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Luna, Sito 37 del Cratere di Tycho. 16 Aprile 2287, 19.

07 GMT
Aleksander premette con astio sui comandi dell'immensa scavatrice Goliath, che ignorò
ogni suo input e continuò a rimanere con il braccio meccanico a ghermire futilmente
l'aria. O, per meglio dire, il vuoto.
Alex sfruttò la momentanea pausa, e ammirò con l'emozione di uno scolaretto in gita
l'orlo chilometrico del colossale Cratere di Tycho – una caldera dal diametro tanto ampio
che vi si sarebbero potuti impilare una decina di monti Everest, maestosa come niente
che avesse mai visto sulla Terra.
Il ragazzo tornò a concentrarsi sui propri doveri, e sospirò all'interno della muta
orbitale, maledicendo in silenzio le normative di sicurezza delle Nazioni Unite. Sfiorò il
pannello sul proprio avambraccio sinistro, e le imprecazioni slave di Mir iniziarono a
ronzargli nell'elmetto prima che un ben poco lusinghiero simulacro tridimensionale del
suo più anziano collega comparisse sopra al proiettore da polso, con il volto ingrigito
dallo stress.
<<Anche tu sei in avaria?>>
<<Hrom a peklo! Se chiedessimo assistenza tecnica staremmo qui tutta la notte,
dannazione.>>
Alex sbuffò, e tolse pressione dai pedali bloccando la benna. L'assenza completa di
rumori nel vuoto richiedeva l'impiego dei migliori ingegneri anche per operazioni
semplici come escavazioni preliminari, per non parlare dell'infinità di compiti per
mettere in sicurezza una nuova area mineraria: tutti lavori che necessitavano creatività
e ingegno umani, ben prima dell'intervento di droni e robot. Eppure, i problemi più
banali riuscivano a bloccarli come qualunque operaio.
<<Ma ci pensi mai ai cinesi, nelle loro città fluttuanti a cinquanta klick dal suolo
venusiano? Fortunati figli d'un prdel...>>
Aleksander pensò a quante volte avevano avuto questa conversazione.
<<Adesso sai che faccio? Se la ruspa amerikanski fa schifo, lo rompo a suon di passarci
sopra con i cingoli, 'sto costone di roccia schifosa! Tristo hrmenych! Vedrai domani->>
Aleksander staccò il contatto audio, e tornò con la mente alla sua patria. Il panorama
lunare era di una meraviglia mozzafiato, sebbene la maggiore attrattiva per il giovane
ingegnere fosse la bellezza commovente del proprio pianeta natale visto dal cosmo.

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Chiuse gli occhi e pensò a casa, la colorata arcologia di Nueva Tethys; la più elevata del
Sistema Solare, a pochi klick dall'ascensore orbitale di Chimborazo. Era uno stupendo
crogiolo di gastronomia, musica e cultura di tutta Europa, nella fascia tropicale meno
inquinata della Terra.
Come spesso accadeva con la privazione sensoriale nell'immobile oscurità della notte
lunare, chiudere le palpebre poteva significare un sonnellino non pianificato.
Alex si abbandonò all'abbraccio di Morfeo, e ai sogni della sua adolescenza.

Il Goliath sussultò, e Aleksander spalancò gli occhi, spaesato. Non gli servì il display
della muta per confermare il proprio timore; il grande tondo blu, bianco e verde della
Terra incombeva sul cielo nero della Luna: era piena notte.
Ripristinò il contatto sonoro con Mir con un gesto delle dita; sebbene la connessione
risultasse ancora aperta, non vi erano segnali audio né video.
<<Brutto caprone... potevi almeno prenderti la briga di controllare se il regolite mi
aveva fottuto il respiratore!>>
Silenzio. <<Mir?>>
Alex cercò con lo sguardo il Goliath di Miroslav alla destra della propria cabina, ma fu
solo un'oscurità inattesa ad accoglierlo, la cui scoperta fu accompagnata dal tonfo
interno del proprio battito cardiaco, in crescendo.
Il costone del versante settentrionale del Cratere di Tycho era franato.

Con un'abile gestione dei servomotori, Alex riaccese e ruotò il colosso minerario, e si
spinse all'orlo della frana. Una discesa poco ripida si dipanava oltre le ultime tracce dei
cingoli di Mir, per poi piombare in verticale verso il suolo; i fari a ugello del Goliath
illuminarono a giorno tutta l'area. Un centinaio di metri più in basso la carcassa bianca e
rossa della scavatrice del collega fece sobbalzare Aleksander per l'orrore di un simile
incidente sul lavoro. Le sue mani esperte guizzarono verso la consolle di emergenza, ma
l'ingegnere esitò. Attorno al Goliath fracassato, spirali cromate baluginanti di luce
arancione delimitavano un'architettura incomprensibile, ma allo stesso tempo
paragonabile alle antiche creazioni di Antoni Gaudì che erano fedelmente riprodotte
nella sua arcologia natale; in maniera appena percettibile, quanto innegabile, le guglie

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fremettero, e Alex si rese conto che si stavano spostando verso nord, con le movenze
striscianti di una larva.
<<E quelli... cosa diavolo sono?>> mormorò suo malgrado.
Mentre il ragazzo rimuginava sull'incomprensibile scenario davanti ai propri occhi,
qualcos'altro colse la sua attenzione.
Le immobili distese lunari furono turbate da un lampo improvviso, simile al bagliore di
un decollo interplanetario, sebbene non provenisse dallo spazioporto del Mare della
Tranquillità.
Il punto luminoso, però, non si librò nello spazio come sarebbe stato ovvio per un
velivolo; dalla stranezza di un decollo non autorizzato, si passò all'assurdità di un mezzo
di superficie, lanciato a una velocità che avrebbe eclissato quella di un meteorite.
Non aveva alcun senso.
<<Un crollo minerario che scopre macchinari mai visti, un bolide sulla superficie della
Luna a una velocità che surclassa la Spacy...>>
Il cuore del ragazzo iniziò a battere più forte, mentre tornava alle storie di avvistamenti
extraterrestri che si udivano ancora quand'era un bambino... quando la tecnologia
erratica del tempo non aveva ancora catalogato ognuno dei fenomeni UFO come eventi
spiegabili dalla scienza.
Ma i sofismi avrebbero dovuto attendere.
L'oggetto misterioso aveva preso una traiettoria parabolica, e stava aggirando il Cratere,
indirizzato proprio al Sito 37 – dove si trovava Aleksander.
La luce bianca del bolide si avvicinò in una manciata di secondi, alzando una scia
chilometrica di polvere lunare, e si fermò di colpo a un centinaio di metri da Alex,
soffusa da un'immensa nube di regolite.
L'allarme di avaria dei filtri del respiratore lo colpì come un impatto fisico, e il ragazzo
imprecò duramente prima di rendersi conto di cosa stesse succedendo.
Con una pressione dei sistemi di emergenza, Alex uscì dall'abitacolo del Goliath e si
lasciò scivolare nella lieve gravità lunare.
I suoi stivali toccarono il suolo, e il polverone si abbassò di colpo.
<<Cosa diavolo...>>
Le parole gli si spensero in gola.

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Di fronte a lui lo si stagliava una donna dalla bellezza incomparabile; non indossava
alcuna muta spaziale, e anzi era completamente nuda, la pelle nivea che faceva
risaltare ancor più le sue forme muliebri e gli incredibili occhi neri – incredibili non per
la mancanza lessicale di un giovane ammaliato, quanto per l'assenza del bianco della
sclera... occhi attraverso i quali era possibile intravedere l'infinito turbine delle galassie
così come si poteva udire l'eco del mare in una conchiglia.
Dietro di lei, la sagoma di una navetta che non aveva alcunché di terrestre, simile a un
immenso giunco abbattuto.
La donna gli sorrise ancora, e appoggiò una mano aperta sul suo petto. Dopo un lungo
momento di contemplazione, le bianche dita stracciarono la muta orbitale come se
fosse stata di carta velina.
L'immediata depressurizzazione fece esplodere i capillari negli occhi dell'ingegnere, e il
terrore lo soverchiò mentre il gelo siderale e l'assenza di ossigeno lo portarono alla
soglia della morte in un attimo. Mentre Alexsander esalava un ultimo respiro, fra le
convulsioni, la mano della misteriosa creatura si insinuò sotto la lycra del giovane. Il
panico si dissolse, mentre il tepore del candido palmo riportò la vita nelle membra di
Alex.

Aleksander divenne la storia vivente di Theia.


Assistette alla nascita di una razza così simile agli umani da farlo sorridere; erano nativi
del pianeta che, per mancanza di un corrispettivo comprensibile da una mente umana,
la giovane definì Theia, lo stesso nome che attribuì a sé stessa.
Vi furono divisioni tribali, dapprima, terminate con l'epoca dell'esplorazione spaziale.
E poi la nascita dei Talòi, un'Intelligenza Artificiale così perfetta che decise di auto-
esiliarsi per non intralciare i propri creatori organici. Ma prima, i Talòi donarono ai
theiani la tecnologia necessaria per effettuare viaggi intergalattici, oltre la velocità
della luce... e poi ancora una caduta nel nichilismo sociale, nell'entropia.
L'auto-ibernazione per sopravvivere.
Il risveglio, le nuove guerre. La trasformazione della vecchia Theia in un pianeta-
astronave per fuggire a una collisione stellare.

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E l'avvento di una nuova Intelligenza Artificiale. Al secondo tentativo, i theiani non
furono fortunati quanto con i benevoli Talòi. Il computer cosmico si rivelò come Aniara
ai propri creatori, e iniziò l'immediata assimilazione di ogni forma organica e
tecnologica che avesse a disposizione per aumentare le proprie capacità di calcolo.
Tutte le più possenti armi theiane furono scatenate contro la IA, ma Aniara era ormai
troppo potente, come un dio malevolo.
Fu a quel punto che tornarono i Talòi, intenti a “regolamentare” la IA avversa ai propri
creatori, anche a costo di distruggere questi ultimi.
I Talòi dirottarono i resti di Theia, facendoli schiantare contro il pianeta più vicino
durante la sua peregrinazione intergalattica: la Terra.
I theiani fuggiti in ogni angolo dell'universo si recarono sul sito dell'impatto planetario,
assistendo alla distruzione di Aniara; i suoi resti, quelli di Theia, e i frammenti della
Terra sfuggiti alla gravità trovarono una coesione, e si formò la Luna. Così com'erano
venuti dallo spazio fra le galassie, i Talòi scomparvero nuovamente.
Una nuova ibernazione attendeva i theiani rimasti sulla grande nave intergalattica
De'ani, ultimi guardiani dell'universo qualora una nuova IA avesse minacciato il creato.

Alex spalancò gli occhi in sincronia con Theia, e seppe subito che la ragazza aveva
vissuto tutti i suoi ricordi come egli aveva fatto con quelli di lei.
Fu così che seppe di Mir, di come avesse involontariamente risvegliato un frammento di
Aniara, che aveva ricominciato la distruttiva assimilazione di millenni addietro proprio
con l'ingegnere.
<<Bisogna fermare la IA prima che si impossessi della Luna, o che arrivino i Talòi e
distruggano tutto!>> disse il giovane terrestre, usando le labbra per parlare, sebbene
sapesse di non averne bisogno; che diamine, era ancora vivo nonostante fosse esposto al
vuoto spaziale!
Si trattava di... Dannazione! Aleksander conosceva il termine per i poteri di Theia, ma
non poteva razionalizzarlo con un fonema umano.
Decise arbitrariamente che 'Psicoforìa' fosse il termine più logico.
Alex realizzò che la comunione delle menti condivisa con la ragazza aveva un valore
immenso per i theiani, qualcosa che trascendeva il matrimonio e l'amore fraterno al

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tempo stesso. Questa giovane aliena era adesso la creatura che egli conoscesse meglio
al mondo, e vice versa; Aleksander provò un moto di sollievo: era legato
inscindibilmente a una persona meravigliosa, che si era fatta carico del fardello di
un'intera specie, divenendone l'ultimo guardiano.
Theia ricambiò il suo sorriso e avvampò in maniera squisitamente umana; Alex avrebbe
potuto scommettere che la ragazza avesse indovinato i suoi pensieri, e le strinse la
mano con tenerezza.
<<Adesso dobbiamo andare. Se vogliamo prevenire l'arrivo dei Tàloi, dobbiamo trovare
un modo di distruggere Aniara.>>
Alex non dubitò per un istante dell'importanza assoluta di ciò che avrebbero dovuto
fare, ma la speranza lo abbandonò non appena colse un guizzo oltre la fiancata del
Niòni, la navetta usata da Theia.
Barbigli bio-meccanici che torreggiavano oltre l'orizzonte lunare si ergevano dal suolo in
lontananza, avvolgendo la vicina base di Nubium con bozzoli cromati e propaggini
pulsanti. Aniara aveva già fagocitato la maggior parte dei terrestri che lavoravano sulla
Luna, e i loro macchinari.
Lacrime ghiacciate si sbriciolarono sul viso di Alex.
<<È già troppo tardi.>>
Mentre la Psicoforìa trasmetteva le parole alla mente di Theia, le stelle nel cielo
iniziarono a scomparire, lasciando un vuoto incomprensibile e tremendo.
<<Sono qui.>> comunicò la ragazza, e Alex ne percepì l'orrore.
La sezione di cielo oscurato prese la forma di un disco, e il vuoto si trasformò
lentamente in una superficie argentata.
Erano giunti i Talòi.
Il disco era un immenso portale di curvatura spazio-temporale, da cui iniziarono a
sciamare milioni di esapodi bianchi – i Talòi stessi.
Theia si lasciò sfuggire un singhiozzo umano.
Non c'era più nulla che i due ragazzi potessero fare.

O forse si.

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<<Theia, ci sono un migliaio di tuoi fratelli e sorelle in stasi sulla De'ani. Prendi il Niòni,
salvali! La Luna è spacciata, ma noi umani abbiamo ancora la Terra...>>
Theia scosse il capo, e deterse una propria lacrima cristallizzata.
<<No, Alex.>>
Alzò il braccio, e indicò il versante della Luna opposto al portale.
I tentacoli di Aniara si estendevano nel vuoto, e lambivano il contrappeso dell'ascensore
orbitale terrestre. L'inquietante fulgore arancione stava illuminando il cavo di nanotubi,
scendendo lentamente quanto inesorabilmente verso il pianeta azzurro.
<<Se ora raggiungessi la De'ani, forse ce la farei... Ma la Terra verrebbe assimilata, e a
quel punto sarebbe una corsa al massacro; nella migliore delle ipotesi i Talòi
distruggerebbero il Sistema Solare... ma con la massa della Luna, della Terra, e di tutti
gli organismi che le abitano, dubito che Aniara potrebbe essere fermato.>>
Theia replicò il primo gesto che aveva rivolto ad Alex, appoggiando la mano aperta sul
suo petto. <<Ti... amo?>> sorrise la giovane.
Una scossa psicofòrica attraversò il corpo di Aleksander, e le sue membra si bloccarono
in uno spasmo. Theia sfiorò le sue labbra con le proprie, e spiccò un balzo verso il Niòni,
che ristrutturò il proprio assetto attorno al suo corpo. Alex non poteva che assistere.
Il bolide theiano si illuminò, sfrecciò in linea retta a una velocità impossibile, e si alzò
attraverso lo spazio.
Come una meteora di luce bianca, Theia solcò il cielo buio e i superò nugoli di Talòi.
L'impatto del Niòni con l'ascensore orbitale avvenne poco sotto al centro di massa della
ciclopica struttura, una sfera di calore termonucleare che annichilì il cavo per centinaia
di chilometri, troncando l'avanzata verso la Terra dell'incubo tecno-organico di Aniara.
Nello stesso istante, il giovane ingegnere si alzò dal suolo lunare e si librò in volo,
trasportato verso il proprio pianeta natale dall'ultimo gesto di Psicofòria di Theia.
Le visioni del futuro, mere proiezioni statistiche mutuate dalle conoscenze di Theia,
comprese, si susseguirono nella sua mente, alternandosi agli eventi che poteva
ammirare con i propri occhi.
I Talòi calarono sulla Luna, uno sciame di immensi artropodi. Aniara era condannato. La
detonazione del satellite fu pressoché immediata. I sintetici si accanirono sulla struttura
della IA che si era sviluppata sotto alla superficie lunare.

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La comprensione data dall'eredità di Theia lo colpì come uno schiaffo.
I Talòi avrebbero distrutto Aniara, la Luna, e con essa tutti i terrestri e i theiani rimasti.
Una cintura di detriti simile al primo strato di anelli di Saturno si sarebbe stratificata
attorno all'equatore Terrestre, e Alex rabbrividì quando comprese la portata delle
gigantesche esplosioni d'impatto delle macerie attirate oltre l'atmosfera dalla gravità
del pianeta.
La conoscenza delle scienze theiane ereditata dalla comunione mentale con Theia gli
suggerì che simili calamità sarebbero state all'ordine del giorno, per non parlare del
cambiamento incalcolabile alle maree, e al riscaldamento globale.
Aleksander capì che la Terra aveva ancora pochi mesi prima di diventare un inferno
devastato dai cataclismi.
Era tutto finito? Neanche per sogno.
Alex era il depositario della sapienza theiana, e aveva ereditato il ruolo di Theia stessa:
avrebbe salvato la propria gente.
Le specifiche per costruire una nave-generazionale interplanetaria erano un gioco da
ragazzi, e Alex padroneggiava anche i mezzi psicofòrici necessari per ottenere le risorse
per costruirla: proprio i detriti della Luna sarebbero stati il materiale costituente
dell'Arca galattica con cui evacuare la Terra.
Mentre il pianeta azzurro si faceva più grande agli occhi del giovane, i Talòi scomparvero
nuovamente attraverso la piega quantica; i pianeti e le stelle tornarono visibili.
<<Addio, mia amata.>> mormorò Aleksander, e si stupì di provare un'amara consolazione
oltre al dolore: Theia e la Luna sarebbero vissute per sempre nella memoria della sua
specie, benedizioni del cosmo, madrine della nuova epoca del genere umano.

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