linguaggio Braille deve
essere posizionato in modo da poter essere percepito al tatto sia da persone in piedi che da
persone che utilizzano una sedia a rotelle; l'altezza consigliata va da un minimo di 60 a un
massimo di 100 cm” [12]. Il manuale, inoltre, presenta una lista di diversi tipi di didascalie:
 Didascalia essenziale: contiene i dati irrinunciabili dell’opera, ossia
autore/denominazione, titolo/uso, data.
 Didascalia base: fornisce i dati necessari per comprendere l’opera, ossia autore, titolo,
anno, materiale, piccola descrizione, provenienza e numero di inventario.
 Didascalia estesa: contiene gli stessi dati della didascalia base con ulteriori
approfondimenti e riferimenti.
 Didascalia quiz: “la didascalia formula una domanda per il visitatore che può provare a
rispondere oppure azionare un semplice dispositivo meccanico (sportellino a cerniera)
per leggere la didascalia completa e scoprire se ha risposto correttamente. Questo tipo
di didascalia può essere utilizzato alla fine di ogni sezione per un'opera semplice da
inquadrare nel caso di opere storico-artistiche o porre domande sull'uso dell'oggetto in
caso di musei storico-antropologici” [13]. Il quiz può essere un’installazione tattile e
analogica, oppure può essere su un supporto tecnologico, un tablet o un’applicazione di
facile utilizzo scaricabile sul proprio smartphone.
 Didascalie multiple per vetrine o ambienti ricostruiti: in questi casi è meglio realizzare
un disegno stilizzato dell’oggetto con accanto la didascalia piuttosto che inserire dei
numeri di riferimento in quanto questi possono essere di difficile lettura.
 Didascalie per oggetti piccoli di difficile comprensione: per questo genere di oggetti è
fondamentale una rappresentazione grafica ingrandita sulla didascalia o di un supporto
tecnologico che permetta di selezionare l’oggetto e di ingrandirlo a proprio piacimento.
Per questi oggetti la narrazione è fondamentale: “una narrazione assai efficace per le
monete è quella in cui si è associato al valore della moneta cosa ci si riuscisse
effettivamente ad acquistare in quella fase storica o quante ne venissero date come
stipendio per determinate mansioni” [14].
Per quanto riguarda la scelta dei materiali, è importante evitare superfici lucide che riflettono la
luce, evitare stampe su materiali trasparenti come plexiglass o vetro, ed evitare stampe su
materiali instabili chimicamente tenendo anche conto del luogo in cui i pannelli e le didascalie
devono essere posizionati. Tutti questi accorgimenti vanno considerati anche per pannelli
digitali, display e dispositivi interattivi. Inoltre, pannelli e didascalie dovrebbero avere una
propria illuminazione studiata in modo da rendere la lettura facile e piacevole. Sono
importantissimi anche i suoni all’interno del museo. Delle sale rumorose, rendono la visita
pesante e stancante, mentre dei leggeri suoni di accompagnamento potrebbero agevolare la
lettura e la visita. “Anche per le persone che non hanno disabilità visive, narrazione e musica
possono integrare l'immagine aiutando a comprendere un contesto appartenente al passato,
geograficamente lontano o perduto per diversi motivi. Si vengono in questo modo a integrare
elementi materiali con dati del patrimonio immateriale rendendo la fruizione più completa e
piacevole” [15].
4. Un caso tutto meridionale: il castello federiciano di Castel Lagopesole
Castel Lagopesole è un piccolo paese della provincia di Potenza, conta poco più di 700
abitanti, ma è un importante centro per gli appassionati di Federico II grazie al suo Castello
medievale voluto proprio dallo Stupor Mundi come riserva di caccia. Il castello sorge su
un’altura di 800 metri ed è circondato da un fitto bosco abitato da rapaci e selvaggina (figura
9). Proprio per questo motivo Federico II lo ha scelto come luogo per praticare la sua amata
arte venatoria ed anche perché dista pochi chilometri da Melfi, altro centro importantissimo per
la storia federiciana. La struttura è stata restaurata negli anni ’90 e presenta molti ambienti
spaziosi all’interno dei quali vengono organizzate mostre, concerti, workshop ed altri eventi
culturali di grande interesse. All’interno della sala del trono, posta al piano terra della struttura,
si trova un piccolo Museo Archeologico che conserva i reperti ritrovati durante uno scavo nel
cosiddetto cortile piccolo. Il Museo conserva anche un reperto importantissimo, studiato più
volte e portato numerose volte in giro per il mondo per mostre ed esposizioni private, “la testa
scolpita in marmo di un leone nell’atto di azzannare la sua preda, che doveva far parte di un
sarcofago di grandi dimensioni databile alla fine del III sec. d.C., uno dei tanti reperti di
scultura classica collezionati dall’imperatore Federico II” [16] (figura 10). Nonostante questo
grande valore storico artistico per tutto il sud Italia, il castello versa oggi in condizioni non
proprio ottimali, gestito da più enti, è visto solo per scopo di lucro e la maggior parte della
popolazione del posto non va più a visitarlo da anni se non in occasione del corteo storico
estivo “alla corte di Federico II” che si svolge nel cortile grande del castello. All’interno del
museo le teche che contengono i reperti sono del tutto abbandonate a se stesse, i reperti
impolverati e dimenticati, i pannelli grafici alle loro spalle, più che altro cartelloni, sono
staccati e cancellati (figura 11). Le didascalie e i pannelli esplicativi non vengono aggiornati da
anni e presentano una grafica non più adatta ai tempi contemporanei (figura 12) che disturba
notevolmente il visitatore che, senza una visita guidata, non capirebbe niente di ciò che sta
vedendo. Per esperienza personale, posso garantire che tutte le persone che ho portato a visitare
il Museo Archeologico del castello, sono rimaste deluse dallo stato di conservazione della
comunicazione, troppo trasandato e abbandonato per un luogo così bello. Per quanto riguarda
la popolazione locale, nessuno più è interessato ad entrarvi e visitarlo proprio perché da anni la
situazione versa in queste condizioni. La Pro Loco di Lagopesole gestisce, all’interno del
Quarto della Regina e del Salone dell’Imperatore -quasi tutto il primo piano-, un museo
narrante estremamente interessante, premiato qualche giorno fa a Milano con il Premio Italia
Medievale. Il museo si avvale di 3 grandi ambienti all’interno dei quali la tecnologia fa da
padrona.
Nella prima sala del museo narrante, su una sfera che pende dal soffitto, vengono proiettate
immagini tratte da illustrazioni medievali, pagine di documenti dell’epoca e una voce narrante
racconta le date salienti della storia dello Stupor Mundi (figura 13). Il fruitore può accomodarsi
su degli spalti posti di fronte alla sfera; davanti agli spalti c’è una linea del tempo con una sfera
su un carrellino mobile che può essere spostato lungo tutta la linea del tempo e una volta
arrivati su una data, funge da interruttore per l’inizio della narrazione (figura 14). Questa sala
lascia libero spazio al fruitore che può scegliere di ascoltare tutta la storia di Federico II o di
soffermarsi solo sulle date che gli risultano più interessanti o importanti. Inoltre la voce
narrante e la proiezioni delle immagini tratte anche da racconti sulla vita di Federico II possono
immergersi completamente nella storia senza affaticarsi nella lettura di pannelli o didascalie
complesse. Abbiamo visto, negli Approfondimenti per la redazione di didascalie e pannelli,
quanto siano fondamentali il silenzio e la concentrazione del pubblico durante la visita, ma
anche come una narrazione vocale sia più efficace nella riuscita della comunicazione. Infatti, la
narrazione vocale, piuttosto che scritta, all’interno del museo narrante di Lagopesole, aiuta il
fruitore a godere a pieno della storia dello Stupor Mundi.
Alle spalle degli spalti, c’è un’altra installazione: una grande struttura a forma di corona le cui
gemme si aprono e al loro interno, attraverso degli schermi, vengono proiettate delle scene di
vita di corte, ovviamente romanzate (figura 15-16). La particolarità di queste scene è che molti
dei figuranti e delle comparse, sono persone del posto che sono state scelte attraverso un
casting e che hanno partecipato alle riprese a Cinecittà. L’addetto all’installazione, solitamente
un dipendente della Pro Loco, spiega al fruitore questo aneddoto e accresce in lui la curiosità di
vedere gente del posto alle prese con la propria storia. Non solo i turisti sono affascinati da
questo aspetto, ma anche gli abitanti del paese che proveranno piacere a scovare tra le
comparse i propri compaesani. La narrazione all’interno della corona è sviluppata su
personaggi non storici, gente comune che abitava la corte dell’Imperatore: ci sono i cuochi
nelle cucine, i venditori al mercato, le sarte, ecc.
Nella seconda sala, un proiettore manda delle immagini sui quattro muri, un prato, un cielo,
delle costruzioni architettoniche, stemmi, monete e scudi. Su questo sfondo, appaiono dei
personaggi tra cui Biancalancia e Manfredi interpretati da attori famosi che raccontano gli
ultimi istanti della vita di Federico II e della fine del suo regno (figura 17-18). La narrazione
diretta è molto coinvolgente e commovente, inoltre, essendo proiettata su tutti e quattro i muri
della stanza, il fruitore dovrà muoversi nello spazio per poter guardare in faccia chi sta
parlando, quasi fosse di fronte ad un interlocutore presente fisicamente sul posto. Ancora una
volta, la narrazione orale, favorisce l’attenzione dei pubblici e non permette loro di distrarsi,
coinvolgendoli direttamente nelle vicende narrate in forma teatrale e magistrale.
Nella terza sala vi sono dei pannelli neri poggiati ai muri sul quale viene proiettata una figura
maschile o femminile in abiti medievali. Avvicinandosi a questi pannelli, parte un narrazione
che spiega le varie parti che componevano il vestiario dell’epoca ed è possibile visionare una
figura maschile e una femminile in abiti più ricchi e quindi di più alto rango sociale, e una
figura maschile e una femminile in abiti più poveri e malmessi che delineano l’appartenenza al
popolo. Al centro della sala, si trova un palchetto sul quale troviamo le riproduzioni di vari
reperti collegati a Federico II tra cui il libro della Costituzione di Melfi ed una ricostruzione del
busto di Barletta (figura 19-20). Ogni reperto è illuminato dall’alto ed è affiancato da una
didascalia scritta. L’unica zona del museo narrante in cui il fruitore deve fare uno sforzo di
lettura. Questa sala però presenta varie problematiche: non è mai del tutto buia e quindi le
proiezioni dei personaggi sono spesso disturbate dalla luce e la narrazione vocale disturba
coloro che cercano di leggere le didascalie scritte. È stata di recente allestita un’altra sala che
presenta delle riproduzioni grafiche di reperti federiciani ritrovati in tutto il sud Italia. La
problematica di questa sala è che le didascalie legate alle immagini sono del tutto illeggibili
perché stampate su un plexiglass trasparente (figura 21). Un grande problema che invece
riguarda l’intero Museo Narrante, ma che si sta cercando di risolvere, è che tutta la narrazione è
fatta in lingua italiana, quindi i turisti di altre nazionalità non possono visitarlo e goderne a
pieno se non facendo una semplice e veloce visita guidata all’interno delle sale sperando di
trovare una guida che parli almeno l’inglese. Questa è una grande problematica che va risolta il
prima possibile dato che spessissimo arrivano gruppi di turisti tedeschi interessati a visitare i
luoghi di Federico II. Le didascalie nel Museo Archeologico, inoltre non sono tradotte
nemmeno in inglese.
Una soluzione a questo potrebbe essere sicuramente l’utilizzo di una tecnologia non invasiva e
di facile utilizzo e comprensione che permetta la scelta della lingua in un catalogo più fornito e
che consenta a tutti i fruitori di godere a pieno della visita. Il museo narrante dovrebbe porsi il
problema delle lingue diverse che parlano i suoi diversi pubblici e sviluppare narrazioni
differenti anche in base all’età e alla provenienza sociale e culturale dei suoi fruitori. Passi da
gigante sono stati mossi in questo ultimo anno. Dapprima la riapertura di tutte le sale del
museo narrante le quali erano state chiuse per anni a causa di mancanza di fondi per la
manutenzione, in secondo luogo la conoscenza da parte delle istituzioni di questa realtà, sta
dando una grande opportunità di riscoperta e valorizzazione del Castello che negli ultimi due
anni ha avuto un forte incremento delle visite anche da regioni e città dalle quali non erano mai
arrivati visitatori. Sicuramente la trovata di questo genere di didascalia narrativa orale è
accattivante ed interessante soprattutto perché si può vivere in loco, fa ritornare indietro nel
tempo e ridà vita ad un maniero che altrimenti con il passare degli anni sarebbe finito
abbandonato a causa dell’incuria e del disinteresse locale. Trovo che il Museo Narrante di
Lagopesole sia un buon esempio, seppur con qualche imprecisione, di museo del futuro, di
didascalia del futuro e penso che questo progetto andrebbe esteso all’interno di tutta la struttura
superando la divisione degli spazi tra gli enti e regalando una nuova vita anche ai reperti
conservati nel Museo che sono di grandissimo interesse storico e artistico. Questa nuova forma
museale, questa narrazione e questo coinvolgimento del fruitore direttamente all’interno della
storia riapre il dialogo tra l’oggetto e i pubblici, lo rende vivo e caldo.
Figura 1. Galleria degli Uffizi, 2018. Figura 2. Galleria degli Uffizi, 2018.

Figura 3. Galleria degli Uffizi, 2018.


Figura 4. Museo dei Campi Flegrei, 2019. Figura 5. Museo dei Campi Flegrei, 2019.

Figura 6. Museo dei Campi Flegrei, 2019.


Figura 7. Walkscape Brindisi, ph Mattia De Angelis, 2016.

Figura 8. Walkscape Brindisi, ph Mattia De Angelis, 2016.


Figura 9. Castel Lagopesole (PZ)

Figura 10. Castel Lagopesole, @archgiovanni via instagram, 2019.


Figura 11. Museo Archeologico di Lagopesole, 2019.

Figura 12. Museo Archeologico di Lagopesole, 2019.


Figura 13. Il Mondo di Federico II, Castello di Lagopesole, 2019.

Figura 14. Il Mondo di Federico II, Castello di Lagopesole, 2019.


Figura 15. Il Mondo di Federico II, Catello di Lagopesole, 2019.

Figura 16. Il Mondo di Federico II, Castello di Lagopesole, 2019.


Figura 17. Il Mondo di Federico II; Castello di Lagopesole, 2019.

Figura 18. Il Mondo di Federico II, Castello di Lagopesole, 2019.


Figura 19. Il Mondo di Federico II, Castello di Lagopesole, 2019.

Figura 20. Il Mondo di Federico II, Castello di Lagopesole, 2019.


Figura 21. Il Mondo di Federico II, Castello di Lagopesole, 2019.
Note
[1] ENCICLOPEDIA TRECCANI.
[2] ENCICLOPEDIA TRECCANI.
[3] MiBACT, LINEE GUIDA PER LA COMUNICAZIONE NEI MUSEI: SEGNALETICA
INTERNA, DIDASCALIE E PANNELLI. QUADERNI DELLA VALORIZZAZIONE, 2015.
(pag 17)
[4] MiBACT; LINEE GUIDA PER LA COMUNICAZIONE NEI MUSEI: SEGNALETICA
INTERNA; DIDASCALIE E PANNELLI: QUADERNI DELLA VALORIZZAZIONE, 2015
(pag 44).
[5] MiBACT; LINEE GUIDA PER LA COMUNICAZIONE NEI MUSEI: SEGNALETICA
INTERNA; DIDASCALIE E PANNELLI: QUADERNI DELLA VALORIZZAZIONE, 2015
(pag 47).
[6] MiBACT; LINEE GUIDA PER LA COMUNICAZIONE NEI MUSEI: SEGNALETICA
INTERNA; DIDASCALIE E PANNELLI: QUADERNI DELLA VALORIZZAZIONE, 2015
(pag 49).
[7] MiBACT; LINEE GUIDA PER LA COMUNICAZIONE NEI MUSEI: SEGNALETICA
INTERNA; DIDASCALIE E PANNELLI: QUADERNI DELLA VALORIZZAZIONE, 2015
(pag 79-80).
[8] ARTRIBUNE; IMPARARE CAMMINANDO. I WALKSCAPE DI ANTONELLA
MICALETTI E GIOVANNA BOZZI. ANNALISA TRASATTI, 2019.
[9] THE QUATERMASS XPERIMENT; “ESTERNO, GIORNO” ED IL RAPPORTO
TESTO-IMMAGINE. IL7-MARCOSETTEMBRE, 2018.
[10] MiBAC; APPROFONDIMENTI PER LA REDAZIONE DI DIDASCALIE E
PANNELLI, 2019 (pag 3).
[11] MiBAC; APPROFONDIMENTI PER LA REDAZIONE DI DIDASCALIE E
PANNELLI, 2019 (pag 3-4).
[12] MiBAC; APPROFONDIMENTI PER LA REDAZIONE DI DIDASCALIE E
PANNELLI, 2019 (pag 16).
[13] MiBAC; APPROFONDIMENTI PER LA REDAZIONE DI DIDASCALIE E
PANNELLI, 2019 (pag 20).
[14] MiBAC; APPROFONDIMENTI PER LA REDAZIONE DI DIDASCALIE E
PANNELLI, 2019 (pag 24)

[15] MiBAC; APPROFONDIMENTI PER LA REDAZIONE DI DIDASCALIE E


PANNELLI, 2019 (pag 31).
[16] BASILICATANET; LAGOPESOLE, 2008-2018.

Sitografia

“Didascalia” Treccani, Enciclopedia online. Treccani.it.


<http://www.treccani.it/vocabolario/didascalia/>.

“Linee Guida per la comunicazione nei musei: segnaletica interna, didascalie e pannelli”
MiBACT. Musei.beniculturali.it. <http://musei.beniculturali.it/wp-
content/uploads/2017/01/Linee-guida-per-la-comunicazione-nei-musei-segnaletica-interna-
didascalie-e-pannelli.-Quaderni-della-valorizzazione-NS1.pdf> (pag 17, 44, 47, 49, 79-80).

“Imparare camminando. I Walkscape di Antonella Micaletti e Giovanna Bozzi” Annalisa


Trasatti. Artribune.com. <https://www.artribune.com/professioni-e-
professionisti/didattica/2019/07/walkscape-antonella-micaletti-giovanna-bozzi/>.

“Approfondimenti per la redazione di didascalie e pannelli” MiBAC. Musei.liguria.beniculturali.it.


<http://www.musei.liguria.beniculturali.it/wp-content/uploads/2019/07/Approfondimenti-per-la-
redazione-di-didascalie-e-pannelli.pdf> (pag 3,4, 16, 20, 24, 31).

“Lagopesole” Basilicatanet. Basilicatanet.com.


<http://www.basilicatanet.com/ita/web/item.asp?nav=lagopesole>

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