"Il non essere è la categoria che esprime la rappresentazione del nesso
- come unione interna all'oggetto semplice o composto - in quanto mancante di un riferimento al contatto metafisico. La distinzione tra essere e non essere si riconduce quindi a quella tra un possesso (hexis) e una privazione. Nulla di strano in questo, purché si intenda possesso e privazione rapporto non già a un soggetto sostanziale, bensì soltanto a un soggetto relativo e comprimibile. Si è detto infatti che l''è' esprime il nesso corrispondente a una parte del soggetto, cioè alla differenza tra il soggetto presente nel contatto e quello rimanente nella rappresentazione del dato oggetto. Esprimendo qualcosa che 'apparteneva' al soggetto, bene si può dunque dire che l''è' esprima un possesso. Ed è proprio quella parte di soggetto, su cui si fonda il richiamo all'immediatezza, che il non essere dichiara mancante, o comunque non identificabile, nella rappresentazione del dato oggetto. In altre parole, l'unione dell'oggetto non vi e colta come riproduzione di un'anteriore unità nell'immediato: manca quest'istantanea verifica.
Poiché qui non viene preso in considerazione l'errore, in quanto
connesso alle rappresentazioni individuali (cui si darà il nome di logos spurio), rimane da spiegare perché il nesso che si esprime nella categoria del non essere affiori nelle serie di rappresentazioni astratte. Se ogni espressione esprime quella che la precede nella serie, giù sino al contatto, allora in ogni rappresentazione di un oggetto costituito dal legame della necessità dovrebbe trovarsi un richiamo all'immediatezza, ossia nell'espressione verbale di tale oggetto dovrebbe venir incluso l''è'. Questo punto di vista tuttavia dimentica uno dei due caratteri essenziali dell'espressione: l'aspetto dell'insufficienza, dello scadimento. Se l'espressione è inadeguata rispetto all'immediatezza, quasi una sua degradazione, non c'è da stupirsi che la rappresentazione di un oggetto semplice o composto non riconosca in esso l'espressione di una lontana immediatezza. Questa mancanza di riconoscimento si esprime appunto nel non essere. Già si è parlato della categoria di totalità come di un elemento riparatore, che mediante il carattere contrapposto dell'estensione fornisce un equilibrio, un compenso alla suddetta insufficienza dell'espressione. L'antitesi tra essere e non essere esemplifica questa funzione equilibratrice: congiunti, essere e non essere costituiscono una totalità, un compenso estensivo appunto all'insufficienza espressiva denunciata dal non essere e inerente anche all'essere, nell'identificazione dell''è' con l''era' (mentre l''è' in quanto espressione, non può richiamare 'proprio ciò che era' l'immediatezza), un equilibrio allo scadimento espressivo delle due categorie prese singolarmente."
"Filosofia dell'espressione"... " La rete delle categorie"
Si può avanzare l'ipotesi, che durante l'esposizione Giorgio Colli non
aveva immediata sensazione della mancanza di non essere in un contesto che esprime la totalità delle repressioni. Meno arrischiata mi sembra invece l'affermazione che una delle ultime affermazioni si presta all'interpretazione che essere e non essere fanno parte del carattere totemico dell'immediatezza. Inoltre con la tirata in ballo del contatto metafisico, riferendosi all'antitesi tra la presenza e l'assenza (il possesso e la privazione) ha snaturato l'argomento.
È possibile che l'essere sia assente, e che il non essere sia presente? O l'assenza di predicazione, così come di un predicato adeguato, sostituisce la presenza di uno inadeguato?
Si tratta semplicemente di un'altro esempio del supposto superamento
dei sapienti da parte di Aristotele a cui Giorgio Colli aderisce per affinità dottrinale. Tutt'all più, la mancanza è il possesso si possono ricondurre all'opportunità o meno di un'azione, o in un contesto strettamente formale, all'eseguibilità o meno di un'operazione. Ci si può accorgere della mancanza di certi stimoli, come la mancanza di appetito o di uno dei laici delle mie scarpe. In ogni caso, che qualcosa di cui si ha nozione sia manifesto o meno, in un determinato senso non ci vuole particolari doti per accorgersene, mentre in un altro ce ne vuole più di una, e ardua esercitazione per giunta. Per quel che mi concerne, io ammetterei volentieri che non sono molto adatto ad occuparmi di dialettica, se qualcuno più versato di me nella materia si prendesse la briga a dimostrare che l'antitesi tra il possesso e la mancanza abbia la stessa natura di quella tra essere e non essere, e una relazione tra i termini diversa da quella tra il movimento e la quiete; determinata da una necessità inflessibile, come l'ha definito Platone durante la sua spiegazione di un potenziale significato del concetto di non essere.
Per quanto ammiro Platone e la sua interpretazione della nozione di
giustizia, a me non sembra dire me non che con la tirata in ballo del comportamento dello strano Euricle abbia reso molto giustizia alle tecniche utilizzate da un povero artista. A dirla tutta, con la mia interpretazione del metodo dialettico, non mi sembra per niente che il buio sia meno presente dalla capacità di intendere. Almeno finché l'intera installazione, burattinaio e burattini compresi, non raggiunge una formale coincidenza con l'originale, diventata una volta per tutte completamente immedesimata.