Già da un secolo si avevano testimonianze archeologiche dell’esistenza di un grande impero in Asia Minore
nel II millennio a. C., ma NON si immaginava fosse una popolazione indoeuropea.
Nello specifico, le testimonianze linguistiche di queste popolazioni anatoliche appartenevano a due aree ed
erano di natura diversa:
1
Hrozny decifrò le tavolette di Bogazkoy, mentre solo in seguito furono decifrati i geroglifici, stilati in
dialetti imparentati all’ittita ma con alcune caratteristiche diverse: si trattava di dialetti luvi. Il luvio è
parzialmente presente anche nelle tavolette di Cappadocia (quindi si utilizzava anche nell’impero ittita).
II millennio ittita, luvio, palaico (di quest’ultimo le testimonianze sono minori e molto frammentarie)
GRAMMATICA STORICA
Sistema scrittorio
Il sistema scrittorio cuneiforme fu sviluppato dai sumeri e arrivò agli ittiti attraverso degli accadi
(l’accadico è una lingua semitica, il sumero una lingua isolata). Si compone di ideogrammi e
sillabogrammi: alcuni segni rimandano direttamente ai concetti, mentre i sillabogrammi rappresentano
specifici gruppi di sillabe (infatti alcune sillabe riportano vocali che in realtà non venivano pronunciate).
Purtroppo a causa della natura di questa scrittura molte informazioni di natura fonetica non sono
facilmente ricostruibili (ad esempio la natura di vocale breve/lunga, la possibilità dell’esistenza delle
laringali ecc.).
Scoperta ittito
- sistema verbale: non ha distinzione aspettuale (cioè non c’è differenza tra tema del presente e tema
dell’aoristo, come in greco, sanscrito ecc), ha solo il modo indicativo e imperativo e solo presente e
preterito
Soluzione: l’anatolico ha perduto le categorie grammaticali indoeuropee nel corso della sua preistoria O
il ramo anatolico si è distaccato dalla lingua madre quando ancora le diverse categorie grammaticali
non si erano formate.
Fonologia
Vocalismo
Secondo alcuni le vocali lunghe sono indicate nel sistema cuneiforme mediante raddoppiamento
grafico.
2
Tranne il licio, nelle lingue anatoliche:
>a
ew, ow > u (ittito)
ej, oj > e (ittito) scritta come i oppure e
Le sonanti in posizione di apice sillabico sviluppano vocale d’appoggio a
Consonantismo
- No opposizione di aspirazione
- Originarie sonore e sonore aspirate confuse in una serie di sonore contrapposta a quella delle sorde
-> opposizione che spesso si ha in posizione interna
- ittito: esiti centum -> conserva le labiovelari, mentre confonde palatali con velari
- luvio:
kw > ku
k> k
k (con cappellino) >ts
- Sono ricostruite due serie di consonanti (sorde e sonore) in posizione interna, mentre a inizio
parola sono tutte sorde (ma sarebbe anche possibile immaginare un sistema come quello del
tocario, che confonde tutt’e tre le serie in tutti i contesti)
- Presenza di almeno due laringali (laddove la teoria tradizionale ricostruisce uno schwa, nelle lingue
storiche troviamo sempre una a e nelle lingue indoiraniche una i, in ittita si trova la laringale
indicata come h2). Secondo la teoria laringalistica, la laringale scompare colorando la vocale
seguente, facendo quindi sorgere una a (i per l’indoiranico). *h2e > a
LINGUE INDOIRANICHE
Lingue indoarie= lingue indoeuropee dell’India
Forse II millennio a.C.: l’India occupata da popolazioni dravidiche non indoeuropee fu invasa da
indoeuropei provenienti da NO, a cui appartenevano i dinasti che precedentemente ressero il REGNO DEI
MITANNI (Nord della Mesopotamia).
La lingua dei Veda, soprattutto quella dei testi più antichi presenta tratti propri dei dialetti indoari occ.
Diverso dal vedico è il sanscrito, perpetuato nei secoli come lingua “cristallizzata” appresa con lo studio e
usata soprattutto nelle corti e nella letteratura (ricca di generi tra cui: epica, lirica, teatro e trattistica).
Con le iscrizioni del RE ASHOKA (3 secolo a.C.) iniziano ad essere documentati i pracriti =lingue indoarie
naturali diverse dal sanscrito. Il loro uso letterario fu legato soprattutto a buddismo e giainismo
I millennio
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- Indiani
LINGUE
Indiano antico
Scritture brāhmi semialfabetiche, di cui la più famosa è la devanagarī (“scrittura urbana sacra”),
caratterizzata dal fatto che le vocali diverse da a sono rappresentate per mezzo di segni diacritici, mentre
un segno base privo di diacritici rappresenta consonante + a.
- Iranici
Rimasti nelle steppe più a lungo di tutte le pop. indoeu conosciute come guerrieri nomadi, che sapevano
utilizzare non solo i carri da guerra (come i greci e gli indiani) ma avevano anche perfezionato la tecnica del
morso (ed erano quindi guerrieri a cavallo)
LINGUE
In questa fase antica si parla di ramo orientale (avestico) e ramo occidentale (persiano antico), distinte tra
loro per gli esiti satem delle palatali ie. :
- Partico
- Medio persiano
1
Stessa situazione dei Veda: rispecchia una situazione linguistica molto più antica, risalente addirittura all’VIII sec. a.C.
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Secondo Villar, quest’ultimo gruppo di lingue (ossetico e caspico) è la diretta continuazione delle lingue
parlate dalle popolazioni iraniche delle steppe che non si mossero dalla loro sede ancestrale, cioè dal luogo
da cui millenni prima erano partite le prime migrazioni indoeu. (Steppe del sud della Russia, secondo la
teoria di Marija Gimbutas).
- Lingue A (a differenza di tutte le altre lingue a, confondono non solo a/o, ma anche *e>a)
Quindi, stando alla teoria tradizione, diciamo che le tre vocali indoeuropee *a,o,e > a
- Esistono poi fenomeni di palatalizzazione secondaria delle originarie velari e labiovelari (confuse) di
fronte a originaria vocale palatale *e: pronome *kwe- > ca.
- solo due serie di occlusive (sorde e sonore) che in alcuni casi si fricativizzano
- s > h in molti contesti, come in greco (*septm̥ > hapta)
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Accento libero significa che la struttura sillabica della parola non ne vincola la posizione (e può avere funzione
distintiva), musicale significa che la sillaba accentata ha una frequenza più alta delle sillabe non accentate. Villar nega
la tradizione ricostruzione di un accento a predominanza musicale per l’indoeuropeo solo perché tale era l’accento del
sanscrito e del greco, mentre è certo che l’accento indoeuropeo fosse libero e che la sua posizione comportasse
informazione morfologica (es. nel sistema verbale).
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- condivide alcuni tratti con le lingue baltiche e slave, che secondo Villar dipenderebbero dalla
permanenza del gruppo iranico (a differenza di quello indiano) nelle steppe, a contatto con il
continuum linguistico baltico-balcanico ( fenomeni di contatto areale).
GRECO
Breve ricostruzione storica
1900-1600 a.C. arrivo delle prime popolazioni greche nella loro sede storica, probabilmente dall’Epiro e
dalla Tessaglia occidentale. Secondo Villar, in questa fase il grosso della differenziazione dialettale non si è
ancora prodotto. Ciò significa che va rifiutata la teoria tradizionale secondo cui i greci, divisi nelle tre stirpi
degli ioni, eoli e dori, sarebbero arrivati più o meno contemporaneamente e già parlando tre dialetti diversi.
Bisogna postulare più invasioni scaglionate, secondo Villar almeno due (mentre alcuni archeologi
antimigrazionisti come Renfrew ipotizzano un’unica invasione).
1400 a.C. fiorisce a Creta e nel Peloponneso la civiltà micenea, che si sovrappone a una civiltà cretese
preindoeuropea (probabile residuo di quella che Villar chiama “vecchia Europa”, la civiltà preindoeuropea
presente in Europa in epoca neolitica, matriarcale e non bellicosa). <
Prima differenziazione dialettale: greco settentrionale (Epiro) vs. meridionale (miceneo). Mic. *ti > si
1200 a.C. caduta di Micene e successivo “medioevo ellenico”. La fine dell’epoca micenea è
tradizionalmente attribuita all’invasione dei dori, l’ultima migrazione di popolazione greca dall’Epiro, ma
Renfrew ipotizza invece una rivolta sociale interna dei dori in posizione subalterna.
Nell’VIII sec. a.C. vengono messi per iscritto i poemi omerici, che rispecchiano la situazione storica
dell’epoca micenea. La lingua è un esempio di lingua “artificiale”: base ionica con elementi eolici e molti
arcaismi (che testimonierebbero la natura orale del materiale poetico).
N.B. dal V sec. a.C. il predominio culturale di Atene (greco attico) e la successiva conquista di Alessandro
Magno e l’epoca ellenistica favoriscono la diffusione in tutto il territorio di una koiné basata
prevalentemente sul dialetto di atene.
Fonologia
N.B. Stando alla teoria tradizionale, il greco conserverebbe molte caratteristiche dell’indoeuropeo: il
sistema di 5 timbri vocalici con l’opposizione brevi-lunghe, gli esiti delle tre serie di occlusive, il sistema
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Il fatto che il dialetto arcadico cipriota sia “interrotto” da varietà doriche testimonia la presenza sul territorio di
questo dialetto prima dell’arrivo dei dori. È molto probabile quindi che la caduta di Micene sia stata causata
effettivamente da un’invasione e non da una rivolta sociale.
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morfologico ricchissimo con duale, tre generi, sistema verbale complesso con distinzioni aspettuali, ecc.
Si tratta però di un cane che si morde la coda: il greco conserva queste caratteristiche perché i
neogrammatici hanno ricostruito l’indoeuropeo basandosi sul prestigio e sull’antichità del greco e del
sanscrito. Secondo Villar, greco e lingue indoiraniche derivano dallo “strato” di indoeuropeo più recente,
cioè le rispettive popolazioni sarebbero migrate più tardi delle altre dalla loro sede ancestrale.
Vocalismo
Consonantismo
- Sono ricostruite tre serie occlusive: sorde, sonore e sorde aspirate (che successivamente si
fricativizzano, oppure perdono l’aspirazione per la legge di Grassmann)
- Lingua CENTUM: le palatali indoeuropee si presentano come velari, mentre le labiovelari sono
conservate (anche se l’unica lingua greca a testimoniarle è il miceneo, mentre si perdono in tutti i
dialetti greci del I millennio, con esiti vari. Es. pronome *kwi- > tis, confronta con il lat. quis)
- Il nesso di due occlusive alveolari –tt- dà –st-, come in iranico, baltico e slavo
- Le occlusive cadono in posizione finale (pronome dimostrativo *tod > tò “questo”)
- *s > h davanti a vocale (come in iranico. Es. septm̥ > hepta), cade in posizione interna.
- Trattamento delle approssimanti:
[j] cade o viene sostituita da h/z (*jekwr̥ > hepar “fegato”, lat. Iecur)
[w] cade solo in ionico-attico. Si scrive <F> “digamma” (ES. *woikos “famiglia” > oikos “casa”, lat.
Vicus “gruppo di case, villaggio”)
-presenza di protesi vocaliche in alcuni contesti (Effetto di un’antica laringale iniziale?), sempre
davanti a r (*rudhros > erythros “rosso”)
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LATINO E ALTRE LINGUE DELL’ITALIA ANTICA
Situazione linguistica “a mosaico”: la documentazione epigrafica e la toponomastica testimoniano la
presenza di moltissime lingue diverse, non tutte imparentate al latino e non tutte indoeuropee.
- Gruppo latino:
latino (sponda sinistra del Tevere)
falisco (Lazio settentrionale)
siculo (Sicilia)
venetico (?)
- Gruppo osco-umbro
Osco (Campania, Lucania)
Umbro
Sabellico (o “umbro antico”)
Sannita, marso, valsco, sabino ecc...
n.b. Le lingue di questo gruppo NON costituiscono un continuum distribuito sul territorio in maniera
uniforme, ma sono piuttosto unità discrete in relazione fra loro (e alcune sono più antiche di altre). L’unica
relazione più verosimile è la derivazione dell’umbro dal sabellico.
- Altri gruppi
- Venetico (?)
- Lingua A del Lazio (popolazione indoeuropea stanziata in Italia millenni prima?)
- Messapico (Puglia, imparentato all’illirico)
- Celtico (lepontico e gallico)
- Sicilia: sicano ed elimo (verosimilmente si tratta delle popolazioni autoctone pre-indoeu, presenti
sul territorio almeno dal neolitico)
- Costa Adriatica: tra Fano e Pesaro è stata ritrovata una stele, detta stele di Novilara, scritta in un
alfabeto derivato dall’etrusco ma non ancora interpretata, che probabilmente appartiene a una
popolazione non indoeuropea d’Italia.
- Costa tirrenica: etruschi (Etruria, Tuscia)
- Liguria: ligure (lo statuto di lingua indoeu. o meno è controverso. Una teoria simile a quella del pan-
illirismo fu a suo tempo avanzata per il ligure: si credeva che un vastissimo territorio europeo fosse
occupato da un “impero ligure” le cui caratteristiche linguistiche sono testimoniate dall’idronimia e
da alcuni toponimi.
LATINO
Prima del IV secolo a.C. il latino era parlato esclusivamente in una piccola regione dell’Italia centrale; la
documentazione risalente a questo periodo è esclusivamente epigrafica e si registrano diverse varietà
dialettali. Gli alfabeti utilizzati sono adattamenti di quello etrusco, a sua volta derivante dall’alfabeto greco.
Nel III secolo a.C. ha inizio la produzione letteraria mentre l’Impero si prepara ad un’espansione senza
precedenti, culminante nel II secolo d.C. Nonostante tale espansione, il latino non riuscirà ad imporsi come
lingua dominante ovunque ( restano esclusi i Balcani e le province asiatiche).
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La crisi del V secolo e le invasioni barbariche danno inizio al processo di estinzione che si conclude con la
scomparsa del latino in Africa settentrionale, nella Britannia e in Europa Orientale; laddove sopravvive, il
latino dà origine alle lingue romanze o neolatine (portoghese, spagnolo, catalano, provenzale, italiano,
romancio, romeno, retroromanzo, francese ecc.). Il latino sopravvisse comunque per molti secoli come
lingua di cultura sovranazionale.
OSCO UMBRO
Lingue attestate con documentazione epigrafica in Italia centro-meridionale tra il VI secolo a.C. e il I secolo
d.C. La denominazione Osco- Umbro prende il nome dalle due lingue meglio attestate del gruppo, è anche
detto “sabellico” o “italico” (quest’ultimo termine talvolta può comprendere anche il latino).
L’osco è la lingua dei Sanniti, insieme di tribù stanziate in Italia meridionale; le iscrizioni principali sono il
Cippo Abellano ( I sec a.C.- alfabeto nazionale osco adattato su quello etrusco) e la Tavola Bantina (in
latino).
L’umbro era diffuso nell’attuale Umbria orientale, documentato principalmente dalle Tavole Iguvine, incise
in alfabeto nazionale umbro e in latino.
Altre lingue documentate appartenenti al gruppo osco-umbro: equo, volsco, sabino, sudpiceno (mentre il
piceno settentrionale è il nome attribuito alla lingua non decifrata della stele di Novilara).
GRAMMATICA STORICA
-VOCALISMO
L’accento cade sull’ultima sillaba se questa è pesante (termina per consonante o contiene una
vocale lunga) o quando la parola è un bisillabo; cade sulla terzultima sillaba quando la
penultima è leggera; precedentemente l’accento cadeva sulla prima.
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Fenomeni di riduzione e caduta delle vocali brevi in sillaba interna (soprattutto interna aperta),
con casi di sincope o perdita di opposizione di timbro (si riducono tutte in -i)
-Fenomeni di monottongamento:
-i.e.*ej dà ī;
-i.e.*oj dà ū;
-i.e.*ow dà ū;
-CONSONANTISMO
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LINGUE CELTICHE
Intorno al IV secolo a.C. una vasta porzione di Europa era occupata da tribù celtiche, probabilmente
originarie delle regioni dell’alto Reno e dell’alto Danubio; verso la prima metà del I millennio d.C. restavano
lingue celtiche solo in poche zone residuali isolate oltre alle isole britanniche e alla Bretagna francese.
Villar colloca la patria originaria dei celti in una zona nel cuore dell’Europa: tra sud-est della Germania, est
della Francia e parte della Svizzera. È piuttosto sicuro attribuire ai celti le culture materiali di Hallstatt e La
Tène, che si sarebbero spostate nel I millennio secondo i seguenti spostamenti (in ordine cronologico):
La situazione linguistica della penisola iberica è complessa quasi quanto quella italica. Prima della
dominazione romana, infatti, sono ricostruibili diversi strati linguistici, alcuni di origine indoeuropea e altri
no.
Iberico (zona orientale della penisola, che tocca il sud della Francia e i Pirenei)
Basco
Lingue del sud (tartessio?)
Il celtico insulare (la cui documentazione risale invece al medioevo) si divide in due gruppi:
A queste documentazioni medievali va aggiunta una documentazione d’irlandese più antico, risalente al III
– IV secolo d.C., in alfabeto ogamico (probabilmente derivato dal latino) e incise su pietra (ma pare che
originariamente incidessero su legno).
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La tradizione manoscritta nasce invece con l’introduzione del latino a partire dall’ VIII secolo.
-I primi manoscritti in gallese risalgono al XII secolo, anticipati da glosse sparse. Sia il gallese che il bretone
sono lingue vive, il cornico si è istinto nel XVIII secolo.
FONOLOGIA:
-Vocalismo
La maggior parte delle opposizioni di timbro vocalico viene mantenuta nelle lingue celtiche;
i.e.* ē > ī [*weros > airl. fìr “vero”]; i.e.*ō > ā [*dōnom > airl. dānum “dono”]; in sillaba finale *ō>ū;
l’accento è fissato sulla prima sillaba della parola (ma mai sui prefissi);
nelle sillabe non accentate le vocali lunghe si abbreviano [*bʱrātēr > airl. brátir “fratello”];
nelle vocali lunghe si formarono degli sviluppi secondari in antico irlandese [es. allungamento di
compenso per caduta di n:];
lo schwa indoeuropeo dà a;
-CONSONANTISMO
delle tre serie di occlusive indoeuropee le sonore aspirate perdono l’aspirazione confondendosi con
le sonore, eccetto per le labiovelari indoeuropee. i.e. gʷ perde il diaframma velare mutandosi in
labiale sonora b.
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scomparsa dell’indoeuropeo p che dà sempre zero [*pətēr > airl. athir]; in gallico e britannico un
nuovo p è creato dal mutamento di *kʷ >p
*s indoeuropea passa in molti casi a h o zero.
*m finale dà n in celtico insulare e gallico.
Casi di alternanza fonologica con funzione morfologica nelle lingue celtiche insulari:
-palatizzazione: in irlandese le vocali finali cadono, ma lasciano traccia dell’opposizione tra
consonanti finali palatizzate o meno; le consonanti palatizzate continuano delle consonanti che si
trovavano davanti a vocale palatale [airl. macc /mak/ “figlio” al nominativo, si ha un esito /k/ non
palatizzato perché la terminazione originaria iniziava per vocale non palatale (-os); mentre maicc
/makʲ/ “del figlio”, si ha palatalizzazione perché la vocale del genitivo era *-i.
-consonanti iniziali di parola: in posizione intervocalica le consonanti presentano lenizione, in
gaelico le occlusive lenite divengono fricative, l’alternanza occlusiva/fricativa dunque in posizione
iniziale ha funzioni morfologiche. In britannico meccanismi analoghi realizzati attraverso differenti
schemi di alternanza, per i diversi mutamenti fonetici avvenuti. (la lenizione dell’occlusiva sorda in
britannico porta a sonorizzazione e non a spirantizzazione e sono le sorde on lenite a subire
spirantizzazione tranne in posizione iniziale assoluta).
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LINGUE BALTICHE E LINGUE SLAVE
LINGUE BALTICHE: Nel I millennio a.C. le tribù baltiche occupavano una vasta area dell’Europa meridionale;
le pressioni di germani e slavi riducono il territorio di queste tribù alle sole regioni costiere del Mar Baltico.
II millennio a.C.: insediamento ancestrale del “Balticum”, estremamente più vasto del territorio attuale,
esteso dalla Polonia a ovest, a Mosca ad est, Kiev a sud e Riga a nord, testimoniato dall’idronimia.
I millennio a.C.: verso il 1000 a.C. iniziarono a infiltrarsi tribù germaniche nella zona occidentale, ma non ci
sono testimonianze storiche di questi eventi perché non avevano ripercussioni dirette né sulla Grecia né su
Roma.
VIII secolo d.C. inizio della cristianizzazione dei balti ad opera degli slavi.
Inizialmente furono cristianizzati i prussiani: il monaco polacco Cristiano di Oliva, non riuscendo a imporre
la religione pacificamente, chiese assistenza politica e militare e giunsero i Cavalieri Teutonici, ordine
fondato a Gerusalemme in epoca di crociate. Fu dato l’ordina della “spinta verso est” (Drang nach Osten).
L’imperatore Federico II garantì all’ordine teutonico i territori conquistati ai prussiani, che venivano
chiamati “saraceni del nord” (per i cavalieri, si trattava di una vera e propria crociata).
Delle numerose tribù baltiche solo tre lingue sono state documentate e tutte in età moderna:
N.B. non in tutti i paesi situati sulle sponde del mar Baltico si parla una lingua indoeuropea: in Finlandia ed
Estonia si parlano lingue ugro-finniche.
In virtù delle coincidenze linguistiche tra i due gruppi (riorganizzazione dell’accento, tratti morfologici
comuni, doppio esito delle sonanti r̥> /ir/ e /ur/), in passato si sosteneva una fase comune alle due
lingue, ma oggi questa ipotesi è screditata.
Meillet, dopo aver contestato la teoria di Schleicher sul baltoslavo, ipotizza l’esistenza non di una
lingua, ma di una civiltà agricola e sociale comune alle popolazioni che parlavano baltico, germanico e
slavo (a causa delle innovazioni lessicali comuni in ambito agricolo) e che potevano includere anche
celtico e lingue italiche.
Ad oggi, con l’avanzamento degli studi linguistici sull’illirico e il tracico, all’ipotesi di Meillet si è
sostituita un’ipotesi di comunanza balti-illiri-traci (secondo Radulescu, alcune lingue balcaniche
sarebbero semplicemente il risultato del naturale diffondersi della popolazione baltica dalla sua
primitiva sede verso il sud. Questa teoria sarebbe supportata dagli studi sugli idronimi e dalla
comunanza del tratto satem).
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ipotesi di Villar (continuum baltico-balcanico)
Villar riadatta l’ipotesi di Radulescu spiegando le coincidenze linguistiche suddette come arcaismi:
questa zona europea (cioè tutta l’ampia area orientale che va dal Balticum ai Balcani) sarebbe di
precoce indoeuropeizzazione, e le sue lingue proverrebbero quindi da uno strato d’indoeuropeo più
antico e arcaico rispetto al greco e all’indoiranico. Nei millenni seguenti, l’Europa centroorientale è
stata scenario di progressive invasioni di genti indoeuropee e non che hanno alterato, sfumato e
sostituito la “vecchia indoeuropeità” che si era instaurata, possiamo ipotizzare, anche intorno al IV-III
millennio a.C.
LINGUE SLAVE: Dal territorio compreso tra Polonia e Bielorussia gli slavi si estesero, a partire dai primi
secoli dell’era Cristiana, nelle quattro direzioni cardinali, prima che la contiguità territoriale acquisita non
venisse minacciata dai Magiari. Gli studiosi comunque non sono concordi sull’identificazione della loro
patria originaria.
Al di là di sporadiche citazioni storiche greche e romane gli slavi entrano nella storia abbastanza tardi.
455 a.C. : collasso dell’impero unno e occupazione slava dei Balcani, che trionfò quasi in tutto il territorio
centroorientale e fu invece assorbito a sud e sud est (da illiri/albanesi e greci) e a nord est da popolazioni di
lingua latina (in Romania).
Processo di re-indoeuropeizzazione dell’Europa orientale: celti – germani – slavi (fa eccezione l’Ungheria,
che nel IX sec. d.C. subì un’invasione di popolazioni ugrofinnici provenienti dagli Urali, che s’imposero sugli
slavi e diedero al paese la sua attuale identità magiara. Nello stesso secolo anche la Bulgaria fu invasa da
popolazioni turciche, ma in quel caso l’unica cosa che lasciarono fu il nome al paese). L’espansione slava
verso Oriente, a spese dei balti, di popolazioni ugrofinniche e altaiche è invece continuata fino ai giorni
nostri.
La prima produzione scritta risale al IX secolo: Costantino il Filosofo (San Cirillo) per approntare la
traduzione della Bibbia in slavo creò un alfabeto su modello di quello greco denominato glagolitico. Lo
slavo utilizzato era di impronta macedone, dunque la lingua letteraria di questo periodo è di tipo
meridionale ed è detta “antico slavo ecclesiastico” o “antico bulgaro”.
Nella fase successiva l’alfabeto glagolitico fu abbandonato in favore di quello “cirillico”, conservato dagli
slavi che hanno aderito alla Chiesa ortodossa dopo lo scisma del 1054, mentre chi ha aderito alla Chiesa di
Roma ha iniziato l’utilizzo sistematico del latino. Gli slavi cattolici utilizzano l’adattamento latino introdotto
all’inizio del XV secolo dall’umanista ceco J. Hus.
ELEMENTI DI GRAMAMTICA STORICA: SCRITTURA DEL LITUANO E TRASLITTERAZIONE DEGLI ALFABETI SLAVI
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<ė> indica in lituano una vocale anteriore mediochiusa. <ĕ> indica in antico slavo una vocale aperta
[æ];
La grafia del lituano distingue 3 tipi di accento: grave <`> per le vocali brevi accentate; acuto <’>
per le vocali lunghe e i dittonghi con tono discendente; circonflesso <˜> per le vocali lunghe e i
dittonghi di tono ascendente.
<j> indica la semiconsonante [j;
<c> è un’affricata dentale sorda [ts];
<z> è una s sonora [z];
La pipa contraddistingue le palatoalveolari: <č> =[tʃ]; <š>=[ʃ]; ž=[ʒ];
<g> è sempre velare;
<x> è la fricativa velare sorda [x];
-VOCALISMO
-CONSONANTISMO
Le tre serie di occlusive indoeuropee sono ridotte a due attraverso la deaspirazione delle sonore
aspirate, che vanno a confondersi con le sonore semplici;
Il baltico è di tipo satem. In lituano le occlusive palatali i.e. danno come esito delle fricative
palatoalveolari. In lettone abbiamo invece s e z. Tuttavia ci sono anche casi di esito velare delle
palatali i.e. Le labiovelari perdono il diaframma e si confondono con le velari;
Davanti a vocale non anteriore, i gruppi di consonante + semiconsonantico danno luogo ad un
unico fonema consonantico palatizzato creando così una serie di consonanti palatizzate nella
lingua. Graficamente la palatizzazione in lituano è espressa da una i dopo la consonante.
tuttavia le corrispondenti palatalizzate di t e d sono due affricate palatali in lituano: <či> e <dži>;
Dopo i suoni RUKI s> ʃ;
*j indoeuropea se non palatalizza la consonante precedente si conserva. La *w in lituano diventa
fricativa labiodentale;
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LINGUE SLAVE:
FONOLOGIA
- VOCALISMO
-CONSONANTISMO
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LINGUE GERMANICHE
Le lingue germaniche si dividono in 3 gruppi: orientale, nordico e occiddentale:
Delle parlate delle tribù orientali conosciamo solo la lingua dei Goti, messa per iscritto nel IV secolo
da Wulfila;
Le iscrizioni più antiche relative alle lingue germaniche nordiche risalgono al II-VIII d.C., si tratta di
epigrafi e sono in alfabeto runico. Dal IX secolo in poi progressiva scissione tra nordico orientale e
occidentale;
il germanico occidentale si divide in 2 sottogruppi: tedesco (basso tedesco e alto tedesco) e anglo-
frisone (frisone e lingua degli Angli, Juti e Sassoni);
<ai> <au> possono indicare sia veri e propri dittonghi, quanto, rispettivamente e ed o aperte. In
questo caso sono così indicate: <aí> ed <aú>
<ei> indica una i lunga;
<Ϸ> indica [θ];
<hv> vale [hw];
<q> vale [kw];
<g> è sempre un’occlusiva velare, ma <gg> può essere sia la velare geminata, sia la sequenza [ŋg].
<j> e <w> indicano le rispettive semiconsonanti;
<z> indica la s sonora [z];
<b> <d> <g> all’interno di parola e se non precedute da nasale vengono realizzate come fricative e
non come occlusive;
-FONOLOGIA
-VOCALISMO
Si conserva l’opposizione di quantità vocalica; ma *a ed *o danno l’esito unico > a breve, mentre *
ā ed *ō lunghi danno l’esito unico > o lungo;
e lungo, che continua i.e. *ē era molto aperto; in alcune lingue si muta in ā;
si attribuisce al germanico anche un secondo e lungo *ē2, più chiuso del primo; in ata questo fono
dà ia e non ā;
la caduta di n davanti a fricativa velare /x/ produce un nuovo ā [i.e.*Ϸanxt- > got. Ϸāhta];
la *e indoeuropea dà germ. *i in sillaba iniziale o davanti a nasale tautosillabica. In gotico i.e. *e dà i
in tutte le posizioni;
il dittongo i.e. *ej si monottonga in ī;
le sonanti sillabiche sviluppano la vocale d’appoggio u;
numerosi fenomeni di metafonia spesso con funzione morfologica [nom.plu. ags. *fōtiz > *fētiz >
fēt];
accento fisso di natura fortemente intensiva, posto sulla sillaba radicale della parola;
-CONSONANTISMO
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-le occlusive sonore indoeuropee si mutano in occlusive sorde;
-le occlusive sonore aspirate indoeuropee danno luogo a una serie di sonore articolate come
occlusive in posizione iniziale di parola o dopo nasale, ma come fricative nelle altre posizioni
[*trejes> got. Ϸreis; *dwo> got. twai];
Questo fenomeno è stato descritto secondo due modelli:
-“catena di trazione” postula che il primo dei tre mutamenti in ordine cronologico sia stata la
spirantizzazione delle sorde, con contemporanea spirantizzazione delle sonore aspirate; lo spazio
vuoto lasciato dalle modifiche delle occlusive sorde avrebbe creato nuove occlusive sorde tramite
la desonorizzazione delle sonore. A sua volta la mancanza delle occlusive sonore avrebbe provocato
il mutamento delle fricative sonore in occlusive sonore (realizzate come fricative in posizione
interna);
-“catena di propulsione”, basato sulla tendenza a preservare le opposizioni formali. Si postula che il
primo mutamento sia stata la perdita di aspirazione delle sonore aspirate; per non confondersi con
queste le sonore semplice si sono desonorizzate e per non confondersi con queste ultime, le sorde
di sono spirantizzate;
---- un’opposizione tra originarie sorde e sonore aspirate avviene in germanico in posizione interna
tra elementi sonori. In questi contesi le occlusive sorde indoeuropee diedero non fricative sorde,
ma sonore; tale fenomeno non si verificò se l’accento originario cadeva sulla sillaba
immediatamente precedente.
Il germanico è una lingua centum: le palatali si confondono con le velari; le labiovelari restano
distinte [got. qiman < i.e.*gwem “venire”];
Due occlusive dentali danno coem esito: -ss- come latino, osco-umbro e celtico [*sed-tos> ags.
sess];
Fenomeni di geminazione consonantica:
-Fenomeni di assimilazione producono sonanti geminate (-ll-, -rr-, -mm-, -nn-);
-le semiconsonanti j e w diventano geminate quando si trovano in posizione intervocalica e la
vocale che precede è breve; in gotico tali sonanti danno esiti: ddj e ggw rispettivamente;
-in germanico occidentale si hanno fenomeni di geminazione a carico di consonanti seguite da
sonante e semiconsonante: got. bidjan, ma antico sassone biddian;
La w indoeuropea si conserva come semiconsonante in gotico, ma si muta come fricativa
labiodentale sonora nella maggior parte delle lingue germaniche;
Una seconda mutazione consonantica caratterizzò in fase preistorica l’evoluzione del
consonantismo dell’alto tedesco: le occlusive sorde germaniche diventano affricate ( in posizione
iniziale e post consonantica) o fricative ( nelle altre posizioni); le sonore germaniche diventano
sorde; passaggio della fricativa dentale germanica Ϸ a occlusiva sonora d;
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LINGUE ANTICHE DELL’AREA BALCANICA, FRIGIO E ALBANESE
Traci, daci, mesi, frigi, macedoni, peoni, illiri, messapi e albanesi sono tutti verosimilmente originari
dell’area balcanica, anche laddove le loro sedi storiche sono situate in Europa orientale e Asia Minore.
Villar ipotizza l’esistenza di un continuum linguistico dal Baltico ai Balcani, risultato di una seconda
migrazione a partire dall’Europa centro-orientale (definito come nucleo secondario di indoeuropeizzazione
a partire dal IV millennio a.C.). Non vanno quindi considerate come un unico gruppo, ma probabilmente
provengono dallo stesso strato di indoeuropeo (molto antico).
Tracio
Testimoniato da fonti indirette (glosse, toponimi, antroponimi, teonimi) + 4 iscrizioni in alfabeto greco.
Sede storica: odierna Bulgaria (ma territorio più esteso, fino alla Grecia e alla Turchia europea). Alcuni
toponimi in area balcanica testimoniano la presenza tracica nel I millennio (a conferma della loro origine
balcanica).
Contatti coi greci: Dioniso e Semele (sua madre) sono divinità di origine tracica. Pare che i greci non fossero
capaci di riprodurre i loro suoni: Villar lo utilizza come esempio del fatto che fosse una lingua A, con sistema
a 4 timbri e la [ɑ] vocale posteriore non arrotondata.
Es. di nome di re famoso: Reso (<*reĝ-, la palatale ie. diventa fricativa alveolare sorda, confronta lat. Rex).
Storia ricca di migrazioni/invasioni: presenza di colonie greche; sottomissione all’impero persiano, poi
romano, invasione slava e infine bulgara.
Lingua parlata oggi: bulgaro (lingua slava meridionale). L’invasione dei bulgari (guerrieri nomadi turco-
mongoli) non ha lasciato tracce linguistiche, a differenza dell’analoga invasione di genti ugrofinniche in
Ungheria.
Dacomisio
Sede storica: la Dacia corrispondeva grossomodo all’attuale Romania; la Mesia era un piccolo territorio in
Anatolia occidentale. L’area dacomisia è interrotta dal tracio.
Archeologia: nei territori montuosi della Romania sono state trovate piazzeforti di montagna e luoghi
fortificati tipicamente indoeuropei.
Ipotesi di parentela tracio-dacia (MA su alcuni punti divergono e pare che in tracio ci sia stata una
rotazione consonantica che il daco non ha).
Lingua parlata oggi: il rumeno è una lingua neolatina: pare che il latino abbia resistito a tutte le invasioni
successive nonostante la breve durata della dominazione romana, di solo un secolo e mezzo.
Macedone e peone
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Sede storica: la macedonia corrispondeva al territorio montuoso a nord della Tessaglia; i peoni occupavano
una piccola zona a nord della macedonia e ovest della Tracia.
Nel IV sec. a.C. il regno macedone sottomette le città della Grecia e l’impero persiano.
Fonologia: presenza di sole due serie occlusive (Sorde e sonore semplici) a differenza del greco. Al contrario
di tracio e dacomisio, comunque, sembrano essere lingue centum con a/o differenziate.
Lingua parlata oggi: Il macedone moderno è una lingua slava meridionale (come bulgaro, serbo-croato e
sloveno).
Frigio
Fonte: due gruppi di epigrafi di epoche diverse, per cui si distingue paleofrigio (VIII-III a.C.) e neofrigio (I-IV
d.C.).
VIII sec. a.C. Massimo splendore della Frigia, con capitale Gordio e re Mida, caduta poi in rovina per
l’incursione della popolazione iranica dei cimmeri.
La divinità greca Cibele, venerata anche altrove in Anatolia (Kubila), sarebbe di origine frigia presa dal
sostrano anatolico preindoeuropeo (divinità matriarcale).
Fonologia:
come in greco, c’è distinzione a/o e tra vocali brevi e lunghe ed è probabilmente una lingua centum
(ma non c’è opinione univoca).
Come in armeno, è probabile una rotazione consonantica .
Come in greco, -m finale dà –n.
Come in greco, armeno e indoiranico, è presente l’aumento per marcare il passato.
Illirico e messapico
Sede storica: almeno dal I millennio a.C., attuale Albania ed ex Jugoslavia. I messapi sarebbero discendenti
degli illiri stanziatisi in Apulia (cioè in Puglia).
Fonti: l’illirico è scarsamente testimoniato: solo due iscrizioni (di cui una è controversa) + glosse, toponimi e
antroponimi. Il messapico invece è testimoniato da ben 300 iscrizioni, dal VI sec. a.C.
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Fonologia: lingua A, probabilmente satem (ma nel nord-ovest la toponomastica ha esiti centum), solo due
serie di occlusive (sorde e sonore semplici)
L’illirico è stato oggetto della cosiddetta teoria del panillirismo (Pokorny, Krahe), i cui sostenitori, alla luce
della scoperta dell’idronimia indoeuropea antica (che non corrisponde a nessuna lingua indoeu.
storicamente attestata), avevano attribuito agli illiri un’espansione vastissima su tutto il continente europeo
prima di successive ondate di re-indoeuropeizzazione. Oggi la teoria è stata fortemente ridimensionata e
per l’idronimia antica si parla semplicemente di Alteuropäisch, cioè europeo antico.
Villar propende anche in questo caso per l’ipotesi del continuum baltico-balcanico, le cui affinità linguistiche
sarebbero quindi semplici arcaismi che conservano fenomeni linguistici di uno strato d’indoeuropeo molto
antico.
Albanese
XI sec. d.C. gli albanesi sono menzionati per la prima volta, da autori bizantini
Eppure nessuna fonte parla di un’immigrazione albanese: è probabile (ma non accertabile) che gli albanesi
siano semplicemente i discendenti degli illiri.
Lingua parlata oggi: si distinguono due dialetti, il ghego al nord e il tosco a sud, su cui si basa la lingua
ufficiale.
Fonologia
- Lingua A
- Non c’è opposizione tra vocali brevi e lunghe
- I dittonghi si monottongano
- Si ricostruiscono solo due serie occlusive, sorde e sonore semplici
- Presenza di [h], probabile continuatore di una laringale
- Presenza di consonanti palatali di creazione recente
- Lingua satem con esiti problematici/particolari (le labiovelari non si confondono con le
antiche velari, quindi troviamo tre serie risultanti dalle tre dorsali)
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TOCARIO
Due varietà linguistiche: TOCARIO A e TOCARIO B, parlate nel I millennio a.C. nella regione dell’attuale
Turkestan cinese (città di Kuča e Turfan). La documentazione risale ai secoli VI-VIII d.C; si estinse nel I
millennio soppiantate da lingue turche.
-i manoscritti in tocario A sono qausi esclusivamente di contenuto dottrinale e religioso (anche traduzioni di
originali sanscriti già noti);
-SISTEMA DI TRASLITTERAZIONE
<ā> indica una vocale centrale più aperta di quella indicata con <a>. <ä> indica vocale chiusa
centrale [ł];
<c> vale [ʧ];
<ṣ> indica una sibilante palatizzata <sj>;
<ś> vale [ʃ];
<ly> indica la palatale <λ>;
<˹n> indica [ɲ];
Il segno < ̑> posto tra due consonanti e con una vocale a deponente indica che nel manoscritto i
segni delle due consonanti sono legati e la vocale è segnata con quella della sillaba successiva;
FONOLOGIA:
-VOCALISMO
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Nuove vocali si creano da monottongamenti;
In tocario A le vocali finali dileguano;
-CONSONANTISMO
-inizialmente l’articolazione palatizzata e quella non palatalizzata costituivano due varianti dello stesso
fonema, successivamente una serie di fenomeni fonologici ruppe l’originaria distribuzione complementare;
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