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a cura di Benoni / Stavru

Platone e il governo delle passioni

Q
Linda M. Napolitano Valditara, già Professore ordinario di Storia della uesto volume in onore di Linda Napolitano raccoglie ventidue saggi

(a cura di)
Benoni / Stavru
Filosofia Antica all’Università degli Studi di Verona (2015-2021) dopo dedicati al ruolo delle passioni in Platone. Particolare attenzione è
avere insegnato negli atenei di Trieste e Padova, si interessa di moda- rivolta alle molteplici modalità di governo attuate nei confronti delle
lità di produzione del pensiero nel mondo greco antico, soprattutto in emozioni all’interno dei dialoghi platonici. I contributi sono focalizza-
relazione all’etica e all’antropologia platonica e alla loro ripresa nelle
ti su singole passioni o su intrecci di emozioni, in riferimento a singoli dialoghi
pratiche odierne della filosofia della cura e del dialogo socratico. Quale
responsabile del Centro Dipartimentale di Ricerca “Asklepios” si occupa
o a sezioni specifiche del Corpus Platonicum: l’orizzonte di riferimento è co-
di teoria e pratica della cura anche nell’ambito della medicina narrativa stituito dalla nozione di “cura” di sé e dell’altro nelle sue molteplici accezioni
e della terapia della dignità. Ha pubblicato studi su filosofia e matema- e dalla sua funzione nell’esercizio della conoscenza, della virtù e della felicità.
tica nella scuola platonica (Napoli 1988), sull’uso in Platone di meta- I saggi ruotano intorno a tre assi tematici fondamentali: l’instabilità del-
fore visive a fini conoscitivi e morali (Roma-Bari 1994; Trieste 2001), la semantica platonica dell’affettività in relazione alla sua collocabilità fisico-

Platone e il governo delle passioni


sull’etica platonica e sui rapporti tra filosofia e mito (Milano 2007), sul psichica (la psychè, il suo rapporto con il sôma e le sue partizioni interne);
dialogo socratico e sulla sua ricezione nella contemporaneità (Milano- la messa in questione di una tradizione interpretativa secondo la quale l’ap-
Udine 2018). proccio alle emozioni in Platone sarebbe di tipo prevalentemente cognitivo,
se non rigoristico-repressivo; un’analisi non limitata a emozioni “positive”

Studi per Linda Napolitano


(felicità, amore, coraggio etc.), peraltro già oggetto di studi approfonditi, ma
estesa anche a passioni pericolose e distruttive (ira, invidia, odio etc.), la cui
indagine appare ancora marginale negli studi platonici.

Nel volume contributi di Giulia Angonese, Francesco Benoni, Marcelo


Boeri, Loredana Cardullo, Bruno Centrone, Santiago Chame, Carlo Chiurco,
Guido Cusinato, Fulvia de Luise, Arianna Fermani, Francesca Fermeglia,
Silvia Gastaldi, Salvatore Lavecchia, Aldo Magris, Maurizio Migliori, Lidia
Palumbo, Stefano Pone, Livio Rossetti, Roberto Schiavolin, Emidio Spinelli,
Alessandro Stavru, Franco Trabattoni.

aguaplano
isbn/ean

euro 40,00
9 791280 662033
www.aguaplano.eu
Studi per Linda Napolitano aguaplano
Studi

18
Platone e il governo delle passioni
Studi per Linda Napolitano

A cura di Francesco Benoni e Alessandro Stavru


In copertina: Maurizio Pesce, Minerve (Parigi, Museé du Louvre).
Fonte: https://commons.wikimedia.org/

Progetto grafico e coordinamento redazionale: Raffaele Marciano.


Ufficio stampa e redazione: Davide Walter Pairone.

Questo volume è stato pubblicato con il contributo


del Dipartimento di Scienze Umane dell’Università degli Studi di Verona

isbn/ean: 979-12-80662-03-3

© 2021 by Aguaplano Libri, Perugia. Tutti i diritti riservati. La riproduzione dell’ope-


ra è possibile nei limiti fissati nell’accordo del 18 dicembre 2000 fra s.i.a.e., a.i.e.,
s.n.s. e c.n.a., Confartigianato, c.a.s.a., Confcommercio, ora integrato dall’accor-
do del novembre 2005, per la riproduzione a pagamento, a uso personale, dei libri
fino a un massimo del 15%, nell’ambito dell’art. 69, co. 4 legge cit.

Stampa: Lineagrafica, Città di Castello, ottobre 2021.


www.aguaplano.eu / info@aguaplano.eu
Introduzione, di Francesco Benoni e Alessandro Stavru 9

Livio Rossetti
Socrate e l’autostima.
La “genealogia della morale” nell’Atene di Platone 35

Marcelo D. Boeri
Platón y el problema del acuerdo y desacuerdo entre apetito y razón 65

Silvia Gastaldi
La sophrosỳne dal Gorgia alla Repubblica:
i piaceri e la felicità di un’anima ordinata 91

Francesca Fermeglia
Vergogna e ignoranza nei dialoghi platonici: i “tipi” di αἰσχύνη 107

Fulvia de Luise
La pedagogia della vergogna nel Simposio di Platone.
Due modelli a confronto per l’uso di un’emozione sociale 131

Alessandro Stavru
La ἰσχύς della conoscenza e il governo dei piaceri nel Protagora 163

Franco Trabattoni
Il coraggio nel Lachete e nel Protagora:
una virtù esclusivamente intellettuale 185
Maurizio Migliori
Virtù polivoche in Platone: il coraggio 215

Lidia Palumbo
Sul ruolo della somiglianza e dell’immagine nella cura dell’anima 231

Arianna Fermani
L’essenziale è visibile agli occhi.
Platone e le nuances del desiderio d’amore 247

Stefano Pone
Eros e Phobos nella prospettiva del Fedro 267

Salvatore Lavecchia
Monarchia della paura. L’antiagatologia del tiranno 291

Francesco Benoni
Βασανίζειν: i guardiani alla prova delle passioni (R. 412e-414a) 305

Santiago Chame
Fra dèi e bestie: il mito del Politico e i limiti della condizione umana 327

Giulia Angonese
Note sul concetto di φθόνος in Platone 353

Guido Cusinato
All’origine del male. Amathìa ed eccessiva philautìa
in un passo delle Leggi di Platone 373

Bruno Centrone
Orthòtes toû kaloû: criteri di definizione del bello
nel II libro delle Leggi 403

Aldo Magris
Logicità delle passioni. La critica stoica della παθολογία platonica 413

Roberto Schiavolin
Non tamen in eo quod animae sunt iam spiritus sunt.
Platonismo e cristianesimo nella soteriologia di Mario Vittorino 439
R. Loredana Cardullo
Le “cicale”, immagine del theîos anèr nell’esegesi neoplatonica
di Ermia alessandrino 455

Carlo Chiurco
Lottando con la passione del potere.
Nietzsche e Platone sulla figura del tiranno 483

Emidio Spinelli
Patire il potere. Biografia e filosofia da Platone a Giuseppe Rensi 503

Indice tematico 519


Indice dei luoghi 523
Indice dei nomi 537
Note biografiche 549
Abstracts 555
Francesco Benoni, Alessandro Stavru

Introduzione1

1. Attualità della ricerca sulle passioni in Platone

L’
interesse per lo studio delle passioni (anche se nella
maggior parte della bibliografia, soprattutto di lingua
inglese, si preferisce parlare di emozioni – di questa di-
stinzione lessicale si tratterà a breve) è ormai consolidato
da qualche tempo anche nella filosofia, nella storia e nella letteratura
antiche, tanto da poterne essere ormai quasi considerato una sotto-
disciplina2, e ha dato origine a una grande quantità di studi sia di
carattere specialistico, sia di carattere interdisciplinare, permetten-
do di rileggere i testi antichi sotto una nuova luce, e anche di riva-
lutarne l’attualità: non solo dunque reperti da indagare con occhio
filologicamente attento, ma anche testi da meditare per affrontare
i problemi del presente, contribuendo all’ampio dibattito sul tema.
Non è possibile tracciare la storia e l’evoluzione dello studio del-
le emozioni in questa sede: il settore è ormai così vasto e poliedrico,
e le discipline coinvolte così diverse tra loro – dalla psicologia alla
sociologia, alle neuroscienze, alla letteratura – che qualsiasi ten-
tativo di sintesi sarebbe vano3. Però, bisogna notare che, sebbene

1. Il paragrafo Attualità della ricerca sulle passioni in Platone è di Francesco


Benoni; il paragrafo Come governare le passioni di Socrate? Platone e i suoi anta-
gonisti di Alessandro Stavru.
2. Cairns - Nelis 2017: 7.
3. La rivista Emotion Review, associata alla International Society for Research
on Emotion (ISRE), pubblica periodicamente articoli che ripercorrono gli avanza-
menti avvenuti nelle diverse discipline negli ultimi anni e sintetizzano i dibattiti
in corso, fornendo in questo modo utili strumenti di sintesi. Per un’introduzione
10 Francesco Benoni, Alessandro Stavru

l’interesse per il tema delle emozioni nelle discipline classiche sia


abbastanza recente, ciò non significa che esse lo avessero igno-
rato in precedenza. Anzi, si tratta di un tema da sempre presente
nella ricerca: basti pensare all’importanza che riveste nello studio
dell’etica antica, così come della poetica, dell’estetica, della retorica,
della tragedia. Però, solo negli ultimi decenni del secolo scorso la
ricerca in filosofia, storia e letteratura antiche ha cominciato lenta-
mente a prendere in considerazione, e dialogare con, la ricerca con-
temporanea sulle emozioni. È questa capacità di dialogo e di con-
taminazione con la ricerca contemporanea che contraddistingue la
ricerca più recente e che ha dato l’impulso all’ampio dibattito che si
è consolidato negli ultimi decenni.
Da questo punto di vista, un lavoro pionieristico, che ha aperto
la strada a molte ricerche successive, ponendosi come punto di ri-
ferimento costante, è stata la monografia di William Fortenbaugh
sulle emozioni in Aristotele, fortemente influenzata dalle ricerche
sulle emozioni condotte negli anni Cinquanta e Sessanta4. È però a
partire dagli anni Novanta che si è potuto assistere al fiorire dell’in-
teresse per lo studio delle emozioni nel mondo antico, interesse
poi consolidatosi in particolar modo nel corso degli anni Duemila.
Il fiorire degli studi sul tema delle emozioni ha portato con sé an-
che una grande varietà di approcci di ricerca: non solo monografie
riguardanti singoli autori o singole scuole filosofiche (in particolar
modo Aristotele e gli Stoici) o periodi storici, ma anche monografie
dedicate allo studio di una singola emozione in più autori, permet-
tendo di far dialogare fonti filosofiche e fonti letterarie, in particolar
modo epica e tragedia, in prospettive sia sincroniche che diacroni-
che, e volumi collettanei che raccolgono contributi specifici legati
a un autore, una scuola filosofica, o una tematica comune5. Sono

enciclopedica e interdisciplinare alla ricerca contemporanea sulle emozioni, si veda


Sander - Scherer 2009.
4. Fortenbaugh 1975. L’innovatività dell’approccio di Fortenbaugh può essere
apprezzata anche attraverso il paragone con opere successive, che invece rimangono
ancora ancorate a un approccio più tradizionale-filologico, come l’opera sulle emo-
zioni nella tragedia antica pubblicata da W.B. Stanford otto anni dopo (Stanford
1983).
5. La bibliografia è talmente ampia che in questo contesto è possibile fornire
solo alcune coordinate generali. Per quanto riguarda studi su singole emozioni,
Introduzione 11

stati anche avviati progetti di ricerca di ampia portata, tra i quali


spicca sicuramente il progetto guidato da Angelos Chaniotis pres-
so l’Università di Oxford, The Social and Cultural Construction of
Emotions: The Greek Paradigm, i cui risultati sono stati raccolti
in tre volumi collettanei6. L’interesse per le emozioni nell’antichità
ha superato i confini degli studi specialistici. I testi antichi, infatti,
hanno anche ispirato il dibattito contemporaneo: basti pensare, ad
esempio, alla posizione dichiaratamente neo-stoica di Martha Nus-
sbaum, attorno alla quale si è acceso un ampio dibattito, e che ha
contribuito alla recente rinascita dell’interesse nello stoicismo, in
particolar modo negli Stati Uniti, o alla rinascita dell’interesse per
il dialogo socratico non solo come forma letteraria oggetto di studio
dell’antichista, ma anche come pratica filosofica7.

si possono citare l’importante studio di D. Cairns su αἰδώς (Cairns 1993), pubbli-


cato nello stesso anno di un altro fondamentale studio sulla vergogna nel mondo
antico, Shame and Necessity di Bernard Williams (Williams 1993); Harris 2001,
Braund - Most 2003, Vegetti 2004, Campeggiani 2013 sull’ira; Konstan 2001
sulla compassione; Fulkerson 2013 sul rimorso; Zaborowski 2002 su paura e
coraggio nell’Iliade e Odissea; LaCourse Munteanu 2012 su ἔλεος e φόβος nella
filosofia e tragedia antiche; Konstan - Rutter 2003 su invidia e gelosia nella Gre-
cia antica; per φθόνος in particolare si vedano Napolitano Valditara 1994: 57-61
e Sanders 2014; su eros Sanders - Thumiger - Carey - Lowe 2013, Brisson - Re-
naut 2017, Angonese - Napolitano Valditara 2020. Studi su singoli autori: Kon-
stan 2006 (Aristotele), Graver 2002 (Cicerone), Konstan 2015 (Seneca), Renaut
2014, Candiotto - Renaut 2020 (Platone). Diversi studi riguardano invece scuole
filosofiche, in particolare Stoicismo (Graver 2007) ed Epicureismo (Annas 1989,
Fowler 1997, Armstrong 2008); sull’etica ellenistica in generale si vedano Annas
1992, Nussbaum 1994, Sihvola - Engberg-Pedersen 1998, Gill 2010. Per studi che
invece prendono come riferimento periodi storici: Braund - Gill 1997, Kaster 2005
(sull’antica Roma); Sternberg 2005 e 2006 (sulla Grecia antica, il primo è volume
collettaneo su compassione e potere, il secondo è studio monografico sulla soffe-
renza nella tragedia); Fitzgerald 2008, Cairns - Fulkerson 2015 (che spaziano
sull’antichità greco-romana); LaCourse Munteanu 2011; Knuuttila 2006 è uno
studio di ampio spettro sulle emozioni nella filosofia dai greci al medioevo.
6. Chaniotis 2012, Chaniotis - Ducrey 2013, Chaniotis 2021.
7. Il riferimento è chiaramente a Nussbaum 2001. Per il dialogo socratico come
pratica filosofica si veda Napolitano Valditara 2018. L’interesse per la filosofia an-
tica ha attraversato di recente non solo i confini dipartimentali all’interno dell’acca-
demia, ma anche i confini dell’accademia stessa, con una ricca letteratura (non sem-
pre di elevata qualità). Si pensi a Plato, not Prozac! di Lou Marinoff, tradotto in ben
venticinque lingue (Marinoff 2000). Per una critica ponderata alle semplicistiche
posizioni di Marinoff, si veda Napolitano Valditara 2018: 59-96.
12 Francesco Benoni, Alessandro Stavru

Nonostante un panorama di ricerca così ricco e variegato, solo di


recente Platone ha ricevuto attenzione, e gli studi dedicati in modo
specifico alle emozioni nel corpus dei dialoghi non sono ancora mol-
to numerosi8. In parte ciò potrebbe essere dovuto al fatto che, come
chiosano in modo quasi provocatorio Laura Candiotto e Olivier Re-
naut, «there is no such thing as a concept of emotion in Plato»9:
invano si cercherebbe nei dialoghi una definizione di emozione. In
realtà, questo commento serve a far emergere in modo chiaro un
problema di fondo che chiunque desideri studiare le emozioni nel
mondo antico deve affrontare: non esiste in greco un concetto che
corrisponda perfettamente al nostro concetto di “emozione”, per-
ciò, nel momento in cui si studiano le “emozioni” nel mondo antico,
bisogna essere consapevoli che questa ricerca si fonda su un «ana-
chronisme bien compris», nelle parole di O. Renaut10, e che dunque
non si deve dare per scontato l’assunto che le “emozioni” degli anti-
chi greci corrispondano alle nostre. I testi greci parlano di πάθος o
πάθημα, concetto molto ampio che può indicare ciò che capita a una
persona (spesso in senso negativo, ma anche nel senso neutro di
«condizione» o «stato delle cose»); dalla stessa radice deriva anche
il verbo πάσχω, «soffrire» o «subire». Come nota David Konstan:

The specific sense of “emotion” is in part conditioned by this penumbra


of connotations: insofar as a pathos is a reaction to an impinging event
or circumstance, it looks to the outside stimulus to which it responds11.

Tra i vari πάθη i Greci includevano passioni come rabbia, pau-


ra, invidia, condizioni che corrispondono in larga parte a ciò che
noi oggi chiamiamo “emozioni”12. Questa corrispondenza non deve
però portare a pensare che il concetto di πάθος possa essere con-
siderato un equivalente esatto del nostro concetto di «emozione»,
sia perché abbraccia una sfera semantica molto più ampia (πάθος

8. Molto importante è la monografia Renaut 2014. Candiotto - Renaut 2020 è


la prima raccolta di saggi interamente dedicata alle emozioni in Platone.
9. Candiotto - Renaut 2020: 1.
10. Renaut 2014: 8.
11. Konstan 2006: 4.
12. Rimando a Konstan 2006: cap. 1 per una disamina accurata del rapporto tra
πάθος e emozione. Cfr. anche Napolitano Valditara 2020: 24-25.
Introduzione 13

può connotare appunto qualsiasi cosa capiti a una persona), sia


perché –  aspetto questo di cruciale importanza per la ricerca che
si propone in questo volume – è innegabile che le emozioni siano
determinate e modellate dalla cultura e dalla società. È dunque alla
luce di specifici contesti di riferimento che le emozioni devono esse-
re investigate, in modo da evitare pericolosi anacronismi13. Proprio
per questo motivo si è deciso di intitolare questo volume “Platone
e il governo delle passioni”: l’italiano passione, proprio in quanto
avente la stessa radice del greco πάθος, ne richiama l’ampiezza e
la ricchezza semantica, tale da offrire un campo di ricerca di ric-
ca portata14.
Inoltre, la teoria platonica delle emozioni sembra attingere pro-
prio a tale ricchezza semantica del termine πάθος. Potrebbe essere
questo il motivo per cui il tema delle emozioni in Platone non ha ri-
cevuto la stessa attenzione che ha ricevuto in altri filosofi come Ari-
stotele o gli Stoici: questi ultimi, infatti, a differenza di Platone, pro-
pongono quella che potrebbe essere definita, secondo la sensibilità
moderna, una teoria delle emozioni. In particolare, Aristotele è con-
siderato il primo “teorico” delle emozioni perché in un famoso pas-
so della Retorica propone una definizione di πάθος15, e una lista di
emozioni che sono poi indagate singolarmente. Aristotele dunque,

13. Questo caveat di fondamentale importanza viene dato per scontato dalla
critica: cfr. ad es. Renaut 2014: 9; Cairns - Nelis 2017: 9. Konstan 2006: cap. 1,
offre una ricca e interessante disamina su come esso sia oggetto di ampio dibattito
anche nella ricerca contemporanea. Da una parte, l’influenza del lavoro di Charles
Darwin sulle emozioni ha portato la ricerca a interessarsi delle basi biologiche e neu-
rologiche delle emozioni. Sulla scia di Darwin, Paul Ekman ha studiato l’espressio-
ne facciale delle emozioni, stabilendo che alcune di esse sono primitive e universali
(cfr. Ekman 1973). Dall’altra, le sue ricerche sono state poi successivamente criticate
da diversi studiosi, tra cui Margareth Mead, Gregory Bateson e Anna Wierzbicka
(cfr. Wierzbicka 1999). Konstan offre una sintesi efficace del dibattito, chiarendo
come la determinante culturale-sociale delle emozioni sia di fondamentale impor-
tanza per comprendere le emozioni nel mondo antico (ma cfr. anche Cairns 2008
per interessanti spunti di riflessione a partire dalla posizione di Konstan).
14. Nel corso di questa introduzione, però, come si è certamente notato, parlo
di emozioni piuttosto che di passioni, per continuità con l’uso ormai affermato, in
particolar modo nella bibliografia in lingua inglese.
15. Rh. 1378a20-23: ἔστι δὲ τὰ πάθη δι’ ὅσα μεταβάλλοντες διαφέρουσι πρὸς
τὰς κρίσεις οἷς ἕπεται λύπη καὶ ἡδονή, οἷον ὀργὴ ἔλεος φόβος καὶ ὅσα ἄλλα
τοιαῦτα, καὶ τούτοις ἐναντία.
14 Francesco Benoni, Alessandro Stavru

agli occhi della critica, può essere considerato il fondatore dello stu-
dio delle emozioni perché delimita consapevolmente il significato
di πάθος in un modo che non è rintracciabile in nessun autore pre-
cedente16. Nei dialoghi di Platone, invece, non è possibile rintrac-
ciare una definizione di πάθος alla maniera di quella aristotelica,
né una disamina accurata dei singoli πάθη condotta con la stessa
consapevolezza metodologica. I dialoghi offrono disamine di svaria-
te emozioni, ma si tratta di riflessioni puntuali che certamente non
hanno la pretesa di esaustività e che, anzi, più probabilmente, de-
vono essere lette in funzione delle argomentazioni svolte in ciascun
dialogo. Così, ad esempio, nel Filebo Platone elenca «collera, paura,
rimpianto, cordoglio, amore, gelosia, malevolenza, e tutte quante
le affezioni di questo tipo»17 classificandole come dolori dell’anima
misti a piaceri. Il contesto è quello di una lunga discussione circa le
diverse tipologie di piacere: si noti che lo stesso Platone non pre-
tende di essere esaustivo18, ma si limita a offrire alcuni esempi utili
a chiarire l’oggetto di discussione (in questo caso, la mescolanza di
dolore e piacere che si genera nella sola anima, dopo che sono state
indagate le mescolanze di piacere e dolore che coinvolgono solo il
corpo e quelle che coinvolgono sia il corpo che l’anima); tra tutti gli
esempi addotti, solo la nozione di φθόνος riceve particolare atten-
zione ed è indagata più a fondo19.
L’analisi delle occorrenze di πάθος e delle emozioni presenti nei
dialoghi rimane comunque una via di ricerca possibile, ma sicura-
mente non l’unica, né, forse, la più promettente. Nonostante non
sia possibile rintracciare una nozione univoca di πάθος o una lista
esaustiva di emozioni nel corpus dei dialoghi, numerosi sono gli
spunti di riflessione che Platone offre sul loro valore etico e sociale:
ἔρως, αἰδώς, αἰσχύνη, φθόνος –  solo per citare alcuni esempi  –
sono oggetto di indagine nei dialoghi per il ruolo che giocano nel

16. Cfr. Konstan 2020: 376.


17. Phlb. 47e1-2: Ὀργὴν καὶ φόβον καὶ πόθον καὶ θρῆνον καὶ ἔρωτα καὶ ζῆλον
καὶ φθόνον καὶ ὅσα τοιαῦτα; tr. it. Reale 2000.
18. Espressioni simili, volte a chiarire che la lista fornita non intende essere com-
pleta, si trovano ad es. a Ti. 42a8-b1, Tht. 156b5-6.
19. Per un’analisi approfondita della nozione di φθόνος in questo passo del
Filebo, cfr. Mills 1985: 1-3; Austin 2012, Fussi 2017, Bossi 2020.
Introduzione 15

dare forma alla vita del singolo e della comunità20. Se, allora, si ab-
bandona la “lente” aristotelica che cerca invano una definizione o
una descrizione univoca dei singoli πάθη, si può apprezzare tutta
la ricchezza con cui Platone descrive la vita passionale dell’uomo,
anche attraverso immagini come il mito della biga alata nel Fedro
(246a ss.), o l’immagine della marionetta nelle Leggi (644d-645b),
o la lunga discussione condotta nella Repubblica che, attraverso un
continuo gioco analogico tra la struttura dell’anima e quella della
città, mostra quale sia e come si possa instaurare il corretto rappor-
to armonico tra le parti e i rispettivi desideri, ma anche i rischi che
corrono sia l’anima che la città a causa di una scorretta educazione:
emozioni dunque da educare, da curare e da governare21 per l’ar-
monia del sé e della città, ma anche potenzialmente dannose e di-
struttive se lasciate prive di guida e di educazione, sia per il singolo
che per l’intera comunità22.

20. Mi sembra molto utile la riflessione di L. Candiotto e O. Renaut, che su que-


sto punto commentano: «It may be argued that, at some point, Plato is much more
interested in emotions being potentially “moral emotions” or “auxiliaries” than in
emotions per se. If emotions form a class in Plato, it is perhaps in their being a desire
that may become potentially moral, just, and means for reason to rule over one’s
life» (Candiotto - Renaut 2020: 6). In questo volume, si vedano i saggi di de Luise e
Fermeglia su αἰδώς e αἰσχύνη, il saggio di Lavecchia su ἔρως e il saggio di Angonese
su φθόνος.
21. L’uso del termine governare, scelto anche per il titolo di questo volume, ri-
manda alla capacità dell’anima di ἄρχειν l’intero psico-fisico, ed è sicuramente più
utile alla comprensione degli autori antichi rispetto ai termini oggi più comunemente
utilizzati come “gestione” o “controllo” delle emozioni. Questo è un aspetto cui pre-
sta particolare attenzione Napolitano Valditara 2020: 11 nota 1, commentando:
«La terminologia non è irrilevante. Gestione potrebbe indicare infatti una semplice
redistribuzione, un ri-bilanciamento solo quantitativo, a somma zero, della dotazio-
ne emozionale: ma si ‘gestisce’ (auspicabilmente almeno a somma zero) il conto in
banca, non la propria affettività. Controllo pare accentui il ruolo precipuo o esclusivo
della ragione sulla dotazione affettiva: e si vedrà che non è questo il solo caso possibile.
Più realistici e flessibili ci paiono perciò: regolazione, con un importante tratto
qualitativo […] e – almeno per i filosofi antichisti – governo, rinviante all’àrchein
dell’anima sull’intero psico-fisico tipico della cura sui».
22. Per il rapporto tra emozioni e cura di sé rimando all’efficace sintesi di Napo-
litano Valditara 2020: 12-23. Gli esempi riportati dalla Repubblica, dalle Leggi e
dal Fedro suggeriscono anche un altro percorso di ricerca possibile, ossia l’indagine
riguardo la possibilità di collocare le emozioni in determinate parti dell’anima. Negli
ultimi anni diversi studi si sono concentrati sull’importanza del θυμός: cfr. soprat-
16 Francesco Benoni, Alessandro Stavru

Rimane, infine, un’altra via di ricerca, che la struttura dialogi-


ca stessa delle opere di Platone rende possibile. A differenza dei
trattati aristotelici, Platone può presentare le emozioni incarnate
nei personaggi dei dialoghi: si pensi all’aggressività di Trasimaco
nella Repubblica, in cui assale i suoi interlocutori «come una fie-
ra» (336b), al desiderio erotico che Alcibiade nel Simposio affer-
ma di avere nei confronti di Socrate (217a ss.), e che Socrate stesso
confessa di provare nei confronti di Carmide nell’omonimo dialogo
(155d). Anche il Fedone, dialogo spesso letto solo in chiave ascetico-
metafisica, rivolge grande attenzione alle emozioni dei personaggi.
Già nel primo scambio di battute con Echecrate, Fedone focalizza
l’attenzione sulle emozioni provate nel giorno in cui Socrate bevve
la cicuta: né compassione, come ci si potrebbe aspettare in una tale
situazione, né gioia per il discorrere di filosofia, ma «un sentimen-
to davvero strano, cioè un’insolita mescolanza di piacere e dolore»
(59a5-6); tutti erano sconvolti, e ora ridevano e ora piangevano
(59a8-9); Socrate, invece, «appariva felice» (58e3)23. Narrando gli
eventi della giornata, Fedone ricorda i lamenti di Santippe (60a),
a causa dei quali Socrate chiede di allontanarla; il riso di Simmia
di fronte all’affermazione di Socrate che il filosofo si esercita nel-
la μελέτη θανάτου, che sembra quasi essere fuori luogo (64a-b); il
sorriso con cui Socrate si rivolge a Simmia e Cebete, che parlano
in disparte perché temono di disturbare Socrate con i loro dubbi
(84d); il senso di smarrimento provato da tutti i presenti dopo aver
ascoltato le obiezioni di Simmia e Cebete (88c), la reazione di So-
crate e, soprattutto, il modo in cui egli risponde allo stato emotivo
dei suoi interlocutori24; il pianto del ministro degli Undici giunto a

tutto Renaut 2014, ma anche Wilburn 2013. Sull’utilità e i limiti di questo approc-
cio si vedano le riflessioni di Candiotto - Renaut 2020: 4-5.
23. Le traduzioni italiane sono di Stefano Martinelli Tempesta in Trabattoni
2011.
24. Phd. 88e4-89a7: «Di certo, Echecrate, benché spesso mi fosse capitato di
ammirare Socrate, mai lo ammirai più di quella volta standogli accanto. Che egli
avesse qualcosa da dire forse non è affatto strano; ma quello che soprattutto susci-
tò in me ammirazione nei suoi confronti fu in primo luogo questo, ossia con quale
piacere, con quale benevolenza e con quale rispetto accolse il ragionamento dei due
giovani; in secondo luogo con quale acutezza di accorse dello stato emotivo in cui ci
trovavamo in seguito a quei discorsi; infine, con quale efficacia si prese cura di noi
Introduzione 17

somministrare la cicuta (116d); la serenità con cui Socrate beve la


cicuta (117b); il pianto di tutti i presenti e la vergogna che provano
nell’essere sgridati da Socrate per il loro comportamento (117c-e).
Proprio nel dialogo che è stato spesso punto di riferimento per offri-
re un’interpretazione ascetico-metafisica della filosofia di Platone,
il tema della morte non è indagato attraverso un’arida argomenta-
zione razionale, ma è messo in scena nella vicenda emotiva vissuta
dai personaggi25.
Molte sono dunque le prospettive di indagine possibili e le sfac-
cettature del tema delle passioni nel corpus delle opere platoniche:
proprio per questo motivo, un volume collettaneo – non legato a
una singola prospettiva di ricerca, ma aperto a temi, prospettive,
problematiche diverse – può aiutare a coglierne tutta la ricchezza,
offrendo molteplici punti di vista e percorsi di ricerca possibili.

2. Come governare le passioni di Socrate? Platone e i suoi


antagonisti

È sufficiente dare un breve sguardo ai testi dei Socratici di prima


generazione per rendersi conto che le loro rappresentazioni di So-
crate convergono nel rappresentare un personaggio in preda a forti
passioni, spesso talmente violente da mettere a dura prova la sua
capacità di tenerle a freno. Paradigmatico è in tal senso un celebre
aneddoto di Fedone di Elide, il quale riporta un episodio in cui il
fisionomista Zopiro viene chiamato a diagnosticare quale sia il ca-
rattere di Socrate. In base ai suoi tratti esteriori, questi sarebbe un

e, quasi fossimo fuggitivi e sconfitti, ci richiamò e ci esortò ad accompagnarlo e a


esaminare con lui il ragionamento».
25. Riflette Trabattoni 2011: viii-ix: «Ma è davvero fruttuoso ridurre la ricchez-
za di questo dialogo a una raccolta di argomentazioni? È davvero possibile esamina-
re la tenuta logica e filosofica degli argomenti separandola dalla vicenda drammatica
ed emotiva dei personaggi che ne discutono (Socrate in primo luogo)?». Cfr. anche
Napolitano Valditara 2010: 90 nota 23, che commenta, sulla scia delle riflessioni
di Erler 2007, come «vi siano reazioni diversamente mature, da parte degli interlo-
cutori di Socrate nel Fedone, dinnanzi alla sua proposta etica di una morte che non
esclude per nulla la felicità, ma la ricalibra a un livello diverso da quello corrente e
più alto, il livello della consapevolezza e dell’armonia dell’anima».
18 Francesco Benoni, Alessandro Stavru

«donnaiolo» (mulierosus) o un «pederasta» (παιδεραστής), il cui


carattere sarebbe per di più gravato da «innumerevoli vizi» (multa
vitia)26. Socrate avrebbe dunque una libido fuori dal comune sia nei
confronti del sesso femminile, sia nei confronti dei giovani uomini
del suo entourage. Come è stato acutamente rilevato, la diagnosi
di Zopiro acquista particolare rilievo alla luce della circostanza che
lo stesso Socrate non esita a confermarla27: alle espressioni di ila-
rità che le parole di Zopiro suscitano negli astanti, Socrate ribatte
affermando di possedere davvero tali vitia, salvo poi specificare di
essere in grado di scacciarli lontano da sé mediante la ragione, o per
lo meno di controllarsi28.
La forte passionalità di Socrate si evince anche da alcuni brani
tratti dalla Vita di Socrate di Aristosseno di Taranto. Qui veniamo
a sapere che Socrate era «schiavo di pulsioni libidinose», e «vee-
mente nelle pratiche sessuali»29. Inoltre, era «per natura rapido a
adirarsi», e quando «veniva afferrato da questa passione, era or-
ribile a vedersi». Tale era in lui la rabbia che non vi era parola o
azione di cui non fosse capace, e il suo volto «assumeva ogni pos-
sibile espressione orribile»30. Questi accessi d’ira erano talmente
violenti da trasformare la sua fisionomia in una serie di masche-
re che venivano ad alternarsi in sequenza31. Aristosseno osserva

26. Le tre citazioni sono tratte, nell’ordine, da Rossetti 1980, fr. 6 (= Cicerone,
De fato, 10), fr. 11 (= Cassiano, Conlationes, XIII 5, 3) e fr. 7 (= Cicerone, Tusculanae
disputationes, IV 80).
27. Cfr. Rossetti 2015.
28. Cfr. fr. 7 («cum illa sibi insita, sed ratione a se deiecta») e fr. 11 («etenim
sum, sed contineo»).
29. Cfr. fr. 54a-b (ἡδυπαθείαις δεδωουλομένον) e 56 Wehrli 1945 (τὴν τῶν
ἀφροδισίων χρῆσιν σφοδρότερον), su cui si veda Stavru 2018a: T14-15.
30. Cfr. fr. 54a-b e 56 Wehrli 1945. Cfr. Stavru 2018a: T8-10.
31. L’iracondia di Socrate trova importanti conferme in Platone e Senofonte. Per
Platone, si veda l’imprecazione «per il cane!», che egli fa pronunciare più volte a So-
crate (cfr. Ap. 22a; Grg. 461b, 466c, 482b; Lys. 211e; Hp. Ma. 287e, 298b; Chrm. 172e;
Cra. 411b; Phd. 98e; R. 399e, 567d, 592a; Phdr. 228b), come osservato già da von
Mess 1916: 91; per Senofonte, è indicativo un passo dei Memorabili (I 2.29-30) in cui
Socrate non riesce a trattenere la sua ira nei confronti di Crizia, arrivando a rimpro-
verarlo di comportarsi «come un porco, poiché desidera strofinarsi a Eutidemo come
fanno i maiali con le pietre». Il tema dell’ira di Socrate ritorna in autori più tardi:
cfr. Antipatro (fr. 65 SVF III p. 257) e Seneca (De ira 1.5.13, 2.7.1, 3.13.3).
Introduzione 19

tuttavia che la veemenza di Socrate era compensata da una mi-


tezza (ἐυόργητος) e una capacità persuasiva (πιθανότης) fuori dal
comune32. Il ritratto che emerge da queste testimonianze è caratte-
rizzato da una forte ambivalenza: da un lato Aristosseno sottolinea
la fortissima carica passionale di Socrate, dall’altro il suo suadente
fascino persuasivo33.
Persino Senofonte, autore che sottolinea a più riprese la disci-
plina e le attitudini ascetiche di Socrate, arriva a soffermarsi sulla
sua natura passionale. In ben due brani si legge senza mezzi ter-
mini che Socrate era talmente attratto dai giovani di bell’aspetto
da soffrire fisicamente ogni qual volta veniva baciato da loro34.
Nei Memorabili, Socrate si raccomanda allo stesso Senofonte che i
baci dei belli possono addirittura indurre la pazzia, pertanto sono
da evitare assolutamente35. Nel Simposio veniamo a sapere che So-
crate convive con un Eros che abita nella sua interiorità, il quale lo
spinge ad ammettere di non sapere se vi è mai stato un momento
in cui non fosse innamorato di qualcuno36. Significativo l’episodio
raccontato nel capitolo conclusivo dell’opera, quando i convitati
a casa di Callia assistono a una rappresentazione teatrale in cui
Dioniso e Arianna sono intenti a scambiarsi baci ed effusioni in
un crescendo di voluttà. Socrate è violentemente eccitato al pari
di tutti gli astanti. Ma a differenza di costoro, riesce a contenere la
sua libido, e anziché affrettarsi per soddisfare i suoi bisogni erotici

32. Cfr. fr. 54a-b e 56 Wehrli 1945.


33. Una serie di studiosi ha messo in dubbio il valore di questa ricostruzione.
Aristosseno è stato spesso tacciato di spirito polemico nei confronti di Socrate, ad-
dirittura di una vera e propria volontà diffamatoria nei suoi confronti. Occorre a tal
proposito rilevare che Aristosseno riferisce di aver appreso le sue notizie su Socrate
dal padre e precettore Spintaro, il quale aveva frequentato il filosofo di Alopece e di-
sponeva dunque di informazioni di prima mano. Inoltre, Aristosseno mostra di avere
dimestichezza non soltanto con la letteratura in larga parte perduta dei Sokratikoi
lògoi, ma anche con il ricco materiale biografico su Socrate che era stato raccolto
nel Peripato sin dai tempi di Aristotele. Quindi, nonostante gli scetticismi di parte
della critica, vi sono molteplici motivi per ritenere la sua testimonianza una fonte di
rilievo per ricostruire la personalità di Socrate. Cfr. Stavru 2018a: 631-634, per una
ricostruzione delle varie posizioni sostenute dalla critica.
34. X. Smp. 4.28 e Mem. 1.3.12-13.
35. X. Mem. I 3.13.
36. X. Smp. 8.24 e 8.2.
20 Francesco Benoni, Alessandro Stavru

come gli altri, si reca a fare una passeggiata con alcuni compagni
della sua cerchia più ristretta. Socrate è quindi in grado di conte-
nersi: dispone infatti come nessun altro di una capacità di dominio
delle pulsioni fondamentali del corpo (tra cui il desiderio sessuale)
– la proverbiale ἐγκράτεια37.

È questo dunque l’orizzonte nel quale occorre collocare i passi


platonici in cui vengono descritte le passioni di Socrate. I più celebri
si ritrovano in due dialoghi, il Carmide e il Simposio, dove a emerge-
re è una virtù, la σωφροσύνη, che definisce la disciplina mediante la
quale Socrate è in grado di avere ragione sulle sue passioni38. Nell’in-
cipit del Carmide, Socrate è talmente ammaliato dalla bellezza del
giovane Carmide, e in particolare «da ciò che nasconde la sua tuni-
ca», da sentirsi «avvampare e non essere più padrone di se stesso»39.
Si trova così costretto a riconoscere che «quasi tutti gli uomini nel
fiore dell’età gli paiono belli», al punto da non essere nemmeno in
grado di differenziarli in base al loro fascino40. Una ammissione
simile si ritrova nel Simposio, dove Socrate «si innamora dei bel-
li, giace con loro amoreggiando e ne resta sconvolto»41. Un Socra-
te, quello platonico, che dinanzi alla bellezza dei giovani uomini del
suo entourage perde letteralmente la testa. Allo stesso modo, anche
molti dei suoi amici e compagni mostrano di essere perdutamente
innamorati di lui: celebri i casi di Fedone nel dialogo omonimo42 e

37. In Mem. I 2.1 Socrate è definito ἐγκρατέστατος, dunque ἐγκρατής come


nessun altro. Sulla corrispondenza tra la natura passionale di Socrate e la sua capacità
di tenerla a freno mediante ἰσχύς, ἐγκράτεια o σωφροσύνη, cfr. Stavru 2018b e 2021.
38. Occorre rilevare che, se si prescinde da Platone, l’unico Socratico a sof-
fermarsi approfonditamente sulla σωφροσύνη di Socrate è Senofonte, dove però
essa costituisce una virtù civile, sovrapponibile ma non identica alla ἐγκράτεια:
cfr. Moore 2020 e Danzig 2021.
39. Chrm. 155d. Per una accurata ricostruzione della nozione di σωφροσύνη nel
Carmide si veda Lampert 2010: 178-225.
40. Chrm. 154b. Socrate ammette che dinanzi ai bei giovani egli è «una cordi-
cella bianca», dunque di non essere in grado di misurarne la bellezza (per misurare
le pietre di costruzione, che erano bianche, si usava infatti una cordicella rossa. Tale
misurazione sarebbe stata impossibile mediante una cordicella bianca: cfr. il saggio
di Arianna Fermani in questo volume).
41. Smp. 216d2-3.
42. Come osserva Palumbo, l’intero dialogo è raccontato da Platone attraverso
l’emozione d’amore che il giovane Fedone prova per Socrate: cfr. Palumbo 2003.
Introduzione 21

soprattutto di Alcibiade nel Simposio. Alcibiade, che irrompe sulla


scena in preda a una frenesia bacchica, paragona Socrate a un sa-
tiro, creatura che in tutto il mondo antico era conosciuta per la sua
irrefrenabile libido erotica43. Il colpo di scena si ha allorquando lo
stesso Alcibiade, consapevole del suo immenso fascino, si infila nel
mantello di Socrate, dichiarandosi pronto a compiacerlo44: anziché
approfittare delle grazie del bellissimo allievo, Socrate si dimostra
capace di dominare la sua satiriasi. Mediante la σωφροσύνη che
abita nella sua interiorità egli persegue infatti una strategia erotica
che si contrappone a quella di Alcibiade. Il suo obiettivo è amare
l’anima e non il corpo del suo giovane interlocutore, allo scopo di
renderlo migliore. Tale trasformazione può però soltanto avvenire
dopo che Alcibiade è stato messo di fronte a un senso di profonda
inadeguatezza. Al cospetto dei discorsi di Socrate, Alcibiade prova
una vergogna che egli descrive come un violento dolore, più intenso
di quello derivante dal morso di una vipera45. Alcibiade si trova così
costretto a riconoscere che solo esteriormente, nella sua apparenza,
Socrate è un satiro dissoluto, mentre interiormente è tal punto ri-
colmo di σωφροσύνη da «non dare alcuna importanza a chi è bello,
ma anzi umiliarlo più di quanto non si possa credere»46. Di qui la
duplicità di Socrate, che assomiglia «a quei sileni che sono seduti
nelle botteghe degli scultori di erme, e che gli artisti scolpiscono con
zampogne o flauti in mano: sileni che, aperti in due, mostrano di
contenere al loro interno statuette di divinità»47. E queste statuette

43. Si tenga presente che i Satiri venivano spesso rappresentati in modalità iti-
fallica. Per una rapida disamina dell’evidenza iconografica, cfr. Lissarrague 1990.
44. Sulla consapevolezza che Alcibiade ripone nella propria bellezza, si veda
Smp. 217a e 219c. Sullo stratagemma da lui messo in atto, di trattenere Socrate fino
a notte tarda per poi farlo rimanere a dormire, cfr. 217c-d. Sulla sua disponibili-
tà a «concedersi» (χαρίζεσθαι), ripetutamente sottolineata dallo stesso Alcibiade,
cfr. 217a4, 218c10 e d5.
45. Smp. 217e6-218a7. Sul passo della vipera si vedano le profonde riflessioni di
Napolitano Valditara 2018 e di Fulvia de Luise nel saggio in questo volume.
46. Smp. 216d.
47. Smp. 215a-b. Dover 1980: 166, ritiene che al di fuori del Simposio non vi
siano testi che permettano di comprendere a quale modello iconografico queste
statuette di sileni si possano ricondurre. Tuttavia il riferimento al fatto che tali sileni
siano seduti (καθημένοι) – e non esposti, come traduce la maggior parte degli inter-
22 Francesco Benoni, Alessandro Stavru

sono, fuor di metafora, niente altro che σωφροσύνη. Socrate è ciò


che appare esteriormente solo per coloro che non lo conoscono; chi
invece lo frequenta e ha visto ciò che è al suo interno non può che
ammirarlo come un uomo «davvero demonico e meraviglioso»48.
Ciò compete però unicamente ai suoi compagni e amici, i soli in gra-
do di «aprire in due»49 i sileni a cui assomiglia, e di mettere così in
luce l’intrinseca duplicità tra la sua natura erotica e la sua capacità
di governare le sue forti emozioni.
Tale ambivalenza è un tratto caratteristico delle molteplici ac-
cezioni di σωφροσύνη che si ritrovano nel Corpus Platonicum50.
Se nel Carmide la σωφροσύνη corrisponde a una conoscenza che
permette a Socrate di allontanare il suo Eros dalla bellezza fisica
di Carmide per dirigerlo sulla sua bellezza spirituale, nel Simposio
essa è quella virtù che permette a Socrate di gestire i παθήματα del
corpo mediante φρόνησις e καρτερία, in modo da consentirgli di ci-
mentarsi unicamente con l’anima del suo interlocutore51. Nel Gor-
gia la σωφροσύνη permette di dominare i piaceri e le passioni che
sono connaturati al genere umano, e pertanto anche di esercitare un
dominio di sé in vista di ogni possibile cimento intellettuale52. Nel
Fedone, è grazie alla σωφροσύνη che l’anima riesce a liberarsi dalle
affezioni del corpo, giacché «ogni piacere e ogni dolore, quasi fosse
un chiodo, inchioda e fissa l’anima nel corpo, facendola diventare
quasi corporea e facendole credere che sia vero ciò che il corpo dà

preti – sembra costituire un indizio di assoluto rilievo, su cui giustamente richiamò


l’attenzione Kekulé von Stradonitz 1908: 36. Come ha mostrato Paolo Moreno, la
statua di Socrate esposta nel Pompeion ateniese era seduta al pari delle statuette ri-
chiamate nel Simposio. A tale tipologia andrebbero ricondotti tre esemplari raffigu-
ranti un Socrate seduto dai tratti marcatamente silenico-satireschi, tra cui il celebre
affresco di Efeso: si tratta con ogni verosimiglianza di copie riconducibili alla statua
dedicata a Socrate da Lisippo e menzionata da Diogene Laerzio II 43 (cfr. Moreno
1984; 1987: 192-198; 2002: 58).
48. Smp. 219c1.
49. Smp. 215b2: διχάδε διοιχθέντες.
50. Per una dettagliata disamina dei passi platonici sulla σωφροσύνη si vedano
North 1966: 150-196 e Rademaker 2004: 293-356. Per un percorso dal Gorgia alla
Repubblica si veda ora anche il saggio di Silvia Gastaldi in questo volume.
51. Smp. 216c-221b.
52. Grg. 491d.
Introduzione 23

per vero»53. Nella Repubblica, la σωφροσύνη svolge una funzione


fondamentale sia in relazione all’anima sia all’interno dello Stato:
consiste infatti «in una sorta di ordine e di controllo su determinati
piaceri e appetiti, come si dice quando si afferma che qualcuno do-
mina se stesso»54. Si ha σωφροσύνη allorquando ciascun cittadino
dello Stato, riuscendo a governare se stesso, ha la medesima perce-
zione del principio gerarchico, ovvero di chi merita di governare e
di chi merita di essere governato55. Nella Repubblica la σωφροσύνη
svolge una funzione architettonica: è infatti presente in ciascuna
delle tre parti dell’anima e dello Stato. Il suo compito è «mettere in
sintonia i deboli, i forti e quelli che stanno nel mezzo vuoi per sag-
gezza, vuoi per vigore fisico, vuoi anche per numero o per censo o
per qualche altro motivo analogo»56. Anche nel Fedro la σωφροσύνη
esercita il suo dominio sulle passioni nelle tre parti dell’anima. Si
contrappone al desiderio (ἐπιθυμία), cui fa eco la μανία divina, ed è
una virtù prettamente umana. Ciononostante, è in grado di condur-
re alla perfezione57. Nella sua peregrinazione iperuranica al seguito
del dio l’anima vede infatti, oltre alla giustizia e alla scienza, pro-
prio la σωφροσύνη, dinanzi alla quale l’auriga «è preso da timore e
venerazione al punto da cadere all’indietro»58. Nelle Leggi, infine,
la σωφροσύνη svolge un ruolo fondamentale nel processo di assi-
milazione al divino (ὁμοίωσις θεῷ), poiché soltanto l’uomo tempe-
rante «è amico di dio, in quanto simile a lui, mentre chi non è tem-
perante è dissimile e difforme da dio, e per questo ingiusto»59. Tale
è l’importanza che Platone attribuisce a questa virtù da spingerlo a
concepire, quale istituzione essenziale del suo disegno politico, una
sorta di riformatorio, il Σωφρονιστήριον, nel quale devono essere
rieducati alla σωφροσύνη tutti i cittadini che si macchiano di empie-
tà «per ignoranza, ma non per malvagità d’animo o di costumi»60.

53. Phd. 83d.


54. R. IV 430e. Sul ruolo del governo delle passioni nell’anima e nello Stato tri-
partiti, si veda il saggio di Marcelo Boeri contenuto in questa raccolta.
55. R. IV 432a e 442c-d.
56. R. IV 432a.
57. Phdr. 237e.
58. Phdr. 247d e 254b.
59. Lg. IV 716d.
60. Lg. X 908e5-6. Il  Σωφρονιστήριον delle Leggi sembra richiamare il
φροντιστήριον delle Nuvole di Aristofane, di cui fornisce una versione completa-
24 Francesco Benoni, Alessandro Stavru

Tale rieducazione dovrà durare per un periodo minimo di cinque


anni, nel quale gli empi verranno incitati a «salvare l’anima» dai
membri del Consiglio notturno61. Trascorso questo periodo di tem-
po, costoro verranno liberati «se sembreranno temperanti» (ἐὰν…
δοκῇ…σωφρονεῖν), altrimenti verranno messi a morte62.
La virtù della σωφροσύνη illustra in modo paradigmatico l’ap-
proccio di Platone al problema delle passioni. In dialoghi come
il Carmide e il Simposio sono le emozioni di Socrate ad essere in
gioco: si tratta di saperle governare e quindi impiegare nel modo
corretto. In questi scritti Platone non propone una soluzione asce-
tica, volta semplicemente a reprimere le passioni63, bensì una loro
piena valorizzazione mediante la σωφροσύνη di Socrate. Sarebbe
riduttivo ed errato ritenere che il Socrate platonico si limiti ad aste-
nersi dall’Eros: piuttosto, egli lo governa in modo da indirizzarlo
verso la trasformazione virtuosa del proprio interlocutore. Sappia-
mo che nei casi di Carmide e Alcibiade tale trasformazione virtuosa
rimane un τέλος inesaudito. Carmide e Alcibiade non perseguono
la via indicata da Socrate, e in conseguenza della loro smodata am-
bizione trovano la morte prima del loro maestro, dando così prova
di non aver saputo esercitare σωφροσύνη nei confronti delle loro
passioni64.

mente capovolta. Se infatti il Σωφρονιστήριον è il luogo in cui viene praticata la


σωφροσύνη, il φροντιστήριον aristofaneo è un luogo caratterizzato da un’assoluta
indulgenza verso appetiti, capricci e moti passionali di vario genere: cfr. Nub. 991,
1044-1054 (polemica contro l’utilità dell’attività fisica); 1020-1030, 1039-1042 (ni-
chilismo morale); 1060-1062, 1068-1070, 1076-1080, 1085 (indulgenza per gli im-
pulsi sessuali).
61. Lg. X 909a3-5.
62. Lg. X 909a6.
63. La concezione di un Platone “asceta” è stata sostenuta a più riprese sin dal
mondo antico. In età moderna è significativa la presa di posizione di Arthur Scho-
penhauer, secondo il quale Platone costituirebbe l’eccezione anti-eudemonistica
del mondo greco, improntato invece prevalentemente alla ricerca incondizionata
dell’εὐδαιμονία: cfr. Schopenhauer 1840. Sul tema della repressione delle passioni,
soprattutto nella critica stoica della παθολογία platonica, si rimanda al contributo di
Aldo Magris nel volume.
64. Sui percorsi biografici di Carmide e Alcibiade, cfr. Nails 2002, rispettiva-
mente alle pp. 90-94 e 10-20.
Introduzione 25

La riflessione intorno alla σωφροσύνη del Platone maturo nasce


certamente anche dalla presa d’atto di questo duplice fallimento.
Il Carmide e il Simposio mostrano che il governo socratico delle
passioni non è universalizzabile. E se in questi due dialoghi Platone
propone un “modello socratico” che sembra porsi in continuità con
quanto si può osservare in Fedone, Aristosseno e Senofonte, già a
partire dal Gorgia il tema del governo delle passioni viene trattato
indipendentemente dalle sue finalità protrettiche. Platone vi si ci-
menta in una serie di dialoghi nei quali focalizza la sua attenzione
sulla distinzione tra una condizione di disciplina, e dunque di go-
verno delle passioni che prelude a una loro valorizzazione positiva,
e una di indisciplina, nella quale le passioni prive di freno espon-
gono l’individuo e la comunità politica a gravi pericoli65. Questa di-
cotomia presuppone una progressiva presa di distanze da nozioni
ampiamente discusse nel socratismo quali καρτερία, ἰσχύς, πόνος
ed ἐγκράτεια. Platone relega queste nozioni ai margini della sua ri-
flessione sul governo delle passioni, la quale appare piuttosto in-
centrata sul concetto di σωφροσύνη in tutte le fasi del suo sviluppo.
Tuttavia in alcuni dialoghi Platone sperimenta talune di queste
nozioni, talvolta modificandone o riadattandone la funzione in po-
lemica con gli altri Socratici66. Se per costoro la καρτερία e l’ἰσχύς
presuppongono una disciplina rivolta soprattutto al dominio del
corpo67, in Platone esse vengono a costituire un tratto struttura-
le della stessa conoscenza. Il governo delle passioni che si ha ad
esempio nel Lachete, nel Simposio e nel Protagora si caratterizza
per una forza che vede il coinvolgimento non solo del corpo, come

65. Una dimostrazione significativa di questa dicotomia è data dalla giustap-


posizione della nozione di σωφροσύνη con quella di ἀκολασία, la quale occorre
una settantina di volte nel corpus Platonicum, proprio a sottolineare l’intimo nesso
tra l’incontinenza degli uomini e la loro capacità di porvi un freno per esercitare la
temperanza.
66. Su questa sperimentazione, a tratti sfociante in una sottile e velata critica
nei confronti di Antistene e Senofonte, cfr. le utili pagine di de Luise 2020, 38-41.
67. Sulla καρτερία come qualità rivolta a governare il corpo si vedano Antistene
(SSR V A 12, 53, 90 e 126), Aristippo (SSR IV A 36, 96, 124), Simone (SSR IV A 224),
Fedone (fr. 11 Rossetti) e Senofonte (Mem. I 2.1-5, I 6.6-8, II 1.18-20, II 6.22, IV 5.8-
9, Smp. 8.8, Ap. 25, Oec. 5.4). Su questi passi cfr. Boys-Stones - Rowe 2013: 66,
72-75 e 105-110.
26 Francesco Benoni, Alessandro Stavru

negli altri Socratici, ma anche dell’anima e in particolar modo della


ragione68. Nei casi del πόνος e a maggior ragione dell’ἐγκράτεια la
presa di distanze è ancora più netta. Platone si dissocia dall’aspetto
procedurale che queste due nozioni assumono in Antistene e in Se-
nofonte in ordine all’acquisizione e all’esercizio della virtù-scienza.
Entrambi ritengono infatti che la conditio sine qua non per acqui-
sire ed esercitare la virtù-scienza debba consistere in una disciplina
delle passioni del corpo69.
Per Platone, invece, tale disciplina coincide eo ipso con la co-
noscenza del bene. Infatti nei passi della Repubblica dedicati alla
valenza educativa del πόνος lo sforzo sostenuto nei cimenti intellet-
tuali viene equiparato a quello conseguente agli esercizi ginnici70.
Allo stesso modo, la nozione di κρείττω αὑτοῦ che si riscontra nel
Protagora e nella Repubblica richiama esplicitamente l’ἐγκράτεια
senofontea, ma la capovolge completamente: nel Protagora essa
diviene non un semplice requisito per la conoscenza, come in Se-
nofonte, ma il tratto connotante della stessa conoscenza; mentre
nella Repubblica essa viene a definire la natura di un rapporto in-
trapsichico tra parti dell’anima funzionalmente e gerarchicamente
distinte71.
In Platone il tema del governo delle passioni assume dunque
uno statuto del tutto peculiare. La nozione di σωφροσύνη riveste un

68. Nel Lachete (192b-d) e nel Simposio (216c-221b) la καρτερία appare


strutturalmente connessa con la φρόνησις, mentre nel Protagora la conoscenza
viene definita tout court come un ἰσχυρόν (352b4; cfr. il saggio di Stavru in questo
volume). Sulla dimensione intellettuale del coraggio nel Lachete e nel Protagora, si
veda il saggio di Franco Trabattoni in questo volume; per una disamina estesa anche
ad altri dialoghi si rimanda invece al contributo di Maurizio Migliori.
69. Per Antistene, la virtù è un possesso stabile di conoscenza etica, il quale ri-
chiede però, per essere acquisito e conservato, una «forza socratica» (SSR V A 134).
Tale forza coincide con la capacità di sopportare πόνοι, la quale, se correttamen-
te perseguita, consente addirittura di beneficiare di piaceri (SSR V A 126), ma solo
dopo gli stessi πόνοι e non prima di essi (μετὰ τοὺς πόνους…, ἀλλ’ οὐχὶ…πρὸ τῶν
πόνων). In Senofonte, l’ἐγκράτεια è il «fondamento della virtù» (Mem. I 5.4-5 e
IV 5.10) e pertanto la condizione necessaria per l’apprendimento e la messa in pra-
tica di ogni nozione etica.
70. R. 503e-504a (cfr. 504c-d), passi su cui si veda il saggio di Francesco Benoni
contenuto in questa raccolta. Cfr. anche de Luise 2020: 40-41.
71. R. IV 431a.
Introduzione 27

ruolo fondamentale sia in relazione alle passioni di Socrate, sia per


una serie di questioni legate al ruolo delle passioni nella metempsi-
cosi, nell’anima e nello Stato tripartiti, nell’assimilazione con il divi-
no e nella rieducazione dei cittadini empi. Platone contempla anche
altre modalità di governo delle passioni, ma in modo certamente
più marginale. Nei suoi dialoghi troviamo discusse le concezioni
più in voga nella sua epoca, che probabilmente furono tutte og-
getto di dibattito nella cerchia socratica, ma rispetto alle quali egli
prende nettamente le distanze. Il modello platonico di una postura
disciplinata, capace di governare le passioni fondamentali (ὀργή,
φόβος, πόθος, θρήνος, ἔρως, ζῆλος e φθόνος)72, indirizzandole al
bene dell’interlocutore piuttosto che a reprimerle, ha ispirato la ge-
nesi di questo volume. Ciascun saggio fornisce un importante con-
tributo alle sue molteplici sfaccettature, illuminandolo da nuove e
originali prospettive.

72. Phlb. 47a1-2. Nella Repubblica, Platone opera inoltre una distinzione fra tre
tipologie di desideri e di corrispettivi piaceri, ovvero: 1. naturali e necessari, 2. natu-
rali e non necessari (ovvero culturalmente indotti) e 3. non naturali e non necessari:
R. VIII 558d. Al di fuori di questa classificazione si pone il piacere puro (καθαρὸς
ἡδονή): R. VIII 586a e Phlb. 51b. Per una efficace sintesi della questione, cfr. Napo-
litano Valditara 2013: xxx-xxxvii.
28 Francesco Benoni, Alessandro Stavru

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Note biografiche

Giulia Angonese è dottore di ricerca in Filosofia. Ha studiato presso l’Università


degli Studi di Verona e presso la Sorbonne Université e ha partecipato a convegni e
seminari in Francia e Inghilterra. Le sue ricerche concernono la ricezione del pensie-
ro antico nella filosofia francese del Novecento, le principali figure dello strutturali-
smo e i rapporti tra scienze sociali e filosofia.

Francesco Benoni ha conseguito il Dottorato di Ricerca in Scienze Umane presso


l’Università degli Studi di Verona, sotto la supervisione di Linda Napolitano, presen-
tando la tesi ΠΟΝΟΣ. Platone e le fatiche della filosofia. Ha studiato presso l’Uni-
versità di Verona, la University of Leeds e la Boston University. Ha partecipato a
convegni e seminari nel Regno Unito, in Georgia, Russia e negli Stati Uniti.

Marcelo Diego Boeri è professore di Filosofia Antica presso la Pontificia Univer-


sidad Católica a Santiago del Cile. Le sue ricerche riguardano la psicologia morale,
la metafisica e l’epistemologia in Platone, Aristotele, lo stoicismo e l’epicureismo.
Su questi autori e temi ha pubblicato numerosi libri, articoli in riviste e contributi,
nonché traduzioni in lingua spagnola (di Platone, Aristotele e lo stoicismo). È stato
Junior Fellow presso il Center for Hellenic Studies (1999-2000) e Visiting Scholar
presso la Georgetown University (1994-1995), il Center for Hellenic Studies (2004),
la Brown University (2009), il Lewis & Clark College (2015), la Nagoya University
(2015) e l’Université Pierre-Mendès-France, Grenoble II (2015). È stato Fellow della
John Simon Guggenheim Foundation, USA (2008-2009) e membro dell’Editorial
Board della International Plato Series. È il co-fondatore (1988) e il co-editore (1999-
2008) della rivista Mèthexis. Rivista internazionale di filosofia antica. Tra le sue
principali pubblicazioni: Apariencia y realidad en el pensamiento griego. Investi-
gaciones sobre aspectos epistemológicos, éticos y de teoría de la acción de algu-
nas teorías morales de la antigüedad (Buenos Aires 2007) e, insieme a R. Salles,
Los filósofos estoicos: ontología, lógica, física y ética (traduzione e commento dei
principali testi greci e latini; Sankt Augustin 2014).

Rosa Loredana Cardullo insegna Storia della Filosofia Antica all’Università di


Catania. È presidente della sezione di Catania della Società Filosofica Italiana e vice-
presidente della Società Italiana di Storia della Filosofia Antica. I suoi interessi scien-
tifici vertono in particolare sul neoplatonismo e sul pensiero aristotelico. Tra le sue
ultime pubblicazioni: Aristote à propos de la théorie de l’«homme mesure» de Pro-
tagoras, in G. Giardina, L. Couloubaritsis (eds.), To metron. Sur la notion de mesure
550 Note biografiche

dans la philosophie d’Aristote, Paris 2020, pp. 213-228; La “cura di sé” come prima
tappa del progresso spirituale dell’uomo nei commentari neoplatonici all’Alcibiade
primo, «Bollettino della Società Filosofica Italiana», 2020, set.-dic., pp. 7-28.

Bruno Centrone insegna Storia della Filosofia Antica all’Università di Pisa. Suoi
principali campi di interesse sono il pitagorismo, antico e pseudepigrafo, Platone
– di cui ha tradotto e commentato numerosi dialoghi –, Aristotele e i Problemata
pseudoaristotelici.

Santiago Chame è dottorando in Scienze Umane (curriculum di Filosofia) presso


l’Università di Verona e, in cotutela, presso l’Università di Buenos Aires. I suoi in-
teressi di ricerca si concentrano sull’ontologia del periodo classico, con particolare
riferimento alle scuole socratiche e al loro rapporto con Platone e con Aristotele.
È stato docente di Storia della Filosofia Antica e di Latino Filosofico presso l’Univer-
sità di Buenos Aires. 

Carlo Chiurco insegna Filosofia Morale all’Università di Verona. I suoi interessi


si concentrano sulla filosofia della medicina – in particolare sul rapporto tra salute
e malattia, su cui sta dirigendo un progetto finanziato col Bando per la ricerca di
base dell’Università di Verona (2020-2022) – e sul pensiero di Nietzsche, cui ha
dedicato numerosi saggi, in particolare sull’ultimo Nietzsche e i riflessi politici del
suo pensiero.

Guido Cusinato si è laureato in filosofia con Enzo Melandri a Bologna. Succes-


sivamente ha svolto, per una decina d’anni, attività di ricerca e d’insegnamento
all’estero. Rientrato in Italia, è diventato professore ordinario di Filosofia Teoretica
all’Università di Verona. È membro della commissione scientifica internazionale del-
la Max Scheler Gesellschaft, di cui è stato presidente dal 2013 al 2018. Collabora a
diverse riviste nazionali e internazionali e dirige la rivista di filosofia Thaumàzein
(http://www.thaumazein.it/) e la collana Etica e filosofia della persona presso l’edi-
 

tore Franco Angeli. Nel Dipartimento di Scienze Umane dell’Università di Verona


ha diretto il Master in «Filosofia come via di trasformazione» e attualmente dirige il
Centro di ricerca FormaMentis. È interessato a sviluppare una filosofia intesa come
esercizio di trasformazione maieutica. Tra le sue pubblicazioni principali: Katharsis.
La morte dell’ego e il divino come apertura al mondo nella prospettiva di Max
Scheler (Napoli 1999); Scheler. Il Dio in divenire (Padova 2002); La totalità incom-
piuta. Antropologia filosofica e ontologia della persona (Milano 2008); Periagoge.
Teoria della singolarità e filosofia come esercizio di trasformazione (Verona 2014).

Fulvia de Luise ha studiato presso l’Università di Napoli e l’Università di Pavia,


dove si è perfezionata in Filosofia Antica. Dal 2001 al 2017 è stata docente di Storia
della Filosofia Antica presso l’Università di Trento, con cui mantiene rapporti di col-
laborazione scientifica. È membro di diverse società filosofiche (IPS, SISFA e SFI).
I suoi interessi scientifici riguardano principalmente l’ermeneutica dei testi filosofici
antichi e alcune problematiche di carattere etico e politico.
Note biografiche 551

Arianna Fermani insegna Storia della Filosofia Antica all’Università di Macerata.


È presidente del Consiglio della Classi Unificate di Filosofia dell’Università di Mace-
rata, presidente della SFI di Macerata, segretaria nazionale della SISFA, co-direttrice
della Scuola invernale e della Scuola estiva Filosofia Roccella Scholé, presidente
dell’Associazione internazionale Collegium Politicum. Tra le sue pubblicazioni: Virtù
(Milano 2021); Aristotele e l’infinità del male. Patimenti, vizi e debolezze degli esseri
umani (Brescia 2019); Vita felice umana. In dialogo con Platone e Aristotele (Prefa-
zione di S. Natoli, Macerata 2019); L’etica di Aristotele. Il mondo della vita umana
(Brescia 2012); By the Sophists to Aristotle through Plato. The Necessity and Uti-
lity of a Multifocal Approach (a cura di E. Cattanei, A. Fermani, M. Migliori, Sankt
Augustin 2016). Ha tradotto integralmente le Etiche di Aristotele (Aristotele, Le tre
Etiche, Milano 2008; Firenze 2018), Topici e Confutazioni Sofistiche (in Organon,
Milano 2016). Insieme a Maurizio Migliori, ha curato il manuale Filosofia antica.
Una prospettiva multifocale (Brescia 2020).

Francesca Fermeglia si è laureata in Filosofia all’Università di Trieste nel 2005


con una tesi sul significato di aidòs e di aischỳne nei dialoghi platonici, sotto la guida
di Linda Napolitano Valditara. Successivamente ha conseguito il Dottorato di ricerca
in Filosofia all’Università di Trieste con una tesi sul ruolo delle componenti emozio-
nali nel dialogo filosofico socratico-platonico (relatore Linda M. Napolitano Valdi-
tara). Ha pubblicato L’anima ‘thymoeides’ come ‘symmachos toi logoi’: (Tim. 69c-
70d), in L.M. Napolitano (a cura di), La sapienza di Timeo. Riflessioni in margine
al ‘Timeo’ di Platone (Milano 2007); L’‘aischyne’ nel dialogo filosofico. Riconsidera-
zioni dell’importanza delle componenti emozionali nella dialogica socratica e nella
dialettica platonica, «Esercizi filosofici» (edizione online), III, 1, 2008. Ha curato il
testo di L.M. Napolitano Valditara, Pietra filosofale della salute. Filosofia antica e
formazione in medicina (Verona 2011).

Silvia Gastaldi è stata professore ordinario di Storia della Filosofia Antica nel Di-
partimento di Studi Umanistici dell’Università di Pavia. Le sue ricerche riguardano
soprattutto la riflessione etico-politica greca del V e del IV secolo a.C. Ha pubblicato
numerosi studi sulla Repubblica e sulle Leggi di Platone, sulle Etiche, sulla Politica,
sulla Retorica di Aristotele. Tra i suoi volumi: Introduzione alla storia del pensiero
politico antico (Roma-Bari 2008), Aristotele. Retorica, traduzione e commento
(Roma 2014).

Salvatore Lavecchia insegna Storia della Filosofia Antica presso l’Università di


Udine. I suoi principali interessi di ricerca sono il dialogo socratico e le sue riprese
nei diversi ambiti della consulenza; la filosofia del sé in Platone e nel Platonismo
(con particolare attenzione verso Plotino); l’estetica antica e la metafisica della luce.

Aldo Magris è stato professore di Filosofia Teoretica all’Università di Trieste, dove


ha insegnato anche Storia delle Religioni e Storia della Filosofia Antica, succeden-
do a Linda Napolitano. Dopo il pensionamento è docente a contratto di Esegesi dei
Testi Religiosi Antichi Greci e Latini. Allievo di Luigi Pareyson, il suo primo libro è
stato una monografia su Carlo Kerényi e la ricerca fenomenologica delle religione
552 Note biografiche

(Milano 1975). In seguito ha lavorato per molti anni nel campo della storia della
filosofia antica occupandosi in particolare del problema del determinismo; su questo
ha pubblicato l’opera (in 2 voll.) L’idea di destino nel pensiero antico (Udine 1984-
1985), di cui è poi uscita una nuova versione interamente riscritta col titolo Destino,
provvidenza, predestinazione. Dal mondo antico al cristianesimo (Brescia 2008), e
numerosi articoli e saggi, tra i quali Archita e l’eterno ritorno («Elenchos», 3, 1982),
A che serve pregare, se il destino è immutabile? Un problema del pensiero antico,
(«Elenchos», 11, 1990), e Entwicklungslinien der altgriechischen Schicksalsidee
(«Wiener Jahrbuch für Philosophie», 27, 1995). Si aggiungono le traduzioni com-
mentate dei trattati Sul destino di Cicerone, dei Trattati antichi sul destino dello
pseudo-Plutarco e di Alessandro di Afrodisia (Brescia 2009), nonché i due volumetti
introduttivi Plotino (Milano 1986) e La filosofia ellenistica. Scuole, dottrine e inte-
razioni col mondo giudaico (Brescia 2001). È anche autore di una monografia su
Nietzsche (2014) e di numerosi studi su Hegel, Husserl e Heidegger.

Maurizio Migliori, laureato con lode in Filosofia all’Università Cattolica di Milano,


già docente di filosofia nelle scuole superiori (1968-1991), professore associato, poi or-
dinario, all’Università di Macerata (1991-2015). In pensione, continua a insegnare con
contratti annuali. Tra i suoi più recenti libri, Il disordine ordinato. La filosofia dialettica
di Platone (2 voll., Brescia 2013), Platone (Brescia 2017); Filosofia antica. Una prospet-
tiva multifocale (a cura di M. Migliori e A. Fermani; Brescia 2020).

Lidia Palumbo insegna Storia della Filosofia Antica nel Dipartimento di Studi
Umanistici dell’Università di Napoli “Federico II”, è membro della International
Plato Society e presiede la sezione napoletana della Società Filosofica Italiana. In-
sieme con il prof. Casertano dirige la collana Philosophike Skepsis. Testi e studi di
filosofia antica, presso l’editore Paolo Loffredo di Napoli. Visiting professor in Cile
e in Brasile, ha concentrato i suoi interessi di ricerca su Platone e la tradizione pla-
tonica. Tra i suoi volumi più recenti, Mimesis. Rappresentazione, teatro e mondo
nei dialoghi di Platone e nella Poetica di Aristotele (Napoli 2008) e Verba manent.
Su Platone e il linguaggio (Napoli 2014).

Stefano Pone si è laureato in Filosofia a Napoli nel 2018 con una tesi sul mito
nell’opera di Platone. È attualmente dottorando in Scienze Umane (curriculum filo-
sofico) presso l’Università di Verona con un progetto sulla cura delle emozioni nel
dialogo socratico.

Livio Rossetti ha insegnato Storia della Filosofia Antica all’Università di Perugia


fino al 2009. Nel 1989 ha convocato il secondo Symposium Platonicum a Perugia,
dando luogo alla costituzione della International Plato Society (platosociety.org)
e, successivamente, alla collana International Plato Studies presso Academia Ver-
lag. Negli anni 2000 ha preso l’iniziativa degli incontri periodici che vanno sotto
il nome di Eleatica e di Socratica (rispettivamente dal 2004 e dal 2005), operan-
do come coeditore delle due serie di atti. Dopo decenni dedicati in prevalenza allo
studio di Socrate, Platone e della letteratura socratica antica, sta ora lavorando in-
tensamente sui Presocratici. Tra i suoi libri: Le dialogue socratique (Paris 2011),
Note biografiche 553

Un altro Parmenide (Bologna 2017) e Verso la filosofia: nuove ricerche su Parme-


nide, Zenone e Melisso (Baden Baden 2020). Ha in preparazione una monografia su
Talete presso Routledge.

Roberto Schiavolin ha conseguito il Dottorato di ricerca in Filosofia, Scienze e


Cultura nell’età Tardo-Antica, Medievale e Umanistica con una tesi su La nozione
di Spirito nelle opere teologiche di Mario Vittorino, di prossima pubblicazione.
Già assegnista di ricerca e docente a contratto all’Università di Trieste, si occupa
di storia della spiritualità e dei rapporti tra neoplatonismo e cristianesimo, con vari
articoli presenti in miscellanee e riviste specialistiche (https://units.academia.edu/
diakosmetikos). Ha pubblicato Mistica e filosofia nel pensiero di Marco Vannini
(Firenze 2019), “Lo Spirito soffia dove vuole”. Dinamiche della spirazione nella tem-
perie religiosa tardo-antica (Padova 2019), Il pellegrinaggio a Santiago di Compo-
stela nel Medioevo (Mercato San Severino 2021).

Emidio Spinelli è professore ordinario di Storia della Filosofia Antica e prorettore


per il Diritto allo Studio e la Qualità della Didattica presso La Sapienza Università
di Roma. È presidente della Società Filosofica Italiana. Numerosi sono i suoi contri-
buti su importanti autori e ambiti del pensiero antico (in particolare sulla tradizione
epicurea e scettica), oltre a diverse pubblicazioni relative a scritti (editi e inediti) di
Hans Jonas.

Alessandro Stavru è ricercatore a tempo determinato di tipo B in Storia della Filo-


sofia Antica presso l’Università di Verona. I suoi interessi di ricerca vertono intorno
alla figura di Socrate, alla letteratura socratica, a Pitagora e alla tradizione pitagori-
ca, all’estetica antica e alla storia degli studi classici (in particolare Walter F. Otto).
È membro dell’executive committee della International Society for Socratic Studies
(ISSS) e curatore, insieme a Livio Rossetti, della serie di convegni internazionali So-
cratica (2005, 2008, 2012, 2018). Formatosi presso le Università di Roma La Sa-
pienza e Napoli L’Orientale, è stato Humboldt-Stipendiat a Würzburg (2010-2012),
Wissenschaftlicher Mitarbeiter presso la Freie Universität Berlin (2012-2016) e pro-
fessore a contratto presso le Università di Napoli L’Orientale (2006-2011), la Freie
Universität di Berlino (2013-2016) e l’Università Bocconi di Milano (2017-2021).

Franco Trabattoni insegna Storia della Filosofia Antica presso l’Università degli
Studi di Milano. La sua attività di ricerca riguarda diversi settori della filosofia an-
tica, ma è soprattutto concentrata su Platone e sulla storia del platonismo, anche in
riferimento alla ricezione di Platone nel pensiero contemporaneo. Tra le sue opere,
Scrivere nell’anima. Verità, dialettica e persuasione in Platone (Firenze 1994);
Platone (Roma 1998); La filosofia antica. Profilo critico-storico (Roma 2002);
Attualità di Platone, Vita e Pensiero (Milano 2009).
Abstracts

Livio Rossetti
Socrates and Self-Esteem. The “Genealogy of Morality” in Plato’s Athens

The leading idea of this chapter is that a momentous change in anthropology oc-
curred with Socrates and his direct pupils. Many texts, from Homer to Demosthenes,
offer ample and univocal evidence of how the prevailing attitude emphasized the
limits of the will and the power of most different conditionings, first of all those of
divine origin. On the contrary, with the Socratic literature of the first decades of the
fourth century BCE, a different anthropology, rooted in the idea that the agent is
basically responsible for their behaviour, seems to have taken its first steps. While
§ 3 is devoted to the recall of the basic evidence of the most traditional views on the
so-called double causation and the deresponsabilising factors (contributing causes
and run-around included), § 1–2 are devoted to the group of textual evidences sug-
gesting that, in the very first decades of the fourth century, the Socratics endorsed
and disseminated an idea of excellence that was rooted in responsibility for one’s
actions, much as if the idea of self-esteem was made public for the first time. Several
“complications” follow, but the chapter is devoted to the exploration of the germinal
phase of what appears to have been a change of paradigm.

Marcelo Diego Boeri


Plato and the Problem of the Agreement and the Non-Agreement between Appetite
and Reason
 
There is a reading of Plato, inspired by the Phaedo, that associates him with ascetic
positions in which pleasure and appetite (but also emotional states, such as fear,
anger, “erotic desire,” etc.) seem to play no role and, if they do, it is mostly negative.
Plato heavily defends the thesis that “the lovers of learning” (Phd. 83a) must free
their soul from their body, since inquiry conducted through the eyes, the ears and the
other senses are full of deceit (83a4). This being so, what one must do is to avoid, as
much as possible, the company of the body (Phd. 66e–67a). Philosophy encourages
the soul to gather itself alone into itself and to trust itself alone. A superficial read-
ing of this passage may make us think that this “ascetic” Plato suggests that the only
way out for the philosopher is death. But he reminds us that the soul must separate
itself from the senses, insofar as it is not compelled to use them (83a6–7). Thus,
even in this dialogue, in which the recommendation is to get rid of the body “so far
556 Abstracts

as possible” (65c7–8; 66b–d), Plato stresses that it is impossible to do so entirely


while one is alive. From Republic IV up to the Laws Plato describes the “tragic con-
dition” of human beings who find themselves in a—sometimes permanent—conflict
between reason and emotion (and even between different emotions). I shall argue
that people can also incorporate certain emotional states into the good life, since
they are crucial parts of their nature. My interest in this chapter is twofold: I intend
to briefly discuss the role of emotional states in the Phaedo, and show that those psy-
chological states (i.e., “emotions:” πάθη) are particularly relevant, both in the more
“dramatic” sections of the dialogue and in the more argumentative ones. Finally,
through a brief analysis of a passage of Laws II, I discuss what I call “the catastrophic
state of a soul turned into a wild beast.” Such a “catastrophic state” of the tyrannical
soul shows that Plato was concerned with showing that the person should be formed
by appropriate habituation while being educated in the correct development of his
rational powers.

Silvia Gastaldi
Sophrosune from Gorgias to Republic: Pleasures and Happiness of a Well-Ordered
Soul

In his dialogues, Plato repeatedly discusses sophrosune, one of the most important
virtues in the Greek system of values. This chapter aims at examining the mean-
ing Plato ascribes to sophrosune in the Gorgias through an in-depth analysis of the
quarrel between Callicles and Socrates. In contrast to Callicles, who supports a he-
donistic stance that pursues pleasures and desires, Socrates shows the advantages
of a sophrosune understood as moderation and self-restraint, which ensures the
harmony and well-being of the soul. According to this interpretation, sophrosune is
closely related to justice, which facilitates law-abiding behaviour. Both virtues make
possible a well-ordered and happy life. The second part of the chapter analyses the
change of perspective that sophrosune undergoes in the Republic. Here sophrosune
is no longer a merely individual virtue, as in the Gorgias, where it is embodied by
Socrates himself. In the Republic, sophrosune is still the virtue that controls pleas-
ures and desires, as it is located in the lowest part of the soul. But sophrosune is
also a political virtue. In fact, it must be present in all three classes of citizens, thus
favouring their agreement, which Plato views as a musical harmony. In this way,
sophrosune provides order and unity within the city.

Francesca Fermeglia
Shame and Ignorance in the Platonic Dialogues: the “Kinds” of Aiskhune

Shame (aiskhune) is one of several emotional components that can be found in


the Platonic corpus. Its relevance is paramount from the beginning to the end of a
number of dialogues. As a matter of fact, at the start of the dialogue one shouldn’t
feel ashamed to ask questions or share queries with people. One would run the risk of
remaining in a state of ignorance (agnoia-amathia) and unable to have a real dialec-
Abstracts 557

tic debate. After one has been refuted, the shame felt by discovering one’s ignorance
should push one to search for what has been ignored along with others. On some oc-
casions, the wish to acquire knowledge is eclipsed by the wish for glory and honour.
In other cases, an excessive self-love pushes one to believe they know everything,
regardless of the fact that they do not. Such self-love prevents one from really listen-
ing to others, and from communicating with them in a calm and kind way. Finally,
self-love hinders the ability to take care of both oneself and others, since it leads one
to ignore one’s own lack of knowledge.

Fulvia de Luise
The Pedagogy of Shame in Plato’s Symposium: Two Models for a Social Emotion

Contemporary psychological research has focused on the role the experience of


shame plays in the construction of personal identity and the formation of a moral
personality. This chapter deals, on the one hand, with the way in which Greek culture
records the social significance of this emotion, and on the other, more specifically,
on the representation that Plato provides in the Symposium of two very different
cases of the pedagogy of shame: the first is represented by the character Phaedrus,
who enhances the effects of the reciprocal control exercised by the fighters in their
performances; the second is narrated by the character Alcibiades, who confesses
an unprecedented sense of shame, perennially experienced by himself, as a conse-
quence of his company with Socrates. Using the Platonic text as a phenomenological
source, the chapter explores the dialectic of the positions staged in the Symposium
by showing the role of emotions in the construction of the moral subject. From the
Platonic representation and its internal dialectic I draw a re-evaluation of shame as
an emotion susceptible to progress and capable of promoting moral autonomy. This
makes it possible to critically overturn the reasons why, on the basis of the well-
known anthropological scheme that opposes «shame cultures» and «guilt cultures»
(Mead 1937, Benedict 1946) as well as in the perspective of Kant’s ethics (Dodds
1951, Adkins 1960), it has been possible to attribute a sort of moral primitivism to
Greek culture, and to define it a «shame society».

Alessandro Stavru
The Iskhus of Knowledge and the Government of Passions in the Protagoras

Towards the end of the Protagoras, several pages are devoted to pleasure (351b3–
359a1). Here Plato discusses the concept of κρείττω ἑαυτοῦ, i.e., “being stronger than
oneself,” and connects it to wisdom. He claims that knowledge is strong (ἰσχυρόν),
and therefore able to dominate over pleasures (Prt. 352b4). As Gerasimos Santas
has aptly pointed out, Plato uses here a “language of strength” to define knowledge
(352a1–355d5), then he defines this very knowledge as a measuring art without hint-
ing at its strength (355d6–357c1); finally, he reverts to the language of strength and
claims that knowledge qua measuring art is stronger than pleasure (357c1–358c3).
This suggests that the Protagoras is far from being “intellectualistic,” as many have
558 Abstracts

claimed. It is not a dialogue about knowledge, but about a special kind of it: the
strong knowledge, which is the only remedy against akrasia. This calls to mind
Antisthenes, who claims that virtue acquired through wisdom yields happiness, but
needs Socratic strength (ἰσχύς). This peculiar kind of strength cannot be learned,
since it is unique to Socrates. In this chapter, I claim that it is only thanks to such
Socratic iskhus that the knowledge of the Protagoras is able to rule over, and not be
ruled by, passions.

Franco Trabattoni
Courage in Laches and Protagoras: A Merely Intellectual Virtue

The first part of this chapter is a synthetic reconstruction of the Socratic-Platonic


ethics, understood as the moral ideas we can ascribe to the Socrates of the Platonic
dialogues up to the Republic. The aim is to show that it is a complete and coherent
ethics, entirely grounded in the notions of happiness (eudaemonism) and knowledge
(intellectualism), with no need to resort (as is often mistakenly believed) to motives
of a non-rational nature. The second part of the chapter takes into consideration the
case of courage discussed in Laches, since this dialogue has often been used to miti-
gate the intellectualism of the Socratic-Platonic ethics (by preferring the definition
of courage proposed by Laches over that suggested by Nicias). Firstly, the chapter in-
tends to prove that this thesis is unfounded (and that, therefore, to this regard there
is no relevant difference between Laches and Protagoras), and secondly to show
that Plato carefully constructed the figure of Socrates as a model of an exclusively
intellectualistic ethics.

Maurizio Migliori
Polyvocal Virtues in Plato: Courage

This chapter deals schematically with courage, a virtue often included among those
most important for Plato. As for its nature, the multiplicity of its aspects and the dif-
ficult relationship between theory and practice emerge in Laches. On the one hand,
Laches’ “military” vision is hardly defensible, given the different terrains (passions,
diseases etc.) on which courage is exercised. The discussion highlights the impor-
tance of intelligence and knowledge, which however give rise to a series of differ-
entiated relationships. This makes it impossible to find a definition, that is instead
proposed by Nicias on the basis of a principle expressed several times by Socrates:
everyone is good in what he knows and evil in what he does not. But if courage is the
science of things to fear it concerns all goods and all evils, that is, this definition does
not apply only to courage, but involves virtue as a whole. In summary, Laches’ point
of view is too narrow, Nicias’ too inclusive. The truth must spring from an integra-
tion of the two positions. This is confirmed in other dialogues. In the Protagoras
we return to the importance of knowledge: those who know are more courageous
than those who do not know, while those who do not know are too bold and almost
crazy, therefore not brave. There is also a similarity between a coward and a coura-
Abstracts 559

geous man, since neither of them faces what we consider evil. The difference is on the
cognitive level: the cowards judge badly and therefore do not perform the beautiful
deeds that are proper to the brave. In the Republic, the speech is completed in the
light of the tripartite division of the soul. The action belongs to the irascible part,
which receives the correct indications from the rational one, preserves and then ap-
plies them. In summary, it is clear that knowledge is necessary, but not sufficient for
virtuous action. The definition of courage requires nature, fortitude, education, and
knowledge.

Lidia Palumbo
On the Role of Similarity and the Image in the Care of the Soul

Analogical comparison is a characteristic tool of the Socratic epistemology ac-


cording to both Plato and Xenophon. This tool finds its theoretical foundation in
Pl.  Men.  81c–d, where a worldview based on the kinship between all entities is
sketched. In this short essay for Linda Napolitano, a refined scholar of Plato’s ethics
and iconology, I focus on the role that the images of the analogical comparison play
in Socrates’ speeches which aim to heal the soul. For the sake of brevity, I limit my-
self to considering just one example. In the context of the dialogue between Socrates
and Polo, which takes place in the Gorgias, we encounter a rightly famous and par-
ticularly articulated analogical comparison concerning not only the relationship
between body care techniques and soul care techniques, but also between images
of body care techniques and soul care techniques. The idea that there is a kinship
between the body and the soul, and between each of the two and the corresponding
image, which allows the Socrates of the Gorgias to construct, starting from a whole
semantic field linked to the body, a whole semantic field linked to the soul, thereby
configuring the body as a metaphor for the soul, as its visible and understandable
side. An entire section of the experience—all that concerns the σώμα—is then sup-
posed to make up, through its visibility, for the invisibility of that which concerns
the ψυχή.

Arianna Fermani
The Essential Is Visible: Plato and the Nuances of Erotic Desire

This chapter deals with the nuances of desire in Plato by highlighting the impor-
tance of its visual aspect. I focus mainly on the Phaedrus, but I also discuss passages
from Charmides and Cratylus. My claim is that the proximity, or distance, of the
beloved object from the eyes, brings about two different types of desire: on the one
hand, a desire with “open eyes” (ἵμερος), and, on the other, a desire with “closed
eyes” (πόθος). Himeros is connected to vision, since it not only originates from one’s
own eyes. It also interacts with the eyes of others, and deals with what they can see.
It is a desire that derives from, and is directed towards, the visible (Chrm. 154d and
Phdr. 251c–d). Pothos, on the contrary, defines a desire for what cannot be seen. It is
a kind of longing that implies separation, both in space and time, from the yearned
560 Abstracts

object. Desire is a feeling connected to pain, since separation means also absence
and the impossibility to see and to benefit from the desired beauty (Cra. 420a,
Phdr. 251d3– 4, and Grg. 496d). As a passage from the Phaedrus shows, desire can
 

be extremely risky, as it can lead to both happiness and desperation (250e-251a). But
it is only by means of such desire that the Beauty of the intelligible world becomes
visible, and therefore accessible (Phdr. 250d–e). And since Beauty is the only tran-
scendent Idea that can be grasped with the eyes “of this world,” the desire for it plays
a crucial role in visualizing the intelligible through the sensible.

Stefano Pone
Eros and Phobos in the Phaedrus

This chapter argues that in the Phaedrus fear plays a positive role in the consolida-
tion of love only as long as this love is a noble one. After examining some passages
of the Protagoras and analyzing in detail the type of erotic relationship described
in the first of the speeches on Eros delivered by Socrates in the Phaedrus, I show
how the fear felt by the lover of the palinody is a noble fear; far from being an ir-
rational terror that condemns him to destructive errors, the fear of the lover of the
palinody is a sacred fear felt towards the beloved, a fear that leads him to treat the
beloved respectfully and persist in loving him. Indeed, the thesis underlying this
chapter is that, in the Phaedrus, love, being the cause of fear, also determines its
quality. Therefore, if the love felt by the lover is a jealous and obsessive love of the
bodily beauty, the fear of its loss generated by this love will exacerbate the destruc-
tive tendencies inherent in it. Conversely, if the love is a desire for the divine beauty
that the beloved bears within himself, the fear of its loss caused by this love will be
a reverential fear that leads the lover to treat the beloved with devotion and regard.
From the idea that fear takes on the features of the love causing it, it can be inferred
that fear in itself is not necessarily something malevolent or annihilating (of oneself
and others as well). Accordingly, it is because of a deleterious way of loving that such
dangerous fears rise.

Salvatore Lavecchia
Monarchy of Fear: Antiagathology of the Tyrant

This chapter concentrates on a not yet adequately explored aspect of the charac-
terization concerning the tyrant presented in Plato’s Republic: the representation of
the tyrant as impersonating a life which is radically antithetical to a life nourished
by philosophy. Since both his life and the form of government he realizes are sepa-
rated from any conscious relationship with the Good, the tyrant lives in a permanent,
solipsistic state of fear and agitation, leading in his soul as well as in the polis to a
monarchy exclusively based on an obsessive horror of death. This condition hinders
any possibility of building harmonic relationships, so that in the polis over which
the tyrant rules common life absolutely negates any form of authentic community.
Abstracts 561

Francesco Benoni
Basanizein: The Guardians to the Test of Passions (R. 412e-414a)

Can passions be ruled? This chapter offers a close analysis of a passage, R. 412e–
414a, that shows how Plato deems it possible to rule one’s passions through educa-
tion, experience, and exercise. In book III of the Republic Plato sketches the educa-
tion of the guardians in music and gymnastics. Although such education engenders
the harmony of the soul, it is incomplete without practical experience. Indeed, pas-
sions pose a threat to the harmony of the soul: guardians are always at risk of being
led astray by them. Therefore, guardians must check their capacity for retaining the
harmony of the soul when faced with passions that can disrupt it. Only through such
a test can guardians learn how to rule their passions. The image of the touchstone
(βάσανος) describes the role of practical experience in education. As rubbing gold
upon the touchstone (βασανίζειν) is the only way to check whether it is actually pure
gold or not, so practical experience is the only way to check whether rulers-to-be
have pure gold in their souls—that is to say, whether their souls are led by the ra-
tional part, and are able to rule the passions. Education without practical experience
is insufficient: only under testing the guardians reveal the gold in their souls and
prove to be worthy of ruling.

Santiago Chame
Between Gods and Beasts: the Myth of the Statesman and the Limits of Human
Condition

In this chapter, I analyze the famous myth of the Statesman (268d–274e). My aim
is to show that central purpose of this dialogue is to underscore the corporeal, finite
and emotional character of human beings. The myth serves a crucial purpose with-
in the larger argument of the dialogue, since it highlights the insufficiencies of the
first definition of the statesman while laying the groundwork for the third and final
definition. This final definition succeeds because it takes into account the specific
character of the men and women which the statesman must rule, half-way between
the blissful ignorance of the beasts and the eternal and perfect nature of the divine.
Moreover, the rule of the statesman is marked by a peculiar conception of time, i.e.
kairological time, which cannot be understood without reference to the framework
that the myth provides. In sum, this chapter aims to show that final description of
the task of the statesman emphasizes the connection between the corporeal, finite
and emotional domains, all of which constitute the environment in which the states-
man must act.

Giulia Angonese
Notes on the Concept of Phthonos

This chapter deals with the notion of phthonos in Plato, commonly classified as envy.
This word is used by the philosopher in different contexts, according to which its
562 Abstracts

meaning fluctuates and involves other concepts and emotions. An essential analysis
of these uses indicates that phthonos ironically highlights the importance of a kind
relationship in the field of philosophical knowledge. Both in Apology and Euthy-
phro, two major sources for the trial of Socrates, phthonos is connected with slan-
der, laughter and fits of anger; it causes the charge of impiety and the corruption of
youth, but also transmits an attack on Socrates and his philosophy. In the Philebus,
it is a disposition of the soul, like anger, fear, yearning, mourning, love and jeal-
ousy—where pains are mixed with pleasures. This crucial context gives some valu-
able insights: phthonos maliciously provokes rivalry towards friends and hence it is
a puerile emotion, far from the Delphic maxim, employed by Socrates, gnothi seau-
ton. In the Symposium and in the Phaedrus, love and jealousy amplify this peculiar
struggle between phthonos and socratic doctrine. Finally, in Republic and Laws, it is
evident that envy prevents amity and dialogue, key elements in platonic philosophy.

Guido Cusinato
Excessive Philautia and Amathia as Obstacles against Exemplarity

In this chapter I focus on a passage of Plato’s Laws that has as yet received little
attention (V, 731d–732b). This passage shows that, for Plato, the origin of all evil
is neither an ontological principle, as in the Judeo-Christian tradition, nor simple
lack of knowledge (agnoia), nor ignorance combined with the false presumption of
knowledge (amathia). In this passage of the Laws, amathia itself is traced back to an
“excessive love of self” (he sphodra heautou philia). In my opinion, such “excess” has
a specific anthropological value, because it is not limited to the intellectual sphere or
the will, but directly concerns the human way of loving. My claim is that this “excess”
is an implicit possibility of the human being qua aplestos, and should therefore be
interpreted in an anthropological sense: it does not indicate a simple lack of balance,
but rather a possibility and a risk to which humans expose themselves when they ex-
ceed the homeostatic balance of needs that is typical of non-human animals. Finally,
I trace the various steps of this “anthropology of excess” back to its origin, namely to
the image of the perforated jar in Gorgias 493a–b.

Bruno Centrone
Orthotes tou kalou. Defining the Criteria of Beauty in Laws II

This chapter aims to clarify a passage of Plato’s Laws (II, 667a–671a) which concerns
the definition of three criteria of the aesthetic quality of the artistic work. My main
thesis is that the third criterion concerns neither exclusively technical nor ethical
aspects, as many interpreters maintained; rather, these two aspects are strictly inter-
twined. The skill of musician in employing correct harmonies and rhythms that are
suitable to the represented characters results in technical aspects, but also implies
knowledge of the ethical model to be imitated.
Abstracts 563

Aldo Magris
Logicity of Passions. The Stoic Critique of Platonic Pathologhia

According to Plato, the human soul is twofold, rational and irrational. The irrational
part—i.e., the passions—is in turn divided into two parts, good and bad. Such a par-
tition explicitly replicates the structure of Plato’s State. Yet the Self of man resides
in the rational element alone—like the State’s government— so the ‘good’ irrational
has to be steered to the purpose of Reason, whereas the “bad” irrational must be
repressed or at least made inoffensive. The core of the argument is that man’s nature
is complex, i.e., not homogeneous. Therefore, rational and irrational elements are
substantially different, or even independent from one another. The Academic and
Peripatetic Hellenistic schools have continued Plato’s antinomy of the rational vs.
irrational, but have also proposed, since passions are quite a “natural” phenomenon
and sometimes even useful, that the subject should exert common sense, restraint,
and balance rather than repression. The Stoic view of the passions, by contrast, is
based on the principle that the soul is unitary in itself, although it is endowed with
several functions. There is no ontological difference between the “rational” and the
“irrational,” but the latter is “rational” insofar as every act of passion always arises,
if only in a flash, from a judgement of reason. Nobody acts in a fit of passion without
having “reasoned” upon it, if only for a moment, simply because he is conscious of
what he is doing, whatever the motive of his action. Yet “reason” does not mean the
same in Plato’s nous and in the Stoic logos. The basic significance of logos is not the
consistency of reasoning and calculation but the bond by which all things and events
are linked together. The Stoics regarded this universal relatedness in the world as
causality, nature, fate, and godly providence. However, the “rational background”
of the alleged “irrational” emotions stressed the subject’s responsibility better than
a pure antithesis of both—which would entail representing passion as if it were the
impact of some alien entity hidden within him. Platonic dualism was reappraised
by the Stoic philosopher Posidonius, who took on the idea of the irrational as an au-
tonomous evil force opposing the reason. While in contradiction to his own school,
Posidonius’ psychology was interestingly drawing attention to the issues of choice,
habit, children education and changing of mind.

Roberto Schiavolin
Non tamen in eo quod animae sunt iam spiritus sunt. Platonism and Christianity in
Marius Victorinus’ Soteriology

Marius Victorinus is one of the Christian authors in late Latin antiquity, who, in
both his theological and exegetical production, uses the Platonic doctrines most fre-
quently. In an important passage, which he defined as mysterium magnum, refer-
ring to the Timaeus, he illustrates a dynamism that leads to the formation of the
anima mundi and the individual soul. However, in order to specify the ontological
status of the soul, which is clearly inferior to the divine one, Victorinus points out
the difference, present in the Sophist, between εἰκών, a faithful image of his model,
and φάντασμα, a mere appearance without substance. Furthermore, by using the
564 Abstracts

Pauline language, he develops, integrates and finalizes this primarily philosophical


vision in a markedly Christian soteriological horizon. Individual souls, in their earth-
ly existence, are slaves of temptations and desires with which they necessarily have
to measure themselves, and from which they are no longer able to detach, as if they
were the prisoners of the cave described in the Republic, who only see shadows but
consider them to be real. However, these souls, due to a fides and a cognatio intel-
ligendi that unites and associates them with Christ, can reach a meliore substantia
up to becoming spiritus, through a path of progressive perfection. This milestone
marks the passage from temporary to permanent possession of the divine breath,
which only through the incarnation and resurrection of Christ the Holy Spirit can
firmly establish itself within the human being.

Loredana Cardullo
The “Cicadas:” An Image of the Theios Aner in the Neoplatonic Exegesis of Hermias
of Alexandria

In a famous Platonic myth occurring in the Phaedrus, the melodious song of the ci-
cadas represents the paradigm of philosophizing and the ways in which philosophi-
cal life is expressed. And since philosophy is the most beautiful music (Phaedo),
the cicadas, as “prophetesses” of the Muses, are the emblem of bios philosophos. In
fact, once the cicadas discovered music, they became so passionate and seduced by
it that they let themselves die of starvation. Similarly, the true philosopher does not
let himself be carried away from sleep and idleness at the heat of midday, or from
the pleasantness of the countryside. Like Ulysses with the sirens, he does never stop
reasoning and delivering speeches beautiful as songs, and full of philosophical truth.
The myth of the cicadas is therefore a psychagogical myth, inasmuch as it leads the
young Phaedrus to abandon the deceitful sensible world, which is similar to Lysias’
beautiful but empty speech, in order to seek the true beauty to which only philosoph-
ical love can lead. In late antiquity, when the neoplatonic philosophers wanted to
add theological value to Plato’s thought and to provide it with systematic coherence,
Plato’s myths acquired further semantic and hermeneutic value. Even the myth of
the cicadas, while not comparable in terms of fascination and iconicity to other Pla-
tonic metaphors or analogies, aroused a certain interest among commentators and
assumed an important role in conveying the image of a particular bios philosophos,
that of the theios aner. This chapter analyzes Plato’s myth of the cicadas comparing
it with its interpretation by the Alexandrian neoplatonic philosopher Hermias, the
former pupil of Syrian and co-disciple of Proclus at the school of Athens.

Carlo Chiurco
Fighting against the Passion of Power: Nietzsche and Plato on the Tyrant

In this chapter, I compare Nietzsche’s conception of the tyrant to Plato’s, showing


how the former is constructed as opposed to the latter. While avoiding the problem
of whether Nietzsche’s reflections on the subject are essentially opposed to Plato’s, it
Abstracts 565

is patent that the figure of the tyrant, which involves notions such as self-sufficiency
and self-rule, at the same time brings the two philosophers closer just as it pushes
them further apart—in a relation in which, from Nietzsche’s part, attraction and re-
pulsion are as equally distributed as they are inextricably intertwined.

Emidio Spinelli
Enduring Power: Biography and Philosophy from Plato to Giuseppe Rensi

In this chapter I shall try to show the strong interrelation between biography and
philosophy, that we can perceive not only in Plato’s Seventh Letter, but also in the
interpretation of this Platonic text offered by Giuseppe Rensi. Indeed, against the
background of a wider discussion about the passions of power, Rensi fosters a form
of political moderatism based on the full respect of the law, also in order to fight
against Italian fascism. The Platonic reference works as a powerful stimulus for
Rensi, although it cannot eliminate a somewhat pessimistic vein, dictated by the fail-
ure of serious political projects against tyranny.
Finito di stampare nel mese di ottobre 2021
da Lineagrafica in Città di Castello
per conto di Aguaplano.
a cura di Benoni / Stavru Platone e il governo delle passioni

Q
Linda M. Napolitano Valditara, già Professore ordinario di Storia della uesto volume in onore di Linda Napolitano raccoglie ventidue saggi

(a cura di)
Benoni / Stavru
Filosofia Antica all’Università degli Studi di Verona (2015-2021) dopo dedicati al ruolo delle passioni in Platone. Particolare attenzione è
avere insegnato negli atenei di Trieste e Padova, si interessa di moda- rivolta alle molteplici modalità di governo attuate nei confronti delle
lità di produzione del pensiero nel mondo greco antico, soprattutto in emozioni all’interno dei dialoghi platonici. I contributi sono focalizza-
relazione all’etica e all’antropologia platonica e alla loro ripresa nelle
ti su singole passioni o su intrecci di emozioni, in riferimento a singoli dialoghi
pratiche odierne della filosofia della cura e del dialogo socratico. Quale
responsabile del Centro Dipartimentale di Ricerca “Asklepios” si occupa
o a sezioni specifiche del Corpus Platonicum: l’orizzonte di riferimento è co-
di teoria e pratica della cura anche nell’ambito della medicina narrativa stituito dalla nozione di “cura” di sé e dell’altro nelle sue molteplici accezioni
e della terapia della dignità. Ha pubblicato studi su filosofia e matema- e dalla sua funzione nell’esercizio della conoscenza, della virtù e della felicità.
tica nella scuola platonica (Napoli 1988), sull’uso in Platone di meta- I saggi ruotano intorno a tre assi tematici fondamentali: l’instabilità del-
fore visive a fini conoscitivi e morali (Roma-Bari 1994; Trieste 2001), la semantica platonica dell’affettività in relazione alla sua collocabilità fisico-

Platone e il governo delle passioni


sull’etica platonica e sui rapporti tra filosofia e mito (Milano 2007), sul psichica (la psychè, il suo rapporto con il sôma e le sue partizioni interne);
dialogo socratico e sulla sua ricezione nella contemporaneità (Milano- la messa in questione di una tradizione interpretativa secondo la quale l’ap-
Udine 2018). proccio alle emozioni in Platone sarebbe di tipo prevalentemente cognitivo,
se non rigoristico-repressivo; un’analisi non limitata a emozioni “positive”

Studi per Linda Napolitano


(felicità, amore, coraggio etc.), peraltro già oggetto di studi approfonditi, ma
estesa anche a passioni pericolose e distruttive (ira, invidia, odio etc.), la cui
indagine appare ancora marginale negli studi platonici.

Nel volume contributi di Giulia Angonese, Francesco Benoni, Marcelo


Boeri, Loredana Cardullo, Bruno Centrone, Santiago Chame, Carlo Chiurco,
Guido Cusinato, Fulvia de Luise, Arianna Fermani, Francesca Fermeglia,
Silvia Gastaldi, Salvatore Lavecchia, Aldo Magris, Maurizio Migliori, Lidia
Palumbo, Stefano Pone, Livio Rossetti, Roberto Schiavolin, Emidio Spinelli,
Alessandro Stavru, Franco Trabattoni.

aguaplano
isbn/ean

9 791280 662033
www.aguaplano.eu
Studi per Linda Napolitano aguaplano

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