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LEONARDI - LEZIONE CINQUE - 28/04/2021

Esperienza immersiva del panorama: ha le sue radici all'inizio dell'800 e che


si può mettere direttamente in connessione con quella che è la tradizione
degli spettacoli di lanterna magica e di fantasmagoria, quindi con diciamo
esperienze immersive di spettatorialità,esperienza nel contesto delle quali lo
spettatore è come se fosse risucchiato dentro l'immagine o in qualche modo
tutto il mondo circostante finisce di esistere e c'è un rapporto proprio diretto
tra lo spettatore e l’immagine. In qualche modo l'immagine esce dalla cornice,
si espande oltre la cornice, rompe quella che è la tradizione del velo
albertiano per cui lo spazio della rappresentazione deve essere separato
dallo spazio dello spettatore e invece invade lo spazio dello spettatore.
Questo può avvenire tramite il panorama e il diorama dove questi enormi
dipinti non hanno ovviamente una cornice ma appunto si estendono
abbracciando lo spettatore il quale è collocato in uno spazio buio, per cui si
crea questa sorta di tunnel visivo, che sarà poi tipico del cinema dove l'idea è
quella di creare una sorta di realtà virtuale.
Il cinema poi funzionerà con un meccanismo diverso, perché nel cinema per
non rompere l'illusione ci deve essere il quarto muro, quindi il cinema per
potere diciamo reggere nella sua struttura di un qualcosa che è una
narrazione che si svolge di fronte uno spettatore, prevede che per esempio
gli attori non guardino mai nella telecamera nella macchina da presa. Il quarto
muro nel cinema esiste, il cinema si basa su quella che è la teoria del velo
albertiano.
Ci sono esempi di esperienze cinematografiche che invece sono più vicini al
panorama e che quindi hanno una componente forte di immersività. Non solo
ma ci sono state e ci sono esperienze di cinema che invece superano il
quarto muro, esattamente come ci sono esperienze di teatro che lo superano,
coinvolgendo gli spettatori in un dialogo. Un esempio tipico di ciò sono i film
di Woody Allen ma anche alcuni alcune scene dei film di Buster Keaton.

La realtà virtuale, tutte le esperienze di spettatorialità immersiva, che


vengono spesso descritte come un qualcosa di specificatamente legato alla
cultura digitale, hanno invece delle radici molto antiche che addirittura vanno
indietro fino all'età barocca, se non addirittura per certi versi prima, ma
diciamo che l'età barocca è il momento in cui nasce questo tipo di estetica
dell'inganno e il piacere estetico legato all'essere iingannati e al suscitare
nello spettatore un interrogativo su ciò che si ha davanti.

Primo esempio molto esplicativo: un video che


rappresenta un'installazione realizzata da un artista
olandese Jan Van der Vaart all'interno di una casa
nobiliare inglese a metà del Seicento.
Questo oggetto che è un trompe l’oeil dipinto nella
seconda metà del Seicento e poi trasferito in questa
casa nel 700, siamo di fronte un oggetto che crea un
effetto illusionistico per cui chi lo guarda si trova di
fronte a un qualcosa che appunto sembra reale.
Quindi possiamo dire che è una sorta di esperienza
di realtà virtuale.
Altro esempio di questo genere di estetica
collocabile sempre nel 600, in età barocca:
questa è una scatola prospettica realizzata
da un altro pittore fiammingo, Samuel Van
Hoogstraten, che è attivo anche lui in
Inghilterra nella seconda metà del
Seicento. Realizzata appunto intorno al
1655-1677, è una scatola prospettica che
ha dei buchi all’interno dei quali guardare una scena domestica di vita
quotidiana dipinta all'interno della scatola con degli effetti prospettici.
Siamo di fronte un'esperienza che in qualche modo può essere simile a
quello che sarà poi il cinema, per esempio del cinetoscopio e in cui di nuovo
questo fatto di guardare attraverso un buco è di nuovo una forma di
esperienza immersiva: da una parte c'è il panorama che proietta su uno
spazio gigantesco un'immagine che avvolge e abbraccia lo spettatore mentre
dell'altra invece c'è questa sorta di panorama in miniatura (che sono queste
scatole ottiche che vengono cronologicamente prima del panorama) e che in
un certo senso abbracciano e avvolgono lo spettatore. perché lo spettatore
guardando nel buco della serratura e trovandoci all'interno una
rappresentazione iperrealista, che mima la realtà fino al punto di sostituirla,
si trova ancora una volta ha catapultato all'interno di questo spazio e quindi è
come se lo visitasse virtualmente (come avviene con i visori per la realtà
aumentata e per la realtà virtuale).

In un certo senso lo stesso avviene con il trompe l’oeil del violino,


quest’ultimo infatti funziona allo stesso modo: pur essendo una
rappresentazione che non è immersiva, dal momento che non è che c'è un
qualcosa che circonda e che assorbe lo spettatore, è realizzara sottoforma di
iperrealismo così illusorio che di fatto crea una situazione in cui la
rappresentazione non è più parte di un altro mondo, la rappresentazione
viene a sostituire l’oggetto, si colloca al'interno dello spazio dello spettatore e
lo fa in maniera ‘’virtuale’’, cioè attraverso questa forma di iperrealismo
pittorico.
Un esempio tipico nell’800 dell’estetica che invoca ad
una sorta di uscita dalla cornice è un dipinto di un
pittore spagnolo Pere Borrell del caso che realizza
questa tela a metà dell’800 che si intitola escaping
criticism: fuggire dalla critica d’arte.
Questo ragazzo esce dal quadro e si butta verso la
realtà dello spettatore: è un equivalente ottocentesco
di quel violino dipinto su quella porta nella seconda
metà del Seicento.

Nell'America ottocentesca questa tradizione viene ripresa con grande vigore.


William Harnett, pittore americano dell’800, realizza
questo genere di quadri in cui c'è una forma di
illusionismo molto marcata. Questo genere di quadri
sono tutti finalizzati a creare nello spettatore un
effetto illusivo.
Quindi anche nell'800 c’è questo genere di situazione
in cui viene chiamato in causa anche il tatto: in
situazioni di questo genere lo spettatore viene messo
in questa situazione di incredulità e a partire da
questa esperienza di incredulità viene chiamato in
causa il tatto.
Questi dipinti spesso venivano messi all'interno dei
saloon dove appunto si facevano attorno ad essi delle scommesse per cui
molti di questi dipinti Sono effettivamente rovinati perché poi chi faceva le
scommesse andava lì per vedere se effettivamente l'oggetto rappresentato
era reale o rappresentato.
C'è anche una questione di multisensorialità che è molto presente nell'arte
del Novecento e che è molto presente nell'arte contemporanea, ma che noi
ritroviamo già nella pittura e nell'arte barocca.
Un altro esempio sempre dell'800 americano di questo
genere di situazione è quello di questo lavoro Charles
Willson Peale, artista americano della fine del Settecento.
Ritratto di questi due ragazzi che sono i due figli del pittore
e che però è al tempo stesso un oggetto, è una
rappresentazione dove si tratta di un'installazione in cui
l'artistaha dipinto questi due ragazzi su una una scala e
sostanzialmente la scala poi finisce con un gradino vero di
legno e viene incorniciata dalla cornice di una porta. C’è
questa commissione fra realtà e dipinto che è molto
importante.

Altro esempio: il tavolo di Picasso: in qualche modo anche il cubismo ingloba


questa esperienza, questa tradizione, queste
strategie estetiche della della natura morta.
Anche in situazioni nelle quali non c'è
apparentemente questo genere di rimando al
trompe l’oeil in realtà ci sono degli elementi che
rimandano a quest’ultimo.
Dipinto realizzato prima delle avanguardie
storiche. 1912.
Queste strategie estetiche, questo gusto per l’inganno, sono presenti anche
in altre situazioni oltre che in pittura, appunto negli spettacoli ottici legati
all’intrattenimento, sia nelle case aristocratiche che in situazioni più popolari
nelle piazze, le proiezioni con lanterna magica e poi col panorama e con il
diorama.

Fluttuazione tra la realtà e la rappresentazione che sono sovrapposte l'una


all’altra: perfettamente esemplificata da questo quadro di Jasper Johns.
Quadro del 1954-55 che rappresenta una bandiera americana ma al tempo
stesso è una bandiera americana, di nuovo questa tradizione è presente nelle
forme più disparate di produzioni artistiche che corrono lungo il Novecento.

Altro esempio importante di questo genere di


fenomeno è anche quello di Robert
Rauschenberg e dei suoi combines. I
combines sono opere che ricordano
moltissimo la tecnica dello scontornare la tela
attorno all'oggetto che la tela rappresenta. La
tela mima la tavola, quindi ancora una volta
c'è questo gioco dell’inganno. Qui vediamo
come questa tradizione che chiama in campo
anche la multisensorialità e rispetto alla quale
quindi il dipinto bisogna toccarlo, bisogna
proprio interagire non solo con lo sguardo ma
anche attraverso la dimensione tattile, e poi
multisensoriale in generale, è rappresentato da questi combines di Robert
Rauschenberg, un altro esponente della Pop art americana. Sono dei quadri
che diventano oggetto. Ci sono dei combines dove addirittura lo spettatore è
invitato a fare funzionare elementi dell’opera, come dei carillon.

Su questo tema della negazione di questa dimensione dell'esperienza


estetica che è stata poi messa in atto dai musei (nei musei non si può toccare
niente) vediamo che tutte queste opere sono opere che invece chiamano in
causa anche proprio un rapporto multisensoriale con l'oggetto artistico, se si
nega questo aspetto si riduce la dimensione estetica dell'opera per come era
stata concepita alla sua origine. Questa negazione del tatto, questa
esaltazione della visione come unico strumento attraverso il quale avere
esperienze estetiche è una problematica che è tutta legate alla modernità,
legata alla negazione della corporeità, e che è tipica anche di una certa critica
d'arte occidentale novecentesca che è molto legata al modernismo e anche
al postmodernismo, perché appunto l'esistenza di studi che si chiamano
visual studies sono sicuramente sicuramente legati a un'idea di negazione
degli altri sensi e di supremazia della vista nell'esperienza estetica.
Anche laddove si ci si interroga su dinamiche di potere, situazioni sociali, il
maschilismo… però poi di fatto quello che si fa all'interno di questi studi e di
questi questi approcci è quello di negare la dimensione materiale dell'opera
d'arte e quindi di pensare a un'opera d'arte soprattutto come a un’immagine.
È molto importante avere presente il fatto che tutta una serie di lavori che
hanno a che fare con un'idea di gioco e multisensorialità immersività di
interazione con lo spettatore secondo dei rincipi legati alla tradizione del
trompe l’oeil, non sono riconosciuti come tali ma vengono letti nella storia
dell'arte dominante come delle esperienze legate soprattutto al visivo, e
questo poi influisce sulla loro musealizzazione.
La museologia contemporanea opera attorno a me dire una sorta di
santificazione dell’originale.
In questo modo si escludono dalla narrazione tutta una serie di pratiche che
invece sono assolutamente fondamentali per la contemporaneità, non
soltanto livello di produzioni artistiche ma anche a livello di cultura popolare
quotidiana, di spettatorialità diffusa.

Altro aspetto fondamentale che ci aiuta a mettere in relazione fra loro anche
diversi media, non dobbiamo occuparci solo di pittura, non dobbiamo
occuparci solo di cinema, non dobbiamo occuparci solo di fotografia, solo di
scultura… dobbiamo anche fare una riflessione improntata all’archeologia dei
media che sia intermediale.
Cosa succede nell'ambito della fotografia: la storia della fotografia è una
storia che è stata raccontata con una storia di autori ed immagini
bidimensionali. Mentre invece per esempio si è morto trascurato un aspetto
fondamentale, e cioè per esempio la fotografia la forma più diffusa di
fotografia a partire dagli anni sessanta dell'Ottocento erano da una quelle
piccole fotografie formato biglietto da visita che circolavano nella società e
dall'altra la stereoscopia. È come un cinema tridimensionale.
Uno dei maggiori collezionisti di fotografie stereoscopiche è Brian May.
Lo stereoscopio permette di vedere immagini bidimensionali come se fossero
tridimensionali, esattamente con il cinema in 3D però con un meccanismo
diverso. Qui c'è sicuramente un dominio della visualità.
La collezione di Brian May segue un carattere tematico, per cui per esempio
lui ha collezionato immagini pornografiche ma anche per esempio
stereoscopie di immagini di diavoli, che erano molto in voga all’epoca.

Cosa succede nel cinema:


Il cinema è ovviamente legato da una parte alla fotografia e poi anche a quelli
che sono gli spettacoli popolari, come la lanterna magica, come la
fantasmagoria…
Alcuni storici del cinema hanno guardato al cinema non come ad una
disciplina a se e che ha una storia a sé, ma come una disciplina che dialoga
con gli altri media, con ciò che veniva prima, con ciò che si è sviluppato
parallelamente.
Il cinema è un medium composto da molti elementi, bisogna guardare al
cinema non soltanto per ciò che viene rappresentato, e quindi per la struttura
narrativa, per le tecniche di montaggio eccetera eccetera, ma anche per
l'ambiente all'interno del quale avviene lo spettacolo (quindi lei modalità di
proiezione, le modalità di presentazione al pubblico, l'esperienza che il
pubblico fa attraverso queste diverse modalità, la circuitazione, la
promozione).
Ad esempio: cinema muto, il cinema muto non è fatto soltanto di immagini,
di sottotitoli e di musica. In alcune esperienze cinematografiche era era
presente la figura dell'imbonitore il quale aveva il compito di narrare e di
spiegare al pubblico. Bisogna anche guardare agli edifici, le tende, i teatri, la
biglietteria, a tutta una serie di questioni che devono essere analizzate
assolutamente per comprendere meglio la storia del cinema e per
comprendere la storia del cinema in una dimensione trasversale in una
dimensione di storia integrata dei diversi media.

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