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1 CAPITOLO- Società e diritto. L’esperienza giuridica.

Ogni comunità ha bisogno del diritto (dal latino directus) per organizzarsi e vivere pacificamente
assicurando le regole della civile convivenza. Il diritto proviene dall’uomo ed è in funzione di esso in
quanto portatore di interessi; molti di questi interessi non sono realizzabili autonomamente dagli
uomini, ma richiedono una aggregazione di uomini in gruppi e l’impiego di beni e mezzi, dando così
vita ad organizzazioni collettive (associazioni, società, ecc.). Possiamo dunque dire che il diritto mira
alla regolazione degli interessi e dei comportamenti delle diverse entità sociali attraverso precetti
giuridici.
La valutazione giuridica della realtà materiale.
Una tradizionale raffigurazione porta ad attribuire due significati al diritto: il diritto oggettivo indica
l’insieme dei precetti giuridici vigenti su cui si fondano i rapporti tra consociati o tra le diverse
comunità (es. la normativa sulla proprietà), mentre il diritto soggettivo indica il potere attribuito al
privato di assumere un determinato comportamento per realizzare un proprio interesse (es. il diritto
del proprietario di godere e disporre di un bene). Si dividono in diritti reali e di credito: i reali possono
esercitare direttamente il bene per soddisfare il proprio interesse, il diritto di credito significa che per
soddisfare un interesse ho bisogno della mediazione di un altro soggetto/debitore. E nel diritto
oggettivo abbiamo una serie di regole che formano l’ordinamento giuridico.
Esistono diversi tipi di regole: quelle dettate dalla morale, quelle dettate dalla religione ad esempio
rientrano nelle norme comportamentali. Quando è dettata da una fonte istituzionale diventa una
regola cogente e dunque una vera e propria norma giuridica. (esempio del vigile). Le norme giuridiche
hanno delle caratteristiche specifiche: sono dettate dalle istituzioni e hanno una rilevanza giuridica e la
loro trasgressione implica delle conseguenze penali e giuridiche. Sono strutturate dunque da:
1. Precetto: regola del comportamento
2. Sanzione: in caso di trasgressione l’ordinamento giuridico ha una reazione
Ordinamento giuridico.
L’ordinamento giuridico è il complesso di regole vincolanti di cui si dota una determinata comunità;
tali regole sono ordinate secondo una tavola formale ( l’ordinamento) attraverso un’organizzazione
che ne consente la formazione e ne presidia l’osservanza.
Per quanto riguarda le istituzioni di riferimento, l’ordinamento statale è tradizionalmente
configurato come sovraordinato a tutti gli altri ordinamenti delle singoli formazioni sociali sussistenti
sul territorio statale. All’apice degli ordinamenti giuridici statali delle società moderne vi sono le
Costituzioni quali tavole dei valori e delle strutture nei quali le società civili si riconoscono.
Venendo alla definizione del tessuto normativo, è possibile definire alcuni concetti basilari quali la
norma giuridica che è l’unità elementare dell’ordinamento, ossia la singola regola di comportamento
e di organizzazione della società; l’istituto giuridico esprime il compendio delle regole che
disciplinano un singolo fenomeno giuridico (es. matrimonio, proprietà). Il termine principi invece
presenta diverse accezioni: sono indicati con tale termine i valori fondamentali dell’ordinamento,
assolutamente inderogabili, oppure con tale termine si intendono anche le tecniche organizzative di
singole discipline giuridiche.
La legge ad esempio è una norma giuridica che proviene dal parlamento, e cioè dal potere legislativo.
Diritto positivo e diritto naturale. (POSITIVO DA POSTO-PORRE)
a)Il diritto positivo è il complesso delle regole costituenti l’ordinamento giuridico; vale a garantire la
certezza del diritto.
A sua volta il diritto positivo si svolge in due dimensioni: diritto materiale e diritto strumentale.
Il diritto materiale (detto diritto sostanziale) regola i rapporti tra i soggetti, selezionando gli
interessi considerati meritevoli di tutela e quelli destinati a soccombere, attribuendo diritti ed obblighi
(tali sono il diritto civile e il diritto penale).
Il diritto strumentale (detto diritto formale) disciplina i meccanismi necessari per l’attuazione degli
interessi protetti(tali sono il diritto processuale e il diritto internazionale privato).
b) Il diritto naturale indica l’insieme di principi che derivano da fonti non formali, quali la natura
umana o la ragione etc. Esprime in sostanza le aspirazioni della società antagoniste al diritto
formalmente posto.
I principali sistemi giuridici: civil law e common law.
Le esperienze giuridiche dei singoli paesi sono ricollegabili a due famiglie ordinamentali.
1)Il sistema di Civil law è il modello ordinamentale dominante a livello mondiale; si riconducono a
tale modello il nostro paese, i paesi dell’Europa continentale, i paesi del Sud America e dell’America
centrale, la Cina e molti altri paesi asiatici. Trattasi di un diritto di fonte legislativa, in quanto i
giudici sono tenuti ad applicare il diritto espresso dalle leggi; i precedenti giudiziari non sono
vincolanti, ma svolgono solo una funzione persuasiva dei giudici.
2) Il sistema del Common law è invece un modello ordinamentale di matrice anglosassone.
E’ attualmente in vigore in Gran Bretagna, Irlanda, Stati Uniti d’America (escluso lo Stato della
Lousiana), Canada, Australia. È un diritto di formazione giudiziaria.

2 CAPITOLO- Relatività della nozione di diritto privato.


Funzione essenziale del diritto è quella di garantire la pacifica convivenza dei consociati; è uno
scopo primario e generale che consente la coesione di una comunità e giustifica il formarsi di un
ordinamento giuridico.
Mentre il diritto pubblico si caratterizza quale disciplina dell’organizzazione dello Stato e dei rapporti
tra lo Stato ed il cittadino, il diritto privato si pone come disciplina dei rapporti tra privati; entrambi i
diritti esprimono diverse sfere di incidenza in ragione della natura degli interessi regolati: il diritto
pubblico segna il campo degli interessi generali, mentre il diritto privato fissa l’ambito degli interessi
particolari.

Le codificazioni in senso moderno. Il codice civile francese (Cod. Nap.) e il codice civile del
1865.
I codici sono considerati universali ed immutabili e quindi utilizzabili nel tempo e in più paesi.
Nella compilazione, il codice si presenta come un sistema di norme strutturato in modo organico (per
riguardare un intero settore dell’esperienza giuridica) e sistematico (per l’ordinamento logico che lo
sorregge).
Massima espressione di tale impostazione è il code civil des francais promulgato il 21 marzo 1804,
forgiato secondo i principi espressi dalla rivoluzione francese. Il diritto privato con il codice
napoleonico, diviene diritto dello Stato, che fa propri i valori e le aspirazioni della società civile.
Al codice napoleonico si conformeranno prima i codici di singoli Stati italiani preunitari, poi il cod. civ.
del 1865 , il quale nel prendere a modello il cod. nap., ebbe il torto di non riflettere la realtà socio-
economica che nel frattempo si era andata evolvendo.

Il codice civile tedesco (B.G.B).


Si sviluppa in Germania nella prima metà dell’800 la scuola storica del diritto che ricostituisce la
società come attraversata da una perenne evoluzione. Fu poi adottato il codice civile tedesco
(Burgerliches Gesetzbuch) indicato con le iniziali B.G.B, adottato nel 1896 in vigore dal 1 gennaio
1900.
Le costituzioni degli stati moderni.
I valori che pervadono i codici di inizio ‘800 orientano le costituzioni degli Stati moderni, che
sanciscono le libertà e le garanzie dei cittadini verso lo Stato; si apre così la strada alle costituzioni
scritte, che hanno il compito di riconoscere i diritti dei cittadini nei confronti dello Stato
Espressione di tale stagione è lo Statuto albertino del 1848 contenente una parte intitolata “Diritti e
doveri dei cittadini’’ che rese l’Italia una monarchia costituzionale. Il criterio guida è espresso dal
principio di eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, senza distinzione di classe o di censo.
Nel corso degli anni si è cercato di soddisfare il bisogno di sistematizzare queste regole all’interno di
codici.
Dall’800 per disciplinare le regole di successione dei diritti degli eredi, le regole di accordi contrattuali
tra privati sono stati emanati i codici raggruppati in istituti, come ad esempio il codice commerciale tra
imprese e soggetti dell’epoca post- industriale, che nel 1942 è stato incluso nel codice vigente ‘’Il
codice civile’’
Grazie alla novellazione (emanazione di norme che adeguano le regole ai tempi moderni) e grazie al
suo approccio neutrale rispetto al regime fascista, il codice ha resistito fino ad oggi. Esso è composto
da predisposizioni preliminari (la parte più importante) e 6 libri all’interno dei quali troviamo molte
clausole generali, cioè regole comportamentali non precise. Un esempio è il principio buona fede, che
se si infrange il giudice può chiedere anche un risarcimento. Questo ci porta al metodo della
sussunzione: ricollegamento di una situazione astratta ad una reale.

Il diritto privato europeo.


Il diritto europeo rappresenta una spinta incisiva alla formazione di un diritto uniforme; è in atto un
processo di costruzione di un diritto privato europeo attraverso un duplice percorso, in quanto da
una lato, con la formazione di un diritto comunitario, ossia di una disciplina del diritto privato
proveniente dall’alto, attraverso le Convenzioni europee e l’intervento normativo delle istituzioni
europee; dall’altro , con l’elaborazione di un diritto comune e cioè di un insieme di criteri e
categorie uniformi provenienti dal basso.
Oggi tutti i settori del diritto privato sono attraversati dalla forza unificatrice del diritto europeo:
d’altra parte l’adozione della moneta unica europea (l’euro) ha comportato la cessione della sovranità
nazionale in tema di politica monetaria. Il terreno più concreto di formazione di un diritto uniforme è
quello degli scambi commerciali e delle organizzazioni economiche; è per questo motivo emerso un
diritto dei contratti e dei consumatori destinato a formare il nucleo di un futuro eventuale codice
europeo di diritto privato.
La capacità di diritto privato della pubblica amministrazione. - Consiste nell’attitudine dell stessa a
essere titolare di diritti e doveri e di compiere atti giuridici; inoltre è riconosciuto alla p.a. il potere di
riesame del provvedimento amministrativo in autotutela della forma dell’annullamento o revoca.
L’ambito attuale del diritto privato. - Nei giorni nostri diritto privato e pubblico si differenziano anche
in base alla tipologia di mezzi per il perseguimento degli interessi: interesse particolare realizzabile
solo tramite diritto privato. Diritto generale: realizzabile con entrambi i diritti.
I fondamentali valori ordinatori.
La dimensione dello Stato di diritto involge il terreno proprio dei cd. diritti civili, considerati
inviolabili sia da parte dei poteri pubblici che dei privati (es. diritti di libertà di pensiero, di fede
religiosa); connesso con tali valori è il principio di libertà in campo economico, attraverso il
riconoscimento dell’autoregolazione degli interessi privati (cd. autonomia negoziale).
a)Lo Stato di diritto è presidiato da più principi. C’è innanzitutto il principio di legalità, per cui tutti
sono soggetti alla legge; i giudici sono soggetti soltanto alla legge ed i pubblici uffici sono organizzati
secondo disposizioni di legge; l’osservanza della stessa è garanzia d’ordine e dunque di rispetto della
libertà dei cittadini.
Altro principio fondamentale è quello della certezza del diritto, riferito non solo alla esistenza del
diritto ma anche alla sua applicazione (principio di effettività); ciò implica l’accessibilità alla
conoscenza del diritto, affinché siano conoscibili sia la prescrizione precettiva che le conseguenze
della sua violazione.
Essenziale è anche il principio di eguaglianza (cd. eguaglianza formale): per tale norma tutti i
cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso,
razza, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni personali e sociali.
La dimensione dello “Stato sociale” (Welfare State): è una dimensione conformata sul dovere di
solidarietà, nei rapporti dei privati con i poteri pubblici, come nei rapporti tra i privati.
b) Secondo il comma 2 dell’art. 3 Cost. è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine
economico e sociale che, limitando la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno
sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica,
economica e sociale del Paese.

3 CAPITOLO- FONTI DEL DIRITTO


A suggellare l’importanza delle fonti del diritto sistema, in apertura del codice si è posta la normativa
relativa alle disposizioni sulla legge in generale, denominate anche disposizioni preliminari al
codice civile (o preleggi) per indicare il fatto che precedono il codice civile.
Esistono le fonti di produzione e di cognizione:
1. Le fonti di produzione sono le fonti del diritto in senso stretto in quanto sono i fatti generatori
delle norme giuridiche, rispetto al quale le norme rappresentano il risultato; affinché tale efficacia si
produca, è necessario che le fonti stesse siano previste e disciplinate da specifiche norme giuridiche, al
fine di garantire la legalità nella produzione del diritto e la certezza della sua esistenza.
2. Le fonti di cognizione sono gli atti e gli strumenti pubblici rivolti a procurare la conoscenza delle
regole giuridiche; le stesse non sono produttive di diritto, ma solo della conoscibilità dello stesso
(sono fonti di cognizione la Gazzetta Ufficiale e il Bollettino Ufficiale della Regione). Una delle più
importanti è il codice civile.
Tipologia e gerarchia delle fonti.
Si è soliti dividere le fonti di produzione in due categorie: fonti-atto e fonti-fatto.
Le fonti-atto attengono all’attività di particolari autorità cui è attribuita la potestà di produrre norme
giuridiche (cd. fonti soggettive o volontarie); il diritto proveniente da fonti-atto è tipicamente diritto
scritto (es. leggi).
Le fonti-fatto invece esprimono l’operare di comportamenti e situazioni cui l’ordinamento attribuisce
rilevanza giuridica, limitandosi a fissare i meccanismi di tale rilevanza (cd. fonti oggettive); per
l’emergere spontaneo del diritto dal corpo sociale si tratta di diritto non scritto (es. usi).
Le disposizioni sulla legge in generale prevedevano originariamente 4 specie di fonti,
gerarchicamente organizzate: le leggi (tra cui erano ricompresi i codici quali discipline giuridiche
delle singole branche), i regolamenti, le norme corporative e gli usi.
Il sistema delle fonti di produzione del diritto si è modificato nel tempo rispetto al quadro originario e
perciò si è ridisegnato e gerarchicamente organizzato:
1)Fonti primarie (Costituzione e leggi costituzionali; Diritto europeo);
2) Leggi (statali e regionali) e atti assimilati;
3) Regolamenti;
4) Usi.
Costituzione e leggi costituzionali (il controllo di legittimità costituzionale)
La Costituzione della Repubblica italiana, in vigore dal 1 Gennaio 1948 è una costituzione rigida,
occorrendo uno speciale procedimento per la sua revisione.
Si apre con la formulazione dei “Principi fondamentali” che esprimono i valori portanti della Carta
repubblicana. Seguono due distinte parti: la prima intitolata “Diritti e doveri dei cittadini”, la
seconda “Ordinamento della Repubblica”.
I Principi fondamentali e la Prima parte toccano il diritto privato per riguardare le prerogative dei
privati nonché i rapporti del cittadino con l’autorità pubblica, mentre la Seconda parte è di interesse
del diritto costituzionale e del diritto amministrativo.
Norme particolari sono dettate per le leggi di revisione costituzionale e le altre leggi costituzionali
(quando le dette leggi non sono approvate da ciascuna delle Camere a maggioranza di 2/3 dei suoi
componenti, sono sottoposte a referendum popolare).
Alla Corte costituzionale è rimesso il controllo di legittimità costituzionale delle leggi e degli atti
avente forza di legge dello Stato e delle Regioni. La questione di legittimità costituzionale può
essere sollevata da una delle parti o dal giudice innanzi al quale pende il giudizio principale; il giudice,
rilevata la pregiudizialità della legittimità costituzionale della norma e verificata la non
manifesta infondatezza della questione, con ordinanza di rimessione sospende il giudizio e rinvia
gli atti alla Corte costituzionale dando inizio al procedimento per il controllo di costituzionalità.
Con la sentenza di accoglimento la Corte dichiara la illegittimità costituzionale della norma di legge
o di altro atto avente forza di legge: la norma cessa di avere effetto dal giorno successivo alla
pubblicazione della cessione con efficacia retroattiva.
Le sentenze di accoglimento tendono ad intervenire in vario modo sulla portata della disposizione
impugnata (cd. sentenze manipolative); si distinguono all’uopo 3 modelli di intervento: illegittimità
di una sola parte della disposizione (cd. sentenze di accoglimento parziale); illegittimità della
disposizione nella parte in cui non prevede quanto avrebbe dovuto prevedere conforme a
Costituzione, integrato dalla Corte (cd. sentenze additive); illegittimità della disposizione nella parte
in cui prevede una disposizione anziché un’altra diversa conforme a Costituzione, sostituita dalla
Corte (cd. sentenze sostitutive).

Con la sentenza di rigetto la Corte dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
prospettata dall’ordinanza di rimessione; sono peraltro frequenti sentenze interpretative di rigetto
con le quali la Corte dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale perché il
dubbio sollevato dal giudice si fonda su una errata interpretazione della disposizione impugnata:
la Corte, nel rigettare la questione, fornisce l’interpretazione conforme a Costituzione che vale ad
evitare la illegittimità costituzionale della disposizione impugnata.

Diritto Europeo
Il tradizionale diritto internazionale era in origine formato di regole tra Stati; il diritto europeo supera
l’ottica del diritto internazionale e si atteggia come un sistema di diritti fondamentali che si articola
in due componenti: diritto europeo convenzionale, rappresentato dai Trattati con i quali la
Comunità europea e l’Unione europea si sono costituite e modificate, e il diritto europeo derivato,
costituito dagli atti normativi provenienti dagli organi costituzionali (il diritto convenzionale è
gerarchicamente sovraordinato al diritto derivato).
Il diritto convenzionale ha gradualmente segnato la nascita formale dell’ordinamento europeo.
Con il Trattato di Maastricht del 7 febbraio 1992 viene istituita l’Unione Europea, articolata su
3 pilastri di impegno: innanzitutto l’Unione è fondata sulle Comunità europee; assolve funzioni di
politica estera e di sicurezza comune; infine incide sulla cooperazione di polizia in materia
penale.
Fallito il tentativo di formazione di una costituzione europea, l’intero impianto è soggetto ad una
revisione ad opera del Trattato di vigil che modifica il Trattato sull’Unione europea.
L’Unione europea non è più solo spazio di libera circolazione di persone, merci, servizi, capitali ma
anche una unione monetaria.
Con l’art. 3 vengono riformulati i principi indicati dal Trattato CE: attribuzione, sussidiarietà e
proporzionalità.
Per il principio di attribuzione l’Unione agisce esclusivamente nei limiti delle competenze ad essa
attribuite nei Trattati dagli Stati membri, per realizzare gli obiettivi da questi stabiliti.
Per il principio di sussidiarietà nei settori che non sono di sua competenza esclusiva, l’Unione
interviene soltanto se gli obiettivi dell’azione prevista non possono essere conseguiti in misura
sufficiente dagli Stati membri, ma possono essere conseguiti meglio a livello di Unione.
Il principio di sussidiarietà si esplica in una duplice direzione: orizzontale e verticale.
Il principio di sussidiarietà orizzontale delimita e protegge la sfera dell’autonomia dei privati
dall’intervento pubblico: l’intervento dei pubblici poteri si svolge quando determinate esigenze non
sono realizzabili attraverso l’azione dei privati.
Il principio di sussidiarietà verticale ha invece la funzione di ripartizione dei poteri tra le diverse
istituzioni
Infine per il principio di proporzionalità, il contenuto e la forma dell’azione dell’Unione si limitano a
quanto necessario per il conseguimento degli obiettivi dei Trattati.
b) Le fonti del diritto derivato sono state confermate dal Trattato di Lisbona del 2007 che vi ha
apportato le precisazioni emerse nella giurisprudenza della Corte di giustizia: per esercitare le
competenze dell’Unione, le istituzioni adottano regolamenti, direttive, decisioni, raccomandazioni e
pareri.
Il regolamento ha portata generale; è obbligatorio in tutti i suoi elementi ed è direttamente
applicabile in ciascuno degli Stati membri.
La direttiva vincola lo Stato membro cui è rivolta, fissa degli obiettivi.
Le direttive sono atti normativi sforniti di immediata applicabilità. La Corte di giustizia ha ritenuto che
se la direttiva è precisa e priva di condizioni ha efficacia diretta.
Tale efficacia opera nei rapporti tra cittadino e Stato (efficacia verticale), per il diritto al risarcimento
dei danni riconosciuti al cittadino, contro lo Stato che ne ha ritardato l’attuazione; non ha invece
efficacia nei rapporti tra cittadini (efficacia orizzontale).
La decisione è obbligatoria in tutti i suoi elementi per i destinatari designati.
Le raccomandazioni ed i pareri invece non sono vincolanti.

Leggi (statali e regionali).


È entrata in vigore una riforma molti anni fa che è quella del titolo quinto della costituzione, quindi a
poter emanare delle leggi che sono rivolte a tutti i cittadini non è soltanto lo stato ma anche dalle
regioni.
Quindi la potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni. La legge deve rispettare un iter
procedimentale che noi ci siamo dati per consentire la certezza del diritto ecc. Una volta approvata da
entrambi i rami del Parlamento nello stesso identico testo, la legge dev’essere promulgata dal
Presidente della Repubblica (che può però rinviarla, con messaggio motivato, alle Camere per una
nuova deliberazione). Il rinvio presidenziale riapre il procedimento legislativo e, se la legge viene
nuovamente approvata, essa deve essere promulgata.
Dopo la promulgazione, la legge viene pubblicata.
La pubblicazione avviene ad opera del Ministro della giustizia e consiste tecnicamente nell'inserzione
del testo nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana e nella pubblicazione
dello stesso nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
La legge entra in vigore - e diviene quindi obbligatoria per tutti - il quindicesimo giorno successivo
alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, a meno che la legge stessa non prescriva un termine
minore o maggiore.
Iniziando con la legislazione statale, la funzione legislativa è esercitata dalle due Camere in più
modi:
Il modo normale è quello che porta all’adozione di leggi in senso stretto (o in senso formale), ossia
le leggi ordinarie. Altre procedure coinvolgono l’attività del Governo che si affianca a quella delle
Camere, dando vita ad atti avente forza di legge.
Si ha decreto legislativo (o delegato) quando la funzione legislativa è esercitata dal Governo su
delega delle Camere che nella cd. legge delega devono determinare principi e criteri direttivi,
nonché il limite di tempo e l’oggetto su cui legiferare.
Si ha decreto legge quando la funzione legislativa è esercitata dal Governo senza preventiva
delegazione delle Camere: ciò può avvenire solo in casi straordinari di necessità e d’urgenza, ma il
Governo deve il giorno stesso presentarli per la conversione (tali decreti perdono efficacia se non
sono convertiti in legge entro 60 giorni dalla loro pubblicazione).
Assimilati alle leggi sono i codici quali testi organici ordinati e ordinanti di un’intera materia.

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