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Arte africana - Wikipedia 24/01/22, 15:45

Arte africana
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L'arte africana è l'arte prodotta nel continente africano,


dalla nascita dell'uomo all'età contemporanea.

Benché molto variegata, l'arte dell'Africa è spesso


accomunata da un forte senso religioso, legato allo
spiritualismo delle differenti fedi locali. I colori
maggiormente impiegati sono il rosso, simbolo della
fecondità e della vita, il bianco ed il nero, rappresentando la
vita eterna e l'oscurità. Agli inizi del XX secolo molti artisti
europei d'avanguardia cominciarono a riunire maschere e
statue africane: generalmente tralasciarono i tratti simbolici
espressivi, il mito religioso e l'ideologia ed interpretarono
soltanto il loro aspetto esteriore, l'estetica dei piani e dei
volumi. Generalmente la rappresentazione del mito non è
consistita in un'immagine fantasiosa della divinità, ma
piuttosto in figure reali, che comprendono quelle ancestrali,
oppure nelle maschere, usate nei riti protettivi dalle
difficoltà della vita e nelle funzioni civili.[1] Gli esponenti del
movimento fauvista come André Derain, Henri Matisse e
Maurice de Vlaminck furono i primi ammiratori dell'arte Una rappresentazione multiforme
dell'arte africana.
africana. Da allora l'influenza di questa arte determinerà in
maniera definitiva qualsiasi tentativo di rinnovamento
plastico.

Le "Arti Negre", termine col il quale venivano identificate in generale le arti tribali provenienti
dal continente africano e da quello oceanico, avviarono nella prima metà del XX secolo, una
serie di polemiche tra artisti e storici dell'arte europea, favorendo presto un inevitabile processo
di rivoluzione nelle arti plastiche.

La ricerca di nuove soluzioni prospettiche ispirata da correnti come il Cubismo,


l'Espressionismo tedesco, il Futurismo italiano e il Fauvismo francese trovò nell'Arte Africana
un insegnamento di vitale importanza.

In particolare il Cubismo, desideroso di emanciparsi dagli schemi classici di rappresentazione, e


nell'essenziale preoccupazione di organizzare i volumi per esprimere un nuovo senso di
'tridimensionalità' nell'opera, trova nella plastica africana quel concetto di equilibrio, che
lontano da una logica estetica , si accorda ad un intimo ordine logico, in una armoniosa unità
delle parti.

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Le mostre universali sul colonialismo di Bruxelles del 1897[2], quella di Parigi del 1907(e
successivamente nel 1917 e 1919), avevano influenzato i più importanti artisti europei,
invogliandoli a collezionare oggetti africani come fonte di ispirazione per la realizzazione di
nuove opere[3].

Primo fra tutti, Pablo Picasso, il quale visitando le numerose mostre, aveva subìto
inevitabilmente il fascino magnetico delle 'maschere-feticcio' provenienti dal continente nero,
ma prima ancora Henri Matisse, tra i Fauve il primo ad avere riconosciuto nell'arte nera una
forza ed un'essenza formale di estremità assoluta.

Presto anche in Italia nasce l'esigenza di superare le Avanguardie storiche, per ritornare alla
tradizione, semplificando gli schemi attraverso una sintesi primitiva che prendeva spunto
proprio dall'arte nera.

Indice
Dalla Preistoria all'arte Nok
Africa occidentale
Sahel occidentale
Golfo di Guinea e Nigeria
Africa centrale
Africa orientale e australe
Note
Bibliografia
Voci correlate
Altri progetti
Collegamenti esterni

Dalla Preistoria all'arte Nok


Le pitture rupestri del Neolitico si concentrano agli estremi del continente: nel Sahara appaiono
verso la prima metà del VI millennio a.C. i giacimenti di Tassili: le pitture e le incisioni
rappresentano quasi esclusivamente animali e si possono suddividere in due culture artistiche,
la prima definita arte dei cacciatori e la seconda, più recente, arte dei pastori. Questa regione
doveva essere molto più umida e ricca di fauna nell'antichità, perché gli spettacoli sono
sorprendentemente ricchi di fauna selvatica (elefanti, giraffe, bufali, ippopotami) e animali
domestici (arieti, buoi, cammelli...). Le scene sono piene di vita e ottimismo, ci sono famiglie,
giovani che si tuffano, ecc.

In Sudafrica vennero ritrovate delle pitture più moderne (III millennio) realizzate dai Boscimani
e raffiguranti scene di caccia, danze, combattimenti e riti magici, tra le quali la celebre "'Scena
del pascolo di bovini": in questa rappresentazione si mostra un intenso movimento di cacciatori

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che appaiano rimpiccioliti di fronte agli enormi animali, simboli di


prosperità nel villaggio boscimano; c'è uno studio dettagliato del
modello naturale, in cui viene creata la sensazione del volume tramite
l'uso di colori diversi. Le sculture africane più antiche, dopo quelle
egiziane, sono alcune opere nigeriane del villaggio di Nok, dove
venivano già realizzate opere interessanti come i busti. Qui si osserva
la tendenza alla semplificazione che caratterizza gran parte della
scultura negro-africana: vengono messi in risalto gli occhi espressivi,
le ciglia arcuate e le forme morbide, rotondeggianti e gli occhi
luccianti, infatti utilizzavano uno speciale uso di fango e latte di capra
in bottiglia.

L'arte scultorea ha i suoi inizi intorno al 500


a.C., e sembra concludersi nove secoli più Statuina nok (Louvre).
tardi; ciò nonostante, la sua influenza risorge
ad Ife, la capitale più antica della etnia
Yoruba, che raggiunge una forma d'arte incredibilmente naturalistica,
manifestata in diversi busti di produzione locale; queste figure,
utilizzate durante le cerimonie funerarie, con ogni probabilità erano
costituite da una testa conficcata su un palo che poi veniva ricoperto di
vestiti. Quando nel 1910 arrivarono nel mondo occidentale i primi
esemplari di queste sculture, si pensò subito si trattasse di opere di
qualche lontana colonia greca, forse di artisti romani oppure egiziani.
Scultura ife (Louvre).

Africa occidentale
In tutto il settore occidentale del continente, ad esclusione del Senegal, viene mantenuto ancora
un modello tribale, dovuto in maggior parte alla forte resistenza opposta alla penetrazione
dell'islam: questo isolamento ha favorito lo sviluppo di un'arte più personale ed individualistica.
All'infuori della Guinea-Bissau vivono i Bidyogo, artefici di un'arte molto simile ai loro vicini, i
Baga: realizzano infatti grandi maschere, a metà strada fra il naturalismo e l'astrazione,
evidenziando una grande varietà di temi ed un buon senso della massa. Da annoverare le
maschere dedicate agli spiriti Axiol e le statue antropomorfe collegate ai tamburi cerimoniali. I
Nalu, originari dall'alto Niger, sono dominati una casta sacerdotale che ne controlla la vita
sociale e religiosa: la loro opera più importante è la maschera Banda, che raggiunge anche
dimensioni superiori ai due metri. È decorata con motivi zoomorfi differenti, ad esempio delle
fauci di coccodrillo; create per seminare il terrore fra i non iniziati, rappresentano lo spirito
delle acque, chiamato con lo stesso nome. La maschera viene solitamente indossata
orizzontalmente sulla testa; l'artista comincia ispirandosi ad un volto umano che poi va
allungando, stilizzandone la forma, e si decora con motivi geometrici e con colori vivaci.

I Mendi, nella parte meridionale della Sierra Leone, si distinguono per le maschere Bundu
utilizzate nei riti d'iniziazione per le donne: impiegata nelle cerimonie rituali della pubertà
femminile, cioè al passaggio all'età fertile, sorprende per il suo aspetto caricaturale con
un'enorme testa, una fronte ampia ed una vistosa capigliatura, con una grande abbondanza di
elementi decorativi. Esiste un gruppo di etnie con caratteristiche molto simili comprese nella
denominazione Dan-Ngere, che si estendono soprattutto in Liberia, in Guinea e nell'est della

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Costa d'Avorio: più che nelle statue, essi si sono specializzati


nella fabbricazione di ricche maschere, figurative con
elementi fantastici e stilizzate sino all'astrazione.

I Senufo vivono nella savana umida della zona interna della


Costa d'Avorio; non formano una sola unità politica ma
riescono a mantenere la loro organizzazione in un insieme di
tribù indipendenti. Gli artisti locali vengono iniziati alla
creazione dell'arte e sono molto rispettati dalla popolazione,
poiché considerati come gli intermediari delle divinità:
vivono in case circolari dalla struttura di legno, con muri di
fango e pietra, e con il tetto di paglia. Si realizzano tre grandi
tipi di statue: deblè (alte e dall'elegante forma allungata, per
i riti di fecondità), degelè (più schematiche, impiegate nelle
cerimonie funerarie), e sandongo (con profili più angolosi).
Producono invece pochissime maschere delle denominate
ponyungo, quando si tratta di rappresentazioni zoomorfe, e
gpelye, per le figure umane.

Agli inizi del XVIII secolo la regina dei Baulé con tutto il suo
popolo abbandona la Confederazione Ashanti, e si
trasferisce nella Costa d'Avorio. Sono degli eccellenti orefici, Statuetta religiosa Baga.
come gli Ashanti, ma non posseggono l'abilità nell'intaglio
del legno, mestiere che impareranno dai Gurò: la loro arte
sorprende per la raffinatezza e la delicatezza e particolarmente per la rifinitura molto accurata,
caratteristiche per le quali vengono apprezzate nel mondo occidentale. Tende alla forma
geometrica, con un volto ovoidale, una pettinatura triangolare e con una forte predominanza
della curva degli occhi e delle sopracciglia. L'artista scolpisce le figure degli antenati, da essere
poi venerate come rappresentazione dei loro defunti; quando la figura umana viene ritratta, essa
ne conserva la solenne bellezza, così come appare nella maschera di un uomo e di una donna. Le
sculture sono dettagliate e plastiche, con il loro naturalismo e gli influssi sudanesi; richiedevano
una lunga preparazione e mostravano grande perizia anche nelle levigatura e nelle patine.[4] Per
sfortuna, l'arte attuale dei baulé si è fatta assai monotona e si limita a ripetere i modelli del
passato.

Sahel occidentale
A differenza delle altre regioni africane, qui si formano i grandi imperi, quasi tutti convertiti
all'islamismo: fra tutti spiccano i Bambara ed i Dogon, etnie stanziate nel Mali. Entrambi
praticano una religione animista ortodossa, in cui la vita culmina nel tyiwara, la tappa che
mette in contatto l'uomo con la natura. Questi realizzano molte maschere, denominate anche
tyiwara, che ne evocano la comunione spirituale: queste maschere hanno le sembianze di una
antilope e sono elaborate quasi in due dimensioni.

I Dogon si stabiliscono nel loro attuale insediamento verso il XIV secolo; allo stesso modo dei
Bambara, rifiutano in un primo momento l'imperialismo religioso dell'islam. Oggi tuttavia
abbondano le moschee, come quella di Djenné, uno dei pochi esempi dell'architettura
monumentale in Africa. La moschea, la cui facciata principale presenta tre torri, mostra
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numerosi pilastri che rompono la monotonia del muro con effetti di dinamismo e di
chiaroscuro; perfino nelle travi conficcate si cerca di mantenere la distanza e la proporzione. La
loro arte è condizionata dal fatto che lo scultore ed il fabbro sono la stessa persona, quindi si
applica un'indubbia rigidità di piani ed un'accentuata astrazione.
Assieme ad una grande varietà di maschere è frequente incontrare
opere che ricordano i nommos, o spiriti degli antenati. Tra le svariate
maschere, circa settantacinque, le più caratteristiche sono quella
monumentale che raffigura il serpente iminama, che può raggiungere
i dieci metri di altezza e la siringe a forma di casa contenente figure di
antenati. I Dogon hanno realizzato una produzione di statue solenni,
talvolta caratterizzate dalle braccia alzate, per indicare l'invocazione
della pioggia. Tre le più tipiche vi sono le statue gemelle e quelle con
due teste, che ricordano un mito Dogon sui gemelli divini.

Golfo di Guinea e Nigeria


È il territorio che ha avuto maggior contatto con l'esterno: verso la fine
del XV secolo giungono in Ghana i primi marinai portoghesi: comincia
così un intenso commercio d'oro e di schiavi che perdura fino
all'Ottocento. In Ghana salgono al potere gli Ashanti: nel XVIII secolo
Scultura dogon (Louvre).
Osei Tutu (1695-1731) fonda la Confederazione Ashanti, con capitale
Kumasi, che rimase in vita fino alla fine del secolo. Qui si esercita
l'arte cortigiana che impiega l'oro per i gioielli e le armi, specialmente
negli elmi. Fra i creatori popolari, laboriosi lavoratori del legno, abbondano le akwa'ba, le
bambole portatrici della fertilità: appare come un interessante lavoro di disegno del tronco e
delle braccia, che hanno forma conica, con la testa che mostra delle dimensioni enormi, con un
grande cerchio decorato con segni geometrici e degli occhi molto espressivi. In questa cultura
sorprende la totale assenza di maschere, ma l'attività che si dimostrò maggiormente peculiare fu
la scultura bronzea in miniatura di esseri umani realisticamente raffigurati nelle loro attività
quotidiane, oltre alla produzione di sculture di animali e a temi geometrici, aventi funzione
simbolica, ornamentale o indicante proverbi popolari.

In Nigeria gli Yoruba, originari del lago Ciad, creano un forte centro di potere, che alterna
anch'esso l'arte cortigiana a quella popolare; la loro arte eredita i tratti del Benin ed è nelle
numerose immagini femminili dove meglio si esprime, come si può notare nella famosa "Donna
che porta suo figlio", che simboleggia l'importanza della donna come protettrice della società
tribale esemplificata dal bambino. È molto tipica degli Yoruba l'adorazione dei gemelli -
chiamati ibeji - a tal punto che se uno dei due muore, la madre ne fa realizzare una statua che lo
rappresenti e che lei possa proteggere tanto come l'altro figlio vivo.

In stretta collaborazione con gli Yoruba, venne ritrovato l'importante Regno del Benin, che vede
le sue origini già nel XIII secolo. Spicca di nuovo un'interessante arte cortigiana, in cui domina
la fusione del bronzo; in un'epoca così precoce, intorno al 1400, entrano in contatto con i
portoghesi, che descrivono la capitale come un recinto circondato da una muraglia alta tre metri
e con edifici lussuosi al suo interno. A quest'epoca corrispondono i bassorilievi che presentano
individui in abiti europei e le enormi placche bronzee decoranti il palazzo reale. L'epoca di

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splendore artistico trascorre fra il XIV ed il XV secolo, il cui frutto sono le magnifiche teste di
Ora. Molto vicine al naturalismo dell'arte ife, queste immagini vengono usate durante le feste
annuali, creando un netto contrasto fra la soavità del volto e la decorazione della capigliatura.

Al sud della Nigeria, lungo il corso del fiume Niger vivono una serie di popolazioni, quali gli
Igbo, gli Ibibio e gli Ekoi. Gli Igbo sono pescatori che vivono sul delta del Niger; in questa etnia
il colore bianco è simbolo della morte, rappresentando infatti la nuova vita spirituale dell'aldilà;
quindi, le maschere e le figure degli antenati appaiono solitamente con i volti imbiancati. Gli
Ibibio al contrario si dedicano principalmente all'agricoltura, appartenendo ad una società
molto gerarchica. Vicino alla frontiera con il Camerun vivono gli Ekoi, creatori di un particolare
realismo che li porta perfino a ricoprire le statue con pelle di antilope, come per esempio,
nell'opera le teste umane. Le loro statue sono imponenti, massicce, come il loro caratteristico
akwanshi, pietrone a forma di campana che raggiunge anche i due metri di altezza, impreziosito
da una decorazione in rilievo che raffigura i re-sacerdoti ntoon.

Nella selva equatoriale spiccano i Fang: questi, nel


culto degli antenati, impiegano le figure maschili o
femminili - dette bieri - come dei manici di una
cassa, nel cui interno vengono conservati i crani degli
antenati più insigni. I bieri, spiriti guardiani della
cassa, vengono ispirati ai modelli più grezzi, fino alla
rappresentazione del corpo intero. Le maschere fang
sono molto semplici ed astratte, e possono
raggruppare varie immagini in una sola, come è il
caso della rifinitura quadrifacciale: la testa è
sproporzionata, perché è il luogo di incontro fra
Yombe-sculpture
(Louvre)
l'intelligenza e lo spirito, perciò se ne sottolineano i
dettagli della fronte ampia e la capigliatura, realizzata
con forme triangolari.

Africa centrale
I regni più potenti di quest'area furono quelli del Congo e Loango alle foci
del fiume Congo, e i Kuba, Luba e Lunda-Tchokne a sudest: in questi luoghi
sono molto caratteristiche le case rettangolari con il tetto piramidale. Nel
passato si formarono nella regione degli stati feudali, composti da diversi
regni: i Kuba, attivi dal XVII secolo, sono autori di molte opere che esaltano
la figura dei propri nyim, re locali che - pur dotati di attributi sacri - erano
eletti da un'assemblea che poteva destituirli. I re venivano rappresentati in
statuette di legno note come ndop in attitudine solenne e con una spada Statuina di divinità
cerimoniale quasi distrutta, impugnata con la mano sinistra, come attributo yoruba.
di potere.

Ai confini orientali dei Kuba si estendeva il regno Luba, collocato al nord del lago Tanganica: fra
le opere principali di questo popolo risaltano i poggiatesta, anche oggi molto comuni; un senso
estetico comune animava gli artisti, per cui è difficile distinguere fra arte cortigiana e popolare.
Uno dei primi regni che entrò in contatto con le altre civiltà fu quello dei Bakongo che, fin dal

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XV secolo, stabilì relazioni con i navigatori portoghesi; l'intenzione iniziale fu quella di


dominare il Congo, ma alla fine furono respinti in Angola, paese ancora oggi molto legato alla
storia del Portogallo.

I Bakongo realizzano delle sculture


femminili straordinarie, caratterizzate da
inventiva e libertà plastica; tuttavia
scarseggiano le maschere rituali, molto
probabilmente a causa dell'influenza del
Cristianesimo. I feticci nkisi sono peculiari
per il gesto e la massa, mentre quelli konde
sono ricoperti da chiodi. Nella regione del
Kwango-Kasai spiccano i Basuku, le cui
opere più conosciute sono le maschere
Hemba: venivano utilizzate nelle danze che
concludevano i riti d'iniziazione, con tratti
anatomici molto dettagliati e voluminosi. La
Maschera kuba (Museo duratura presenza dei portoghesi nello Zaire
Etnologico, Berlino). ha potuto influire in moltissime opere, il cui
realismo ricorda tratti dell'arte medievale
cristiana.
Maschera fang (Louvre).

Africa orientale e australe


Alla frontiera fra Mozambico e Tanzania vivono i Makonde,
volontariamente isolati dal mondo esterno, per cui sono riusciti a
realizzare un'arte molto personale. Vivono in una società fortemente
matriarcale, che arriva anche a convertire la donna in un mito: di
fatto, secondo la mitologia makonde, per prima nacque la donna e da
lei uscì qualcosa di simile, ossia l'uomo. Gli artisti locali lavorano con
una certa preferenza l'ebano, in cui spicca il modello denominato
ujiamaa, una colonna con molte figure in posizioni diverse,
rappresentative della genealogia della tribù; la forma del tronco
dell'albero, normalmente storta, facilita queste strane composizioni: è
un albero che rappresenta la genealogia della tribù; tutte le figure
nascono e si appoggiano su una coppia di antenati. Nell'isola di
Madagascar, dove si mescolano etnie indonesiane, arabe e africane, Alcune statuine lignee
risaltano le strutture funerarie come i cippi commemorativi, realizzate dei Makonde.
con impressionante naturalismo.

Note
1. ^ Universo, pp. 117-119.
2. ^ EXPO 1897 BRUXELLES - MilanoPlatinum.com, in MilanoPlatinum.com, 25 agosto 2016.
URL consultato il 3 novembre 2017.
3. ^ InStoria - Influenze africane nell'arte europea, su www.instoria.it. URL consultato il 3 novembre
2017.

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4. ^ Mandel, p. 62.

Bibliografia
Beppe Berna, La forma selvaggia ... il piacere dell’arte africana, 1983/2008. URL consultato il
12 dicembre 2020 (archiviato dall'url originale il 5 marzo 2014).
Beppe Berna, Alle origini del primitivismo, 1985.
AA.VV., Enciclopedia Universo, vol. 1, Novara, De Agostini, 1962,
SBN IT\ICCU\LO1\0344036.
Gabriele Mandel, Arte etnica, Milano, Mondadori, 2001, ISBN 978-88-04-44754-2.
Ivan Bargna, L'arte in Africa, Milano, Jaca Book, 2008, ISBN 88-16-60392-5.
Egidio Cossa, Arte africana, in Dossier Art, n. 38, Firenze, Giunti Editore, 1989.
Giovanni Incorpora, Sculture d'Africa. Guida all'arte tra miti e culture, Vicchio di Mugello,
Polaris, 2007, ISBN 978-88-6059-013-8.

Voci correlate
El Anatsui
Fathi Hassan
Ben Enwonwu
Africa
Arte contemporanea africana
Maschere tradizionali africane

Altri progetti
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of_Africa?uselang=it)

Collegamenti esterni

(EN) Arte africana / Arte africana (altra versione), su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia
Britannica, Inc.
Artes Africanae - Arte africana, su artesafricanae.org. URL consultato il 25 luglio 2020 (archiviato
dall'url originale il 12 gennaio 2020).
African Art-Africart-Art Africain-Arte Africana / Marcello Lattari, su africarte.it.
Maschere Africane, su sites.google.com.
Thesaurus BNCF 2490 (https://thes.bncf.firenze.sbn.it/termine.php?id=2490) · LCCN
(EN) sh85007528 (http://id.loc.gov/authorities/subjects/sh85007528) · BNF
Controllo di (FR) cb119338968 (https://catalogue.bnf.fr/ark:/12148/cb119338968) (data) (https://da
autorità ta.bnf.fr/ark:/12148/cb119338968) · BNE (ES) XX531177 (http://catalogo.bne.es/uhtbi
n/authoritybrowse.cgi?action=display&authority_id=XX531177) (data) (http://datos.bn

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