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doi: 10.

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Luciano Ferrari, Giuseppina Rossi


e Massimo Fabi

Chronic Care Model: contesti di


cura e integrazione dei processi
Un percorso di ricerca per la definizione
delle priorità di sviluppo della rete di cura
formale e informale

1 Premessa

Il tema della cronicità ha assunto una grande rilevanza nello


scenario delle politiche sociosanitarie in forte relazione all’invecchiamento della
popolazione e alla conseguente alta incidenza di patologie cronico-degenerative
e concomitanti.
Al tempo stesso lo sviluppo dei servizi è sempre più centrato
sull’integrazione della rete territoriale quale strategia di risposta ai bisogni
sanitari e sociali emergenti.
In questa direzione è emersa la necessità di sviluppare un project
work finalizzato ad approfondire le nuove traiettorie culturali e organizzative
che stanno alla base di un sistema di cura (della cronicità) in grado di connettere
in maniera più funzionale ed integrata la rete ospedale-territorio-famiglia.
Un’analisi di tale contesto prevede quindi l’approfondimento
della relazione che si realizza tra il sistema di aiuto complessivo e l’utente at-
traverso lo sviluppo di azioni informative, educative e organizzative mirate al
miglioramento della condizione complessiva del paziente.

Luciano Ferrari, Dirigente sociologo – Azienda USL di Parma; Direttore Servizio Sviluppo Organizzativo
e Progettazione; Professore a contratto di Sociologia dei processi economici e del lavoro – Università
di Parma.
Giuseppina Rossi, Dirigente medico – Azienda USL di Parma; Direttore Servizio Sviluppo ed Integrazione
dei Servizi Sanitari Territoriali.
Massimo Fabi, Direttore generale – Azienda USL di Parma.

Tendenze nuove - 1-2/2011 nuova serie


Luciano Ferrari, Giuseppina Rossi e Massimo Fabi

1.1 La necessità di un progetto


In linea con il tema generale di valutazione della cronicità e di
sviluppo di percorsi organizzativi e assistenziali adeguati alle esigenze multi-
dimensionali della popolazione si è arrivati alla costituzione di un gruppo di
progetto multi professionale con il compito di effettuare un’analisi e definire
un progetto con linee prioritarie di orientamento per i vari contesti coinvolti
nella rete di assistenza e cura.

1.2 Gli obiettivi


Nell’ambito del progetto sono stati definiti i seguenti obiet-
tivi:
Obiettivo generale: definire le priorità per l’integrazione dei
saperi e delle competenze tecniche all’interno dei percorsi di cura nelle reti
formali e informali attraverso il coinvolgimento degli attori professionali e non
professionali.
Obiettivi specifici:
• Analisi del contesto e definizione degli studi di osserva-
zione.
• Coinvolgimento degli attori delle reti formali e informali
• Valutazione delle priorità connesse allo sviluppo della rete
formale ed informale.
• Definizione di azioni formative e di miglioramento.
• Sperimentazione di un percorso.

1.3 La declinazione del contesto di lavoro


La prima attività del gruppo è stata la definizione del contesto
di lavoro in cui articolare il progetto complessivo.
Alla luce delle evidenze e delle trasformazioni organizzative
in atto si è pensato di porre l’accento sul tema della cronicità che necessita di
una ridefinizione organizzativa e risponde alle esigenze di modulazione dei
processi tra ospedale-territorio e contesto familiare.
In tale ottica si colloca la necessità di andare verso il graduale
superamento della sola medicina di attesa centrata sulle patologie acute per
avviarsi progressivamente verso un modello di medicina di iniziativa in grado

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Chronic Care Model: contesti di cura e integrazione dei processi

di assumere il bisogno di salute prima della sua insorgenza o prima del suo
aggravamento. Questo orizzonte deve infatti prevedere una collaborazione
attiva tra la rete formale degli operatori deputati all’assistenza e cura e la rete
informale che deve garantire i processi di promozione degli stili di vita.

2 Definizione del contesto

2.1 Evoluzione del contesto e del quadro epidemio-


logico
2.1.1 Aspetti generali
Il tema della cronicità si evidenzia con particolare enfasi nell’ul-
timo decennio anche a seguito del progressivo sviluppo e consolidamento delle
reti cliniche territoriali quali forme di risposta ed integrazione organizzativo-
assistenziale (collocate nei Dipartimenti Cure Primarie) che hanno visto il
coinvolgimento di vari attori professionali.
Tale processo presenta ancora oggi criticità non tanto nella
risposta clinica quanto nella gestione funzionale dei processi organizzativi e
informativi.
Si tratta di un contesto fortemente dinamico e caratterizzato
da processi di cambiamento normativo ed organizzativo.
In questa prospettiva si possono sottolineare alcuni aspetti
significativi:
– il progressivo sviluppo dei servizi territoriali (ex DGR
309/2000)1 quale risposta alternativa al ricovero anche per situazioni complesse,
con la riqualificazione dell’offerta e lo spostamento di importanti risorse dalle
strutture di ricovero a quelle territoriali;
– la necessità di selezionare (sul territorio) il bisogno attraverso
il sistema delle cure primarie con un governo della domanda che trova risposte
attraverso percorsi integrati multidisciplinari e multiprofessionali;
– l’evoluzione del sistema che ha visto un profondo mutamento
nei modelli organizzativi territoriali, passando da una logica di semplice erogazione
delle prestazioni ad un sistema di cure sempre più integrato, che pone al centro
il paziente preso in carico ed accompagnato in tutto il percorso assistenziale;
– la necessità di passare dalla presa in carico attraverso i per-
corsi semplici a percorsi strutturati (Follow-up – Day Service) in una logica di
1
DGR 309/2000 – Assistenza Distrettuale – Approvazione Linee Guida di attuazione del Piano Sanitario
regionale 1999-2001.

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Disease management delle malattie croniche e continuità delle cure

Level 3
Case management
Elevata complessità

Pr
of
es
sio Level 2
Disease/care na Alto rischio
lc
management ar (scompenso, comorbidità)
e

Se
lf
ca
re
Level 1
Self care 70-80% delle
support/ malattie
management croniche

Figura 1: Modello del Chronic Care Model.

promozione della salute caratterizzata da un’interazione efficace tra un paziente


ed un contesto informale resi consapevoli ed esperti nella gestione dell’auto-
cura (self-care) rispetto alla patologia.
In questo orizzonte si colloca anche lo sviluppo di nuovi mo-
delli di intervento integrato fra i quali si è posta l’attenzione sul Chronic Care
Model (cfr. fig. 1).

2.1.2 Le patologie croniche


Al fine di approfondire il quadro delle patologie croniche
presenti in Azienda si è preso come riferimento il flusso regionale degli esenti
per patologia riferito all’anno 2008.
Il flusso rappresentava un punto di riferimento per la valutazione
indicativa della prevalenza delle patologie croniche nei vari contesti.
Nella rappresentazione dei dati in ordine di prevalenza emerge
(cfr. tab. 1) che in provincia di Parma vi sono alcuni tassi con valori più elevati
rispetto alle province limitrofe AVEN2 e all’intera Regione. Pur non entrando

2
L’Area Vasta Emilia Nord (AVEN) è l’unione delle 7 Aziende Sanitarie delle province di Piacenza, Parma,
Reggio Emilia e Modena.

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Tabella 1: Patologie croniche (n. casi e tassi grezzi × 1.000


abitanti)

Codice Patologia cronica/invalidante Parma Regione AVEN


N. casi Tasso Tasso Scost Tasso Scost. da
× 1.000 × 1.000 da RER × 1.000 AVEN
abitanti abitanti abitanti
031 Ipertensione arteriosa 30.506 70,4 71,5 –1,1 62,8 7,7
048 Soggetti affetti da patologie neo-
plastiche maligne e da tumori di
comportamento incerto 15.528 35,9 29,7 6,1 28,6 7,3
013 Diabete mellito 14.053 32,4 33,6 –1,1 32,4 0,1
002 Affezioni del sistema circolatorio 7.494 17,3 22,8 –5,5 20,1 –2,8
027 Ipotiroidismo congenito, ipotiroi-
dismo acquisito (grave) 5.747 13,3 8,8 4,5 9,0 4,3
016 Epatite cronica (attiva) 5.680 13,1 6,2 6,9 8,0 5,1
025 Ipercolesterolemia 5.076 11,7 7,4 4,3 7,2 4,6
019 Glaucoma 3.958 9,1 11,3 –2,1 8,7 0,4
007 Asma 3.049 7,0 5,6 1,4 5,8 1,2
056 Tiroidite di Hashimoto 2.720 6,3 7,2 –0,9 4,6 1,7
035 Morbo di Basedow, altre forme
di ipertiroidismo 2.456 5,7 2,7 3,0 3,5 2,1
017 Epilessia 1.541 3,6 2,3 1,2 2,7 0,9
044 Psicosi 1.515 3,5 1,9 1,6 1,9 1,6
045 Psoriasi (artropatica, pustolosa
grave, eritrodermica) 1.253 2,9 1,4 1,5 1,5 1,4
006 Artrite reumatoide 1.191 2,7 2,1 0,6 2,3 0,4
009 Colite ulcerosa e malattia di
Crohn 1.000 2,3 2,4 –0,1 2,3 0,0
021 Insufficienza cardiaca (NYHA
classe III e IV) 644 1,5 0,9 0,6 0,9 0,6
020 Infezione da HIV 594 1,4 1,4 0,0 1,3 0,1
008 Cirrosi epatica, cirrosi biliare 565 1,3 0,9 0,4 1,0 0,3
014 Dipendenza da sostanze stupefa-
centi, psicotrope e da alcool 563 1,3 1,2 0,1 1,2 0,1
023 Insufficienza renale cronica 397 0,9 1,8 –0,9 1,5 –0,6
046 Sclerosi multipla 393 0,9 0,9 0,0 0,8 0,1
038 Morbo di Parkinson e altre malat-
tie extrapiramidali 391 0,9 0,7 0,2 0,8 0,1
005 Anoressia nervosa, bulimia 356 0,8 0,3 0,5 0,4 0,4
051 Soggetti nati con condizioni di
gravi deficit fisici, sensoriali e
neuropsichici 347 0,8 1,1 –0,3 1,1 –0,3
040 Neonati prematuri, immaturi, a
termine con ricovero in terapia
intensiva neonatale 325 0,8 0,7 0,1 0,7 0,0

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Tabella 1: segue

Codice Patologia cronica/invalidante Parma Regione AVEN


N. casi Tasso Tasso Scost Tasso Scost. da
× 1.000 × 1.000 da RER × 1.000 AVEN
abitanti abitanti abitanti
024 Insufficienza respiratoria cronica 241 0,6 1,1 –0,5 0,8 –0,3
030 Malattia di Sjogren 180 0,4 0,6 –0,2 0,5 0,0
028 Lupus eritematoso sistemico 173 0,4 0,5 –0,1 0,4 0,0
052 Soggetti sottoposti a trapianto (rene,
cuore, polmone, fegato, pancreas,
cornea, midollo) 161 0,4 0,4 –0,1 0,4 –0,1
026 Iperparatiroidismo, ipoparatiroi-
dismo 145 0,3 0,2 0,1 0,2 0,1
053 Soggetti sottoposti a trapianto di
cornea 113 0,3 0,2 0,1 0,2 0,1
055 Tubercolosi (attiva bacillifera) 82 0,2 0,2 0,0 0,3 –0,1
029 Malattia di Alzheimer 79 0,2 0,2 0,0 0,1 0,1
054 Spondilite anchilosante 77 0,2 0,2 0,0 0,2 0,0
039 Nanismo ipofisario 75 0,2 0,5 –0,3 0,3 –0,1
034 Miastenia grave 72 0,2 0,2 0,0 0,1 0,0
042 Pancreatite cronica 61 0,1 0,1 0,0 0,1 0,0
047 Sclerosi sistemica (progressiva) 53 0,1 0,3 –0,2 0,2 –0,1
011 Demenze 44 0,1 0,1 0,0 0,1 0,0
037 Morbo di Paget 41 0,1 0,2 –0,1 0,2 –0,1
050 Soggetti in attesa di trapianto (rene,
cuore, polmone, fegato, pancreas,
cornea, midollo) 38 0,1 0,1 0,0 0,2 –0,1
012 Diabete insipido 36 0,1 0,1 0,0 0,1 0,0
018 Fibrosi cistica 34 0,1 0,1 0,0 0,1 0,0
003 Anemia emolitica acquisita da
autoimmunizzazione 16 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0
022 Insufficienza corticosurrenale cro-
nica (morbo di Addison) 16 0,0 0,1 0,0 0,1 0,0
001 Acromegalia e gigantismo 14 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0
032 Malattia o sindrome di Cushing 9 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0
036 Morbo di Buerger 7 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0
049 Soggetti affetti da pluripatologie
che abbiano determinato grave
ed irreversibile compromissione
di più organi e/o apparati e riduz.
dell’autonomia pers. correlata all’età
risultante dall’applicaz. di convali-
date scale di valutaz. delle cap. funz. 7 0,0 0,1 0,0 0,0 0,0
041 Neuromielite ottica 2 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0
Totale 109.118 251,9 232,2 19,8 215,7 36,3

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Chronic Care Model: contesti di cura e integrazione dei processi

nel merito delle differenze si può osservare che il riscontro numerico (109.118)
è abbastanza significativo per definire che molti gruppi di utenti (con patologie
croniche specifiche) necessitano di percorsi appropriati non solo per la presa in
carico ma anche per la gestione complessiva dei processi di self-care all’interno
della rete familiare (tab. 1).
I dati evidenziati sono riferiti alle esenzioni per patologia (così
come per le altre Aziende e la Regione) e non considerano una quota parte di
soggetti che hanno invece un’invalidità totale che probabilmente ricomprende
anche patologie croniche. Tuttavia nel nostro caso era importante verificare, in
forma generale, il quadro al fine di valutare i possibili ambiti per lo sviluppo
di progetti rispetto a utenti con patologie specifiche.
Nella fattispecie emergono prioritariamente (così come nelle
altre realtà) l’ipertensione (con e senza danno d’organo), le patologie neopla-
stiche, il diabete, le affezioni del sistema cardiocircolatorio, l’ipotiroidismo e
l’epatite cronica attiva.
Questi ambiti della cronicità possono fornire l’opportunità di
valutare lo sviluppo di azioni organizzative mirate alla gestione degli aspetti di
rischio e allo sviluppo di azioni di autocura.

2.2 Il Chronic Care Model


Dall’analisi della letteratura ci è sembrato interessante trarre
spunto dal Chronic Care Model come elemento di rifermento per capire gli
sviluppi specifici della medicina di iniziativa in cui inserire la valorizzazione
della rete informale di self-care in linea con gli indirizzi regionali.
Il Chronic Care Model è un modello di assistenza medica dei
pazienti affetti da malattie croniche sviluppato dal professor Wagner (2000) e
dai suoi colleghi del McColl Insitute for Healthcare Innovation, in California.
Il modello propone una serie di cambiamenti a livello dei sistemi sanitari utili
a favorire il miglioramento della condizione dei malati cronici e suggerisce un
approccio «proattivo» tra il personale sanitario e i pazienti stessi, con questi
ultimi che diventano parte integrante del processo assistenziale.
Il Chronic Care Model è caratterizzato da sei componenti
fondamentali:
– Le risorse della comunità connesse ad una valutazione dei
bisogni di specifici gruppi di utenti.
– L’assetto organizzativo dei servizi sanitari ed una specifica
configurazione per processi.
– Il sostegno all’autocura (self management) come aiuto agli

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utenti e alle loro famiglie ad acquisire conoscenze, abilità e motivazioni nella


gestione della malattia, anche attraverso strumenti supportivi e una valutazione
dei risultati e dei problemi.
– L’organizzazione del team multi professionale e multidisci-
plinare coerente con il percorso di gestione integrata del paziente anche nella
fase del self-care.
– Il sostegno alle decisioni attraverso l’adozione di linee
guida e protocolli comuni. Tale attività deve essere supportata da un costante
aggiornamento ed adattamento alla realtà locale anche attraverso processi di
confronto fra professionisti.
– Il sistema informativo di supporto (per le valutazioni) in grado
di raggruppare gli utenti per patologia (registro di patologia) e la possibilità di
poterli classificare per complessità e profilo di rischio.
Mentre i primi due punti sono caratterizzati da una forte valenza
politica, gli ultimi quattro caratterizzano il percorso assistenziale dei pazienti
affetti da disturbi cronici.
Secondo il Chronic Care Model, informare i pazienti e fornire loro
un valido supporto all’autocura è un processo di fondamentale importanza per
il raggiungimento di un miglior stato di salute che, nel caso dei malati cronici,
può essere mantenuto anche in assenza di una continua assistenza medica.
L’organizzazione del percorso assistenziale deve garantire un
perfetto coordinamento tra tutto il personale sanitario, compreso quello non
medico, che riveste un ruolo fondamentale nel supporto ai pazienti affetti da
disturbi cronici.
Il personale coinvolto nel percorso deve poter accedere a fonti
d’aggiornamento continue di sviluppo professionale per l’assistenza ai malati
cronici e ogni decisione clinica deve essere supportata da protocolli e linee
guida che garantiscano la massima efficacia del trattamento assistenziale.
È indispensabile lo sviluppo di un sistema informativo integrato
(registri di patologia) in grado di fornire agli operatori sanitari i dati relativi
ai pazienti o a gruppi di pazienti affetti da disturbi cronici specifici. Analiz-
zando il database e i programmi di assistenza gli operatori sanitari possono così
mettere a punto le migliori strategie di cura o piani individuali di assistenza
personalizzata, valutandone in seguito la loro efficacia.
L’efficacia del modello si fonda sulla capacità di rispondere
ad una fondamentale esigenza dei pazienti cronici di poter disporre di un
team professionale e di adeguati supporti informativi per l’autogestione della
patologia.

80 Tendenze nuove - 1-2/2011 nuova serie


Chronic Care Model: contesti di cura e integrazione dei processi

3 Il percorso di ricerca

Il percorso di ricerca è stato strutturato attraverso l’individua-


zione di professionisti della rete formale ed informale da integrare nel gruppo,
dall’individuazione di strumenti per facilitare il confronto dei punti di vista e
consentire la definizione delle azioni prioritarie.

3.1 Coinvolgimento delle reti formali e informali


A questo punto per rispondere al mandato ci si è posti nella
necessità di avviare un confronto fra più attori della rete formale ed informale
per arrivare a definire un quadro di priorità condiviso per favorire la gestione in-
tegrata del professional care e del self-care per utenti con patologie croniche.
Il gruppo è stato a questo punto integrato con altre figure:
medici di medicina generale, medici ospedalieri, assistenti sociali (UVG e area
sociosanitaria), rappresentanti dei cittadini, rappresentanti dei familiari, attori
istituzionali e stakeholder dell’area sociosanitaria.
Il gruppo di lavoro ha esaminato la tematica dell’evoluzione
dalla presa in carico al prendersi cura soprattutto nell’ambito della gestione
delle patologie croniche in due giornate di lavoro.
È stato utilizzato come elemento stimolo lo schema di rife-
rimento del Chronic Care Model al fine di avviare il confronto ed il dibattito
(cfr. fig. 1).
L’obiettivo che ci si era posti era quello di definire le priorità
di azione organizzativa e formativa per lo sviluppo di un sistema di presa in
cura e lo sviluppo di una cultura di self-care.
La prima giornata è stata incentrata sul confronto dei punti di
vista di vari attori del sistema formale e informale al fine di individuare elementi
condivisi da tradurre in ipotesi di sviluppo complessivo del sistema di relazioni
e cura delle patologie croniche in cui risulta rilevante il ruolo del self-care.
In questa direzione era quindi importante che dal confronto
potessero emergere anche ipotesi di azioni formative di supporto ed elementi
per una valutazione di impatto.

3.2 Materiali e metodi


Al fine di utilizzare al meglio le strategie di confronto fra gli
attori della rete formale ed informale è stato utilizzata la tecnica del brainstorm-
ing valutativo che si componeva di 3 fasi essenziali:

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– lo svolgimento di un brainstorming sul tema del prendersi


cura nell’ambito della rete formale ed informale;
– la classificazione dei concetti emersi in indicatori valuta-
tivi;
– l’individuazione delle priorità attraverso l’utilizzo dello
strumento della scala delle priorità obbligate.
Il senso dell’utilizzo del brainstorming valutativo era connesso
alla necessità di guidare il gruppo attraverso l’elaborazione delle idee prodotte
fino alla definizione delle priorità in un’ottica di sistema.

3.2.1 Prima fase: il brainstorming


Il brainstorming è una tecnica di indagine qualitativa che va-
lorizza la capacità creativa di un gruppo in un’ottica di problem solving. Ha
trovato le sue prime applicazioni nei contesti aziendali.
Nel brainstorming classico l’obiettivo principale è la produzione
delle idee e delle proposte del gruppo che spesso non si collega a soluzioni
sistematiche.
Nel nostro caso il brainstorming classico è stato accompagnato
dalla fase valutativa per la maggiore utilità, fase che si è concretizzata nella
costruzione e classificazione di indicatori qualitativi.
La prima fase equivalente al brainstorming classico è durata
circa 2 ore. Gli attori coinvolti come esperti hanno espresso valutazioni e con-
siderazioni senza censura rispetto a ridondanze o incoerenze: l’obiettivo era
la massima produzione di idee sul tema del prendersi cura nell’ambito della
rete formale ed informale.
Il confronto è stato ampio e articolato senza particolare necessità
di stimolazione degli attori alla produzione di idee e considerazioni a partire
dai loro punti di vista.
Le considerazioni sono state riportate, durante il dibattito
libero, su una lavagna a fogli mobili.

3.2.2 Seconda fase: la classificazione


La seconda fase (circa 1 ora) è stata caratterizzata dalla classi-
ficazione dei concetti emersi durante la fase di brainstorming libero.
Si è provveduto ad identificare, attraverso un’analisi semantica,
i concetti chiave che potevano essere considerati come indicatori qualitativi di
sintesi delle considerazioni degli operatori messi a confronto.

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Chronic Care Model: contesti di cura e integrazione dei processi

In questa fase si è resa necessaria infatti una riduzione della


complessità: le affermazioni sono state raggruppate in classi omogenee attra-
verso un percorso di sintesi induttiva e di definizione delle cornici simboliche
(traduzione delle classi in indicatori qualitativi).
Sono emersi 20 indicatori qualitativi di sintesi riportati nella
tabella sotto in ordine alfabetico.

1 Analisi dei bisogni


Intesa come analisi classica della domanda e traduzione in servizi
2 Burocratizzazione/percorsi amministrativi
intesa come la necessità avviare processi di semplificazione per l’accesso ai vari tipi di
servizi
3 Cambiamento culturale dei professionisti
Inteso come necessità, manifestata prevalentemente dai professionisti della rete formale, di
attuare processi di contaminazione delle varie culture professionali (ospedale-territorio) e
di avviare processi di gestione di tale cambiamento
4 Caregiver come interfaccia
Inteso come individuazione di un preciso riferimento per il raccordo fra i processi di profes-
sional care e l’attivazione di azioni formative e di sostegno allo sviluppo del self-care
5 Competenza professionale
Intesa come mantenimento di livelli qualitativi alti rispetto allo sviluppo delle competenze
tecnico-professionali specifiche dei vari ruoli agiti
6 Competenze psicologiche e relazionali
Intesa come necessità forte di connettere i vari attori della rete professionale e non professionale
attraverso lo sviluppo di competenze trasversali connesse alla gestione delle relazioni, alla
conduzioni di team, equipe e al mantenimento di climi relazionali positivi fra le persone
7 Complessità della cronicità
Intesa come necessità di articolare risposte differenziate in relazione al rischio clinico e alla
complessità della casistica per gruppi di utenti-patologia
8 Comunicazione fra attori
Intesa come acquisizione di una competenza trasversale specifica per sviluppare azioni e
strumenti in grado di migliorare il clima e la consapevolezza dei percorsi e delle attività
9 Condivisione analisi bisogni offerta
Intesa come necessità che la valutazione dei bisogni complessivi connessi al prendersi cura
e al self-care correlato al professional care vengano definiti in un contesto condiviso tra rete
formale e rete informale
10 Estensione concetto di salute
Intesa come necessità di spostare in una dimensione di comunità gli aspetti relativi al concetto
di salute come bene sociale ed individuale e non solo come servizio
11 Interfacce della rete formale
Intese come elementi che all’interno della rete formale consentono di connettere i nodi
attivi attraverso il supporto informativo sul processo sia per gli aspetti formali (raccordo fra
professionisti) sia per la rete informale (raccordo fra le varie figure di supporto). Inoltre tali
interfacce devono operare per strutturare e consolidare gli aspetti organizzativi e relazionali
dei percorsi sanitari ospedale-territorio-domicilio superando le separazioni professionali
12 Manutenzione delle rete
Intesa come necessità che vengano strutturati ruoli e momenti significativi per tenere vive
le relazioni formali ed informali anche attraverso la strutturazione di momenti di confronto
che non necessariamente devono ricadere in ritualità istituzionali

83 Tendenze nuove - 1-2/2011 nuova serie


Luciano Ferrari, Giuseppina Rossi e Massimo Fabi

13 Monitoraggio e valutazione
Intesa come necessità che vi sia una costante azione di monitoraggio dei processi organiz-
zativi e dei percorsi assistenziali finalizzata alla verifica delle azioni integrate di self-care e
professional care
14 Promozione della salute
Intesa come necessità di agire nei vari contesti della comunità
15 Protocolli
Intesi come strumenti operativi formali che definiscono le modalità operative
16 Responsabilità familiare
Intesa come necessità che vi sia una elevata responsabilizzazione della famiglia nei processi
di assistenza e cura
17 Responsabilità professionale
Intesa come necessità che vi sia una elevata responsabilizzazione dei professionisti nei processi
di assistenza e cura
18 Risorse
Intese come necessità di inserire nelle valutazioni il tema delle risorse e del loro valore nei
vari processi
19 Ruolo della donna nella famiglia
Intesa come presa d’atto del ruolo femminile nella funzione di caregiving nei processi assi-
stenziali e di supporto per le attività quotidiane
20 Stakeholders
Inteso come nucleo di attori che si occupano di mantenere alto il livello di interesse per lo
sviluppo della qualità dei servizi

Gli indicatori espressi come risultato finale del brainstorming


hanno aperto lo spazio ad un ulteriore percorso valutativo attraverso l’utilizzo
della scala delle priorità applicate.

3.2.3 Terza fase: la scala delle priorità obbligate


La terza fase (di circa 2 ore) è stata caratterizzata da un processo
deduttivo e di classificazione delle classi di indicatori individuati attraverso la
tecnica della Scala delle Priorità Obbligate (SPO), che si basa sul giudizio di
esperti per arrivare alla valutazione e definizione della gerarchia degli indica-
tori scelti.
Il riferimento ad esperti equivale ai soggetti qualificati ad
esprimere un sistema di valori in merito all’oggetto valutato: nel nostro caso
erano appunto gli attori delle reti formali ed informali.

84 Tendenze nuove - 1-2/2011 nuova serie


Chronic Care Model: contesti di cura e integrazione dei processi

3.2.3.1 L’utilizzo della Scala delle Priorità Obbligate


Lo strumento della SPO consente di costruire la cornice valo-
riale utilizzabile per una valutazione rispetto al servizio-sistema.
Nell’ambito del processo di valutazione la SPO consente di
ordinare gli indicatori che caratterizzano l’oggetto di valutazione definendo
delle priorità, quindi stabilendo il sistema di valori in base a cui esprimere un
giudizio in termini di efficacia del servizio-sistema.

3.2.3.2 Come è stata costruita


I passaggi chiave nell’impiego dello strumento si possono così
sintetizzare:
1. Sono stati individuati due gruppi: uno formato prevalen-
temente da attori della rete formale ed uno caratterizzato dalla prevalenza di
attori della rete informale.
2. Partendo dalla descrizione degli indicatori valutativi sono
state definite due dimensioni del concetto relative all’efficacia interna e all’ef-
ficacia esterna
3. Ad ogni gruppo è stato chiesto di classificare in forma ordi-
nale i diversi indicatori in riferimento alla dimensione rappresentata dal gruppo
stesso (rete formale: efficacia interna, rete informale: efficacia esterna).
4. L’ordinamento degli indicatori è stato effettuato prima
con valutazioni singole e quindi con la costruzione di una scala ordinale di
gruppo.
5. Successivamente si è proceduto al montaggio delle gerar-
chie relative alle due dimensioni e alla rappresentazione in un diagramma di
dispersione.
La mappa risultante rappresenta il quadro valoriale di riferi-
mento su cui sono state effettuate le successive valutazioni.
Nel nostro caso dall’esito del brainstorming (fase sintetica) è
stata costruita una serie di indicatori valutativi (20). L’elenco di questi indica-
tori è stato trattato con la SPO per dare luogo ad una mappa concettuale su
due dimensioni:
• Efficacia esterna/rete informale
Capacità di dare una risposta in base ad una attenta lettura
del bisogno e all’integrazione delle risorse di rete per lo sviluppo del self-care
nell’ambito della rete informale.
• Efficacia interna/rete formale-integrazione professionale.

85 Tendenze nuove - 1-2/2011 nuova serie


Luciano Ferrari, Giuseppina Rossi e Massimo Fabi

Valutazione relativa a: efficacia esterna


20
Indicatori prioritari Quadrante degli
per efficacia esterna indicatori con altra
priorità per efficacia
interna ed esterna

10

Quadrante degli indicatori Indicatori prioritari


con bassa priorità per efficacia esterna
0
0 10 20
Valutazione relativa a: efficacia interna-integrazione professionale

Figura 2: Spazio semantico bidimensionale per la valutazione degli indicatori.

Integrazione-capacità di sviluppare un’integrazione tra attori,


aspetti organizzativi e gestionali e capacità di condividere significati finalizzati
allo sviluppo della presa in cura (e self-care) a partire dalla rete formale.
Gli indicatori sono stati valutati in senso ordinale rispetto ad
entrambe le dimensioni per poter poi essere inseriti in forma grafica in uno
spazio semantico bidimensionale (cfr. fig. 2).
Gli indicatori sono quindi stati posizionati in una matrice sui
due assi rispetto alla posizione definita nella valutazione ordinale.
Rispetto alla matrice quadrata ottenuta si possono definire (a
cura dei valutatori) cluster logici (mappe concettuali comuni): le posizioni degli
indicatori sono riferite alle specifiche aree di priorità.

4 I risultati

Nella seconda giornata di lavoro in plenaria sono stati presen-


tati i dati e si è proceduto alla discussione per valutare i percorsi da attivare in
base alle priorità emerse, con quali tempi e con quale modalità di misurazione
degli effetti.
Le valutazioni emerse in relazione alle priorità emerse vedono
differenze fra le due dimensioni dell’efficacia interna e dell’efficacia esterna.
Al fine di poter effettuare una valutazione comparata degli
indicatori valutativi secondo la metodologia della scala delle priorità obbligate
le valutazioni stesse (per le due dimensioni) sono state inserite in un diagramma
di dispersione (su assi cartesiani). All’indicatore scelto come prima opzione
sono stati attribuiti 20 punti e agli altri un punteggio via via decrescente.

86 Tendenze nuove - 1-2/2011 nuova serie


Chronic Care Model: contesti di cura e integrazione dei processi

Classificazione indicatori – rete formale Classificazione indicatori – rete informale


Cambiamento culturale dei professionisti 1 Interfacce della rete formale (*) 1
Caregiver come interfaccia 2 Comunicazione fra attori (*) 2
Comunicazione fra attori (*) 3 Condivisione analisi bisogni offerta (*) 3
Condivisione analisi bisogni offerta (*) 4 Competenza professionale 4
Competenze psicologiche e relazionali (*) 5 Risorse (*) 5
Risorse (*) 6 Competenze psicologiche e relazionali(*) 6
Manutenzione della rete 7 Burocratizzazione / percorsi amministrativi 7
Responsabilità professionale 8 Monitoraggio e valutazione (*) 8
Interfacce della rete formale (*) 9 Analisi dei bisogni 9
Monitoraggio e valutazione (*) 10 Stakeholders 10
Analisi dei bisogni 11 Complessità della cronicità 11
Estensione concetto di salute 12 Caregiver come interfaccia 12
Promozione della salute 13 Manutenzione della rete 13
Competenza professionale 14 Promozione della salute 14
Complessità della cronicità 15 Cambiamento culturale dei professionisti 15
Protocolli 16 Estensione concetto di salute 16
Burocratizzazione / percorsi amministrativi 17 Ruolo della donna nella famiglia 17
Responsabilità familiare 18 Responsabilità professionale 18
Stakeholders 19 Responsabilità familiare 19
Ruolo della donna nella famiglia 20 Protocolli 20
(*) Indicatori con convergenza elevata.

La rappresentazione grafica (cfr. fig. 3) mette in evidenza sul-


l’asse delle ascisse (x) la gerarchia dell’efficacia interna (rete formale) mentre
sull’asse delle ordinate (y) la gerarchia dell’efficacia esterna (rete informale)
valutate rispetto al contesto della cronicità e del possibile passaggio da un
modello di presa in carico ad un modello di presa in cura.
Analizzando i dati si può osservare che il quadrante in alto a
destra contiene gli indicatori valutativi che hanno alta priorità sia per gli attori
della rete formale sia per quelli della rete informale.
In particolare la convergenza più elevata si è registrata sui
seguenti indicatori:
1. Comunicazione fra attori intesa come competenza trasversale
specifica finalizzata allo sviluppo di azioni e strumenti in grado di migliorare
la conoscenza e la consapevolezza dei percorsi e delle attività ed il clima re-
lazionale.
2. Condivisione analisi bisogni-diritti-offerta intesa come ne-
cessità che la valutazione dei bisogni complessivi connessi al prendersi cura
e al self-care correlato al professional care vengano definiti in un contesto di
condivisione tra rete professionale e rete informale.

87 Tendenze nuove - 1-2/2011 nuova serie


Luciano Ferrari, Giuseppina Rossi e Massimo Fabi

3. Interfacce della rete formale intese come elementi che


all’interno della rete formale consentono di connettere i nodi attivi della rete
attraverso il supporto informativo sul processo sia per gli aspetti formali (rac-
cordo fra professionisti) sia per la rete informale (raccordo fra le varie figure di
supporto). Inoltre tali interfacce devono operare per strutturare e consolidare
gli aspetti organizzativi e relazionali dei percorsi sanitari ospedale-territorio-
domicilio superando le separazioni professionali.
4. Competenze relazionali connesse alla necessità di connettere
i vari attori della rete professionale e non professionale attraverso la gestione
delle relazioni, la conduzioni di team, equipe e il mantenimento di climi rela-
zionali positivi fra le persone.
5. Risorse valutate come necessità di inserire nelle valutazioni
il tema delle risorse e del loro valore nei vari processi.
6. Caregiver come interfaccia inteso come individuazione di un
preciso riferimento per il raccordo fra i processi di professional care e l’attiva-
zione di azioni formative e di sostegno allo sviluppo del self-care.
7. Cambiamento culturale dei professionisti inteso come ne-
cessità di attuare processi di contaminazione delle varie culture professionali
(ospedale-territorio) e di avviare processi di integrazione dei saperi e di gestione
di tale cambiamento.
8. Competenza professionale intesa come mantenimento di livelli
qualitativi alti rispetto allo sviluppo delle competenze tecnico-professionali
specifiche dei vari ruoli agiti.
9. Monitoraggio e valutazione intesa come necessità che vi sia
una costante azione di monitoraggio dei processi organizzativi e dei percorsi
assistenziali finalizzata alla verifica delle azioni integrate di self-care e profes-
sional care.
10. Analisi dei bisogni intesa come analisi classica della
domanda e traduzione in servizi operata nell’ambito della programmazione
sociosanitaria (fig. 3).
Le priorità definite come prevalenti in entrambe le dimensioni
si collocano nella direzione di processi organizzativi mirati allo sviluppo dell’in-
tegrazione funzionale e relazionale fra gli attori delle due reti e nella necessità
di agire competenze relazionali per la gestione delle interazioni nell’ambito
del percorso assistenziale.
Risulta particolarmente rilevante come alcuni strumenti come
i protocolli vengano valutati come poco incisivi per lo sviluppo della presa in
cura e del self-care. Ciò probabilmente deriva da una maggiore consapevolezza
degli attori rispetto alle esigenze ed anche al fatto che i protocolli sono stru-
menti di lavoro già consolidati.

88 Tendenze nuove - 1-2/2011 nuova serie


Chronic Care Model: contesti di cura e integrazione dei processi

Efficacia esterna/rete informale 20 Interfacce rete Comunicazione

Competenza profess. Condiv. analisi


Risorse bisogni-offerta
15
Burocrazia Analisi bisogni Competenza
relazionale
Valutazione
Stakeholders
10 Complessità Caregiver interfaccia
cronicità Manutenzione rete
Promozione
Cambiamento culturale
5 della salute Concetto salute
Ruolo femminile Responsabilità
Responsabilità familiare
professionale
Protocolli
0
0 5 10 15 20
Efficacia interna-rete formale/integrazione professionale

Figura 3: Rappresentazione grafica delle priorità.

5 Le ipotesi progettuali

Sulla base dei risultati emersi la costruzione di un percorso


progettuale si può fondare su ipotesi di lavoro connesse ad azioni organizzative
e ad azioni formative.

5.1 Azioni organizzative


Le possibili ipotesi organizzative si collocano nell’ambito dello
sviluppo dei percorsi ospedale-territorio-rete di cura familiare.

5.2 Miglioramento dei processi di integrazione pro-


fessionale
In relazione alla rete formale si può ipotizzare di avviare un
percorso mirato al miglioramento dei processi di integrazione professionale
cercando di identificare le interfacce della rete formale per gli aspetti di con-
nessione informativa e di integrazione professionale.
Tale funzione la si potrebbe realizzare attraverso la creazione
di un gruppo multi professionale che sviluppi una mappatura dei processi
organizzativi e dei nodi critici dei singoli percorsi di cura.

89 Tendenze nuove - 1-2/2011 nuova serie


Luciano Ferrari, Giuseppina Rossi e Massimo Fabi

5.1.2 Sviluppo della rete di auto-cura


In relazione alla rete informale si sente l’esigenza di un maggiore
coinvolgimento del contesto utente-famiglia, attraverso tavoli di confronto
non di tipo istituzionale che analizzino le problematiche connesse al percorso
specifico finalizzate al miglioramento delle conoscenze e allo sviluppo del self-
care per una gestione ottimale della patologia cronica.
In tale ambito potrà essere perseguita anche la condivisione di
analisi dei bisogni correlata all’offerta.

5.1.3 Sperimentazione di un percorso


Le valutazioni emerse dal Project Work trovano piena cor-
relazione con il progetto di ricerca in essere con il Jefferson Medical College
di Filadelfia e l’Agenzia Sociale e Sanitaria della Regione Emilia-Romagna,
attraverso il quale sarà possibile sviluppare, per la popolazione in carico ai
Nuclei delle Cure Primarie, un modello predittivo utile ad individuare le per-
sone che potrebbero trarre beneficio dall’essere inserite in programmi di case
management, per gestire le complessità nel trattamento di pazienti con patologie
multiple, o in programmi di disease management per ottimizzare il trattamento
multidisciplinare in pazienti affetti da una specifica patologia cronica.
Stratificando la popolazione a rischio, si potrà migliorare anche
l’aspetto collegato al self-care.
Il modello sviluppato dal Jefferson Medical College e dalla
ASSR utilizza i dati amministrativi contenuti nella banca dati della Regione
Emilia-Romagna, e prende in considerazione una variabile dipendente (ospe-
dalizzazione o decesso per problemi potenzialmente evitabili) e più variabili
indipendenti (caratteristiche demografiche, indicatori di morbilità, indicatori
di qualità dell’assistenza ricevuta).
L’applicazione di tale modello sulla popolazione adulta in carico
ai Nuclei delle Cure Primarie (NCP), consente di suddividere 4 gruppi sulla
base del rischio previsto di ospedalizzazione:
– Rischio molto alto: rischio previsto di ospedalizzazione su-
periore o uguale al 50%;
– Rischio alto: rischio previsto di ospedalizzazione 25-49%;
– Rischio moderato: rischio previsto di ospedalizzazione 10-
24%;
– Rischio basso: rischio previsto di ospedalizzazione > 10%.

90 Tendenze nuove - 1-2/2011 nuova serie


Chronic Care Model: contesti di cura e integrazione dei processi

5.2 Azioni formative


L’implementazione efficace del prendersi cura nell’ambito dei
percorsi della cronicità si accompagna ad uno sviluppo integrato di competenze
che richiede un continuo aggiornamento nei versanti relativi alle competenze
tecnico-professionali, alle competenze trasversali e relazionali, alle competenze
organizzative e al miglioramento continuo.
In questa direzione si ritiene che lo sviluppo dei percorsi formativi
e dei dossier per gli attori coinvolti debba esitare nella costruzione di un dossier
formativo fortemente calato sugli aspetti specifici del percorso assistenziale ed
educazionale del paziente cronico piuttosto che limitarsi ad eventi formativi
prevalentemente frontali monodimensionali connessi solo all’aspetto tecnico-
professionale o alla ri-definizione degli strumenti formali (protocolli).
In relazione ai processi formativi si possono delineare alcune
possibili ipotesi di lavoro connesse allo sviluppo delle competenze.
Competenze tecnico-professionali:
• Approfondimento relativo alla gestione della cronicità in tutto
il contesto (formale ed informale) rispetto a comportamenti e stili di vita.
Competenze relazionali
• Sviluppo di competenze relazionali connesse alla gestione
dei team e all’integrazione culturale.
• Confronto rete formale e rete informale attraverso lo sviluppo
di competenze di ascolto e di indirizzo educazionale.
Miglioramento dei processi
• Sviluppo di azioni di confronto fra pari e di raccordo fra la
rete formale (ospedale-territorio) e quella informale.
Competenze organizzative e manageriali
• Sviluppo delle competenze di analisi della domanda in forma
integrata (rete formale/informale).
• Integrazione fra percorsi ospedalieri e ambulatoriali e percorsi
territoriali anche attraverso l’utilizzo di sistemi informativi (gestione percorsi,
registro di patologia).

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92 Tendenze nuove - 1-2/2011 nuova serie

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