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CONTESTO STORICO

Tutte le opere del programma si occupano di mettere in scena la crisi storica e


religiosa e il loro riflesso nella letteratura come espressione dei singoli.
Fine ‘500 e ‘600 → uno dei periodi più complessi della storia inglese. Sono degli
anni in cui il volto dell’Inghilterra cambia radicalmente.

Il XVI secolo fu per l'Inghilterra il secolo più ricco di eventi cruciali. Fu davvero
l'inizio esclusivo di tutto: della sua identità nazionale e linguistica, della sua
letteratura e della sua potenza politica economica, l'inizio anche della sostanza
nel mondo.

Metà del ‘500, Enrico VIII decide di accogliere le istanze della riforma e di istituire
una chiesa inglese con uno statuto teologico ancora molto ambiguo.
Enrico VIII dichiara l' indipendenza della corona inglese dalla Santa sede con
l'atto di supremazia del 1534 si proclama capo della Chiesa di Inghilterra.
Il monarca inglese usò con tempestivo opportunismo le nuove idee che erano
prodotte nella Germania di Lutero e clandestinamente importate in Inghilterra, al
solo scopo di appropriarsi delle cospicue ricchezze ecclesiastiche.
La storia della riforma fu una storia lunga e travagliata: essa distrusse tradizioni
e consuetudini, abbazie e libri, ma permise una rivoluzionaria modernizzazione
dell'apparato giuridico amministrativo e il decollo orgoglioso di una nuova cultura
politica e letteraria.
Nella sua prima fase è difficile distinguerla dalle altre chiese riformate e dalla
chiesa cattolica: ci sarà un lungo processo per definire l’entità teologica della
chiesa inglese.

Dopo Enrico VIII sale al trono Maria I detta Bloody Mary, figlia di Enrico e
sorellastra di Elisabetta. Maria I abolisce la chiesa inglese e fa tornare quella
cattolica. Dopo di lei, con Elisabeth I seguiranno fasi in cui l’Inghilterra sarà più o
meno riformata: c’è un compromesso, la chiesa inglese accoglie le istanze della
riforma ma respinge quelle più radicali dei puritani.

Segue Giacomo I: inizialmente è aperto al cattolicesimo; dopo la congiura delle


polveri invece fa esiliare tutti i cattolici.
Dopo di lui sale al trono Carlo I, che ha una moglie cattolica: si mostra fin troppo
aperto al ristabilirsi di alcune istanze cattoliche nella chiesa inglese. Il risultato di
tutto ciò è la rivoluzione puritana: Carlo I viene decapitato dai puritani che
aboliscono per alcuni anni la monarchia e creano la repubblica puritana. Evento
particolarmente traumatico per la cultura inglese ed anche per quella europea
poiché c’era l’idea che si era destinati ad essere re per diritto divino: l’uccisione
pubblica del re è la dimostrazione di come una certa secolarizzazione della società
abbia reso possibile un’azione che altrimenti sarebbe sacrilega.
Non è solo una crisi religiosa che riguarda gli uomini della chiesa, riguarda tutti i
cittadini inglesi.
In questo periodo circolano del pamphlet di argomento teologico destinati alla
gente comune, costretta dalla condizione storica, ad avere un’opinione riguardo
alcune questioni teologiche (devono sapere cos’è la transustazione ed averne
un’opinione).
John Donne nasce in una famiglia di religione cattolica sotto il regno di
Elisabetta: non potrà mai laurearsi ad Oxford (rifiuta di firmare un atto di
sottomissione necessario per potersi laureare), non avrà mai un incarico
importante per la sua posizione religiosa. Giacomo I decide che Donne deve
entrare a far parte della chiesa inglese: Donne si converte e diventa uno dei più
grandi predicatori dei primi del ‘600. Scriverà molto sulla traumaticità di questo
passaggio che cambia radicalmente l’esperienza e la vita delle persone.

Riforma: abolisce tutti i santi (tranne quelli nominati nelle sacre scritture), viene
abolito il segno della croce, gli altari di pietra nelle chiese vengono sostituiti da
tavoli di legno, è vietato sollevare l’ostia, la celebrazione della messa avviene in
inglese invece che in latino (ciò fa cambiare il rapporto dei fedeli nei confronti di
ciò che viene celebrato), cambia il manuale liturgico. Enrico VIII fa requisire gran
parte dei monasteri inglesi.

Book of Common Prayer → nuovo manuale liturgico, gran parte del linguaggio
religioso inglese nasce con questo libro. La sua influenza sulla lingua inglese è
paragonabile a quella della radio nell’età moderna, come capacità di uniformare il
lessico, i modi di dire ecc…

Early modern English → lingua degli autori che affrontiamo, ancora in


trasformazione dal punto di vista della pronuncia: a volte delle parole che
rimavano all’epoca, se lette con la pronuncia contemporanea non rimano più.

Puritani → categoria molto importante in questo periodo, coloro che, aderendo


alla riforma, volevano un’attuazione più radicale delle idee di Calvino. Erano
scontenti dei compromessi che la chiesa inglese aveva elaborato con la
sopravvivenza di schemi di pensiero cattolici. Chiedevano l’abolizione delle
gerarchie ecclesiastiche (di tutte le figure di mediazione): la loro idea era quella
che ogni fedele doveva avere con le sacre scritture un rapporto il più possibile
‘non mediato’, personale, interiore. Criticavano il ruolo di mediazione del clero
cattolico.
Giacomo I non abolisce le gerarchie ecclesiastiche poiché esse gli garantiscono un
controllo del territorio, sono fedeli al re (capo della chiesa inglese).
I puritani guadagnarono sempre più potere perché furono capaci di esercitare
un’influenza sempre più forte nel parlamento (organo al quale il re deve dare
conto per le sue scelte).
Essendo il parlamento sempre più puritano, entrerà in conflitto con il re (sempre
più cattolico). Quando i puritani istaurano la loro repubblica (breve periodo
chiamato interregno) in Inghilterra succedono cose folli: si ristabilisce il Sabbath
ebraico (giorno dedicato al signore), viene abolito il teatro (luogo di immoralità),
vengono abolite tutte le feste e gli intrattenimenti. Ciò incide molto sulla vita
personale delle persone.

Nel 1660 c’è la restaurazione: Carlo II sale al trono, il teatro rinasce.


I puritani e la riforma contribuiscono in questo periodo ad aumentare il tasso di
alfabetizzazione media del paese: soprattutto per un rapporto non mediato con le
sacre scritture.
Questo è un elemento che cambia moltissimo l’esperienza della letteratura, la
lettura silenziosa (a mente) è un’invenzione databile e questo periodo.
Con un più alto tasso di alfabetizzazione media del paese, gli autori elisabettiani
possono contare su un pubblico che è mediamente più colto (rispetto ai paesi
cattolici per esempio). Il pubblico dell’età elisabettiana è un pubblico
interclassista: la capacità di leggere riguarda tutti gli strati della società. In parte
ciò spiega perché Shakespeare può accogliere all’interno del suo teatro allo stesso
tempo momenti molto alti ed altri molto bassi).

(1576 primo teatro inglese costruito da un attore che era anche un carpentiere,
diventato poi azionista).

Nei teatri costruiti in quel tempo (dagli anni ’70 del ‘500, prima all’interno della
city e poi trasferiti fuori da essa oltre il Tamigi durante la repubblica puritana) gli
spettacoli si svolgevano solo in alcuni giorni della settimana tra le 2 e le 6 pm
perché erano teatri pubblici, all’aperto. Questi teatri ospitavano alcuni giorni
spettacoli teatrali, negli altri invece si svolgevano combattimenti di cani, orsi e
galli. Gli spettacoli teatrali e i combattimenti erano in competizione.

Tradizionalmente il teatro elisabettiano è diviso in 3 fasi:


1. Definita di maggiore entusiasmo, i maggiori rappresentati sono Thomas Kyd e
Christopher Marlowe.
2. Viene associata alla fase più matura del teatro di Shakespeare, prevalgono
delle tonalità più cupe.
3. Dalle tinte più accese, in cui tornano alcuni motivi senechiani (elementi legati
all’orrifico).
Nella seconda fase prevalgono delle tinte più cupe soprattutto perché l’età
giacomiana è un’età in cui si evidenziarono molte contraddizioni e inquietudini: i
motivi sono la crisi religiosa, le nuove teorie emerse nel campo scientifico e
astronomico, la diffusione delle idee di Copernico accolte con inquietudine.

Esempio: An Anatomy of the world - John Donne: poemetto del 1611, una delle
pochissime opere pubblicate in vita. Dedicato alla morte prematura di una
ragazzina di 14/15 anni, figlia del suo patrono; morta nel 1610. Il sottolio è ‘the
first aniversary’, un anno dalla morte della ragazza. È un’elegia funebre, ma
Donne si spinge più in là: approfitta dell’occasione per fare un’elegia funebre del
vecchio mondo. Un’elegia funebre che celebra la scomparsa del mondo
precedente: il mondo che viene rimpianto è quello delle corrispondenza
armoniche tra micro e macro cosmo, il mondo del neoplatonismo, il mondo che
aveva garantito agli uomini di essere in piccolo, delle ri proposizioni armoniche e
ben congegnate di un mondo che era invece nei cieli. Piccolo mondo e grande
mondo intrattenevano una relazione sostanzialmente basta sull’esistenza di Dio e
sulla garanzia che l’uomo fosse a immagine e somiglianza di Dio.
Nel poemetto, Donne evoca alcuni eventi, uno in particolare che lui ritiene molto
sconvolgente e che riguarda anche le scoperte di Copernico: riporta un evento
realmente avvenuto, l’avvistamento di alcune nuove stelle, il loro schedamento e
la loro scomparsa a distanza di un po’ di anni. Questa era la drammatica
testimonianza che il cielo era soggetto a cambiamenti tanto quanto la terra.
Donne disse che nel cielo avvenivano terremoti e guerra come avvenivano sulla
terra.
La perdita dell’idea di un mondo celeste, comporta che la concezione della vita
sulla terra peggiora.
Donne sostiene che una corrispondenza tra micro e macro cosmo sopravvive, ma
non è quella dell’armonia, ma quella del peccato originale. La comparsa e la
scomparsa delle stelle, mostrano la corruttibilità dei cieli. l’uomo, dopo il peccato
originale, è soggetto a un processo di lenta corruzione. In John Donne, cielo e
terra tornano ad essere in relazione ma con una corrispondenza negativa basata
sul peccato originale (una delle ossessioni della riforma protestante: riproporre la
sua attualità è una delle istanze della riforma).

Giordano Bruno: importante filosofo del ‘500/‘600, arriva in Inghilterra, conosce


Sidney (gli dedica una delle sue opere più importanti), si trova a doversi
confrontare con le nuove idee della riforma. Lui è sconvolto di ciò che la riforma
sta facendo all’idea di uomo dell’umanesimo. Il rinascimento rivalorizza l’uomo, la
riforma invece, con l’attualizzazione del peccato originale, proponeva un’idea di
uomo come essere ‘non padrone del proprio destino’.

Una delle teorie più importanti della riforma è la ‘teoria della predestinazione’:
importante, secondo questa teoria, prima di tutti i tempi, Dio ha deciso chi sono i
salvati e chi sono i dannati. È stato già tutto deciso. In polemica con la chiesa
cattolica, ciò significa che non hanno alcun valore le indulgenze, non hanno più
valore le opere buone, significa che è del tutto irrilevante comportarsi bene in
vita: è stato già tutto deciso.
Questa era una strategia di Lutero: in opposizione all’idea che con le opere buone
ci si ‘comprava’ la salvezza eterna, Lutero ribalta la situazione. Cancella
completamene il libero arbitrio.
È contro questo che si scaglia Bruno: sostiene che quest’idea priva l’uomo della
capacità di agire, non secondo necessità (come le bestie), ma di scegliere ogni
volta il bene e il male.
Quest’argomento è importante per il Paradise Lost di Milton: mette in scena la
caduta, Adamo ed Eva, il peccato originale. Lui dice una cosa molto interessante,
alla base della sua decisione di mettere in scena quest’episodio: secondo lui, per
conoscere il bene, bisogna passare attraverso il male. La scelta del bene, che non
nasce dalla consapevolezza di che cos’è il male, non è una vera scelta.
Milton estremizza la questione: la necessità di conoscere il male come
presupposto della scelta del bene. Chi non ha mai avuto una tentazione, non ha
mai di fatto dovuto esercitare il libero arbitrio, la scelta del bene.
La vera scelta del bene è quella che si fa dopo aver conosciuto il male.

QUESTIONI TEOLOGICHE CHE HANNO DELLE RICADUTE NELLE OPERE DI


QUESTO PERIODO: le opere che nascono sono sostanzialmente ispirate da
questioni che vengono dibattute all’epoca.

Nelle poesie di Donne, si trova anche tutta l’esaltazione di scoperte, come ad


esempio quella del nuovo mondo. In una delle sue poesia più famose, erotica,
dove elenca tutti gli indumenti che la donna si deve levare al letto, rivolgendosi
all’amata, Donne dice ‘Oh mia America, mia terra appena scoperta (doppia
valenza), quanto sono fortunato avendoti scoperto’.
Il sentimento di inquietudine legato alle novità di tipo scientifico, diventa positivo
declinato alle scoperte di tipo geografico.
La donna viene paragonata da un territorio da scoprire. Non c’è nessuna angoscia
legata a questo spazio ignoto, c’è solo voglia e felicità di scoprirlo.
In Donne si ha dunque sia una visione positiva che una negativa, convivono.

Un altro elemento che cambia molto è l’epistemologia: l’epistemologia diventa la


cartografia.
Cartografia: trasposizione, rappresentazione del mondo.
Shakespeare, facendo pronunciare ad un attore ‘tutto il mondo è teatro’, fa una
rappresentazione.
Interessante come, in tutti i saperi che vengono rinnovati, ci siano poi delle
somiglianze a ciò che avviene anche nel mondo della rappresentazione artistica.
C’è un passaggio interessante tra le ‘mappe tradizionali’ (medievali, circolari,
attraversate da un fiume dove c’erano Europa, Asia e Africa; il punto centrale era
la città più importante del mondo, Gerusalemme. Sono mappe simboliche, non ci
sono indicazioni precise), agli atlanti, alle mappe che sono rappresentazioni non
simboliche. Sono mappe di territori da scoprire o già conquistati: mappe di tipo
politico ed economico. Non hanno nessun valore religioso.
Tra queste mappe, c’è n’è una dove compare Elisabetta che si trova sopra una
rappresentazione moderna dell’Inghilterra: per la prima volta, la rappresentazione
della nazione non passa solo attraverso la regina, ma anche attraverso la mappa,
il trasferimento della realtà su un piano.
L’uomo prima era la misura della distanza, adesso l’uomo non è più la misura del
mondo, la distanza si calcola con il compasso sulle mappe.

1543: anno di uscita dell’opera di Copernico dove riconfigura il macrocosmo ed


anche dell’opera più importante di anatomia che riconfigura il microcosmo.
L’anatomia è il paradigma opposto dell’armonia che tiene tutto insieme:
l’anatomia divide. In An anatomy of the world, il testo è suddiviso in ‘pezzettini’
con delle didascalie che indicano il contenuto.
L’anatomia in Inghilterra diventa una vero e proprio gente letterario.
Anatomy of melancholy: una sorta di somma di tutti i saperi seicenteschi. Il
termine malinconia fa riferimento alla bile nera: le persone malinconiche sono
quelle che hanno le occhiaie (la bile nera si accumula sotto gli occhi). Ciò deriva
dalla teoria medica degli umori: la malinconia è legata alla prevalenza dell’umore
della bile nera. Tra le 4 possibili personalità (modellate sul modello maschile)
c’erano: bile nera (malinconici e artisti), bile gialla (collerici), sangue (sanguigni) e
flemma (flemmatici, lenti). Questa teoria galerica.
Galero: importante in campo medico fino al ‘500/‘600, fino a quando diventa una
diventa u’attività praticabile la ‘dissezione’ dei corpi morti. Ciò permette ia medici
di fare diagnosi di fare diagnosi non basandosi solo sulla teoria, ma sulla pratica.
Si fanno degli studi sul campo.
In Inghilterra, queste anatomie avvenivano soprattutto durante il periodo della
quaresima (quando i teatri erano chiusi): le anatomie pubbliche diventavano dei
veri e propri spettacoli con cui intrattenersi.
Perché durante la quaresima? Perché era il periodo durante il cui si eseguivano
molte condanne a morte (altro spettacolo pubblico, che poteva servire come
ammonimento religioso). I cadaveri venivano poi dissezionati.
L’anatomia avviene su un piano: il rapporto che c’è tra il mondo e la mappa, è
simile al rapporto che c’è tra il corpo e la rappresentazione anatomica.
Rapporto che c’è nel trasferimento della realtà nel piano della pagina bianca (altro
piano di rappresentazione, oltre alla mappa e all’anatomia).

Tra ‘400 e ‘500 → svolta fondamentale che avviene in Inghilterra: fine della guerra
delle due rose, tra York e Lancaster. Guerra tra due famiglie che vogliono imporre
la propria dinastia sul trono inglese, di cui si occuperà Shakespeare nelle sue
Histories Plays.
1480 → sale al trono Enrico VII (Tudor), padre di Enrico VIII, fino a Elisabetta c’è
la dinastia dei Tudor. Dopo c’è quella degli Stuart (Giacomo I che unisce le corone
di Inghilterra e Scozia).
Enrico VII è uno dei protagonisti di Riccardo III di Shakespeare che si conclude
proprio con la sua vittoria (elogio ai Tudor da parte dell’autore per Elisabetta).
Enrico VII appare come il salvatore dell’Inghilterra dal tiranno Riccardo III.
Enrico VII appartiene ad un ramo lontano della famiglia dei Lancaster, ma sposa
la figlia di Elisabetta di York riunendo le due famiglie, mettendo fine alla guerra.
Con Enrico VII l’Inghilterra può finalmente dedicarsi anche alle arti,
approfittando di questo periodo di pace e del fatto che il re favorisce l’ingresso nel
paese di figure di spicco dell’umanesimo italiano. Promuove le traduzione dei
classici, crea un ambiente culturalmente coltivato che crescerà con i suoi
successori.
Enrico VII, oltre a dare il via ad una riscoperta delle arti, dal punto di vista
politico centralizza di più il potere, rafforza la figura del re: diventa una figura
meno soggetta ad assassini ecc… (com’era durante la guerra). Consolida il suo
potere.
Una conseguenza di ciò, oltre alla percezione della creazione di un’identità inglese
più forte, è che la lingua inglese, fino a quel momento secondaria diventa
importante.

Utopia di Tommaso Moro → scritta in latino nel 1516. Una delle opere più
importanti del ‘500. Solo successivamente verrà prodotta una versione inglese.
‘Utopia’ vuol dire non-luogo oppure ‘luogo del bene’. È il nome di un’isola che
nell’opera contiene 54 città-stato.
In questa isola, More stabilissi la sede di uno Stato ideale dove non esistono
proprietà privata, né denaro, né differenza di rango, dove la guerra è sconosciuta
e tutti lavorano sei ore al giorno, Dove la famiglia condivide beni e figli con la
comunità e non c'è posto per l'ambizione personale o il conflitto politico, né per lo
spreco del lusso, né per il privilegio o il sopruso. Qui i desideri privati sono
attenuati in nome dell'interesse comune e della convivenza civile.
Ispirata sia alla ‘repubblica’ di Platone, sia ai resoconti dei recenti viaggi di
esplorazione verso nuove terre, l'isola di Utopia sembra voler essere a
rappresentazione ed il contrario dell’attuale dell’Inghilterra, rigidamente divisa da
gerarchie sociali, smodatamente teatrale, vanagloriosa e pretenziosa, ingiusta e
violenta.
Quest'opera costituisce forse il primo esempio di critica della società
contemporanea.
‘Utopia’ serve più a stanare i vizi del reale che a decretare le virtù dell’ideale;
rappresenta quello che la società ideale dovrebbe essere.

Verso la fine del ‘500, sulla spinta del nuovo orgoglio nazionale, fioriscono molte
opere in lingua inglese.

Tommaso Moro vive sotto il regno di Enrico VIII (trono 1509), protagonista di
un’altra svolta epocale: nascita della chiesa inglese.

Enrico VIII offrì a Moro l'incarico di Lord Chancellor. Egli fu il promotore del più
eloquente e brillante programma di riforma del cristianesimo che avrebbe
costituito un riferimento fondamentale per il futuro sviluppo della cultura laica e
religiosa di tutta l’Europa.
Il lavoro di Moro fu però presto messo in pericolo da Martin Lutero.
Quando Martin Lutero, dopo aver fatto circolare le sue celebri 95 tesi nel 1517, fu
scomunicato e dichiarato fuorilegge la Carlo V, il programma di rivitalizzazione
del cristianesimo dal suo interno si era trasformato in un attacco dall’esterno.
Lutero non rimase passivo di fronte alla scomunica: la prima reazione fu la
pubblicazione di 'la prigionia di Babilonia’, un trattato in latino indirizzato ad un
clero colto in cui proponeva la liberazione della spiritualità cristiana dalla
corruzione dell'istituzione della Chiesa cattolica. Inoltre, respingeva la validità di
tutti i sacramenti ad eccezione del battesimo e dell’eucarestia.
Se Lutero da una parte del destituiva il clero di ogni potere, dall'altra accresceva
immensamente quello di Dio. Secondo lui, la grazia, la salvezza nell'aldilà, è
concessa da Dio solo ad un certo numero di eletti.
Si tratta di quella che Calvino definirà più tardi ‘teoria della predestinazione’,
teoria inconciliabile con quella cattolica (secondo la quale la salvezza è
ugualmente distribuita a tutti uomini e tocca al singolo individuo riconoscerla e
farne buon uso).

Moro, come Erasmo, pur condividendo con Lutero la necessità di una riforma,
temeva più di ogni altra cosa la disobbedienza civile e la frammentazione
dell'Europa cristiana. Secondo lui, l'unità del cristianesimo ed il sistema giuridico
garantiti dalla Chiesa cattolica andavano difesi a tutti costi.

Il più accanito avversario di Moro, fu Willian Tyndale → arrivò a Londra con la


speranza di produrre una Bibbia in inglese, ma la traduzione dei testi sacri
incominciò ad essere identificata con la causa luterana e la sua richiesta fu
respinta.
Successivamente Tyndale si recò a Wittenberg dove conobbe Lutero, diventando
un convinto luterano. Nel 1526 completò la prima traduzione in inglese del nuovo
testamento ma, Enrico, ancora fedele difensore della Chiesa cattolica, rafforzò
l'operato del clero annunciando pene severe per coloro che si avvicinavano alla
‘falsa e corrotta traduzione’ di Tyndale.
Tuttavia queste misure repressive si dimostrarono impotenti.

Il dibattito tra Moro e Tyndale è stato definito la classica controversia della


riforma.
Tyndale fu giustiziato per eresia, ma il suo nuovo testamento continuò ad essere
letto → per ironia della sorte, la traduzione della Bibbia che venne autorizzato
dallo stesso Enrico e la bibbia di Giacomo I, si avvalsero a piene mani di quella di
Tyndale.

L’nghilterra divenne una nazione protestante per motivi dinastici.


Uno dei problemi che aveva Enrico VIII: divorziare dalla moglie Caterina, voleva
un erede maschio sposando Anna Bolena.
Il papa si rifiuta di concedere al re l’annullamento del matrimonio perché a sua
volta è oggetto di ricatto. Caterina è la zia dell’imperatore Carlo V, il papa non
vuole inimicarsi l’imperatore.
La corte di Enrico si divise nettamente in due fazioni: una filocattolica che faceva
capo a Caterina, l’altra filoluterana che faceva capo ad Anna Bolena.
Enrico VIII ha bisogno di salvaguardare i propri interessi, intuisce che
accogliendo le idee della riforma, c’era la possibilità per il regno inglese di
emanciparsi dalla chiesa di Roma.
Thomas Cranmer → figura importante in questo periodo; si reca nelle principali
facoltà teologiche in Europa per consultarsi con teologi (vicino alla riforma) ed
elabora una soluzione scrittura al problema dell’annullamento del matrimonio.
Nella sacre scritture ci sono due passi contraddittori: uno afferma che se una
donna rimane vedova, può sposare il fratello del marito per rimanere all’interno
della famiglia; l’altro dice invece che ciò non è possibile, inaccettabile.

Enrico VIII aveva sposato Caterina in seconde nozze: Caterina aveva


precedentemente sposato suo fratello, poi deceduto. Con l’assenza di tutte le
istituzioni teologiche vicine alla riforma, Enrico VIII istituisce un processo contro
Caterina (di cui parlerà anche Shakespeare nella sua ultima history play), che la
porterà a morire di dolore.
Il processo avviene quando il re ha già sposato segretamente Anna Bolena (Anna
dai 1000 giorni).

Con l'aiuto di Thomas Cromwell, Enrico privò gradualmente il clero di tutti i


diritti acquisiti nei secoli. Con l’atto di sottomissione del clero esso perse ogni
autorità spirituale e giuridica.
Con l'atto di supremazia, Enrico si arrogò ogni diritto giurisdizionale sul suo
paese, compreso quello spirituale. Nacque così la Chiesa inglese.
Cromwell mise in moto il dissolvimento di circa settecento conventi, tutti i beni
furono confiscati e venduti o donati agli esponenti della piccola e grande
aristocrazia alleata.
Le tradizionali comunità religiose furono estinte e fu imposta una nuova liturgia.
Moro rassegna le dimissioni e fu imprigionato nella torre di Londra.
L'unità del cristianesimo che lui aveva difeso insieme al potere supremo del
pontefice doveva cedere il posto alle esigenze storiche della nascita di nuovi Stati,
e cioè di nuove entità giuridiche.
Le ragioni di Stato non potevano più sottostare a quelle della religione, e la
religione che pretendeva di essere universale divenne religione nazionale.
Tommaso Moro fu decapitato per alto tradimento.

Dopo Anna Bolena, Enrico VIII si sposa molte altre volte.


Enrico VIII → ebbe un atteggiamento ambivalente nei confronti della riforma.

Nella prima fase del suo regno, Enrico VIII accoglie le idee della riforma, non solo
perché lo avvantaggiano per il raggiungimento del suo obiettivo, le accoglie anche
in maniera sincera (forze anche grazie al fatto che Anna Bolena fosse protestante):
promuove una nuova traduzione della Bibbia (che non sarà mai terminata) e delle
modifiche liturgiche che indeboliscono lo statuto del dogma della
transustanziazione, posizioni liturgiche più lontane da quelle della tradizione
cattolica. C’è una lotta contro la corruzione del clero.
Nel 1534 si dichiara capo della chiesa inglese, negli anni successivi requisisce
molti monasteri ed edifici religiosi convertendoli ad usi pubblici o regalandoli a
nobili. Nel 1534 indice anche l’atto di supremazia e sposta la linea di discendenza
da Maria a Elisabetta.
Nell’ultima fase del suo regno (1538-1546) invece, ritratta le sue decisioni
precedenti: indica Maria, figlia di Caterina, come erede al trono.

Enrico VIII morì nel 1547 lasciando il trono al figlio Edoardo VI regnò solamente
sei anni.
Con il suo regno la riforma prese un aspetto radicale → l'obbligo del celibato dei
sacerdoti fu annullato, le immagini che ancora sopravvivevano nelle chiese furono
distrutte, nuove terre furono confiscate agli ordini religiosi, gli altari furono
rimossi e sostituiti con semplici Tavo sulle quali veniva celebrato, in inglese e non
più in latino, il rito dell’eucarestia come atto commemorativo della passione di
Cristo.
Nel 1549 il primo ‘Book of common prayer’ fu scritto dall’arcivescovo Cranmer.
Esso stabiliva la liturgia che doveva essere osservata durante le celebrazioni
religiose, e intendeva sostituire tutti i libri di preghiere destinati alla preghiera
privata.
Questo libro è particolarmente importante perché costituisce una vera e propria
rivoluzione liturgica pari a quella messa in opera dal concilio di Trento.
La riforma di Edoardo fu accettata di buon grado da tutta la popolazione e di fatto
il suo regno non durò a lungo. Quando egli morì nel 1553, gli successe la sorella
Maria I.

Maria I (Bloody Mary), figlia di Caterina e fervente cattolica, abolisce l’atto di


supremazia, abolisce la chiesa inglese e ristabilisce il cattolicesimo in Inghilterra.
Maria, mandò sul rogo almeno 287 protestanti per eresia → questa persecuzione
le valse il titolo di Bloody Mary.
Il paese sembra tornare al punto di partenza, se non fosse che intanto i
protestanti sono oggetto di feroci persecuzioni. I gesuiti sono costretti a lasciare il
paese, trovando riparo soprattutto nei paesi bassi.
Book of Martyrs → uno dei documenti più importanti di questo periodo, contiene
tutti i martiri protestanti perseguitati durante il regno di Maria I; tra loro c’è
Thomas Cranmer. Testimonia le persecuzioni di Maria I.
Alla fine del suo regno, l'Inghilterra perse la sua ultima postazione in Francia. La
perdita di Calais segnò l’umiliazione finale della regina, che morì nel 1558 senza
eredi. Dopo di lei, salì al trono Elisabetta I che regnò per 45 anni → il suo regno
fu ricordato come uno dei più fortunati e pacifici della storia d' Inghilterra.

Elisabetta era figlia della seconda moglie di Enrico, Anna Bolena. Si trovò a dover
governare un paese drasticamente diviso in una minoranza di attivi e convinti
protestanti e una maggioranza di cattolici.
Elisabetta non accontento né gli uni né gli altri: la Chiesa di Inghilterra sotto la
sua direzione divenne sempre più antipapista, ma della Chiesa cattolica ella imitò
tutte le maggiori strutture istituzionali.
Una chiesa simile non piacque a papa Pio V che scomunicò la giovane regina.
La chiesa di Elisabetta I era principalmente politica.
Elisabetta I promulga un altro atto di supremazia ristabilendo la chiesa inglese:
inizia una vera e propria riforma politica e religiosa, duratura, molto importante
anche dal punto di vista artistico e letterario.
Tra le novità di ordine teologico introdotte da Elisabetta, in particolare nei 39
articles of faith, vengono stabilite le posizioni della chiesa inglese (anche per
prendere le distanza da quella di Roma e dalle posizioni della riforma di Lutero e
Calvino). Nei 39 articoli la chiesa inglese prende posizione sulle questioni più
importanti del tempo:
- Libero arbitrio.
- Dogma della transustanziazione.

Nel nuovo testamento c’è la celebrazione dell’ultima cena che commemora la


trasformazione del pane e del vino in sangue e corpo di Cristo: ciò viene
raccontato da vari evangelisti ed è sulla base di questo episodio che poi, venne
istituito il dogma della transustanziazione.
Dogma → non discutibile.
Secondo questo dogma, durante la celebrazione eucaristica, il prete assiste alla
trasformazione del pane e del vino in corpo e sangue di cristo. Riattualizzazione
del sacrificio di cristo.
Contro questa idea, si scagliano Lutero e Calvino: afferma che la trasformazione è
solo spirituale, non è una trasfigurazione concreta, se essa fosse reale, sarebbe
una forma di cannibalismo → la distanza tra queste due idee si può leggere come
un problema retorico e di interpretazione. Per la chiesa cattolica il pane e il vino
sono il corpo e il sangue di Cristo (coincidono); per la riforma invece STANNO
PER, rievocano, non sono il copro e il sangue di Cristo.
In questo modo la riforma introduce una delle questioni più importanti: le parole
delle sacre scritture non vanno lette in chiave letterale; vanno lette in una chiave
figurata.
Questa questione è il principale terreno di scontro tra cattolici e riformati: si
porta dietro una serie di conseguenze non immediatamente religiose.
La destinazione tra interpretazione letterale e interpretazione figurale comporta
che, tutti quelli che leggono le sacre scritture devono porsi il problema di quale
sia il significato vero di ciò che leggono. Si devono proporre un problema di tipo
retorico, come interpretare le parole del testo.
In questo periodo, fioriscono in Inghilterra i trattati di retorica nei quali, la
maggior parte degli esempi vengono dalle sacre scritture.
LA RIFORMA RENDE GLI STRATI DELLA SOCIETÀ SEMPRE PIÙ FAMILIARI CON
LE QUESTIONI DI TIPO RETORICO E LINGUISTICO → la maggior parte delle
opere di questo periodo hanno molto linguaggio di tipo religioso al loro interno.
C’è costantemente una commistione tra linguaggio letterario e linguaggio
religioso.
In questo periodo linguaggio religioso e linguaggio letterario sono in una profonda
crisi, ma anche in profonda comunione (Donne scrisse una poesia sulle reliquie
all’interno di un contesto amoroso a sfondo erotico: le reliquie sono tra gli oggetti
banditi dalla riforma; trasgressione).
La questione del dogma viene affrontata da Elisabetta con lo scopo di trovare un
compromesso tra le posizione calviniste estreme e quelle dei cattolici più
moderati.
Nei 39 articles si dice che la trasformazione è una trasformazione di tipo
assolutamente spirituale, che però agisce con delle conseguenze su chi riceve
l’eucarestia. È SPIRITUALE MA HA DEGLI EFFETTI MOLTO CONCRETI.
Gli articles of faith devono essere sottoscritti da tutti i fedeli della chiesa inglese.
La frequenza degli uffici religiosi della chiesa inglese è obbligatoria, non andarci è
interpretato come tradimento contro lo stato.
Nascono in questo periodo i ‘refusants’: cattolici che per molto tempo si fingono
perfettamente integrati nella chiesa inglese, per poi ritrattare in punto di morte.
Questa partita fu abolita con la scomunica dei refusants da parte del papa (era
una delle tante pratiche che attuavano i cattolici per poter vivere in Inghilterra).
I cattolici sopravvivono in questo periodo clandestinamente, i sacramenti vengono
amministrati segretamente. Il fratello di Donne, muore in carcere di peste perché
aveva ospitato un praticante cattolico.

Elisabetta regnò in condizioni estremamente sfavorevoli → tuttavia, di tutti gli


svantaggi, ella riuscì a farne ottimi virtù.
Elisabetta rimase nubile e dichiarò infine di essere sposa unicamente della sua
nazione. La regina fu celebrata come Astrea, casta dea della giustizia, divenne
oggetto di poesie amorose nelle quali fu paragonata a Cinzia o a Diana, ad una
petrarchesca dama crudele.
La sua fu la prima corte inglese che poté competere con quelle europee e nella
quale e intorno alla quale sorse una delle più strabilianti produzioni di opere di
poesia e di teatro dell'Europa del tempo e della letteratura inglese.

TEATRO

Ci sono due interpretazioni storiografiche (modi in cui si raccontava la riforma)


diverse del passaggio dell’Inghilterra dal cattolicesimo alla riforma:
1. Fino agli anni ’70 era l’interpretazione storiografica prevalente. Il passaggio
veniva raccontato come un passaggio di grande liberazione, di emancipazione
di un paese pagano e medievale. Il movimento progressista e anti
superstizioso della riforma aveva liberato l’Inghilterra. Questa interpretazione
privilegia l’aspetto di liberazione, era molto vicina alla posizione dei Whigs
2. Dagli anni ’80 invece, una serie di studiosi ha fatto delle ricerche adottando
un approccio storico molto diverso: invece di affidarsi ai documenti dei re,
della corte ecc., hanno deciso di studiare i resoconti dei paesini più piccoli del
paese per avere un quadro più ampio. Ciò che è emerso da queste ricerche è
che l’interpretazione storiografica del passaggio alla chiesa inglese venne
percepito come una liberazione, non era del tutto reale. In Inghilterra ci sono
state molte ribellioni contro la chiesa inglese (soprattutto nelle regioni del
nord, le famiglie nobili tentarono una ribellione). In molte comunità ci fu una
forte resistenza ad abbandonare le pratiche legate alla chiesa cattolica e
abolite da quella inglese. Tra queste pratiche c’era la festa del ‘corpus christi’,
festa fondamentale per l’Inghilterra medievale, abolita dai riformati. Questa
festa era uno dei momenti in cui c’era una sorta di concentrazione nelle
comunità più grandi, delle piccole compagnie teatrali. Durante il corpus
christi si mettevano in scena i ‘mistery and morality plays’: mistery → opere
che mettono in scena alcuni momenti della vita di Cristo; morality → drammi
di tipo allegorico, rappresentazioni in cui uno dei personaggi principali è il
‘VICE’ (vizio). Importante → figura di Riccardo III modellata su questo
personaggio. Vengono messi in scena questi spettacoli soprattutto perché sono
in inglese (a differenza della messa che si celebra in latino), si educano le
masse alla storia cattolica.
Queste sono le origini del teatro inglese → origini religiose, a differenza del teatro
europeo che invece ha delle origini basate sul teatro greco e romano, sulla poetica
di Aristotele (che in Inghilterra arriva tardissimo). In età medievale le opere inglesi
sono opere prevalentemente religiose, non toccate dall’influenza del teatro
europeo.
Le prime forme del teatro inglese autoctone, contenevano già una forte
ibridazione degli stili: in tutta la tradizione europea, c’era una chiara divisione
degli stili (tragico con grandi eroi con un’interiorità sviluppata; comico con un
linguaggio e personaggi bassi; stile medio, associato all’evoluzione del romanzo);
nel teatro inglese invece si incontrato elementi di stile comico anche all’interno
del teatro religioso. Anche nelle tragedie, come Macbeth, c’è sempre un
personaggio basso che dice delle cose bassissime, addirittura oscene (in Macbeth
il portiere, subito dopo la scena dell’uccisione del re, fa un discorso del rapporto
tra alcol e performance sessuale che abbassa la tensione della scena precedente,
intrattiene però con i microtomi dell’opera un rapporto strettissimo).

Una delle iniziative che da maggiormente impulso al teatro elisabettiano,


probabilmente è il fatto che, quando inizia a configurarsi la crisi religiosa, viene
vietato di trattare argomenti religiosi in scena → tutta la tradizione di teatro
religioso non può continuare, viene secolarizzata. Il teatro inizia a trattare altri
temi.
Un argomento che appassionava molto i sudditi era la storia nazionale: la
glorificazione di come l’Inghilterra sia riuscita ad uscire dai periodi bui della
guerra delle due rose. Gli spettacoli teatrali elogiavano le figure dei sovrani che
avevano risollevato il paese (sia perché ciò era argomento di interesse, sia perché
le persone elogiate erano le uniche a poter permettere la messa in scena degli
spettacoli.

1576 → anno di costruzione del primo teatro ed anni dell’emanamento dell’editto


contro i vagabondi, in cui erano inclusi gli attori, le compagnie prive di licenza
(nobile che garantisca per loro). Il rapporto tra teatro e figure politiche diventa più
stretto, i vari patroni potevano scegliere di orientare l’opinione pubblica
attraverso il teatro.
I due principali strumenti con cui si costruisce il consenso, sono il pulpito (luogo
dove si fanno le omelie) ed il teatro. Il teatro è un luogo dove si orienta l’opinione
pubblica.
Gli History Plays di Shakespeare avranno un successo tale, da far rimanere
determinate figure storiche nell’immaginario inglese, proprio come le ha descritte
l’autore (anche se fonti storiche le presentano completamente diverse).
Riccardo III non era più tiranno degli altri: probabilmente non aveva la gobba e
tutte le altre deformità attribuite da Shakespeare. Le deformità gli vengono
attribuite perché platonicamente, un animo così malvagio doveva
necessariamente rispecchiarsi in un aspetto deforme. La figura che
nell’immaginario collettivo rimane di Riccardo III è quella descritta da
Shakespeare.
Molto importante l’impresa intrapresa da Shakespeare di riscrivere la storia
nazionale.

Il teatro religioso inglese nasce inizialmente all’interno delle chiese, nella zona del
coro; poi si sposta sulla navata e man mano semper più fuori dagli edifici
religiosi, per avere un pubblico più ampio; fino a svolgersi per lo più nelle piazze.
Quando questo teatro diventa pubblico, iniziano anche delle collaborazioni con le
corporazioni: nascono delle piccole imprese legate alle rappresentazioni teatrali.
Vengono costruiti i pageants (carri ambulanti con due piani: uno per la
rappresentazione ed uno per i camerini).
Le origini del teatro inglese sono delle origini molto popolari, non c’è un teatro
colto: nasce come un’arte popolare, che coinvolge anche persone che solo in
occasione delle feste religiose diventano attori.
A partire dagli anni ’70 del ‘500 invece, sbarcano in Inghilterra anche i
rappresentanti della Commedia dell’Arte italiana: si ibrida con la tradizione
autoctona del teatro medievale.
Nel teatro di Shakespeare, tutti questi elementi religiosi e popolari, saranno
declinati in forme diverse.

Elisabetta I sale al trono nel 1558 ripristinando la chiesa inglese, ripristinando


l’atto di supremazia (grazie al quale il sovrano d’Inghilterra è anche il capo della
chiesa inglese) e promulgando i 39 articles of faith che sono un grande
compromesso → prende le distanze dal cattolicesimo per questioni storico/
politiche e accoglie solo in parte le istanze dei calvinisti.
Elizabethan settlement → strategie di tipo politico e religioso che Elisabetta mette
in campo per cercare di arginare la crisi religiosa e politica inglese.
Elisabetta è anche la protagonista di una nuova fase di espansione territoriale
dell’Inghilterra → si inaugura la nascita dell’imperialismo che arricchisce la
corona inglese.
È anche il periodo in cui si afferma sullo scenario politico una sempre più
influente classe media (Middle Class) → categoria più ampia della borghesia,
molto vicina alle posizioni della riforma. Al suo interno ci sono già delle frange
puritane.
PURITANI → calvinisti estremi, coloro che vorrebbero un’attuazione più radicale
delle idee della riforma.
Quando Elisabetta sale al trono si trova a dover mediare delle difficoltà: la
minoranza cattolica (ancora abbastanza influente poiché costituita
principalmente dai nobili del nord) e la borghesia riformata che acquista sempre
maggior potere in parlamento (a cui la regia deve dare conto per le sue decisioni).
Un’altro momento molto importante sotto il regno di Elisabetta è la sconfitta
dell’invincibile armata spagnola nel 1588 → momento simbolico per la nazione
inglese.
Dopo la vittoria dell’Inghilterra, la flotta inglese si afferma come la più potente
d’Europa (e sarà la protagonista delle varie imprese coloniali).
Inoltre, la sconfitta della Spagna è importante perché la Spagna era uno dei paesi
più cattolici d’Europa: aver sconfitto la Spagna cattolica significa in un qualche
modo aver affermato una certa identità protestante contro la minaccia spagnola.
Tra i vari pericoli che agitavano il popolo inglese, c’era il pericolo di un’invasione
da parte degli spagnoli (che si sentivano chiamati da dio ad invadere Inghilterra
per lottare contro la loro eresia).
In Inghilterra, in quel periodo, spagnolo, cattolico e traditore sono sinonimi.
La prima parte del regno di Elisabetta serve dunque ad allontanare la minaccia
spagnola e creare un clima di uniformità religiosa (soprattutto attraverso
un’edizione del Book of Common Prayer e una serie di iniziative come l’obbligo di
frequenza alle funzioni inglesi). Inoltre in questo periodo fiorisce il teatro: sia
perché la sovrana ne era particolarmente interessata, sia perché grazie a delle
condizioni storiche che favoriscono la lingua inglese, si producono molti testi in
inglese. Il grado di alfabetizzazione è più alto. Tutte queste circostanze convegno e
favoriscono l’affermarsi del teatro dell’età elisabettiana.
Il grande teatro che nacque nel regno di Elisabetta non ebbe né modelli né rivali
nel teatro, antico o moderno, del continente europeo.

Si è soliti far iniziare l’età elisabettiana in senso teatrale con la data del 1576 →
data di costruzione del primo teatro pubblico The Theathre (Richard Burbage).
I teatri di questo periodo ereditano nella struttura, la forma degli anfiteatri
romani lasciti dalla precedente invasione romana (alcune strutture vengono
anche riadattate).

L’età elisabettiana dal punto di vista teatrale viene divisa in 3 fasi:


1. I protagonisti sono Greene, Kyd e Marlowe. È una fase in cui prevale un certo
entusiasmo, il teatro celebra la creatività umana, la potenza del genio.

MARLOWE → è il maggior rappresentante di questa fase, la sua opera Dr.


Faustus è la celebrazione del mito della conoscenza. Dr. Faustus vende l’anima al
diavolo per poter avere una conoscenza illimitata. Interessante: il fatto di vendere
l’anima al diavolo per avere la massima conoscenza, non per ottenere vizi. Alla
fine dell’opera il diavolo viene a rendere conto del suo favore al Dr.Faustus;
Dr.Faustus in quel momento può ancora salvarsi affidandosi alla misericordia di
Dio: invece, Marlowe, intercettando i primi segni di un certo scetticismo religioso,
rappresenta un personaggio incapace di affidarsi a Dio perché completamente
vinto dal quel sentimento che è in assoluto il peccato più grave, la disperazione.
La disperazione è il peccato più grave: vuol dire disperare dell’amore di Dio, non
avere fede nell’amore di Dio. Nell’opera c’è il tema della conoscenza (tema
fondamentale in quel periodo).
Marlowe muore giovanissimo in una taverna durante una rissa. Lui era anche
una spia della corona, il teatro era una forma di copertura del suo incarico. Era
essenzialmente ateo ed omosessuale. Era uno degli University Wits.
Dal punto di vista della formazione, Marlowe è ad un piano più alto di
Shakespeare (con il quale probabilmente collaborò).

KYD → a lui è attribuita convenzionalmente la paternità del teatro elisabettiano.


Autore di un’opera fondamentale per il teatro elisabettiano, The Spanish Tragedy.
Scritta tra 1580 e 1590, inaugura il genere delle revenge tragedy. L’opera ha nel
titolo un elemento abbastanza esotico, probabilmente scritta prima della sconfitta
dell’armata spagnola.
(Una delle caratteristiche del teatro elisabettiano, è la scelta di luoghi esotici come
ambientazione ad azioni crudeli. Si scelgono posti percepiti dal pubblico come
lontani, distanti, per dislocare tutta una serie di azioni negative e immoralità
difficili da mettere in scena nella propria madrepatria).
La Spanish Tragedy inizia con una fantasma in scena che appare all’amata
perché teme di essere dimenticato (ciò lo riprenderà Shakespeare per l’Amleto). Il
sottotitolo è Hieronymo’s mad againe.
Kyd fu il primo drammaturgo del teatro popolare a scrivere in blank verse.

2. A cavallo degli ultimi anni del regno di Elisabetta, ha come protagonista


indiscusso Shakespeare (soprattutto la sua produzione matura, i late plays). A
questa fase vengono generalizzatamene associati sentimenti di pessimismo e
profonda amarezza: sono gli anni in cui Elisabetta muore, non si era ancora
risolto il problema dell’erede (questione molto dibattuta). In questa fase sono
importanti anche Middleton, Jonson, Webster, Beaumont e Fletcher.

JONSON → figura molto importante, sarà autore sia di opere teatrali che di
masque (rappresentazioni teatrali molto ricche che si volgono in particolare in
teatri privati). Lui è il primo autore che cura personalmente la pubblicazione delle
sue opere, con il titolo WORKS: verrà deriso dai contemporanei, c’era l’idea che
pubblicare le proprie opere non le dotasse di prestigio, per avare prestigio
dovevano unicamente circolare nell’ambiente della corte, non essere aperte al
grande pubblico. Jonson sfida questa convinzione. Lui contribuirà alla oda delle
streghe in scena (che influenzerà Macbeth).

3. Fase più legata al regno di Giacomo I, l’esponete di questa fase è Ford. In


questa fase tornano sulla scena i temi orrifici, i temi che si associano
all’influenza di Seneca in Inghilterra.

Nella seconda metà del ‘500, le opere di Seneca vengono lette e tradotte
soprattutto nelle università e nei college, a volte venivano anche messe in scena.
Caratteristiche fondamentali riprese dal teatro di Seneca che ritornano nel teatro
inglese → vendetta tra consanguinei, inevitabilità del destino, soprannaturale,
efferatezza dei delitti (crudeli), il personaggio malvagio (che si ricollega anche al
personaggio del Vice del teatro inglese autoctono), monologo introspettivo (asides,
momento in cui il personaggio si racconta chiamando in causa il pubblico),
dialoghi spezzati.
Seneca è un modello di riferimento soprattutto all’interno delle università.

Gorboduc → opera di Norton e Sackville, prima tragedia davvero senechiana del


teatro elisabettiano, 1562. Inoltre importante perché introduce il metro che sarà
usato prevalentemente nel teatro elisabettiano, il BLANK VERSE.
BLANK VERSE → pentametro giambico (non basato sulle sillabe come il verso
italiano, la metrica inglese è una metrica accentuativa, basata sugli accenti). Non
è rimato. Il teatro elisabettiano non è un teatro di prosa (escluse alcune
sperimentazioni).
STICOMITIA → quando nei testi delle opere si trovano i dialoghi dei personaggi. I
dialoghi tra i personaggi rispettano sempre il balnk verse, semplicemente sono
spezzati a metà: la prima parte del verso è affidata ad un personaggio, la seconda
ad un altro. Caratteristica del teatro senechiano che viene importante nel teatro
elisabettiano.

MACHIAVELLI → autore del ‘400, famoso in tutto il mondo per ‘Il Principe’, vive
alla corte fiorentina ed acquisisce una straordinaria popolarità per le sue teorie
politiche. La sua fama negativa arriva in Inghilterra prima delle sue opere: un
autore francese scrive un libro contro Machiavelli e lo rende popolare in Europa
in senso negativo, utilizza tutti gli stereotipi sulla cultura italiana, di eccessi,
intrighi, avvelenamenti, rafforzandoli negativamente alla luce delle affermazioni di
Machiavelli (che in realtà aveva sviluppato una teoria politica molto complessa e
piena di sfumature ma che era stata banalizzata). Il Machiavelli che viene recepito
in Inghilterra è questo. La sua opera verrà tradotta e pubblicata in Inghilterra
solo nel 1602 (l’opera contro di lui è del 1566). Inizialmente gli stereotipi su
Machiavelli hanno la meglio.
(Tutti gli stereotipi sul mondo italiano erano anche un espediente per screditare il
cattolicesimo).
Riccardo III è per eccellenza il vile machiavellico: è colui che mettere in atto tutte
le armi in suo potere per mantenere il potere fino alla sconfitta.

Le due influenze principali sono dunque Seneca e Machiavelli, a cui si aggiunge


l’influenza dei morality plays e quella di altri elementi del teatro religioso
(rappresentazioni allegoriche e gli Intreviews)
Alla fine del ‘500 le opere dei drammaturghi greci e latini, le opere dei
drammaturghi inglesi e quelle di derivazione religiosa, sono tutti dei generi in
voga allo stesso modo (non c’è una predominanza del teatro shakespeariano).
Sono tutti in concorrenza, così come il teatro stesso è in concorrenza con i
combattimenti di animali che si svolgevano all’epoca. I due intrattenimenti erano
sullo stesso piano.

1543 → un atto del parlamento impedisce di trattare temi religiosi nel teatro: a
conseguenza di ciò si crea una figura molto particolare ed influente. Quella del
master of the revels → aveva il compito di supervisionare non solo
l’organizzazione delle feste a corte, ma anche quello di supervisionare tutte le
opere che venivano messe in scena nei teatri di Londra. Era un organo di
censura: doveva controllare che nelle opere non ci fossero degli elementi di tipo
religioso o politico che potessero urtare la sensibilità delle figure prominenti del
periodo. Era colui che sanciva cosa poteva andare in scena e cosa no.
Le opere venivano messe in scena da compagnie che aveva un patrono (dopo il
1572 era necessario, dopo l’editto contro i vagabondi).

Un altro organo importantissimo di questo periodo è lo Stationers’ register → una


via di mezzo tra un giornalaio e un cartolaio, era una sorta di albo editoriale. Una
volta che le opere andavano in scena, a seconda del successo, potevano essere
trafugate e stampate. Gli autori non avevano nessun interessa nel pubblicare i
copioni (guadagnavano con il biglietto di ingresso al teatro).
Quando gli editori pubblicavano i copioni trafugati, dovevano necessariamente
registrarli allo Stationers’ register, che in un qualche modo supervisionava il
diritto di editore. Non c’è il diritto d’autore, gli autori non avevano nessuna
proprietà intellettuale rispetto alle proprie opere.
Questo registro è stato uno dei punti di riferimento della critica shakespeariana e
di tutti gli studi elisabettiani perché registrava gli autori di tutte le opere, talvolta
con l’indicazione NE (New Edition). Nell’età elisabettiana a Londra sono registrati
circa 1500 drammi (tra 1590 e 1642): molti di essi (350) compaiono in forma
anonima, anche alcune di Shakespeare.

Londra era nella sua massima espansione demografica, anche per lo spostamento
delle persone dalle campagne alla città (principali fruitori del teatro
shakespeariano).

Le rappresentazioni teatrali potevano svolgersi tutto l’anno tranne durante il


periodo della quaresima; si svolgevano alle 2 pm, in pieno giorno.

SPAZI → i primi spazi dedicati al teatro sono le chiese, in particolare per le


rappresentazioni religiose. Successivamente si passa alle piazze: in questo spazio
pubblico si creano dei sodalizi tra le compagnie teatrali e le varie corporazioni
della città che forniscono i materiali per la messa in scena sempre più complesse
degli spettacoli (es. pageants). Un altro spazio che viene recuperato per le messe
in scena, è quello dei teatri romani costruiti durante il periodo di colonizzazione
romana. In precedenza questi luoghi erano già stati recuperati per le Sward
Dance: danze in cui ci sono due ballerini che fingono di giustiziare una vittima
che poi risorge.
Un altro luogo in cui si svolgono le rappresentazioni teatrali sono le sale dei
palazzi, dei castelli e delle università. In quei luoghi venivano rappresentati in
particolari i drammi più colti.
Il primo teatro che ha la forma del teatro elisabettiano vero e proprio è il The
Theathre, costruito da James Burbage nel 1576 in una zona ad est di Londra.
A seguire aprono poi il Curtain, 1577 e il Globe Theathre, 1587.
STRUTTURA → circolare con due o tre ordini di gallerie nel quale siedono quelli
che pagano di più. Davanti al palco, chiamato apron stage, in piedi ci sono invece
quelli che pagavano di meno. Sopra il palco c’è l’heaven: una specie di tettoia
poggiata su due pilastri di solito dipinta d’azzurro con delle stelle, serve ad
indicare il cielo e qualora sia necessario la morte. Sul fondo della scena c’ero due
porte per l’entrata e l’uscita dei personaggi. Secondo alcuni sul palco c’era anche
una botola per le apparizioni. C’è sempre anche una galleria sopra il palco, che è
quella da cui tradizionalmente Giulietta e Romeo si parlano; a volte ospitava i
musicisti (c’è sempre la musica nel teatro shakespeariano). La scena è una scena
anti naturalistica, non ci sono elementi di scenografia, tutto viene affidato alle
parole.
I teatri privati invece erano della sale rettangolari con una capienza ridotta, su il
lato corto si allestisce il palco e il pubblico viene sistemato di fronte. Di solito fra
il palco e il pubblico c’è una specie di tappeto verde, una pedana, sul quale si
svolgono le danze. Ai due lati del palco sono sistemate delle poltrone per gli ospiti
più illustri. Al centro del pubblico invece c’è una pedana dove siede il re, lo
spettatore principale dello spettacolo (concentrated setting).
Nel teatro pubblico non ci sono effetti di luce, in quello privato invece è possibile
crearli.

Il teatro inglese nasce inizialmente come un teatro religioso che mette in scena
momenti della vita di Cristo con una forte connotazione allegorica e morale. Gli
spettacoli vengono messi in scena inizialmente all’interno delle chiese, nella zona
del coro, poi piano piano si allontanano dalla chiesa fino ad arrivare nelle piazze,
diventando degli eventi pubblici.
Nasce in questo modo una forma di teatro non solo religiosa, con una forte
ibridazione degli stili (ciò la distingue dalla forma che pervade il teatro occidentale
sulla base delle regole dettate da Aristotele: divisione degli stili).
Nel teatro elisabettiano non c’è una distinzione degli stili, c’è un mix,
un’ibridazione, poiché meno influenzato dal teatro occidentale (la sua influenza
arriva molto tardi).
Quando Enrico VIII requisisce i monasteri, molti edifici religiosi vengono
trasformati in teatri privati.
BLACK FRIARS → uno dei più famosi teatri privati inglesi, ‘frati neri’, viene usato
dalla compagnia di Shakespeare in alternanza al Globe. Questo teatro viene
istituito dentro a un monastero di frati domenicani, il nome viene dal costume
nero dei domenicani.
Il teatro è una forma di intrattenimento, non ha nessuno statuto speciale, alto
come invece ha la poesia. È anche un’impresa economica.

La gran parte delle opere shakespeariane sono dei remake: rifacimenti di trame e
personaggi che erano stati messi in scena da compagnie rivali.

POESIA

STATUTO DELLA POESIA VS. STATUTO DEL TEATRO → quando Sidney scrive
‘Apology for poetry’, parla in generale delle arti; Sidney afferma che la poesia è tra
le forme di sapere, quella più alta, superiore, sia alla storia che alla filosofia:
perché la storia si occupa di storie individuali e concrete e la filosofia di questioni
astratte e generali. Secondo Sidney la poesia è invece la forma di sapere e di
conoscenza superiore perché è capace di tenere insieme particolare e universale,
astrazione e concretezza. Tutto ciò che è capace di tenere insieme concreto e
astratto, viene definito da Sidney come poesia.
Lo statuto della poesia è uno statuto alto, elevato.

SVILUPPI DELLA POESIA INGLESE. PERCORSO SUL PETRARCHISMO IN


INGHILTERRA.
L’influenza più forte sulla poesia inglese di questo periodo è Petrarca che arriva in
Inghilterra già con Chaucer (uno dei più importanti autori del medioevo inglese,
autore di The Canterbury Tales). Chaucer si era cimentato in alcune traduzioni di
Petrarca, ma la vera influenza di Petrarca sulla poesia inglese inizia sotto il regno
di Enrico VIII (periodo in cui a corte si presta una rinnovata attenzione alle arti e
una particolare attenzione alla poesia). Ci muoviamo dunque in un contesto per
certi aspetti molto diverso da quello del teatro: per quanto riguarda il teatro, c’era
una grande trasversalità dal punto di vista del pubblico, dei temi e degli autori.
Nel teatro c’è una grande verità di formazione, di interessi, di fruizione delle
opere.
Nell’ambito della poesia invece, si parla di un genere ‘elitario’: un genere che
cresce, si sviluppa e ha come principali destinatari le classi più alte. La poesia ha
come contesto di produzione e fruizione, soprattutto la corte.
Raramente le raccolte di poesie del tempo vengono pubblicate (così come le opere
teatrali, o almeno non venivano pubblicate dai drammaturghi stessi).
Per quando riguarda il teatro, l’unico autore teatrale che si occupa della
pubblicazione delle proprie opere è Ben Johnson.
Nel caso della poesia, il pubblico è molto ristretto ma non per questo meno
influente: si ha a che fare con le classi più alte, i modelli che vengono proposti ed
elaborati, sono quelli che saranno più influenti sulla produzione poetica
successiva.

Un momento fondamentale (sia per il teatro che per la poesia) è la prima


traduzione in latino della poetica di Aristotele, che arriva in Inghilterra nel 1536.
Arrivando in latino, le classi più alte sono in grado di leggerla e di recepirne le
convenzioni. Le classi più alte si ispirano alle sue idee sulla poesia.
Una delle opere più importanti di questo periodo ‘La difesa della poesia’ di Sidney
(superiorità della poesia rispetto alla filosofia e alla storia).
Quest’opera è in qualche modo una sorta di riassunto, una rielaborazione
originale, delle idee della poetica di Aristotele, presentate però stavolta in lingua
inglese ad un pubblico inglese.
Sidney, nel recepire le idee di Aristotele, ha il grande problema che si riscontra
anche nel teatro: quello di conciliare la poetica di Aristotele con l’ostilità dei
puritani nei confronti delle finzioni, delle invenzioni umane. La difesa della
poesia, ha questo titolo perché è proprio una sorta di perorazione: Sidney
raccoglie tutte le argomentazioni degli autori del passato per difendere la poesia
dagli attacchi che sta ricevendo da parte dei puritani.
Aristotele inizia a circolare nel ‘500 potendo essere letto dalle classi più alte e
influisce sulla produzione inglese di questo periodo.
Ci sono altri autori che vengono tradotti in inglese in questo periodo: Virgilio,
Ovidio, Seneca, Tacito, Livio, Plinio, Omero, Plutarco, inoltre i romanzi
alessandrini, Orazio e Catullo.
In particolare, soprattutto per quanto riguarda la poesia di Donne, Orazio,
Catullo e Ovido saranno dei modelli di poesia amorosa che contamineranno e
ravviveranno il modello petrarchesco. Perché? Perché quando Petrarca arriva in
Inghilterra, lo fa attraverso il tramite francese, oppure attraverso quella che
potrebbe essere definita una ‘maniera tarda’: eccessivamente cristallizzate.
Scrivere le poesie alla maniera di Petrarca diventa quasi un esercizio di stile.
Scrivere poesia alla corte Tudor ha un prestigio e un valore che, da solo, poteva
far guadagnare a chi ne era capace, anche degli uffici pubblici. Si poteva
acquistare prestigio a corte sulla base della propria capacità di scrivere poesie (il
che non significava necessariamente scrivere delle belle poesie, o rinnovare il
genere, semplicemente mostrarsi capaci di farlo).
Tra le abilità che deve avere un cortigiano, c’è quella di saper scrivete sonetti.
Famosa battuta di Donne, quando frequentava la corte di Elisabetta ed era il
primo a non dare particolare importanza alle sue poesie: è un pazzo chi non sa
scrivere un sonetto, è un pazzo chi ne scrive due. Tutti devono dimostrare di
essere in grado di saper scrivere poesia, ma dedicarsi alla scrittura di sonetti non
è un’attività che avrebbe mai avuto un prestigio di tipo culturale.
Scrivere poesia rientra nelle abilità del cortigiano ideale, modellato molto su un
testo italiano, ‘il corteggiano’ di Castiglione.
Il cortigiano deve poter parlare di politica, avere una conversazione brillante, e
saper scrivere poesie.
Scrivere poesie alla maniera di Petrarca rientra in quella diffusa pratica di
imitazione dei classici, pratica nella quale bisognava dimostrarsi ‘capaci’. Cosi
come in generale, nelle università per esempio, era molto diffusa la pratica di
scrivere o di imitare Ovidio, Orazio, i classici greci e latini.
Imitazione e traduzione sono due pratiche molto diffuse in questo periodo che in
qualche modo rendono fertile il terreno gettano le basi ed offrono una grande
varietà di modelli, per la nascita della stagione più originale, più inglese della
poesia.

I due più importanti autori del petrarchismo inglese sono Wyatt e Surrey:
entrambi di estrazione sociale elevata, entrambi si trovano alla corte di Enrico
VIII.
Il compito che si propongono i poeti, la sfida che accolgono rispetto alla tradizione
petrarchesca è quella di utilizzare i modelli della tradizione straniera, ma
provando ad utilizzare la lingua inglese.
Loro si pongono il problema di usare lo schema petrarchesco e di adattarlo alla
lingua inglese.
‘The art of English poesie’ di Puttenham e ‘Defense of poetry’ di Sidney, sono
considerati i primi due testi di ‘critica letteraria’ inglese. Sono i primi due manuali
che fanno un po’ il punto dello stato dell’arte, della poesia inglese.

Puttenham, nella sua opera, fa un elenco di tutte le figure retoriche della


tradizione, affiancandole ad esempi della poesia inglese.
L’opera di Sidney invece è un testo molto breve, non va molto nel dettaglio
rispetto alle questioni meramente retoriche, ma fa un discorso più generale di
legittimazione del discorso poetico.
Questa legittimazione avviene attraverso, ad esempio (tra le varie argomentazioni
per convincere i puritani che la poesia non può essere considerata immorale),
Sidney afferma che nelle sacre scritture (bibbia), ci sono degli esempi di poesia.
I salmi, o il cantico dei cantici → poesia allegorica che si trova nel vecchio
testamento, poesia che ricorre ad una retorica amorosa per delineare il rapporto
tra un ‘io’ e una destinataria.
Sideny afferma che, se nelle sacre scritture (testo ispirato da dio) abbiamo avuto
degli esempi di poesia (dei versi, delle frasi che vanno a capo), questo significa che
dio stesso ha autorizzato l’utilizzo della poesia, dunque non può essere immorale.
I salmi sono i testi che si leggono durante ogni celebrazione della messa, sono
delle composizioni antichissime tradizionalmente attribuite a Davide (uno degli
autori a cui si fa sempre riferimento per parlare della commistione tra linguaggio
poetico e linguaggio religioso).
Questi sono dunque i due trattati di critica letteraria, di retorica sulla poesia.
Puttenham si pone, più di Sidney, il problema della lingua: afferma che la nuova
stagione della poesia inglese leviga gli strumenti un po’ rozzi della lingua inglese,
consegnando una lingua più alta.
Ogni volta che si ha a che fare con la traduzione, non ci si occupa soltanto di
trasferire un significato da una lingua all’altra: la lingua di arrivo viene messa
duramente alla prova perché deve interrogare se stessa per trovare le parole che
meglio si adattano alla lingua di partenza. Ogni processo di traduzione non è solo
un ‘traghettare’ i significati, è anche uno sperimentare nella propria lingua le sue
risorse, le sue possibilità.
Attraverso i processi di traduzione, di imitazione e di scrittura di poesie sul
modello petrarchesco, la lingua inglese ne esce rinnovata, potenziata, scopre delle
nuove possibilità, ha una nuova dignità.
Sotto il regno di Enrico VII, il tema più ricorrente è quello dell’amore: è un tema
strettamente collegato al petrarchismo, è un tema che va assieme al genere.
I sonetti migliori di questo periodo sono quelli che ci danno la sensazione che, al
di là della convenzionalità del genere amoroso, il poeta fosse anche capace di
infondere un sentimento più reale.
Questi sonetti non veniva stampati, circolavano a corte in forma manoscritta. La
circolazione dei testi non era rigida, non era molto cristallizzata: si possono
trovare molti manoscritti dell’epoca in versioni diverse.
Qualche cortigiano, per esempio, si annotava sul proprio manoscritto, i testi che
circolavano nella propria cerchia: nel ricopiarli, qualcuno poteva aggiungere
qualcosa o eliminare qualcos’altro.
Nessuno pensava a questi sonetti come delle vere e proprie opere artistiche: erano
delle opere che servivano al self-display dei loro autori. Non c’era la
rivendicazione della authorship (autorialità), questi sonetti spesso circolavano
anche in forma anonima, nessuno ne rivendicava la paternità. Questi testi non
servivano a dire ‘io sono il poeta’, ma servivano al self-display, al far mostra di se
a corte. Servivano nel mostrare le proprie capacità retoriche.
Esempio → Donne, che veniva da una famiglia cattolica in un momento molto
difficile per i cattolici, diventa famoso a corte per i suoi sonetti, per le sue poesie,
al punto che, Giacomo I decide di ‘consigliargli’ di convertirsi alla chiesa inglese e
di diventare un predicatore della chiesa inglese. Ciò perché Giacomo I aveva
notato e apprezzato le sua capacità retoriche e di scrittura, voleva che quelle doti
fossero messe a disposizione della chiesa inglese.
Mostrarsi capaci di scrivere delle straordinarie poesie permette ad alcuni uomini
della corte di essere destinatari di incarichi di grande prestigio.

Wyatt e Surrey sono i primi a cimentarsi con il sonetto e modificano in parte la


struttura petrarchesca.
PETRARCA → sonetto di 14 versi organizzato in due quartine e due terzine,
schema rimico ABBA ABBA CDC CDC / CDE CDE. Tra le quartine e le terzine c’è
una ‘svolta’ tematica.
WYATT E SURREY → Elizabethan sonnet (in generale), ABAB CDCD EFEF GG, c’è
una maggiore varietà di rime, tre quartine e un distico finale a rima baciata (final
couplet).
Solitamente, la ‘svolta’ si trova poco prima del distico finale (il passaggio dalla
prima parte del componimento alla seconda parte, avviene in maniera più
graduale nel sonetto petrarchesco). La ‘svolta’ nel sonetto elisabettiano è più
repentina, più epigrammatica. I due versi, talvolta, possono ribaltare
completamente ciò che si è detto prima. Questi due versi hanno una forza
espressiva molto più incisiva delle terzine del sonetto classico, chiudono il sonetto
con una rima baciata che sembra quasi una filastrocca finale.
Questo è uno dei cambiamenti più importanti, conferisce una certa originalità al
sonetto elisabettiano.
Secondo alcuni, questa evoluzione del sonetto inglese potrebbe essere stata
influenzata dalla tradizione autoctona epigrammatica.
THOMAS WYATT → fu il primo poeta inglese che importò la lirica italiana e latina
in Inghilterra. Fu cortigiano di Enrico e trascorse la maggior parte della sua vita
adulta all’estero. Impegnato nella vita politica diplomatica, fu imprigionato per
ben due volte nella torre di Londra.
Il mondo infido della corte divenne l'argomento di gran parte delle sue poesie più
famose.
Molte delle sue poesie sono libere traduzioni delle ‘rime sparse’ di Petrarca.
Della poesia italiana, in primo luogo, Wyatt importò la disciplina formale che
mancava al verso medievale inglese.
Le sue traduzioni, non sono piatte trasposizioni linguistiche → l'importazione del
mondo culturale e letterario di Petrarca in quello immensamente diverso del
poeta inglese non avveniva senza modificazioni creative e soggettive.
Nell'argomento tipicamente Petrarchesco dell'amante perpetuamente
insoddisfatto dell'amore dell’amata, Wyatt immette le evocazione vivida della sua
presenza fisica.
Il sistema chiuso dell'amante Petrarchesco incapace di raggiungere la sua donna
se non nella memoria o nella fantasia viene, per così dire, aperto al vigoroso
contatto con un amata oggetto di un desiderio problematico e concreto.

SURREY → Henry Howard, conte di Surrey. Continuò la lezione di Wyatt


traducendo anche lui alcuni sonetti di Petrarca.
Il poeta mise a punto la forma definitiva del sonetto inglese che verrà usata nella
grande stagione sonettistica degli anni 90 del 500 da Sidney e Donne.
La sua fama si deve alle sue invenzioni prosodiche e metriche.
I suoi sonetti, rispetto a quelli di Wyatt, presentano una forma più regolare e
musicale ed il loro effetto è meno virtuoso.

Nessuno di questi due poeti pubblico le proprie poesie in vita.

La poesia di Wyatt e Surrey viene resa molto popolare in Inghilterra attraverso il


‘Tottel’s miscellany’ (la miscellanea di Richard Tottel, raccolta di testi diversi del
1557).
Questa è una delle antologie più fortunate del periodo, viene ristampata molte
volte; è uno dei primi documenti a stampa della poesia elisabettiana. Tottel decide
di farsi carico di intercettare e individuare i testi che circolavano in forma
manoscritta a corte e lo sistema in questa antologia operando delle selezioni,
attribuendo dei titoli (che di solito non erano presenti) e intervenendo anche sui
testi, soprattutto per quanto riguardava gli aspetti metrici (l’inglese di quel
periodo era una lingua ancora in evoluzione, per cui delle parole che prima
rimavano adesso non rimano più ecc). I suoi interventi servono a supervisionare
la tenuta metrica dei testi.
È grazie alla ‘Tottel’s miscellany’ che abbiamo i testi di Wyatt e Surrey.
Lo scopo di questa antologia è quello di offrirsi come una sorta di conduct-book,
libro di condotta. Attraverso questi componimenti che parlavano della vita a
corte, si offrivano una sorta di modelli di comportamento a tutti gli altri
cortigiani.

Un’altra raccolta molto importante di questo periodo è ‘A hundreth sundrie


flowers’, (già nel titolo riprende l’idea del florilegio), attribuita a George Gascoigne.
Nell’operazione di cura che accompagna queste antologie, il curatore è come se
per ogni componimento specificasse la situazione in cui il sonetto è testo
composto o la situazione poetica nel quale viene immaginato (a rafforzare di più
l’idea di queste antologie come dei conduct-books).
Alcune di queste situazioni però, erano delle situazioni un po’ immorali:
nell’universo della poesia cortese, un topos ricorrente è l’amore per una donna
sposata (dai trovatori in poi, tutta la letteratura ha questo topos dell’amore
impossibile legato all’adulterio).
Prima della nascita dell’amore romantico, c’era una rigida separazione in
occidente tra la situazione coniugale che non prevedeva l’amore e l’amore
passionale al di fuori del matrimonio, nell’adulterio. La passione era
nell’adulterio, mentre nel matrimonio non era prevista passione. All’interno di
queste poesie, resta la convenzione dell’amore impossibile, ma ci sono anche delle
situazioni reali di adulterio. Questo andava bene in occidente prima della riforma.
Con la riforma, tutti questi elementi più legati alla passione e alla lascivia non
giustificati dal matrimonio, vengono condannati come profondamente immorali).
La raccolta di Gascoigne viene pubblicata due volte: la prima con degli elementi
che alludevano esplicitamente a situazioni di adulterio e la seconda volta, con
l’eliminazione di queste situazioni ritenute immorali.
Questo in qualche modo segnala l’influenza della riforma sulla costruzione dei
canzonieri: tutti i canzonieri hanno un’evoluzione narrativa, in questi canzonieri è
sempre meno presente la celebrazione di un amore illegittimo percepito come
immorale.

Nella ‘Tottel’s miscellany’ ci sono 36 poesie di Surrey e 97 di Wyatt.


È Surrey il primo ad introdurre in poesia il pentametro giambico perché (come
avviene per il teatro), esso sembra il verso che meglio si adatta ad una certa
colloquialità del dettato, che diventa un’altra caratteristica della poesia inglese.
Nelle poesie c’è l’impressione di una lingua poetica più vicina alla lingua parlata;
il che non significa che ci sia meno ricercatezza di tipo formale, semplicemente
che il registro che viene usato, è un registro più vicino a quello della lingua parola
(motivo per cui i sonetti di Shakespeare hanno per gli inglesi una familiarità e
un’immediatezza di gran lunga maggiore di quella che possiamo avere noi con
Petrarca, per esempio).

POESIA ELISABETTIANA

Spenser e Sidney sono contemporanei anche se Sidney muore molto presto


combattendo nelle fiandre.

SPENSER → autore che esemplifica il tentativo di conciliare le convenzioni del


canzoniere di Petrarca con le istanze morali della riforma. Non è un caso che il
suo canzoniere, ‘Amoretti’, a differenza di tutti i canzonieri del passato, si
conclude con il matrimonio degli amanti. Non c’è la convenzione petrarchesca
della donna irraggiungibile, è una storia d’amore che trova un suo compimento
perché c’è una promessa d’amore che viene concessa dalla donna amata e che
conduce al matrimonio. È la negazione della convenzione cortese precedente. Qui
non c’è l’amore fori dal matrimonio, c’è la celebrazione dell’amore che, in pieno
ossequio alle leggi cristiane, culmina nel matrimonio.
In questo caso c’è l’accentuazione di un elemento didattico, di un elemento
pedagogico: opera che, oltre ad essere un’opera di finzione, un’opera artistica, per
legittimarsi, deve esplicitare i propri valori morali, deve mostrarsi come un’opera
edificante per i suoi lettori. Edificante perché insegna un amore che deve
necessariamente passare attraverso il matrimonio (legittimazione importante
anche se non considerato un sacramento dalla riforma).
I modelli di Spencer sono Ovidio, Catullo e Orazio, ma anche Bembo, Ariosto,
Tasso e Serafino Aquilano (autore quasi sconosciuto in Italia tra i petrarchisti ma
molto importante in Inghilterra). Aquilano esercita un’influenza fortissima sul
autori inglesi di questo periodo.
AMORERTTI → raccolta di 89 sonetti che il poeta dedicò a Elizabeth Boyle. Sono
un caso unico nella storia dei sonetti elisabettiani, contengono una grande
varietà di momenti o aspetti del desiderio amoroso ma mancano del distacco
ironico che caratterizza invece il canzoniere di Sidney.

SIDNEY → Sir. Philiph Sidney, per i propri meriti era diventato ‘sir’ tre anni prima
di morire giovanissimo. Era di origini aristocratiche, viveva alla corte di Elisabetta
ed è l’autore di ‘Arcadia’ (opera epica) e ‘Astrophil and stella’: canzoniere.
Dopo la sua morte, nelle centinaia di elegie scritte per la sua memoria, quasi tutti
i poeti professionisti della fine del secolo individuarono in lui il perfetto
precursore della loro stessa poesia attribuendogli il valore di poeta nobile d'animo
e di Natali.
Tutte le opere di Sidney vengono pubblicate postume.
Figura internazionale e cosmopolita, Sidney fu certamente influenzato dalla
tradizione italiana e latina che assunse agilmente in tutte le sue opere, che
segnano una tappa decisiva nella storia della letteratura inglese.
ASTROPHEL AND STELLA → ‘Astrophil and stella’ è un titolo che è stato dato dai
curatori, l’opera racconta una storia d’amore: l’innamoramento di un giovane
cortigiano di una donna sposata. Probabilmente ispirato ad una storia vera.
Sono 108 sonetti e 11 canzoni rivolte a destinatari diversi (amici, poeti) tra cui
Stella.
C’è sempre uno sviluppo narrativo che ricorda il canzoniere di Petrarca, però per
esempio, il primo sonetto dell’opera, è una sorta di dialogo ta il poeta e la musa. È
una rappresentazione malinconica del poeta che scrive senza riuscire a trovare
una forma, una poesia, che sia all’altezza della sua amata. Rappresentazione
quasi meta-poetica del poeta insoddisfatto dei propri versi, finché la musa gli dice
di ‘gurda nel tuo cuore e scrivi’ invece di perdere tempo con le figure retoriche, la
forma ecc. Questo è importante perché in qualche modo problematizza uno delle
questioni di questo periodo: rischio che il petrarchismo inglese sia una
pedissequa imitazione del modello petrarchesco (un’imitazione fredda, non
ispirata); dall’altra parte c’è anche qualche eco dell’ideologia riformata: guardare
dentro se stessi, scoprire dentro se stessi, l’introspezione, l’introflessione, come se
l’interiorità fosse il luogo in cui c’è una sorta di sincerità, di originalità alla quale
si può attingere liberandosi dalle mediazioni della tradizione e scrivere un tipo di
poesia nuova.
Nello scoprirsi innamorato, Astrophel scopre anche di essere prigioniero di
un'emozione che chiama di volta in volta slavery, hell, poison. Il tentativo di
liberarsene risulta vano e al poeta non rimane che sottoporsi alla sua dura legge.
‘SIDNEY’S PSALMS’ → Sidney è anche traduttore almeno di una parte dei salmi
(opere importanti perché legittimano la poesia). Tuttavia muore troppo presto,
non riesce a completarli e verranno terminati da sua sorella. Lui ne traduce 20 su
150. A queste traduzioni dei salmi, Donne dedicherà una poesia.
ARCADIA → in realtà si tratta di due opere: old arcadia e new arcadia. Le due
opere sfruttano una convenzione allegorica incluso nell’antichità: il genere
pastorale a cui esse si rifanno risale a Virgilio e fu ripreso pienamente nel 400
italiano.
La old Arcadia è completamente immersa nel genere a cui dichiara di
appartenere, ma Sidney vi immette una travolgente ed innovativa trama
romanzesca presa in prestito dal romanzo greco e dal rinato romanzo
cavalleresco. L'opera si presenta come una tragicommedia in cinque atti in cui
sono mescolati prosa e versi, con una doppia trama, una seria e una comica.
Molto meno lieve ed umoristica invece è la new Arcadia rimasta incompleta.
Per quanto diverse tra loro, le due Arcadia sono romanzi sperimentali che
prendono a prestito da vari pezzi della tradizione romanzesca latina, italiana e
francese e li mescolano in maniera originale e nuova.

Un altro grande canzoniere di questo periodo, sono i sonetti di Shakespeare.


SHAKESPEARE → Shakespeare non fu solo un drammaturgo. Due poemetti dei
primi anni 90 segnano il suo debutto nella stampa.
‘VENUS AND ADONIS’ → poemetto che racconta la storia di Venere e Adone,
ispirato al 10º libro delle metamorfosi di Ovidio. Nell'opera originale, Adone
ricambia l'amore di Venere che lo corteggia: nell'opera di Shakespeare, invece,
Adone cerca di sfuggire dalla dea. Il poemetto termina come nella leggenda: adone
muore durante la sua pericolosa caccia al cinghiale, ma a differenza dell'opera di
Ovidio, il corpo dell'uomo si dissolve Venere raccoglie il fiore che nasce al suo
posto.
‘THE RAPE OF LUCRECE’ → poemetto pubblicato con la firma di Shakespeare
con argomento più serio rispetto al primo. Basato sui fasti di Ovidio, narra la
storia realmente avvenuta dello stupro della romana Lucrezia da parte di Sesto
Tarquinio e del conseguente suicidio di lei.

È nei sonetti, tuttavia, che la poesia di Shakespeare raggiunge il suo più alto
compimento.
I sonetti di Shakespeare non vengono pubblicati da lui, anche perché i loro
contenuti si prestavano a problematiche interpretazioni (è noto che Ben Johnson
abbia modificato tutti i pronomi maschili con pronomi femminili).
Uno dei più interessanti destinatari della prima parte delle poesie di Shakespeare
è un ‘fair youth’, un bel giovane, onesto (che rappresenta il ‘bene’); questo giovane
è in opposizione all’altra destinataria, una ‘dark lady’, una donna bruna (che
rappresenta il ‘male’).
Dei 154 sonetti, i primi 126 sono dedicati al ‘fair youth’, i rimanenti fino al
sonetto 152 sono invece dedicati alla ‘dark lady’. Gli ultimi due hanno per
argomento cupido.
Il fair youth rappresenta un tipo di amore puro, un amore che non è contaminato
dalla lascivia, mentre la dark lady rappresenta il desiderio erotico, il desiderio in
cui la componente fisica è prevalente.
Sono due forme di concepire l’amore.
In alcuni casi, queste due figure non sono sempre separate: nei primi
componimenti prevale il fair youth (c’è una metaforica straordinaria legata alla
perpetuazione, all’immortalità, la voce poetica augura al giovane di riprodursi, in
modo che la sua bellezza, morale, oltre che fisica, possa andare avanti, possa
diffondersi). Nella prima parte c’è questo tema.
Declinazione importante: amare il fair youth a tal punto da desiderare che lui si
moltiplichi, che lui possa perpetrarsi.
Ad un certo punto c’è una svolta: la voce poetica capisce chic’è un altro modo per
perpetrare la bellezza del giovane, attraverso la sua poesia.
Due cose possono dare l’eternità: moltiplicarsi oppure l’arte, la poesia.
Utilizzare l’arte come modo per eternare contro il tempo, contro la morte, la
bellezza ideale del fair youth. C’è una sorte di rivendicazione del potere della
poesia che diventa uno strumento contro il tempo che rovina tutte le cose: anche
quando la bellezza del giovane sarà passata, ci saranno le poesie dedicate a lui
che la continueranno a mantenere cristallizzata in eterno.
Ad un certo punto c’è un passaggio che viene codificato come un passaggio dalla
natura alla cultura: mentre nella prima parte ci sono delle immagini legate al
‘crescere’, ‘moltiplicarsi’, nella seconda parte dei sonetti (quelli in cui si parla
dell’immortalità che la poesia può dare) prevale invece la metafora dell’innesto.
L’innesto non è un qualcosa che avviene naturalmente, è un’operazione
‘artificiale’, prevede l’intervento umano.
La procreazione sta all’uomo, come la poesia e l’eternità attraverso la poesia sta
all’innesto (scrittura, alla capacità eternatrice della poesia).
Tutto ciò solamente nei componimenti dove appare il fair youth; componimenti
altrettanto interessanti sono quelli in cui convivono invece il giovane e la dark
lady.
In questi componimenti c’è un vero e proprio triangolo.
È chiaro che le due figure sono come un angelo buono ed uno cattivo perché se la
dark lady tentasse il fair youth, come se volesse corrompere la sua purezza.
La voce poetica si trova al centro del triangolo dove da una parte è lui stesso
soggetto alle tentazioni della dark lady e dall’altra è anche uno spettatore che
assiste al tentativo di corruzione della dark lady sul fair youth.
Un sonetto molto importante è il sonetto 144.
I sonetti si distinguono per vari motivi: per la maggior parte essi non sono rivolti,
come si vede, a una donna, ma a un uomo; in secondo luogo, laddove essi si
rivolgono a una donna essa ha fattezze tutt'altro che angelicate ma è decisamente
‘black’ e infernale.
Inoltre, nessuno dei due destinatari ha un nome.

Pur mantenendo la forma inglese ereditata da Surrey di tre quartine e di un


distico finale, quasi tutti sonetti presentano una struttura logico argomentativa
che li divide in un'ottava, dove è svolta la prima parte dell'argomento, e una
quartina, che introduce un ragionamento oppositivo, riprendendo così sul piano
semantico e la primitiva forma petrarchesca. Il distico finale raccoglie quasi
sempre di significati contrastanti presentati nelle prime due parti, riconciliandoli
o mostrandone, il più delle volte, l’inconciliabilità.

Tra le moltissime opere pubblicate con il consenso di Shakespeare, dove ci sono


dediche a un patrono, ci sono due opere poetiche. Venus and Adonisn →
1592-1593, poemetto di ambientazione mitologica, una delle primissime opere
pubblicate da Shakespeare. The rape of Lucrece (1593-1594), segue The phoenix
and the turtle. Decide di non affidare alle stampe invece i 154 sonetti che
saranno trafugati e pubblicati di nascosto contro la sua volontà.

SONETTI → Shakespeare non voleva pubblicarli per non esporsi troppo: grand
parte di essi sono dedicati ad un giovane ‘fair’, un’altra parte invece è dedicata
alla cosiddetta ‘dark lady’ ed in alcuni componimenti si hanno proprio dei
triangoli tra la voce poetica, il giovane e la dark lady: era evidente che
Shakespeare fosse omosessuale. Non voleva esporre il proprio orientamento
sessuale. I sonetti erano fuori dalle convenzioni del canzoniere petrarchesco che
Shakespeare prende solo in parte come modello (è possibile riconoscere un certo
elemento narrativo nella sequenza dei sonetti, più o meno sono rivolti a dei
destinatari fissi, sopravvivono delle convenzioni del canzoniere).
I sonetti vengono pubblicati senza l’autorizzazione dell’autore.

Le opere che fanno parte della produzione poetica di Shakespeare presentano


tutte una dedica ad un nobel uomo del tempo → in questo modo lui cerca una
sorta di accreditamento, cerca un patrono che posse legittimare la pubblicazione
delle sue opere.
Ciò non avviene mai per il teatro: anche quando vengono pubblicati i copioni
degli spettacoli (raramente da parte degli stessi autori), non ci sono mai delle
dediche.

La poesia si muove nell’ambiente di corte e negli ambenti limitrofi alla corte: la


poesia un’abilità che l’uomo di corte deve mostrare di padroneggiare. Spesso e
volentieri, il frutto di questa abilità non ha un grande volare estetico, ma è
significativo perché, con questi ‘esercizi’, gli uomini di corte cercano di mostrare
le proprie doti retoriche che potevano valergli prestigio.

DEFENCE OF POETRY - SIDNEY

Opera pubblicata postuma nel 1595, è la prima e la più influente discussione


sulla poesia scritta in Inghilterra. Essa è costruita in buona parte su una serie di
idee elaborate già in Italia a metà del cinquecento.
Al contrario dei trattati italiani, tuttavia, l'opera non ha un carattere normativo: si
presenta piuttosto come un'argomentazione insieme rigorosa e arguta che aspira
a convincere il lettore della nobiltà della poesia sulla base del suo passato
antichissimo e prestigioso, della sua funzionalità sociale e del suo potere di
nobilitare la vita di coloro che la proteggono.
Sidney afferma che la poesia istruisce attraverso il piacere, che essa cioè
trasmette contenuti morali attraverso l'uso di una retorica visiva capace di colpire
la mente del lettore più efficacemente di quanto non facciano le prestigiose
discipline della storia e della filosofia.
Al poeta, Sidney, riserva l'attributo di creatore, emancipandolo dal ruolo di mero
imitatore della natura
‘Difesa della poesia’, collegamento tra il mondo della poesia e quello del teatro →
entrambi dovevano difendersi dagli attacchi e dalle critiche dei puritani. Teatro e
poesia hanno a che fare con delle ‘finzioni’: nel teatro è più chiaro, viene scelta
una trama e gli attori fingono di essere ciò che non sono.
Qual è la finzione in poesia? Nella nostra percezione, soprattutto in quel genere
particolare della poesia, che è la lirica, tendenzialmente il lettore si fida di chi sta
dicendo ‘io’ nella poesia. Nessuno dubita della sincerità dell’autore, nessuno
pensa che sia una finzione.
Il problema non è soltanto la finzione per i puritani, ciò contro cui si scagliano
maggiormente è l’invenzione, the invention.
L’invenzione è ‘problematica’ → l’invenzione viene da INVENTIO che era una delle
doti, una delle caratteristiche della retorica, la più importante. Invento dal punto
di vista significa etimologico significa ‘rinvenire’, ‘ritrovare’. I drammaturghi
classici non inventavano le storie, andavano a ‘riprendere’ le storie già presenti e
le mettevano in scena ognuna a suo modo. L’invento latina non ha a che fare con
l’originalità. L’originalità è un’invenzione romantica: l’idea che ciò che è nuovo è
anche bello è un’invenzione romantica, quando inizia a diventare rilevante
l’individualità.
Noi siamo ancora nel ‘600: l’invenzione contro cui si scagliano i puritani è la
stessa facoltà immaginativa dell’uomo. Non è tanto il mettere in scena una
finzione, ma è la stessa capacità di immaginazione dell’uomo a dover essere
contenuta, non sollecitata.
Perché? Perché la religione può controllare i comportamenti dell’uomo, l’etica
sociale, ma non può controllare i pensieri e l’immaginazione: questo è il limite che
fa annidare queste ostilità nei confronti dell’invenzione.
Nell’immaginazione che non si può controllare, le pulsioni e i desideri vengono a
galla e possono sollecitare l’uomo al peccato.
Sant’Agostino, autore delle confessioni, lo afferma esplicitamente: parla della
curiosità come un qualcosa che spinge al peccato. La curiosità è ovviamente
legata all’immaginazione.
Se l’immaginazione poi non è più un qualcosa che l’autore tiene per se, ma è una
facoltà utilizzata per comporre qualcosa e farlo circolare, questo viene ritenuto un
peccato ancora più grande: significa non solo attingere alla propria
immaginazione, ma anche sollecitare l’immaginazione altrui. Ciò era ritenuto dai
puritani peccaminoso, ancora di più se quest’immaginazione era produttrice di
parole.
Perché? Perché innanzitutto, l’unica parola possibile era quella ispirata da Dio (le
sacre scritture), non ha senso che ci siano altri testi.
In Inghilterra ci sono almeno due ondate iconoclaste: l’abolizione e la distruzione
delle immagini sacre. Negli anni ’70 del ‘500, in Scozia ed in Inghilterra, ci sono
queste due forti ondate perché non si può immaginare e rappresentare il volto di
dio o di cristo (forte veto all’immaginazione: vuol dire fingere che quello
rappresentato sia il volto di dio o di cristo).
C’è anche un altro problema: dio è il creatore di tutte le cose, nel momento in cui
un uomo utilizza la propria facoltà di immaginazione per ‘creare’ qualcosa che
prima non c’era, si trova in una sorta di sfida. La sfida tra il dio creatore e l’uomo
creatore, tra l’onnipotenza creatrice di dio e l’onnipotenza ‘ridimensionata’ del
poeta.
A proposito di ciò, Sidney dice che non c’è nessuna immoralità: l’uomo può creare
poiché esso è stato creato a sua volta, a immagine e somiglianza di dio. Questa
somiglianza, Sidney la estende anche alla possibilità di creare, aggiungendo una
piccola postilla importantissima: le creazioni dell’uomo però, non saranno mai
perfette come quelle di dio perché è intervenuto il peccato originale; tuttavia non
per questo esse sono da condannare o abolire.
Tanto più perché esiste uno straordinario esempio di poesia prodotta dagli
uomini: i salmi nelle sacre scritture (altra argomentazione fondamentale per
Sidney).

RAPPORTO TRA STORIA E POESIA → Sidney, autore di ‘La difesa della poesia’.
La poesia e il teatro vanno difesi dai puritani che li ritengono immorali.
Difendendo la poesia (tutte le arti, tutte le finzioni artistiche), Sidney afferma che
‘la poesia è superiore sia alla storia che alla filosofia perché la storia si occupa dia
questioni concrete e individuali, la filosofia si occupa di questioni astratte e
universali (sono sempre manchevoli), mentre la poesia -grazie alle finzioni- può
inventare cose che non esistono superano la natura. La poesia non ha dei limiti,
può creare ‘another nature’. Quest’altra natura, superiore alla natura, frutto delle
facoltà umane, tiene insieme sia il concreto che l’astratto, sia l’individuale che
l’universale’.
IL ‘600

Il ‘600 inglese è un secolo ‘lunghissimo’, aperto dall’ascesa al trono di Giacomo I.


Gli succedette al trono, nel 1625, il figlio Carlo I.

Nel 1642 chiudono i teatri perché la situazione politica in Inghilterra degenera, lo


scontro tra il re Carlo I, figlio di Giacomo, e il Parlamento a maggioranza
repubblicana arriva ad una situazione di una vera e propria guerra civile: i
puritani sono sempre più sospettosi rispetto ad una certa simpatia che Carlo I
sembra mostrare nei confronti di alcune riemersioni del Cattolicesimo in
Inghilterra, soprattutto attraverso l’operato di una figura chiave, ovvero
l’arcivescovo William Lauth che, negli anni 20/30 del Seicento comincia a
ripristinare il vestiario molto ricco dei preti, la genuflessione, il segno della croce,
(tutte quelle pratiche religiose che erano state abolite nella fase più radicale della
chiesa inglese, di impronta calvinista in Inghilterra).
Inoltre Carlo I, in qualche modo, continua la politica assolutistica di suo padre,
già vista in quegli estratti dalle opere di Giacomo I in cui egli sostanzialmente
ribadiva il diritto divino del Re (era un modo di rivendicazione dei diritti).
Secondo questa idea che c’era il diritto divino del re e che in nessun caso ci si
poteva ribellare al Re, in nessun caso era prevista la disubbidienza.

Carlo I, in qualche modo, si scontra sempre più con i puritani perché nella sua
politica assolutistica non solo spende molti più soldi di suo padre, ma anche nelle
velleità di guerre sul continente.
La monarchia inglese prevedeva comunque che anche se si trattava di monarchia,
alcune decisioni dovevano essere prese in accordo con il Parlamento.
Essendo diventato il Parlamento la maggioranza europea, è chiaro che da una
parte Carlo I chiedeva maggiori finanziamenti per le sue guerre sul continente, il
parlamento puritano glieli negava un po’ perché non credeva in queste guerre, un
po’ perché era insospettito dalle derive assolutistiche del monarca.

Si arriva ad un momento di scontro, cioè proprio di opposizione tra i cosiddetti


parlamentaristi e i cosiddetti lawaristi (quelli che avevano preso le difese del Re)
→ ci fu quindi una vera e propria guerra civile che si conclude con il momento
più impensabile: con l’uccisione di Carlo I. La sua non fu una morte sul campo
di battaglia o una morte accidentale, ma ci fu la condanna a morte del monarca.

Questo fatto fu assolutamente inedito perché c’era un Parlamento che emanava


quel decretare legalmente la legittima uccisione di Carlo I.
Quest’azione era ancora più sacrilega (o comunque religiosamente ambigua)
rispetto a quello che abbiamo detto precedentemente sull’ideologia del diritto
divino del Re.
Come si fa ad uccidere un Re che è tale per diritto divino?
È ancora quasi come una sfida.
In realtà questa decisione viene presa dai parlamentaristi (puritani), i quali,
approfittano dell’uccisione del Re per instaurare in Inghilterra un periodo
repubblicano: la Repubblica di Cromwell che sarà chiamata in vari modi (chi la
chiamerà interregno, chi la chiamerà Repubblica).
A seconda delle interpretazioni di questo periodo, questi anni che durano fino al
1660, sono anni in cui in Inghilterra non abbiamo la monarchia, bensì la
Repubblica di stampo religioso. Anzi, questa Repubblica, in qualche modo,
radicalizza le idee dei puritani imponendo per esempio il shabbat (il sabato caro
agli ebrei), del vecchio testamento: per cui il sabato non si lavora. Sono abolite
tutte le feste, non solo il corpus cristi che era già stato abolito, ma tutte le forme
di intrattenimento in generale, tra cui il teatro, la più immorale delle pratiche.
Questo è davvero il periodo politicamente più significativo della storia inglese,
tanto più significativo e rivoluzionario che poi porterà, dopo la morte di Oliver
Cromwell, ad alcuni anni di stabilità e poi al ritorno degli Stuart, al ritorno della
monarchia e al rientro dalla Francia di Carlo II.
Con Carlo II si restaura la monarchia in Inghilterra ed inizia una fase anche
letterariamente molto spassosa che sembra non avere niente a che fare con ciò
che è successo negli ultimi settanta anni.
Il teatro della Restaurazione è chiaramente una reazione al puritanesimo della
letteratura, è una delle cose più oscene: doppi sensi sensuali, commedie di
libertini, relazioni extraconiugali in scena, adulteri, risate, conversazioni brillanti,
mondanità e superficialità.
È chiaramente il mondo della Francia del Seicento che viene trapiantato in
Inghilterra per dimenticare quella fase di radicalismo religioso che era stato un
po’ tutto il Seicento.
Abbiamo visto nel teatro, ma anche in poesia, che la religione resta uno degli
argomenti ricorrenti nella produzione letteraria del periodo: che si parli d’amore o
si parli di regicidio non si può far a meno che parlare di religione; non
necessariamente in modo serio, anzi, raramente in modo serio, ma è impossibile
non accogliere il proprio sistema retorico: immagini, frasi, lessico della retorica
religiosa che in qualche modo permea tutto il periodo.

Anche Carlo II però, come suo padre, venne a trovarsi in opposizione al


parlamento.
Quando gli succedette il fratello Giacomo II, la situazione precipitò.
Nel 1688 il Parlamento depose il re e affidò la corona a Maria, sua figlia, e al
marito di lei Guglielmo d’Orange → l'avvenimento è ricordato con il nome di
rivoluzione gloriosa.
Con più di un secolo di anticipo sul resto d'Europa, l’Inghilterra divenne una
monarchia costituzionale → i nuovi sovrani, prima di essere incoronati, giurarono
su uno statuto che stabiliva i diritti del Parlamento e le libertà civili, mentre la
vita politica parlamentare si strutturava intorno alla contrapposizione tra due
partiti (Wighs e Tories).

Questo succedersi di avvenimenti straordinari corrispondeva a una


trasformazione radicale della visione dell'uomo e della società, che era anche,
innanzitutto, culturale, e che non poteva non riflettersi fortissimamente nella
produzione letteraria.

POESIA DELL’ETÀ GIACOMIANA

Il quadro della lirica composta nella prima metà del seicento è disegnato su una
bipartizione più o meno unita tra due linee o tendenze → metaphysical e cavalier.
Queste due tendenze furono originate dall'influenza preponderante di due poeti,
rispettivamente, John Donne e Ben Jonson → entrambi prendono le mosse della
poesia tardoelisabettiana contemporanea agli anni della loro formazione, se ne
allontanano poi maniera piuttosto sensibile e per strade divergenti.

CAVALIER → questo appellativo allude allo stesso tempo a un dato politico e


sociale e a un elemento fondamentale di contenuto, e cioè la celebrazione di
istituti, ideali o valori che sono propri della cultura aristocratica durante la prima
metà del seicento. Dal punto di vista della forma, la poesia dei cavalieri
tendenzialmente persegue l'equilibrio, la simmetria, la perfezione metrica,
modellandosi dichiaratamente sugli esempi della grande classicità, in particolare
sui latini.

METAPHYSICAL → termine più specificatamente letterario applicato a Donne e ai


suoi seguaci della critica neoclassica.
Oggi le caratteristiche determinanti che permettono di designare come ‘metafisica’
una lirica del seicento, tendono ad essere quelle legate in primo luogo alle scelte
stilistiche ed espressive: la concentrazione semantica, il wit (forza intellettuale),
l'uso del ‘concetto’ a scopo non esornativo ma essenzialmente argomentativo, il
carattere drammatico dell'enunciato dovuto al suo indicare esplicitamente i
propri destinatari, il frequente uso di immagini mutate dalla filosofia o dalle
scienze e perciò apparentemente estranee ai soggetti amorosi della poesia.

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