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“LE SFIDE DI BABELE”

•METODO E APPROCCIO (CAP.1)


La glottodidattica è una scienza teorico-pratica in cui si divide la gestione della conoscenza teorica
(approccio) dall’uso che si fa di tali conoscenze (metodo).   L’approccio è dunque la filosofia di
fondo, cioè l’idea che si ha della lingua, della cultura, dell’insegnamento, ecc., mentre il metodo è la
traduzione del primo in procedure operative tramite le quali si realizzano le indicazioni
dell’approccio stesso. Per trasformare il metodo in azione gli insegnanti devono selezionare delle
tecniche didattiche coerenti con entrambi.

•LA NASCITA DELLA GLOTTODIDATTICA (CAP.2)


Nel passato l’insegnamento linguistico era essenzialmente comunicativo, ovvero si basava più
sull’uso che sulla forma e i modelli utilizzati non erano grammatiche, ma testi classici. Nel 1600
nascono dei centri in cui si studia la lingua come oggetto, creando i primi dizionari e grammatiche.
Negli stessi anni l’italiano, insieme al francese, è la principale lingua delle corti e dei quartieri
commerciali, affiancandosi al latino, il quale rimane lingua veicolare del mondo ecclesiastico e
fulcro dell’educazione linguistica.
 
-LA TRADIZIONE FORMALISTICA E IL METODO GRAMMATICO TRADUTTIVO
L’approccio formalistico focalizza l’attenzione sulla grammatica, con la fonologia intesa come
“regole di pronuncia” e il lessico, il quale viene appreso tramite liste ed elenchi divisi per campi
semantici. Nel Seicento si apprendevano le regole da testi letterari, ma nel Settecento si
cominciarono ad usare manuali in cui si trovavano schemi sgrammaticali già pronti da apprendere a
memoria, basati su frequenza d’uso. I testi classici comunque venivano utilizzati come modello,
infatti gli stranieri apprendevano l’italiano tramite la lingua utilizzata da Dante, Boccaccio e
Petrarca.  Lo studente viene considerato come una tabula rasa, mentre il sacerdote viene visto come
un sacerdote che conosce tutto e quindi è incontestabile. Docente e studente si uniscono all’interno
della lezione. La strumentazione metodologica è duplice: la dimensione orale viene sviluppata
tramite letture; la dimensione scritta invece è curata facendo leggere e tradurre testi e frasi dalla
lingua materna alla lingua straniera.

-GLI APPROCCI NATURALI


L’approccio formalistico viene messo in discussione nel 1800 negli Usa, dove la conoscenza delle
lingue non è un elemento dell’educazione delle ragazze di buona famiglia, ma è necessaria per
adeguarsi alla società multiculturale in rapida crescita. George Ticknor, insegnante di Harvard,
afferma che le lingue sono “vive e parlate” e quindi il loro insegnamento va personalizzato sulla
base dell’età e di caratteristiche individuali. Maximillian Berlitz fondò una scuola di tedesco in
America, che diventò poi una catena mondiale basata sull’approccio naturale chiamato “metodo
diretto”, la cui caratteristica principale è la presenza di un insegnante madrelingua, l’accentuazione
delle abilità orali e la capacità di leggere e comprende un testo nel suo insieme. Il grande interprete
di questo tipo di approccio è Vietor che nel 1894 fonda la prima rivista di glottodidattica.

-IL “READING METHOD”


Dal 1914 il mondo si frammenta. Nel ventennio a cavallo tra le due guerre mondiali la gente smette
di viaggiare quindi la lingua smette di essere viva ed orale. Nasce dunque il “Reading Method”, il
quale esclude lo sviluppo delle competenze orali e modifica radicalmente la figura del docente.
Infatti quest’ultimo diventa una guida che insegna le strategie di decifrazione di testi stranieri e di
conseguenza è un facilitatore che ha però uno scarsissimo ruolo formativo.           Dopo la Seconda
Guerra Mondiale l’inglese sostituisce il francese, diventando la lingua della globalizzazione.
 
-L’APPROCCIO STRUTTURALISTICO
Questo approccio è caratterizzato da esercizi strutturali, detti “pattern drills”, che sono costituiti da
una serie di sequenze stimolo-risposta-conferma presentate con un ritmo incalzante, al fine di
impedire una riflessione consapevole e di privilegiare la memorizzazione spontanea. Sono di tre
tipi:
• Sintagmatici, ovvero che modificano la struttura del sintagma;
• Paradigmatici, che legano nella memoria ad esempio un verbo con un oggetto;
• Combinati, che presentano in sequenze sempre più complesse.
Negli anni ’70 i pattern drills vengono abbandonati perché vengono considerati antiquati e vengono
sostituendo dal “rehearsal”, ovvero dalla ripetizione, la quale ha un ruolo fondamentale per la
memorizzazione.

-L’APPROCCIO COMUNICATIVO
Tra gli anni ’60 e ’70 cambia radialmente l’idea di che cosa significhi sapere una lingua e si arriva
alla conclusione che serve per compiere atti sociali e pragmatici, quindi a comunicare. La
comunicazione dunque ha degli scopi, quali la creazione un repertorio di funzioni comunicative e lo
stabilire dei livelli di competenza comunicativa. Quest’ultima è separata dalla competenza
linguistica in quanto coinvolge anche componenti socioculturali e extralinguistiche.

-I METODI SITUAZIONALI A BASE SOCIOLINGUISTICA


Questi metodi conservano elementi dell’approccio strutturalistico per le esercitazioni, ma
propongono le strutture e il lessico contestualizzandolo a delle situazioni. I manuali che si basano su
questo metodo sono divisi in unità didattiche e adottano un paratesto (immagini, titoletti, didascalie,
ecc), dialoghi registrati, versioni segmentate del dialogo, pattern drills, grammatiche esplicite con
relativi esercizi e letture. Gli inglesi hanno definito questo metodo 3Ps: Presentation, Practice,
Production.

-LA GLOTTODIDATTICA UMANISTICA


Tra gli anni ’60-’70 la dimensione psicologica diviene sempre più importante nella glottodidattica.
Il contributo della psicologia e della psicodidattica umanistica sta nell’aver evidenziato che il
cervello umano è diviso in due emisferi, i quali riguardano uno l’apprendimento globale ed intuitivo
e l’altro quello analitico e razionale. Inoltre la dimensione emozionale spesso diventa prevalente,
soprattutto nei bambini e negli adolescenti. L’apprendimento dunque deve essere significativo non
solo per quanto riguarda i contenuto, ma anche rispetto al rapporto tra docente e studente. La
psicodidattica ha elaborato una serie di metodologie a mediazione sociale, le quali prediligono un
insegnamento significativo, infatti la classe viene vista come un gruppo unico, una squadra pronta
ad approfondire un tema, risolvere problemi ed elaborare progetti. Rispetto alla tradizione italiana
questo metodo è una forte innovazione e per questo gli insegnanti hanno molte obiezioni.

-LA TEORIA DI KRASHEN


Krashen parte dalla teoria di Chomsky (LAD) e sviluppa la SLAT che riguarda soprattutto
l’acquisizione e l’apprendimento. La prima è un processo inconscio che sfrutta le strategie di
globali dell’emisfero destro insieme a quelle analitiche dell’emisfero sinistro. L’apprendimento
invece è un processo razionale, governato dall’emisfero sinistro quindi, e di conseguenza non
produce acquisizione stabile: in questo modo la competenza è appresa ma non acquisita, quindi non
si ha tempo di farsi ricorso se non come monitor, cioè controllo grammaticale. Alla base dello SLAT
dunque troviamo l’idea che l’insegnante debba lavorare perché venga prodotta acquisizione.
Krashen inoltre individua altri tre principi:
1. Input comprensibile: l’acquisizione avviene quando lo studente pone l’attenzione sul significato
dell’input e non sulla sua forma;
2. Ordine naturale e i+1, zona di sviluppo potenziale, interlingua: la prima delle condizioni è che
l’input venga posto nell’ordine naturale di apprendimento successivo all’input già acquisito. La
zona di sviluppo potenziale è invece la distanza tra la parte del compito che la persona è in grado di
svolgere (i) e il livello potenziale che sviluppa nel tentativo di compiere la parte restante del
compito (+1);
3. Filtro affettivo: affinché il i+1 venga acquisito il filtro affettivo non deve essere inserito.

-I METODI CLINICI A BASE PSICOLOGICA


1. Total Physical Response: proposto da Asher negli anni ’60. L’insegnante dà ordini e indicazioni
sempre più complessi e gli spinge ad utilizzare la lingua in modo spontaneo. Viene usato nella
scuola primaria e per l’insegnamento dell’italiano a immigrati;
2. Community Language Learning: proposto da Curran negli anni ’60. L’insegnante è un
“counselor”, rimanendo fuori dall’apprendimento, ma consigliando e aiutando in modo da
individuare il ritmo e lo stile di apprendimento dello studente;
3. Silent Way: proposto da Gattegno. L’insegnante dà un modello, poi tace, e gli studenti lo ripetono
e lo riutilizzano in situazione che lui presenta con bastoncini colorati. Per correggere usa gesti o
codici gestuali. Diffuso negli insegnamenti a bambini, in cui questi vengono stimolati a parlare
dando voce agli oggetti;
4. Suggestopedia: proposto da Lozanov. Consiste in momenti di allenamento autogeno sia alla fine
che all’inizio delle sedute, le quali sono accompagnate da musica barocca di sottofondo. Inoltre i
testi vengono ripresi prima di dormire e appena alzati.

-L’INTERLINGUA E LA LINGUISTICA ACQUISIZIONALE


La linguistica acquisizionale studia la realtà dell’interlingua, ovvero la lingua che viene usata da chi
sta imparando una lingua. Ogni elemento per essere acquisito implica la presenza di altri elementi
già acquisiti quindi possiamo dire che l’interlingua è un sistema che ha le basi nella grammatica
universale, ma anche nella lingua materna e nella lingua che si sta apprendendo. Il suo meccanismo
principale è la generalizzazione, ad esempio ci porta a formare dei participi come “aprito” e
“coprito”, in quanto tendiamo a generalizzare la regola. L’interlingua dunque non è una competenza
scorretta, ma una competenza parziale.

-IL QUADRO COMUNE EUROPEO E IL PORTFOLIO EUROPEO DELLE LINGUE 


Il quadro è un progetto che si sviluppa negli anni ’90. Si tratta di un testo politico che ribadisce
che la conoscenza delle lingue straniere è una problematica che riguarda tutti e che la società della
conoscenza si costruisce sapendo l’inglese e altre lingue comunitarie a livelli diversificati. Il Quadro
è dunque una riflessione sul ruolo delle lingue in Europa. Comprende inoltre il Portfolio del 1996 il
quale include una serie di livelli (per ciascuno di questi troviamo degli indicatori da osservare per
stabilire il livello di competenza) e:
- Il passaporto linguistico, in cui troviamo le certificazioni e gli attestati di competenza linguistica;
- La biografia di apprendimento, la quale racconta il percorso di apprendimento della lingua;
- Il dossier, in cui lo studente raccoglie documenti personali riguardanti l’insegnamento della lingua.
I livelli del Portfolio hanno valore legale e sono alla base di tutti i manuali di lingue.
 
-TENDENZE E MODE PASSEGGERE:
1.CLIL: è ormai una certezza. Si tratta dell’uso di una lingua straniera per insegnare un’altra
disciplina.
2.INTERCOMPRESIONE TRA LINGUE VICINE: è una certezza crescente. Si tratta di mettere a
contatto persone con lingue simili tra loro (italiano e spagnolo), dando la possibilità di interagire
l’uno con l’altro utilizzando la propria lingua e comprendere ciò che l’altro dice, anche se non alla
perfezione. Questo metodo viene insegnato elementi linguistici che hanno una funzione chiave e
tramite delle riflessioni sulla lingua straniera (la f italiana corrisponde ad una h in spagnolo).
3.TENDENZA AD UNA GLOTTODIDATTICA AD ARLECCHINO: la glottodidattica si aggiorna
continuamente, ma troviamo docenti che non abbracciano volentieri le novità, essendo legati ai
metodi passati che avevano utilizzato anche loro per lo studio di una lingua straniera. Di
conseguenza i manuali vengono redatti in modo da accontentare tutti, affiancando i metodi
tradizionali a quelli più innovativi.
 
•IL SOGGETTO DELL’ACQUISIZIONE LINGUISTICA (CAP. 3)
La neurolinguistica descrive il funzionamento del cervello (hardware) e la psicolinguistica quello
del software (LAD). La neurologia descrive il fenomeno della lateralizzazione, cioè il fatto che i
due emisferi celebrali lavorino in maniera differente e specializzata. La psicologia invece descrive
la natura di questa specializzazione: l’emisfero sinistro svolge compiti di natura analitica,
sequenziale e logica, mentre l’emisfero destro svolge compiti di natura globalistica, simultanea e
analogica. In aggiunta studia anche il funzionamento della memoria. La neurolinguistica individua
quindi nell’emisfero sinistro le due aree in cui avviene l’elaborazione del linguaggio e si arricchisce
di ricerche neurosemiotiche che indicano come i messaggi vengano elaborati in realtà. Questi
fenomeni vengono descritti da due termini:
• Bimodalità: entrambe le modalità del cervello (l’analitica del sinistro e la olistica del destro) sono
coinvolte nella comunicazione linguistica e di conseguenza devono essere integrate in modo che
l’intera mente del soggetto venga coinvolta nell’apprendimento;
• Direzionalità: stabilisce che l’uso bimodale del cervello avviene secondo una direzione precisa,
ovvero dall’emisfero dx a quello sx. Quindi durante le prime fasi si motiva all’acquisizione
coinvolgendo in maniera bimodale la sfera affettiva e logica, presentando poi il materiale in modo
contestualizzato e sensoriale. Infine si passa a formalizzare l’analisi con tecniche associate alla
modalità sx.
La psicolinguistica ritiene che esista una facoltà del linguaggio innata, quindi trasmessa
geneticamente. Inoltre, lo studente di una lingua straniera è un soggetto attivo e predisposto
all’acquisizione linguistica e va aiutato e supportato (LASS di Bruner). Ci sono 5 fasi riguardanti il
processo d’acquisizione:
1. Osservazione dell’input linguistico-comunicativo, individuando correlazioni pragmatiche e
formali ed invitando i soggetti a sottolineare, cerchiare, ecc, in modo da apprendere le regole di
quell’unità;
2. Creazioni di ipotesi sul funzionamento di quel meccanismo;
3. Verifica di ipotesi tramite conferme o correzioni;
4. Fissazione dei concetti tramite la ripetizione;
5. Riflessione su ciò che è stato appreso.
 Per quanto riguarda l’attitudine alla lingua ci sono diversi dibattiti. L’attitudine comunque è un
talento specifico per l’apprendimento delle lingue in questo caso, ed è indipendente rispetto alla
capacità di cui il soggetto dispone in altri campi. L’esperienza ci porta a dire che in una classe
troviamo sia studenti analitici e olistici. I primi hanno un’attitudine alla riflessione, al capire il
meccanismo e al comprendere tutto ciò che riguarda quella lingua; i secondi invece hanno
un’attitudine maggiore all’uso della lingua, non curanti di imperfezioni in quanto il loro scopo è
quello di comunicare qualcosa. Gardner ha teorizzato l’esistenza di intelligenze multiple, presenti in
ogni persona, ma sviluppate in modo diverso, che possono dipendere dalla persona stessa o
dall’ambiente scolastico. Sono:
• Intelligenza linguistica: capacità di cogliere sfumature di significato, di scegliere le parole
opportune. È l’abilità di usare la lingua per esprime qualcosa. Le attività che sfruttano questo tipo di
intelligenza sono i dibattiti, le discussioni e le traduzioni di testi letterari;
• Intelligenza logico-matematica: elabora il pensiero analitico e formale, ovvero guida alla
riflessione formale e grammaticale. Coinvolge le attività di giochi grammaticali. A questo tipo di
intelligenza è legato un tratto della personalità: il soggetto risulta intollerante per le imprecisioni e
ha una maggiore difficoltà a lanciarsi nella comunicazione;
• Intelligenza spaziale: riguarda l’abilità di ricostruire o modificare mentalmente la disposizione
degli oggetti nello spazio. I dizionari illustrati sfruttano questa intelligenza;
• Intelligenza musicale: riguarda le attività di memorizzazione legate a canzoni, filastrocche, ecc;
• Intelligenza intra- ed interpersonale: la prima riguarda la capacità di autoanalisi, evitando quindi di
mettere in mostra i propri difetti linguistici, mentre la seconda riguarda la capacità di mettersi nei
panni altrui aiutando l’interlocutore.
Ci sono altri tipi di intelligenza, ma non sono coinvolti nell’acquisizione di una lingua. Inoltre
l’intelligenza linguistica si occupa dell’uso della lingua, mentre quella matematica si occupa
dell’aspetto grammaticale. È importante non confondere le intelligenze con gli stili di
apprendimento che riguardano ad esempio il modo di affrontare un compito, quindi sotto un certo
aspetto i tratti della personalità.
 Tra questi troviamo:
• Stile analitico/globale: ovvero uno stile di apprendimento riflessivo o intuitivo;
• Stile ideativo/esecutivo: il primo si basa sulla teoria e lavora su possibili percorsi mentali per
arrivare a possedere una lingua, mentre il secondo ha bisogno di fare e di imparare dai suoi errori,
dai quali non si lascia deprimere;
• In/tolleranza per le ambiguità: alcuni si accontentano di una comprensione approssimata, invece
gli altri sono a disagio davanti a certe ambiguità;
• In/dipendenza dal campo: capacità di non farsi distrarre da stimoli irrilevanti solo perché
compaiono in quel punto del testo;
• Capacità/difficoltà di prevedere i contenuti sulla base del contesto (grammatica
dell’anticipazione);
• Tendenza/difficoltà ad imparare dai propri errori;
• Autonomia/dipendenza nei processi di studio.
Per quanto riguarda invece i tratti della personalità troviamo:
• Cooperazione/competizione: per quando riguarda le lingue lo studente competitivo rischia di
venire escluso dal gruppo;
• Introversione/estroversione: l’introverso tende ad esercitarsi meno;
• Ottimismo/pessimismo.
Altre caratteristiche sono l’arroganza/modestia, l’empatia/autocentrismo. Comunque bisogna tener
contro che solitamente una classe possiamo trovare diversi tipi di studenti di conseguenza bisogna
utilizzare un insegnamento che aiuti tutte le intelligenze, gli stili e i tratti.

-LA MEMORIA
Lo studente che acquisisce deve mettere in memoria stabile ciò che ha imparato per poi riuscire a
recuperarlo. Le info vengono elaborate nella memoria di lavoro che ha una persistenza limitata nel
tempo e nella quantità (7 elementi per un paio di sec.). Da questo nasce la necessità di organizzare
le informazione in “chunks”, ovvero frammenti visti come unità di significato e non come singole
parole. Quanto elaborato viene messo nella memoria a breve termine, la quale presenta due
problematiche:
1. Dimentica facilmente;
2. Accomoda le nuove info sulla base di quelle già possedute.
Insegnare una lingua significa impostare un nuovo sistema linguistico, non affiancare quello nuovo
a quello della lingua materna. Il terzo livello è costituito dalla memoria a lungo termine che include
sia la nostra coscienza del mondo, sia la memoria semantica, che interpreta e memorizza la lingua.
Apprendere è un progetto e ricordare prevede un comportamento attivo, quindi uno sforzo. Inoltre si
immette in memoria ciò che si vuole ricordare. La memoria stabile ha diverse caratteristiche, come:
• A una maggiore riflessione corrisponde una maggiore memorizzazione;
• La codifica profonda è a livello semantico più che sintattico.
• L’immagine visiva è meno efficace di quella sonora.
Complesso è anche il recupero del lessico della mente. Si ipotizza che il lessico sia organizzato in
una serie di reti semantiche e di copioni comportamentali che consentono in quella situazione il
recupero dell’item lessicale nella memoria. In questo modo è molto facilitato.                 Importante
è anche il filtro affettivo, infatti nelle situazioni di piacevole sfida l’organismo rilascia dei
neurotrasmettitori fondamentali per fissare le tracce mnestiche. Al contrario, in caso di stress
negativo, l’organismo rilascia uno steroide che lo prepara a fronteggiare il pericolo, ma allo stesso
tempo l’ippocampo capisce che si tratta solo di un test e quindi che non ci sono
pericoli reali. A questo punto si occupa di bloccare lo steroide, smettendo però di svolgere la sua
funzione principale, ovvero di reindirizzare le nuove info o di recuperare quelle vecchie. Da questo
ne consegue che le attività stressanti non portano all’acquisizione e che questa lotta ghiandolare
rallenta l’attività del cervello, mandando in tilt lo studente, giungendo in questi casi alla totale scena
muta.

-LA MOTIVAZIONE
Un altro componente dell’acquisizione è la motivazione, infatti come abbiamo già detto, acquisire è
uno sforzo, per questo è utile essere ben motivati. La motivazione si basa su tre fattori: il bisogno, il
piacere, il dovere.
~Il modello egodinamico: vede l’ego come protagonista, infatti ogni persona ha un progetto per sé,
in questo caso l’acquisire una lingua. La persona di conseguenza individua una strategia. Se i
risultati ottenuti sono positivi l’ego ha un feedback positivo, quindi la strategia si rafforza. Al
contrario, se i risultati sono negativi si inserisce il filtro affettivo e in questo modo il progetto cade;
 ~Il modello tripolare: individua tre cause che governano l’agire umano:
• Il dovere: non porta all’acquisizione perché inserisce il filtro affettivo, il quale fa sì che le info
rimangano nella memoria a medio termine e di conseguenza vengono dimenticate dopo una
stagione. Comunque c’è la possibilità che il dovere si trasformi in “senso del dovere”, il quale
produce la motivazione;
• Il bisogno: è legato alla parte sx del cervello. È una motivazione che funziona, ma dei limiti,
infatti il bisogno deve essere percepito. Inoltre funziona fino al momento in cui lo studente decide
che ha soddisfatto il suo bisogno;
• Il piacere: è legato all’emisfero destro, ma può coinvolgere anche l’emisfero sinistro. Oltre al
piacere egodinamico, troviamo il piacere di apprendere, della varietà, dell’insolito, della sfida e del
senso del dovere.
In ogni caso il cervello seleziona quello che vuole selezionare sulla base di 5 motivazioni: la novità,
l’attrattiva, la funzionalità, la realizzabilità e la sicurezza psicologica e sociale.

-LO STUDENTE BAMBINO


I bambini la lingua non si insegna ma si cerca di fargli capire che la lingua materna è solo una tra le
tante lingue possibili e che le altre si possono imparare anche tramite giochi, quindi ciò si può
trasformare in qualcosa di bello.                   Al giorno d’oggi il bambino non viene più formato
come “italiano”, ma come “europeo”. Per fare questo bisogna che questo processo inizi prima del
compimento di 10 anni, in modo che il bambino cresca con un’identità bilingue. La presenza di due
lingue porta ad un arricchimento, infatti è dimostrato che:
- L’organizzazione del cervello in un bambino bilingue è più bilaterale;
- L’emisfero destro ha un ruolo più importante nella rappresentazione celebrale dei due codici;
- La dominanza celebrale dell’individuo bilingue è meno rigida.
Lenneberg teorizza la presenza di “periodi critici”. Secondo questa ipotesi, nei primi anni di vita il
meccanismo di acquisizione linguistica sarebbe al suo massimo, e decadrebbe alla soglia della
pubertà. Grazie a studi successivi si è intuito che a decadere è principalmente l’acquisizione
fonetica. Inoltre nei i periodi critici c’è la capacità di acquisire una lingua livello di un madrelingua
con pronuncia perfetta entro i 3 anni, mentre tra i 4 e gli 8 anni l’acquisizione è la stessa, ma con
più sforzo celebrale. Troviamo anche un periodo detto “sensibile” (8-22 anni), in cui la persona ha
ancora forti potenzialità neurologiche, ma la sua performance non sarà più a livello di madrelingua.

Per quanto riguarda l’insegnamento linguistico i punti principali sono:


1. L’integrazione tra lingua straniera e il resto del curriculo;
2. La flessibilità di appoggio, di metodo e di tecniche;
3. La sensorialità, ovvero il coinvolgimento dei 5 sensi;
4. La motricità;
5. La ludicità, ovvero il gioco volto ad imparare e stare insieme, non a vincere.
Il bambino ha una mente sempre aperta all’apprendimento continuo.
-LO STUDENTE ADOLESCENTE
I problemi dell’insegnare in questa fase sono legati principalmente alla struttura scolastica. Il
bambino aveva costruito un rapporto privilegiato con l’insegnante, rappresentante sociale della
figura dei genitori. Questa figura viene sostituita dai coetanei, infatti l’adolescente entra a far parte
di un “branco”. Ne consegue che il filtro affettivo cambia natura, infatti non si è più volti
all’approvazione dell’adulto, ma a quella dei propri pari. In questo modo l’errore non viene più
visto come naturale perché questo può minare la sua immagine all’interno del gruppo, infatti la
meta cambia, non è più l’eccellenza, ma il minimo necessario. Lo studente adolescente si ritiene
adulto e l’unica soluzione è di discuterne con lui e spiegargli l’utilità dell’attività svolta e di
presentarla come una sfida.                         Inoltre la volontà dello studente adolescente è di
diventare autonomo, quindi si sfrutta l’inglese come fonte di allargare l’esplorazione del mondo, per
cui la sua motivazione cresce. Per le altre lingue straniere è diverso, infatti si passa da un
innamoramento per il paese di cui si studia la lingua, al piacere di stare a lezione grazie alla
metodologia dell’insegnamento. Bisogna comunque che gli insegnamenti delle varie lingue
vengano coordinati e integrati.

-IL GIOVANE ADULTO (lo studente universitario)


Lo studente universitario si avvicina alla lingua straniera per un bisogno che viene percepito ancora
come lontano. Vede la figura dell’insegnante come una figura superiore che sa più di lui, di
conseguenza l’impianto è pedagogico. In questo modo il docente deve lottare contro gli studenti per
renderli autonomi e responsabili del proprio percorso e dei propri risultati, per evitare che la laurea
triennale sia un prolungamento della scuola superiore.
 
-LO STUDENTE ADULTO
Lo studente che si avvicina alla lingua straniera per motivi professionale invece è spinto da un
bisogno immediato. Questo tipo di formazione viene detta “lifelong”, ovvero continua. Il concetto
dell’essere adulti rimanda sia a un fattore personale, sia all’età, a elementi sociale, etc. Le sue
caratteristiche sono:
• L’adulto è fuori dal percorso di base, quindi decide autonomamente. Questo è fondamentale in
quanto cambia il rapporto con l’insegnante, il quale non viene più visto come un superiore, ma
come uno alla pari;
• Come conseguenza del punto precedente, il rapporto con il docente è principalmente istruttivo e
non educativo;
• L’adulto paga il corso, quindi questo deve portare a dei risultati;
• I risultati devo essere raggiunti nel minor tempo possibile
• I metodi fanno spiegati in maniera esplicita perché spesso lo studente è legato a metodi di
apprendimento obsoleti;
• L’acquisizione muta con l’età, di conseguenza l’apprendimento può essere più lento. Questo va
spiegato perché si potrebbe incorrere in demotivazioni;
• Ha una necessità metalinguistica.

-IL GRUPPO DI STUDENTI


Nella norma l’apprendimento avviene con studenti in gruppi e ciò pone delle problematiche, infatti
ci si può trovare difronte a gruppi disomogenei. La soluzione sta nello spezzare periodicamente la
classe, dedicando così del tempo a chi ha maggiori difficoltà mentre gli altri svolgono un compito
stimolante e al loro livello.

•L’INSEGNANTE COME REGISTA NELLO SPAZIO D’ACQUISIZIONE DIDATTICA (CAP.4)


L’attività di insegnamento, chiamata anche “azione didattica”, si effettua focalizzando l’attenzione
su tre elementi: la persona che apprende, la persona che insegna e l’oggetto da apprendere, in questo
caso la lingua e la cultura straniera. Traducendo questi elementi in uno schema l’insegnante si pone
sullo sfondo aiutando gli altri due poli, svolgendo dunque una funzione di regista. Nel corso del
Novecento la figura dell’insegnante è cambiata radicalmente, infatti a partire dagli anni ’60 viene
visto come un facilitatore, un consigliere (Curran), un maieuta (Gattegno, ovvero colui che stimola
lo studente ad esplorare la lingua, un tutore e un regista.

-LA SCELTA DELLA LINGUA


La lingua va scelta sulla base dello scopo che l’atto comunicativo si propone, ad esempio, in
situazioni di carattere emozionale e relazionale è più adatto utilizzare la lingua materna in quanto
esprime più partecipazione emotiva. Inoltre, la lingua materna è giusto che venga usata anche
durante la correzione di errori perché facilita la comprensione.

-MODELLI DI LEZIONE PASSATI


La tradizione di ha lasciato due generi comunicativi che al giorno d’oggi risultano inapplicabili.
Sono:
- La conversazione maieutica, la quale era usata nell’antica Grecia e Roma, in cui un saggio si
sforzava di far maturare l’autonomia critica e cognitiva del suo allievo. Questo modello oggi
funziona con i dottorati di ricerca e per l’insegnamento dell’italiano a piccoli gruppi di immigrati;
- La lectio, che è tipica dell’insegnamento religioso. L’insegnante è un sacerdote-maestro che ha
diritto all’interpretazione del testo sacro lo pone al centro dell’attenzione. Questa è una posizione
gratificante per l’insegnante, ma non aiuta l’autopromozione dell’allievo, dunque è un metodo
improduttivo.

-IL CURRICOLO E IL MATERIALE DIDATTICO


Il progettista di un corso di lingue deve svolgere delle funzioni essenziali, come definire il ruolo del
corso di lingua straniera nel percorso formativo dello studente, analizzare i bisogni di quest’ultimo,
definire le risorse necessarie per soddisfarli e definire che tipo di insegnante serva per quel corso.
Inoltre deve definire il curricolo basandosi sui modelli disponibili e indicare il tipo di materiale
adeguato. Il materiale didattico è un complesso che incluse un manuale base, una serie di materiali
per il rinforzo e il recupero, materiali audio e video, un ampliamento in rete, una guida didattica e
un sito che offre materiale ulteriore.
 
•LA LINGUA E I LINGUAGGI NON VERBALI (CAP.5)
Comunicare
significa scambiare messaggi efficaci. La comunicazione non è mai mono-direzionale, nemmeno se
il destinatario è fittizio. Questo vuol dire che i partecipanti mettono in comune qualcosa tramite la
realizzazione di un messaggio, che include un testo verbale e una componente non verbale. In ogni
caso la comunicazione ha uno scopo, quindi la sua efficacia viene valutata con il risultato.

-LINGUA STRANIERA: straniera indica una lingua che viene studiata in una zona in cui essa non
è presente nella scuola, ad esempio, è straniero l’inglese che viene studiato in Italia.

-LINGUA SECONDA: è quella che lo studente può trovare anche fuori da scuola, come nel caso di
un italiano che studia in Francia (quindi il francese) o dell’italiano acquisito da un immigrato.

-LINGUA ETNICA: è la lingua della comunità d’origine di una persona quando essa non è la sua
lingua straniera, ma è comunque presente nell’ambiente degli immigrati. È il caso dei figli di
immigrati residenti in Italia.

-LINGUA FRANCA: lo è l’inglese oggi. È una lingua usata in maniera abbastanza semplificata che
serve a facilitare la comprensione internazionale.  

-LA COMPETENZA LINGUISTICA


La lingua può essere considerata come mezzo per raggiungere scopi, espressione di rapporto del
ruolo sociale e mezzo per modificarlo, indicatore di appartenenza ad un gruppo, forma
(sonora/fonologia, scritta/grafemica, insieme di forme/morfologia, relazioni/sintassi, corpus di
parole/lessico), espressione di cultura ed elemento per tramandarla ed infine strumento di
espressione e di pensiero.       La competenza linguistica è composta da grammatiche che sono
divise per livelli: i fonemi (fonologia), la grammatica (morfologia), la combinazione di parole in
frasi e periodi (sintassi) e la loro inclusione in testi (grammatica testuale).

-IL LINGUAGGIO NON VERBALE: LA COMPETENZA EXTRALINGUISTICA


Accanto alla competenza linguistica troviamo la competenza extralinguistica, che comprende:
• La competenza cinesica, ovvero la capacità di comprendere e utilizzare gesti, espressioni del viso
e movimenti del corpo;
• La competenza prossemica, relativa alla vicinanza e al contatto con l’interlocutore, le quali sono
spesso legate alla scelta di registro;
• La competenza oggettuale, che rimanda all’uso di oggetti come strumenti per comunicare uno
status sociale o una funzione. Qui troviamo un aspetto interessante detto vestemica, ovvero la
capacità di padroneggiare il sistema della moda.
Per insegnare queste competenze extralinguistiche a livello didattico si possono utilizzare video tipo
film, pubblicità, ecc., oppure il contatto reale tramite scambi, Skype, ecc., con studenti non italiani
con grammatiche extralinguistiche diverse.

-LA LINGUA IN USO: LA COMPETENZA SOCIO-PRAGMATICA


Per descrivere la competenza socio-pragmatica dobbiamo prendere in considerazione che ogni
persona è in contatto con sé stessa (“io”), con gli altri (“io e te”), e con il “mondo” reale o della
fantasia. A “io” corrisponde una funzione personale, a “io e te” corrisponde una funzione
interpersonale e una regolativa, mentre a “io e il mondo” corrisponde una funzione referenziale per
quanto riguarda il mondo reale e una funzione poetico-immaginativa, che riguarda il mondo
fantastico. Possedere la competenza socio-pragmatica significa dunque saper realizzare le sei
funzioni che seguono:
1. Funzione personale: si realizza quando lo studente rivela la propria soggettività, personalità e
manifesta sentimenti, emozioni, pensieri e sensazioni. I principali atti comunicativi sono
àpresentarsi, parlare dello stato fisico, parlare dello stato psichico, esprimere i propri gusti, ecc.;
2. Funzione interpersonale: si realizza quando la lingua serve a stabilire, mantenere o chiudere un
rapporto di interiezione, sia orale che scritto. Gli atti comunicativi sono àsalutare e congedarsi,
offrire, accettare e rifiutare qualcosa, ringraziare, scusarsi, ecc.;
3. Funzione regolativo-strumentale: consiste per usare la lingua per agire sugli altri, per ottenere
qualcosa e per soddisfare le proprie necessità.                    Gli atti comunicativi sono àdare e
ricevere istruzioni, consigli e ordini, chiedere, obbligare o impedire di fare qualcosa;
4. Funzione referenziale: quando la lingua viene usata per descrivere o per spiegare la realtà in
generi comunicativi quali la reazione su un evento, la descrizione di una situazione, un testo
scientifico, ecc.     Gli atti comunicativi sono àdescrivere, chiedere/dare informazioni e spiegazioni;
5. Funzione metalinguistica: quando ci si serve della lingua straniera per riflettere sulla lingua
stessa. Gli atti comunicativi sono àchiedere come si chiama un oggetto, creare perifrasi,
comprendere/fornire spiegazioni su quella determinata lingua;
6. Funzione poetico-immaginativa: quando si usa la lingua per produrre effetti particolari,
suggestioni musicali, metafore, ecc. Gli atti comunicativi sono àl’apertura e la chiusura di una fiaba.
 
-LE ABILITÁ LINGUISTICHE
La trasformazione delle rappresentazioni mentali in comunicazione avviene tramite la padronanza
delle abilità linguistiche, che hanno una duplice dimensione:
- Cognitiva, costituita dai processi di comprensione, produzione e selezione delle informazioni per
fare un riassunto o prendere appunti;
- Semiotica, nel momento in cui questi processi si realizzano attraverso la lingua, i gesti, ecc.
Le abilità di base sono quattro: ascolto, monologo, lettura e scrittura. A queste si aggiunge anche il
dialogo. Vengono accorpate sulla base del ruolo assunto da chi usa la lingua, infatti nella
dimensione orale troviamo il monologo, l’ascolto e il dialogo, mentre nella dimensione scritta
troviamo lettura e scrittura.                         Esiste poi un gruppo di abilità di trasformazione
linguistica che sono a cavallo tra la modalità scritta e orale, come il dettato, la raccolta di appunti, la
traduzione, il riassunto, ecc.

-LE MICROLINGUE DISCIPLINARI


I testi microlinguistici realizzano solo le funzioni referenziale, metalinguistiche e regolativa, ed
hanno due principali finalità: dal punto di vista pragmatico, vogliono evitare le ambiguità, per cui
usano termini monosemici; dal punto di vista sociale, servono come strumento di riconoscimento tra
professionisti di un dato settore.

-IL TESTO LETTERARIO


La capacità di qualificare e classificare testi letterari è un elemento costitutivo della competenza
testuale, che a sua volta è una parte essenziale della competenza comunicativa. L’educazione
letteraria deve mirare a far scoprire sia il piacere della letteratura che il bisogno della letteratura
stessa.
 
•LA DIMENSIONE INTERCULTURALE (CAP.6)
La comunicazione interculturale pone fin da subito il problema di come insegnarla in quanto è
caratterizzata da una continua evoluzione, grazie ai mass media, al turismo, agli scambi
commerciali, ecc. Si può comunque insegnare ad osservarla, tramite film, incontri con stranieri e
così via. Per fare ciò bisogna per tanto saper osservare, decentrarsi e straniarsi, ovvero vivere la
situazione da una posizione terza, sospendendo il proprio giudizio e saper relativizzare. Inoltre,
bisogna riuscire ad ascoltare attivamente, comprendere emotivamente e a negoziare i significati.

-IL CONCETTO DI TEMPO: il concetto di tempo crea molti problemi relazionali e comunicativi,
anche se non sempre linguistici. Alcuni di questi riguardano ad esempio il concetto di puntualità, il
“time is money” (per esempio per un americano i convenevoli vengono tagliati visto che fanno sì
che si sprechi del tempo utile, mentre nelle culture orientali sarebbe disdicevole), il tempo vuoto, ed
il tempo strutturato (la scaletta giornaliera per un latino viene vista come un suggerimento, quindi
alcuni punti posso tranquillamente essere cancellati o spostati, mentre per un nordici è fondamentale
seguirla alla lettera).

-IL CONCETTO DI GERARCHIA, STATUS, RISPETTO: la gerarchia è la concretizzazione


dell’idea di potere e in alcuni casi viene tradotta in funzioni, in altri in persone. Alla base della
gerarchia sta il concetto di status, che può essere attribuito automaticamente (es: in base all’età)
oppure guadagnato tramite la preparazione personale. Con queste persone si comunica in maniera
rispettosa quindi utilizzando registri formali.

-I CODICI NON VERBALI: le neuroscienze ci dicono che siamo prima visti che ascoltati. Il
linguaggio del corpo però può creare qualche incomprensione se si parla con uno straniero, ad
esempio la testa che annuisce per noi è un sì, ma per nel Medio Oriente corrisponde ad un no, gli
occhi semichiusi significano attenzione in Giappone ma noi gli interpretiamo come un segno di
noia. Mani e braccia vengono agitati anche troppo dagli italiani, per questo un inglese ci vede come
ridicoli e a volte perfino aggressivi, mentre per quanto riguarda gli odori e i suoni, soffiarsi il naso
in Oriente è scandaloso e in altre culture un rutto sonoro è segno di apprezzamento del cibo.
L’insegnante di lingua straniera deve dunque rendere consapevoli di questi comportamenti i suoi
strumenti attraverso l’osservazione. In aggiunta dovrebbe offrire strumenti concettuali e far notare
che la società muta in continuazione.
•L’ORGANIZZAZIONE DEL MATERIALE DIDATTICO (CAP.7)

-L’UNITÁ DI ACQUISIZIONE: si definisce sulla base del modello gestaltico, il quale ipotizza che
ci sia una percezione globale dell’evento comunicativo o del testo. Essa coinvolge principalmente
l’emisfero destro del cervello e si basa su strategie come lo sfruttamento della ridondanza, del
supplemento di informazioni contestuali e co-testuali, la formazione di ipotesi socio-pragmatiche, la
formazioni di ipotesi linguistiche, l’elaborazione di metafore, la verifica globale di singoli elementi
e la ricerca di analogia. Ogni testo va esplorato attraverso le tre fasi della percezione gestaltica:
prima in maniera globale, poi analitica e infine realizzando autonomamente
una sintesi e una riflessione che permettano all’apprendimento di evolvere in acquisizione. L’unità
di acquisizione può durare da pochi minuti ad un’ora.

-L’UNITÀ DIDATTICA: è una tranche linguistico-comunicativa più complessa, in cui troviamo un


insieme di eventi, atti, espressioni, ecc. legate ad un contesto situazionale. Può durare dalle 6 alle 10
ore e tratta di temi situazionali/culturali. A seconda del tipo di lingua, possiamo avere questi esempi:
un’unità di lingua generale (ad esempio se riguarda i trasporti, le unità di apprendimento
riguarderanno la prenotazione dei biglietti, il viaggio, la richiesta di informazioni e così via),
un’unità didattica di letteratura, un’unità di microlingua (ad esempio una riguardante la transizione
commerciale, in cui troveremo termini specifici).                    Lo schema dell’unità didattica
coinvolge:
- La motivazione, in cui troviamo una fase di elicitazione, dove emergono le cose che già si sanno o
si immaginano dell’unità, una fase in cui si presentano video, canzoni, pubblicità ecc., e infine un
eventuale racconto di aneddoti personali dell’insegnante;
- La sequenza-rete di un’unità di acquisizione, infatti i materiali didattici offrono una sequenza, ma
il docente può decidere se posticipare un argomento o integrarlo;
- La verifica e valutazione, la prima riferita al raggiungimento degli obiettivi tramite un test, mentre
la seconda è il giudizio dato dal docente;
- Le attività supplementari, presentate dall’insegnate tramite materiali non didattici.

-IL MODULO
Si tratta di una sezione, una porzione, un sottoinsieme del corpus dei contenuti di un curriculo.
Deve essere autosufficiente e concluso in sé stesso, infatti lo studente deve riuscire ad operare
autonomamente nel contesto, ma deve anche essere valutabile nel suo complesso, in modo tale che
ci sia la possibilità di inserirlo nel CV.
 
•LO SVILUPPO DELLE ATTIVITÀ (CAP.8)
LE ABILITÀ RICETTIVE: ASCOLTO E LETTURA
La comprensione è il processo che sottostà alle attività di ascolto e lettura. Questa di basa sulla
conoscenza del mondo, la così detta “enciclopedia”, la quale è ordinata nella nostra mente in
sequenze di schemi, i quali consentono di riordinare le nostre esperienze. Infatti, un testo viene
capito rapidamente se è in qualche modo prevedibile all’interno di un paradigma limitato di
possibilità. In tal modo il cervello non deve esplorare tutta la conoscenza in suo possesso, ma solo
una parte specifica.    Questa teoria si basa su processi logici, i quali contribuiscono a costruire la
comprensione. Il principale tra questi meccanismi è quello proposizionale, in cui la frase deve per
forza includere un predicato e degli argomenti, infatti il predicato, non potendo reggersi da solo, fa
sì che la nostra mente vada alla ricerca degli argomenti possibili. Altri processi logici posso avere
una base sintattica (es: articolo), di coerenza o coesione testuale (es: inoltre, anzitutto), di natura
inferenziale o di genere testuale (es: c’era una volta). Troviamo anche processi analogici, i quali
sono principalmente gestiti dall’emisfero destro del cervello. Questi tipi di processi si attivano
soprattutto in presenza di favole, metafore, ossimori, ecc. e sono volti a svelare il reale significato
degli stessi appena citati.
-TECNICHE PER LO SVILUPPO DELLA COMPRENSIONE
Sono principalmente una serie di operazioni e strategie di tipo cognitivo legate alla comprensione
che abituano lo studente a non soffermarsi su tutte le parole, in modo da esplorare globalmente il
testo. Tra questi troviamo:
1. Il Cloz: si tratta di scegliere un testo e tagliarne alcune parti, che poi andranno ricostruite. Ci sono
diverse varianti: il classico, in cui si toglie una parola ogni 7, “a crescere” in cui piano piano si
tolgono parole ogni 7,6,5, quello facilitato (con le parole sotto), quello meccanico, in cui ci sono
strumenti alternativi per l’eliminazione della parola e quello orale in cui l’audio si blocca ad un
certo punto del testo;
2. Il Jigsaw (puzzle): può avvenire tramite ricostruzione di frasi a partire dalle singole parole, a
partire dai suoi sintagmi, l’incastro di paragrafi di testi, la ricomposizione di dialoghi o di testi
oppure tramite incastro tra testo visivo e battute verbali in un fumetto.
 
-TECNICHE PER VERIFICARE L’ABILTÀ DI COMPRENSIONE
1. Lo Skimming: è un supporto grafico con le domande chi, cosa, come, perché;
2. Lo Scanning: è la ricerca di informazioni analitiche senza leggerlo analiticamente in un tempo
limite;
3. La Transcodificazione: focalizza l’attenzione sul compito da eseguire partendo da un testo orale o
scritto e trasformandolo in visivo;
4. Total Physical Response: focalizza l’attenzione sul compito facendo sì che l’insegnante dia gli
ordini che dovranno essere eseguiti dagli studenti;
5. L’ascolto selettivo;
6. La domanda aperta;
7. La scelta multipla;
8. L’accoppiamento termine definizione.

-LE ABILITÀ PRODUTTIVE: MONOLOGO E SCRITTURA


La produzione orale e scritta si realizza tramite la concettualizzazione, la progettazione e la
realizzazione. Per quanto riguarda la prima fase, le tecniche principali per raccogliere le idee sono il
brainstorming e il diagramma a ragno.

-TECNICHE PER LA PRODUZIONE ORALE (MONOLOGO)


Il monologo è una breve produzione orale sviluppata su un tema assegnato.               Tra le tecniche
troviamo:
1. L’autobiografia (reale o immaginaria): serve a parlare di sé e funzione in classe solo se è breve.
Può essere di sé stessi oppure di un compagno;
2. La narrazione: può essere di una storia o un evento, e può essere altrui oppure inventata dai
compagni;
3. Il monologo con cambiamento di genere e di registro

-TECNICHE PER SVILUPPARE LA PRODUZIONE SCRITTA


Si possono comporre descrizioni, relazioni, narrazioni, lettere, testi regolativi e definizioni
sintetiche. Per fornire un reale contributo allo sviluppo linguistico, l’allievo deve conoscere in
anticipo l’argomento e lo scopo della composizione. Tra le tecniche troviamo il giornale di classe,
di scuola e di scambio europeo e il romanzo collettivo.
 
-ATTIVITÀ PER LO SVILUPPO DELLE ABILITÀ DI DIALOGO
1. Drammatizzazione: si tratta di una forma di simulazione che non concede alcuna libertà in quanto
si tratta di recitare. È un testo predisposto dal manuale, dall’insegnante o dalla classe stessa;
2. Dialogo a catena: uno studente inizia un dialogo e un compagno risponde e poi rifà la domanda
ad un altro;
3. Dialogo aperto: si presentano le battute di un personaggio e l’allievo deve dire quelle dell’altro
personaggio, tenendo conto della coerenza globale del testo e della coesione con le battute
precedenti e seguenti;
4. Role-taking, Role-making, Roleplay: i primi due sono delle simulazioni guidate, con la differenza
che nel secondo gli allievi manifestano più creatività, mentre nel terzo si costruisce un dialogo sulla
base di una situazione;
5. Interviste impossibili;
6. Scenario e talk show: è per gruppi più avanzati, in cui gli studenti si preparano prima;
7. Dialogo su chat-line;

-LE ABILITÀ DI TRASFORMAZIONE DI TESTI


1. Dettato: non è una tecnica di comprensione, ma di trasformazione di un testo da orale a scritto.
Affinché il dettato produca acquisizione deve esserci l’autocorrezione. Il dettato comunque non è
affidabile come test in quanto non tutte le parole scritte giuste vengono comprese;
2. Appunti: si tratta di una forma molto personalizzata di riassunto, basata su un testo orale o scritto.
Ne esistono due formati, caratterizzati dalla presenza della guida o non;
3. Riassunto: dato un testo di partenza, l’allievo deve produrre un altro testo che ne riprenda i nuclei
formativi essenziali disponendoli secondo una sequenza specifica;
4. Parafrasi: consente di produrre un testo in prosa con lo stesso significato e struttura parallela a
quelli del testo di partenza, da cui si differenzia però per lessico, sintassi e morfologia. Si elimina
inoltre il discorso diretto;
5. Traduzione: dato un testo in lingua straniera, l’allievo deve produrre il testo equivalente in
italiano, con o senza l’aiuto di dizionari o altri materiali.
 
•LE REGOLE E IL LESSICO (CAP.9)
GRAMMATICA IMPLICITA E GRAMMATICA ESPLICITA
L’insegnamento della lingua e delle sue regole deve portare ad una conoscenza linguistica implicita
quindi all’acquisizione, e deve far sì che questa competenza linguistica sia in grado di generare
comprensione e produzione. La conoscenza esplicita comunque ha un ruolo di controllo ed agisce
come punto d’appoggio.

-ATTIVITÀ PER L’ESERCITAZIONE GRAMMATICALE


Come abbiamo già detto, la motivazione basata sul piacere è estremamente produttiva per quanto
riguarda lo studio di una lingua. Il gioco dunque è un ottimo metodo per esercitarsi, solo che trova
degli ostacoli, sia da parte degli insegnanti che degli studenti. Viene visto infatti come una perdita di
tempo, una distrazione e un qualcosa di infantile, anche se in realtà è un ottimo metodo per
l’acquisizione spontanea. Ad esempio i giochi di dadi, tris, gioco dell’oca, battaglia navale, ecc.
possono essere svolti in classe in modo da sviluppare e manipolare la propria abilità linguistica e
aiutano anche l’attività di dialogo. Inoltre, un’altra possibilità sono i giochi di velocità, i quali
favoriscono le persone più intuitive. Ci sono anche tecniche basate sugli insiemi, ovvero gruppi di
parole, forme, espressioni in cui si possono trovare degli intrusi e così via. Tra queste troviamo
l’inclusione in due insiemi, l’esclusione dall’insieme e la seriazione (es: ordinare dal più grande al
più piccolo).

-LA CORREZIONE GRAFEMICA E FONETICA


I problemi fonetici sono di due tipi: uno sta nella difficoltà di riconoscere alcuni suoni, di solito in
coppia, e difficoltà d’intonazione. Le tecniche utilizzabili sono principalmente queste:
1. La scoperta del proprio apparato articolatorio, scoprendo così dove si producono vocali e
consonanti e che in Italia esistono due varianti di
fonemi;
2. Coppie minime per la correzione fonetica, ovvero parole che si differenziano per un solo fonema;
3. L’intonazione, ovvero la ripetizione progressiva, la quale serve prima a far esercitare e poi a far
notare alcune particolarità.
 
-L’ACQUISIZIONE DEL LESSICO
Si tratta di percepire una parola o un item lessicale e di accomodarli nella nostra memoria
semantica, per poterli recuperare in poco tempo quando ce né bisogno. Oltre al problema della
memoria troviamo anche quello della grammatica della formazione lessicale, ovvero delle regole
che vanno acquisite con le stesse logiche. Inoltre, per quanto lessico si possieda, è bene imparare
delle perifrasi.   Le tecniche riguardanti l’acquisizione del lessico sono:
1. Accoppiare la memoria verbale con altre (visiva, cinestetica, musicale, ecc.);
2. Creare della reti semantiche.
 
•IL CLIL (CAP.10)
In Italia il Clil nelle scuole superiori esclude la presenza dell’insegnante di lingua straniera, ma
quest’ultimo è presente in altri livelli scolastici, in quanto può usufruire lui stesso di questa
metodologia. Nella scuola primaria il Clil può essere utilizzato per lavorare sui colori, la geografia,
il corpo, ecc., di conseguenza l’insegnante di lingua straniera diventa in qualche modo insegnante di
altre discipline. Comunque è tra gli 11 e i 18 anni che assume un ruolo fondamentale in quanto è
legato alla crescente padronanza linguistica degli studenti.         Il suo scopo è quello di
incrementare i tempi dell’acquisizione linguistica e migliorare la qualità della lingua, infatti il Clil
fa sì che si abbia un incremento all’esposizione alla lingua straniera e una maggiore autenticità della
lingua e delle attività.              

-METODOLOGIA PER L’ USO VEICOLARE DELLA LINGUA


Per la realizzazione del Clil, bisogna prendere in considerazione che l’attività deve portare
all’acquisizione dei contenuti e al miglioramento dell’acquisizione linguistica. L’unico ostacolo per
il raggiungimento degli obbiettivi è la limitata competenza linguistica degli studenti e per questo
l’attività deve essere accuratamente preparata. Inoltre bisogna:
- Far avere agli studenti la scaletta della lezione e leggerlo insieme in modo da affiancare il suono
allo scritto;
- Fornire l’input in maniera ridondante con il supporto con elementi non linguistici ed illustrarli con
esempi concreti;
- Far lavorare in coppia o in gruppo;
- A conclusione di ogni sezione chiedere agli studenti di fare una sintesi;
- Intervenire sugli errori solo quando compromettono la comprensione;
- Nelle ore di lingua chiedere agli studenti di riferire ciò che è stato fatto.

•LA VALUTAZIONE E IL RECUPERO (CAP.11)


-LA VERIFICA: è una raccolta di dati per misurare il raggiungimento di alcuni obiettivi o livelli.
Tramite la verifica l’insegnante può venire a conoscenza dei prodotti linguistici e delle esecuzioni
comunicative dello studente ma non riesce ad individuare la sua vera competenza comunicativa.
Inoltre, non si può sapere se ciò che l’allievo produce è frutto di acquisizione definitiva o di
apprendimento razionale. I punti fondamentali della verifica sono: l’oggetto, con il quale si
verificano l’acquisizione delle regole verbali e non e la padronanza delle abilità e degli atti
comunicativi; gli strumenti, infatti le tecniche proposte in verifica devono essere le stesse usate in
classe; i parametri, secondo i quali si verificano le abilità; e infine, la modalità, che sono i feedback,
in cui l’insegnante prende degli appunti durante le lezioni, e il testing normale, in cui gli studenti
sanno di essere sottoposti a verifica e quindi entra il filtro affettivo.

-LA VALUTAZIONE: ottenuti i dati bisogna valutarli tramite parametri noti agli studenti. La
valutazione può essere condotta o dall’insegnante oppure dagli studenti stessi. La definizione del
punteggio è importante perché l’allievo riesce a sapere quanto ha ottenuto rispetto al punteggio
massimo, la sua posizione all’interno della classe e se è migliorato o peggiorato rispetto alle
verifiche precedenti.

-IL RECUPERO: in fase di analisi dei risultati, distinguiamo le carenze relative all’unità didattica
appena conclusa da quelle globali. Nel primo caso si procede con un rinforzo e nel secondo con un
recupero. Quest’ultimo può avvenire in due modalità: una continua e una intensiva. Il recupero
continuo si realizza attraverso attività estemporanee, in cui si svolgono attività extra-ordinarie
dedite al piacere, e attraverso delle attività domestiche parallele, dove lo studente in difficoltà
approfondisce quello che si fa in classe. In questo caso lo studente deve lavorare più degli altri e
rischia di far emergere il filtro affettivo. È bene dunque che gli scopi del lavoro vengano spiegati
chiaramente. Il recupero intensivo, invece, è per studenti con lacune specifiche mira appunto alla
riflessione e all’esercizio in modo da colmarle.

-L’ECCELLENZA: per gli studenti più eccellenti è giusto sviluppare un percorso adatto a loro.
Infatti mentre il docente si occupa degli studenti più deboli i migliori posso lavorare a parte in modo
da predisporre del materiale di approfondimento oppure svolgere dei compiti adatti al loro livello
che in classe non hanno la possibilità di svolgere.
 
-LA CERTIFICAZIONE: non fa riferimento a ciò che viene svolto in classe, ma rimanda ad un
curricolo implicito valutato sulla base dei seguenti indicatori:
- A1: comprende e usa espressioni di tipo quotidiano e frasi basilari. Interagisce in modo semplice
se l’interlocutore parli lentamene e in modo chiaro;
- A2: comprende frasi ed espressioni relative ad ambiti di rilevanza immediata. Comunica in attività
semplici e di routine che richiedono uno scambio semplice di informazioni;
- B1: comprende i punti chiave di argomenti familiari. Riesce a gestire situazioni che si possono
verificare mentre viaggia nel Paese in cui si parla quella lingua. Sa produrre un testo semplice e sa
descrivere esperienze personali ed eventi. Spiega brevemente le sue opinioni;
- B2: comprende le idee principali di testi complessi su argomenti concreti ed astratti. Interagisce
con scioltezza e spontaneità senza far sì che avvengano sforzi da parte dell’interlocutore. Sa
produrre un testo chiaro e dettagliato su vari argomenti e sa dare le opinioni a riguardo;
- C1: comprende testi complessi e lunghi e ne riconosce il significato implicito. Si esprime con
scioltezza e naturalezza usando la lingua per scopi sociali, professionali e accademici. Riesce a
produrre testi chiari e dettagliati su argomenti complessi;
- C2: comprende con facilità praticamente tutto ciò che legge e sente. Si esprime spontaneamente,
in modo scorrevole e preciso, individuando le sfumature di significato in situazioni complesse.

•LA LINGUA SECONDA (CAP.12)


-LA DIMENSIONE ANTROPOLOGICA: svolge una riflessione
sull’inserimento/integrazione/assimilazione degli immigrati e si basa sui concetti di cultura e civiltà.
La cultura è il modo di vivere, di organizzarsi, vestirsi, nutrirsi, ecc. ed alcuni di questi modelli
culturali sono particolarmente significativi per un popolo, diventando modelli di civiltà. Importanti
sono anche i concetti di società multiculturale e interculturale. Il primo si basa sulla tolleranza e il
rispetto, e si tratta di società organizzate a macchia di leopardo e prima o poi producono incidenti
razziali. La società interculturale è fondata invece sull’interesse e sull’appropriazione di alcuni
modelli culturali altrui ritenuti più validi dei propri. In questo tipo di società tutti si mettono in
discussione, sono disponibili alla “contaminazione” e l’arricchimento è di tipo filosofico.
Multiculturalità è un dato etno-sociale, mentre l’interculturalità è una scelta politica e culturale.

-LA DIMENSIONE PEDAGOGICA: anche il mondo pedagogico si è interrogato sulla forte


presenza degli immigrati nella scuola e sull’importanza del coinvolgimento sia delle famiglie
immigrate, sia della classe. In ambito pedagogico si stanno studiando dei curricoli interculturali che
costringono la scuola italiana a porsi interrogativi troppo a lungo rimandati.
-LA DIMENSIONE GLOTTODIDATTICA: la glottodidattica ha preso in considerazione la
differenza tra la padronanza strumentale dell’italiano di base e la padronanza dell’italiano dello
studio, ovvero la padronanza dell’italiano in varie discipline. Inoltre ha lavorato anche sul tema
della comunicazione interculturale, sul contributo che viene dalla lingua acquisizionale e sulla
branca della linguistica teorica che si interessa di interlingua.

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