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L’AUTORE

Désir´
D´esirée M erien,
é´ rien, professore di biologia, vive e lavora a Lorient, nella Bretagna francese.
Preoccupato da problemi di malattia, cominciò cominci`o giovanissimo ad interessarsi ai metodi naturali di
salute e particolarmente alle Idee Igieniste praticate e divulgate negli Stati Uniti dal dr. Shelton
e dal dr. H.Tilden e In Francia da Albert Mosseri.
Si  èe sforzato di raggiungere un equilibrio personale e un modo di vita sano in un ambiente
Si `
poco favorevole, quale quello della citt a à` . In una nazione industrialmente avanzata.
Dopo
Dopo una ventina ventina d’anni
d’anni di pratica
pratica dell’i
dell’igiegiene
ne vitale
vitale ha fondato
fondato il   Centr Nature et Vie ,
Centro Nature
nel quale
quale organi
organizza
zza soggiorni
soggiorni di inizia
iniziazio
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alla dietet
dietetica
ica igieni
igienista
sta,, al digiuno
digiuno e stages
stages di
“épanou
“´epanouiesem
iesement”ent” personale,
personale, utilizrendo
utilizrendo tecniche
tecniche psico-corpore
psico-corporeee quali la biorespirazi
biorespirazione,
one, la
bioanalisi e la liberazione dal controllo.
Il Centro
Centro pubblic
pubblicaa una rivist
rivistaa trimes
trimestra
tralele e svolg
svolgee una intens
intensaa attiv
attivit`
itàa di corsi,
corsi, anch
anchee per
per
corrispondenza.
PREFAZIONE

Il punto di partenza del pensiero igienista `eè che salute e malattia non sono dovute al
caso;
caso; l’una e l’altra dipendono
dipendono dalle
dalle nostre scelte di vita. Il capitale ereditari
ereditario
o che ci
accompagna dalla nascita può,
pu`o, in maggiore o minor misura influire sulla situazione, ma
una salute eccellente si ha soltanto se si riesce ad armonizzare il modo di vita con le
proprie possibilità
possibilit`a originarie.
La salute eè` dunque
dunque una questione
questione di volontà
volont`a e di responsabilità.
responsabilit`a. Correre da uno spe-
cialista ad un altro, da una diagnosi ad un’altra, da una terapia ad un’altra, serve soltanto
a farci affondare sempre di più
pi`u nella malattia e nella depressione che vi si accompagna.
Ciascuno deve darsi carico della propria salute, personalmente, senza delegare nessun
altro.
Per far questo bisogna innanzi tutto riconoscere che la malattia `eè un rimedio messo
in atto dalla natura e un messaggio per la nostra volontà
volont`a cosciente: l’organismo reagisce
agli insulti che gli vengono
vengono da una condotta
condotta di vita sbagliata.
sbagliata. Cos`
Cosıı̀ la diarrea
diarrea ripulisce
l’intestino per impedire un avvelenamento del sangue, la febbre disintossica le cellule, i
foruncoli
foruncoli purificano
purificano il sangue.
sangue. . . e, al tempo stesso,
stesso, febbre, foruncoli,
foruncoli, diarrea segnalan
segnalano o
l’errore.
Il sistema igienista utilizza i fattori dell’igiene naturale come materiali necessari alla
salute e non come rimedi, per i malati e per i sani, a seconda delle capacit`a
capacit`a degli uni e
degli altri.  Il riposo, come fattore di ricupero (digiuno, riposo muscolare, sensoriale
e sessuale), alimenti sani, aria, sole, luce, pulizia, fiducia nella forza risanatrice della
natura .
Nessuna ricetta quindi per guarire questa o quell’altra malattia, nessuna erba, nessun
prodotto chimico, nessuna diagnosi; solo il rispetto delle regole di vita che generano la
salute.
I sintomi dalla malattia appaiono quando l’intossicazione delle cellule (tossiemia) di-
venta
venta intollerabile
intollerabile.. La tossiemia
tossiemia può
pu`o risultare da cause fisiche, come alimentazione ec-
cessiva, squilibrata, addittivata, cattiva digestione, medicinali, esposizione a radiazioni o
altro,
altro, ma anche da cause
cause psichiche
psichiche.. Tensioni,
ensioni, ansie, stress, possono
possono inibire un corretto
corretto
funzionamento degli organi.
Di fatto tutto si riconduce alla tossiemia; quando le cellule sono intossicate ogni rea-

1
PREFAZIONE

Il punto di partenza del pensiero igienista `eè che salute e malattia non sono dovute al
caso;
caso; l’una e l’altra dipendono
dipendono dalle
dalle nostre scelte di vita. Il capitale ereditari
ereditario
o che ci
accompagna dalla nascita può,
pu`o, in maggiore o minor misura influire sulla situazione, ma
una salute eccellente si ha soltanto se si riesce ad armonizzare il modo di vita con le
proprie possibilità
possibilit`a originarie.
La salute eè` dunque
dunque una questione
questione di volontà
volont`a e di responsabilità.
responsabilit`a. Correre da uno spe-
cialista ad un altro, da una diagnosi ad un’altra, da una terapia ad un’altra, serve soltanto
a farci affondare sempre di più
pi`u nella malattia e nella depressione che vi si accompagna.
Ciascuno deve darsi carico della propria salute, personalmente, senza delegare nessun
altro.
Per far questo bisogna innanzi tutto riconoscere che la malattia `eè un rimedio messo
in atto dalla natura e un messaggio per la nostra volontà
volont`a cosciente: l’organismo reagisce
agli insulti che gli vengono
vengono da una condotta
condotta di vita sbagliata.
sbagliata. Cos`
Cosıı̀ la diarrea
diarrea ripulisce
l’intestino per impedire un avvelenamento del sangue, la febbre disintossica le cellule, i
foruncoli
foruncoli purificano
purificano il sangue.
sangue. . . e, al tempo stesso,
stesso, febbre, foruncoli,
foruncoli, diarrea segnalan
segnalano o
l’errore.
Il sistema igienista utilizza i fattori dell’igiene naturale come materiali necessari alla
salute e non come rimedi, per i malati e per i sani, a seconda delle capacit`a
capacit`a degli uni e
degli altri.  Il riposo, come fattore di ricupero (digiuno, riposo muscolare, sensoriale
e sessuale), alimenti sani, aria, sole, luce, pulizia, fiducia nella forza risanatrice della
natura .
Nessuna ricetta quindi per guarire questa o quell’altra malattia, nessuna erba, nessun
prodotto chimico, nessuna diagnosi; solo il rispetto delle regole di vita che generano la
salute.
I sintomi dalla malattia appaiono quando l’intossicazione delle cellule (tossiemia) di-
venta
venta intollerabile
intollerabile.. La tossiemia
tossiemia può
pu`o risultare da cause fisiche, come alimentazione ec-
cessiva, squilibrata, addittivata, cattiva digestione, medicinali, esposizione a radiazioni o
altro,
altro, ma anche da cause
cause psichiche
psichiche.. Tensioni,
ensioni, ansie, stress, possono
possono inibire un corretto
corretto
funzionamento degli organi.
Di fatto tutto si riconduce alla tossiemia; quando le cellule sono intossicate ogni rea-

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 Le Compatibilit a
à` Alimentari 2
di Desire Merien

zione organica, eè` possibile: dal raffreddore al cancro.


Da qui la necessità,
necessit`a, tanto più
pi`u imprescindibile in ambienti e con cibi sempre piè
pi`e com-
promessi quali quelli in cui viviamo, di adottare  metodi di vita e di alimentazione che
consentano una digestione e una assimilazione perfette, con il minor dispendio di
energie .
Questo volumetto eè` quindi un prezioso aiuto per chi desidera capire i meccanismi di
funzionamento del suo apparato digerente, osservare le proprie reazioni e porre le basi per
il mantenimento o il ristabilimento di una vera salute.
Ma perché
perch´e stare aà` vedere
vedere come si associan
associano
o gli alimenti?
alimenti? Se essi sono buoni
buoni e ben
scelti, bene conservati e non troppo manipolati in cucina, non si pu`o pu`o mangiare secondo
l’estro
l’estro del momento o il caso?caso? Perch`
Perchèe preoccuparsi anche di questi dettagli? Gli animali
seguono forse delle regole per le combinazioni alimentari?
Shelton stesso risponde a questi interrogativi nella prefazione alla edizione italiana
del suo libro sulle combinazioni alimentari. ≪Gli animali mangiano, in modo semplice e
non fanno miscugli. Non consumano zuccheri raffinati nè n`e prendono alimenti acidi con le
proteine. Il cervo che pascola nel bosco mescola molto poco i suoi alimenti. Lo scoiattolo
che mangia noci fa verosimilmente ≪il pieno≫  di noci e non vi aggiungeaggiunge altro.
altro. Si sono
osservati uccelli che mangiavano insetti in un momento della giornata e semi in un altro
momento.
momento. Gli animali
animali allo stato selvaggio
selvaggio non dispongono,
dispongono, come l’uomo
l’uomo civilizza
civilizzato,
to, di
una grande varietà
variet`a di alimenti per i loro pasti. Anche i nostri antenati dovevano mangiare
in modo molto semplice. Combinare correttamente gli alimenti `eè un modo intelligente
intelligente per
rispettare le possibilità
possibilit`a degli enzimi digestivi e per assicurare una digestione più
pi`u semplice
e più
pi`u completa.
Gli alimenti che non digeriamo non ci fanno certo bene. Innanzi tutto, mangiare per-
chè
ch`e degli alimenti imputridiscano nel tubo digerente eè` uno spreco. Ma non solo, la putre-
fazione produce dei veleni. La combinazione corretta degli alimenti procura non soltanto
una digestione migliore, ma altresı̀
altres`ı protegge dall’avvelenamento,
dall’avvelenamento, dalla tossiemia ≫.

a cura di  Ancilla Rizzotti Biganzoli

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. . . com
comee una
una fogli
foglia
a nel
nel vento..
vento.. .
Capitolo 1
Semplificare l’alimentazione

L’alimentazione dell’uomo nelle società industriali è estremamente complessa. Questa


complessità deriva da diversi fattori.
L’alimentazione abituale dell’uomo è onnivora. I suoi alimenti sono inquinati da
procedimenti chimici di produzione e di conservazione.
Una prima semplificazione consiste nell’abolire i prodotti carnei e adottare una ali-
mentazione vegetariana. Molto sovente però questa prassi induce a mangiare troppi
cereali e crea nuovi squilibri.
Una seconda scelta consiste allora nell’alimentarsi con prodotti adatti alla specie uma-
na: frutta e verdure principalmente. Ma anche questi alimenti specifici non devono essere
assunti nello stesso pasto in un disordine incompatibile con le leggi della digestione.
Una terza semplificazione si effettuerà associando questi alimenti a seconda della lo-
ro compatibilità, vale a dire della possibilità che presentano di essere digeriti, se presi
insieme.
Più l’alimentazione è semplice e adatta alla specie umana, più genererà una salute
soddisfacente.
I risultati sullo studio delle compatibilità alimentari che esponiamo qui di seguito de-
vono molto alle ricerche degli igienisti americani e principalmente a quelle del dr. Her-
bert M. Shelton, pubblicate in Italia, nel 1970, 76 e 79 con il titola: “ Le combinazioni
alimentari” (ed. Manca – Genova).

Ci sembra tuttavia che i lavori di Shelton si basino essenzialmente sulla digestione


orale e gastrica degli alimenti, con riferimento alle loro costanti acido-basiche. La-
voro importante, originale e insostituibile, ma probabilmente insufficiente in quanto
Shelton ha deliberatamente lasciato nell’ombra la digestione post-stomacale e questa
è, a nostro avviso, una grave dimenticanza .

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 Le Compatibilit à Alimentari 4
di Desire Merien

In effetti la digestione pancreatica e intestinale svolgono un ruolo capitale nel bilancio


finale della digestione, trascurarle implica una semplificazione non scientifica e, per ci`o
stesso, inaccettabile.
Noi presentiamo ai nostri lettori, senza pretendere di aver raggiunto la perfezione,
delle compatibilità alimentari che tengono conto dell’insieme dei processi digestivi.
Abbiamo altresı̀ tenuto conto dei tempi di digestione specifici di ciascun alimento.
Questa sperimentazione delle associazioni alimentari, che abbiamo realizzato su noi
stessi e in collaborazione con numerose persone, si `e svolta in un arco di tempo assai
lungo, il che ci permette ora, di presentarne le regole.
Anche se l’alimentazione sana non costituisce che uno dei fattori vitali di otteni-
mento della salute è preferibile, a nostro modo di vedere, conoscere le regole che la
governano, piuttosto che vivere nella loro ignoranza .
L’applicazione di queste regole condurrà coloro che avranno la saggezza di applicarle,
senza eccessi e senza pedanteria, ad un benessere che compenser`a gli sforzi realizzati per
semplificare i pasti.

L’autore

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Capitolo 2 
Come avviene la digestione

La digestione rappresenta l’insieme degli atti meccanici, secretori e chimici che concor-
rono a modificare gli alimenti e ridurli in corpi semplici – detti nutrienti – che saranno
direttamente assorbibili e assimilabili.
La digestione avviene nell’apparato digerente, che, nell’uomo, è costituito dalla cavità
boccale (denti, lingua, ghiandole salivari), dalla faringe, dall’esofago, dallo stomaco,
dall’intestino, dal pancreas, dal fegato, e da varie ghiandole.
La digestione è innanzi tutto un fenomeno meccanico. Gli alimenti sono portati alla
bocca, triturati dai denti e impregnati di saliva. Si trasformano in una pasta molle e con
l’aiuto della lingua il boccone, detto  bolo, scivola verso la faringe. Il  bolo  oltrepassa la
faringe, ovvero viene deglutito, e qui termina il controllo volontario del cibo, che si inoltra
nell’esofago dove un’onda di contrazione muscolare ( movimento peristaltico) lo porterà
verso lo stomaco.
Quando il cibo penetra nello stomaco, le pareti di quest’ultimo si distendono. Il  piloro
rimane chiuso, tranne che per il passaggio dei liquidi che vanno direttamente nell’intestino
tenue. Nello stomaco gli alimenti vengono rimescolati e impregnati con i succhi gastri-
ci; si trasformano cosı̀ in una pappetta chiamata  chimo  ed escono per ondate successive
quando il piloro si distende.
Nell’intestino tenue, come nello stomaco, i movimenti sono dettati dalla necessit à
di consentire l’azione del succo pancreatico, della bile e dei succhi intestinali . Lo
scuotimento favorisce l’azione di questi succhi e i movimenti peristaltici assicurano l’a-
vanzamento del contenuto. Nell’intestino tenue si produce una separazione fra i nutrienti
assimilabili, trattenuti dai villi intestinali e i rifiuti, spinti nell’intestino crasso; una valvola
a senso unico si oppone al loro ritorno nell’intestino tenue.
Nel crasso i rifiuti sono compressi, sempre per effetto di movimenti peristaltici. Infine
essi arrivano al retto producendo una sensazione che induce alla evacuazione.
La digestione è anche un fenomeno chimico che consiste in una serie di reazioni

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 Le Compatibilit à Alimentari 6
di Desire Merien

per trasformare i protidi, i glucidi e i lipidi. Queste reazioni sono rese possibili, cioè
catalizzate, dagli enzimi contenuti nei succhi digestivi.
Il primo enzima è quello contenuto nella saliva, la   ptialina. Oltre al suo ruolo nel-
l’ambito dei fenomeni meccanici della masticazione e della deglutizione, essa ha un’a-
zione nella trasformazione chimica dei glucidi. La saliva è secreta con un atto riflesso,
dovuto alle eccitazioni della mucosa della lingua e/o all’influenza dei centri nervosi, per
l’intermediazione della vista e dell’olfatto.
Il succo gastrico proviene da ghiandole situate nella mucosa dello stomaco. Contiene
dell’acido cloridrico (da 1 a 5 per mille) e alcuni enzimi: il presame o caglio soprattutto
nei bambini, la pepsina e una lipasi.
Il succo pancreatico ha una reazione alcalina,  è probabilmente il pi ù importante dei
succhi digestivi . In effetti contiene una lipasi, due proteasi (la tripsina e la chimotripsina),
una amilasi e una peptidasi.
La bile è prodotta dal fegato e poi immagazzinata nella vescichetta biliare, in attesa
di essere versata nell’intestino. La bile non può dirsi precisamente un succo digestivo, in
quanto non contiene enzimi, ma  solo sali che servono ad emulsionare, cio è ridurre in
particelle piccolissime, i grassi.
I succhi intestinali hanno una reazione alcalina. Provengono da ghiandole situate nella
mucosa dell’intestino tenue. Contengono diversi enzimi, l’ enterochinasi, la  maltasi, la
saccarasi e due  peptidasi.

2.0.1 Le trasformazioni chimiche

La digestione dei glucidi consiste nella trasformazione degli amidi e degli zuccheri in
zuccheri semplici. Essa avviene in presenza di una amilasi ( ptialina  della saliva e  amilasi
 pancreatica) e in certe condizioni di temperatura, esistenti nel corpo umano.

In una prima fase l’amido si trasforma in maltosio:

+   amilasi
2(C 6 H 10 O5)n + nH 2O −−−−−−→ nC 12 H 22O11
che si legge. . .
+   amilasi
amido +   acqua −−−−−−→   maltosio
poi, in una seconda fase, il maltosio, come pure il saccarosio e il lattosio si trasfor-
mano in zuccheri ancora più semplici (glucosio, levulosio, e galattosio) per effetto di
un enzima intestinale: maltasi o saccarasi o lattasi.

+   enzima
C 12H 22 O11 + H 2O −−−−−−→ C 6 H 12 O6
che si legge. . .
+   enzima
maltosio/saccarosio/lattosio +   acqua −−−−−−→   glucosio/levulosi/galattosio

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 Le Compatibilit à Alimentari 7
di Desire Merien

La digestione dei protidi avviene anch’essa in due tempi, come quella degli amidi.
Innanzi tutto il latte, sotto l’azione del caglio o presame si trasforma in caseina e in poli-
petidi.  Nell’adulto, che non ha pi ù il caglio nel succo gastrico, un enzima pancreatico
fa cagliare il latte. La caseina e le altre proteine (della carne, del pesce, delle uova),
compresa l’albumina, sono trasformate in polipeptidi per effetto di tre enzimi: la  pepsina
dello stomaco (che agisce in presenza di acido cloridrico) o la  tripsina o la  chimotripsina
 pancreatica.

+   proteasi
Proteina + H 2O −−−−−−→   polipeptidi
In un secondo tempo, nell’intestino, i polipeptidi sono a loro volta trasformati in
aminoacidi per effetto delle peptidasi pancreatica ed intestinali.

+   peptidasi
Polipeptidi + H 2 O −−−−−−−→   aminoacidi
La digestione dei lipidi inizia per effetto dei sali biliari che emulsionano i grassi in par-
ticelle finissime. L’enzima pancreatico che digerisce i grassi può cosı̀ agire su una super-
ficie più ampia e i gliceridi iniziali vengono trasformati in grassi semplici, cioè glicerolo
e acidi grassi.

+   lipasi
Gliceridi + H 2 O −−−−−→   glicerolo +   acidi grassi

L’acqua e i sali minerali, infine, non sono digeriti, ma assorbiti senza cambiamenti di
stato, lungo tutto il tubo digerente. Ma è soprattutto a livello dell’intestino tenue che
avviene il principale assorbimento. Le vitamine e la glicerina sono ugualmente assorbite
senza trasformazioni di sorta.

Ora che abbiamo visto quali sono gli enzimi che agiscono sulla digestione degli ali-
menti e come avviene la loro trasformazione possiamo vedere un po’ meglio cosa avviene
nei vari organi preposti alla digestione.
Nella bocca, abbiamo detto che la secrezione salivale, contenente la ptialina, agisce
sugli amidi solo quando l’ambiente è alcalino o neutro, cioè non acido. Gli amidi, quando
sostano sufficientemente nella bocca o nello stomaco, in ambiente alcalino o neutro, sono
trasformati in zuccheri semplici. Questa azione chimica, che `e la sola realizzata in bocca,
è tanto più incompleta quanto meno il cibo viene masticato e insalivato. Lo zucchero
alimentare o  saccarosio praticamente non viene modificato dalla saliva.
Nello stomaco, il succo gastrico agisce essenzialmente sulle proteine, per azione della
pepsina, in presenza di acido cloridrico: il  ph  o grado di acidità, è fra 2 e 4. La pepsina
favorisce l’idrolisi delle proteine per trasformarle in polipeptidi, stadio intermedio fra le
proteine e gli aminoacidi. Nello stomaco del bambino, il caglio trasforma il caseinogeno,
proteina particolare del latte, in caseina e in polipeptidi. La caseina, come l’albumina,
saranno poi sottoposte all’azione della pepsina per essere ridotte in polipeptidi. Nello

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di Desire Merien

stomaco i grassi subiscono poche trasformazioni; solo alcuni di essi vengono trasformati
in acidi grassi.
Nell’intestino tenue arrivano gli alimenti ridotti dallo stomaco in chimo, di natura
acida. Sotto l’influenza di questa acidità, la mucosa del duodeno, che è la parte dell’in-
testino tenue situata immediatamente dopo lo stomaco, produce un ormone, la secretina.
Questa passa nel sangue e provoca la secrezione del succo pancreatico. In assenza di
questo meccanismo ormonale, un secondo meccanismo nervoso può condurre allo stesso
risultato.
Quando il chimo raggiunge il duodeno viene sottoposto all’azione del succo pan-
creatico, che é uno dei succhi digestivi pi ù importanti, in quanto il suo corredo en-
zimatico è il più completo: agisce su tutti i tipi di alimenti e pu ò, da solo, portare a
termine la digestione .
L’amilasi pancreatica è l’analogo addominale della ptialina della saliva.  L’azione
della ptialina idrolizza circa il 20% degli amidi ingeriti;  l’amilasi pancreatica è molto
più attiva poichè è capace di digerire 20.000 volte il suo peso in amidi, in 30 minuti.
√ 
La trasformazione dell’amido cotto pu ò raggiungere il 90%, mentre quella dell’ami-
do crudo è molto più ridotta. Notiamo qui – per inciso – che l’amido non costituisce, né
quello contenuto nei cereali n é quello delle patate, un alimento strettamente idoneo
alla specie umana; è con la cottura che l’uomo ha trovato un artificio per renderlo
più digeribile.
Le due proteinasi pancreatiche la tripsina e la chimotripsina dopo essere state attivate
dall’enterochinasi continuano le modificazioni iniziate nello stomaco ad opera della pep-
sina, trasformando le proteine in polipeptidi. Osserviamo che questa azione si svolge in
ambiente alcalino (  7   < p H < 9  ). Tale alcalinità è favorita dalla bile. Infine, una pep-
tidasi pancreatica (la carbossipeptidasi) prolunga l’azione delle proteinasi continuando a
trasformare i polipeptidi in aminoacidi, ultimo stadio della digestione delle proteine.
La lipasi pancreatica provoca la trasformazione dei gliceridi in glicerolo e acidi gras-
si; questi ultimi si trasformano in saponi. La lipasi pancreatica, solubile in acqua, agisce
solo sulla superfice delle particelle di grasso e quindi la sua efficacia aumenta quanto pi`u
le particelle sono piccole. Versata nell’intestino tenue, la bile, assolve questo compito
emulsionando i grassi, cioè riducendoli in particelle minute. Inoltre  la bile rinforza di-
rettamente l’attività di questa lipasi, arrivando fino a quadruplicare il suo potere di
digestione dei lipidi .
Il pH  ottimale, favorevole all’azione della lipasi si situa fra 7 e 8, favorito dalla pre-
senza della bile. Nel duodeno, dove il  pH  è acido, l’idrolisi dei grassi è meno rapida che
nel digiuno, lungo il quale l’alcalinità aumenta.
I succhi intestinali intervengono poi per concludere la digestione degli alimenti, non
ancora effettuata in precedenza. Tre enzimi intestinali trasformano per idrolisi i disaccari-
di (maltosio, saccarosio e lattosio) in monosaccaridi (glucosio, levulosio e galattosio) che
sono direttamente assimilabili. Il maltosio, primo risultato della digestione degli amidi,
è trasformato, sotto l’effetto della maltasi, in glucosio e levulosio; il saccarosio, presente
nello zucchero industriale di canna o di barbabietola, si scinde in glucosio e levulosio,
sotto l’effetto di un altro enzima, l’ invertina; una lattasi trasforma il lattosio in galattosio.

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 Le Compatibilit à Alimentari 9
di Desire Merien

Infine l’erepsina contiene due peptidasi che assicurano l’idrolisi delle proteine fino al loro
stadio ultimo, gli aminoacidi.

2.0.2 La digestione microbica

All’infuori dello stomaco e della prima parte del duodeno, che sono praticamente sterili
a motivo dell’acidità del succo gastrico (in ambiente molto acido i microrganismi non
possono vivere, n.d.t.), nelle altre porzioni dell’intestino tenue e crasso vivono numerosi
germi. Questa popolazione microbica agisce sui costituenti alimentari presenti nell’in-
testino ed opera le ultime trasformazioni. In particolare fa evolvere la cellulosa – non
intaccata dai succhi digestivi – verso lo stadio di zucchero semplice o glucosio, che viene
parzialmente assorbito nella prima parte dell’intestino crasso. Questo, la cui principa-
le funzione è quella di assorbire l’acqua del contenuto intestinale, possiede un potere di
assorbimento che si riduce via via che si procede verso l’ano.
Esiste anche un succo digestivo nell’intestino crasso, ma il suo potere `e praticamente
nullo. Le tracce di enzimi che vi si trovano non hanno importanza fisiologica; oltrepassata
la valvola ileo-cecale, la. digestione termina e continua soltanto l’assorbimento dell’ac-
qua. La digestione microbica prosegue, cosı̀ come abbiamo detto, ma non è strettamente
indispensabile alla vita dell’organismo.

2.0.3 L’azione degli enzimi

Le trasformazioni chimiche che si producono nel corso della digestione si effettuano in


presenza di enzimi, detti anche  diastasi. I due termini sono sinonimi. Il primo, enzima, è
adottato internazionalmente ed è il più usato. Attualmente si conoscono circa un migliaio
di enzimi.
Un enzima digestivo è un catalizzatore di funzioni biologiche (biocatalizzatore) che
permette ed accelera una reazione chimica fra due o più sostanze. Nel tubo digerente
queste reazioni si effettuano a temperatura corporea. In assenza di enzimi le reazioni non
si effettuano.
Questi enzimi sono di natura proteica, sensibili ad ogni aumento di temperatura.
Ogni enzima agisce in maniera specifica su una certa materia, detta  substrato.
Gli enzimi sono quasi tutti delle idrolisi che degradano le molecole alimentari, cata-
lizzando la fissazione dell’acqua. Gli enzimi agiscono al meglio quando il  pH  di reazione
è favorevole.
Abbiamo visto che la  ptialina agisce quando l’ambiente è neutro o debolmente alcali-
no ( pH  7).

La  pepsina  emessa dallo stomaco è sotto forma inattiva di  pepsinogeno ed è attivata
dalla presenza dell’acido cloridrico. La pepsina `e attiva solo in ambiente acido. Sembra
che il suo pH  ottimale di attività vari a seconda del substrato sul quale deve agire. La
pepsina possiede la proprietà di innescare la digestione delle principali proteine.

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 Le Compatibilit à Alimentari 10
di Desire Merien

Questo  pH   si situa abitualmente fra 2 e 4. Notiamo che è più elevato del pH del succo
gastrico puro, determinato dalla concentrazione in acido cloridrico, che si avvicina all’1.
Certe circostanze rallentano l’azione della pepsina o addirittura vi si oppongono.
Cosı̀ le bevande ghiacciate sospendono la sua azione, l’alcool la distrugge.
Per contro,  la vista del cibo o il suo sapore, provocano una secrezione di pepsina,
quando l’alimento corrisponde al substrato di questo enzima . In caso contrario non si
produce secrezione.
L’amilasi pancreatica agisce in ambiente poco acido. Il  pH  ottimale si situa fra 6,9 e
7.
Le   proteasi pancreatiche, cioè la tripsina e la chimotripsina, hanno una azione par-
ticolarmente efficace sulle proteine che hanno già subito un inizio di trasformazione, ad
opera della pepsina dello stomaco. Esse sviluppano il massimo di efficacia in ambiente
alcalino, cioè quando il  pH  è fra 7 e 9. Questo  pH  ottimale, in questa zona di variazione,
dipende dalla natura del substrato, vale a dire dal genere di proteine ingerite.
La tupsina è attivata dalla enterochinasi, succo intestinale.
La peptidasi pancreatica agisce in ambiente alcalino.
La lipasi pancreatica sviluppa ugualmente il massimo di efficacia in ambiente alcalino.
Il suo pH  ottimale si situa fra 7 e 8. Questo pH  si ha nel digiuno, meno acido del duodeno,
che lo precede nell’intestino tenue. La sua attività è amplificata dall’intervento dei sali
biliari.
Le saccarasi intestinali non agiscono direttamente all’interno dell’intestino tenue. I
disaccaridi penetrano nella mucosa intestinale che contiene le saccarasi ed `e qui che si
produce la loro trasformazione in monosaccaridi.
Avviene lo stesso per le peptidasi intestinali, la cui azione si situa a contatto delle
cellule della mucosa che le contiene.
Si può dunque concludere che le secrezioni enzimatiche sono in funzione degli ali-
menti ingeriti. Delle ghiandole specializzate reagiscono agli stimoli registrati dal cervello
ed emettono degli enzimi specifici per ogni tipo di alimento ingerito.
Lo stomaco, in particolare, possiede dei milioni di ghiandole che secernono succhi
gastrici diversi, adatti ai bisogni digestivi dei differenti tipi di alimenti. Cosı̀  il succo
gastrico può essere fortemente acido o quasi neutro . Questa variabilità del pH  ga-
strico muta altresı̀ nel tempo: essendo l’acidità direttamente dipendente dall’alimento da
digerire.
Si osserva lo stesso fenomeno di adattamento della secrezione enzimatica a livello
della saliva. A seconda dei bisogni, tale o tal’altra ghiandola salivare entrano in azione.
Cosı̀, la ptialina non si produce se non in presenza di amido. Se si mangia zucchero raf-
finato, la ptialina sarà completamente assente nella saliva emessa. Analogamente quando
si mangiano solo proteine o grassi.
Gli alimenti poi non richiedono tempi uguali per essere digeriti .
Gli zuccheri della frutta non subiscono praticamente. alcuna digestione: essi sono

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 Le Compatibilit à Alimentari 11
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direttamente assimilabili. I disaccaridi, come il saccarosio, necessitano di una idrolisi a


livello intestinale per essere assorbiti. Quanto agli amidi, essi subiscono l’azione delle
amilasi salivari e pancreatiche per essere trasformati in maltosio (disaccarde) poi l’azione
della maltasi intestinale per essere ridotti allo stato di zuccheri semplici.   La digestione
degli amidi è quindi molto pi ù lunga di quella degli zuccheri e della frutta .
I grassi rallentano la digestione degli altri alimenti ai quali sono mescolati . Cosı̀
le proteine grasse sono più lunghe da digerire delle proteine magre. I formaggi magri si
digeriscono più rapidamente di quelli grassi, le noci più lentamente.
Gli alimenti che apportano acidi hanno una digestione prolungata  in quanto l’or-
ganismo deve prima neutralizzare l’acido. Cosı̀ i frutti acidi hanno una digestione pi ù
lunga è più difficile dei frutti semiacidi o dolci.
Le verdure si digeriscono rapidamente perché hanno una bassa concentrazione di
protidi, lipidi e amidi e anche perché sono scarsamente acide.

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Capitolo 3 
Associare opportunamente gli alimenti
per eliminare la TOSSIEMIA

Le informazioni presentate fin qui, ci permettono ora di affrontare il problema cosı̀ im-


portante delle compatibilità alimentari.

3.1 La digestione dei glucidi

3.1.1 Le ASSOCIAZIONI con gli amidi

— associazione amido-acido

La digestione degli amidi concentrati (cereali, patate) inizia nella bocca, sotto l’effetto
della amilasi salivare: la ptialina. Poiché questo enzima non agisce se non in ambiente
neutro o debolmente alcalino, ogni ingestione di amido, unito ad acido (es. associazione
pane e arance) rallenta o annulla completamente l’azione della ptialina sull’amido .
Ora questa azione rappresenta circa il 20% dell’azione di insieme delle amilasi salivari e
pancreatica sull’amido.
L’amido, non trasformato per la presenza dell’acido, rischia di imputridire nello sto-
maco ovvero di subire delle trasformazioni che annullano l’azione ulteriore dell’amilasi
pancreatica.
Non v’è alcun motivo di mangiare amidi e acidi nello stesso pasto.
Il pasto di amidi preceduto dall’ingestione di frutta acida (arance, pompelmi, manda-
rini, mandarance) è da escludere 1 . Per la stessa ragione,  bisogna evitare di mettere del
1
Anche il pomodoro si deve includere tra la frutta acida. Pane e pomodoro, pasta con succo di

12
 Le Compatibilit à Alimentari 13
di Desire Merien

succo di limone, dell’aceto e ogni altro alimento acido nel condimento dell’insalata
che consumiamo con gli amidi , come i cereali e le patate.
Un’altra ragione importante che si oppone alla associazione amido-acido, `e che l’or-
ganismo deve effettuare un investimento energetico importante per ridurre gli acidi della
frutta acida prima di ricavare i sali minerali e il loro potere alcalinizzante. Poichè la dige-
stione degli amidi necessita ugualmente di un forte apporto di energia vitale , risulta
evidente che associare frutta acida e amidi rischia di oltrepassare la potenzialità energetica
di  molte persone che vivono in uno stato permanente di scarsa energia vitale  (vale a
dire in una situazione energetica ridotta, dunque insufficiente).
Infine, ecco un altro argomento che si oppone alla associazione amido-frutta acida: si
tratta del tempo di digestione di ciascuno degli elementi di questa associazione alimenta-
re. Gli amidi richiedono un lungo tempo per essere digeriti, mentre la frutta acida nelle
persone normali, è rapidamente digerita e assorbita. Questa differenza nella velocità di
gestione, favorisce la putrefazione del miscuglio acido-amido.
Conclusione: consumate gli amidi senza acidi. L’associazione amido-acido `e incom-
patibile.

— associazione amido-proteina

La ptialina della saliva che agisce sugli amidi `e molto sensibile all’acido cloridrico dello
stomaco. Il succo gastrico contiene, in presenza di proteine concentrate, dell’ 1 al 5 per
mille di  H Cl  (acido cloridrico) allo stato libero; orbene, una percentuale dello 0,03 per
mille di HCl  libero è sufficiente a rallentare l’azione della ptialina sugli amidi. Que-
sto enzima può essere distrutto allorchè l’acido cloridrico libero oltrepassa quest’ultima
concentrazione.
Appare quindi evidente che la digestione salivare dell’amido e quella gastrica delle
proteine si realizzano in ambiente acido-basico opposti: la prima si effettua in ambiente
leggermente alcalino o neutro, la seconda in ambiente acido, tanto più acido quanto più la
proteina ingerita è pura e concentrata.
Lo stomaco è in grado di dosare l’acidità del suo succo digestivo a seconda degli
alimenti assorbiti.
Se l’alimento ingerito è una protema magra concentrata, il succo gastrico emesso sar`a
molto acido, e questo succo intralcerà gravemente la digestione degli amidi insalivati nella
bocca.
Ma quando l’alimento ingerito è un amido, la reazione del succo gastrico è meno aci-
da. L’amido che è stato preventivamente insalivato con la ptialina, continuerà nella bocca
poi nello stomaco, la sua trasformazione in maltosio che non sar`a arrestata da un eccesso
di acidità.  Notiamo che l’amilasi pancreatica, ben pi ù potente della amilasi salivare,
agisce anch’essa in ambiente quasi neutro (6,9 - 7) in modo che questa azione sar à
rinforzata dall’arrivo di un chimo non troppo acido .
pomodoro, ecc. di cui si fa grande consumo in Italia sono sconsigliate dagli igienisti (N.d.R.)

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In sintesi, l’assunzione di una proteina concentrata, magra, provoca l’emissione di un


succo gastrico molto acido che annulla l’azione della amilasi salivare sugli amidi, nella
bocca e successivamente nello stomaco, danneggia l’azione della amilasi pancreatica fino
a che il chimo uscito dallo stomaco sia ridotto alla neutralità dal succo pancreatico, dalla
bile e dal succo intestinale.
Conclusione:  consumate amidi senza proteine magre .
L’associazione amidi-proteine magre è incompatibile.
Precisiamo bene: l’incompatibilità vale in presenza di proteine magre, perchè  le pro-
teine grasse (formaggio grasso, noci, uova, ecc.) interferiscono in maniera completa-
mente diversa sull’acidit à del succo gastrico emesso .
In effetti, i grassi delle proteine o quelli (olio, burro) che accompagnano l’associa-
zione amidi-proteine, rallentano considerevolmente l’emissione di un succo grastri-
co acido. In tal modo l’azione dell’amilasi salivare potr à più facilmente prolungarsi
nello stomaco, senza venir disturbata . Inoltre questo ambiente meno acido favorirà il
passaggio di un chimo pi ù adatto all’azione dell’amilasi pancreatica.
Osserviamo tuttavia che le proteine rischiano di stazionare pi ù a lungo nello stoma-
co ed è la loro digestione che rischia di presentare qualche difficolt à: il succo gastrico,
insufficientemente acido, non permetterà alla pepsina (protessi gastrica) di agire comple-
tamente sulla proteina ingerita.  Il lavoro non completato sar à ripreso dalla proteasi
pancreatica .
Perciò questa associazione amido-proteina grassa provoca una digestione difficile. La
classificheremo fra le associazioni semi-compatibili.

— associazione amido-zucchero

Per associazione amido-zucchero, intendiamo l’associazione dell’amido con uno zucche-


ro concentrato, naturale (frutta, datteri, fichi, uva secca, miele. . . ) o artificiale (zucchero
industriale bianco o rosso, confetture o gelatine di frutta, sciroppi, melasse. . . )
Gli zuccheri semplici, monosaccaridi (glucosio, levulosio, galattosio) sono diretta-
mente assimilati a livello intestinale, i disaccaridi (maltosio, saccarosio, lattosio) subisco-
no una sola digestione nell’intestino tenue, sotto l’azione degli enzimi intestinali.
Consumati soli, gli zuccheri disaccaridi attraversano dunque rapidamente la bocca,
l’esofago e lo stomaco, per arrivare nell’intestino, sede della loro trasformazione in mo-
nosaccaridi assorbibili.
Associati agli amidi (ai cereali, principalmente sotto forma di pasticceria o alle
patate sotto forma di puree dolci) gli zuccheri inibiscono la secrezione della ptialina
salivare, rallentano la trasformazione degli amidi in bocca e poi nello stomaco. Essi
intralceranno altresı̀ l’azione dell’amilasi pancreatica sugli amidi, azione peraltro
molto potente. Da questa difficoltà, per gli amidi, ad essere trasformati dalle amialisi
salivare e pancreatica,  deriverà una fermentazione gastro-intestinale, fonte di acidit à
di stomaco e di putrefazioni .

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In conclusione, ricordiamoci che, da un lato gli zuccheri inibiscono la secrezione della


amilasi salivare e pancreatica, rallentano per questo fatto l’idrolisi degli amidi in maltosio;
d’altro canto gli zuccheri disaccaridi devono essere avviati rapidamente verso l’intestino
tenue, dove si compie la loro trasformazione in zuccheri semplici.
Il loro transito nel tubo digerente in compagnia degli amidi, che richiedono un tempo
di digestione orale e intestinale prolungato, è nettamente incompatibile.
Conclusione:  consumate gli amidi senza zucchero .

— associazione amido-grassi

L’associazione amido-grasso può essere rappresentata da pane e burro oppure da patate


condite con olio.  Il grasso  è relativamente neutro rispetto all’azione dell’amilasi sali-
vare e di quella pancreatica, semplicemente svolger à il ruolo di ≪rallentamento≫ del-
la digestione degli amidi . In questo senso, la digestione dell’associazione amido-grasso
può essore talvolta pesante, persino difficoltosa, per persone snervate, vale a dire che non
dispongono di una energia sufficiente per condurre in porto la digestione degli alimenti
assorbiti. I grassi infatti risentono solo debolmente dell’azione della lipasi gastrica; la
loro digestione è essenzialmente di ordine intestinale e avviene per effetto delle lipasi
pancreatica.
Potremmo forse ipotizzare che, in questo settore del tubo digerente, l’associazione
amidi-grassi crea un’azione concorrenziale fra l’amilasi pancreatica, che agisce sugli ami-
di non ancora trasformati preliminarmente dalla ptialina, e la lipasi pancreatica che agisce
sui grassi. Si tratta, in ogni caso, di  una complicazione digestiva facilmente superabile
dalla maggior parte delle persone che dispongono di una energia vitale sufficiente .
Notiamo che  questi due enzimi agiscono in ambiente alcalino e che perci ò la
concorrenza fra le due azioni non  è molto significativa .
Amidi e grassi possono essere generalmente consumati nello stesso pasto .

— associazione amido-verdure

I vegetali crudi, sotto forma di insalata o leggermente cotti ( ≪decrudits≫, secondo il vo-
cabolo inventato al  Centro Nature et Vie) occupano un posto preponderante nella alimen-
tazione.   Le verdure, soprattutto quelle a cellulosa tenera, possono e devono essere
consumate in presenza di amidi. Apportano la freschezza necessaria in un pasto
amidaceo, i sali minerali e gli oligoelementi necessari alla utilizzazione degli zuc-
cheri semplici, ottenuti a partire dagli amidi ed inoltre le vitamine necessarie alla
digestione degli amidi (fra cui quelle del gruppo B) .
Del resto, i vegetali, generalmente sprovvisti di una grande concentrazione di proteine
e grassi, non intralciano il processo di digestione degli amidi. È molto raccomandabile
consumare verdure in un pasto di amidi.

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— associazione amido-acqua

La maggior parte degli autori che parlano di associazioni alimentari (fra cui il dr.Shelton)
raccomandano di  evitare di bere acqua durante il pasto ; sia questo a base di amidi o a
raccomandano
base di proteine. Spiegano il loro punto di vista, dichiarando che l’acqua diluisce l’azione
egli enzimi digestivi e li trascina verso l’intestino, opponendosi cosı̀
cos`ı alla loro azione. Ci`
Ci o

eè` probabilmente vero se l’acqua eè` assorbita in grande quantit aà` durante il pasto; ci o
ò`
provoca un vero dilavamento degli enzimi .
Questi autori propongono quindi di  bere dell’acqua prima dell’ora del pasto, se si
ha sete; da un quarto d’ora a mezz’ora prima del pasto . Di fatto, general generalmente
mente non
non
si ha sete prima del pasto e tanto meno se avremo mangiato una razione sufficiente di
frutta al mattino comecome prima colazione
colazione.. Ed eè` spesso durante il pasto che appare la sete.
che  èe reale e che si spiega con il fatto che gli amidi sono consumati di preferenza
Sete che `
asciutti. Del resto abbiamo ripetuto
ripetuto molte volte che gli amidiamidi (cereali
(cereali principalmen
principalmente)
te)
non costituiscono, allo stato crudo, l’alimento ideale dell’uomo.
dell’uomo. Anche dopo la cottura,
che prepara la loro digestione, trasformandoli parzialmente in glucosio,  essi necessita-
no di essere
essere trasforma
trasformati ti per idrolisi,
idrolisi, in maltosio.
maltosio. E questa idrolisi
idrolisi richiede
richiede acqua.
acqua.
L’acqua verr a à` quindi sottratta ai tessuti se non sar a à` assunta tramite i vegetali o per
assorbimento
assorbimento diretto.
La sequenza di digestione degli amidi sarà
servi
serviti
ti asciut
asciutti,
ti, sarà
sar`a seguito
seguito dall’appor
dall’apporto
sar`a ottima quando il consumo di questi amidi,
to di cellulosa
cellulosa tenera,
tenera, come insalate diverse,,  oppure
insalate diverse
√ 
acqua, se la sete si fa decisamente sentire; l’apporto di acqua dovr a à` essere dosato
2
secondo il bisogno .
Bisogna
Bisogna osserva
osservare
re che i succhi
succhi di frutta,
frutta, per quanto
quanto ricchi
ricchi di acqua,
acqua, non calmano
calmano gene-
gene-
ralmente la sete, a causa della richiesta d’acqua provocata dagli zuccheri raffinati; poich`e
l’associazione zuccheri-amidi non eè` raccomandabile,  non si dovranno bere succhi di
frutta, dopo un pasto di cibi amidacei .
In conclusione, ricordiamo che gli amidi non costituiscono un alimento ideale per
l’uomo e che, per questo motivo, la richiesta di acqua da parte dell’organismo durante un
pasto a base di amidacei, o dopo di esso, rappresenta probabilmente un tentativo di com-
pensare questa non specificità
specificit`a alimen
alimentar
tare.
e. Ciò
Ci`o rappresenta dunque un’ulteriore ragione
per moderare il consumo di amidi e di zuccheri complessi, in generale.

— associazione amido-amido

Un esempio eè` rappresentato dal  consumo di pane insieme alle patate o ai cereali .
A priori,  questo tipo di associazione non presenta una grande incompatibilit a à` , se
si escludono forse degli adeguamenti secondari degli enzimi agli altri costituenti dell’as-
sociazione. Il pane infatti include delle proteine mentre le patate ne sono completamente
prive.
` per que-
Tuttavia una   tale associazione èe` sovente fonte di eccessi alimentari . E

2
Extra:`
Extra:eè corretto quanto fanno i  macrobiotici  che chiudono il pasto con una tazzina
tazzina di t eé´ bancha.

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sto che, pur non opponendovisi rigorosamente, gli igienisti sconsigliano l’associazione
amido-amido e raccomandano di non prendere abitualmente che un solo amido concen-
trato per pasto, per coloro che desiderano consumarne.

— associazione amido-latte

Il latte eè` normalmente l’alimento dei piccoli mammiferi, esso eè` generalmente digerito
nello stomaco del bambino sotto l’azione di un enzima – il caglio – che agisce solo in
presenza di acido cloridrico, quindi in ambiente acido.
L’associazione amido-latte non eè` dunque consigliabile.

***

Link: Tavola delle Associazioni Alimentari

3.1.2
3.1.2 La digestio
digestione
ne degli
degli amidi
amidi

— azione delle amilasi salivare e pancreatica

Cosı̀
Cos`ı come abbiamo visto nel capitolo precedente, l’azione di idrolisi che, le amilasi sa-
livare e pancreatica sono suscettibili di effettuare sugli amidi, dipende da certi fattori di
associazioni
associazioni alimentari.
Gli acidi, le proteine, gli zuccheri, intralciano l’azione di queste amilasi. I grassi,
un eccesso d’acqua, un’associazione di amidi diversi, rallentano la loro azione, senza
opporvisi .
Le verdure, l’acqua in piccola quantit a, à` , favoriscono l’azione delle amilasi . Il ri-
sultat
sultato
o dell’a
dell’azio
zione
ne delle
delle amilas
amilasii sugli
sugli amidi e`è l’ottenimento
l’ottenimento,, per idrolisi,
idrolisi, di un disaccaride
disaccaride,,
il maltosio.

— azione della maltasi intestinale

Il maltosio cosı̀
cos`ı ottenuto
ott enuto subisce, al livello inferiore dell’intestino tenue, l’azione della
maltasi
maltasi intestinale
intestinale che lo trasforma
trasforma in zuccher
zucchero o semplice:
semplice: glucosio
glucosio e levulosio
levulosio,, diretta-
diretta-
mente assimilabili.

— digestione scorretta degli amidi

Ricordiamo, innanzi tutto, che  la digestione corretta degli amidi richiede una riserva
sensibile di energia . Questa circostanza, di per sè,
s`e, rappresenta ai nostri occhi la migliore

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giustificazione alla proposta di ingerire gli amidi cotti da soli, o accompagnati da verdura
a cellulosa tenera e, facoltativamente, da un po’ di materie grasse.
Il capitale energetico della maggior parte delle persone `eè ridotto e l’aggiunta di protei-
ne (principalmente magre) di acidi o di zuccheri ad un pasto costituito da amidi, provoca
troppo sovente delle catastofi intestinali che a posteriori, si ripercuotono su tutto l’organi-
smo. Il risultato della digestione scorretta degli
degli amidi eè` la fermentazione. Gli amidi, come
gli zuccheri, devono essere ridotti allo stato di zuccheri seplici o monosaccaridi (glucosio,
levulosi
levulosio,
o, galattosio
galattosio)) per essere
essere assorbiti
assorbiti dalla parete
parete intestinale
intestinale.. Ma se essi subiscono
subiscono una
fermentazione, li ritroviamo allo stato di ossido di carbonio, di corpi acidi: acido ossalico,
acido acetico, alcool, ecc.
Tutti questi prodotti
prodotti sono tossici e creeranno
creeranno dei malesseri.
malesseri. Ciò produrr`a dei  bron-
Ci`o produrrà

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foglia
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nel vento..
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 Le Compatibilit à Alimentari 19
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tolii intestinali con emissione di gas maleodoranti, areofagia con il suo, corredo di
compressione di organi, perfino stordimenti e svenimenti .
Tutti questi fenomeni paradigestivi sono anormali. La risposta artificiosa che si d à loro
e che consiste nell’ingurgitare medicine varie per compensare questo stress digestivo, `e
ugualmente illusoria ed anormale. Bisogna realizzare una digestione corretta degli amidi,
poichè il consumo degli amidi, in associazione con altri alimenti non compatibili, genera
dei disturbi digestivi.
Vedi tavola riepilogativa sulla digestione degli amidi.

3.1.3 La digestione degli zuccheri doppi ( disaccaridi)

Come abbiamo detto precedentemente, gli zuccheri ( disaccaridi) subiscono solo l’azione
digestiva degli enzimi intestinali. È dunque pericoloso ingerirli insieme a qualsiasi
altro alimento.

— associazione zucchero-amido

E’ incompatibile, come abbiamo già visto.

— associazione zucchero-grassi

(Per es. creme zuccherate, frutta dolce – frutta proteica) tale associazione `e mediamente
accettabile. La digestione dei disaccaridi è squilibrata di per sè, soprattutto quando si
tratta di saccarosio industriale bianco o rosso, sprovvisto di vitamine e di sali minerali.
Questa digestione dipende soprattutto dalla rapidità del transito di questi zuccheri fino
alla sede dove ha luogo l’azione degli enzimi intestinali. È facile capire come i grassi, di
per sè lenti da digerire, non favoriranno questo transfert intestinale diretto, che gioverebbe
agli zuccheri.

— associazione zucchero-sale

Lo zucchero, è di per s è consumatore d’acqua, poich è la sua trasformazione in zuc-


chero semplice si realizza per idrolisi. Il sale è anch’esso fortemente igroscopico .
Unire il sale allo zucchero in una associazione alimentare comporter`a dunque uno squili-
brio idrico. Poichè lo zucchero e il sale sono già, ciascuno per suo conto, dei prodotti di
degenerazione, la loro associazione non potrà essere che ulteriormente pericolosa.
L’associazione zucchero-sale è fortemente sconsigliata.

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— associazione zucchero-verdure

Se l’associazione amido-verdure è molto raccomandabile, al contrario l’associazione di


verdure (digestione lenta) allo zucchero (digestione rapida), è meno raccomandabile.
L’associazione zucchero-verdura è media e perciò poco consigliabile.

— associazione zucchero-proteine

Va considerata da due diversi punti di vista. A seconda che la proteina sia grassa (noci,
formaggi grassi, tuorli d’uovo, carni grasse), dunque a digestione lenta, oppure magra
(formaggi magri o yogurth magri), dunque a digestione rapida.

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Gli zuccheri inducono un fenomeno di inibizione della secrezione degli enzimi neces-
sari alla digestione delle proteine, ci ò rischia di creare dei disordini sia per la digestione
degli zuccheri che delle proteine. In linea generale il consumo di zuccheri e proteine allo
stesso pasto non è raccomandabile.
Tuttavia,  se si tratta di proteine magre a digestione rapida, l’effetto di inibizione
non è cosı̀ manifesto, in quanto questo tipo di proteina provoca una secrezione abbon-
dante di proteasi gastrica e intestinale. Si può dunque considerare che lo zucchero e le
proteine magre arrivano rapidamente nella zona dell’intestino tenue in cui agiscono la
saccarasi e le peptidasi intestinali.
L’associazione zucchero proteine-magre è quindi semi-compatibile.

— associazione zucchero-acido

È molto difficile da digerire. Potrebbe trattarsi, per esempio, della arancia con lo zucchero.
In effetti l’acido della frutta necessita innanzi tutto di essere neutralizzato perch`e i
sali minerali siano utilizzabili e gli zuccheri assorbibili. Questa operazione rischia di
richiedere lungo tempo se, l’organismo non ha una discreta energia. Questa attesa della
digestione degli acidi si oppone al transito rapido dello zucchero a livello intestinale.
È preferibile evitare l’associazione zucchero-acido. Il risultato della digestione nor-
male dello zucchero complesso è uno zucchero semplice ottenuto dopo l’azione delle
saccarasi intestinali sui diversi zuccheri

• l’invertasi trasforma il saccarosio in glucosio e levulosio

• la maltasi trasforma il maltosio in glucosio è levulosio

• la lattasi trasforma il lattosio in galattosio

Naturalmente, quando il transito degli zuccheri è rallentato per una causa qualsiasi,
oppure vi è una sovraimmissione di zuccheri concentrati, si rischia di avere una digestione
anormale con fermentazione e formazione di prodotti nocivi derivati, come, gi`a detto.
Consultare la tavola riepilogativa sulla digestione degli zuccheri doppi (disaccaridi).

3.1.4 La digestione degli zuccheri semplici ( monosaccaridi)

Gli zuccheri semplici: glucosio, fruttosio, levulosio, galattosio, che si trovano nella frutta
o nel latte, sono direttamente assimilabili a livello intestinale e   non subiscono alcuna
digestione nel condotto digerente .
Il loro transito nel tubo digerente dovrà effettuarsi il più rapidamente possibile per
evitare fenomeni di fermentazione con il loro corteo di malesseri.

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L’associazione zucchero semplice-amido (succo di frutta-amido) è assolutamente sconsi-


gliabile.
L’associazione zucchero semplice-grassi è poco accettabile.
L’associazione zucchero semplice-proteine magre è semi-compatibile.
L’associazione zucchero semplice-proteine grasse è incompatibile.
L’associazione zucchero semplice-verdure è media.
L’associazione zucchero semplice-sale è pessima.
L’associazione zucchero semplice-latte è valida solo per i bambini piccoli.
Dunque in linea di principio, gli zuccheri semplici dei succhi di frutta dovrebbero
essere preferibilmente consumati da soli.
Il lettore consulterà la tavola r Ãepilogativa sulla digestione degli zuccheri semplici

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(monosaccaridi).

3.1.5 La digestione della cellulosa

La cellulosa, cosı̀ come abbiamo detto precedentemente, non è sensibile agli enzimi del
tubo digerente. Subisce tuttavia, verso la parte terminale dell’intestino tenue e la prima
parte di quello crasso, un’azione microbica che fa evolvere una parte di essa verso la
struttura del glucosio. Ma questa operazione resta molto parziale nell’uomo.

3.1.6 Conclusione sulla digestione dei glucidi

All’infuori degli zuccheri semplici, direttamente essorbibili a livello intestinale, gli amidi
e gli zuccheri doppi subiscono una digestione più o meno complessa, per essere ridotti a
zuccheri semplici.
Un principio essenziale è di non intralciare questa digestione con l’aggiunta, agli amidi
e agli zuccheri, di alimenti con un loro processo digestivo incompatibile.
La grande regola che si desume dall’osservazione della digestione degli amidi e degli
zuccheri è che questi dovrebbero essere, per quanto possibile, ingeriti in associazioni
semplificate.

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3.2 La digestione dei protidi

3.2.1 Le ASSOCIAZIONI con le proteine

— associazione proteina-amidi

Abbiamo presentato precedentemente l’associazione amidi-proteine mettendo in evidenza


gli inconvenienti che presentava per gli amidi questa associazione alimentare. Vediamo
ora cosa succede della digestione delle proteine in questa stessa associazione. Se l’in-
gestione di una proteina concentrata nuoce alla digestione di un amido ingerito insieme
ad esso, è ugualmente vero che la presenza di questo amido influisce negativamente sulla
digestione della proteina.
La presenza di questi due alimenti concentrati inganna innanzi tutto le secrezioni sa-
livari ma, a livello della bocca, la digestione della proteina non `e pregiudicata, poichè,
come sappiamo, essa inizia nello stomaco, sotto l’azione della pepsina.
Per contro, a questo stadio, la presenza dell’amido influisce sul la secrezione della
pepsina che è direttamente legata alla percezione (vista, gusto, ecc.) dell’alimento
ingerito.
Il tutto comunque sembra dipendere dalla concentrazione dell’amido e della pro-
teina. Cosı̀ se la quantit à di amido ingerito con la proteina è modesta, la secrezione
della pepsina sar à normale e la sua azione, nell’ambiente acido nello stomaco, si rea-
lizzerà facilmente. Ma non è in ogni caso utile intralciare in questo modo la digestione
proteica della stomaco.
Per contro, quando la quantità di amido assunta è importante, questo assorbirà una
grande quantità di pepsina, rallentando l’azione della digestione proteica. L’acido clo-
ridrico presente provoca allora un’acidità di stomaco importante con manifestazione di
acidità e putrefazione proteiche, se la ritenzione dei protidi non intaccati dalla pepsina si
prolunga considerevolmente.
Del resto,  quantità importanti di queste proteine putrefatte, unite ad amido fer-
mentato, si ritrovano nelle feci , e ciò prova che la presenza contemporanea di amido e
di proteina nello stomaco deteriora le loro rispettive strutture, impedendo cosı̀ all’azione
degli enzimi pancreatici e intestinali il completamento della loro digestione.
Certi autori, i quali ritengono opportuno che questi due alimenti siano ingeriti nello
stesso pasto, propongono allora di prenderli uno dopo l’altro in un certo ordine in modo
da provocare una sequenza digestiva. Essi propongono generalmente di  mangiare prima
le proteine, successivamente l’amido . Il motivo di questa sequenza è che – a loro parere
– i protidi saranno digeriti nella parte inferiore dello stomaco, mentre l’amido continuer`a
la sua digestione salivare nella parte alta del medesimo.
Questa spiegazione non ci convince, infatti se si ingerisce innanzi tutto la proteina,
è vero che la secrezione enzimatica gastrica sar`a ben adeguata, ma è altresı̀ vero che la
secrezione salivare conterrà poca ptialina o non ne conterrà affatto e perciò la digestione
dell’amido, nello stomaco e nella bocca, sarà in ogni caso incompleta.

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Per contro, se ingeriamo dapprima l’amido e se abbiamo cura di masticare bene questo
amido, l’emissione di saliva con ptialina sarà certa e la digestione dell’amido sotto l’azio-
ne di questo enzima si realizzerà in bocca; continuerà nello stomaco, che non emetterà
immediatamente dei succhi molto acidi.
Per l’ingestione successiva delle proteine , vanno distinte due situazioni:

• la proteina è grassa: possono essere delle   noci, del  formaggio grasso, delle carni
grasse. . . In questo caso, i lipidi ritarderanno l’emissione di pepsina. La digestione
dell’amido si prolungherà e alla fine dell’operazione, quando il risultato della dige-
stione (in parte maltosio) dell’amido sarà spinto attraverso il piloro nell’intestino,
la digestione della proteina potrà iniziare, anche se con un certo ritardo.
Ecco perchè abbiamo detto precedentemente che l’associazione amido-proteina gras-
sa può essere considerata semi-compatibile. Osserviamo tuttavia che la digestione
di questo tipo di pasto richiede una importante quantità di energia per essere condot-
ta a termine, in quanto i suoi tre costituenti, amido, grasso e proteina, necessitano,
ciascuno di per sè, di un investimento energetico importante. Questo tipo di pasto
sarà definito ≪pesante≫.

• la proteina è magra: potrebbe essere uno  yogurth acido, un  formaggio bianco ma-
gro. In questo caso l’irruzione della pepsina seguirà da vicino l’arrivo della proteina
nello stomaco e ne seguirà un deterioramento simultaneo dell’amido e della proteina
con fermentazione e putrefazione, cosı̀ come abbiamo visto precedentemente.
L’associazione proteina magra-amido è davvero sconsigliabile da ogni punto di vi-
sta: è probabilmente una delle peggiori associazioni alimentari che possano esistere.

Infine non bisoga dimenticare che la digestione delle proteine continua, nell’intestino,
sotto l’azione degli enzimi pancreatici: la tripsina e la chimotripsina. Ma la condizio-
ne necessaria affinchè questa digestione proteica intestinale possa esistere, `e che i pro-
tidi ingeriti vi arrivino allo stato di protidi o di protidi semidigeriti, sotto l’azione della
pepsina gastrica. In effetti, se i protidi sono deteriorati per putrefazione nello stomaco,
perché sono stati ingeriti insieme agli amidi, la digestione proteica intestinale non av-
verrà e la putrefazione aumenterà,  con il suo seguito di sintomi specifici (brontolii, gas
putridi , ecc.). Va da sé che questi stessi protidi distrutti non potranno subire nemmeno
l’azione complementare delle peptidasi intestinali e, in conclusione, possiamo dire che
non saranno assorbiti, quindi saranno inutili e perfino dannosi per l’organismo.

— associazione proteina-acidi

La digestione delle proteine inizia nello stomaco sotto l’azione della pepsina. La pepsina
può agire solo in presenza di acido cloridrico ( HCl) e  la concentrazione in HCl di-
pende dalla natura della proteina ingerita; sar à pi ù elevata per una proteina magra
rispetto ad una grassa, ma sar à in ogni modo specifica per ogni tipo di proteina .
Cosı̀ la pepsina agisce solo in ambiente acido adatto alla natura della proteina da dige-
rire. L’aggiunta di acidi ( sotto forma di olio o di prodotti chimici diversi) distrugge questa

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armonia di adattamento acido alla proteina. Ne consegue una impossibilit`a di azione della
pepsina sulla proteina e un processo di putrefazione di quest’ultima.
Evidentemente tutto qui è questione di dosaggio; piccole quantit à di acido in un
pasto proteico non portano a situazioni catastrofiche  (per esempio, un po’ di pomodoro
in un pasto proteico, per il resto ben associato).
Tutto sta nella concentrazione dell’acido assorbito. A dosi elevate, l’acido si oppone,
perfino alla secrezione della pepsina e a quella dell’acido cloridrico.
L’acido deve essere neutralizzato, per essere esso stesso digerito, e questo lavoro
ritarda la digestione proteica.
Il chimo acido quando esce dallo stomaco, deve diventare alcalino nell’intestino tenue
affinchè l’azione delle proteasi pancreatiche e delle peptidasi intestinali possa realizzarsi
sulle proteine parzialmente trasformate dalla pepsina dello stomaco. Un eccesso di aci-
do intralcia la trasformazione del chimo gastrico acido e, rallenta l’azione degli enzimi
intestinali.
Distingueremo ugualmente le associazioni:

•  acido debole – proteina magra : questa associazione è semi-compatibile in quanto


acido e proteine si digeriscono, in questo caso, molto rapidamente e non vi sono
grossi rischi di putrefazione proteica. Es.: mela e latte cagliato.

•  acido forte – proteina grassa : es.: arancia e noci.


Riteniamo, contrariamente a quanto dice Shelton; questa associazione molto incom-
patibile.
Infatti, l’acido turberà la digestione della proteina e le noci rallenteranno il transito
intestinale.
Associare questi due alimenti – già poco compatibili a livello di acidità – avendo
dei tempi di digestione nettamente diversi, tende a provocare delle difficoltà nella
digestione delle proteine delle noci: Queste infatti dovrebbero essere consumate
soltanto con verdura a cellulosa tenera.

— associazione proteina-grassi

I grassi svolgono un ruolo inibitore del succo gastrico. In questo senso, essi indur-
ranno un rallentamento, della digestione delle proteine . Una proteina associata ad un
grasso, provocherà una digestione lenta e talvolta difficile, per le persone a scarsa energia.
Anche qui  tutto dipenderà dalla concentrazione dei grassi mescolati ai protidi .
Noi consideriamo dunque l’associazione proteina-grassi come una associazione sol-
tanto semi-compatibile.

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— associazione proteina-zucchero

Abbiamo già parlato di questa associazione. Ricordiamo che noi consideriamo l’asso-
ciazione   proteina grassa-zucchero come molto incompatibile e l’associazione  proteina
magra-zucchero come relativamente compatibile.

— associazione proteina-verdure

Le verdure, soprattutto quelle a cellulosa tenera, si associano molto bene alle proteine
in generale, ma soprattutto con quelle grasse. Questo perchè le verdure neutralizzano
l’effetto inibitore dei grassi e perchè il loro tempo di digestione si accorda con quello
delle proteine.
A motivo della loro bassa concentrazione in amidi, zuccheri ed acidi, le verdure
non intralciano la digestione delle proteine. Inoltre forniscono l’acqua e i sali minerali
favorevoli alla loro digestione. L’associazione proteine-verdure, è molto compatibile.

— associazione proteina-acqua

La digestione dei protidi si effettua anch’essa per idrolisi . L’acqua è dunque neces-
saria per questa operazione. Per talune proteine, come i latticini freschi (latte cagliato,
yogurth. . . ) l’acqua e già presente nell’alimento. Al contrario, per le proteine delle noci,
delle uova e soprattutto dei cereali, c’è un reale fabbisogno di acqua quando si consumano
queste proteine. Ecco perché è consigliabile consumare delle verdure a cellulosa tenera
durante questi pasti. E anche,  se è necessario, prendere un po’ d’acqua quando la sete
è intensa, ma evitare tuttavia di assorbire grandi quantità di acqua che diluirebbero troppo
i succhi digestivi, ritardando la digestione.
L’associazione proteine-acqua à dunque facoltativa.

— associazione proteina-proteina

L’associazione proteina-proteina non è strettamente incompatibile. Tuttavia è da mettersi


in relazione alla concentrazione delle proteine. Alcune proteine, concentrate, quali le uova
e la carne, non necessitano delle medesime concentrazioni enzimatiche. Perci`o questi due
protidi associati sono più difficili da digerire. E tutto dipende poi dal potenziale energetico
della persona che si considera. Se questo potenziale `e debole, questa associazione sarà
decisivamente da evitare.
La varietà degli aminoacidi sarà ottenuta variando gli apporti proteici nel corso dei
pasti successivi.
L’associazione proteina-proteina, in generale, mette a dura prova le capacit`a di dige-
stione dell’individuo, perciò non è raccomandabile.

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— associazione proteina-sale

Notiamo che la maggior parte delle proteine possiede una certa quantit`a di sale ( NaCl,
sale da cucina). Del resto questo sale è contenuto abbondantemente anche nella frutta e
nei vegetali, associato armonicamente agli altri sali e agli oligoelementi.
Il sale abbisogna di una quantità importante di acqua per essere neutralizzato: il suo
eccesso affatica cellule e reni; è stimolante. È dunque raccomandabile astenersene. Sic-
come i protidi sono ugualmente stimolanti, è chiaro che l’associazione proteine-sale, a
seconda delle concentrazioni adottate, rischia di essere pericolosa.
L’associazione proteina-sale non è quindi raccomandabile.

***

Link: Tavola delle Associazioni Alimentari

3.2.2 La digestione delle proteine

— azione degli enzimi gastrici

Gli enzimi della saliva non hanno alcuna azione sulla digestione delle proteine. Soltanto
gli enzimi gastrici hanno un primo effetto digestivo sulle proteine.
Nel bambino vi è la produzione di un enzima, il  caglio  o  presame, che agisce su un
protide particolare del latte, il  caseinogeno, per trasformarlo in polipeptidi e in caseina.
Notiamo che nell’adulto, questa azione è impossibile perchè il suo stomaco non secer-
ne più presame. Tuttavia esiste un sostitutivo nell’adulto dell’azione del caglio. Un altro
enzima pancreatico (la chimotripsina) effettua questo lavoro al posto del caglio.
Cosı̀ come abbiamo detto precedentemente, l’azione più importante che si svolge nello
stomaco è l’azione della pepsina. In presenza di acido cloridrico essa comincia la trasfor-
mazione delle proteine in polipeptidi, stadio intermedio fra le proteine e gli aminoacidi,
prodotti terminali della digestione delle proteine.

— azione degli enzimi intestinali

La trasformazione delle proteine in polipeptidi continua nel duodeno per l’influenza delle
due proteasi pancreatiche: la tripsina e la chimotripsina. Queste sono del resto attivate
dall’enterochinasi, enzima intestinale.
Ma, contrariamente alla azione della pepsina che si realizza in ambiente acido, quella
degli enzimi pancreatici richiede ambiente alcalino.
Il chimo acido, uscendo dallo stomaco, è alcalinizzato nel duodeno, principal-
mente ad opera dei sali biliari . Del resto, i polipeptidi che non sono stati elaborati a

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livello gastrico, possono esserlo a livello intestinale.  Non bisogna dunque considerare ,
ed è questa una critica che potremmo fare a Shelton,  che la digestione delle proteine si
effettua soltanto nello stomaco.
Un’altra osservazione concerne il  pH   del chimo intestinale: è evidente che questo sarà
tanto più alcalino – o più facilmente portato allo stato alcalino – quanto meno il chimo
gastrico sarà acido. Cosı̀, quando mangiamo pane solo o con verdure, la secrezione gastri-
ca non è molto acida, le proteine del pane che non sono trasformate in polipeptidi nello
stomaco, a motivo della secrezione poco acida, lo saranno pi`u facilmente nel duodeno,
poichè il chimo sarà poco acido, dunque più facilmente trasformabile in alcalino. Que-
sta regola dell’alternanza del pH : acido nello stomaco, alcalino nel duodeno, necessaria
alla digestione delle proteine, favorisce la digestione degli alimenti, presi in associazioni
compatibili.
In seguito, i polipeptidi, che sono stati elaborati nello stomaco o nel duodeno, saranno
ridotti, con una successiva idrolisi, allo stato ultimo di aminoacidi, i soli che possono es-
sere assorbiti a livello intestinale. Quest’ultima trasformazione si realizza sotto l’effetto
della peptidasi pancreatica, la carbossipeptidasi, che agisce anch’essa in ambiente alca-
lino.   Il pancres è un organo molto importante per la digestione degli alimenti : ha
una funzione che purtroppo viene sovente ignorata. Bisognerebbe forse pensare alla com-
plessità della situazione che gli prospettiamo quando decidiamo di fare dei pranzi molto
eterogenei. Vi è il rischio che, pi ù o meno a lungo termine, delle difficolt à appaiano, a
livello del pancreas. E soltanto il digiuno, seguito da pasti costituiti da alimenti associati
in modo corretto, consentirà di recuperare una digestione normale.
Esiste un’ultima risorsa per la trasformazione dei polipeptidi in aminoacidi questa `e
l’azione della  erepsina intestinale che contiene due peptidasi.
In conclusione vediamo che la digestione delle proteine, che `e in gran parte innescata
in ambiente acido, nello stomaco; continua nell’intestino, in ambiente alcalino: da qui
l’importanza del consumo dei sali minerali per favorire l’alcalinità di questo ambiente.
Il lettore consulterà la tavola riepilogativa sulla digestione delle proteine.

— digestione scorretta delle proteine

La digestione scorretta delle proteine può derivare da varie cause.  La sovralimentazione
è tuttavia la causa pi ù frequente  nelle civiltà industrializzate. L’organismo non pu ò
portare a termine la digestione di grandi quantità di proteine di vario genere, ingurgitate
per di più in associazioni incompatibili.
Evidentemente, le persone che dispongono di una grande riserva energetica posso-
no illudersi, per qualche tempo, di digerire bene le proteine. Ma molto spesso questa
energia si affievolisce, soprattutto quando le persone invecchiano e appaiono i di-
sturbi dovuti alla cattiva di digestione delle proteine.  A prescindere anche dal normale
stato energetico degli individui, talune situazioni particolari tendenti a ridurre la riserva
energetica, sono causa di mala digestione proteica.

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Fra queste  citiamo gli  stress fisici , dovuti al lavoro e allo sport .
Gli stati emotivi eccessivi (ansiet à, timori, preoccupazioni. . . ) sono ugualmente
temibili. Certe conseguenze di situazioni patologiche, quali il dolore, la febbre, ecc. si
oppongono alla digestione corretta degli alimenti, soprattutto proteici.
Questa scorretta digestione delle proteine, anche se è frequente nelle società evolute,
non può essere considerata normale.
Il risultato della digestione anormale delle proteine è il fenomeno della putrefazione
che si sviluppa nell’intestino crasso, producendo dei gas putridi, delle feci nausea-
bonde, talvolta liquide, talvolta dure, talvolta a forma di sassolini . Quando questa
situazione si prolunga nel tempo non è raro che si manifestino dei sintomi acuti o cronici
come feci sanguinolente, emorroidi o coliti.

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La digestione corretta delle proteine deve produrre delle feci inodori, non ac-
compagnate da gas. La putrefazione delle proteine è pericolosa per l’organismo in
quanto, anzichè fornire aminoacidi genera dei pericolosi veleni , quale il solfito di idro-
geno, l’acido fenilpropionico, l’indolo, lo scatolo, il fenolo, l’alcool, l’acido acetico e altri
prodotti di degradazione delle proteine (ptomaine, leucomaine).
Tutti questi veleni contribuiscono ad accrescere la  tossiemia  esogena dell’orga-
nismo, perch è, se effettivamente una parte importante di questi veleni è riversata
nelle feci, un’altra parte, talvolta considerevole, è assorbita, intossica l’organismo e
si ritrova in seguito, secreta nelle urine . Queste proteine che si putrefanno, non soltanto
intossicano l’organismo ma inoltre non gli apportano nessun vantaggio. Esse non sono
partecipi del bilancio energetico se non per sottrarre energia.
Inoltre l’innescarsi della putrefazione distrugge gli apporti minerali e vitaminici.
Bisogna dire ancora che  noi condanniamo il ricorso a prodotti vari e sali alcalini
tendenti a ridurre gli effetti della putrefazione proteica .
Un tale espediente, infatti,  non fa altro che mascherare la realt à, e non pu ò essere
considerato come un mezzo per risolvere il problema della digestione scorretta delle
proteine.
Si spendono miliardi in medicine per compensare gli effetti disastrosi della putrefa-
zione proteica, ma a nessuno viene in mente di rimettere in discussione la natura stessa
delle cattive abitudini alimentari.
Il rispetto delle associazioni alimentari compatibili ci sembra la prima regola da os-
servare, quali che siano poi le altre difficoltà che dobbiamo affrontare, per ottenere una
digestione accettabile delle proteine.
Anche quando la loro vita è resa infelice dalle incresciose abitudini alimentari,
la maggior parte delle persone alle quali si prospetta di nutrirsi tenendo conto delle
compatibilità alimentari, si oppongono al cosidetto sconvolgimento, indotto dalla os-
servanza di queste regole elementari di nutrizione . Esse dichiarano che preferiscono
≪vivere bene ≫ e ricorrere alle medicine per annullare gli effetti dei loro sintomi.

Non riescono a vedere alcuna apparente relazione fra il loro modo di vita e il loro
stato di salute. È vero che non sono affatto incoraggiate dagli igienisti ufficiali, molto più
occupati a cancellare le cause ipotetiche dei loro malesseri che non a fornir loro dei reali
consigli di salute. Fino a che la realtà delle conseguenze di una cattiva alimentazione non
sarà capita ed ammessa, sarà difficile rimediare realmente e in modo duraturo agli effetti
disastrosi della putrefazione.

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3.3 La digestione dei lipidi

3.3.1 Le ASSOCIAZIONI con i lipidi

— associazione lipidi–amidi

I lipidi non subiscono, in vista della digestione, delle trasformazioni importanti prima di
penetrare nel duodeno, la parte dell’intestino tenue che segue immediatamente lo stomaco.
Per i lipidi, non avviene dunque praticamente alcuna trasformazione chimica nella bocca e
nello stomaco, sebbene quest’ultimo produca una lipasi gastrica, ad azione molto debole.
Per contro, il rimescolamento meccanico delle materie grasse tenderà ad emulsionarle,
il che favorisce la loro digestione intestinale.
Ma le particelle di grasso che si disperdono cosı̀ sugli altri alimenti e particolarmente
sugli amidi, rallentano la digestione di questi ultimi, rendendo più difficile il contatto con
gli enzimi specifici della loro digestione.
Cosı̀ i grassi mangiati insieme agli amidi avranno tendenza a rallentare la digestione di
questi ultimi. Tuttavia i grassi sono neutri, rispetto all’azione della ptialina e della amilasi
pancreatica.
Essi non distruggeranno l’azione di questi enzimi.
Noi   accettiamo dunque che queste materie grasse possano essere associate agli
amidi. Ma la quantità di energia vitale di cui dispone il soggetto influenzer`a ampiamente
la sua possibilità di associare grassi più o meno concentrati agli amidi. Più il soggetto è
indebolito e più bisognerà essere prudenti – almeno temporaneamente – nell’aggiunta di
grassi ai pasti amidacei.
Di conseguenza, noi adottiamo la regola di accettare grassi e amidi nello stesso posto.

— associazione grassi–zuccheri complessi

Abbiamo già accennato a questa associazione. Ricordiamo che gli zuccheri complessi
necessitano di un transito attraverso lo stomaco rapido, per essere condotti al livello in-
testinale nel quale si effettua la loro unica trasformazione in zucchero semplice, il solo
assimilabile.
Il fatto di mescolare zuccheri e grassi rallenta questo transito degli zuccheri che pos-
sono fermentare, se le concentrazioni in zuccheri e grassi sono importanti.
Se la concentrazione in zucchero  è debole e se l’energia  è abbondante, la digestio-
ne dello zucchero e della materia grassa avverr à senza troppa difficolt à. In situazioni
differenti, cioè grandi quantità di zucchero con i grassi e debolezza energetica del sog-
getto, la digestione sarà difficoltosa. Dunque, non vi è opposizione fondamentale alla
digestione fra zuccheri complessi e grassi. Vi `e soltanto ≪concorrenza ≫ digestiva.

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Ciascuno, secondo la sua capacità energetica, potrà valutare se è possibile per lui,
accettare o no questa associazione.

— associazione lipidi–zuccheri semplici

Gli zuccheri semplici si trovano, soprattutto nella frutta. Questi zuccheri sono diretta-
mente assorbibili a livello intestinale. Il loro transito nel tubo digerente deve dunque
effettuarsi il più rapidamente possibile. Noi dobbiamo fare qui le stesse osservazioni fatte
per l’associazione esaminata sopra.
Tutto dipenderà dalla concentrazione dello zucchero semplice e dei grassi nella asso-
ciazione e dall’energia di cui il soggetto dispone.
È dunque preferibile non adottare questa associazione frequentemente, in quanto `e
poco accettabile.

— associazione lipidi–proteine

Se i grassi hanno un comportamento neutro rispetto all’azione degli enzimi che agiscono
sugli amidi o sugli zuccheri, per contro essi hanno un ruolo inibitore nei confronti del
succo gastrico prodotto al momento della digestione delle proteine.   I grassi giocano
un ruolo di rallentamento della digestione proteica gastrica . Questo ruolo è meno
evidente a livello del duodeno, per il fatto che qui i grassi sono emulsionati.
Evidentemente, come detto sopra, tutto dipenderà da un lato dalla quantità di gras-
so associato alla proteina, dall’altro dall’energia vitale del soggetto. Allo stesso modo,
quando la proteina è magra, l’aggiunta di materie grasse è relativamente tollerabile.
Quindi senza una sistematica preclusione, noi consideriamo questa associazione lipidi-
proteine come semi-compatibile.
Per inciso, osserviamo che una associazione alimentare `e decisamente incompatibile
quando il processo di digestione di uno degli elementi dell’associazione inibisce sistema-
ticamente il processo di digestione dell’altro alimento, e questo anche quando uno degli
alimenti è presente in quantità limitata e benchè il soggetto disponga di una quantità di
energia sufficiente.
Cosi qualche goccia di limone è sufficiente ad inibire la digestione orale degli amidi.

— associazione grassi–verdure

Questa associazione è tanto migliore quanto più la concentrazione in amidi, in zuccheri e


in proteine della verdura è debole: il che è un caso piuttosto generale. Le verdure non si
oppongono al processo di digestione degli amidi o delle proteine. Anzi favoriscono questi
processi, con il loro apporto di acqua e di sali minerali necessari all’idrolisi di questi
alimenti.

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Le materie grasse hanno invece un effetto inibitore e rallentatore, nella digestione delle
proteine e degli amidi.  Quando queste materie grasse sono accompagnate da verdure,
queste attenuano tale funzione inibitrice, favorendo la dispersione dei grassi .
L’associazione lipidi-verdure è molto compatibile e molto raccomandabile.

— associazione lipidi–acqua

Notiamo che la digestione dei lipidi, come quella degli amidi e delle proteine si effettua
per idrolisi, cosı̀ come abbiamo già spiegato. L’acqua è dunque indispensabile per questa
operazione. Orbene, le materie grasse si presentano sovente sotto forma concentrata, sia
mescolata con altri nutrienti (per es. nelle noci i grassi sono associati alle proteine) sia
allo stato libero (olii concentrati, burro, ecc. ).
Apportate all’organismo sotto forma cosı̀ concentrata, le materie grasse provoca-
no un bisogno di acqua per la loro digestione, bisogno che  è preferibile assecondare,
accompagnando il pasto di lipidi con verdure tenere che apportano la loro acqua .
Ma se è necessario, cioè se la sete è avvertita intensamente, non bisogna esitare a bere
dell’acqua in quantità limitata per non intralciare l’azione dei succhi digestivi.
L’associazione lipidi-acqua è dunque facoltativa. E l’acqua dovrà essere consumata
soltanto se il bisogno si fa sentire, ed è frequente che questo bisogno sia percepito alla
fine (o durante) un pasto. Non ci si deve opporre ad un tale bisogno, ma soddisfarlo
naturalmente.

— associazione lipidi–acidi

Gli acidi si trovano nei frutti acidi o in certi alimenti particolari come lo yogurth.
Gli acidi devono essere neutralizzati dall’organismo. Questa operazione rappresen-
ta un investimento energetico importante che taluni organismi indeboliti non possono
compiere se non con difficoltà.
Se una sostanza grassa accompagna l’ingestione di un alimento acido, si creer`a una
difficoltà ulteriore nella digestione dell’acido e dei lipidi. Perciò noi consideriamo questa
associazione come mediocre per le persone a forte vitalit`a e molto cattiva per quelle a
debole vitalità.

— associazione lipidi–sale

Come abbiamo già indicato più volte, il sale trattiene l’acqua.  Ha tendenza a riservarsi
l’acqua che sarebbe necessaria alla digestione per idrolisi dei lipidi.
L’associazione sale-lipidi non è assolutamente consigliabile.

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— associazione lipidi–lipidi

I lipidi sono degli alimenti che, per essere digeriti, necessitano di un investimento energe-
tico importante. Cosı̀ tutti i pasti che comportano degli alimenti grassi vengono definiti –
giustamente – di difficile digestione.
Se, per di più, si mettono insieme due o tre diverse sostanze grasse, la loro digestione
sarà ancor meno facile.
Cosı̀, senza essere rigorosamente controindicata, la digestione di lipidi diversi, asso-
ciati in uno stesso pasto, è poco raccomandabile.

***

Link: Tavola delle Associazioni Alimentari

3.3.2 La digestione dei lipidi

La digestione dei lipidi si realizza per l’azione di enzimi chiamati lipasi.

— azione della lipasi gastrica

Sebbene presente nello stomaco questa lipasi non agisce praticamente sulle materie gras-
se. Vi è un debole inizio di trasformazione dei gliceridi presenti nei lipidi in glicerolo e
acidi grassi.

— azione della lipasi pancreatica

La lipasi pancreatica agisce sui grassi, particolarmente quando sono emulsionati in parti-
celle fini, sotto l’azione dei sali biliari. Questa emulsione dei grassi permette alla lipasi di
agire su una superficie più grande, moltiplicando cosı̀ la sua efficacia.
Cosı̀ come abbiamo indicato precedentemente, la digestione dei lipidi, come quella
dei glucidi e dei protidi, si effettua per idrolisi, secondo lo schema:

sotto l′ azione della lipasi


gliceridi +   acqua −−−−−−−−−−−−−−→   glicerolo +   acidi grassi

Osserviamo che questa idrolisi è più o meno completa a seconda dei gliceridi presenti.
Si accetta come probabile una trasformazione all’80% dei gliliceridi in acidi grassi .
√ 
Naturalmente questo tasso di trasformazione dei gliceridi in acidi grassi dipende dalle
associazioni nelle quali le materie grasse si presentano all’azione della lipasi pancreatica:
l’associazione ideale è quella lipidi-verdure a cellulosa tenera, tipo lattuga.
Il lettore consulterà le tavole riepilogative sulla digestione dei lipidi.

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— digestione scorretta dei lipidi

La digestione normale dei lipidi richiede un investimento energetico importante. Le per-


sone indebolite avranno naturalmente delle difficoltà a digerire i grassi; dovranno dunque
essere prudenti circa la quantità di alimenti grassi ingeriti e circa la scelta del tipo di asso-
ciazioni nelle quali questi alimenti saranno inclusi: È una constatazione banale sentir dire
che certi alimenti grassi sono ≪pesanti≫ da digerire.
Questa impressione è innanzi tutto di ordine soggettivo nella misura in cui le sostanze
grasse inibiscono la peristalsi gastrica, ritardando cosı̀ l’evacuazione dello stomaco, ral-
lentando il funzionamento secondario del piloro. Questo d à l’impressione di pesantezza
di stomaco.

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Del resto l’idrolisi dei grassi si realizza più o meno rapidamente. In effetti il tempo di
idrolisi dipende dalle caratteristiche fisiche dei grassi e dalla loro attitudine all’emulsione.
I grassi che hanno un punto di fusione inferiore ai 50°C, principalmente gli olii vege-
tali, sono più digeribili di quelli che fondono al di sopra dei 50°C.
Inoltre,  la cottura rende i grassi meno digeribili . Quando si frigge, per esempio,
si creano dei prgdotti di ossidazione, dell’acroleina, ecc. Quando la digestione dei grassi
è scorretta vi è un aumento in proporzione, nei prodotti della digestione, di basi azotate
(colina) e di acido fosforico.
In conclusione, benchè la digestione completa dei grassi non si realizzi interamente,
la loro digestione scorretta è tuttavia meno frequente rispetto a quella dei glucidi o dei
protidi. Le cattive associazioni alimentari, tuttavia, generano queste digestioni scorrette.

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3.4 La digestione di particolari alimenti

3.4.1 La frutta e il miele

La frutta contiene essenzialmente degli zuccheri semplici accompagnati da acidi pi`u o


meno concentrati. Essa contiene anche delle vitamine e dei sali minerali e talvolta delle
piccole quantità di protidi e di lipidi. La loro digestione corrisponde dunque e quella degli
zuccheri semplici che sono direttamente assimilabili a livello intestinale. Le possibilit`a di
associazione eventuale della frutta con altri alimenti sono quelle che corrispondono alle
associazioni compatibili con gli zuccheri semplici, che abbiamo precedentemente esposto.
La frutta, sia essa acida, semiacida o dolce, dovrebbe essere praticamente consu-
mata da sola. A rigore, la frutta semi-acida e quella dolce potrebbero associarsi con le
proteine magre (latte cagliato o yogurth).
Il miele è composto dal 70 all’80% di zuccheri semplici e da una piccola quantit`a di
zuccheri complessi (3% di saccarosio). Dovrà dunque essere consumato tenendo conto
delle associazioni alimentari compatibili con gli zuccheri semplici. Il che vuol dire che
dovrebbe, idealmente, essere consumato da solo, e lontano nel tempo dall’assunzione di
ogni altro alimento. La sua associazione con le proteine magre `e mediocre.

3.4.2 Gli zuccheri industriali

Per zuccheri si intendono normalmente gli zuccheri industriali, ottenuti a partire dalla
canna da zucchero o dalla barbabietola da zucchero. Questi zuccheri sono costituiti per la
quasi totalità da saccarosio (zucchero doppio) la cui digestione si effettua a livello dell’in-
testino tenue, sotto l’effetto dell’ invertina. Il saccarosio si sdoppia in zuccheri semplici,
glucosio e levulosio, direttamente assorbibili.
Le associazioni con i disaccaridi (zuccheri doppi) sono state già esaminate. Esse re-
stano valide per gli zuccheri industriali e per tutti i dolciumi derivati, come marmellate,
gelatine di frutta e simili.

3.4.3 Le verdure

Le verdure sono, in generale, poco concentrate in glucidi, lipidi e protidi. Questo favorisce
la loro associazione con ciascuno di questi’alimenti. Esse forniscono essenzialmente dei
sali minerali e delle vitamine. Si associano bene con i prodotti concentrati. Tuttavia, la
loro possibilità di associazione con la frutta non è molto buona.

3.4.4 Il latte

Il latte è l’alimento dei piccoli mammiferi. Contiene pertanto i nutrienti specifici necessari
alla loro crescita. Naturalmente il latte di una specie di mammiferi è adatto particolarmen-

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te ai piccoli di quella specie. Tuttavia  vi sono dei latti simili, come quello della mucca
che, in mancanza del latte di donna, pu ò approssimativamente sostituirsi a quello .
Resta nondimeno vero che il latte è l’alimento del poppante, non quello dell’adulto3. Il
bambino piccolo possiede un enzima gastrico specifico della digestione del caseinogeno,
il presame o caglio.
Questo enzima scompare quando il bambino cresce ed `e allora un altro enzima pan-
creatico, la chimotripsina, che svolge il ruolo del caglio.
Ma il fatto che la digestione del latte si realizzi a livello pancreatico, implica che il
latte si opporrà alla digestione orale e gastrica degli amidi e delle proteine.
Il latte ritarda e appesantisce la digestione dei grassi.
La sua associazione con gli zuccheri semplici o doppi `e ugualmente incompatibile; in
effetti l’esistenza di lipidi e di protidi nel latte rischia di ritardare l’avanzata degli zuccheri
verso l’ambiente intestinale.
Il latte accentua anche le difficoltà di digestione degli acidi. Con le vetdure non co-
stituisce una associazione strettamente incompatibile, sebbene questa associazione debba
classificarsi come mediocre.
A nostro parere, passata l’età del poppante e quella della emissione del caglio nello
stomaco, il latte non dovrebbe essere consumato dal ragazzo, dall’adolescente, dall’adulto
e, ancor meno, dal vecchio. In ogni caso, si accompagna male con qualsiasi alimento
di una certa importanza; dovrebbe dunque essere consumato da solo. Praticamente il
latte deve essere trasformato, per coagulazione, in cagliata o yogurth, sola forma di
utilizzazione accettabile del latte per l’adulto .

3.4.5 I meloni

H. Shelton, nel suo studio sulle compatibilità alimentari, riserva una attenzione particolare
ai meloni. Dichiara che un gran numero di persone pensano essere allergiche ai meloni e
che questo non è esatto.
La difficoltà di digestione dei meloni, come pure delle angurie, deriverebbe dal fat-
to che,   da un lato questi alimenti sono estremamente putrescibili, dall’altro non
necessitano di digestione gastrica; la loro unica digestione si effettua nell’intestino .
Di conseguenza,  mangiare i meloni con altri alimenti, equivale a provocare delle
fermentazioni nel tubo digerente . E conclude invitando a mangiare i meloni da soli.
Per grandi linee accettiamo questa posizione, tuttavia ci sembra che i meloni possano
essere nondimeno accettati con la frutta fresca dolce o semi-acida, cos ı̀ come con le
proteine magre, con la cagliata fresca . Questi alimenti hanno anch’essi una digestione
a livello intestinale molto rapida e perciò non si oppongono seriamente alla digestione dei
meloni.
3
Extra: Rudolf Steiner lo consiglia. Raccomandati:  latte fermentato, bio-gurth, latticello, quark magro .

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3.4.6 I legumi

I legumi contengono al tempo stesso una forte percentuale di glucidi e di proteine. Perci`o
la loro digestione è difficile. Questi alimenti, intermedi fra quelli di ≪degenerazione ≫  e
quelli di ≪compromesso≫4 , dovranno essere consumati con moderazione. In generale essi
si associano molto male con tutti gli altri alimenti, eccetto i legumi stessi.
Il lettore consulterà la tavola riepilogativa delle associazioni alimentari.

4
L’autore chiama  alimenti di degenerazione  gli alcoolici, il caffé, il thé, il cacao, lo zucchero e anche
la carne, il pesce, le spezie e il sale. Questi alimenti accelerano la degenerazione delle cellule provocando
malattie, invecchiamento e morte precoce, tanto più quanto più vi si fa ricorso.  Alimenti di compromesso
sono i cereali, i legumi, i latticini, le uova, i grassi concentrati e il miele. Essi non sono propriamente
alimenti adatti all’uomo ma, utilizzati con discernimento e in associazioni opportune, possono essere
ben tollerati. Infine gli  alimenti ideali  sono le verdure fresche, la frutta fresca e secca: secondo l’autore
sono gli alimenti più adatti alla specie umana e quindi capaci di mantenere sani, vigonosi, longevi. (n.d.t.).

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Capitolo 4 
Ringiovanire semplificando
l’alimentazione

Lo studio che abbiamo presentato sulle compatibilità alimentari non rappresenta, eviden-
temente, che un primo approccio, un tentativo di riflessione sulla maniera di assemblare i
nostri alimenti poichè, troppo sovente siamo inclini ad ≪organizzare ≫  i nostri pasti.
 L’ideale sarebbe consumare ogni alimento da solo. Mettere insieme due alimenti di
natura diversa è sempre un tentativo di forzare le nostre possibilità naturali di digestione.
Nelle persone a forte potere energetico tali pasti ≪passano ≫ almeno finchè sono giovani e
poi... ?
Va da sè che l’unione di numerosi alimenti in uno stesso pasto è ancor più stressante
per l’organismo. Spetta a ciascuno scegliere fino a qual punto pu ò – e desidera –
semplificare la sua digestione .
Le persone raffinate apprezzano piatti semplici.  Non è necessario per loro compli-
care in vari modi i pasti, al fine di apprezzarli.
Le associazioni alimentari si complicano ancora quando medicine o prodotti di-
versi sono consumati nel corso dei pasti .
Non è stato possibile studiare le interazioni prodotte, a breve e a lungo termine, da
questi miscugli pericolosi per l’apparato digerente e per l’organismo in generale. Pensia-
mo che anche coloro che mettono in vendita questi prodotti non conoscano veramen-
te le ripercussioni profonde che essi possono avere sulla salute delle persone che ne
consumano.
Queste conseguenze si rivelano sovente nel corso di un digiuno, fatto per rimettere in
ordine i guasti prodotti dall’assorbimento di tali sostanze dannose.
Le regole concernenti le compatibilità alimentari sono fondate:

41
 Le Compatibilit à Alimentari 42
di Desire Merien

• sulle leggi della biologia della digestione, che abbiamo ampiamente presentato

• sull’esperienza di igienisti che hanno sperimentato le associazioni alimentari, fra


cui il dr. H. Shelton

• sulla nostra personale esperienza e su quella di numerose persone che abbiamo


seguito ed aiutato nella ricerca di un equilibrio alimentare soddisfacente.

Queste associazioni alimentari non hanno, evidentemente, che un valore relativo.


Ma, cosı̀ come le abbiamo presentate, speriamo che vi aiuteranno a stabilire un si-
stema di alimentazione più equilibrato e più coerente. Naturalmente ogni relazione su
sperimentazioni delle nostre proposte sarà per noi di grande interesse. Sono infatti questi
rilievi che ci permettono praticamente di elaborare i regimi alimentari igienisti adatti a
ciascun caso.
Questi regimi terranno conto non soltanto delle regole di base delle compatibilità ali-
mentari, ma altresı̀ delle riserve energetiche delle persone che intendono praticarli. In ef-
fetti una certa dieta adatta per una persona molto dotata di energia, sarebbe catastrofica se
adottata da una persona a scarso potenziale energetico. Del resto questi regimi dovranno
ugualmente tener conto degli equilibri che devono esistere fra i loro diversi componenti.
Infine, questi regimi dovranno permettere alle persone di aumentare o ridurre l’ali-
mentazione, secondo i reali bisogni dell’organismo.

4.1 La facilità di digestione

Le associazioni alimentari compatibili possono sconcertare il nuovo adepto dell’igieni-


smo, in quanto non sembrano integrarsi in un modo di alimentazione tradizionale. Tut-
tavia vedremo che esse permettono di elaborare le regole del pasto rispettando i diversi
equilibri alimentari necessari al buon funzionamento dell’organismo.
L’applicazione di queste regole migliora di molto la salute di chi le rispetta . In
effetti gli alimenti sono digeriti più facilmente, vi sono delle economie di energia vitale.
L’energia risparmiata sar à destinata all’eliminazione delle tossine; ciò ridurrà la
tossiemia endogena, tossiemia interna, di origine cellulare .

4.2 La soppressione della fermentazione


e della putrefazione

Del resto, il fatto di associare convenientemente gli alimenti riduce i rischi di putrefazione
e di fermentazione nel tubo digerente; ciò diminuisce la tossiemia esogena, tossiemia
esterna, di origine intestinale.

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I processi di fermentazione e di putrefazione sono nocivi all’organismo in quanto non


conducono alla elaborazione di nutrimenti utili, bensı̀ alla produzione di sostanze dan-
nose, molto intossicanti. Gli autori naturisti che presentano l’attività microbica come
normale nella digestione, commettono un errore. Essi insistono sulla trasformazione della
cellulosa in zucchero semplice a livello intestinale, ma questa trasformazione `e minima e
non strettamente indispensabile alla vita dell’organismo.
I processi di digestione sono di origine enzimatica e non microbica; la fermentazione
e la putrefazione durante la digestione non portano altro che disordine intestinale.

4.3 L’alimentazione associata come fattore rinnovatore

Quando le persone presentano dei disturbi di salute, noi proponiamo di modificare l’ali-
mentazione e consigliamo di mettere in pratica le combinazioni alimentari.
Facendo questo si produce una economia di energia vitale a livello di digestione.
I nutrimenti necessari al metabolismo cellulare sono cosı̀ ottenuti con un investimento
energetico minimo.
Notiamo che i diversi tipi di riposo, che sono delle interruzioni delle situazioni di di-
spendio energetico, permettono ugualmente un recupero di energia.  Il riposo fisico, men-
tale, l’allontanamento di problemi di ogni tipo (sociali, professionali, affettivi) lo sva-
go di un viaggio, la pratica di un hobby (giardinaggio, lettura, passeggiate, musica,
teatro, pittura, bricolage) sono altrettanti fattori che assicurano una rigenerazione
energetica.
L’energia può ugualmente aumentare quando si dorme di pi ù, oppure quando si
praticano delle attivit à rilassanti; lo yoga, lo sport (corsa, nuoto, sci, ecc.) apportano
energia.
Quale che sia il modo adottato per risparmiare energia o per crearla, una certa quantit`a
di questa energia sarà destinata alla funzione di eliminazione, per favorire la riduzione
della tossiemia esistente.
La scelta di una alimentazione che rispetti le compatibilità alimentari, favorendo l’e-
conomia di energia vitale e perciò la riduzione della tossiemia, comporta malto spesso
una riduzione delle malattie dell’individuo. È perciò che noi: diciamo che questo tipo di
alimentazione costituisce  un fattore di rinnovamento della salute.
A maggior ragione, i regimi alimentari ancor più restrittivi, quali il  regime cellulosico
e il  regime non cellulosico1 favoriscono ancor più decisamente l’economia di energia e,
di conseguenza, una disintossicazione cellulare più efficace che permetterà di accedere ad
uno stato di salute ancora migliore.
Permettendo il massimo di economia energetica a livello dell’apparato digerente –
1
Si tratta di regimi alimentari preparatori del digiuno: nel regime cellulosico `e previsto solo consumo di
frutta e verdura integrali, nel regime non cellulosico questi alimenti vengono privati della cellulosa: succhi
di frutta e verdura ottenuti per spremitura manuale (agrumi) o per centrifugazione, nonchè brodi nei quali
siano stati bolliti frutta o verdura. (n.d.t.).

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l’energia utilizzata per la digestione rappresenta quotidianamente un investimento impor-


tante – il digiuno permette la disintossicazione massima e costituisce, per questa ragione,
la tecnica più efficace per ricuperare la salute. Occorre tuttavia che questo digiuno sia
intrapreso per gradi, affinchè l’eliminazione delle tossine sia realizzata progressivamente,
senza stressare l’organismo.
Il metodo del digiuno per stadi alimentari, che noi raccomandiamo, permette questa
gradualità nella disintossicazione organica. L’esperienza dimostra che questo modo di
digiunare, che rispetta la volontà subcosciente dell’organismo, si rivela in definitiva come
il più efficace.

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Capitolo 5 
In risposta a talune obiezioni

Una prima critica che normalmente si fa alla  teoria delle compatibilit à alimentari è che
si tratta di una cosa complicata, che nella vita di ogni giorno non ci si pu`o inquietare in
questo modo per organizzare i propri pasti, che in definitiva si pu`o cadere in squilibri
psichici del genere ossessivo, perfino maniacale.
Certamente, tutte le novità che si introducono nel nostro modo di vivere rischiano, in
definitiva, di disorientarci un poco. Ma di che si tratta, infine? Della nomenclatura dei
nutrienti necessari al sostentamento del nostro organismo e del modo di organizzarli.
Il fatto che normalmente si ignori cosa sono glucidi, lipidi, protidi, vitamine e sali mi-
nerali non vuol dire che si debba considerare cosa straordinaria il conoscere quali alimenti
li contengono. Inoltre, a nostro avviso, questa conoscenza ci d`a la libertà di scegliere i
nostri alimenti e di poterli associare nei pasti, a nostro vantaggio. Questa libert`a implica,
naturalmente, la messa in gioco della nostra responsabilità. Questo dovrebbe essere un
vantaggio per noi, non un inconveniente. Bisogna dunque concludere che coloro che pre-
feriscono non inipegnare la loro responsabilità sono numerosi? Questa attitudine, in ogni
caso, non può costituire di per sè una buona ragione.
La complicazione apparente di qualsiasi nuova acquisizione, diviene ben presto sod-
disfazione di conoscere gli elementi di un gioco che concerne la nostra alimentazione. Ed
è veramente di un gioco alimentare, coerente e razionale, che si tratta.
Le persone equilibrate arriveranno facilmente ad alimentarsi in modo armonio-
so, seguendo le regole delle compatibilit à alimentari. Forse taluni, propensi agli ecces-
si, con tendenze maniacali, accentueranno le loro ossessioni mediante il ≪puzzle≫  delle
regole delle compatibilità alimentari. Ma costituiranno la minoranza, l’eccezione, della
quale non è possibile tener conto come regola generale per dare un giudizio di valore sui
comportamenti indotti dalle compatibilità alimentari. Il che non significa che dobbiamo,
abbandonare questi maniaci al loro destino. Ma è evidente che la risposta ai loro problemi
è di ordine psichico e non strettamente alimentare. Altre tecniche naturali di salute, che

45
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di Desire Merien

riguardano la sfera del comportamento, principalmente, dovranno essere messe in gioco


per aiutarli a tornare alla normalità. Ma ciò non costituisce l’argomento di questo lavoro.

5.1 La bulimia e la colpevolizzazione


nei confronti del cibo

Un’altra obiezione nei confronti delle compatibilità alimentari osserva che  l’uso delle
regole concernenti queste conipatibilit à fa cadere le persone in uno stato di bulimia,
di fame insaziabile, che provoca un sentimento di colpa nei confronti del cibo.
Osserviamo, innanzi tutto, che l’ingestione del cibo va considerata sotto un dupli-
ce aspetto. È effettivamente un atto alimentare, ma è al tempo stesso una attitudine
comportamentale, vale a dire un modo di esistere, nei confronti di se stessi e degli altri.
L’aspetto alimentare corrisponde al bisogno profondo che noi sentiamo di apporta-
re al nostro organismo i nutrimenti necessari al suo funzionamento. Questi nutrimenti
apporteranno i materiali e l’energia indispensabili al metabolismo cellulare.
L’attitudine comportamentale si appoggia, da un lato, sullo stato affettivo ed emo-
zionale di ciascuno e, dall’altra parte, sulla struttura simbolica del gruppo nel quale si
vive.
A livello affettivo, l’importanza dell’alimento dipende dal fatto che esso è un mediato-
re fra se stessi e l’altro. È attraverso la poppata che il bambino stabilisce una delle prime
relazioni con la madre. Ed è certo che in questa comunicazione egli cerca qualcos’altro
oltre all’alimento stesso: il calore del contatto, la presenza amorevole della madre.
In senso più generale, il piacere di mangiare è associato al piacere che l’altro prova,
a mangiare con noi. Il pasto consumato da soli, anche se apporta i nutrienti richiesti,
rischia di mancare di un aspetto affettivo importante .
Del resto, l’accettazione o il rifiuto di certi piatti (per esempio la carne per i vegeta-
riani) provengono da preoccupazioni psicologiche che si situano su un piano ben diverso
da quello del valore nutrizionale degli alimenti che entrano nella composizione di questi
piatti.
A livello simbolico di gruppo,  il pasto preso in comune costituisce per l’uomo una
sensazione di reale integrazione nel gruppo : da qui la proliferazione di ≪banchetti≫ fa-
miliari, professionali, ecc. Ogni gruppo etnico ha cosı̀ stabilito poco a poco il suo ≪siste-
ma alimentare≫  sovente strettamente elaborato secondo le basi economiche, filosofiche e
religiose del gruppo.
È evidente che modificare l’alimentazione significherà rimettere in discussione non
soltanto il suo aspetto alimentare, ma altresı̀ e forse soprattutto, il suo aspetto comporta-
mentale.
Ogni cambiamento di alimentazione è quindi importante: non si tratta di un atto insi-
gnificante ed è essenziale percepire bene l’insieme dei problemi, per evitare il fallimento.

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Quando una persona decide di modificare la sua alimentazione per scegliere un modo di
mangiare che rispetti le compatibilità alimentari, deve innanzi tutto capire le regole delle
associazioni alimentari. Deve metterle in pratica e osservare i risultati.
Sul piano puro e semplice della digestione, questi risultati sono sovente spettacolari,
soprattutto per le persone che avevano delle difficolt`a. La digestione diventa più agevo-
le, l’energia ritorna, la tossiemia è ridotta, l’eliminazione delle tossine si accentua. . . la
persona si sente subito meglio.
È talvolta a livello di comportamento che insorgono le difficolt à. In effetti il fat-
to di mangiare in modo diverso – anche secondo delle regole alimentari pi ù sane –
isola dagli altri: questo non può fare a meno di creare, talvolta, dei gravi conflitti interni.
Il nuovo adepto dei metodi alimentari igienisti si sente estraniato – perfino rifiutato
– dal gruppo nel quale vive .
Possono sorgere in lui dei sentimenti di frustrazione che avranno delle risonanze pi`u
o meno gravi sulla sua psiche. In taluni soggetti predisposti, questo potrà tradursi nel
bisogno di una compensazione alimentare, chiamata  bulimia.
È importante capire che questa bulimia non è direttamente prodotta dalla applicazione
delle regole concernenti le compatibilità alimentari, bensı̀ dalle condizioni sfavorevoli che
accompagnano la scelta del nuovo modo di alimentarsi.
Ed è per questo che cambiare la propria alimentazione non è sempre molto semplice.
La gradualità nei cambiamenti è desiderabile per evitare di generare scompigli comporta-
mentali secondari, la cui risonanza può essere talvolta più grave di quella dei disagi della
digestione che il paziente desidera far cessare.
L’ideale sarebbe che il gruppo – spesso la famiglia – cui è legata la persona che
desidera cambiare alimentazione, modificasse ugualmente la sua. In caso contrario
vari problemi, perfino conflitti, non tarderanno a verificarsi.
Colui che desidera adottare le regole delle compatibilit à alimentari dovrebbe
sforzarsi di preparare lui stesso i suoi pasti. Forse, poco a poco, gli altri membri della
famiglia si interesseranno alle sue modalit à alimentari e si verificher à un’evoluzione
favorevole.
E ancora, se un gruppo ristretto, una famiglia, modifica la sua alimentazione, questa
può trovarsi a confronto occasionalmente con altri gruppi, altre famiglie. I problemi,
anche momentanei, rischiano di avere delle conseguenze importanti per certi membri del
gruppo ≪convertito≫: i più fragili, li, dal punto di vista psichico, principalmente.
Quando si cambia il proprio modo di alimentarsi, bisogna mettersi all’opera per allac-
ciare nuove relazioni, in linea con le nuove idee alimentari, `e fondamentale.   Poichè non
è possibile sperare in un cambiamento radicale dei vecchi amici, bisogner à talvolta
accettare: che queste vecchie amicizie si rinforzino o si rompano definitivamente.
In ogni caso, crearsi una zona franca, una distanza dagli altri, appare sovente come
strettamente indispensabile per conseguire un buon equilibrio psico-fisico.
Ma la bulimia può anche non essere la conseguenza di un atto alimentare.   La buli-
mia si verifica sovente in persone che hanno, in partenza, una struttura caratteriale

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fragile, inadatta ad affrontare gli stress provocati dalla vita . Cosı̀, nel corso della loro
vita, esse reagiranno vivamente a tutte le situazioni di aggressione che le concernono. Po-
co a poco, il bisogno di compensare i blocchi subiti si fa pi`u pressante. Il cibo può allora
essere utilizzato a questo scopo. In effetti, per la liberazione da questi blocchi, talvolta
molto remoti, sarebbe necessaria una rimozione, uno ≪svuotamento interiore≫, impossi-
bile da realizzare nelle normali condizioni di vita e nel contesto familiare, con il quale la
persona stressata ha preso le distanze, rifugiandovisi.
Questi blocchi provocano un consumo importante di energia vitale e la insufficienza
di questa provoca uno stato di intossicazione quasi permenente. Questo stato, a sua volta,
provoca dei sintomi dolorosi, fisici o mentali. È per bloccare l’effetto di questi sintomi
che il bulimico mangia. La bulimia gli serve a bloccare il sorgere di questi sintomi che
sarebbero per lui liberatori. Allora mangia, sempre di pi ù, freneticamente, di nascosto. I
suoi centri nervosi di controllo dell’appetito si alterano e il suo disturbo aumenta.
Il fatto di adottare una alimentazione che rispetti le associazioni alimentari compatibili
procura una digestione più facile, risparmiando energia. Questa energia sarà destinata alla
eliminazione delle tossine e ciò farà aumentare i sintomi precedenti. Il bulimico non li
accetta e mangerà ancora di più per opporvisi.
I problemi del bulimico non sono dunque strettamente provocati dalla scelta di un
modo di alimentazione che rispetta le compatibilità fra alimenti.
La risposta a questo grave problema della bulimia sembra duplice:

• innanzi tutto modificare il comportamento nervoso e liberare i sintomi fisici e men-


tali esistenti. E questo non può essere fatto, mi sembra, se non con uno o pi`u digiuni
appropriati, ripetuti,

• d’altro canto occorre ridurre i blocchi sopravvenuti nel passato, mediante le rimo-
zioni emotive necessarie alla liberazione del paziente che dovr`a, in ogni modo, per
riuscire a mantenersi in buono stato, vivere in un ambiente protetto. Questo sia a
livello relazionale che a livello delle sue attività.

L’applicazione delle compatibilità alimentari provoca talvolta, nel bulimico, un senti-


mento di colpa nei confronti del cibo. Questo sentimento è tanto più esacerbato quanto
più il bulimico, praticando le compatibilità alimentari, si rende conto dell’importanza di
questo regime. Egli annette molte speranze a queste regole alimentari ed ha l’impressione,
se soltanto l’idea di abbandonarle lo sfiora, di non essere più degno di stima.
È importante allora che prenda coscienza del suo sentimento di colpa e che cerchi –
aiutato se necessario da un consigliere – di ridurlo e di superarlo.
Cosı̀, dei digiuni successivi e degli sblocchi possono alleggerire e far scomparire
finalmente questo sentimento nei confronti del cibo.
A proposito di questo schema, taluni diranno che presenta delle difficolt`a di vario
ordine (materiale, relazionale, ecc.) per essere realizzato in modo esatto. È probabile. Ma
coloro che sono affetti da bulimia dovranno arrendersi all’evidenza che, se le condizioni
naturali di salute non sono la loro sorte bisognerà pure – per non correre il rischio di

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arrivare all’utilizzo di droghe distruttive – tendere verso la situazione di vita che potrebbe
essere accettata come la migliore possibile e mettere in atto tutti gli sforzi necessari, ma
senza tensione, per accendervi. Va da s`e che in una siffatta ricerca quotidiana, l’ambiente
e il contesto relazionale saranno fondamentali.

5.2 La perdita di capacità di digestione

Un’altra affermazione, che si sente sovente, pretende che l’uso delle compatibilità alimen-
tari provochi una riduzione delle capacità di digestione. Coloro che lo sostengono dicono
che diventa poi impossibile nutrirsi come facevano prima.  Dicono che diventa difficile
digerire i pasti complessi ai quali un tempo erano abituati .
I fatti sono reali, osservabili; ma questo corrisponde forse ad una perdita delle capacit`a
di digestione? In altri termini, l’adozione di pasti che rispettano le compatibilità alimentari
conduce ad una regressione delle capacità dell’apparato digerente?
Per rispondere a questa questione bisogna ricordare che tutti gli atti della nostra vita
organica si svolgono sotto l’impulso della energia vitale di cui possiamo disporre in un
dato momento.
E questa disponibilità di energia è essa stessa legata alle abitudini di vita dell’organi-
smo e ad un adattamento dei centri vitali, principalmente del cervello, ad esse.
Cosı̀, quando una persona è onnivora, i suoi centri vitali, fra cui quello della fame,
si sono adattati ad accettare la carne da molti anni e la destinazione della energia alla
digestione della carne si effettua facilmente.
Se questa persona passa ad un regime vegetariano, eliminando semplicemente la carne
dalla dieta, ma mangiando gli altri alimenti senza tener conto delle associazioni compati-
bili, prenderà coscienza di una digestione più facile. Questo perché la carne, alimento non
specificamente adatto all’uomo, non porterà più, nel processo digestivo, 1e sue proprie
difficoltà.
Talvolta, tuttavia, i nuovi vegetariani sostituiscono la carne con importanti quan-
tità di cereali. Ora questi, necessitano di, una digestione molto laboriosa . Se la
persona non dispone di una quantità sufficiente di energia vitale risentirà delle difficoltà
nel passare ai cereali che, a loro volta, e questa ne è la prova, non sono strettamente adatti
alla specie umana.
Ma naturalmente se il regime vegetariano non comporta che una ragionevole quantit`a
di cereali, il senso di digestione più facile sarà ben presto percepito.
Se questa persona viene a conoscenza dell’alimentazione igienista e adotta il regime
vegetariano che rispetta le compatibilità alimentari, otterrà ancora una ulteriore facilità di
digestione che proviene, di fatto, dalla concatenazione non opposizionale degli alimenti
ingeriti.
Nel corso di questi passi successivi verso una digestione facile, i centri vitali, fra cui
quello della fame, si riadattano a processi di digestione più normali. Parallelamente, il

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subconscio destina a questi processi l’energia minima necessaria. La quantit`a d’energia


risparmiata è allora diretta verso l’interno dell’organismo per effettuare un lavoro di eli-
minazione delle tossine. Infatti, nella maggior parte delle persone esiste uno stato latente
di tossiemia, a motivo delle modalità di vita.
Questa destinazione dell’energia verso l’interno dell’organismo si traduce sovente nel
fenomeno che abbiamo chiamato ≪inversione delle forze≫. Vale a dire che l’energia sot-
tratta alla vita di relazione, muscolare e scheletrica; provoca una impressione più o meno
considerevole di debolezza fisica. In realtà la persona non è più ≪debole≫  di prima, sem-
plicemente la volontà subcosciente ha dirottato l’energia verso l’interno dell’organismo
per compiti ritenuti più importanti.
Questo processo di inversione delle forze in seguito ad un modo di alimentazione che
adotta le associazioni alimentari compatibili, è più o meno pronunciato a seconda dello
stato energetico di ciascun individuo. Le persone con scarsa energia che, avendo rispettato
le compatibilità alimentari per un lungo periodo, decidono bruscamente di ingerire in
quantità rilevanti e in eterogeneo, alimenti relativamente difficili da digerire (cereali, per
esempio) possono andare incontro ad una specie di blocco della digestione, analogo a
quello che i malati hanno nelle crisi acute e che i digiunatori subiscono quando decidono
di riprendere ad alimentarsi troppo bruscamente e in modo abbondante.
Cosı̀ facendo, si impone all’organismo, all’improvviso, una modificazione della ri-
partizione dell’energia, che intralcia il lavoro di eliminazione, ritenuto prioritario, dal
subconscio. Al tempo stesso, i centri vitali sono di nuovo brutalmente stressati da un tale
apporto di cibo.
Se una persona vuole ritornare ad un modo di alimentazione scorretto, `e evidente che
deve farlo gradualmente, cosı̀ come deve essere intrapreso gradualmente un approccio alla
alimentazione normale.
Cosı̀, la pretesa riduzione delle capacità di digestione non è reale. L’adozione di un
modo di vita igienista – e principalmente di una alimentazione che rispetti le compatibilità
alimentari – modifica in profondità la ripartizione della energia vitale e ciò in relazione
allo stato di intossicazione esistente e alle potenzialità energetiche di ciascuno.
Colui che adotta le compatibilità alimentari non dovrebbe sentirsi ≪penalizzato≫  per-
chè ha l’impressione di aver perso la sua facilità di digestione.
Le difficoltà attribuite – a torto – ad una tale riduzione, indicano semplicemente che la
persona si è messa in una situazione più corretta. Bisogna rallegrarsene, non lamentarsene.
Bisogna essere in grado di valutare quale impegno di energia l’alimentazione anormale
richiede.
Quando sarete tornati ad uno stato più ≪nuovo≫ come quello del bambino non potrete,
come lui, sopportare nè l’alcool, nè il fumo della sigaretta. Non lamentatevene, anzi
rallegratevi e pensate a che cosa tutto questo corrisponde, dal punto di vista energetico.

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5.3 Lo squilibrio nutritivo

Dal momento che i pasti costituiti tenendo conto delle compatibilità escludono l’apporto
di uno o più alimenti, taluni hanno dedotto che essi provocherebbero uno squilibrio nutri-
tivo. Quale è la realtà? Certamente i pasti ≪mangiatutto≫  detti ≪equilibrati≫  apportano
all’organismo i principali elementi necessari per assicurare il suo equilibrio nutritivo. Bi-
sogna però che questi alimenti siano convenientemente digeriti da un lato, e in seguito
correttamente assimilati, e questo non è facilmente realizzabile quando sono consumati in
pasti eterogenei. Effettivamente gli alimenti che non sono normalmente digeriti non sono
di alcuna utilità. Inghiottire del cibo perchè fermenti o imputridisca nel tubo digerente è
lo spreco più stupido. In effetti, anzichè ottenere nutrimenti che ci sostentano, noi produ-
ciamo veleni che rischiano di penetrare nel nostro corpo e di aumentare la tossiemia. È
preferibile che il sangue trasporti nutrienti, piuttosto che veleni!
Il potere di digestione e di assimilazione è rinforzato quando le compatibilità alimen-
tari sono rispettate. E i nutrimenti che non sono elaborati nel corso di un pasto pervengono
all’organismo nel corso del pasto successivo. Di modo che, se l’equilibrio nutritivo non `e
realizzato – in apporto di nutrienti – nel corso dello stesso pasto, lo è in una successione
di pasti.
La digestione e l’assimilazione essendo migliori, l’organismo ha la facoltà di utilizzare
o mettere in riserva questi nutrienti, come meglio gli conviene.
Questo argomento dello squilibrio nutrizionale ci sembra dunque molto discutibile.
L’organismo che si abitua a vivere sui nutrimenti in riserva possiede un miglior potere
di restituirli all’occorrenza. Questo invece diventa difficile per colui che si è abituato,
da molti anni, a ricevere tutto nel corso di uno stesso pasto. Questa pratica della non
restituzione si osserva particolarmente nel corso di certi digiuni. Il digiunatore che si
trova nella impossibilità, di restituire certi sali minerali, per esempio, può presentare una
carenza, mentre non manca assolutamente di riserve.
A nostro avviso, i pasti che rispettano le compatibilità alimentari – chiamati  pasti
omogenei  – favoriscono questo adattamento dell’organismo a conservare ed utilizzare i
nutrienti in modo corretto. In questo senso si può dire che essi accrescono le possibilità
di equilibrio nutrizionale dell’organismo.
Notiamo che gli animali in libertà praticano sovente una alimentazione monotona –
nel senso che è costituita da pasti omogenei caratteristici della specie – a seconda che si
tratti di carnivori, di erbivori, di fruttivori. Essi vi trovano il loro equilibrio alimentare: la
mucca produce le sue proteine a partire dall’erba del prato.
L’uomo sfuggirebbe dunque a questa regola? Noi non lo crediamo. Ma forse è l’uo-
mo della società industriale, ipernutrito, da pasti costantemente ≪equilibrati≫, che rischia
di avere delle carenze per inadattamento quando viene bruscamente costretto ad una ali-
mentazione monotona, fatta di pasti omogenei. Tuttavia, questo ci pone con chiarezza il
problema della gradualità nella scelta di una alimentazione appropriata per mantenere una
buona salute.

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5.4 Alimenti complessi e miscugli alimentari

Talune persone rifiutano di applicare i criteri delle compatibilità alimentari nella loro ali-
mentazione quotidiana perchè dicono, la maggior parte degli alimenti sono complessi,
vale a dire contengono due o tre dei principali nutrienti (glucidi, protidi, lipidi).
H.  Shelton che ha studiato le associazioni alimentari per molti anni ritiene che
la digestione di un alimento complesso si realizza per secrezioni successive di succhi
digestivi, adatti alla digestione di ciascuno dei nutrienti.
Egli dichiara, e noi siamo del suo parere, che la digestione di un miscuglio alimentare
è ben altrimenti delicata, quando gli alimenti che intervengono in questo miscuglio hanno
delle esigenze di digestione opposte. Per esempio, il pane `e un alimento complesso che
contiene sia glucidi che proteine. È un alimento già relativamente laborioso da digerire.
Ma il corpo produrrà in fasi successive dei succhi adatti alla digestione di questi nutrienti
e, in fin dei conti, la digestione si effettuerà normalmente.
Per contro, se si associa il pane e una proteina magra (yogurth, carne, albume d’uovo)
vi sarà comunque emissione di ptialina in bocca per iniziare la digestione degli amidi del
pane. Ma questa sarà immediatamente contrastata a livello dello stomaco, dalla secrezione
di un succo molto acido.
In definitiva, se la digestione degli alimenti complessi presenta delle difficolt`a, quella
dei miscugli alimentari – e principalmente dei miscugli di alimenti concentrati – presenta
delle difficoltà ben più grandi, quando la digestione degli alimenti cosı̀ incongruamente
associati necessita di esigenze enzimatiche opposte.
Del resto si constata che un alimento complesso è tanto più difficile da digerire quanto
più i nutrienti che lo compongono coesistono in percentuali elevate.
Nella tabella che segue è indicata la percentuale di nutrienti per 100 gr. di alcuni
alimenti complessi:

 Leguminose Glucidi Protidi Lipidi


piselli 33 26 1
fave 54 26 2
lenticchie 56 27 2
fagioli 55 23 2
soia 28 35 18

Si nota dunque una percentuale importante di glucidi associata ai protidi, in questi


alimenti. Queste poteine disturberanno in qualche misura la digestione dei glucidi e potr`a
verificarsi, specialmente se la persona è debilitata,  cattiva digestione. Il fenomeno sar à
rivelato dalla emissione gas , prodotti dalla fermentazione.

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Cereali Glucidi Protidi Lipidi


riso 76 7 1
grano 70 10 1
segale 65 11 2
avena 60 11 6
mais 63 10 3
orzo 62 10 2

Constatiamo che i cereali presentano un forte tasso di glucidi e una debole percentuale
di protidi. Fra i cereali,  il riso ha il tasso meno alto di proteine . La sua digestione,
si effettuerà con minor rischio di fermentazione rispetto agli altri cereali e, a maggior
ragione, rispetto alle leguminose.
Noi pensiamo che gli amidi dei glucidi – a forma molto complessa – siano, fra gli
alimenti, quelli che presentano le maggiori difficoltà di digestione. In questo senso, più
un alimento ha un tasso elevato di glucidi più ci sarà bisogno di un investimento energetico
importante per trasformare le molecole di amido in zuccheri.
Cosı̀  il riso, che presenta il tasso pi ù elevato di glucidi, presenter à la digestione
più costosa dal punto di vista energetico .
Altra cosa invece è l’intervento della forte percentuale di protidi nella digestione delle
leguminose. Esse provocano delle fermentazioni degli amidi rendendo, per quest’altro
motivo, la digestione laboriosa.
I cereali, come le leguminose, hanno una percentuale ridotta di grassi. Questi inter-
verranno dunque in misura irrilevante nella digestione. La soia presenta la particolarit`a di
avere dei tassi abbastanza uguali dei tre principali costituenti. L’influenza delle materie
grasse rallenterà i processi digestivi ma servirà altresı̀ da ≪tampone≫ fra glucidi e protidi
di modo che se la digestione della soia può ben definirsi pesante, essa non presenta molti
rischi di fermentazione.

5.5 Il reale stato di salute

Le riflessioni fatte a proposito delle combinazioni alimentari ci permettono di renderci


conto che i problemi posti dalla ≪riorganizzazione ≫ alimentare sono numerosi.
Un aspetto molto inatteso della utilizzazione delle compatibilità alimentari consiste
nella possibilità di percepire nel proprio corpo l’effetto prodotto dalla ingestione di tale o
tal altro alimento, associato in tale o in tal altra maniera.
Questa percezione, legata agli effetti indotti dalla direzione subcosciente dell’orga-
nismo, si ritrova quando ci si sottopone ad un digiuno graduale, secondo la tecnica dei
1
≪palliers≫ alimentari .

1
Il digiuno per ≪palliers≫ o stadi è una tecnica che si adotta al Centro Nature et Vie (Lorient – Francia)
dove opera l’autore. Si arriva al digiuno idrico eliminando ad una ad una dalla dieta le varie componenti del
cibo, quando l’organismo si è assuefatto al nuovo livello, non vi è più perdita di peso nè altre manifestazioni

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Quando si adotta una alimentazione che rispetta le compatibilità alimentari oppu-


re il digiuno sopraddetto, ogni volta l’organismo esprimerà lo stato di salute reale e,
all’occorrenza, provocherà dei sintomi caratteristici di rigenerazione.
Per noi questi sintomi sono essenziali in quanto ci permettono di capire il vero stato di
salute di una persona. In questo senso, e solo in parte, l’uso delle compatibilit`a alimentari
rappresenta dunque un modo di investigazione per determinare lo stato di salute.

importanti quali l’accelerazione del ritmo cardiaco, nausee, ecc.. Si inizia eliminando gli amidi (pane, pasta,
riso) poi le proteine (formaggi, uova) poi i grassi (olio, burro) poi la cellulosa (verdure e frutta) poi i succhi
di verdura e frutta, nonchè i brodi vegetali. A questo punto si beve soltanto acqua, debolmente mineralizzata,
per un certo numero di giorni, a seconda del soggetto e fino alla comparsa di taluni sintomi che rivelano
un buon livello di disintossicazione. La ripresa alimentare deve essere altrettanto graduale e simmetrica Si
ricomincia con i succhi di frutta e verdura e i brodi vegetali (in piccole quantità e a piccoli sorsi) poi frutta
e verdure intere, poi proteine, poi amidi. Si noti che  le proteine ammesse sono anche di origine animale
(latticini, uova e formaggi) con esclusione della carne, del pesce e dei salami. I legumi sono esclusi
(fagioli, piselli, ceci, ecc.) o consumati in, piccole quantità quantità e solo se freschi. (n.d.t.).

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L’uomo possiede una costituzione fisiologica che non gli permette di mangiare
tutto quello che vuole e in qualunque associazione alimentare. Conoscendo
quali sono i cibi che si possono o non si possono mangiare insieme, assicu-
riamo al corpo una facile digestione, che porta al sangue non più veleni ma
solamente sostanze nutritive vitali.
La   tossiemia  è la causa primordiale di tutte le malattie, l’associazione corretta
degli alimenti contribuisce a disintossicare l’organismo con grande profitto per
la salute.
Milioni di persone soffrono di cattiva digestione, di disturbi intestinali, di carenze
e di malnutrizione, malgrado un’alimentazione abbondante e ≪sostanziosa≫.
Conoscere e rispettare le regole alimentari descritte in questo testo sarà mol-
to più vantaggioso dell’utilizzazione di tonnellate di medicine che deteriorano
sempre più la vera salute del paziente.
L’autore, professore di biologia e fondatore del Centro igienista francese Nature 
et Vie , si basa sui lavori del Dr. Herbert Shelton,   ma tiene maggiormente
conto della digestione pancreatica e intestinale .
Cinque tavole della digestione dei vari alimenti e una grande tavola delle asso-
ciazioni alimentari, riportate in questo libro, facilitano la comprensione di queste
regole alimentari ed agevolano la composizione di menù con cibi compatibili.
Il metodo delle giuste associazioni alimentari è stato sperimentato per oltre cin-
quant’anni dal Dr. Shelton e per venti anni dall’autore Désiré Mérien, con risul-
tati entusiasmanti per tutti coloro che l’hanno saputo rispettare con pazienza,
intelligenza e perseveranza.
La salute e la gioia di vivere sono il premio di tutti coloro che avranno la
saggezza d’applicare le giuste regole di una alimentazione naturale.

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Indice

Copertina 1

1 Semplificare l’alimentazione 3

2 Come avviene la digestione 5


2.0.1 Le trasformazioni chimiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6
2.0.2 La digestione microbica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9
2.0.3 L’azione degli enzimi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9

3 Associare opportunamente gli alimenti per eliminare la TOSSIEMIA 12


3.1 La digestione dei glucidi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12
3.1.1 Le associazioni con gli amidi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12
3.1.2 La digestione degli amidi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17
3.1.3 La digestione degli zuccheri doppi (disaccaridi) . . . . . . . . . . . . . . 19
3.1.4 La digestione degli zuccheri semplici (monosaccaridi) . . . . . . . . . . 21
3.1.5 La digestione della cellulosa   . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23
3.1.6 Conclusione sulla digestione dei glucidi   . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23
3.2 La digestione dei protidi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24
3.2.1 Le associazioni con le proteine . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24
3.2.2 La digestione delle proteine . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28
3.3 La digestione dei lipidi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32
3.3.1 Le associazioni con i lipidi   . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32
3.3.2 La digestione dei lipidi   . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35
3.4 La digestione di particolari alimenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 38
3.4.1 La frutta e il miele . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 38
3.4.2 Gli zuccheri industriali   . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 38
3.4.3 Le verdure . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 38
3.4.4 Il latte   . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 38
3.4.5 I meloni  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39
3.4.6 I legumi  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 40

4 Ringiovanire semplificando l’alimentazione 41


4.1 La facilità di digestione   . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 42
4.2 La soppressione della fermentazione
e della putrefazione   . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 42
4.3 L’alimentazione associata come fattore rinnovatore . . . . . . . . . . . . . . . . 43

56
5 In risposta a talune obiezioni 45
5.1 La bulimia e la colpevolizzazione
nei confronti del cibo   . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 46
5.2 La perdita di capacità di digestione   . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 49
5.3 Lo squilibrio nutritivo  . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51
5.4 Alimenti complessi e miscugli alimentari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 52
5.5 Il reale stato di salute . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 53

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