Sei sulla pagina 1di 2

Il delitto d’onore, le tappe della legge fino alla sua abrogazione

In Italia, sino alla fine del XX secolo, la commissione di un delitto perpetrato al fine di salvaguardare
l'onore (ad esempio l'uccisione della coniuge adultera o dell'amante di questa o di entrambi) era
sanzionata con pene attenuate rispetto all'analogo delitto di diverso movente, poiché si riconosceva che
l'offesa all'onore arrecata da una condotta "disonorevole" equivaleva a gravissima provocazione, e la
riparazione dell'onore non causava riprovazione sociale[1].
Nel Codice penale Zanardelli, l'articolo 377 recitava
Per i delitti preveduti nei capi precedenti, se il fatto sia commesso dal conjuge, ovvero da un
ascendente, o dal fratello o dalla sorella, sopra la persona del conjuge, della discendente, della
sorella o del correo o di entrambi, nell'atto in cui li sorprenda in flagrante adulterio o illegittimo
concubito, la pena è ridotta a meno di un sesto, sostituita alla reclusione la detenzione, e
all'ergastolo è sostituita la detenzione da uno a cinque anni [2].
Nel Codice Rocco la formulazione è leggermente diversa:
Codice Penale, art. 587
Chiunque cagiona la morte del coniuge, della figlia o della sorella, nell'atto in cui ne scopre la
illegittima relazione carnale e nello stato d'ira determinato dall'offesa recata all'onor suo o della
famiglia, è punito con la reclusione da tre a sette anni. Alla stessa pena soggiace chi, nelle
dette circostanze, cagiona la morte della persona che sia in illegittima relazione carnale col
coniuge, con la figlia o con la sorella.
L'art. 587 del codice penale consentiva quindi che fosse ridotta la pena per chi uccidesse la
moglie (o il marito, nel caso a essere tradita fosse stata la donna), la figlia o la sorella al fine di
difendere "l'onor suo o della famiglia". La circostanza prevista richiedeva che vi fosse uno stato
d'ira (che veniva in pratica sempre presunto). La ragione della diminuente doveva reperirsi in
una "illegittima relazione carnale" che coinvolgesse una delle donne della famiglia; di questa si
dava per acquisito, come si è letto, che costituisse offesa all'onore. Anche l'altro protagonista
della illegittima relazione poteva dunque essere ucciso contro egual sanzione.
A titolo di chiarimento sulle mentalità generali su queste materie, almeno al tempo della
promulgazione del Codice Rocco (che però riprendeva concetti già presenti nel Codice
Zanardelli), va detto che contemporaneamente vigeva l'istituto del "matrimonio riparatore", che
prevedeva l'estinzione del reato di violenza carnale nel caso che lo stupratore di una
minorenne accondiscendesse a sposarla, salvando l'onore della famiglia.
Quanto all'ordinamento penale italiano, la prima innovazione venne dalla Corte Costituzionale,
la quale aveva sancito l'incostituzionalità dell'art. 559 c.p., che prevedeva la punizione del solo
adulterio della moglie e non anche del marito e del concubinato del marito (sentenze n.126 del
19 dicembre 1968 e n.147 del 3 dicembre 1969, ma in precedenza, nel 1961 si era già
espressa in senso opposto). La prima sentenza era seguita, almeno temporalmente, ad
un disegno di legge (n.4849, presentato alla Camera dei deputati il 6 febbraio 1968)
dell'on. Oronzo Reale, ministro Guardasigilli, che proponeva l'abrogazione delle speciali
previsioni sulle lesioni e sull'omicidio "a causa d'onore", proposte riprese pochi mesi dopo da
un progetto di revisione dell'ordinamento penale affidato a Giuliano Vassalli. Le proposte erano
restate senza effetto, sia per problemi di insufficiente durata delle legislature, sia per una certa
posizione di "non sgradimento" da parte dell'opinione pubblica (stigmatizzata, con una certa
eco, dal giurista Pietro Nuvolone, il quale sottolineò come non si potesse non tenerne conto).
Dopo l'abrogazione del reato di adulterio nel 1968, dopo l'introduzione
del divorzio nel 1970 (legge 898), dopo la riforma del diritto di famiglia nel 1975 (legge 151),
dopo l'introduzione dell'aborto nel 1978 (legge 194), le disposizioni sul delitto d'onore sono
state abrogate il 5 agosto 1981 (legge 442).[3]
UN CASO

.
Il 18 maggio 1928 Annibale Mazzone uccide la moglie Carmela Cimarosa,
colpevole, a suo giudizio, di averlo tradito con un maestro di musica durante la sua
permanenza in America per motivi di lavoro. Il processo si svolge al tribunale di
Gerace, nella Locride – il delitto era accaduto in Calabria. Nell’arringa conclusiva
difensiva, l’avvocato Casalinuovo, gran principe del foro, si rivolge così ai giudici: «Il
disonore ci sconvolge, ci devasta, ci annienta: ci rende folli ed irresponsabili. C’è da
noi come un imperativo categorico più forte di noi: “Se sei tradito, uccidi! ”. Te lo
gridano i tuoi avi da tutti i millenni; te lo gridano i tuoi morti da tutte le fosse; te lo
grida la tua gente da tutte le case prossime e lontane. – Uccidi, che ´ se no, sei
disonorato due volte!».
E disse ancora, ai giurati, non chiedendo di «assolvere per una ragione d’onore o di
assolvere perché dovete credere al disonore. Assolvete, noi vi diciamo, come
assolvereste dei pazzi! Per aver l’uomo che agisca volontariamente, è necessario
trovare in lui libertà e padronanza di volontà: chi è tutto pieno di veleno, ha dentro di
se ´ il tossico che l’uccide, non la volontà che lo dirige. E chi è senza volontà, è
senza colpa. Compiangetelo, signori Giurati. Compiangetelo: ed assolvetelo».
Annibale Mazzoni andò assolto. Oggi diremmo, un femminicidio protetto dalle leggi,
un femminicidio di Stato.

LETTERATURA

Quando Giovanni Arpino pubblica il suo Un delitto d’onore nel 1960, ispirato dal
caso di Annibale Mazzoni, lo ambienta proprio negli anni del fascismo: Gaetano, un
nobilotto terriero della provincia avellinese, si incapriccia di Sabina, di appena
diciassette anni, conosciuta per caso durante una processione. La madre, vedova, è
contraria al rapporto, perché Sabrina è di classe inferiore. Ma tanto fa Gaetano, che
si arriva alle nozze. Quando scopre che Sabrina non è più vergine, e gli confessa di
essere stata presa con la violenza da Vincenzo prima e dopo lusingata da Elena, la
sorella di Vincenzo, con promesse di matrimonio riparatore, Gaetano uccide prima
Sabrina e poi Elena e poi si costituisce. Al processo, l’avvocato – giocando anche
sull’interesse del fascio locale che vuole Gaetano come prossimo sindaco – lo farà
assolvere.

Potrebbero piacerti anche