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IL CARNEVATE ACERRANO
NELLA
TRADIZIONE POPOTARE
PREMESSA
L'aatote
In tu*e le manifestazioni festiveaventila loro ritualità,la loro
funzione socializzatrice,come il Carnevale,è sempre utile ricercate
i due aspetti carattedzzariti che ne sono alla base: quello indivi-
duale e quello collettivo.Nel cúmportamento del singolosoggetto
giocanodiversi fattori emotivi,ma quasisempreviene ad esprimersí
rn disagiopsicologico raloralarenreed inconscio.
Negli atteggiamenricollettivi, invece, si manilestanoroprattutto
i disagi economiciavvertili dall'interc gruppo sociale.
L'atpetto ixdioiduale
7'
< Sohaxto quandosono intasate, le Baccaktiattiîlgoflo dai Ji rrli
Lattee fiiele, e xan qùaxào sona toîfiate i/l rè > dire Flatonet
nel d€scriverel'estasi,la possessione delle sacerdotesse
di Dioniso,
sul cui culto, vivo pressogli antichi Greci, riromeremoin seguito.
11 ttavestimentoe la possessione realizzano,dunque, in urr'
€stasionirica quello che la r€altà e la vita ofdinada non possono
dare. Il Carnevaleriesce a dare perciò il possessodella cultura,
le possibilità materiali, lo stessolinguaggio del1aborghesiaalle classi
$baÌterne. Il sogto di una vita è quindi reallzzato ir.i poche ore di
bagordi.
L'aspetto.olLethuo
&
padri delÌa Chiesa: Tertulliano, Agostino, Ciptiano. La lerteratura
religiosa è ricca di invettive, di scritti contro i riti carnascialeschi,
i quali vengono defjniti come c€rimonie sataniche dove 1o spitito
dell'uono è preda de1 male. Concretamentepoi, questatteggiamento
{u convertito, in mano ai parroci € ai vescovij in meschini espedienti
per distogliere l'animo dei cristiani dalla festa.
Infatti, tuttora ad Ac€rra. come del testo in molte zone della
Campania, nel giorno di Carnevale sr celebrano nella chiesetta del
Corpus Cbritì le cosiddette Q a/a11t'ote,il dto di contemplazione
dell'Er:carestia.
Per girsr'Ficare que.r'anrica e spiegarnei motivi
profondi, Mons. Nicola Capasso,Vescovo di Acerra dal 19ll al
Questo atteggiamento fepressivo della Chiesa non sempre è
stato acc€tlatodal popolo e soventeè staro {atto betsagliodi strali
ircnici e satilici. Non a casoinfatti, è d'uso ricorrercin tempo di
CarnevaÌe al trnvestimentoda frate, da prete,da vescovo,da monaca.
La sintesi infine, cioè il rito del Carnevalecon rutte le sue
manilestazioni, mostÌa indubbiamente alcuni riferimenti e alcune
somiglianzecon gli anti.hi culú di morte e isurrezione inerenti
ai miti di Dioniso,Saturno,Iside, Osiride,Opi e Cerere.
Sarebbecosaarduaper noi stare a dimosttarcla tesi secondo
cui il Carnevale campano discenda prcprio da siffatte cerimonie-
Ci limiteremo invece ad evidenziarele possibili analogietra le due
cose,pur ienendopresmteche il contestostotico-sociale, in cui da
una parte i miti e dall'altrail carnevaleebberomodo di esprimetsi,
è diverso.D'altra parre i dti mitici degli anrichi ebberouna fun-
zione emirentementemisrico,rcligiosa, menffe il Camevalecerta-
menreha ben alrremorivazioni.
Ora per meglio compfendeie queste analogie, qui di seguito
esporrcmobievementegli antichi riti di culto a cui potrebberc ricol.
legarsii Carnevalicampani.
Nell'antico Egitto si fesieggiava.osol€rinemenre i Chenbs,
le feste dei buoi, il 23 sertembre,equinoziodi autunno.Per sette
giorni consecutivi g1i Egizi festeggiavanoun bue, scelto fra i più
grassi del paese,ricoprendolo di stoffe preziosee di ori e portandolo
in processione solenne.AIla fine il bue veniva affogalonel NiIo,
menr€ in suo onore gli Egizi si abbandonavanoad oîge e a sfienari
ludi collettivi. Le donne addiritruta potevanounirsi con chiunque
lom piacessesenzaincofiere in alcunapunizione.Tutto ciò ebbe
Ijne nel 527 a.C., quando regnavaPsammeniteultimo faraone.
Durarte i Cherabssi contendevaun prernio di poesia,che aveva
come tema il mito di Ositide, marito di Iside, dio protertoredell'
Egitto e genio del Nilo, che fu ucciso e Íatto a pezzl dal ftatello
Tifone. La sposane mccolsei trisri avanzie li conservòpiangente.
In Grecia invece, si festeggiavarÌoi Baccanaliin onore di Dio-
liso-Bacco. Anche quest€ ceimonie si svolgevano all'equinozio di
autunno e avevanouna dutata di tre giorni. Dioniso, impersonato
da un pingue ed efebico giovane, veniva adomaro di grappoli
d'uva e di edera ed in groppa ad un asirlo veniva portato in Íion4o.
L'aspetto esteriore del Baccanale,improntato com'era alla mas-
sima ebbrezzaorgiastica, rachiude invece l'alto senso di rcligiosità
dei Creci. Lorigine della vira e I'immortalitàdell'animaper i
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Greci, infatti, trovano la loro spi€gazioneproprio nel culto di
Dioniso.
Ed inlatti durante i Baccaoali,come in Egitto, si concoffeva
per l'alloro poetico trattando il mito olico di Dioniso, il quale
nata che I'ultimo ad essetegeneratodagli dei fu il figlio di Giove
e di Persefone,Dioniso, chiamatoZagteo dal nome del dio sot-
tetraneo'.Dioniso fin da bambinoebbe a{fidatodal padre il domi-
nio sul mondo.Sobillatida Era, gli si awicinaronoi Titani, malvagi
nemicidi Ciove.Circuendo Zagreocon doni.coslorone guadagna_
rono la fiducia, ma mentre il dio si mita nello specchio(un dono
dei Tira,liì vieneda questiàqsaliro. Dionisocon varie trasforma-
zioni riesce a salvarsi, ma infinc sotto 1e spoglie di un toîo è
sbîanatodai feroci nemici. PalladeAtena ne saÌvaperò il cuote,
lo porta da Giove che lo mangia.Da Giove quindi nasceràil nuovo
Dioniso, figlio di Giove e di Semele,in cui rivive Zagreo.Le in-
terprctazioÍi di questo mito sol1omolteplicj, ma nella loro diversità
totte concordanonel far divenite la morte e risurrezioneÀi Zagreo
simbolo della vittoria del bene sul male e del trionfo dell'eternità
sullastessamorte.Per meglioapprofondiregli aspettídel mito riman
diamoal testodi Erwin Rohde,Psrirúe'.
Nella stessaRoma si festeggiava DionisoBaccodurante i Bac-
canali,ai quali prendevano parte anch€le sacerdotesse, le Baccanti,
pervaseda mistico furore. I baccanalisi ceÌebravanoogrni tre anni,
ma per gli eccessi smodati a cui portavano furono ptoibiti dal
Senatoromaoonel 186 a.C.'.
In onore della dea Cerere,protettricedella teÍa, si t€rìevano
gtandi feste. ll popolo si abbandonava durante le cerimoniealla
ricercadei piir fini piaceri.La ciLLàdirentavaun vero e proprio
prostibolo dove tuito era lecito.
Il dio Saturno, padre di tutti gli dei e maríto di Opi, riceveva
gli onori piìr ^ltt. I Sattunalia cadevanoil 17 dicembre ed erano
ca$tterlzzati da un aspetto unico e singolare: durante il tempo delle
cerimonie infatti t1 rcalizza'vaun'inve$ione dei raDDorti sociali. I
l1
padroni diventava[o schiavi e questi uhimi si atteggiavano a padroni.
Uno scambio rituale di doni so*olineava ancor più il dferihento
^Il'aetasa rea del regno di Satutno, quando si eta rurtí eguali e nel
fiondo vi era la pace assoluta.
Dutaùte ì Satamal;a inoltre veniva nominaro il re della festa,
che presiedeva eé, otganizzava i divertimenri per il popolo nelle
piazze, mentre i banchetti sontuosi e le otge aweoivano nelle ville
patîizle. La, gmte soleva indossare,infile, il sythesís ed rl pileam,
cioè un vestito scollato per cerimonia e un cappello a foîma di cono
stretto ed aderente alle rempie come 1l cappoloke pulcinellesm'.
k feste espiatoriecadevano,invece, in febbraio*. Erano di due
speciei Lupercalid, che cadetanoi!1,5, e r Feralla, che cadwano il 21.
Nei Lupercalia dopo il sacrificio dei capri in onote del dio
Fauno proîettore delle greggi, i sacerdoti, con coùegge ricavarc dalla
pelle delle vitrime, fustigavano i passanti mondadoli così delle loro
colpe.
Dúante i Feralia, la rìcorrenza deÌle ombre dei morti, i templi
venivano chiusi, le nozze non avevano luogo, tutti si adunavano
sulle tombe degli avì ed offrivano saciiici. ll 22 febbraio poi si
concludevano1e cerimonie con un banchetto solenne. al auale Dren-
devanopane rL Lj i cornponenride'la lawlia.
Per awicinarci alla nostra tegione dobbiamo dire che essa non
fu estraneaa nessunadelle influenze dei DoDoli che abbiamo citaro.
Iesrimoniznzearci"eologiche e lerrerarreci ,.rnf.rn_nnoche scamb:
attivi nel settore del commercio erano tenuti con le ooDolazioni
dorienre. in prn co{..e con l FgirLo.Per quanro -iguarda'a Crec:a
e Roma è altresì noto che molte città campane {urono ediiicate o
colonizzare dai Creci prirna e. ruccessiv/meìre. terure iî soggezione
politica da Roma.
Lo stesso agro acetfano non dovette essere alieno dai rituali
descritti. Testimonianze atcheologiche attestano che in Acerm erano
\rivi i culti delle divinità campane. ln particolaîe gli Acerrani do-
t2
IL CARNEVALE BORGHESE
t4
denas, XXXVII conre dr AceÍa dal 1Jl8 sl 1564 e della di lui
secondamoglie, doma Camilla Camfa della Spina. Donna Lucrezia
è indicata dal del Tufo come principessa di Squi-llacepoichè ella
'".
andò ia nozze a don P.ietro Borgia d'Aragona principe di Squillace
Negli anni successivia Napoli la tadizione del Carnevale fu
continuata. Ce ne paîlano I Fuidoro ", Domenico Confotto " ed
altd. Da tutti abbiamo notizie dei giochi cavallereschidella nobiltà;
menúe iI popolo si cimentava, alla ptesenzadi principi e cavalieri,
in farse improwisate e in buffonate.
Per quanto dguarda Acerra abbiaùo soltanto delle notizie
frammentade molto r€centi circa .d Camevale dei Signori. L'aw.
Giuseppe Viola, in{atti, Ie dporta qua e là nel suo pasticciato
diario, ormai rarissimo, dato alle stampe con il titolo Rico/d.i niei.
Da quanto egli sùive possiamo capire che il moúento di maggior
festa ad Acerra cadeva il martedì ultimo giorno di Carnevale: i
signori uscivaft) sui calessi addobbati a festa e giravaoo per le vie
della città ad ostentarela lom opulenta allegria. I signori piìr <rdemo-
cratici > facevanoallestire dai < mastrí > i cafÌi allegorici, dai quali
la buona gioventìr lanciava confetti, bon'bons e caramellealle ( ver-
gini > affacciate alle finestre. Lanci di fiori, codandoli e caramelle
davano il tocco finale di allegria al passaggiodei carri.
ll Viola annotaper la prima voha un Carneval€nel 1882",
quando i carri €ompetev4noin befezza con quelJi di Napoli. I titoli
delle allegorieerano: I Matimoaio di Cuosemee Vavme, gli Assab-
bei, Ia Lace delle Artí.
N€l 1883si ebbeun nuovoc^îîo, Ia Sirena,al qualesi aggiun-
sero 4lúi di poca importarza.
Il cxro di Caosemee Vas?meàovevarappresentare una storia
úolto cara agli Acerrani,in quarLo la riîroviamo spesso ripresa nei
Carnevali successivi.Essa narta dell'amore di due eiovani. Czo-
rcrrree Vatene, e de-llorc matrimo;io. fupo iamo lui h poesl,
l)
1-
I
ilustrativa coúposta per il carto allegorico del 1887, cosl come fu
stampatasu un volantinodell'epoca ".
Cuosemee Vaseme
1ó
t Cood verwe a vivere
seúpe felice 'ncote
I punto's, con cti narra, ia modo poco esplicito e chiaro, del tenta-
tivo, da parte di un movimento ( €ve$ivo ), di alprofittare della
festa per far scoppiaredisordini ín città. Leggiaúo cosa sciive:
<Nel Carneoaledel 1898,a e ore ana o d,aeantint.,tei lioftti
di giooedìo domeri.a ll3 Jebbruio),tla ,n grLppo ittpofla;te di
Peftone .tppartenentea shtena di oita vegolata, corl carlti ìJel gergq
tpadroaaoanoper le strade, e dalle cased,ellaplebe si aîcohdoa cort
silelzziosae religíosa attetuùone.Il cafito armontco, a pareÍ tto eÍa
soooershto,ed espdmexail da larsì e I'obbed,ienzad,ellemasse.
'
Nello $esso Carneoaletiene in maschetaan grappo di olte 23
personedi Maddaloxi, netà ìlí essoix wnero ili 12 restito da dofl,
xe, e netà da ionini, t/4 loro en axche Bifalco. Sebbexeneschere
plebee, e4flo palite, nolto riccbe ed,itnitaoafio i.l t)esîito dei Sia,tori.
ll gtuppo auet'acoú sé *z seruitorein liorca coî1trbo e citiîtdrc,
etl una Jaxlara. Per batdiera paflara tfl'arta molto elegantecor 24
fitt c.e di seta a oaùi colori.
Ogxaxo del Ztuppo fle pîetileoa arrà; é cox qaesto b, nano si
ballaoa ana daxza, atta a ta e aooolgere intorxo all,asta; si sool-
geoano formanào poi aft i tleccio di colorì armonico e bello per
aauolgefti di naooo ed aaente alt itltrecci. dillerenti dal prino.
Il popolilto dd Acera applaadíoa,e si L'oc$eraoa,che il gappo
li coîltpoxeuadi peftofte tacili a netar le narrí e ìLel ceto neeo-
zianti, scdpoli di Maddatoni. Per analaeia d'idea qtell'asta mi s;m-
buoa, e mi laceoa tenire a mente cíò che aI 1860 eta conpiarato
larc fu Acerta.e che rimaseu abotto.Si era lístatauta kglia peî
tîtiti i ptoprietaîi e rcBoi4ltti in prcporzia e degli aoei lwo.
Questa doueaaessercdù.)ita tra i riaoltoti socialisti rcpabblicani.
segno del mooinento eta espofie d. laryo d.et Castello un arcolaio
llargatella o ,ittnaro) sa ìJi un astd.
Mi si ruccottò ciò dai signori xon sotpetti di coxgitrd d.aZio
Rtftaele Baroxe, che la tassatoper ilocati 500 circa, pai a lìre 2IL2
É G.\IroL^,op.cír.,
W.433 e.gE.
pet
è cent. 50, àal sìgnor Ft,ncesco Castaldì fiolto icco,. che lò lu
"'"V)íìi
rra ctti il lalegnaneagnomiúaloi! Be"e'e tano'
"rritti,
L,endettero De iúo i ferri det nestiete loto Capo del t"o'iîtefllo sl
è
d"rinooro i, àottoreix ll\editina l \ Durufie il Catneudexon si
ii,""ti aà Dooàiro, cone o2ni anto a tquatciàgola Ia morte del
Cnnetàe; i ni Pareaa, ohîe a ,lecessiù |inl"ziarie preoccr'pdto'
Lattrib iDo atla lotta pet deputatoCdabàa' P'À itr tale lotta no,ît
pntrauaroqu?ítbe huoraua o allagioftlala e cbeeranopropflo qtre l
del catttoDerla motte del catxeuale"
Nel i902 i carri uscironoil 9 e I'tt febbraio ll Viola amota
clle il Camevalequell'annoriuscìquietoe ProcuÎòa ruLtiun notevole
.liverrimenlo.Vi lurono re carri: la Ciatdinieru'la Mezzalunae di
nuovoCuosemee Vasefle'"
*-'nJi;O,
I'otganizzoziotedel Carnevale{u affidata a don Paolo
MontesarcLio, I rn-edicocondotto di Acerra e l'uofno più in vista
nel setmre politico progressistaacerano
Ou.Jl'inno fuàno ancbele esequiedi Pulcinella:il carÈo
"; por-
funebà, precedotoila una confraternita e seguito da i piagnooi'
ra;a un morme qùtello su cui era sclitto: < Aooinno aorto ca Per
-- -
Nel 1904 un incidenleimpedì lo svoìgersia Napoli del Came-
vale. AceÉaquell'annoinviavai suoi cffii nel caPoluogpJ ma quesu
dovettero rcrùre indietlo seozaessere sfilati "'
noú
i',rso-dei iani dovetè finire intorno al 1920, e da allora
stato più iipîeso.
è -:
' :itt'.o".tìtioo dobbizunochiarire che la definizione borghese
a"o tipo di Camevalesi rferisce al {atro che essovmiva
"ìu..-
id."ro .d o.nunt"ro dalla classeeconomicapiùl agiatadi Acerra'
È oui vero ih" il popolo vi partecìpava'ma la sua presenzaassu-
meva una funzioni putarnente margi'nale Di alrro gmerc' ve-
dreiro infatti, sono i rituali carnascìaleschi popolari
ú G.'Jtut^, oP.cit.,Pae512
ú G.Vrot-^,ap.ciî.,paa5)1.
\t G. VroL^, oP.cit., Pae.554-55t
1E
IL CARNEVALE POPOLARE
)'OMER1, lliade, yl, 416.419: < A.hille ùeise anche Etione, ma non
lo spogliò p€r rispelto e 10 bnciò sulta pira con le armi dedale e sul posto
t9
t,
La, seconóoJacopoGrirnm sinboleggia un'offerta del morto al dio.
Il Rohde", da parte sua, ritiene che il veto scopo dell'^zione appate
chiaro sÉsi tíene prcsenteche i Greci vedevanonella distrzione delle
spoglie mortali ad opera del {uoco i1 completo distacco dell'anima
dalla terra dei vivi ".
Il significato cata$ico del fuoco, invece, sembraesserepirì evi-
dente nella religione indiana, la quale riteneva indispensabilela cte-
mazlonedei fiorti per Ia libetaiane e la puttlkaàone del coryo dai
suoi d,fetti e dalle sue colpe'.
Successivamente l'idea di ua [ona puificatríce del fuoco fu
assimilataanchedai Greci. Su di essai.ofatti, sono fondati i miti di
Demetra e Dmrofoonte, di Teti e Achille e il fatto che la dea poneva
nel tuoco il fanciulo moftale per renderlo immotale ". La stessa
idea portò all'uso dí accendeteil fuoco sulle strade in cete feste,
forse quelle di Ecate", (cosache ríchiamapropno ilfwco di Sant'An.
tttollo\. e di sùtate attmvetso le {iamme con i bambini ".
La drstruzione del corpo concepita quindi come puîificazione
^
I. G Nr]M,Klei e Sùùlre', II, Berlin 7871, p^88.216'220
,1 E. F.]HDÈ,op. cit., pac. 31.
2 Clr. O$EBa, Odtt:ca.II ) 18-)12
a úL h'1o ài Rìs'eda 10, 16, sta in H. Z]MME& A'ltindischesLebet,
Be{ín 1879,pas.402 € sess.
a Possìano onoscere il úito di DeDetra dall'iDoo oneti.o a Denen n
quale (è l'ùio profondamerte rcligioso: I'autore, un iniziato ai nisteri eleu-
3iùi. e for* Frivo del'Attica, sènre it fascino della legeenda da oi essi ebhero
orisine. Il raaonlo @nincia con il tatro di ?erkfone, di si la nadre Dmets
s'addotora inÉinìtanente: muove dúque i! cerca delÌa figlia e approde dispe-
rata dal Sole che il rapioento è awenuto per volere di Zeus Coodluando a
pdesrinare in vesti di mendica, siúee in Attica e s'iobatte nelle figlie del
ie Celeo, che l'rccompagrmo a casa della mdre M€tanim, intenta ad aLl4are
il suo ùltimo naîo, Demofoonie- La dea dapPrima si shermise, ma poi, mossa
,l riso dale face?ie di Iúbe e conqùistata dalla con€sia della regina, acetta
di alÌevame il pi.colo, e l'avrebbe reso imhortale, se Metúira oon fosse an-
data a spiare di notte mentie Denctra orroborava Denof@nte a,I" varDpa
del fù@. Sor?ea, la dea pina s'infuria, pci ordha che s'iindzi a lei un
rdpio nel quale inaugùrerà i suoi riti '. (Tratto da F. SsoRDoNr,.Jrola d.lla
tettent*a Grcca, Napoli 1967). Cfr- inoltte PRETTER, Denetet 'd Petseph,
h C,ip.h6.he Mjtotoeie. Lelpzi9 18.4.
a CÍr.'1. BE!i]K, PaetaeLyici, Lipsià 1900, III - 682
6 Cfr. J. GÈruu, Die Myholasie, Berlin 1877, pas. 502; CTCERoNE:
De Di!. l, e 47: o Faedatum dis.esun sm, ut Herculi .ontigit, oorr.li
coryore cremato in lucem aniúus scessit; OvDro, Meraîtarfoti, 9, 250 W;
Lgcîaxo, Hernel., 7 ,
m
I
de1l'uomo", fu I primo passoverso una morale negatrvabasatasulla
necessitàdi allontanate dalf individuo il male che 1o contamina e lo
insidia; una morale teologím-asceticache ptima di passareal Cristia-
-Llesimofu caratteristica dÌ ufl'importante movimento spirituale pre:
filosofico della Grecia.
11 fuoco di Saxt'Antuono ha dunque dei precisi riferirnerti re-
moti. Nella tradizione cristiana snokte Sant'Antaoxo è t1 cpnÚollore
di questo fuoco sacro: perciò viene issaîo al disopra del rogo e si
aspetta il ( miracolo )r. E il rappotto dell'individuo con il santo d1-
víene ancorapiìr intimo se si pensaal fatto che la brace sacraviene
potata in casaa simboleggiar.e quasi un focolare domestico,un'iltera
vita familiarc, riscaldata e rcsa feconda, ín quanto il calor€ è vita",
ditettamente dalla divinità.
La modema psicanalisi,inoltre, esplicita ancor piìr questo rap-
potto tra ftroco-sesso-vita, evidenziandocoÍì€ l'adorazione del fuoco
sia ancheadorazíonedella vita ".
Saxt'Axtaonaoltre ed esset€conttolloredel fuoco è anchepro-
tettore degli animali.La suabestiapîedilettaè i1 maiale'. Anche il
potco è presentenei rítuali dell'antichità. Ne danno prova alcuni d-
lievi scolpiti su tombe del VI sec. a.C. rinv€nute a Spata. Essi rap-
plesentano un banchetto funebre durante il quale ai due genitori,
uoneggianti, si awicinano i membri della <tfamiLia> adoranti, i
quali portano fiori, melograni,un gallo, ùn porco e ùn montonerr.È al-
trcsì noto che il porco ed il montone sono gli animali principali che
:I
22
La lamentazione funebre per Camevale
36Cfr. in DDtrrosrENE,
43, 62.63 coúe riferisceRoHDr, op cìt , Pag 224
24
cialesche, allo stesso modo in cui gli antichi Greci solevano fate il
b:nchetto funebre-
\el Df:-o pomerigg:ore donre. anz'aree giovani. iì.ien e ri
bambini dtornano nei corrili con tdîxfiorre, castagnetteed altri stru-
nenti mrsicaÌi. Iniziano così le lamenrazionisecondoun modulo che
esporremopet megÌio comptendereil testo raccoho. Bisogna ptemet-
tete d'alúa parte che rale modulo è in parte 1o stesso usato dalle
vecchie acefiane quando r€almente motiva un loro congiunto. 11 mo-
dello con'i.re neLl esrlra/ionede"e qualirà. dimosrare ir
"flidare
rira dzf def.rnro.all, madresuoe*r re a cl-i .e era '" parenrea r-
"
ziana più prossima. Gli astanti dovevano limitarsi a ripetere colleti-
vamente una frase di commozione srereoripa.Ci troviamo così di
fronte a due intewenti precisi: da una parte chi conducei1 píanto e
dall'altra un plaflcttls collettivo. Ad Acerra il planct s vlene à*ié.^to
ad escÌamazionedel tipo; Uúà, gíoia soid!; Uhè ligtiu nio!; Uhè,
fi1AlAfin, 'nXA! etc,
Rifornando ora al rito camescialescodobbiamo dire che alla
donna piir anzianadel conile viene affidata la parte di Vícenza, rnen
r€ le altre dpercranno la ftase: <<Uhè, gioia soìa! >>.È inutile sotto-
lineare che owiamente al tragico della lamentazionefunebre vela vie-
'ì
ne (ostiruiroil comicoed il g-orre.cni".'r ur avveniqelto frrr
dossalerappresentatodal piangete velamente un morto finto ovvero
dal vivere la morre di un periodo festivo come se si piangessela motre
di un uomo amato. N€l testo che riportiamo, rhpondente effettiva
mente alle lamentazioni acerafle, si noterà la presenzacontinua di
frasi ricche di doppi sensi, di licenza sussurratafra le labbra. Rite
niamo che essesiano tanto insite nelÌa cnltura DooolarecamDana.de
non scardalizzare.fisi appresr'r legge'e.
Dal punto di vista strutrurale il pianb è articolaro su di un
distico di varia misuta con rima baciata, ad assonanzao libeto, alla
cui {ine si aggiungela frase fissa: < (Jbè, gioía roia./), in funzione
corale. I distici sono frammisti a filastrocche í1 coi titno dt tamnut
,,lara è veÌocissimo. Alle filastrocche iner.itabilmente seeue un altro
d..Licohrnebre.Ci ttoviamo dr,nquedi f-or e ;d ura fo-na biraria
laddove la {ilastrocca piìr v€1ocee movimentara assume{uozione di
danza, la quale viene interrotta al culrnhe pet precipitaîe nel lutto
espressodal distico.
La stessa lilastocca tatfiri lriata ha 1o scopo evidente di coin-
volgere gli sstanti nella commiserazione di Vicienzo. Sulla funzione
25
1'- della danzapoi in rapporto ai Ìituali arcaici torneremonello specifico
para$afo.
ll testo delle lamentazioniè stato raccolto srazie alle restimo-
nianzedelle signore:RomanoAngelina.soprannominal-a Tuftesa;
Esposito Maria, detta'a Barberu; Prete Rosa, detta Chitollo; Aspto-
nio Maria.d€rra a S\IÍM: EspositoMeria, deta Stipuli.
@ i.-4 btù
*. - ,e o *. r"ì'."
* Di GIOVANNI DE FAI-CO-
26
La st/ ttaru tîkico-fielodicad.ellalilattrocca *
Ed è facilericavareil modelloritmico:
- Di MODESTINODE CI]IARA.
27
f L a R A î ,a l t o t j É Rtî41C a
I LAMENTI
30
(txtto prosegaecomercl moddo inàiceto)
Vic. Coro: Uhè, gioia soia! Vicieeè!
Tzrrrl: Pìr Ciccilloetc...
Vic.: Carnevaleè muorto
e ancora 'ncteccato'o tene.
Vic. Coro: rJhè,gioia soia!Vicieeè!
Tatti. Pù Crcclllo etc...
Vlc.: E 'i nun me chiagnoa ísso,
'e cosce
me chiagnoa chillo ca tene rtmiezo
Vic- Coro: Uhè, gioia soia!Vicieeèl
Trrti: Pìr Gccillo €tc...
Yic.: E tu si mmuorto
pe' nun vedè cchiù 'o stuolto
Vic. Coto: IJhè,gioia soial Vicieeè!
Trtri: Pù Ciccilloetc...
\pa ato e gridato)
Vic.: Yi€rè,ma tu ca mme{atto a me, Viciè! Uhè, tu sia muortope'
nun vede cchiù 'o stuorto, ohi Vicièl E chi s"o crcdeva ca tlr me
'a
facive stu grajo a me. Uhè bellu mio, me sia rummasacu pu4)etta
'nganno,Vicieeè! Llheeeè.Neee, tu a me che mme fatto, è veft1to'o
'i comme
mumento tuoio, bellu mio. E io comrne faccio cchiìr. E
facciomo. M'è sia rummastadínto 'e guaje,Viciè. Uheeeè!Bellu mio,
'o
primma ca tu murive m'è rummaste'o strumiento a mme. Viciè! E
'i
súumiento nun 'o ffovo cthiì|, Viciè. tlheeeè! Mama mia, che me
sia fatto a mrneeeel
Qíptendeil distico catttato)
Vic.: E ru si mmuortoe nun me rummasenjmre,
'e 'e
mme fummase cogÌie cu gualnamiente
Vic. Coro: I.IrÀ, gioia soia! Viciè!
Trt i: Pù Ciccillo etc.
V ic.: Camavùe,camevaletto
jette a piscià e se ne carette
r
Vic. Coto: UÈ, gpoir'soia! Vicièl
TattL Pù Cicc1lloetc...
Yid-: E 'i sí sapevoca tu murive
t'accetevon'ata vallirra
Vic. Coto: Uhè, gioia soia! Viciè!
Tutti: Pi Cicc lo etc...
Vlc.: Viciè e tu sì bello
comme 'o culo d'a tiana
VzZ.Coro: Uhè, gioia soia! Vicièl
Trtti: Pà Crccllo bacchi etc...
Vrr.: Viciè,si sapevoc4 re nLurzaved palla nganno.
re ne înenavou att quatte
Vlr. Coro: IJhè,gioia soia!Viciè!
T4ni: Pù Ciccifo erc..,
Vic.: E Canalale sufunto sufunto
a Pasc4facimmo 'e cunte,
addqretote sierte t tirà,
]a pettrlina nua 'a vuò pavà
Vlc. Coro: llhè, gioia soia! Viciè!
r rrrrt ru ttccrllo etc...
\pa ato)
Ylc.: E comme aggru 'a fà,
mo te pigliano t prievete...
(caxtato)
E sti campanesonano pe, te,
ohi Vicienzu mio
Vic. Cozo: Uhè, gioia soia! Vicièl
r /rrr: ru Llccruoetc...
Ci parc opportuno fare alcuneconsiderazionisul testo, InnaDzi'
tutto va sortolineatala carica emotiva con cui si partecipa alla fine
del Gmevale. Viciefizoappareaddirirturacome cosapropria, anzi
saoguedello stessosanguer < Sangu mio, sanga preziast mio >. F.d
oltre la dìsperazione va nolato comedal uagicomicoa poco a poco
si sfoci nel grottesco e s'incominci a naffare con dov,iziadi paltico-
lari tutti i difetti del morto. Questi rtuard4îo anmra una volta la
suavita socialein rapportocon gli alt ela sua'ritar tirll'.Viciexzo
sotto l'aspetto socialeappareun sema danato, un debitore, un morto
di fame e, conseguentemmte,nella sfera privata egli è un impotente
sessuale.ll primo aspetto è chiaramente evidente nella sttofa:
< Catneoales runto, surunto,a Pascalacimmo'e curtte,adAeletote
sieflteti/à,'a pettalinanux'a oaò paoà!>.8 ar,sota:<Tt i muoúo
e fiafi î7e runtmaste xiente >. Il secondoaspetto è richiamato nella
strofa: < Catxaoale,Carneualettojette a piscià e se e carette ,. Ed
art<sra: <Me tammase'e coglieca'e guanenierzte>, L'impotetua
economicaappate inconsciamenteresponsabiledell'impoterua sessua-
le quindi, e tanto piìr elevato sarà il disagio sessualequanto piìr la
precarietàecuomica sarà awettita. Perciò si nota qua e là nella la-
mentazioneun certo astioversoI defunto: < 'I si tapeooca te 'knflaoa
'a palla 'kgafifia te ,te ,neflaool'ati qaatto >, A questo punto sembra
evidenteùna connaddizionetra quaflto abbiamoaffemato prima ciîca
la partecipazionealla tagedia della morte, e quanto si è detto or oîa
cifca iI disprezzoverco Vicienzo. Nol riteti^tto che questa conuaddi-
zione sia a[4)are[te in quarto ,il draÍIma vero e proprio consistesol
tanîo nella molte di, Vicietzo come fatto in sé. Che si parli poi dei
suoi difetti pottebbe interpretarsi come la volontà della lamentattíce
di comunicaretutte le frusttazioni individuali e le angosceche si pona
dentro. L'insoddisfazione s€ssìraledi Vicenza, moglie di Catnevale,
può benissiúo interpretare quella della lamentatdcee ddle altre donne
che le {anno coro,
È bene in{ine notare che tale testo nort è rigido ed esclusivo,
bensl è sottoposto a varianti ed aggiunte secondole molteplici inter-
pretazioni delle lameutatîici.
Le danze Ìituall
a 5P r a î o N E , l e g .i,, 7 9 0 D ! . , 7 9 1 A .
6 PL roNE, -t?rp. 215 C - E.
'1 Cft. C,EL.AURÈL., Molb. Cbtotu.,|,r,r7 5.11a.
{ Cfr. RoHDE op. cit., pa9. l8l no.a. Più recenre invece A. Rossr,
,
Letterc da snd ranitolata, Bati 1970.
f-
36
TAR-ANTELIA
Ar r r r_,^
..-,. wrvu .epU\ERLE
LtE
I
I o'n if,oT"'
alli uao'afaaoma
uili doÀ alli
è suro
I doj.
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;::'d Srerorbone,
I
i ;Tl'Jiff;i;.,iff_
I
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'*T*';."1*,r;,.ltT,
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I *'fi:T:;;n;;'*""'
"*';;iL:iffi;f"",
"u'u
.o.lt-t-'1*o "."' fnr.a
ù::.'1T"r;..'ff,..îf**
,C
TAR,ANTELLA ALLI I-INO PUVERIELLE
- Bellaligliola ca le chiazaneRosa
bella liglíola ca te cbianîte Rosa
che bellu nommemanmeta
uhè cbe bellu nomfte marífleta t'ba ftiso>,
Infine è ancorada notare che nello stil€ del canto Dooolarecam-
panoper tradizionesi usaspessomura-ela vocaJefinalelj ogni strola
38
TAMMURRIATE
]I
'nfiernome dissenecsnta,
Jette a lu
'i nu cantaiepe' teneremente,
Srevana nenna,jera beìJatania.
nce cumbattevacu'lu fuoco ardente.
L'addimannaje comme,quindi e quanto
'
commesonnole pene de lo 'nfi€rno.
Essase vota cu l'uocchioa lu chianto:
< Nu l'aggiofatto l'ammorecuntentol
ammaienu ninno cu sudore e stiento;
l'aggio vedè 'mpudere a n'ata amant€!
Si avesseaccisenun vurrie àiente,
chianechianillopassatialu chiantol>
'nfierno: ne fungo maonato,
Jette a lu
tanto em chino ca DÌrn ce capevo,
Arreta a porta nce steva Pilato,
mme fece 'o largo ca mme cunusceva,
39'
Poco cchiù menze st€va 'a'nammutata
dinto a 'na cautata ca vulleva.
Me fece fà na caruta a stu cefe:
<<levateve 'a nenna e mettitece a ftefie! t
Jette a la Puglia, mme ne vene la nova
che la nennellamia s'ha 'mhaietata.
Corro alla casa,zetella la trovo:
< nenaa- Ie dico - tu pe'me si íatal )t
III
Bella figliola fatte temitella,
nun te pigliate a chistu squarciunciello,
s'ha faitu nu cazonea musurcllar
quanno camminapare pastuúello.
Voglio piantà na tosa mmrea>'aclíazza;
nisciuno pe la tocca,chella è mia!
Nci aggio carriato 'a terra e pufe l'acqua,
I'agg;a puttata pè l'ammore mio.
Chi rue la toccalu core 'nce spacco,
mo ÍÌe Í€ vado a oa luntana via,
e qulumo nc€ retorno a dresta patte
'i mme la sposoa la Rusellamia.
w
La vecchiaquanno stacea lu purtone,
cu la curona mmane,e mutmulea,
tu te clire ca fa l'urazione,
chella piglia li Santee li strupp€a.
Nun se*e ga.llutièca vaie attuomo,
stutate so' pe' te lume e lanteme;
nun fa.oneluce nè notte nè juome,
sta ninna nu'ìa vide pe' o'eterno.
Comme te voglie amà nrsiellu schiuso?
Faccio ammorecu' 'e rose spampanate,
nu' {accio aornore mai cu li muccuse,
sempecr1' e giuvenielle ammartinate.
40
FRONNE
A) Bellaca mo me parto,
B) Eccome,ammore fnio,
songovmuto,
'sti
avante a bell'uocchie
so' tufoator
pe' r.vuie nun aggiu mangiato
nè durmuto
guardastu v,isomio
cor]m'è tumate,
C) Lu bellu tnio
se chiarnoe Ngiulillo,
e vefamente
n'aogeloome pale.
Scinne aagelo d' 'o cielo
e pigliatille,
nun moe lo fa vedee
'mpudere a 'n'ata,
41:
II
A) Russomelillo mmio,
russo melillo,
'ncielo sagliste
pe' piglia culote;
e ne pigliaste
ta-{ìtupucutille
mancoa fà l'ammore.
B) Mammamia mme
fece tantu bella,
po me mannaie
a cocerca lu sole;
me fece na tuvaglia
a cetranelÌa
lo viento mme la toglie
C) Ammore mrnio,
fatte li balanze,
percoch€d'Arienzo;
mo ca t'ha fatte
tenchi€re la panzar
fatte li fasciatore,
aggi' 'a pacienza.
42
Le esequie
43
IL RITO DELLE ESEQU]E
44.
cu 'e mazzafelle,
e io mme 'ngocio dinto è cosce,
stu mappino, chiarchiuso,
sutunto, futuso, vavuso
penzavaa s'abbuffà
cofnmea nu puorco...
Nun ce le fatta bbona,
Patatè,e nun t'abbasta
a tlngtaziìr,
Ha fumuto e se sfizià.
Requie e temo
ddoie pu4rette
tutte Pe' isso.
T ttii Rellvia scanu)'mpace.Amen!
Pr.: Miseriamia, miseriamia"
chi se magn4f€cato e cutatella
e chi 'a miseria se magna a isso.
'Ntonia sta 'nquietata
e io 'o sarcio 'o pecchè.
'O marito 'a fà
sulo cacàsenzamangrà!
Cu te sulo cacavo
e malo 'o coîe mme faceva.
Oiccanno,mò sta
nqietata purc Cuncetta:
'o ped:ato 'e Cutrcetta
'nce l'hanno dtto 'a mamma.
Aspatege,soveree úele arìnr co
se lavaflo cu lÀ neve
'Îltiempo 'e Natale.
'O cofe mme tiemÈIa
e se lassano'e viscere.
'É redeoed' 'o ciuccio
sò spezzate
e Affhe qui si tiene pleente un saloo, il 50, che iecita: < Miserer€ nei,
Deus, seundun nasn.l, Iniseriordiú tuam >. ?iù che ùa fedde rrdpoÉi-
zion€ in veînaslo, qui giocato sopratîuîto le assoMnze tra il testo laiino e
'45
je
cu mazzaree,
e io úme 'rgocio dinto 'e cosc€,
stu mappho, chiarchiuso,
suîunto) futuso, va!'ùso
penzavaa s'abbù{fà
comm€a nu puorco...
Nun ce le fatta bbona,
Patatè,e nun t'abbasta
a rìngraa'ià.
Ha fumuto e se sfiià.
Requie e terÎlo
dancea isso,
ddoie purpette
tutte pe' isso.
Tútti, Reqúiasc^t|r 'mpace.Amcnl
Pr.: Miseriamia, miseriamia"
chí se magnafecato e curatella
e chi 'a mjseriase magnaa isso,
'Ntonia sta 'lqrietata
e io 'o saccio'o pecchè.
'O marito 'a fà
sulo cacàsenzamangià!
Cu te sulo cacavo
€ malo 'o core úfne faceva.
Oiccarìno,mò st4
'nquietata purc Cuncetta:
'o peccato t Cuncetta
,nce l'hanno titto 'a mamÍta.
Asparege,soveree mele annutco
se lavano cu la neve
'ntiempo 'e Natale.
'O cote lnme tremma
e s€ l4ssa[o 'e viscete.
'E rcdene d' b ciuccio
sò spezzate
s'?Anche qui si tiene presste un salmo, il 50, che recita: < Miserere nei,
Deus, wundú oagnam miseicordiam rurm' Piìl che una fedele t'asposi
zione in vernacolo, qui gicano soprdrtutro le assonanzetra il testo latino e
:45
'O {etente, scuppette,
fucile 'a baiunette,
'o cafone s'è scetato,
chisto sta lguaiato,
'Nzino 'a janara
'Ngiulinas'è cuccata.
Sciuscellep' 'e 'oimale
'o fetente cu 'a scuppetta.
Requie e terno
dancea isso,
ddoie purpette tutte pe' isso
Tatti: Regnla saanzo'mp4ce.Arnmen,
Pr,: Ciccio tene 'e corne'
TuttL Cbisto tene '€ come
Pr.: Ciccio tede 'e corie
Tal.: Chisto è tene cchirì grosse
Pr.: e 'nterra 'o Carmenestandoll'osse.
(Il prete bebediceViciexzo dicendo)
Padre nosto
Lucia sta 'ncielo
cu 'e pacthe toste.
Panem nuosto
ca nu 'nce abbasta
mò vere muglierema
e vott4 a pastal
P/.: Ciccio telre 'e come
Tuttit Chisîo tene )e come
Pr.: Ciccio tene 'e corne
Tarl: Chisto è tene cchiùLgrosse
Pr.: e 'ntena 'o Carmenestanno ll'osse!
Requie e temo dancea isso
ddoie purp€tte tutîe pe' isso
r Anche qui si fa parafrasi del: < Kyri€ eleisn, Christ€ eleiroa, Deu3
qaùdi n6,. Per avere completmente ìl rsto in latino cft. Ritrale Ror"aBù,
d. M.rietti, Rona-Torino1926,p s.762 ss9.
A7
Tttti: Reqúz scanzo'mpace.Arrlmen!
Pr,: Dumminecosta cu 'o Vescuvr:
Trlrl: et cum spirito tuo.
Pr.r Jammuncenne
ca è furnuta l'urazione
Tarl: e rifammenu cuppulone.
48
L'€puleroDe del mal€
49
,O CEINENARIO A CARNEVA]-É
50 _.'
La rappr€sentadotre èl Mesl
,, -"?:fi!,j:l'f Éi;::.*r,#fg:.lij:meaicaprecedeo,e
Dodjci uomini a cavalìorappresenravano
ciascunoun mesedell,
:::iri!i:ffi-"i;H:ìAx],:it",::",tiL,#l#
,1,:^r."^r,*.d ogni singoìo^mese.
Luglio, ad esempio,..;;il; dt
srano,menLreOrrobremosrruva grapioli a,r"" ^-"ì*,
Jrfne,or
#T#il:: "c"'"'';;';;;i
::*i#il"i"vernarirestivuno-d;
:*:"T'jix'i.fJil;l,1TH*&Ì,iff
"*r?:trj:ff:'ff
caratteÌistiche di ogai singolo oese.
I remi sviluppati riguandaaoin n
;Xh:n*:S?bj#.ffT.i,tàil"-J,"nîii"5tÍ;::
:ixii'#,itr"li;liLT;
5ii-#T.!'J'.-tr#i'br**"1ffi
alla caÀt:ra dei oesi una funzione apot"n
jmposses:arJ,î:lJ;ifl
f :":_.T:T1,u,.,'*.si $:î-:;.fi
i^'J:!Jn,,,:n:il?.,i'i:'i,Y".::,Jà,*"'ff:il*iH
{::^;;^;.:di"*
moltl der iresi, secoodo il testo che
rioort
''l'iíi""";, :yF
#r::#,:ffl:*xi:
""#,,"-
i!,i,,::
H;!^'&i:
"'," ::J''#;,i::::.;#í#
JI
La rapp.BeEtrdonè del lÍe3t
54
QuannoPuJecenella teneva e renat
tcneva amice, paliente e cumparc,
Mò ca nun tene cchiìr nimte
ha p€rzo amic€, cumpare e paÌiente.
Signuri oiei, ai€tcsselaalluccaie
'a ciucciuvetnìla 'mponta 'o
mulino
e stanott€ nrm'è Írmuorto 'o ciuccio,
Piglìa o ciuccio,lmva'o ciuccio,
ancappa'o ciuccio.
Aggiu pezu 'a cor^, 'a caea
e a c^Wza d 'o cjuccio.
Aggiu truvato 'o ciuccio,
oiccaDno'o ciÌJ.ccio\oiene scheúosaînenteinàicata una dei presettì)
Veneno ancora 'e nenne appiesso a mme
ca riceno: < Oh, Pulecenellamio,
Pulecenellumio, avitene pietà 'e me
Pulecenellemiol >.
Signù si ì moro à vuie ve rcsto 'o 'titro;
nun me attefmt€ 'nzieme a ll'ati muorte,
faciteme na fossa longa e stretta
pe quanro na€ cal)estu mlseto cuo4)o.
E me mettite sausicchiea cape
e supersatea pierc. Quatto fiasche
'e vino mrn'è mettite pe' c4rìÍele.
Signù1,arricurdateveca Pulecenella
è mrnuorto 'nviso di vigliaîza
e cu nu casecavallo ha fravecamtre mure
uno a Santunerdo,uno a Tuledo, e n'ato a 1aFerovia.
Signrì, chisto è PulecenellapapponeJpappone,
vuie moe date sausicchiee io rnme 'bbotto
iflto 'a manecae acc]ussì dongo a campae
tutto stu battaglione.
Neeel Vule nun mme date?
E io da cca ouo me ne vaco.
VOLANTE (Foft e CapoAatno)
Io son VolanLe
e Volentied di Tutti.
Sono il comandante
di questa truppa,
sono il babbo di
questi dodici figliuoli.
Fatti avanti a quesri signorí
e conta l€ tue ragíou. (índicando il mesed.i gennaio)
5ó-.
JENNARO
Sorgio, Risoîgio,
'oiccannoa Tatonno 'o Vurpiciello,
ancom è vivo e nun è mmuotto,
Signori, io a tutti ve saluto!
Stamoatina 'a mugliera 'e Marzo
st€v411ùpoco 'nmllarata
e ll'aggiu ritto: < Francè, mangia! >.
< Nun trbogliu mangià>.
< E pecrhè nun bbuò mangià?>
< Stoogonu poco scunti€ota
pecchè stammatinachiuveva
e mò è sciuto bofitiempo! r.
E già ca è sciuto bontiempo
'nce facimmo sedtì nure na parlate
a sti villane, ruzze, cafune, fetiente,
Signìr, 1 songoMarzo
e cLillu bellù mesecapo
d' 'a primmavera sò chiammato.
A mroe aspettanosti villan€, ruzze, ca{ùne
pe' se levà stÌacce,petacc€e cauzettune.
'I sò nato cu 'a mancanza'e luna,
n'ora ve fa&io ticco e n'ora ve faccio povero,
'nfuso,
obra ve faccio asciutto e n'ora ve faccio
n'ora ve faccio bello e l'ota ve faccio bnrtto.
Ma 'i si 'ngrifo va faccio levà
'4 camrniss. .;
59.'
Si aggtogna,ve faccio cadè
'e dete cu tutte ll'ogne.
60''
ABBRILE
'i
Signuri, a rutti ve salutol (cotl 1)oceellefl.rttata)
lo sonoAbbrile e gli alberi
aqrettano a mrrre ca guadsco Ia term.
Io sonoAbbrilee ddolceè donnire,
gli auciellia cantare
e gli aìberia fiorire.
Di questi fiori ne colgo un mazzetto
e lo dò a Maggioche è piir giovinetto
Al e!
61
MAGGIO
62
LUGLIO
'i
Signuri, a tutti ve salutol
'I songo Luglio cu stìr calru' Îu'tu
jateme a chiamoa nu Poco
'a
fislia e lu mannese
." gt.gn. sò d e misee sò d.-e ltutte'
"ií
e sta rerram ha rutlo o cJrro e la carresa
Ca$ecaamicu mio, ca nule stalnmoasciutto'
'nce perdimmo a spesa
ca si oun chiove,
'a tutto
lufnata ncecarrecamÚo
e 'nce oe jammocantannoa Ia caÍeseL
Arre!
ó4
' attsTo
65
SETTEI.{BRE
67
NOV'EMBRE
'i
Signui, a tutti ve saluto
'I sò Nuvernbree capo d' 'e surcatù-resò
chiammato,e ognùno sriscia la sua semminella
e lo pule vaco tlovatrìo
'na
nu guaglìoneo nennabella ..
'rìn4nzesta iumÍìenlella
ca mme tira
Peghiamo al cielo ca ce manaa
na bbolla stagloDeca tlavagJiammo
tutti allegtain€llte:
chesto 'o semmenope' me
chesto pe' ll'aucielle
e chestope' 'e aennebelle
Aìle!
óE
DICEMBRE
'i
Signuri, a tutti ve salùto!
'I sò Dicembre addicembraio
'a scrìlatura 'e tutte
sti belli misec'hannupassato.
Stammatinamm'aggiufatto na menestella
cu chell'ussarellee chillu purcelluzzo
ca nufì aggiu accisoancora,
Pò filî'aggiu fatto ne cammenata
pe' sti putechelle
e na pruwista pe' sei înise 'e farenella.
Tengo na votta 'e vino vetdisco
na bella mugliera e 'o lí€tto frisco,
n'ata la tengo a la morela
e arriwdelcio all'anno ca vene,
E si 'nci 'obbetimmoe campammo
aîrivedercio a tutte quant€!
Atre!
69
PTJLCINELLA
70
'A STORIA 't PULECENELLA
PRIMMA
FRAVECATOREE PO' CAFONE
7È
'a
Ca pozzano accirere: chella
'a cemmeneta.
teneva cchiìr nera es,saca
Me ne avietto fa tte passate: lma
allerta, n'ata cuccata e n'ata scennetrno
'e
scennerìno scde,
'i
Commo ca l'eva r€cnate
ceftaEErìtemmrammerdavonu'rucato.
Se ne vene chella slgton malandùna,
cbella ple.za de mappina:
< 'Mmanemiettecemenu carlino >.
Ne€ signò, tu a mme pe' cchi mme pigliato?
'e
Pe' chilli maste fravecatoteca
spuzzaoocesset luogo comìrne?
Tu si viene a casamia è n'atmonia.
Tre frate 'e mrie simme, te manganiellearmate:
'e
uno tfua 'e zavorte, n'ato ciavatdle
'e 'e
e o'ato manech€ cato.
Mò ca e fravecaturenun contenocchiì1,
'into 'e cafune:
mm'aggiu mmato
'A prioma ardegnaca pigliaie 'mmaae
'a
chella era gralde comhe na spada:
'a
B€neritto primma cchi cúaie
'a
po' cchi armal'e,chella era vanga,
'e
chella accitr cristiane.
'a
Nu juoroe capitaie faticà
fura addò stu mio padrone:
'nzepPavoa lh,
e io 'lzcppavo a cca,
m4 coÍlme Íraie putevo sa1Èvalghià ca
avevofatto 'o fravecatole?
Se ne vene stu mio padrone e drcette:
< Chestoè 'o vanghiato ca nrme faie?
ree cdore? > Sapite vuie'ca Pùlecenelle
'e 'nczzuso
è stato s€n4É uno drilli
'a
'e ca1x, titaie vangae 'ncr 'a rllEpiett€ 'mapo'
lsso già na scuppettata mm'evamenata
io'a vra t cotza mm'evaPigìiata
'o
CCIúìLnnanzeaffruntaie giudice,
'o deligete e l'ass€ssoÌe.
Dicette: < Chestesò t guapparieca mme faie,
tu caforct Jescealla priggione! t
,A STORIA 'E PULECENELLA?RIMMA
FMVECATORE E PO' CAFONE
7t
'a
Ca pozzanoaccfuere:chella
'a
teneva cchiìr flera essaca cemmeneta.
Me ne avietto fa tre passate:una
allefta, n'ata cuctata e n'aia scerìnenno
scennenno'e scale,
Commo ca 'i l'eva rcctiata
ceîtam€ntemm'ammerdavo nu'tucato,
Se ne vene che11a signora malandrha,
chèJlaplezzade mappina:
< 'Mmane miettecemenu carlino >.
Nee signò, tu a mme pe' cchi mme pigliato?
Pe' chilli maste'e fravecatoreca
spùzzanocesse'e luogo comune?
Tu si viene a casamia è n'afmoÍua,
Tre frate 'e nuie simme,tîe manganielle aúnste:
'e
uno tim 'e zavorrer n'ato ciavarelle
'e
e n'ato 'e maneche cato,
Mò ca le fîavecaturenun contenocchiù,
'e cafune.
mm'aggiuflenato 'into
'A primma ardegnaca pigliaie 'mmane
'a
chellaera gtandecomme na spada:
'a
Beneritto primma cchi criaje
po' cchi armaje,chella era 'a vangx,
'e
chella accire ctistiane.
Nu juorne capitaie 'a faticà
fora addò stu mio padrohei
'nzeppavoe Ìlà,
e io 'nzeppavo a cca,
ma comme inaie putevo sapèvaoghià ce
avevo {atto 'o ftavecatote?
Se ne vme stu mio padrone e dicette:
( C!Ésto è 'o vanghiotoca mme faie?
nee cafone?> Sapite vuie ca Pulecenelle
'ncazzuso
è steto selnpeuno 'e chilli
'e cape,tiraie 'a vangae 'nci 'a ruÍìpiette 'ncapo.
Isso già aa scuppettataÍún'eva menata
io'a via t corza mm'eva pigliata.
'o
Cclúìr nnanzeaffruntaie giudice,
'o deligate e I'assessore. '
'e
Dcette: ( Chestesò guapparieca mme {aie,
ru cafone? Jescealla priggione! >.
73.
Io 'a priggione aggiu juto,
'a
cundannamia s'è tirata
tr€ arìni aggiuavuto. rplxna a
n annoaggiuasciulo.
E truvaie 'a chella 'mpesaca tengo 'a casa.
Io nun 'a wlevo, nun 'a vulevo e nun 'a vulevo.
Gente, adda avè nu riscenzochi
mm'amenavape' 'naenze,
Gente, adda avè nu culera
chi dicenepigliarellape' mugliera.
Gente, addaavè nu ventocoto
chi 'nce mettette 'a primma parola.
'l nun 'a vulevo, nun 'a
r,.ulevo,nun 'a vulevo,
'e
Sapiteca tre mise bbona
vita 'nci aggiuJatto.
Sei misemm'è stata 'into 'o lietto cuccatr
e 'ncapo 'e nove m,isemm'è sgravata,
E sapite ca mm'ha cumbinato?
Cinquantanovesausicchiee sissantasupetsate.
Sapiteca Pulecenellaè stato sempeuno
'e chilli lgannaruti 'e
sti cose.
Io sò Pulecenella e sò struiro e pennae faccio
ammorecu na guappanefifÌa.
Sta nennella v€tre a Put€riza
'o pate se chiammaTanino
e 'a mammaCincurenza,fà
'a putècae nun {à
crerenza.
Io sò Pulecenellad' 'o marcato,facoio
ammorecu diciotto 'nnaîE$urate:
sei 'mmiezo 'o marcato, sei 'mmiezo
'a
Nunziata.e s€i inro 'o punoned 'o diligato.
Quaano mme vedeno a mme: < Pulecenellamio,
quanto sì bello e quanto sì gido ).
Uhè, ma 'a cca 'onna ascì 'e sasiccie.
Si t sasiccienun è tenite,
penzierc'ncapenun ve mettit€,
Pecchèmm'ha tnanaato bnna .Rosa
e nun me n€ vaco 'a ccà si nuJl j€scecolcosa.
74
Io 'a priggione aggiu juto,
'a
clrndannamia s'è tirarÉ
tr€ anru aggiuavuto, appena'4
a'anno aggiu asciuto.
E truvaie 'a chella 'mpesaca tengo 'a casa.
Io nun 'a wlevo, nuo 'a vulevo e nurr 'a vu.levo.
Gente, adda avè nu riscenzochi
mm'a fnenavape' rnnefìze.
Gente, adda avè nu ctlera
chi dicette pigliatella pe' mugliera.
Gente, addaavè nu ventocoto
chi 'nce mettette 'a primma patola.
'I nun 'a
wlevo, nun 'a wlevo, mú 'a vulevo.
Sapite ca tre mise 'e bbona
vita lci aggiu fatto. -
Sei misemm'è stata 'inro 'o lietto cuccara
e 'ncapo 'e nove mise mmè sgravata,
E sapite ca mm'ha cumbinato?
Cinquantanovesausicchiee sissantasupefsate.
Sapiteca Pulecenellaè stato serrrpeuno
'e chilli 'nganoaruti 'e
sti cose.
Io sò Pulecenellae sò struito 'e penna e faccio
ammorecu na gu4pPan€nna,
Sta nennella vene a Putenza
'o pate se chiamma
Tanino
e 'a mammaCincut€nza,4à
'a putèca
e llun fà cfercnza.
Io sò Pulecenellad' 'o marcato, facoio
ammorecu diciotro nnaúunutate:
sei 'mmiezo b marcato, sei 'meiezo
'a 'Nunziata,
e sei 'into 'o purtone d' 'o diJigato.
Quanno mme vedeno a mme: < Pulecenellamio,
quanto sì bello e quanto sì rigido >.
Uhè, ma 'a cca 'onna..ascì'e sasiccie.
Si 'e sasiccienun è teoite,
penziere 'ncapenufl ve mettite,
Pecchèmm ha înamato 'onna Rosa
e mrn me ne vaco 'a ccà si nun jescecorcosa,
74
PULECENELLA'O PARULANO
'a 'e
Stammaúnaè matina Pasca
'e {igli miei pe' 'ncoppa 'e frasche
teccovearciula e dateme 'o fiasco,
Date corcosaa chella poveta Rosa
ca è juta a Napule cu 'o pdrnmo treno
e a chest'ola ancofa nun vefle:
perbeoecorche napuÌitane s'a tene.
'a signota
Sia fatto non sia fatto
cu Richetto sotto 'o lietto se oettette,
e nun saccioquanta caucie e schiaffe c'avette.
Venite alla ÚÌia parula: sta uno
'nfrischi 'nfrasco, lattugu ella e
ciuctriella 'e Pasca.
Un giorno verdva una pacchiana:e mme dice:
< Af buongioîno,buondìparulano!>
Uhè, buongiorno, buondì pacchiana!>
"
< Faome na 'nzalatella 'a coglie 'e
piecuree zizze'e paccfiìana ca
nun ce capa'into a sti 1Danen.
Io pronto pronto le facietto oa
'nzalatellaa coglie t piecure e ziz?Ét pacchiane
ca nun c€ cepevainto a cheÙimane.
Essa a uocchie e uocchierrtme urleva
dà pe"fforza 'a quarturanasoia'mmane.
Dicietter < Ohi né, vatterìne a 'into 'a psrula mia
ca sti clse trufl se fanno r,
lo 'a priggione aggíujuto,
'a
cundannamia s'è ri-rata
tr€ afì[i aggiu avuto, 4ppena'4
n'anno aggiu asciùto,
E truvaie 'a chella 'mp€saca t€ngo 'a casa.
Io nun 'a wlevo, nun 'a vuÌevoe nun 'a vulevo,
Cenre,addaavènu riscenzochi
mm'a menavaf'€' 'nnenze,
Gente, adda avè nu culera
chi djcertepigliarellape mugliera.
Gente, adda avè nu ventocoto
chi lce mettette 'a pdrnma parola.
'I nun 'a
vulevo, nun 'a wlevo, nun 'a r,rrlevo,
Sapiteca te mise 'e bbona
vita 'nci aggiufafto.
Sei mise mm'è stata 'into 'o lietto cuccata
e 'ncapo'e nove miselnm'è sgravata,
E sapite ca mm'ha cumbinato?
Cinquantanovesausicchiee sissafta supetsate,
Sapiteca Pulecenellaè stato sempeuno
'e
chilli lgahnaírtí 'e sti cose.
lo sò Pr.rlecemlla e sò struiro 'e pennae faccio
ammofeqr na guappanenna.
Sta nennella vene a Putenza
'o pate se chiammaTanino
e '4 mafnlnaGncurenza,{à
'a putècae nun fà cretenza.
Io sò Pulecenellad' 'o marcato, faccio
ammorecu diciotto 'nnarrmurate:
sei 'mmiezo 'o marcato, sei 'întniezo
'a 'Nunziata, e sei 'into 'o purtone d' 'o
&Jigato,
Quanoo mrne ved€no a mme: " Pulecenellamio,
quanto sì bello e quanto sì rigido >.
Uhè, ma 'a cca 'onaa,ascì le sasiccie.
Si 'e sasiccienun è tenite,
penziere'ncapenun ve lllettìte,
Pecchèmm'ha hannato 'onrra Rosa
e nun me ne vaco 'a ccà si nun jescecotcosa,
74
PULECENELLA'OPARULANO
76
ma tu tiene 'e destemmofrie?>
< si! >
< E a chi tiene? >
'o
< 'O cacato,'o písciato, schefuso
'o
d' 'o diligato, Peppe sorppetta, FÌrcile
a bajunetta, parlenno cu dispetto se cacava
'into t bbiachette. TrmtacincLe paghare,
'o mierecod' 'o culeracu tutte 'e figlie
'a fucelera>.
7',|
< Tu mme vuò arrub$ 'a cammisa?>
'I ca stevo soîto 'o lietto
diciene:
< Stanoîtepe' mmaree pe' term è tutta festa>
'1 ca stevo a sotto 'o lietto
diciette;
( Avite visto 'o cartu mio cu 'a menesta? >
'O zito a coppa 'o lietto se menaie
e pe fujre 'e forte
tuzzai€cu 'o fronte 'nfaccia'a porta,
Pe'fa pronto a letto, mme tîuvaie'a casad' 'on CatmeloSiquesta
ca sta de casavicino 'e {eneste,
7E
INDICE
Pag.
L'asp€tro indiliduàle 1
8
Il Carnevalebotghee
It Cqrnwale popolarè
19
la laneDrùiore tunebre pe1.Clrnevale
2t
La struttùa muicale deile tan€nrazioni
26
La strutrur. iitmi@aelodìca dela filasrrocca .
27
30
t4
)7
39
4L
43
Il rito delle e*qui€
. L'cspulJione del nale
'O .ebtetúio 'a 49
Canetate ,0
La rappr€senrazionedei nesj
5l
Pulcinell& 70
'A 'e
ttotia Paleceie d 72
Palecexe . 'o patuldno
75
79