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TOMMASO ESPOSiTO

IL CARNEVATE ACERRANO
NELLA

TRADIZIONE POPOTARE
PREMESSA

La presente raccolta di canri carnascialeschi,rcaÌizzatanei mesi


di luglio ed agosto 1978, intende semplicementeavviate un'opera
di sistemazioneorganica delle tradizioni popolari acertane per con-
servarle e trasmetterle nel tempo.
Le iestimonianz€orali raccolte rappresentanol'attuale versione
di un prctotipo poetico modi{icato, secondole esigenzee le capacità
dell'interprete, nel corso dei tempi. Non si è ritenuta utile, però,
Ìa presentazionedi pt:ù leziani con un raffronto critico in quanto
abbiamo potuto notare, tra le diverse interpretazioni raccolte, sol-
tanto deile lievissime diffetenze formali e non sostanziali.
Nel mrso della ricerca sono emerse, inoltre, delle analogie,
riferite puntualmente, tta il Calnevale aceúano ed ,lcuni rituali
mitici in uso ptesso i popoli antichi. Ma Ia tesi secondo cui, e
sono tanti a sostenerlo,ci sia una filiazione direrta tra i culti mitici
e le cerimonie carnascialeschecampane ci è parsa troppo difficile
da sostenetee giustificare per essereda noi, in questa sede, dimo-
strata. Rimandiamo perciò il lettore intercssato a tali questioni ai
pregevoli testi indicati nelle note.
Un'altra considerazione,in{ine, ci sia permessa.
La presente raccolta, seppure limitata ad Acerra, ci pare testi-
moni in modo efficace come sovente le masse popolad riescano
ad elaborare una cultura autonoma svincolata dalle coercizioni delle
< intelligenze> dominanti, riscattando in pate il loro molo prota-
gonistico neÌla società.

L'aatote
In tu*e le manifestazioni festiveaventila loro ritualità,la loro
funzione socializzatrice,come il Carnevale,è sempre utile ricercate
i due aspetti carattedzzariti che ne sono alla base: quello indivi-
duale e quello collettivo.Nel cúmportamento del singolosoggetto
giocanodiversi fattori emotivi,ma quasisempreviene ad esprimersí
rn disagiopsicologico raloralarenreed inconscio.
Negli atteggiamenricollettivi, invece, si manilestanoroprattutto
i disagi economiciavvertili dall'interc gruppo sociale.

L'atpetto ixdioiduale

La gestualitàindividualeè suggeritada sensazionie da desi


deri repressi dell'uomo, i quali nella festività, nell'ebrezza collet-
tiva e nella conseguente liceita ituale, hannola possibilitàdi mad-
testaasr,
Un esempiocaratteristicoè dato dal ricorso,solito n€l periodo
càrnascialesco, a t&vestimentifemminli da parte dei maschi.
Lbmosessualità, che nel rapporto sociale ordinario è conside-
mta un'abiezione, duranteil Carnevalesen,braassumèuna valenza
positiva itr quanto è controllatadal tempo rituale. E vestirsi da
prete, da medico,da signore,se da una parte può &pprcsentare
in modo palese tutto il dispr.ezzo,l'odio, la rabbia verso queste
dassi agiate,dall'altra rappresenta, in tale chiaveermeneulica,prc-
prio l'aspitazionea questa agiatezza.A rafforzareinoltre quanto
asseritrc, .; deve norareche tpessoi rravesrimenLi sono cararteriz-
zati d^ .,tr-ta
totale compenetmzioneda parte delf individuo nel nuovo
ruolo permessogii dalla festività.Ci toviamo di fronte a veri e pro-
pti casidi possessione: il maschiodiventa{emmina,il poverodiventa
ricco, il cafone diventa medico. Viene a realizzarsi così il muta-
meoto sociale,I'inversionedei rapporti e dei privilegi di classe.

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< Sohaxto quandosono intasate, le Baccaktiattiîlgoflo dai Ji rrli
Lattee fiiele, e xan qùaxào sona toîfiate i/l rè > dire Flatonet
nel d€scriverel'estasi,la possessione delle sacerdotesse
di Dioniso,
sul cui culto, vivo pressogli antichi Greci, riromeremoin seguito.
11 ttavestimentoe la possessione realizzano,dunque, in urr'
€stasionirica quello che la r€altà e la vita ofdinada non possono
dare. Il Carnevaleriesce a dare perciò il possessodella cultura,
le possibilità materiali, lo stessolinguaggio del1aborghesiaalle classi
$baÌterne. Il sogto di una vita è quindi reallzzato ir.i poche ore di
bagordi.

L'aspetto.olLethuo

11 momento collettivo della cerimonia sembra essereil frutto


di una dinamicadialettica(Tesi Anritesi, Sintesi),che scandisce il
ritrno della partecipazionedel singoloindividuo al gmppo sociale.
La tesi appareessere1aptesa dr coscienza di un disagio,che
per esprirìersi ha bisogno di un periodo di tempo rituale e prowi,
sorio (il Carnevale).
L'antitesi è espressadalla caricaptovocatoriae rivoluzionada
capacedi ribaltare il disagio awertito nella tesi.
La sintesí si reaJizzacon il rito, cioè con quel complessodi
atteggiamenti vissuti collegialmente, che, per alcuni motivi rituali,
suggerisconoun raffronto con le cerimonie di propíziazione e di
espulsione del male in uso pressoi popoli antichi.
E'evidente che 1a{unzionedella tesi è quella di coagularele
irrze umane individuali e di rasformarle in un potenziale di lotta
comune e collettiva. Praticamente la tesi avrebbe funzione simile
a quella del consiglio di famiglia, dell'assembleasociale,che affronta
discutendo,seppurea livello inconscio,i problemì dell'emarginaziooe
di classe.È owio altresìche la tesi diventa ptemessadella stessa
antitesi nel momento in cui dalla constarazionedel disagio si passa
al desiderio di annullarlo. ll Carnevale assume allora una catica
ribellistica ed eversiva, 14 quale si esprime con forza nella sintesi
dtuale successiva,
E questa carica eversiva ha dcevuto owiamente le condanne
più esplicite da parte della Chiesa e del potere civile. È il caso
di ricordare le energichepfese di posiziorr€conrto il Calneval€ dei

&
padri delÌa Chiesa: Tertulliano, Agostino, Ciptiano. La lerteratura
religiosa è ricca di invettive, di scritti contro i riti carnascialeschi,
i quali vengono defjniti come c€rimonie sataniche dove 1o spitito
dell'uono è preda de1 male. Concretamentepoi, questatteggiamento
{u convertito, in mano ai parroci € ai vescovij in meschini espedienti
per distogliere l'animo dei cristiani dalla festa.
Infatti, tuttora ad Ac€rra. come del testo in molte zone della
Campania, nel giorno di Carnevale sr celebrano nella chiesetta del
Corpus Cbritì le cosiddette Q a/a11t'ote,il dto di contemplazione
dell'Er:carestia.
Per girsr'Ficare que.r'anrica e spiegarnei motivi
profondi, Mons. Nicola Capasso,Vescovo di Acerra dal 19ll al
Questo atteggiamento fepressivo della Chiesa non sempre è
stato acc€tlatodal popolo e soventeè staro {atto betsagliodi strali
ircnici e satilici. Non a casoinfatti, è d'uso ricorrercin tempo di
CarnevaÌe al trnvestimentoda frate, da prete,da vescovo,da monaca.
La sintesi infine, cioè il rito del Carnevalecon rutte le sue
manilestazioni, mostÌa indubbiamente alcuni riferimenti e alcune
somiglianzecon gli anti.hi culú di morte e isurrezione inerenti
ai miti di Dioniso,Saturno,Iside, Osiride,Opi e Cerere.
Sarebbecosaarduaper noi stare a dimosttarcla tesi secondo
cui il Carnevale campano discenda prcprio da siffatte cerimonie-
Ci limiteremo invece ad evidenziarele possibili analogietra le due
cose,pur ienendopresmteche il contestostotico-sociale, in cui da
una parte i miti e dall'altrail carnevaleebberomodo di esprimetsi,
è diverso.D'altra parre i dti mitici degli anrichi ebberouna fun-
zione emirentementemisrico,rcligiosa, menffe il Camevalecerta-
menreha ben alrremorivazioni.
Ora per meglio compfendeie queste analogie, qui di seguito
esporrcmobievementegli antichi riti di culto a cui potrebberc ricol.
legarsii Carnevalicampani.
Nell'antico Egitto si fesieggiava.osol€rinemenre i Chenbs,
le feste dei buoi, il 23 sertembre,equinoziodi autunno.Per sette
giorni consecutivi g1i Egizi festeggiavanoun bue, scelto fra i più
grassi del paese,ricoprendolo di stoffe preziosee di ori e portandolo
in processione solenne.AIla fine il bue veniva affogalonel NiIo,
menr€ in suo onore gli Egizi si abbandonavanoad oîge e a sfienari
ludi collettivi. Le donne addiritruta potevanounirsi con chiunque
lom piacessesenzaincofiere in alcunapunizione.Tutto ciò ebbe
Ijne nel 527 a.C., quando regnavaPsammeniteultimo faraone.
Durarte i Cherabssi contendevaun prernio di poesia,che aveva
come tema il mito di Ositide, marito di Iside, dio protertoredell'
Egitto e genio del Nilo, che fu ucciso e Íatto a pezzl dal ftatello
Tifone. La sposane mccolsei trisri avanzie li conservòpiangente.
In Grecia invece, si festeggiavarÌoi Baccanaliin onore di Dio-
liso-Bacco. Anche quest€ ceimonie si svolgevano all'equinozio di
autunno e avevanouna dutata di tre giorni. Dioniso, impersonato
da un pingue ed efebico giovane, veniva adomaro di grappoli
d'uva e di edera ed in groppa ad un asirlo veniva portato in Íion4o.
L'aspetto esteriore del Baccanale,improntato com'era alla mas-
sima ebbrezzaorgiastica, rachiude invece l'alto senso di rcligiosità
dei Creci. Lorigine della vira e I'immortalitàdell'animaper i

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Greci, infatti, trovano la loro spi€gazioneproprio nel culto di
Dioniso.
Ed inlatti durante i Baccaoali,come in Egitto, si concoffeva
per l'alloro poetico trattando il mito olico di Dioniso, il quale
nata che I'ultimo ad essetegeneratodagli dei fu il figlio di Giove
e di Persefone,Dioniso, chiamatoZagteo dal nome del dio sot-
tetraneo'.Dioniso fin da bambinoebbe a{fidatodal padre il domi-
nio sul mondo.Sobillatida Era, gli si awicinaronoi Titani, malvagi
nemicidi Ciove.Circuendo Zagreocon doni.coslorone guadagna_
rono la fiducia, ma mentre il dio si mita nello specchio(un dono
dei Tira,liì vieneda questiàqsaliro. Dionisocon varie trasforma-
zioni riesce a salvarsi, ma infinc sotto 1e spoglie di un toîo è
sbîanatodai feroci nemici. PalladeAtena ne saÌvaperò il cuote,
lo porta da Giove che lo mangia.Da Giove quindi nasceràil nuovo
Dioniso, figlio di Giove e di Semele,in cui rivive Zagreo.Le in-
terprctazioÍi di questo mito sol1omolteplicj, ma nella loro diversità
totte concordanonel far divenite la morte e risurrezioneÀi Zagreo
simbolo della vittoria del bene sul male e del trionfo dell'eternità
sullastessamorte.Per meglioapprofondiregli aspettídel mito riman
diamoal testodi Erwin Rohde,Psrirúe'.
Nella stessaRoma si festeggiava DionisoBaccodurante i Bac-
canali,ai quali prendevano parte anch€le sacerdotesse, le Baccanti,
pervaseda mistico furore. I baccanalisi ceÌebravanoogrni tre anni,
ma per gli eccessi smodati a cui portavano furono ptoibiti dal
Senatoromaoonel 186 a.C.'.
In onore della dea Cerere,protettricedella teÍa, si t€rìevano
gtandi feste. ll popolo si abbandonava durante le cerimoniealla
ricercadei piir fini piaceri.La ciLLàdirentavaun vero e proprio
prostibolo dove tuito era lecito.
Il dio Saturno, padre di tutti gli dei e maríto di Opi, riceveva
gli onori piìr ^ltt. I Sattunalia cadevanoil 17 dicembre ed erano
ca$tterlzzati da un aspetto unico e singolare: durante il tempo delle
cerimonie infatti t1 rcalizza'vaun'inve$ione dei raDDorti sociali. I

3 Pe! i neoplaîoniciquestoorìginarióDioniso orfico fu *mpljcementeDic


niusos. NoÀNo, svolsendo il nixo orfico lo ddinisce Zagreo. Cfr. NoNNo, Dio,.,
6, l6J: Pers€fooer(rad.) Za$@ è chiamato.È chid l'.ltusione a C^LLrM^co,
fr- 171: Grad-)e it giovaneDioniso è chiamaroZ.sfeo.
{ E. RoHDE,Pr;rr, Bali 1970.
5 Cft. CrcERoN!,de LEC , 2, 37. SAtLUsno, HrJt., fr. J, 79 (97), Lrvú,
Hitt., )9,9.3.

l1
padroni diventava[o schiavi e questi uhimi si atteggiavano a padroni.
Uno scambio rituale di doni so*olineava ancor più il dferihento
^Il'aetasa rea del regno di Satutno, quando si eta rurtí eguali e nel
fiondo vi era la pace assoluta.
Dutaùte ì Satamal;a inoltre veniva nominaro il re della festa,
che presiedeva eé, otganizzava i divertimenri per il popolo nelle
piazze, mentre i banchetti sontuosi e le otge aweoivano nelle ville
patîizle. La, gmte soleva indossare,infile, il sythesís ed rl pileam,
cioè un vestito scollato per cerimonia e un cappello a foîma di cono
stretto ed aderente alle rempie come 1l cappoloke pulcinellesm'.
k feste espiatoriecadevano,invece, in febbraio*. Erano di due
speciei Lupercalid, che cadetanoi!1,5, e r Feralla, che cadwano il 21.
Nei Lupercalia dopo il sacrificio dei capri in onote del dio
Fauno proîettore delle greggi, i sacerdoti, con coùegge ricavarc dalla
pelle delle vitrime, fustigavano i passanti mondadoli così delle loro
colpe.
Dúante i Feralia, la rìcorrenza deÌle ombre dei morti, i templi
venivano chiusi, le nozze non avevano luogo, tutti si adunavano
sulle tombe degli avì ed offrivano saciiici. ll 22 febbraio poi si
concludevano1e cerimonie con un banchetto solenne. al auale Dren-
devanopane rL Lj i cornponenride'la lawlia.
Per awicinarci alla nostra tegione dobbiamo dire che essa non
fu estraneaa nessunadelle influenze dei DoDoli che abbiamo citaro.
Iesrimoniznzearci"eologiche e lerrerarreci ,.rnf.rn_nnoche scamb:
attivi nel settore del commercio erano tenuti con le ooDolazioni
dorienre. in prn co{..e con l FgirLo.Per quanro -iguarda'a Crec:a
e Roma è altresì noto che molte città campane {urono ediiicate o
colonizzare dai Creci prirna e. ruccessiv/meìre. terure iî soggezione
politica da Roma.
Lo stesso agro acetfano non dovette essere alieno dai rituali
descritti. Testimonianze atcheologiche attestano che in Acerm erano
\rivi i culti delle divinità campane. ln particolaîe gli Acerrani do-

" L'uso di celebrarccerimoniedi espi.zionefu faLto propdo anchedalla


.elisionecattolica.on l'ìstitu,ione della Quaresina.Duranre jl periodo quarcsì-
male, che inizia il nercoledì delle Cenerì, sioiDo successivoa1l'uftnno di C&ne-
vale, vlgevano piaticaneDte Ìe ste$e prcibizìonl pÌevìsre dùrànte i lrpcr.al;a
e i Fetulia. lúattl erano presritti ll digiùno, Ì'asrinenza dalle cami, la proibi-
,-io.e di feste e il divieto di celebrare nozze ed tre .erimonie ieligios€ in $ande

6 Ps tutte le eriúonie sacrea Roma Cfr. Lrv\o, Historiae,39,8 e


W.
vettelo ve[erare Opi, moglie di Saturno e dea dell'abbondanza, ed
edificare templi in onore di Iside e di Serapide, analoghe divinità
esizie'.
Brcvemente tîattereho ora del ., Carnevaleborghese>, quello
otgèùizzto in città dai Sigfiori, econom:'aînenteagiati. Successiva-
mente parleremo delle manifestazioni carnascialescheptettammte
popolari e, dove satà possibile, faremo dei riferimenti analogici con
i dti mitici che t€sté abbiamodescritto ".

? Una episrafe, Eas.ritta e rìportata da1 Capoale (C,fr' Menatie Sroticc


diplonaîiche de d .íttà d.i Acerú, NàpoÌi 197r, p.8. ,5), parla esPlicitaînente
di ú aceÍano, L. VESSONIO PROSPERO, che {ìr triumviro t Capua e fc
sadifici alÌa dea Opi: oPI DIVINAE / L. \TSSONIUS LF / PROSPER/
ACERRANUS. III, / VIR / CAP.
La dea Opi fu successivamenreidotificata con Cibele, e in suo onore
si festegsiavanole Opalìa 1119 dìcembrc.11 rito, &ta la sua importanza loiva
presieduto dal Pot'tiler MNin"| Le Opdlid in sesuito fùroDo únìre .i .la-

?er quanro rtldda Iside e Serapide nel Ci.L. X p. II 3759, è dPortata


un'epigrafe in ai si parla di Cr. Ste,síus Es,atiLs clte in Acena fu sacerdote
di Iside e di Sefapide:GN. STENNIO EGNATIO GN. STENNI / EGNATI
RUFI. FIL. FAI PRIMO III VR / Ii QQ OMNIBUS / ONERIBUS ET /
HONORTBUSFUNCTO SA. P. / DIAE ISIDIS. cuar. / OPERUM PUBL. ( ..).
3 Ia analoCie dei olti dtichi con il c*nevale Campano sonÒ statè arì_
pialn€nte îrattate da: G. Fn,rzEt, The gald.er boagh (Il tuftoscello d'o/o),
London 1966: R. DE STMoNE A. B. Rossr, cbserale si cbiana vi'.enzo,
Roha 1977- Inolke un'interpretzione psicanalitta della gslualità camasia
lsca ci è data da C. G. lou.rc, Sinboli àella r/Blotlnazione, ToîiDo 1970 e
P\icÒIosi. eà Alcbixl;a, F.om 19r0j G. RoHÉIM, Masia, 'Íinisîto e ìI rc
padtoni diventavano schíavie questi ultimi si atteggiavanoa padroní.
Uno scambio rituale di doni sottolineava ancor pirì il dferimenro
^|7'aetasautea del regno di Saturno, quando si ela rurti eguali e ne1
mondo vi era la pace assoluta.
Dvrante i Sat tlîalia inolre veniva nominato il Ìe della festa,
che presiedeva ed organizzava i divertimenti per il popolo nelle
piazze, mentre i banchetri sontuosi e le olge awenivano nelLe ville
patîLzie.L^ gente soleva indossare,infine, il slnthesis eà rl pileunr,
cioè un vestìto scolÌato pei cerimonia e un cappello a foima di cono
stretto ed aderente alle tempie come 1l coppolane pulcinellesm'.
Le feste espiatoriecadevano,invece,.in febbraio". Erano di due
speciei Lupercalía,che cadevanoil 15, e i, Fetalia, che cadevanoil 21.
Ner Lupercalia dopo il sacrificio dei capri in onore del dio
Fauno ptotettore delle greggi, i sacerdori,con coÍegge ricavare dalla
pelle delle vittime, fustigavano i passanti mondadoli così delle loro
coÌpe.
Dutante i Fetalia, la ricotenza delle ombre dei morti, i templi
venivano chiusi, le nozze non av€vano luogo, tutti si adunavano
sulle tombe degli avi ed offrivano sacrifici. l1 22 febbraio poi si
concludevanole cetimonie con un banchelto solenne, al quale pren-
devano parte turti i cornponenti deIla familia.
Per awicinatci alla nostra regione dobbiamo dire che essa non
fu estraneaa nessunadelle influenze dei Doooli che abbiamo citato.
Tesrimonianze a.cheologiche e efref,r'iei' <o.t.-.r"o che scambi
attivi nel settore del commercio erano tenuti con le Dobolazioni
dorienLe.ir parri,olarecor Lgi-ro. Pe- qL,orrorgu,rda la Creci.'
e Roma è altresì noio che moÌte città campane furonr: edificate o
.olonizzaredai Greci prima e. success;vaîìer-e. rerute in cogge?ione
politica da Ro1na.
Lo stesso agro acerftino non dovette essere alieno dai rituali
desctitti. Testimonianzearcheologicheattestano che ir Acerra erano
vivi i culti delle divinità campane. In particolare gli Acerrani do-

* L'uso di celebr.re criìnonie dl esfirzione fu îatto propÌio anche dalla


.elisionecattolicacon l'isLitlzionedella Qùùesìma.Durante i1 periodo quaresi-
oale, .he inizia il ,rercoledìddle Cenci, siorno successivo all'ùllimo di Caine-
vale, visevanopnticamente 1e stesseprcjblzioni previste dxrante i l,pcl.alid
e i Fetalia. lntatti erano prercritti il disiuno, I'aslineua dalle carni, la proibi-
zione di feste e il divieto di cdebraie nozzè ed a,ltft cerihonje relisios in $ande

6 Per tltte le cdimonie eoe a Roúa Cff. Ll|Jro, Hstoriae,393 e se|.

t2
IL CARNEVALE BORGHESE

Finora non siamovenuti in possesso di documentiche parlino


del Carnevaledi Acerra nei secolipassatì.Le unichenotizie certe
invece riglardano Ia partecipazionedella nobiltà acerranaal Came-
vale di Napoli.
I1 primo scrittore-biografo
di questoCarnevalefu il nobiluomo
Giovan Battista del Tufo, che ne pada nella sua opera in ve$i,
ktîaîto o nodella delle grarulezze,delle delízie, e neruuiglie de a
rcbilissina cìttà di Napol, DaI poema si evince che nella metà del
XVI secolo ii Carnevalenapoletanoconsistevanello svolgimento
d1 giostîe,tohei ed altri giochi cavallereschi:

< Che ditestepoi del CarneuaLe,


quafid.ooan quei tignori, quei caualietì,
toPra tanti destrieri,
cbe pat cbe al cano i p;e.li abbian alati,
tatti sì riccalnenleatumdschetuti2>'

L'anima della festa era l'aristoffazia napoletana.Vi partecí-


pavano le più {ini bellezze della Napoli nobiLissima: donna Mar-
gherita d'Avalos d'Aragona,1a duchessaCarafa, donna Giovanna
Pignatelli, donna Isabella Gesualdo, ad ognuna delle quali il del
Tufo dedica un madrigale.
Fra le tante bellezze napoletaneI'autore cita la piìL elegante,
donna Lucrezia de Cardenas.C,osteifu figlia di Alfonso III de Car-

, G. B^rrrsr,{ DE Turo, Rnraxa a nadeUo delle gfa"dczze,delle delizic


e n e r a t t s L t ee. d A G A R . \ , p o l : I q 5 q . p r 8 . l 6 - .

t4
denas, XXXVII conre dr AceÍa dal 1Jl8 sl 1564 e della di lui
secondamoglie, doma Camilla Camfa della Spina. Donna Lucrezia
è indicata dal del Tufo come principessa di Squi-llacepoichè ella
'".
andò ia nozze a don P.ietro Borgia d'Aragona principe di Squillace
Negli anni successivia Napoli la tadizione del Carnevale fu
continuata. Ce ne paîlano I Fuidoro ", Domenico Confotto " ed
altd. Da tutti abbiamo notizie dei giochi cavallereschidella nobiltà;
menúe iI popolo si cimentava, alla ptesenzadi principi e cavalieri,
in farse improwisate e in buffonate.
Per quanto dguarda Acerra abbiaùo soltanto delle notizie
frammentade molto r€centi circa .d Camevale dei Signori. L'aw.
Giuseppe Viola, in{atti, Ie dporta qua e là nel suo pasticciato
diario, ormai rarissimo, dato alle stampe con il titolo Rico/d.i niei.
Da quanto egli sùive possiamo capire che il moúento di maggior
festa ad Acerra cadeva il martedì ultimo giorno di Carnevale: i
signori uscivaft) sui calessi addobbati a festa e giravaoo per le vie
della città ad ostentarela lom opulenta allegria. I signori piìr <rdemo-
cratici > facevanoallestire dai < mastrí > i cafÌi allegorici, dai quali
la buona gioventìr lanciava confetti, bon'bons e caramellealle ( ver-
gini > affacciate alle finestre. Lanci di fiori, codandoli e caramelle
davano il tocco finale di allegria al passaggiodei carri.
ll Viola annotaper la prima voha un Carneval€nel 1882",
quando i carri €ompetev4noin befezza con quelJi di Napoli. I titoli
delle allegorieerano: I Matimoaio di Cuosemee Vavme, gli Assab-
bei, Ia Lace delle Artí.
N€l 1883si ebbeun nuovoc^îîo, Ia Sirena,al qualesi aggiun-
sero 4lúi di poca importarza.
Il cxro di Caosemee Vas?meàovevarappresentare una storia
úolto cara agli Acerrani,in quarLo la riîroviamo spesso ripresa nei
Carnevali successivi.Essa narta dell'amore di due eiovani. Czo-
rcrrree Vatene, e de-llorc matrimo;io. fupo iamo lui h poesl,

r0 Cfr. G. CaFoÌ-{r-!, op. .rt., pag. 444 e sg€


' lúGwo I uidorc. ovvqo vincezo d Oiofrio. Naro nel 1618 d. fami-
slia Focidana, divenne dottore in Gilrisprudenza. Pas.ò ala stoda della lette'
rarùfa per i suoi siomali, cronache, e aneddoli sulla cit!à di Napoli.
. r, Per av€re soddisface i norizie su Conforro, dr. F. FroRrNrrNo, QKrta
e N.pol' Napoli Iq6?.
)t G. VroL^, RjcolAi niei, Napoli 190t, pas. 111.

l)
1-

I
ilustrativa coúposta per il carto allegorico del 1887, cosl come fu
stampatasu un volantinodell'epoca ".

Cuosemee Vaseme

Nè, Cusemè,tu simteme,


te lu diche cu lu core,
tu si nu bellu giovene,
tu si nu ver'ammore.
Pe' st'occhiuzzulle,Vaseme,
pe' sta voccheaggraziata,
i' úe ne saglio glotia
cclìrù îru pozzaart€cettà.
Quanta dulure e palpete
quadra sùsprree Pelle,
ogge lu cielo abbrevia
e cuntmte ce fa stà.
Chiste è sante matremmonie
da tútte benedtto:
pe' chesto a nui recevite
tutte ste cosescflÎte.
Tu vire o late Vaseme
tutta cuntente e belle,
na paiuldla t€nnera
tu, comme saie, rincelle.
E tu, ch'e tutte 'e femmene
chiù belle sì e cchiùrbbona
falle nu rise tieffrere
che tutte ammoresona,
Puzzateavè n'eserceto
de figli pare vuoste,
pozzatecatnPà'e rennete
seftpe felice e tuoste.

1{ I1 votantino è srato r€.upúato a.1Muso Provinciale Campoo di Cepua,


ndl'annw Archivio topografio s.v. ACERRA: G. C^Por.^LÉ, Raccolta ftdft'
nekti stoîìci, P4bblicoziotli p/itdte.


t Cood verwe a vivere
seúpe felice 'ncote

I voglio coltieote e tiennere


frische cohfn'af 'amrnore,

A proposirodel Carnevaledel 1898 il Viola fa uno stranoap-

I punto's, con cti narra, ia modo poco esplicito e chiaro, del tenta-
tivo, da parte di un movimento ( €ve$ivo ), di alprofittare della
festa per far scoppiaredisordini ín città. Leggiaúo cosa sciive:
<Nel Carneoaledel 1898,a e ore ana o d,aeantint.,tei lioftti
di giooedìo domeri.a ll3 Jebbruio),tla ,n grLppo ittpofla;te di
Peftone .tppartenentea shtena di oita vegolata, corl carlti ìJel gergq
tpadroaaoanoper le strade, e dalle cased,ellaplebe si aîcohdoa cort
silelzziosae religíosa attetuùone.Il cafito armontco, a pareÍ tto eÍa
soooershto,ed espdmexail da larsì e I'obbed,ienzad,ellemasse.
'
Nello $esso Carneoaletiene in maschetaan grappo di olte 23
personedi Maddaloxi, netà ìlí essoix wnero ili 12 restito da dofl,
xe, e netà da ionini, t/4 loro en axche Bifalco. Sebbexeneschere
plebee, e4flo palite, nolto riccbe ed,itnitaoafio i.l t)esîito dei Sia,tori.
ll gtuppo auet'acoú sé *z seruitorein liorca coî1trbo e citiîtdrc,
etl una Jaxlara. Per batdiera paflara tfl'arta molto elegantecor 24
fitt c.e di seta a oaùi colori.
Ogxaxo del Ztuppo fle pîetileoa arrà; é cox qaesto b, nano si
ballaoa ana daxza, atta a ta e aooolgere intorxo all,asta; si sool-
geoano formanào poi aft i tleccio di colorì armonico e bello per
aauolgefti di naooo ed aaente alt itltrecci. dillerenti dal prino.
Il popolilto dd Acera applaadíoa,e si L'oc$eraoa,che il gappo
li coîltpoxeuadi peftofte tacili a netar le narrí e ìLel ceto neeo-
zianti, scdpoli di Maddatoni. Per analaeia d'idea qtell'asta mi s;m-
buoa, e mi laceoa tenire a mente cíò che aI 1860 eta conpiarato
larc fu Acerta.e che rimaseu abotto.Si era lístatauta kglia peî
tîtiti i ptoprietaîi e rcBoi4ltti in prcporzia e degli aoei lwo.
Questa doueaaessercdù.)ita tra i riaoltoti socialisti rcpabblicani.
segno del mooinento eta espofie d. laryo d.et Castello un arcolaio
llargatella o ,ittnaro) sa ìJi un astd.
Mi si ruccottò ciò dai signori xon sotpetti di coxgitrd d.aZio
Rtftaele Baroxe, che la tassatoper ilocati 500 circa, pai a lìre 2IL2

É G.\IroL^,op.cír.,
W.433 e.gE.
pet
è cent. 50, àal sìgnor Ft,ncesco Castaldì fiolto icco,. che lò lu
"'"V)íìi
rra ctti il lalegnaneagnomiúaloi! Be"e'e tano'
"rritti,
L,endettero De iúo i ferri det nestiete loto Capo del t"o'iîtefllo sl
è
d"rinooro i, àottoreix ll\editina l \ Durufie il Catneudexon si
ii,""ti aà Dooàiro, cone o2ni anto a tquatciàgola Ia morte del
Cnnetàe; i ni Pareaa, ohîe a ,lecessiù |inl"ziarie preoccr'pdto'
Lattrib iDo atla lotta pet deputatoCdabàa' P'À itr tale lotta no,ît
pntrauaroqu?ítbe huoraua o allagioftlala e cbeeranopropflo qtre l
del catttoDerla motte del catxeuale"
Nel i902 i carri uscironoil 9 e I'tt febbraio ll Viola amota
clle il Camevalequell'annoriuscìquietoe ProcuÎòa ruLtiun notevole
.liverrimenlo.Vi lurono re carri: la Ciatdinieru'la Mezzalunae di
nuovoCuosemee Vasefle'"
*-'nJi;O,
I'otganizzoziotedel Carnevale{u affidata a don Paolo
MontesarcLio, I rn-edicocondotto di Acerra e l'uofno più in vista
nel setmre politico progressistaacerano
Ou.Jl'inno fuàno ancbele esequiedi Pulcinella:il carÈo
"; por-
funebà, precedotoila una confraternita e seguito da i piagnooi'
ra;a un morme qùtello su cui era sclitto: < Aooinno aorto ca Per
-- -
Nel 1904 un incidenleimpedì lo svoìgersia Napoli del Came-
vale. AceÉaquell'annoinviavai suoi cffii nel caPoluogpJ ma quesu
dovettero rcrùre indietlo seozaessere sfilati "'
noú
i',rso-dei iani dovetè finire intorno al 1920, e da allora
stato più iipîeso.
è -:
' :itt'.o".tìtioo dobbizunochiarire che la definizione borghese
a"o tipo di Camevalesi rferisce al {atro che essovmiva
"ìu..-
id."ro .d o.nunt"ro dalla classeeconomicapiùl agiatadi Acerra'
È oui vero ih" il popolo vi partecìpava'ma la sua presenzaassu-
meva una funzioni putarnente margi'nale Di alrro gmerc' ve-
dreiro infatti, sono i rituali carnascìaleschi popolari

ú G.'Jtut^, oP.cit.,Pae512
ú G.Vrot-^,ap.ciî.,paa5)1.
\t G. VroL^, oP.cit., Pae.554-55t

1E
IL CARNEVALE POPOLARE

ll CamevaÌepopolare ha solitamente tniiztoí 17 geînaio, festa


di Saxt'Axtaono (S. Antonio abate). In questo gioúo ad Acerra due
ítuali venivaflo, e in alcuni rioni tuttora vengono celebrati: I'accen-
sione dei fuochi e la benedizionedegli animali.
Nel giomo di Sarl'.4ztuono dotante tttta la mattinata i baúbini
fanno un giro di questua nel rione in cui vivono per raccoglieÉ la
sommadi danaronecessariaall'acquisrodi stoppie e sarcineindispen-
sabiJipet il fuoco. Nella prima setatapoi, al centro dei cortili o sulle
sÍade si sistemanoi fasci di legna in modo tale che le fiamme possa-
no levarsi altissime nel cielo. Al centro del falò, su di una lunga
canna,si pone u['imm^gine d] Satt'Aîztaoîto, il quale secondo1acre-
denzapopolaredovrebbeincendiarsi miracolosamenLe proprio quando
jI fuoco si sta smorzandoe solo dopo avet resistito al calore delle
fiamme più alte. Spentosicompletamenreil falò, gli abitanti del cor-
tile accorono con bracie per raccoglierela brace ardmte e portar-
sela in casa,
Nella icooografia crtstlanaSakt'Atthtono prcsenta caiatteristiche
costantir come il fuoco, il maiale, il gallo, le galline, le qudi dvelano
F un rappotto con elementi pres€nti nei rili cultuali in uso pressogli
antichi.
ll fuoco, ad esempio,mosua delle analogieevideiti con gli anti-
chi riti di putificazione. Nei poemi omerici hfatti, è ampiamentede,
scritta la cremazionedei defirnti prima della sepoltura". Quest'usan-

)'OMER1, lliade, yl, 416.419: < A.hille ùeise anche Etione, ma non
lo spogliò p€r rispelto e 10 bnciò sulta pira con le armi dedale e sul posto

t9
t,
La, seconóoJacopoGrirnm sinboleggia un'offerta del morto al dio.
Il Rohde", da parte sua, ritiene che il veto scopo dell'^zione appate
chiaro sÉsi tíene prcsenteche i Greci vedevanonella distrzione delle
spoglie mortali ad opera del {uoco i1 completo distacco dell'anima
dalla terra dei vivi ".
Il significato cata$ico del fuoco, invece, sembraesserepirì evi-
dente nella religione indiana, la quale riteneva indispensabilela cte-
mazlonedei fiorti per Ia libetaiane e la puttlkaàone del coryo dai
suoi d,fetti e dalle sue colpe'.
Successivamente l'idea di ua [ona puificatríce del fuoco fu
assimilataanchedai Greci. Su di essai.ofatti, sono fondati i miti di
Demetra e Dmrofoonte, di Teti e Achille e il fatto che la dea poneva
nel tuoco il fanciulo moftale per renderlo immotale ". La stessa
idea portò all'uso dí accendeteil fuoco sulle strade in cete feste,
forse quelle di Ecate", (cosache ríchiamapropno ilfwco di Sant'An.
tttollo\. e di sùtate attmvetso le {iamme con i bambini ".
La drstruzione del corpo concepita quindi come puîificazione

^
I. G Nr]M,Klei e Sùùlre', II, Berlin 7871, p^88.216'220
,1 E. F.]HDÈ,op. cit., pac. 31.
2 Clr. O$EBa, Odtt:ca.II ) 18-)12
a úL h'1o ài Rìs'eda 10, 16, sta in H. Z]MME& A'ltindischesLebet,
Be{ín 1879,pas.402 € sess.
a Possìano onoscere il úito di DeDetra dall'iDoo oneti.o a Denen n
quale (è l'ùio profondamerte rcligioso: I'autore, un iniziato ai nisteri eleu-
3iùi. e for* Frivo del'Attica, sènre it fascino della legeenda da oi essi ebhero
orisine. Il raaonlo @nincia con il tatro di ?erkfone, di si la nadre Dmets
s'addotora inÉinìtanente: muove dúque i! cerca delÌa figlia e approde dispe-
rata dal Sole che il rapioento è awenuto per volere di Zeus Coodluando a
pdesrinare in vesti di mendica, siúee in Attica e s'iobatte nelle figlie del
ie Celeo, che l'rccompagrmo a casa della mdre M€tanim, intenta ad aLl4are
il suo ùltimo naîo, Demofoonie- La dea dapPrima si shermise, ma poi, mossa
,l riso dale face?ie di Iúbe e conqùistata dalla con€sia della regina, acetta
di alÌevame il pi.colo, e l'avrebbe reso imhortale, se Metúira oon fosse an-
data a spiare di notte mentie Denctra orroborava Denof@nte a,I" varDpa
del fù@. Sor?ea, la dea pina s'infuria, pci ordha che s'iindzi a lei un
rdpio nel quale inaugùrerà i suoi riti '. (Tratto da F. SsoRDoNr,.Jrola d.lla
tettent*a Grcca, Napoli 1967). Cfr- inoltte PRETTER, Denetet 'd Petseph,
h C,ip.h6.he Mjtotoeie. Lelpzi9 18.4.
a CÍr.'1. BE!i]K, PaetaeLyici, Lipsià 1900, III - 682
6 Cfr. J. GÈruu, Die Myholasie, Berlin 1877, pas. 502; CTCERoNE:
De Di!. l, e 47: o Faedatum dis.esun sm, ut Herculi .ontigit, oorr.li
coryore cremato in lucem aniúus scessit; OvDro, Meraîtarfoti, 9, 250 W;
Lgcîaxo, Hernel., 7 ,

m
I
de1l'uomo", fu I primo passoverso una morale negatrvabasatasulla
necessitàdi allontanate dalf individuo il male che 1o contamina e lo
insidia; una morale teologím-asceticache ptima di passareal Cristia-
-Llesimofu caratteristica dÌ ufl'importante movimento spirituale pre:
filosofico della Grecia.
11 fuoco di Saxt'Antuono ha dunque dei precisi riferirnerti re-
moti. Nella tradizione cristiana snokte Sant'Antaoxo è t1 cpnÚollore
di questo fuoco sacro: perciò viene issaîo al disopra del rogo e si
aspetta il ( miracolo )r. E il rappotto dell'individuo con il santo d1-
víene ancorapiìr intimo se si pensaal fatto che la brace sacraviene
potata in casaa simboleggiar.e quasi un focolare domestico,un'iltera
vita familiarc, riscaldata e rcsa feconda, ín quanto il calor€ è vita",
ditettamente dalla divinità.
La modema psicanalisi,inoltre, esplicita ancor piìr questo rap-
potto tra ftroco-sesso-vita, evidenziandocoÍì€ l'adorazione del fuoco
sia ancheadorazíonedella vita ".
Saxt'Axtaonaoltre ed esset€conttolloredel fuoco è anchepro-
tettore degli animali.La suabestiapîedilettaè i1 maiale'. Anche il
potco è presentenei rítuali dell'antichità. Ne danno prova alcuni d-
lievi scolpiti su tombe del VI sec. a.C. rinv€nute a Spata. Essi rap-
plesentano un banchetto funebre durante il quale ai due genitori,
uoneggianti, si awicinano i membri della <tfamiLia> adoranti, i
quali portano fiori, melograni,un gallo, ùn porco e ùn montonerr.È al-
trcsì noto che il porco ed il montone sono gli animali principali che

di mche la crcdenzasecondocùi gli stessicolpiti


" È il caso segnalare
dai fulnini, purificaú dalle úacchie teùene per mezzo del tuGo catardco
(Cfr- InRrprDE, Iph. Aal., llI]t e ancoraEuR., Hcl., 868), vanno lerso gli
iJMortali. Inoltre GraMsLrq), De lúrst., 5, 12 dimostra cone il tuúo < puri
fica coloro che sli vergoDo awicinati e ll libera dai lesdi della natu$, ren-
dendoli simili agli dei >.
' È noto il oito di Prctreieo che ruba i1 fuo.o asli dei per rodere più
cii'ile la vita nel mondo fra sli uoDini. E Filippo V^lla 1n S. Ahtosio Abdte
'a a.'Isleno (da Proneteo e S. Antoflio Abare) Roma 1894, anrc I, Fasc.7,
p^s. 499 501, dporta almeno 15 versiooi di ma legsenda del Ozieri in cli
si na$a dì SanfAntuono novello Pmmeteo che dirende nelf irferno per nbaro
il fuN a Lùcifero e portarlo asli ùonini.
a C.G.IoúÌìfi, Si/nbolide a ttusÍotnaziose,ap. cit.,
{ Qusta predilezione nella sapientia popoÌare vitne ad 6kre efficac
mente definita nd pro\'trbio: asa,|Astta,a s'afleanî'rtuie d"e paoîche,.
31Cft. Athen. Mit0h€jl. 2, îar. 20,22 - 3)77.4, T^u. 17-2 mme íferise
i]R.]'lÀ.! op. ctt., pae.244, búa.
si bruciano in sacrificio ^Eli cbthórlioi' n€1lecErimonie catartiche e
ilastíche"'.
Aache i salliiracei hanno il loro rapporto con culti antichi ll
sallo inJani era sacro ad Elio e Selene" ed era molto usato come
Li-ule sarrlicale d^gli chrhónioi La presenzadel gallo era inoltre
necessariadurante b c;rimonie di scongiuroe nell'incantesimo"'
Un altro nso ricorrente rcl glomo dt SatlAntzozo è quello della
benedizione deeÙanimali.Ad Acerrala benedizione comportavaun
veroe proprio-pellegrinaggio alla chìesadeJPurgatorio.dove il par-
,*o *n acqùasantagli ani-úìalc]É gli venìvanopresen-
"rp.rg*"
,rti ,..àoio un rito espressam€nte codificaronel RirualeRomano'
Per lbctasiooe gli animali venivano ornati a festa l cavalli facevano
sfopeiadei loro 4 |uarsamienli> migliori e sula groppa pres€nta-
u*?un o.,zo di quadrangolare rossa.detto it quad e o"
"ttfa lè pecoree gli altri animaljda" benedirepor-
I eani. le satline,icani.
triano al colJoun nasùino rosso.I maiaÍ olrre d nastroportavano
un carnpanello.

:I

t Ck.Roút!, oP.cit.,p a.275, nota


t CÍa.F.otrD!,op. .ìt., P^c.244
! Ck. Rc'il.r-,oP. cìt., PAE.244,rotù.
$ Secondo il ritudle romdo codiiicdto dal Papa laolo V, in uso fiùo alla
(Peifice per i c3-
rilorm. linúcic. del posr+onrilio,erisîevs Lna bcnediziooe
e runi Jj altri an mali Ia cu orzione cosìdicda: * O Dio, oùiPotenre ed
"alfi
eremo cÌ'e iae'ri ,1dare pef il Fondo il glorico bsro Anronjo prov'îo da
i'nlmelevoli rútazioni .oncedi ai tuoi feddi aÍinché sia continuaîo l'€s€mpio
à"i toto Aoto*., di liber.re i p$enti aninali da opi pericolo' P€r Gisto
nosîro sisnote - n a-." - Preghiano: k rua Benedizion€ qu6ti ali$all
,..rs,n l t.- -.p. e da ogai nale siaao libeqti lsi benedica) per I'inter-
"ul
cessiore det B€.to Anlonio '

22
La lamentazione funebre per Camevale

La pe$onificazione del Carnevale è parsa una cosa legittima


nella cultuta popolate.Carnevale,infatti, per gli Acerrani ha un nome,
Vicietzo, vn^ moglie, Vicenza,e tanti figli. Egli possiedeinoltre Una
storia, una vita da natrate: vissuto pi€no di debiti e senzasoldi si è
dovuto arrangiarefacendo1o sdoccone e I'imbmglione {h quando è
rnorto per aver ingutgitato roppo in fretta una polpetta, che blocca-
tasi nella laringe l'ha fatio soffocareo.Per $resta morte tagica dl
VXienzo ad Acerra era d'uso lamentarsi. Le lamenlazioni av€vano
luogo il martedì pometiggio itrtorno al cadaveledel Carnevaleespo_
sto alla commiserazionedella gente nei cortili o sulle aie delle masse-
rie. Altre larnmtazioni avevanoluogo la sera durante le esequiedel
Carnevaleche sí snodavanoper la città Il primo lamento funebre
era riseîvato alle sole donne e ai bambini, il secondoinvece veniva
fatto da uomini vestiti da dorlna che seguivanoil corteo
Prima di passarealla descrizionedelle lamentazioni ci sembra
utile riferire che pressoi Greci il lamento funebre avevauna fiùÌzione
imponantissima nella veglia e nella venerazionedei morti. Il ri-
tuale della sepoltuta restò invariato sin dai tempi omerici ll cada-
vere, dopo che gli occhi e la bocca erano stad chiusi dalla parente
donna più prossima,veniva lavato e plofumato con balsarnoed oli
odorosi. La salma così compostaveniva espostasoiennementealf in-
temo dellacasa,adagiatasul letto.
L'esposizionedella salma durava un intero giomo ed aveva la
furzione di r€ndere possíbile il lamento funebre. Gli eccessia cui

^lla fl[e ri'


" Si roti che il t@a del sofcaúento di Viciezza sí îicolleg
s€lvata el bue nei Crelrrr egiziani
ú affivò corr le lamentazionicosttinsero So]onea stlale una pîecisa
normativa a riguardo della pompa {unebte. Fu decretato che solo
le donne, parenti pirì prossime del defunto, dovevano prendervi
parte"; vennerovietati gli slanciimprowisi di dolore,i gtafliamenti
delle guance,le percossesul perto e sul capo" e i lamenti formulati
su modelli sterotipida piagnoniptezzolati.All'alba del terzo giorno
dopo la 'norLe.il cadavere. insiemeal letto str cui giaceva. veniva
pottato via dalla casa.Un corteo funebre si snodavapoi per le vie
della città secondoregole ben definite ". La salmaera posta su di un
caflo trainato da due cavalli, seguito da donne che si percùotevano
il capo lamentandosí.Una legge prevedeva che l'accompagnamento
femminile fosselimitato alle consanguileepiì! intime, ment!€ per gli
uonini non v:geviro f'm,taz'oni di sona
Pute il rituale catnascialesco seguedelle notme precise:nella
tarda mattinata dell'ultimo giomo di Carnevaleviene allestito il cata'
falco ne1 cortile. Su di essoè adagiatoun fantoccio di paglia dalle
sembianzemaschili, ben vestíto con cîavatta, granti, giaccae panta-
loni. Accantoal letto di morte siede su di una poltlona un altro
fantocciodallefattezzefemminili,vestito a lutto con veli ed asciuga_
lagnrne.È Vicenzala vedovadi Vicienzo.In qualchecortile esiste
'ta
ulla variante: maaoaVicenzasi poneun quadernosu cui e]lascrive
le ultime volontàdel marito.Il catafalcoè addobbatocon cura grazie
a fiori, candelee luminl,.VicienzoeYicekzalengonolasciatisoli tutta
la mattinataaffinchésianocontemplatidai passanti.G1i abifantidel
cortile si ritiraro quindi in casaper abbandonarsialle libagioni carna'

36Cfr. in DDtrrosrENE,
43, 62.63 coúe riferisceRoHDr, op cìt , Pag 224

'Cfr. PLUr^Rco,Jolo,, 21. Ne o stessopassoPlutarcodice che le limi-


tarioni solo'iche furcno assimilate ptÌre nelle leggi brctiche. S{ondo CICERoNE
Doi, ed è facilúente riscontrablle,la ste$i decìm^lesse delle LICIII DEILE
bODICI TAVOLE, rdepjsce a] pùnro 4le limil.zioni soloniane,quandÒ
prescdve: Mùliers senas ne rad!!!o, neve Ìessuu flrneiis erso abento (Tra
Le donne non si graffino le guance,né tersano il Ìderto per il Jùnerale.
CÍt. L. FÉr,trro, Crltard e Paesìnìn RÒna,l, Fienze 1961)
s Cfr. il regolameoto fù'ebre di Ceo ln w Dittobers, Sr|age invtip
Graecatutu,Lipsi^ 1898-1901,pag 468 Cfr' lo stessoPLul^Rco' Salon, 2l
j
Cft. RoÈDE, op. cit. Pas 227 Dota (4), il qu21e rlferirce che Ia legee
poneva lioitazioni nel'àccompagnanerto soltanto alÌe donne (e soltdto a
que[e hferiori a 60 annì). A]tresì dferisce, Ic., che gli uonini prc.edevmo
i1 coÍ€o, motre ie donne lo segúivano

24
cialesche, allo stesso modo in cui gli antichi Greci solevano fate il
b:nchetto funebre-
\el Df:-o pomerigg:ore donre. anz'aree giovani. iì.ien e ri
bambini dtornano nei corrili con tdîxfiorre, castagnetteed altri stru-
nenti mrsicaÌi. Iniziano così le lamenrazionisecondoun modulo che
esporremopet megÌio comptendereil testo raccoho. Bisogna ptemet-
tete d'alúa parte che rale modulo è in parte 1o stesso usato dalle
vecchie acefiane quando r€almente motiva un loro congiunto. 11 mo-
dello con'i.re neLl esrlra/ionede"e qualirà. dimosrare ir
"flidare
rira dzf def.rnro.all, madresuoe*r re a cl-i .e era '" parenrea r-
"
ziana più prossima. Gli astanti dovevano limitarsi a ripetere colleti-
vamente una frase di commozione srereoripa.Ci troviamo così di
fronte a due intewenti precisi: da una parte chi conducei1 píanto e
dall'altra un plaflcttls collettivo. Ad Acerra il planct s vlene à*ié.^to
ad escÌamazionedel tipo; Uúà, gíoia soid!; Uhè ligtiu nio!; Uhè,
fi1AlAfin, 'nXA! etc,
Rifornando ora al rito camescialescodobbiamo dire che alla
donna piir anzianadel conile viene affidata la parte di Vícenza, rnen
r€ le altre dpercranno la ftase: <<Uhè, gioia soìa! >>.È inutile sotto-
lineare che owiamente al tragico della lamentazionefunebre vela vie-

ne (ostiruiroil comicoed il g-orre.cni".'r ur avveniqelto frrr
dossalerappresentatodal piangete velamente un morto finto ovvero
dal vivere la morre di un periodo festivo come se si piangessela motre
di un uomo amato. N€l testo che riportiamo, rhpondente effettiva
mente alle lamentazioni acerafle, si noterà la presenzacontinua di
frasi ricche di doppi sensi, di licenza sussurratafra le labbra. Rite
niamo che essesiano tanto insite nelÌa cnltura DooolarecamDana.de
non scardalizzare.fisi appresr'r legge'e.
Dal punto di vista strutrurale il pianb è articolaro su di un
distico di varia misuta con rima baciata, ad assonanzao libeto, alla
cui {ine si aggiungela frase fissa: < (Jbè, gioía roia./), in funzione
corale. I distici sono frammisti a filastrocche í1 coi titno dt tamnut
,,lara è veÌocissimo. Alle filastrocche iner.itabilmente seeue un altro
d..Licohrnebre.Ci ttoviamo dr,nquedi f-or e ;d ura fo-na biraria
laddove la {ilastrocca piìr v€1ocee movimentara assume{uozione di
danza, la quale viene interrotta al culrnhe pet precipitaîe nel lutto
espressodal distico.
La stessa lilastocca tatfiri lriata ha 1o scopo evidente di coin-
volgere gli sstanti nella commiserazione di Vicienzo. Sulla funzione

25
1'- della danzapoi in rapporto ai Ìituali arcaici torneremonello specifico
para$afo.
ll testo delle lamentazioniè stato raccolto srazie alle restimo-
nianzedelle signore:RomanoAngelina.soprannominal-a Tuftesa;
Esposito Maria, detta'a Barberu; Prete Rosa, detta Chitollo; Aspto-
nio Maria.d€rra a S\IÍM: EspositoMeria, deta Stipuli.

La strattaru n sicale d.elle latzefitaziafii "

Per quanto sia difficile úportare in musicale lamentazioni,sia-


mo riusciti a tracciarc uno schemamelodico di massimasul quale si
alLicolanoi distici. Si noterà che í1 primo ve$o è declamatoinrera-
mefltesu di un'unicanota. Il secondoversocontinuala stessanota,
ma la cambied dalla quintultima sillaba in poi secondoùrr disegno
melodico fisso. l-a lrase Uhè, gioía s.'ia ^nche melodicamenteavrà
uno schemainvaríabile.
Esempiol

*.r d +, tu...u/j.c..., ù.6 \.lt'!.t;-@

@ i.-4 btù

Un solo distico tra qu€lli raccoltÌprcsentauna melodiachiara-


m€nre definita. È il seguente:

*. - ,e o *. r"ì'."

* Di GIOVANNI DE FAI-CO-

26
La st/ ttaru tîkico-fielodicad.ellalilattrocca *

La filastroccaintercalataai distici pÌesentaaspetti musicali molto


int€r€ssanti.
L'elabotazionemelodica de1 declamato è la seguente:

Ed è facilericavareil modelloritmico:

Questo modulo ritmico è stato ascoltatoe docllmeniato già una


ventinadr anni fa in via S. Cuono.
Il litúo è scandito dalla sola tammorrc petcossacon il palmo
e le dita della mano destra. Il palmo mette in evidmza gli accenti
(indicati nel modello), i quali nella elaborazioneritmica, che îipor-
teremoin fine, vengonoaffidati alla cassa
La tammorru,è bene ribadirlo, solitamenteè I'unico stlumento
usatodall€ lamentarici.Raramentevengonousatele nacchet€ Quando
le naccheresono pt€senti il modello ritmico è il segùente:

- Di MODESTINODE CI]IARA.

27
f L a R A î ,a l t o t j É Rtî41C a
I LAMENTI

(Parlato corl PQtsioxe)


VincenzaiYlciè, s?'Jtgu Í\io,
Viciè, sangu pr€ziusu mio!
e che brutta jumata ca è oggil
'a palla 'nganna
Coro: T'è 'ntutzatt
a te e a mugliefeta pule
)
\cantato
Vlc.: Viciè, è schiuccao
'o meglio travo d' 'a casa

Vic. e Coro: Uhè, gioia soia! (patlato) \iaeèl


Tari: Pù Gccillo bacchi bacche,
Mariella tene 'e pacche
e ne tefie vintiquatto,
uno, ddoie, tre e quatto.
'a
Quatto e quatto pacchetella
b garofano è cchiù bello,
'o
è cchiù bello cu piriPisso,
ol\, olàl lsenqe più ,eloce)
'o
Chiove, chiove e jesce sole,
chella vecchia sta a fà ammote
'o
sta a fà ammoredinto tiano
'a
chella è vecchiaruffiaÍ l (liî1ítce d.'utt colpo)
(cantato)
Vie.: Viciè, tu me pare
b fote 'e Carnevale.

30
(txtto prosegaecomercl moddo inàiceto)
Vic. Coro: Uhè, gioia soia! Vicieeè!
Tzrrrl: Pìr Ciccilloetc...
Vic.: Carnevaleè muorto
e ancora 'ncteccato'o tene.
Vic. Coro: rJhè,gioia soia!Vicieeè!
Tatti. Pù Crcclllo etc...
Vlc.: E 'i nun me chiagnoa ísso,
'e cosce
me chiagnoa chillo ca tene rtmiezo
Vic- Coro: Uhè, gioia soia!Vicieeèl
Trrti: Pìr Gccillo €tc...
Yic.: E tu si mmuorto
pe' nun vedè cchiù 'o stuolto
Vic. Coto: IJhè,gioia soial Vicieeè!
Trtri: Pù Ciccilloetc...
\pa ato e gridato)
Vic.: Yi€rè,ma tu ca mme{atto a me, Viciè! Uhè, tu sia muortope'
nun vede cchiù 'o stuorto, ohi Vicièl E chi s"o crcdeva ca tlr me
'a
facive stu grajo a me. Uhè bellu mio, me sia rummasacu pu4)etta
'nganno,Vicieeè! Llheeeè.Neee, tu a me che mme fatto, è veft1to'o
'i comme
mumento tuoio, bellu mio. E io comrne faccio cchiìr. E
facciomo. M'è sia rummastadínto 'e guaje,Viciè. Uheeeè!Bellu mio,
'o
primma ca tu murive m'è rummaste'o strumiento a mme. Viciè! E
'i
súumiento nun 'o ffovo cthiì|, Viciè. tlheeeè! Mama mia, che me
sia fatto a mrneeeel
Qíptendeil distico catttato)
Vic.: E ru si mmuortoe nun me rummasenjmre,
'e 'e
mme fummase cogÌie cu gualnamiente
Vic. Coro: I.IrÀ, gioia soia! Viciè!
Trt i: Pù Ciccillo etc.
V ic.: Camavùe,camevaletto
jette a piscià e se ne carette
r
Vic. Coto: UÈ, gpoir'soia! Vicièl
TattL Pù Cicc1lloetc...
Yid-: E 'i sí sapevoca tu murive
t'accetevon'ata vallirra
Vic. Coto: Uhè, gioia soia! Viciè!
Tutti: Pi Cicc lo etc...
Vlc.: Viciè e tu sì bello
comme 'o culo d'a tiana
VzZ.Coro: Uhè, gioia soia! Vicièl
Trtti: Pà Crccllo bacchi etc...
Vrr.: Viciè,si sapevoc4 re nLurzaved palla nganno.
re ne înenavou att quatte
Vlr. Coro: IJhè,gioia soia!Viciè!
T4ni: Pù Ciccifo erc..,
Vic.: E Canalale sufunto sufunto
a Pasc4facimmo 'e cunte,
addqretote sierte t tirà,
]a pettrlina nua 'a vuò pavà
Vlc. Coro: llhè, gioia soia! Viciè!
r rrrrt ru ttccrllo etc...

\pa ato)
Ylc.: E comme aggru 'a fà,
mo te pigliano t prievete...
(caxtato)
E sti campanesonano pe, te,
ohi Vicienzu mio
Vic. Cozo: Uhè, gioia soia! Vicièl
r /rrr: ru Llccruoetc...
Ci parc opportuno fare alcuneconsiderazionisul testo, InnaDzi'
tutto va sortolineatala carica emotiva con cui si partecipa alla fine
del Gmevale. Viciefizoappareaddirirturacome cosapropria, anzi
saoguedello stessosanguer < Sangu mio, sanga preziast mio >. F.d
oltre la dìsperazione va nolato comedal uagicomicoa poco a poco
si sfoci nel grottesco e s'incominci a naffare con dov,iziadi paltico-
lari tutti i difetti del morto. Questi rtuard4îo anmra una volta la
suavita socialein rapportocon gli alt ela sua'ritar tirll'.Viciexzo
sotto l'aspetto socialeappareun sema danato, un debitore, un morto
di fame e, conseguentemmte,nella sfera privata egli è un impotente
sessuale.ll primo aspetto è chiaramente evidente nella sttofa:
< Catneoales runto, surunto,a Pascalacimmo'e curtte,adAeletote
sieflteti/à,'a pettalinanux'a oaò paoà!>.8 ar,sota:<Tt i muoúo
e fiafi î7e runtmaste xiente >. Il secondoaspetto è richiamato nella
strofa: < Catxaoale,Carneualettojette a piscià e se e carette ,. Ed
art<sra: <Me tammase'e coglieca'e guanenierzte>, L'impotetua
economicaappate inconsciamenteresponsabiledell'impoterua sessua-
le quindi, e tanto piìr elevato sarà il disagio sessualequanto piìr la
precarietàecuomica sarà awettita. Perciò si nota qua e là nella la-
mentazioneun certo astioversoI defunto: < 'I si tapeooca te 'knflaoa
'a palla 'kgafifia te ,te ,neflaool'ati qaatto >, A questo punto sembra
evidenteùna connaddizionetra quaflto abbiamoaffemato prima ciîca
la partecipazionealla tagedia della morte, e quanto si è detto or oîa
cifca iI disprezzoverco Vicienzo. Nol riteti^tto che questa conuaddi-
zione sia a[4)are[te in quarto ,il draÍIma vero e proprio consistesol
tanîo nella molte di, Vicietzo come fatto in sé. Che si parli poi dei
suoi difetti pottebbe interpretarsi come la volontà della lamentattíce
di comunicaretutte le frusttazioni individuali e le angosceche si pona
dentro. L'insoddisfazione s€ssìraledi Vicenza, moglie di Catnevale,
può benissiúo interpretare quella della lamentatdcee ddle altre donne
che le {anno coro,
È bene in{ine notare che tale testo nort è rigido ed esclusivo,
bensl è sottoposto a varianti ed aggiunte secondole molteplici inter-
pretazioni delle lameutatîici.
Le danze Ìituall

Dopo le lamentazioni solitamente le donne,i bambinie gli uomi-


ni présentisi tattengonointomo al catafalcodanzandoe cantandoal
ritmo di tammurriatee tarantelle.
. Questa danzarituale ha i suoi precedentiproprio nel culto tra
cico di Dioniso. La festa in onore del dio veniva ceÌebratadi notte
sri monli,alldlucedi debolirorce.Si .uor;va una musicarumorosa
.mentre la schieradi festanti denzavatra alte grida di giubilo. La
danzaera rantoviolenrache roglieva il Fiaroe non si riuscivaa can-
rare'". Il modo di ballarenon icalcava assolutamente l'incedereca-
denzato ed elegantedel peana omerico, ma era una danzacircolare,
furiosa, vorticosa,precipitosa,con cui la folla di invasatiscendeva
giìr dal monte''. Alla danzaprendevanoparte per io più donne,che
si dimenavano ritrnicamente fino a caderesfiniteed in estasi".
ll signi{icato di qresta danza è essenzialmente mistico-îeligios.o.
Chi vi prendeva patte €ra pleso da una mania,da una terribile ten,
s;one aw€rtita in tutto il corpo, tale da farlo apparire pazzo ed os
3esso ". sovlaeccitazione della psicheponava alle visioni e
'pertantoQuesra
qlÌestoparossismo artificiale,provocaso dalladanzasfrenata,
avevala capacitàdi metter€ in contatio I'uomo con le {otze supedori
e divine. Sono molte, infatti, le testimonianzeletteratie le quali par-
lano della venuta di Dionisio tra quelli che àaruzvato".

a (E le ba(anri zirtivano): DIo6ENE,p-'t,'T, lz.


arUna simile d.nza
sià efa nota preso gli ardchi: si irattavà di girarc
vorticosanenteintorno ad un punto cen$aler úr. ELr(DoRo,Le Etiopiche,4,l7.
4r C{f. EuRIprDD,B^cc^NrI v!., ll8 segs.- 671 3eeg.,?RoplRzro,Èlestc,
1, , sss.: a$iduis Edonis fessacloreis qualis in hetbosoconcidirAppidmo.
rr Cfr. < FolÌi e invasari, del a ro di Dioniso in PrL'î^Rco, Ahnt'dtar, 2.
# Lo dice driaramenteDroDoRo:Bibliotea stórica,4, l, 2 ss. Di Ba.o
in mezo a e darzaÌrici parta EURIPID!:Baccb.r45 sEE.e 3a6 s*.
I ballí camacialesclìinon hanno oertanente alcuna {inalità rcli-
giosa, aa non possiamoesimerci dal sottolineare come I'eccitazione,
il parossismoe ralvolta la catalessisi manifestinochiar4meite du.rante
le raranLelle e le lammuftnte più sÍteoaLe.
E quando tali sítuazioni fion vmg.no a crer$i naturalmente, i
danzatori,specialrnentele femmine, trattengono in bocca alcunecom-
prcssedi cjfato di magnesia,che sciogliendosi coù la slfiva ptovoc
abbonclameschiuma.Si vuole così imitare la bava schiumosaprodotta
dagli epilettici in una crisi della malarîia e simboleggiareaIì stesso
tempo il grado di sprossatezza a cui si dew giungereduraote la darza.
Spessosi è parlato anchedi ur valore terapeuticodella danzae
della musicau. Platone" dice chiarammte come la musica suatiss€
omeopaticamenre i corjbanriesalrardoneJa sensibiliràe gli impeti
morbosi.Fiabe'cheappaionolnolrre le guarigionidella sciaricaper
mezzodella musicananate dagli antichi (Pitagora,Empedode,Damo-
ne, Teofrasto). Neppute i medíci dubitavano che si potesseportare
a guarigione la follia con 7e cantioxes tibiarum". Eyidentementela
guarigione si otteneva gtazie al parossismoe al conseguenterilassa-
menîo psichico. E tutti quesri ecritamenti aumentavanole tendenze
patologichedi quelli che erano particolamente sensibfi al ritmo mu-
sicalee apportavanoloto un cetto sollievo facendoli sfogareviolenre-
mmte. Su tale interptetazionepossiamospiegareanchequel fenomeno,
diffusosi in Italia neÌ medioevoe nei secoli sucressivi,conosciutocon
il nome di tarantismo e dal quale aicuni studiosi fanno detivare la
talantella.
Nella tradizione popolare le conr,.ulsionidel tarantolato, tanto
car4tterisiicheda manifestarsisotto forma di figure cor€utiche,etano
dor.'uteal morsodel ragno tarantola.Per guarire il tatantismo si ricot-
rqva alla musica, ad una melodia ben determinatache accompagnava
gli spasmidel malato dutante una crisi, firo a che costui cadevain
tralce e perdevacoscienza",
La modema medicinaha p€ò esclusoI'interv€nto delÌa taraitola
in tale forma morbosae ha relegatoil tarantismo nelle manifestazioni
di psicastenia.

a 5P r a î o N E , l e g .i,, 7 9 0 D ! . , 7 9 1 A .
6 PL roNE, -t?rp. 215 C - E.
'1 Cft. C,EL.AURÈL., Molb. Cbtotu.,|,r,r7 5.11a.
{ Cfr. RoHDE op. cit., pa9. l8l no.a. Più recenre invece A. Rossr,
,
Letterc da snd ranitolata, Bati 1970.
f-

La fundone terapeuticad. a taranteÍla divicne ancor pi'ii evi-


dente se accettiaoo llpotesi che essaderivi dal Ballo di Sletsaaia.
Cosl infatti descdvetale ballo il nobile del TuJo ":

< Così peìlet quel ballo a la mahese


ma a Napoli de noi delto Slettafiia;
doxxe mìe, seîtztts?esc
oi guarircbbeallix lebbrc o mhtgraniao.

IL Ballo d,i Slessaniaera noto anclrecon il nome & Catùba o


Lacia Caxazzze fino al 1800 veniva amora eseguito nella penioola
sorreniina e a Napoli da soli uoîniril.
La stftttura musicale ed armonica della tarantclla è estrema-
mente cohplicata per poter esseÌequi presa in esarne.Ripofietemo
invece un testo di tarartella cantata tacc.ohoad Acerra e pubblicato
dal gnrppo musicaleopetaro'E Zezi ú Pomt4lianod'Arco.
< Di questo tipo di canto, a tombola o losario, esistotronella
zona napoletaoamolte versioni. Questa di Acerra riesce più efficace
e ircisiva nel descriveresituazioni reali, con uoa critica feroce all'or-
ganizzazionesocialeproduttiva, oggi capítalistica,che non ticne moto
delle esigeruedi emancipazione,di riscatto dalllgnoranza, dalla mi-
seria, dallbppressione,dalla oancanzadi un'educazronesocralee ple-
ventiva sul rsso o sulla matemità, clìe le dassi dominanti, ancota
'.
" borboniche", îotr sonocapacidi assicurareal popolo lavoratore>

e G. B^rusrA DB! îvBo, op. cir. h G. MrRA\Dr" Brcoe Sto;io dd Cat-


a Napol| Colonnee, Nepoli (rist.) 1971, pas- 6.
"eralee Da Gruppo Operaio 'e Zez, depliant disco ononimo, Milmo 1976, pgg.
21 w.

36
TAR-ANTELIA
Ar r r r_,^
..-,. wrvu .epU\ERLE
LtE

I
I o'n if,oT"'
alli uao'afaaoma
uili doÀ alli
è suro
I doj.
i "''1,:
;::'d Srerorbone,
I
i ;Tl'Jiff;i;.,iff_
I
I
I
'*T*';."1*,r;,.ltT,
""'TdJ;;';'"5" 't",
'""
I
:
;í':i,:::,rt:Tl
e a*;c,a;r;ece;
tracr'"te,

I *'fi:T:;;n;;'*""'
"*';;iL:iffi;f"",
"u'u
.o.lt-t-'1*o "."' fnr.a
ù::.'1T"r;..'ff,..îf**
,C
TAR,ANTELLA ALLI I-INO PUVERIELLE

Alli uno, alli uno 'a famma è sulo


'e
p' cafure,
alli doje, alli doje
staîrmo sotto 'a 'Rre Borbone,
alli trc, aÌli tre
astrignimnece'acuÍea,
alli quatto, alli quatto,
manco 'e solde p' 'e buatte,
alli cinche, alli cinchc,
cucinaa tato e jescea'into,
alli sei. alli sei,
cca se jescesulo prena.
alli sette, alli sette,
e attaccamÍr€cet brachette,
alli otto, alli otto,
ccasuccede'o quarantotto
alli nove, alli nove
nuic a into e'lloro a fora,
alli dieci, alli dieci
sulu nuie stammocca' miezo
nce ne jamrno 'ncoppeCastiello
e chisto è 'o sfogo de 'e puvcrielle.
t-
I

Altre danze si svolgono al ritmo di tanflrffiate dopo cLe c,è


stato nn dialogo cantato a lronne ha dt:e dei presenti al rLitofunebre
di Vicienzo.
La tdttrrrarlíata, come dice la pdola, è uÍ canto accompagrato
dat)e tammore, cioè quei tamburi forniti di sonagli, che si suonano
con le msni. Il ritmo del tambuto è accompagnatod4 akîi stfirmenti
qlrali le castagxette,il putipìt, ll tticcheballacchee lo scetauaiasse.
ll canto che accompagnale tanm ffíate srutturalmente è atricolato
secondo srrrmborrjrradizionrlí composri dj dueendeca.illabiper voha
(distico). Nella forma cantata il primo endecasillaboviene ripetuto
due volte, il secondosi spezzadopo otto sillabese la parolafinale
è piana,dopo settesillabese la finale è una tronca,pet esserepoi
ripreso um secondavolta integraLoente. Per meglio comprendere
facciamoun eseînpiocon il seguentedistico:

< Bella liglíola ca te chiamme Rosa


rhe bellunon'le nammetdt ba fiisa,

Il primo endecasillabo viene ripetuto normalmenredue volte.


ll secondoverso finisce con una patola piana, flt7io, e perciò si spez-
zerà all'ottava sillal:a: <<che bel-lu tom me mam-me-ta/>, per esserc
ripresopoi integralment€. Praiicameoteil canto si articolerànel se
guentemodo:

- Bellaligliola ca le chiazaneRosa
bella liglíola ca te cbianîte Rosa
che bellu nommemanmeta
uhè cbe bellu nomfte marífleta t'ba ftiso>,
Infine è ancorada notare che nello stil€ del canto Dooolarecam-
panoper tradizionesi usaspessomura-ela vocaJefinalelj ogni strola

La fnxza, o piìr coÍettamente 'a lronna 'e linofie, è ùn tipi.o


canto cahpano eseguito senza alcul accompagnamentosttummtale.
La sttuttura melodicaè affidata alla bravura dell'esecùtoree non ha
regole f,isse.La froxna, pet la sua versatilità dialogica, veniva soìita-
ment€ usata per i colloqui ta i carcerade i loro patenri all'esterno,
che si scambiavanocosì informazioni e messaggid'amore. Riportere,
mo ora alcuni testi,dl tanftuniate e lrcnne tacalú grazi€ alle testi-
monianze di: Angelina Romano, Cuono Crimaldi, Mariagtazia de
Rosa, ..&'

38
TAMMURRIATE

Bella figliola ca te chiamme Rosa,


che bellu nomme mammeta t'he miso!
T'ha miso 'o nomme de 1i t'elle rose,
lu megliu sciore ca sta 'mpamvise.
Bella sí more ve lassu lu ditto:
nu' mm'attefiate comme a l'ad muortc!
Fateme nu tavuto luongo e stritto,
menEe 'nce cape 'stu misero cuorpo,

]I
'nfiernome dissenecsnta,
Jette a lu
'i nu cantaiepe' teneremente,
Srevana nenna,jera beìJatania.
nce cumbattevacu'lu fuoco ardente.
L'addimannaje comme,quindi e quanto
'
commesonnole pene de lo 'nfi€rno.
Essase vota cu l'uocchioa lu chianto:
< Nu l'aggiofatto l'ammorecuntentol
ammaienu ninno cu sudore e stiento;
l'aggio vedè 'mpudere a n'ata amant€!
Si avesseaccisenun vurrie àiente,
chianechianillopassatialu chiantol>
'nfierno: ne fungo maonato,
Jette a lu
tanto em chino ca DÌrn ce capevo,
Arreta a porta nce steva Pilato,
mme fece 'o largo ca mme cunusceva,

39'
Poco cchiù menze st€va 'a'nammutata
dinto a 'na cautata ca vulleva.
Me fece fà na caruta a stu cefe:
<<levateve 'a nenna e mettitece a ftefie! t
Jette a la Puglia, mme ne vene la nova
che la nennellamia s'ha 'mhaietata.
Corro alla casa,zetella la trovo:
< nenaa- Ie dico - tu pe'me si íatal )t

III
Bella figliola fatte temitella,
nun te pigliate a chistu squarciunciello,
s'ha faitu nu cazonea musurcllar
quanno camminapare pastuúello.
Voglio piantà na tosa mmrea>'aclíazza;
nisciuno pe la tocca,chella è mia!
Nci aggio carriato 'a terra e pufe l'acqua,
I'agg;a puttata pè l'ammore mio.
Chi rue la toccalu core 'nce spacco,
mo ÍÌe Í€ vado a oa luntana via,
e qulumo nc€ retorno a dresta patte
'i mme la sposoa la Rusellamia.

w
La vecchiaquanno stacea lu purtone,
cu la curona mmane,e mutmulea,
tu te clire ca fa l'urazione,
chella piglia li Santee li strupp€a.
Nun se*e ga.llutièca vaie attuomo,
stutate so' pe' te lume e lanteme;
nun fa.oneluce nè notte nè juome,
sta ninna nu'ìa vide pe' o'eterno.
Comme te voglie amà nrsiellu schiuso?
Faccio ammorecu' 'e rose spampanate,
nu' {accio aornore mai cu li muccuse,
sempecr1' e giuvenielle ammartinate.

40
FRONNE

A) Bellaca mo me parto,

nun s4cciosi itomo


'stu
Piglia core
e fanne ddoie parte,
una t'ha lasso
'n'atamm'hapotto.
e

B) Eccome,ammore fnio,
songovmuto,
'sti
avante a bell'uocchie
so' tufoator
pe' r.vuie nun aggiu mangiato
nè durmuto
guardastu v,isomio
cor]m'è tumate,

C) Lu bellu tnio
se chiarnoe Ngiulillo,
e vefamente
n'aogeloome pale.
Scinne aagelo d' 'o cielo
e pigliatille,
nun moe lo fa vedee
'mpudere a 'n'ata,

41:
II
A) Russomelillo mmio,
russo melillo,
'ncielo sagliste
pe' piglia culote;
e ne pigliaste
ta-{ìtupucutille

mancoa fà l'ammore.

B) Mammamia mme
fece tantu bella,
po me mannaie
a cocerca lu sole;
me fece na tuvaglia
a cetranelÌa
lo viento mme la toglie

C) Ammore mrnio,
fatte li balanze,

percoch€d'Arienzo;
mo ca t'ha fatte
tenchi€re la panzar
fatte li fasciatore,
aggi' 'a pacienza.

42
Le esequie

Subito dopo Ie danze intorno a Vrletza


_ mofio si awicihano i
pÌeti. Sj trata evideniemente di falsi
i_p.r.o*ii à"-l,Ji'iol
abiLiralaried hannoil"u.."aot
volro -".riro.." it."rUon1.
:l..l"dî":.r""
rr nro delie esequre.seguepari passo la
cerimonia religiosa: si bene-
drcela.satma.si re.iranole pregh.erc.
si torma il corti'o.
r\o' abbirmo raccolroiJ resLo
. del rjro delle eseqr,ieduranLeun
inconrro-conalcunib.accianriin .rna
ma.seríadi Boscol,ansonead
..tcerra.>arà sîì,pefacenle notare Ie analogiedel Lestocon iiriruale
.rFficialedella chiesacarrolicab u,o fin; aIa riforma
i""rg;."ìlì
posr-concilio..fale pa"aÉrasi,naruralmenre
in vernacolo e ricca di
spunu tronrci. è rectimonedell.insoÉferenza
del popoJo nej confronri
(u arreggrar:nto repre"òi\o
assunrodalla Chiesa nei rizuardi del
llilevate, c ancoraoriìe norrre corDeil resLoraccolro pèsenri una
neraÒorazrone ongilale e gusLosa
delJaljngualarlna.E quesrarielabo_
razìone.basatasu.una rppros"imaLivacomprensiooe
del rituaJe larino
c suu uso rnconsldera.odi parole
in diaterro che piir si awicinano ';;. mr
.assonanza alle JaLine.denuncir proprio l.insofferenza
d;fl.
\uDalrerneverso I incomunicabi'iràinrellerLuale
che esisrevarra il
|eccruor.prete,{.crmbolo di una casra agiarar e Ia povera gmte. È un
segqo dI nbeLt'onequesro deì rrasformare
l,auJicolarjnJ releioso a
nareúa scherzevole,da_usare con soîrile
ironja ,;;;ù;;;1"É.;
nìeguo eúdenzrare l€ slumature del resro
in dialeno riporteremo in
nota súalci del rituale latino.

43
IL RITO DELLE ESEQU]E

Prale: 'Nnommene'e pato, nee ch'è stab?


Doxne: '4, ptpetta'nganno 'nce 'ntutzata
Vicenza:'Na purpettagrcssae tostaoommesi l'eva fatta 4pposta!
Pr.: Jammo,me', accumenzammo
l'urazione
Uonza: ...e |amme îu cuppulone
Pr-: ...fammillea tuttiglione
U.: ...sottoa stu lampione
Pr.: ...mmepigliatepe' dcchione?
U.: ...e vasemestu curdone!
Pr.: Basramò, faciteattenzioneca arrecumenzamfio
l'uraziode,
'o
A vascio puzzo ''
te chiammaieDummineco.
Dummì, spilate 'e recchie
e si€fitemebbuono:
stu chiavicosevulette
abbuffà a la {accia
'e chi se more 'e famme.
E pe' îramente ca
I'anemamia se sustene

t1 < A uscio 'a pano > icalca eilécar tîadutone quanto


'nai llbera ed inprowisata ln dialetto,il salmo 129 del rituale ronmo inftnte
dl'O o Exseqzidtun, n quale così r<itai { De pro{uodis clamavi ad te Dominej
Dooin€, exaìrdi voceú mem erc. ).

44.
cu 'e mazzafelle,
e io mme 'ngocio dinto è cosce,
stu mappino, chiarchiuso,
sutunto, futuso, vavuso
penzavaa s'abbuffà
cofnmea nu puorco...
Nun ce le fatta bbona,
Patatè,e nun t'abbasta
a tlngtaziìr,
Ha fumuto e se sfizià.
Requie e temo

ddoie pu4rette
tutte Pe' isso.
T ttii Rellvia scanu)'mpace.Amen!
Pr.: Miseriamia, miseriamia"
chi se magn4f€cato e cutatella
e chi 'a miseria se magna a isso.
'Ntonia sta 'nquietata
e io 'o sarcio 'o pecchè.
'O marito 'a fà
sulo cacàsenzamangrà!
Cu te sulo cacavo
e malo 'o coîe mme faceva.
Oiccanno,mò sta
nqietata purc Cuncetta:
'o ped:ato 'e Cutrcetta
'nce l'hanno dtto 'a mamma.
Aspatege,soveree úele arìnr co
se lavaflo cu lÀ neve
'Îltiempo 'e Natale.
'O cofe mme tiemÈIa
e se lassano'e viscere.
'É redeoed' 'o ciuccio
sò spezzate

e Affhe qui si tiene pleente un saloo, il 50, che iecita: < Miserer€ nei,
Deus, seundun nasn.l, Iniseriordiú tuam >. ?iù che ùa fedde rrdpoÉi-
zion€ in veînaslo, qui giocato sopratîuîto le assoMnze tra il testo laiino e

'45
je
cu mazzaree,
e io úme 'rgocio dinto 'e cosc€,
stu mappho, chiarchiuso,
suîunto) futuso, va!'ùso
penzavaa s'abbù{fà
comm€a nu puorco...
Nun ce le fatta bbona,
Patatè,e nun t'abbasta
a rìngraa'ià.
Ha fumuto e se sfiià.
Requie e terÎlo
dancea isso,
ddoie purpette
tutte pe' isso.
Tútti, Reqúiasc^t|r 'mpace.Amcnl
Pr.: Miseriamia, miseriamia"
chí se magnafecato e curatella
e chi 'a mjseriase magnaa isso,
'Ntonia sta 'lqrietata
e io 'o saccio'o pecchè.
'O marito 'a fà
sulo cacàsenzamangià!
Cu te sulo cacavo
€ malo 'o core úfne faceva.
Oiccarìno,mò st4
'nquietata purc Cuncetta:
'o peccato t Cuncetta
,nce l'hanno titto 'a mamÍta.
Asparege,soveree mele annutco
se lavano cu la neve
'ntiempo 'e Natale.
'O cote lnme tremma
e s€ l4ssa[o 'e viscete.
'E rcdene d' b ciuccio
sò spezzate

s'?Anche qui si tiene presste un salmo, il 50, che recita: < Miserere nei,
Deus, wundú oagnam miseicordiam rurm' Piìl che una fedele t'asposi
zione in vernacolo, qui gicano soprdrtutro le assonanzetra il testo latino e

:45
'O {etente, scuppette,
fucile 'a baiunette,
'o cafone s'è scetato,
chisto sta lguaiato,
'Nzino 'a janara
'Ngiulinas'è cuccata.
Sciuscellep' 'e 'oimale
'o fetente cu 'a scuppetta.
Requie e terno
dancea isso,
ddoie purpette tutte pe' isso
Tatti: Regnla saanzo'mp4ce.Arnmen,
Pr,: Ciccio tene 'e corne'
TuttL Cbisto tene '€ come
Pr.: Ciccio tede 'e corie
Tal.: Chisto è tene cchirì grosse
Pr.: e 'nterra 'o Carmenestandoll'osse.
(Il prete bebediceViciexzo dicendo)
Padre nosto
Lucia sta 'ncielo
cu 'e pacthe toste.
Panem nuosto
ca nu 'nce abbasta
mò vere muglierema
e vott4 a pastal
P/.: Ciccio telre 'e come
Tuttit Chisîo tene )e come
Pr.: Ciccio tene 'e corne
Tarl: Chisto è tene cchiùLgrosse
Pr.: e 'ntena 'o Carmenestanno ll'osse!
Requie e temo dancea isso
ddoie purp€tte tutîe pe' isso
r Anche qui si fa parafrasi del: < Kyri€ eleisn, Christ€ eleiroa, Deu3
qaùdi n6,. Per avere completmente ìl rsto in latino cft. Ritrale Ror"aBù,
d. M.rietti, Rona-Torino1926,p s.762 ss9.

A7
Tttti: Reqúz scanzo'mpace.Arrlmen!
Pr,: Dumminecosta cu 'o Vescuvr:
Trlrl: et cum spirito tuo.
Pr.r Jammuncenne
ca è furnuta l'urazione
Tarl: e rifammenu cuppulone.

Dopo la benedizione de1lasalmadi Viriérzo si foîma un corteo


funebrechesi snodaper le vie deÌlacittà. Viciexzoadagiatosr dt w
callo trainatoda un asino*vieneseguitoda uomini vestiti da donna
e da falsi preti che ripetonole lamentazioni cantatenel cortile.
Da sottolineareè Ìa {unzioneetrinentementedi questuache
àssumetàle corteo. Se cioè dobbiamorichíamarealla memoria i
cortei funebii dell'antichità,di cui abbiamoparlatoprecedentemente,
dobbl.rropur so.Lol, reae ct e Vi(tcaza\eniv,jpor.amin g;ro per
la c;rr) affinchè.91' org 'zzaror del correopore:serorieve.e in
dono dagli spettatorisoldi e roba da mangiare.È ancorauna volta
il casodi evidenziarecornei problemie i disagieconomicide1sot-
toproletadatoemerganoprepot€ntemente nel periodofestivo rituale.
Infatti, la questuo,la ricercadelÌacarità,che sonomotivo di vergo-
gnanel tempoordinario,duranteil Carnevale diventanocosalegitrima
e addirittura,come vedremoneììa rappresenrazione dei Mesi, 1a ri
chiestadi doni viene{atta con forza e arroganza.

I Anche Doniso nei Baccanalisfilava pc! le vie in sroppa ad un asino.

48
L'€puleroDe del mal€

Nella tarda serata del martedì ultimo di Caroevalesi assisteva


.d Ac€rra alle fine del Catrevale. Questo ancora una volta inper-
usnato da Vicìenzo, veniva fatto ardele, fucilato o fatto scoppiaîe
grazie ad un'imbottitura di mortaretti.
Non c'è dubbio che tale usanzatrascondaoroDrio la volonà di
una purificazionedel male. lt valore carafiic; dàl fuoco pressoi
Greci e gli antichi popoli è stato preso in considerazionenel capitolo
I inerente al fuoco di Sant'Axtxono e p€rciò qui non ne parlereúo. È
necessariosottolinearepiuttosto che alla caiica purificatúce del fuoco
in taluni casi si aggiungela violeoza della fucilazione e dello smeo"
bomento a mezzo di mortatetti. Comunque però ci toviamo di
fronte alla volontà di allontanareil mal€. É ouesta funzione amto-
paicadella morte procuraramn violenzaa Vicienzoassu-. anche
una valenzaleligiosa s€ pensiamoai sacrifici umani che si facevafio
durante alcuni riti traci in onore di Dioaiso ".
Talvolta però ltspulsione del male sigd4icavasoprattutto I'allotr-
tarìam€ntodel disagio economicoe,sociale.Ne è prova I testo pet la
fucilazione del Camevalepreparato da un certo Abbatiello Ono{rio,
calzolaioirì Aceffa, nel 1905 ".
. Nella fantasiadi Abbatiello nel 1905 si iesteggiavail centenalio
del furto del porta{oglio perpetrato da Camevalea danno del padrc.
Nel maaifesto si evideDzianoproprio le dfficoltà del vivete quoti"
diano, I'impossibilitàdi far fronLeai numeros;mnrrarîi per man-
caozadi soldi.
Abbatiello Ono{rio se$bra plend€rs€la aochecoù la stessape-
riodicità della vita, dei tempi, delle stagioni, le quali seppure mu-
tino di anoo in anno ritmvano seÉpre ula condizione di miseúa
e di ematginazionefra le dassi subalterne: < le lacimme sempe
!!îazie e tele sempea 'izatìlarcer.
s Por.P'Jro,de Abstí/]entia,2,8.
e G,YloL^,oti. eít., pas.578-579.

49
,O CEINENARIO A CARNEVA]-É

'a roce 'o putcelluào


lizze e s' 'o pultaie'a casa, Comme vereîte
'o ctescette. Perciò Carnevale è
addeventaiecrianira mascolo e s'
cofiÌrneo spireto e puorco: nasce e more ogni firÌno.
'o ritto nu {allisce: chi tene tlno puorco 'o 'ngmssae chi tene
uno liglio l affoga.
'Q 'o sclattamùoîte e Iacolillo 'o purcaro, mmece d' 'o
9O:,
pìrrtà 'o campùsanto'o rummanètte 'aùete 'o ciaÌdino de monache.
'O 904 nce rumm4nettechine 'e riebbete 'a 'nzì 'e capille.
-
'O 905, ha {atto a figuta soia: è campatecitrqùadtajuorne e le
facimme sta bella festa.
'O Galliano e ZnzÀ m'hanno marnata 'a citazionepe' 'e fatiche
lloro. Nicola 'o chianchierem'ha citato pecchèle venaeite'a carne'e
'nfino 'e capille, e perciò fà sta
manco l'ha p4gato. Tengo amaggia
brutra figura d'esserefucilato.
'A povera mammafa overarn€ntecumpassione:< Figlio mio -
nce dicc - aggio Fangiato sc4gnuozzoe samchiellepe' te m€tter€
I'awucato; aggro'ntiso ca te vonno manna' a morte: pregape' Íre!)r,
'o 'o fa-
Na sera Aitano 'e zì Rocco truvaieiÉ cuccato ltetta,
cettero visità a donn'Algíolo, e siccomecra venuto de campizze,le
'a 'On Matco De
dettc sette chilò t zurfalo pe' l9 fà passa malaria.
Mini.ello 1e facette crento e dduie lavativi € non ha cacciatonierrte.
'o voglio lerià
Aggia amto ci'hiù de tenta citaioni, perciò m'
i:na vota_'a tuorno; invece e le dà. tre ghiuome'e tiempe, facim-
molo tutto mò... e dimane va à 'grassà 'a rucola e pruchiacclielle
'o
e nun verimmocchiil!
Abbatíello Onolrio, Cdzoldìo

50 _.'
La rappr€sentadotre èl Mesl

,, -"?:fi!,j:l'f Éi;::.*r,#fg:.lij:meaicaprecedeo,e
Dodjci uomini a cavalìorappresenravano
ciascunoun mesedell,

:::iri!i:ffi-"i;H:ìAx],:it",::",tiL,#l#
,1,:^r."^r,*.d ogni singoìo^mese.
Luglio, ad esempio,..;;il; dt
srano,menLreOrrobremosrruva grapioli a,r"" ^-"ì*,
Jrfne,or
#T#il:: "c"'"'';;';;;i
::*i#il"i"vernarirestivuno-d;
:*:"T'jix'i.fJil;l,1TH*&Ì,iff
"*r?:trj:ff:'ff
caratteÌistiche di ogai singolo oese.
I remi sviluppati riguandaaoin n

;Xh:n*:S?bj#.ffT.i,tàil"-J,"nîii"5tÍ;::
:ixii'#,itr"li;liLT;
5ii-#T.!'J'.-tr#i'br**"1ffi
alla caÀt:ra dei oesi una funzione apot"n
jmposses:arJ,î:lJ;ifl
f :":_.T:T1,u,.,'*.si $:î-:;.fi
i^'J:!Jn,,,:n:il?.,i'i:'i,Y".::,Jà,*"'ff:il*iH
{::^;;^;.:di"*
moltl der iresi, secoodo il testo che
rioort

''l'iíi""";, :yF
#r::#,:ffl:*xi:
""#,,"-
i!,i,,::
H;!^'&i:
"'," ::J''#;,i::::.;#í#

JI
La rapp.BeEtrdonè del lÍe3t

Questo rituale aveva luogo ad Aoera la domenicapreccdente


al martedì grassoe lo stessogiorÀo di Camevale.
Dodici uomini a cavallo rappresentavanociascunoun oese dell'
anno- Ad essi si accompagnavaloPulciaella e Volaxte. L'al>bigha-
mento dei peîsonaggi si confacevaalle caratteîistiche climatidre e
allegoricLedi ogni singolo mese, Luglio, ad estopio, eta adomo di
spighe di grano, 6ente Ottobrc moettavs gfappoli d'uva matura,
Generalmentepeò i mesi i:rvernali vestivano di sorro, meoue quelli
primaverili ed estivi vestiva-oodi chiaÌo.
Lq ral4rresentazionedei mesi consisteva.nel dedamare,in piazze
stabfite della citta, un testo ,in cui si dó:aotavano gli aspetti.e le
calatt€ristiche di ogni s'rngolomese.
I temi 6viluppati rigualdato iÀ massimaparte il mondo dei
campi: si pùla del rapporto rra il contadino e Ia tera, il poratore e
gli alberi,I'araLoree le zolle.
Potremmo spiegare.lesigenzadi quesrarappreseotazione,tanto av-
vertita da richiedere ogni anno una lunga pfepaîazbae, riconosendo
'alla
cantata dei mesi utre ftmzione apotrgpaica.L'iodividuo cioè, io-
pe*onificaodo il mese,si impossessadei suoi poteú ed ha la stessa
forza dei Gení della natura. Perciò egli pouà allontanarc i temln-
rali, le siccità, i venti, ie car€stie.La stessaviolenza clle caratterizza
molri dei mesi,secondoil testo che dporrcremo, potr€bbeesserespie-
gau in rale otrica. Quatrdo infani Gemaio dke < Malo chill'ommo
ca jaîteînr?ra'o mese 'e lxnato, io ootto 'o oiento 'e teta e 'tce
îorxPo ta scdla.'Uorc ctala i4tternttta e io craA'asco,in ootto tiento
'e tefta e
Íaccio ftlsco*, senfuraquaoi voglia riferiei a quell,uso
dei Geti dí scagliare minacce al loro dio Zalmoxis durante i tem-
porali ".
Questa sorta di religione naturale ha owiamente la sua spiega-
zione nelia cultura popolare contadìna. II rappolto dell'agîicoltoìe
con la t€rla è stato sempte qualcosadi mislico e rcligioso, tanto che
già gli antichi Greci videro certi ptocessi e fenomeni della natura
so$o le spoglie dr divinità antropomorfiche. ln tal senso si pottebbe
spiegare il mito di Demetra desctitto nella nota 24, individuando
nella dea la terra e in Core-Persefone, sua figl,ia, la sementa. E < il
rapin'ìento e il dtorno di Core, significherebbero il sotterramento del
seme nella teÍa e 10 spuntar€ del germoglio, owero, con una for
mulazíone piìr larga, " l'annuale perire e rinnovarsi della vegeta_

Tali intetpretazioni allegorico-naturalistiche tlovano concolde 10


stesso Prodico di Cm", il qualc fu definito ótheos petchè aveva
affermato che., il solc, la luna, i {iumi, i ptati, ì semi e tutte le cose
simili a questi > sono le vere essenzedegli dei Greci'
Podirio "' addirittùm spiega che I(ore (: Penefone) non è alto
che un{i personficazione femminile di K<íros = germoglio.
Questo sentimenlo religioso verso la natura, anche se mitigafo
al massimo, è presente nella cantata dei mesi. Un ulteriore indizio lo
potremúo titrcvare nel cavallo usato come mezzo di tîasporto dei

Il cavallo, come abbiamo potuto vedere precedentemente, ve_


niva infatti urilizzato quale animale psicopompo, cioè tlasportatole di
morti al luogo di sepoltura. lnoltle, secondo 1o stesso Rohde ", i1
cavallo è simbolo del mortu già entrato nel rcgno degli spiriti
Accanto a queste motivazioni î€condite, concrctammte 14 fap-
pÉsentazion€ dei mesi sewiva anche a realizzate una congfua iac-
colta di doni da portare a casa. Gli organizzatori della sfilata in{atli,

51Ea,JDoîo, bistoide, 4, 93, 94.


$ Cfr. E. RoHDE, ap. cìt., paa 291 L'^ú. sra ri{erendo circa aÌcme
interyretazjoÀi di nitologi suoi contenporanei e noD esPdme la sua opinione-
5, Piodico di Ceo fu scolar.2 ad Alene e si GcuPò sopMttutro di norale
senza tralisnate dessivam€nre da qu€lla dei padri Lo sîesso Socr.te, se non
fu suo scolm, espressesiìma per lùi. Scisse < I€ staeioni > e un saggio < sùl-
I'esiÌtezz. delle parole >.
d Cfr. SEsro EMPIRrco,Connestari scettici,adr' Matb , 9,5152
6t 7^ EvsE!ro, Praep.ep.,J,II,1 ,9
6, E. l.otlDE, ap. cit'., pa9.244 24,.
erano per lo più dei bfaccianti e del rlen dt\, i quali, come posa
riLuale, una violenzaarrogrnre ,versoi Joro signori e
,assumevano
g|t ctùedevano. anchecon prepoLenza. qualcosada portarerìa. Vedi
ad esempioPuìc.neìlacheúce: " Ohè, uutena4 m?'e date?E ia da
ccafi b îze fle taco!,>.
Il ruolo di qu€sta maschera,poi, 10 analizzeremopiìr efficace-
menrene1paragrafoche la riguarda.
_ Infine è necEssadoaggiungereche oltre a quei cafatted geherali
che abbiamoindividuato, ogni meseassumedelli caratteristicLepro-
prie. E molto sp€ssociò che conta è la bravura. l,estro e 1a fantlsia
dell inrerprere.
Noi riporteremo il testo raccolto ad Acerra dalle testímo!ìianz€
dei signori: I)e RosaAnronio, detto 'o Vutp*ciello; Giovand Crispo,
detto 'o Pacchiottoe GiuseppeCrispo, detto ancL,e\ui ,o pacchinito.
,A TRASUTA'E PULECENELLA

Signuri,'i a tutti ve salutol


'I sò Pulecenellapappore, p4ppone
e pofto sempe'ncapa 'o cuppulone.
T;r'''* '. .,'i-
"i--.
a coppo Castiello scennimho,
cavurArenuie simrrìe.
'E tielle vecchíe
nove 'e facimme.
Ciave, signuri miei,
gruossermezzanee piccol€
e cu na gfande reverenzae
senzacedrffnonie apparicchi4te
na quacquelad'ove lútte
e pe' cumpagoi4na papeîacotta.
Signò, mè, preparate ll'ove.
F ci 11'^-..,,^ '. r.-ir-
'penziere 'ncapenun ve mettiler
scinnite abbascio'a cantina
e pigliate nu pizipapariello 'e vino
ca '4 saluta vosta nuie veviinÍIo,
Si manco chestotenite
penzierc 'ncapenun ve mettite:
jate a d' onna 'Richetta
e pigliate na stecca'e sigafetta,
po pigliate la furcina
e span-dtela p$t€ca china
'e sesicte,sìrpersatee pettoline,
tutto chello ca te0ite.

54
QuannoPuJecenella teneva e renat
tcneva amice, paliente e cumparc,
Mò ca nun tene cchiìr nimte
ha p€rzo amic€, cumpare e paÌiente.
Signuri oiei, ai€tcsselaalluccaie
'a ciucciuvetnìla 'mponta 'o
mulino
e stanott€ nrm'è Írmuorto 'o ciuccio,
Piglìa o ciuccio,lmva'o ciuccio,
ancappa'o ciuccio.
Aggiu pezu 'a cor^, 'a caea
e a c^Wza d 'o cjuccio.
Aggiu truvato 'o ciuccio,
oiccaDno'o ciÌJ.ccio\oiene scheúosaînenteinàicata una dei presettì)
Veneno ancora 'e nenne appiesso a mme
ca riceno: < Oh, Pulecenellamio,
Pulecenellumio, avitene pietà 'e me
Pulecenellemiol >.
Signù si ì moro à vuie ve rcsto 'o 'titro;
nun me attefmt€ 'nzieme a ll'ati muorte,
faciteme na fossa longa e stretta
pe quanro na€ cal)estu mlseto cuo4)o.
E me mettite sausicchiea cape
e supersatea pierc. Quatto fiasche
'e vino mrn'è mettite pe' c4rìÍele.

Signù1,arricurdateveca Pulecenella
è mrnuorto 'nviso di vigliaîza
e cu nu casecavallo ha fravecamtre mure
uno a Santunerdo,uno a Tuledo, e n'ato a 1aFerovia.
Signrì, chisto è PulecenellapapponeJpappone,
vuie moe date sausicchiee io rnme 'bbotto
iflto 'a manecae acc]ussì dongo a campae
tutto stu battaglione.
Neeel Vule nun mme date?
E io da cca ouo me ne vaco.
VOLANTE (Foft e CapoAatno)

Io son VolanLe
e Volentied di Tutti.
Sono il comandante
di questa truppa,
sono il babbo di
questi dodici figliuoli.
Fatti avanti a quesri signorí
e conta l€ tue ragíou. (índicando il mesed.i gennaio)

5ó-.
JENNARO

Signuri.i a lutri v€ sshrtol


Vui€ avite 'nriso a Pulecenella
ca è capacee mò sentite b mese
'e jennaro
che ve dice.
Sentitesru multetoca
sò poche parole e nimte {rutte.
Venenoancora'e nenneappriessoa me
ca vaono ttuvanllo 'a 'nJ€rta,
t capo e lanno sò chìamm;ro
e songo'o primfno 'e tutte.
'I sò 'Innaro
e sò plimm'entmtutar
sò mieie rc e pucl.rtare,e 'vaco a
caccia''e viecrhie e 'e plrtaturc.
Malo chill'omrno ca jastemma o Írese
'e 'Innare:
'i votto 'o
viento 'e tetta
'ncr
e mmpo 'a scala.
'Lloro cu la jast€ssìa
e io cu ll'usco,
votto vimto 'e terra e faccio frusco.
Signò arricurdateveca 'a mala sciorta
è d' 'e putature ca se úangiano
'o peÀecturo, p€futo
e sehzasale,
'o vino d' 'a sculatùtt e
tutte
'e cape t sarache
sfracemte.
Tantu flu portano l1oro attuorno
a chilli .aurune, pe' quanta
carìnavesta a muntune 'o fusare Agoano.
E chi mammabella 'nce dà na guaglioaa
a sti villaoe ruzze, cafuft?
Chella ca auo 'a trova proprio
a mma&tà,
Àrac!
FREVARO

Signuri, 'i a tutti ve saluto.


'l songoFtevaro cutto,
amafo
e peggio 'e tutte.
Che spezio ve pozzo fà
into a vint'otto juome?
Pe' tramene m'acalo 'nterra
e piglio sta frusta
nun ve faccio avutà
cchiìr de n'ora attuomo.
Signù, compatitemeca auanne
e st4fa fia grossaseccetae
pure 'into b sciardino mio aggio menato 'a zeppa.
E si Frevaro v'La dato sgusto,
rnò vene chillu straccione'e Matzo e ve dà
cchiùrgusto.
Atrc!
-MARZO

Sorgio, Risoîgio,
'oiccannoa Tatonno 'o Vurpiciello,
ancom è vivo e nun è mmuotto,
Signori, io a tutti ve saluto!
Stamoatina 'a mugliera 'e Marzo
st€v411ùpoco 'nmllarata
e ll'aggiu ritto: < Francè, mangia! >.
< Nun trbogliu mangià>.
< E pecrhè nun bbuò mangià?>
< Stoogonu poco scunti€ota
pecchè stammatinachiuveva
e mò è sciuto bofitiempo! r.
E già ca è sciuto bontiempo
'nce facimmo sedtì nure na parlate
a sti villane, ruzze, cafune, fetiente,
Signìr, 1 songoMarzo
e cLillu bellù mesecapo
d' 'a primmavera sò chiammato.
A mroe aspettanosti villan€, ruzze, ca{ùne
pe' se levà stÌacce,petacc€e cauzettune.
'I sò nato cu 'a mancanza'e luna,
n'ora ve fa&io ticco e n'ora ve faccio povero,
'nfuso,
obra ve faccio asciutto e n'ora ve faccio
n'ora ve faccio bello e l'ota ve faccio bnrtto.
Ma 'i si 'ngrifo va faccio levà
'4 camrniss. .;

59.'
Si aggtogna,ve faccio cadè
'e dete cu tutte ll'ogne.

Zappo e taappo cu sta mia zappella,


e manglopane e pì.roÌfee stongosemperiuno.
Stongoc'ontro 'o pucutato 'e nufdese
e 'o viecchio scartellato
quanno e cerevelìemeie sramo ncazzare
Stongocontro a don Nicola lo Prevete
ca patisc€ 'a rcgnaJ
p a zì Vicienzo quatt'ove ca
patisc€ 'o male franctse,
Chestaè'a cetta
e tutÎo è cùmpreso,
'a putite spedì a qualunque
f4rfi..i, t"n haFaè

Signò,a Frevaroavitefatto'a culata?


E Marus pazzo,cazzov'ha sectatal
Arre!

60''
ABBRILE

'i
Signuri, a rutti ve salutol (cotl 1)oceellefl.rttata)
lo sonoAbbrile e gli alberi
aqrettano a mrrre ca guadsco Ia term.
Io sonoAbbrilee ddolceè donnire,
gli auciellia cantare
e gli aìberia fiorire.
Di questi fiori ne colgo un mazzetto
e lo dò a Maggioche è piir giovinetto
Al e!

61
MAGGIO

Signuri, 'i a tutti ve saluto!


Io sono Maggio cu 'na bella entata,
ll'uorio siccoe 'o grano 'ncerato,
Io sono maggio,maggior di tutti
e maggior d'ogni rnese.
D'oro e argientone guarniscotutro
e olo e argiento manno pe' ogai paese,
E vuie, nenne,amatea Maggio '
'e veru cofe, ca Maggio 'o
è vero mese
d' t 'nnarmuste
quanno vanno a fà 'o ìippi lappo
'into 'o plate,

E pure li ciucce vanno a 1la flresta,


chi arraglia, cLi alluccae chi fa festa!
A!îe!

62
LUGLIO

'i
Signuri, a tutti ve salutol
'I songo Luglio cu stìr calru' Îu'tu
jateme a chiamoa nu Poco
'a
fislia e lu mannese
." gt.gn. sò d e misee sò d.-e ltutte'
"ií
e sta rerram ha rutlo o cJrro e la carresa
Ca$ecaamicu mio, ca nule stalnmoasciutto'
'nce perdimmo a spesa
ca si oun chiove,
'a tutto
lufnata ncecarrecamÚo
e 'nce oe jammocantannoa Ia caÍeseL
Arre!

ó4
' attsTo

Sígnuri, 'i a tut i ve salutol


'I songoAusto e cu nu grao calore
a llietto crr le donne nuîr ve cuccate'
Magnateveha menestellacù gîan sapore,
faricatepoco c'assare campate,
Io songoAusto e Pieúo d'infereità
rcngo stu rDio fronte
s1mancoÍlme vattessecu stll
alio maglio appoeta.
Si o mieteco nrme arúdinasse na merecina
io pe' dispietto me rnargiassesta vallina
Si po' mo'aurdinassepe' malato
mme mangiassepaste e {asule
comme a hu dislÉîato.
Si po' m'aurdinassetre quattucieoto muglicre
'e
rnm' t mette 'nneDzee mme porto p€' sete
e 'nce facessepassàftiddo, quartanae freve.
Si chelle po' stanno appiciate
'e porto a cantila d' 'o P€rciste.

Si po' stadrc 'ncaloîe


'e porto 'uno 'a via vecchia
d' 'o Pagliarone.
Arr€!

65
SETTEI.{BRE

Signud, 'i a tr:tti vc saluto!


'l sò Settembre
cu sta fica moscia
e lÌ'uva muscarelJa già finisce.
Si quarcuno 'e '".ùietenc 'a paposcia
'ncì 'a
io ma$eioe a passobellaliria, liscia.
Stammattinaaggiu jiuto a Ftasche
a fà nu carro 'e fidre perzechee mele lisce.
Signòchisto è 'o meseca conta ll'uvaiuolo,
fiche perzedree mele lisce
a 'dduie sode 'o ruotolo.
Arrel
UTIOBRE

SigîÌuri, 1 a tutti ve saluto!


'I songoUttobre e ct sta
fescenavennegtra
stlva fesca ne pofta llu s€gno.
Acdrssì v4cotruvarÌno quato nennebelle
ca mme regtreDozel4)e.zeppesti cupelle.
'I songoUttobre, e b
cicioiello oio
è cchiù supra[o d' 'o regno.
'o
Quaono ciciariello mio è chino
'e vino 'bbuoao,
tutte tre fa padà: Tedesclree 'Taliane.
Jammo, tanno s'aîrednenosti quatto
femmenelle,quaonovmeno 'e Íraúte a fofa.
e schiaffanocu 'e come 'nteta,
Arre!

67
NOV'EMBRE

'i
Signui, a tutti ve saluto
'I sò Nuvernbree capo d' 'e surcatù-resò
chiammato,e ognùno sriscia la sua semminella
e lo pule vaco tlovatrìo
'na
nu guaglìoneo nennabella ..
'rìn4nzesta iumÍìenlella
ca mme tira
Peghiamo al cielo ca ce manaa
na bbolla stagloDeca tlavagJiammo
tutti allegtain€llte:
chesto 'o semmenope' me
chesto pe' ll'aucielle
e chestope' 'e aennebelle
Aìle!

óE
DICEMBRE

'i
Signuri, a tutti ve salùto!
'I sò Dicembre addicembraio
'a scrìlatura 'e tutte
sti belli misec'hannupassato.
Stammatinamm'aggiufatto na menestella
cu chell'ussarellee chillu purcelluzzo
ca nufì aggiu accisoancora,
Pò filî'aggiu fatto ne cammenata
pe' sti putechelle
e na pruwista pe' sei înise 'e farenella.
Tengo na votta 'e vino vetdisco
na bella mugliera e 'o lí€tto frisco,
n'ata la tengo a la morela
e arriwdelcio all'anno ca vene,
E si 'nci 'obbetimmoe campammo
aîrivedercio a tutte quant€!
Atre!

69
PTJLCINELLA

La ptesenzadi questa maschetadutante il camevale popolate


acerranoè tanto massicciada îorr permetterci la sua esdusiorc dalla
n6tra trattaziote. Non staÌ€moperò qui a tessercla stofia, già trol4lo
lunga, di questa maschera,nè statemo a disquisire sull'origine del
suo nome. Ci soffermeremoinvece sul tipo, e sul ruolo, eminente-
nrente popolare, che Pulcinella assunrenella cultura cotrtadinae sot-
toproletaria.
SiaÍ)o pedettamente daccordocon il Croce nel dire che < Pzl-
cinellaxon ti può d,efinire.Delle molte deliniztonícbesi sonolentd.te
di lai, xessrna è parsa sodàislacentee nessura è rcstata. (...) Pttlci'
hella non iletig a utt ìletermihato personaggioaftktico, ,1a utta col'
lezioxe d.i petsonagi, Iegati tla lorc soltd to da ut nome, e lino a
uÍ ceio tegno,d,aana mezzamascheta kera,da un cafticiottobiLfico,
d.aun berrcttonea panta> "",
Pulcinella, al pari di Maccus,fu l'immagine del tipico contadino
campano,la crJrtapiefttia si condensavanel saper vivere alla meno
peggio, nel saperservire contemporatre4mente due o più padroni, nel
saperla &re con garbo, ma anche con atrogaaza,4 tutti e in ogni
occasione.
È proficuo vederein Pulcinella l'assolutizzazionedi una filosofia
di vita, di uoa saggezzaschietta e popolare, di una latio aioenài che
ha catattetizzatoi secoli passati e che tuttora alligna in taluni ceti
sociali aon ancoraemancipatidel tutto. Pulcinella nella cultura popo"
lare ra14>resenta un Eústo dr qualunquismo,oppotunisnro, fatalismo

6 Ch . B. CaocE,P"lci"ellr, in Saggisulla Lerteratui. Italiana dd Seicento,


Brd 1948.

70
'A STORIA 't PULECENELLA
PRIMMA
FRAVECATOREE PO' CAFONE

'O 'llado, 'o 'fario,


{aciteoe passà.
Io sò PulecenellacLillu
papponejpappone,pappone,
ca cu 'inmico nùn ce pututo
marepazziìr 'o cannoo€,
Nu juomo isso 'a coppa
Sant'Elmo mm'è sparato
t palle 'mmano aggjupatato
e sempeafreto a vùie rortr'aggiutfuvato.
Nu juorne mme passava'nfantasie
e andai in ferrovia
e steveoodduie taiene,
uno venevada ccae n'ato vefrevada llà
e steverìo 'mpericulo 'e se tr*zà.
Ma nun avevo 'i stessocommefa,
Che avietto penza 'e fàr
,'rietto ou fircuzzonea urm,
e n'ato a o'ato €
trúte t dduie.aîreto 'e faciette tumà.
Cchiù 'nneozaaffruntaie da vaiassaca
dict'tte: < Mastu fravecatò,aa.tu staie * rpasson
Puozuejre cecatacu stu
bìuoccoleaccnssìgruosse'ncapa,
s€ À€ veDesta signora e mrre
'into a nu gruosso
Pùîtai€ ca.úmalone.


'a
Ca pozzano accirere: chella
'a cemmeneta.
teneva cchiìr nera es,saca
Me ne avietto fa tte passate: lma
allerta, n'ata cuccata e n'ata scennetrno
'e
scennerìno scde,
'i
Commo ca l'eva r€cnate
ceftaEErìtemmrammerdavonu'rucato.
Se ne vene chella slgton malandùna,
cbella ple.za de mappina:
< 'Mmanemiettecemenu carlino >.
Ne€ signò, tu a mme pe' cchi mme pigliato?
'e
Pe' chilli maste fravecatoteca
spuzzaoocesset luogo comìrne?
Tu si viene a casamia è n'atmonia.
Tre frate 'e mrie simme, te manganiellearmate:
'e
uno tfua 'e zavorte, n'ato ciavatdle
'e 'e
e o'ato manech€ cato.
Mò ca e fravecaturenun contenocchiì1,
'into 'e cafune:
mm'aggiu mmato
'A prioma ardegnaca pigliaie 'mmaae
'a
chella era gralde comhe na spada:
'a
B€neritto primma cchi cúaie
'a
po' cchi armal'e,chella era vanga,
'e
chella accitr cristiane.
'a
Nu juoroe capitaie faticà
fura addò stu mio padrone:
'nzepPavoa lh,
e io 'lzcppavo a cca,
m4 coÍlme Íraie putevo sa1Èvalghià ca
avevofatto 'o fravecatole?
Se ne vene stu mio padrone e drcette:
< Chestoè 'o vanghiato ca nrme faie?
ree cdore? > Sapite vuie'ca Pùlecenelle
'e 'nczzuso
è stato s€n4É uno drilli
'a
'e ca1x, titaie vangae 'ncr 'a rllEpiett€ 'mapo'
lsso già na scuppettata mm'evamenata
io'a vra t cotza mm'evaPigìiata
'o
CCIúìLnnanzeaffruntaie giudice,
'o deligete e l'ass€ssoÌe.
Dicette: < Chestesò t guapparieca mme faie,
tu caforct Jescealla priggione! t
,A STORIA 'E PULECENELLA?RIMMA
FMVECATORE E PO' CAFONE

'O 'J.lado,'o 'llario,


faciterne passà.
Io sò Pulecenellachillu
pappone,pappone,pappon€,
ca cu 'rlmico nun ce pututo
'o
r$ie pawiìt ca-onone.
Nu juorno isso 'a coppa
Sant'Elrnoflm'è sparato
'e palle 'mmano aggiu parato
e sempearreto a urie mm'aggiu truvato.
'nfantasia
Nu juorne moe passava
e andai in fermvia
e stevenoddure ttiene,
uno vmeva da ccae n'ato venevada llà
e steveno 'mpeticulo t se tuzrà.
'i
Ma aun avevo stessocommc fa.
Che avíetto,p€nzà t fà:
'rietto nu fucuzzonea uto,
e n'àto a d' t'o e
tutt€ 'e d&rie aileto t faciette tumà,
'ouesza affruqtaie oa vaiassaca
Cdriìr
dictte: ( Mastu fravecatò,ha'fu staie-* spasso)
Piroue ire cecataclr' stu
'ncape,
bqroccoleaccussìgruosse
se Àe vene sta signoîa e m-m€
pútaie 'into a nu gruossocatnm4ronc.

7t
'a
Ca pozzanoaccfuere:chella
'a
teneva cchiìr flera essaca cemmeneta.
Me ne avietto fa tre passate:una
allefta, n'ata cuctata e n'aia scerìnenno
scennenno'e scale,
Commo ca 'i l'eva rcctiata
ceîtam€ntemm'ammerdavo nu'tucato,
Se ne vene che11a signora malandrha,
chèJlaplezzade mappina:
< 'Mmane miettecemenu carlino >.
Nee signò, tu a mme pe' cchi mme pigliato?
Pe' chilli maste'e fravecatoreca
spùzzanocesse'e luogo comune?
Tu si viene a casamia è n'afmoÍua,
Tre frate 'e nuie simme,tîe manganielle aúnste:
'e
uno tim 'e zavorrer n'ato ciavarelle
'e
e n'ato 'e maneche cato,
Mò ca le fîavecaturenun contenocchiù,
'e cafune.
mm'aggiuflenato 'into
'A primma ardegnaca pigliaie 'mmane
'a
chellaera gtandecomme na spada:
'a
Beneritto primma cchi criaje
po' cchi armaje,chella era 'a vangx,
'e
chella accire ctistiane.
Nu juorne capitaie 'a faticà
fora addò stu mio padrohei
'nzeppavoe Ìlà,
e io 'nzeppavo a cca,
ma comme inaie putevo sapèvaoghià ce
avevo {atto 'o ftavecatote?
Se ne vme stu mio padrone e dicette:
( C!Ésto è 'o vanghiotoca mme faie?
nee cafone?> Sapite vuie ca Pulecenelle
'ncazzuso
è steto selnpeuno 'e chilli
'e cape,tiraie 'a vangae 'nci 'a ruÍìpiette 'ncapo.
Isso già aa scuppettataÍún'eva menata
io'a via t corza mm'eva pigliata.
'o
Cclúìr nnanzeaffruntaie giudice,
'o deligate e I'assessore. '
'e
Dcette: ( Chestesò guapparieca mme {aie,
ru cafone? Jescealla priggione! >.

73.
Io 'a priggione aggiu juto,
'a
cundannamia s'è tirata
tr€ arìni aggiuavuto. rplxna a
n annoaggiuasciulo.
E truvaie 'a chella 'mpesaca tengo 'a casa.
Io nun 'a wlevo, nun 'a vulevo e nun 'a vulevo.
Gente, adda avè nu riscenzochi
mm'amenavape' 'naenze,
Gente, adda avè nu culera
chi dicenepigliarellape' mugliera.
Gente, addaavè nu ventocoto
chi 'nce mettette 'a primma parola.
'l nun 'a vulevo, nun 'a
r,.ulevo,nun 'a vulevo,
'e
Sapiteca tre mise bbona
vita 'nci aggiuJatto.
Sei misemm'è stata 'into 'o lietto cuccatr
e 'ncapo 'e nove m,isemm'è sgravata,
E sapite ca mm'ha cumbinato?
Cinquantanovesausicchiee sissantasupetsate.
Sapiteca Pulecenellaè stato sempeuno
'e chilli lgannaruti 'e
sti cose.
Io sò Pulecenella e sò struiro e pennae faccio
ammorecu na guappanefifÌa.
Sta nennella v€tre a Put€riza
'o pate se chiammaTanino
e 'a mammaCincurenza,fà
'a putècae nun {à
crerenza.
Io sò Pulecenellad' 'o marcato,facoio
ammorecu diciotto 'nnaîE$urate:
sei 'mmiezo 'o marcato, sei 'mmiezo
'a
Nunziata.e s€i inro 'o punoned 'o diligato.
Quaano mme vedeno a mme: < Pulecenellamio,
quanto sì bello e quanto sì gido ).
Uhè, ma 'a cca 'onna ascì 'e sasiccie.
Si t sasiccienun è tenite,
penzierc'ncapenun ve mettit€,
Pecchèmm'ha tnanaato bnna .Rosa
e nun me n€ vaco 'a ccà si nuJl j€scecolcosa.

74
Io 'a priggione aggiu juto,
'a
clrndannamia s'è tirarÉ
tr€ anru aggiuavuto, appena'4
a'anno aggiu asciuto.
E truvaie 'a chella 'mpesaca tengo 'a casa.
Io nun 'a wlevo, nuo 'a vulevo e nurr 'a vu.levo.
Gente, adda avè nu riscenzochi
mm'a fnenavape' rnnefìze.
Gente, adda avè nu ctlera
chi dicette pigliatella pe' mugliera.
Gente, addaavè nu ventocoto
chi 'nce mettette 'a primma patola.
'I nun 'a
wlevo, nun 'a wlevo, mú 'a vulevo.
Sapite ca tre mise 'e bbona
vita lci aggiu fatto. -
Sei misemm'è stata 'inro 'o lietto cuccara
e 'ncapo 'e nove mise mmè sgravata,
E sapite ca mm'ha cumbinato?
Cinquantanovesausicchiee sissantasupefsate.
Sapiteca Pulecenellaè stato serrrpeuno
'e chilli 'nganoaruti 'e
sti cose.
Io sò Pulecenellae sò struito 'e penna e faccio
ammorecu na gu4pPan€nna,
Sta nennella vene a Putenza
'o pate se chiamma
Tanino
e 'a mammaCincut€nza,4à
'a putèca
e llun fà cfercnza.
Io sò Pulecenellad' 'o marcato, facoio
ammorecu diciotro nnaúunutate:
sei 'mmiezo b marcato, sei 'meiezo
'a 'Nunziata,
e sei 'into 'o purtone d' 'o diJigato.
Quanno mme vedeno a mme: < Pulecenellamio,
quanto sì bello e quanto sì rigido >.
Uhè, ma 'a cca 'onna..ascì'e sasiccie.
Si 'e sasiccienun è teoite,
penziere 'ncapenufl ve mettite,
Pecchèmm ha înamato 'onna Rosa
e mrn me ne vaco 'a ccà si nun jescecorcosa,

74
PULECENELLA'O PARULANO

'a 'e
Stammaúnaè matina Pasca
'e {igli miei pe' 'ncoppa 'e frasche
teccovearciula e dateme 'o fiasco,
Date corcosaa chella poveta Rosa
ca è juta a Napule cu 'o pdrnmo treno
e a chest'ola ancofa nun vefle:
perbeoecorche napuÌitane s'a tene.
'a signota
Sia fatto non sia fatto
cu Richetto sotto 'o lietto se oettette,
e nun saccioquanta caucie e schiaffe c'avette.
Venite alla ÚÌia parula: sta uno
'nfrischi 'nfrasco, lattugu ella e
ciuctriella 'e Pasca.
Un giorno verdva una pacchiana:e mme dice:
< Af buongioîno,buondìparulano!>
Uhè, buongiorno, buondì pacchiana!>
"
< Faome na 'nzalatella 'a coglie 'e
piecuree zizze'e paccfiìana ca
nun ce capa'into a sti 1Danen.
Io pronto pronto le facietto oa
'nzalatellaa coglie t piecure e ziz?Ét pacchiane
ca nun c€ cepevainto a cheÙimane.
Essa a uocchie e uocchierrtme urleva
dà pe"fforza 'a quarturanasoia'mmane.
Dicietter < Ohi né, vatterìne a 'into 'a psrula mia
ca sti clse trufl se fanno r,
lo 'a priggione aggíujuto,
'a
cundannamia s'è ri-rata
tr€ afì[i aggiu avuto, 4ppena'4
n'anno aggiu asciùto,
E truvaie 'a chella 'mp€saca t€ngo 'a casa.
Io nun 'a wlevo, nun 'a vuÌevoe nun 'a vulevo,
Cenre,addaavènu riscenzochi
mm'a menavaf'€' 'nnenze,
Gente, adda avè nu culera
chi djcertepigliarellape mugliera.
Gente, adda avè nu ventocoto
chi lce mettette 'a pdrnma parola.
'I nun 'a
vulevo, nun 'a wlevo, nun 'a r,rrlevo,
Sapiteca te mise 'e bbona
vita 'nci aggiufafto.
Sei mise mm'è stata 'into 'o lietto cuccata
e 'ncapo'e nove miselnm'è sgravata,
E sapite ca mm'ha cumbinato?
Cinquantanovesausicchiee sissafta supetsate,
Sapiteca Pulecenellaè stato sempeuno
'e
chilli lgahnaírtí 'e sti cose.
lo sò Pr.rlecemlla e sò struiro 'e pennae faccio
ammofeqr na guappanenna.
Sta nennella vene a Putenza
'o pate se chiammaTanino
e '4 mafnlnaGncurenza,{à
'a putècae nun fà cretenza.
Io sò Pulecenellad' 'o marcato, faccio
ammorecu diciotto 'nnarrmurate:
sei 'mmiezo 'o marcato, sei 'întniezo
'a 'Nunziata, e sei 'into 'o purtone d' 'o
&Jigato,
Quanoo mrne ved€no a mme: " Pulecenellamio,
quanto sì bello e quanto sì rigido >.
Uhè, ma 'a cca 'onaa,ascì le sasiccie.
Si 'e sasiccienun è tenite,
penziere'ncapenun ve lllettìte,
Pecchèmm'ha hannato 'onrra Rosa
e nun me ne vaco 'a ccà si nun jescecotcosa,

74
PULECENELLA'OPARULANO

Stammatina è 'a matina 'e Pasca


'e figli miei pe' 'ncoppa 'e frasche
'o
teccovearciula e dateme fiasco
Date corcosaa chellapovem Rosa
'o
ca è juta a Napulecu pimmo trefo
e a chest'ota ancotanuft vene:
perbenecorche napùlitane s'a tene.
'4
Sia {atto non sia Jatto signoîa
'o lietto se mettette,
cu Ridretto sotro
e nun saccioquanta caùcie e schiaffe c'avette
Vmit€ alla mia parula: sta uno
'nfrischi'nftasco,lattuguriellae
ciucuriella 'e Pasca.
Un giorno veniva una pacchiana:e mme dice:
< Ah buongiorno,buondì patulanol>
n Uhè, buongiotno, buondì pacchiana!>
<iFafime na 'nzalatella 'a coglie t
pieotte e zizze 'e pacthianaca
nun ce capa'into a sti mane>,
Io pronto pronto le facietto na
'nzalatellaa cogJie'e piecure e zizze 'e pacchiane
ca nun ce cap€va'into a chelli mane.
Essa a uocchie a uocchie mme lrieva
'mmane
dà pe' 'fforza 'a quattùranasoia
'iîlto 'a patula fiie
Diciette: < Ohi né, vattmne a
ca sti coseoun se fanno rr.
'a
Jetto casatutto sbattuto
e mrmmema dicetre:" Guagliò.pronropronro
e lestulestu,levate e pannevjecchie
e miettete t panne nuove p' ,o
juomo 'e feste e va$me
a bbennere stu ttaino 'e menestal)>
lo pionto pronto e lestu lestu
me levaie t panne viecchie e
rnme mettietre chilli p' b juorno ,e {esta
e jette a bbemere b raino 'e menesta.
E mme faciette Ftatte, Ftarteciello,
Cardito, Catdetiello, Caso a
e jette a bbennerc 'o traino 'e cicotia_
Ma se ne venette 'on Gloria,
'o nepote
d'o sinneco t Casoria,
ca vul€vape'ffofia nu mazzo'e cecoîia.
E io riravo'a capad' 'o ciuccioa ccà,
e isso terava 'a capad' 'o ciuccio a ,llà,
se ne iett€ 'a ma|nmoria e 'nfmnta
lle schiaffaio 'o mazzoè cecoria.
E mme faciett€pure 'e ddestemmonia.
Mme facietto'o Cacato,'o Pisciaro,
'o schefuso 'o
d' diligato,
a Peppescuppefta,fucile 'a baiunetta, ca
padennocu disperto,secacavaint' ,e 'brachette.
Trentaciachepagliare, 'o mierecod'o culera
cu tutte 'e figlie 'a fucelera.
'a
Jette casatutto sbattuto
e mammemadicette: < Ilhè, guagliò ma che rè? >
<{Ohi, mà, statte zitta e nun spaÌìnere
sti penneca si no jammetun' t dduie
a lìi cancelle>.
Mamoa commechestaca sentettea d, 'o
a\,.vucatorùo cuflette.
Awucate mio se chiammavaAssessore,
e 'o dieceAusto nun ha è pavato maie ,o pcsone.
'o 4wocatoj
Quanno jette a d'
awocato mme dice: < Dì parulano,

76
ma tu tiene 'e destemmofrie?>
< si! >
< E a chi tiene? >
'o
< 'O cacato,'o písciato, schefuso
'o
d' 'o diligato, Peppe sorppetta, FÌrcile
a bajunetta, parlenno cu dispetto se cacava
'into t bbiachette. TrmtacincLe paghare,
'o mierecod' 'o culeracu tutte 'e figlie
'a fucelera>.

Awocato mio commechesto sentette


'o pruciesso'nfaccio mme stracciaie
'a
Io d' 'a ptiezza casame truvaie.
'a casae mammema dicette:
Jette 'e
< Guagliò pronto pronto levate panneviecchie
e miettete 'e pannenuove
e a curlo a curto va a Caserennuove,a bbennere
sîu traino 'e puparuole>.
'e
Io plonto pîonto mme levaie panne viecchie
e me mettiette 'e panne nuwe
e jette a cutto a curto a Cesetennuolo
pe' bbennerestu traino 'e Puparuole.
'into Caserennuove
Pdmma 'e tr4sire
ver€vo n' ammuina,ma nufl saPevoca sev4.
E addumandaje a na vecchia:
< 'A zì ma cher'è chella ammuina?>
<E na zitd >
< E commesechiamma?>
< Mariuccia r
<E'oma to?>

< E addò sta de' casa?>


< 'Ncoppa Sangennare!>
< E che {fà? >
n 'O sellare>.
< É chill'atu juorno? >
< 'O putecare>.
Tantade ec;ucee e buffec avienc
'a
mme truvaie sotto 'o Letto d' zita.
'A none smtevofà 'mpisìr'mpisir:

7',|
< Tu mme vuò arrub$ 'a cammisa?>
'I ca stevo soîto 'o lietto
diciene:
< Stanoîtepe' mmaree pe' term è tutta festa>
'1 ca stevo a sotto 'o lietto
diciette;
( Avite visto 'o cartu mio cu 'a menesta? >
'O zito a coppa 'o lietto se menaie
e pe fujre 'e forte
tuzzai€cu 'o fronte 'nfaccia'a porta,
Pe'fa pronto a letto, mme tîuvaie'a casad' 'on CatmeloSiquesta
ca sta de casavicino 'e {eneste,

7E
INDICE

Pag.
L'asp€tro indiliduàle 1
8
Il Carnevalebotghee
It Cqrnwale popolarè
19
la laneDrùiore tunebre pe1.Clrnevale
2t
La struttùa muicale deile tan€nrazioni
26
La strutrur. iitmi@aelodìca dela filasrrocca .
27
30
t4
)7
39
4L
43
Il rito delle e*qui€
. L'cspulJione del nale
'O .ebtetúio 'a 49
Canetate ,0
La rappr€senrazionedei nesj
5l
Pulcinell& 70
'A 'e
ttotia Paleceie d 72
Palecexe . 'o patuldno
75

79

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