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SULLA DIGNHA
DELLUQMQ
A cum di Francesco Bami
ISBN 978-88-8246-455-4
© 2003 Fondazione Pietro Bembo
Seconda edizione marzo 2007
Terza edizione aprile 2014
GIOVANNI
PICC)
DELLA MIRANDQLA
Dlsconso \
SULLA DIGNITA
DELL*uoMo
A cum di Fmncesfo Bmw'
Fd Pfßmø/Ugc; 454
INTRODUZIONE
La fortuna e la fama di Pico in età moderna riposa-
no in gran parte sulla cosiddetta Oratío de /øomims dz'-
gmìfate, che - tra le opere del Mirandolano - è di gran
lunga Ia più letta, studiata e tradotta; in definitiva,
l'unica (accanto alla grande epistola a Ermolao Bar-
baro sullo stile del discorso filosofico) capace di im-
porsi anche al di fuori della ristretta cerchia degli spe-
cialisti. Destino invero singolare, questo, per uno
scritto cui, a quanto si può capire, Pico non doveva
attribuire un rilievo paragonabile a quello di altre sue
opere di ben maggiore impegno e respiro, quali
Iifieptaplus, il Commento az' Salmi, il De ente et uno e
le Dz'sputatz`one.r adversus astrologíam dz'z›z'mztrz'cem.
L'Omtío venne stesa tra la fine del 1486 e l'inizio del
1487 perché fungesse da solenne prolusione alla di-
sputa romana che, progettata dallo stesso Pico per il
gennaio 1487, avrebbe dovuto sottoporre aIl'esame
di un ampio consesso di dotti le novecento tesi filoso-
fiche redatte per I'occasione dal Mirandolanoz ma il
fallimento deII”ambizioso disegno (determinato dalla
decisa opposizione di teologi e uomini di Chiesa, e
daII'intervento del papa Innocenzo VIII) travolse an-
che l'orazione, che Pico - dopo averne riutilizzata Ia
seconda parte nel proemio deII`/lpologia, composta
nella primavera del 1487 per difendere le tredici tesi
messe sotto accusa dalla commissione pontificia -
non volle né pubblicare, né altrimenti divulgare. La
circolazione deII'operetta, infatti, sembra essere stata
molto limitata, e non oltrepassò, verosimilmente, la
X INTRODUZIONE
pàrticne alla sua natura soltanto nel senso che questa natura inclu-
de fra le sue potenzialità quelle forme più alte di vita››. Cfr. anche
PICO, Commento sopra una canzona, II 26, p. 530: «nell”anima no-
stra, la quale è per natura libera, e puossi volgere e alla sensibile
bellezza e alla intelligibile».
"I Cfr. I-Ieptaplus, IV 5, p. 280: <<[propheta] ad eas se transfert,
quorum opus appetere, irae videlícet et libidinis, idest concupi-
scentiae, sedes. Has per bestias designat et irrationale genus viven-
tium, quia sunt nobis cum bestiis communes et, quod est infelicius,
ad brutalem saepe nos vitam compellunt [...] ut non sit creditu dif-
ficile paradoxon Pythagoricorum, si recte intelligatur, improbos
homines migrare in bruta. Intus enim atque in nostris adeo visceri-
bus bruta sunt, ut non procul peregrinandum sit ut migremus in il-
la››; e Commento ai Salmi, p. 152. Alla luce di tutto questo, ROU-
L1ER,]ean Pie, p. 493, osserva giustamente che la dignitas non è una
prerogativa e una proprietà data all'uomo una volta per tutte, ma
una realtà che egli deve conquistare giorno per giorno, esercitando
rettamente il suo libero arbitrio e lottando contro le forze che osta-
colano la sua unione con Dio.
'5 Cfr. O. BOULNOIS, Humanixme et dignité de l'/øomme selon
Pic de la Mirandola, in JEAN Plc DE LA Min/\NDoLE, Oeuvrm- phila-
rop/aiz/uer, p. 336: «La dignité de l'homme atteint paradoxalement
son comble lorsque cet être atteint librement la destination qui lui
a été assignée par la nature». Si tratta, in fondo, del paradosso cri-
stiano della `libera servitù) (l'uomo è veramente libero - perché li-
bero dal peccato, che è la vera schiavitù - quando si assoggetta
spontaneamente e senza riserve alla volontà divina e all`ordine na-
turale delle cose), recuperato e riproposto, in àmbito neoplatonico,
da Marsilio Ficino, da Lorenzo de' Medici e dallo stesso Pico nel
Commento sopra una eanzona (I 24, p. 517): «Di qui si può inten-
dere che al fato non sono sottoposte se non le cose temporali, e
INTRODUZIONE XIX
queste sono quelle che sono corporee; e però, essendo l'anima ra-
zionale incorporea, non è sottoposta al fato, anzi domina a quello,
ma bene è sottoposta alla providenzia e serve a quella; il quale .rer-
vire e una vera liberta, perché, sc la voluntà nostra obbedisce alla
legge della providenzia, e da lei guidata sapientissimamentc alla
consecuzione del suo desiderato fine; e ogni volta che da questa
servitù si vuole liberare, si fa di libera veramente serva, e fassi
schiava del fato, del quale prima era padrona, perche il deviare dal-
la legge della providenzia non è altro che lasciare la ragione e se-
guire il senso e l'appetito irrazionale, el quale è sottoposto al fato
per essere di natura corporeo; e però chi a lui si sottopone, molto
più si fa servo di colui di cui esso è servo›› (e anche III 2, p. 537:
«né mai ritiene la natura inferiore la sua libertà, se non quando del-
la superiore a sé è interamente serva; però convenientemente si
sottopone el nostro poeta alla violenzia dello amor celeste, cogno-
scendo in lei libertà grandissima»). Sulla questione cfr. M/\R'l`I-ILLI,
Proodor ea' epirtrop/né, pp. 1247-56.
If' Cfr. da ultimo BUCK, Ifantropologia, p. 10, che parla, riguardo
all'Omti0, di «una deifica'/.ione <lell'uomo che non tiene conto del-
la macchia del peccato originale e della necessità della grazia divi-
na», e di «una redenzione ad opera dell'uomo fondata [...] sulla fi-
ducia umanistica nella perfettihilità della natura umana attuabile
con le proprie forze» (ma basti, al riguardo, rinviare al coevo Com-
me///o .ro/mi una eanzona, III 4, p. 540, dove la caduta di Adamo è
imputata alla sua «cupidità di assomigliarsi perla scienzia del bene
XX INTRODUZIONE
e del male a esso Dio, e quasi per questa via dal suo governo, come
di quello non più bisognoso, liberarsi››). Il pelagianesimo era la set-
ta eretica che negava la necessità della grazia per la salvezza del-
l”uomo (cfr. il mio commento a U. VERINO, Epigrammi, Messina,
Sicania, 1998, pp. 249-51: epigr. Il 8, intitolato Qi/od bominer libe-
ro arbitrio, .tine Dei gratia, Coelum mereri neø/ueant, et quomodo
procedatur).
'I Cfr. Ileptaplui', VII, prooemium, pp. 324-26: «Est autem feli-
citas (ut theologi praedicant) alia quam per naturam, alia quam per
gratiam consequi possumus. Illam naturalem, hanc supernatura-
lem appellant››, E cfr. al riguardo DI NAPOLI, Giovanni Pico, pp.
411-12, e DF. LUBAC, Pico, pp. 118-19; e qui anche le note 18 e 2o.
I” Cfr. V/\I.(lKE-G/\LIB()IS, Le periple intelleetuel, pp. 1 1o-12,
170, 175-76; e già DE LUBAC, Pico, p. 116. Cfr. inoltre MAILSILIO FI-
CINO, De raptu Pauli (in Prosatori latini, p. 966): «Ama ante omnia
Patrem illum quo feliciter generaris, felicius regenerarir». La rige-
nerazione è anche un tema ermetico: cfr. Corpus Her/neticum, XIII
1-7.
19 <<Verum sicut omnes in primo Adam, qui oboedivit Sathanae
magis quam Deo, cuius filii secundum carnem, deformati ab homi-
ne degeneramur ad brutum, ita in Adam novissimo Iesu Christo
INTRODUZIONE XXI
Il Cfr. per questo KRISTELLER, Sources, pp. 55, 61, 83; DE LU-
BAC, Pico, pp. 95-97, 109. Anche nella lettera al Barbaro del 1485,
Pico contrappone il 'sapiente` Giovanni Scoto al `sacrilego' Lucre-
zio (§§ 126-34).
INTRODUZIONE XXIX
58 Per un”analisi del latino dell`Oratio cfr. BAUSI, Nec r/Jetor, pp.
117-41.
XLII INTRODUZIONE
"*° Cfr. al riguardo DI NAPOLI, Giovanni Pico, pp. 375 e 379; Dli
Lula/xe, Pico, p. 85; C1:/WEN, Un caso, pp. 68-69; (loromuu, Micro-
cosrno, p. 295.
“I Cfr. i luoghi delle Dirputationer citati qui nel commento a
Oratio, S 193 quando manavit; e cfr. DI NAPOLI, Giovanni Pico,
pp. 285-86; FARMER,Syncreti.1m, pp. 142-45.
62 Per questi avvenimenti cfr. ora BIONDI, La doppia inc/aierta.
63 Per quanto segue cfr. il mio Giovanni Pico della Mirandola: fi-
losofia, teologia, religione, in «Interpres», XVIII, 1999, pp. 74-9o.
XLIV INTRODUZIONE
(18
Cfr. Commento ai Salmi, pp. 162-64.
6° Heptaplur, III 2, p. 252: «Domini Spiritus quid erit, potius
quam spiritus amoris? Neque enim spiritum scientiae ita proprie
Domini Spiritum dicemus, quoniam et scientia quandoque abducit
a Deo. Amor autem ad Deum semper adducit››; VII, prooemium,
p. 338: «Quare postquam Christus est agnitus, si qui Christum non
induuntur, non solum prima felicitate, sed et secunda, idest natu-
rali, iure privantur, quia gratiam nolle non nisi corruptae est et la-
befactae naturae. [...] Ad hanc felicitatem religio nos promovet,
dirigit et impellit, quemadmodum ad naturalem duce utimur phi-
losophia; quod si natura rudimentum est gratiae, utique et philo-
sophia inchoatio est religionis, neque est philosophia quae a reli-
gione hominem semovet››.
INTRODUZIONE XLVII
2. Edizioni utilizzate
3. Studi critici
BORI, Pluralita
P.C. BORI, Pluralita delle vie. Alle origini del «Discorso»
sulla dignità umana di Pico della Mirandola, Milano, Fel-
trinelli, 2000.
BUCK, L'antropologia
A. BUCK, Giovanni Pico della Mirandola e l'antropologia
dell'Umanesimo italiano, in Atti' 1997, pp. 1-12.
CASSUTO, Gli ebrei a Firenze
U. CASSUTO, Gli ebrei a Firenze nel Rinascimento, Firen-
ze, Olschki, 1945 (prima ediz. ibid., Galletti e Cocci,
1918)
BIBLIOGRAFIA LXIII
COLOMER, Microcosmo
E. COLOMER, Microeosmo e maerocosmo fra il primo e se-
condo umanesimo, in Atti1997, pp. 28 1- 301.
COPENHAVER, Lbcculzo
B. COPENHAVER, L'oeeulto in Pico, in/1tti1997, pp. 2 1 3-36.
CRAVEN, Un caso
WG. CRAVEN, Pico della Mirandola. Un caro storiografi-
co, trad. it. Bologna, Il Mulino, 1984 (ediz. originale
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DALES, A Medieval View
R.C. DALES, A Medieval View of Human Dignity, in
«Journal of the History of Ideas», XXXVIII, 1977, pp.
ss7-72-
DELL'ACQUA-MONSTER, I rapporti di Giovanni Pico
G. DELUACQUA-L. MUNSTER, I rapporti' di Giovanni Pim
della Mirandola eon alcuni filosofi ebrei, in L'opera e il
pensiero, II, pp. 149-68.
DE LUBAC, Pico
H. DE LUBAC, Pico della Mirandola. L'alba incompiuta
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ediz. italiana; ediz. originale Paris, Éditions Aubier
Montaigne, 1974).
DI NAPOLI, Giovanni Pico
G. DI NAPOLI, Giovanni Pico della Mirandola e la proble-
matica dottrinale del .tuo tempo, Roma-Parigi-Tournab
New York, Desclée e C. - Editori Pontifici, 196;.
DU CANGE
Glossarium mediae et inƒimae Latinitatix, conditum a CA-
LXIV BIBLIOGRAFIA
GARIN, Pbantasia
E. GARIN, 'Pbantasia' e “imaginatio' fra Marsilio Ficino e
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GARIN, Prolusione
E. GARIN, Prolusione, in /ltti 1997, pp. XLV-LV.
HovEN
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M. IDEL, Tbe Magical and Neoplatonic Interpretations of
tbe Kabbalab in tbe Renaissance, in Essential Papers on
BIBLIOGRAFIA LXV
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Revised Medieval Word-Li.s*t, prepared by RE. LATIIAM,
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LELLI, Pico tra filosofia ebraica e «qabbala»
F. LELLI, Pico tra filosofia ebraica e «qabbala››, in Pico,
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LELLI, Un collaboratore
F. LELLI, Un collaboratore ebreo di Giovanni Pico della
LXVI BIBLIOGRAFIA
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S. RIZZO, «Cinnus». Storia di una parola, in Studi' latini in
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pp- ss 5-46-
SABBADINI, Il metodo
R. SABBADINI, Il metodo degli umanisti, Firenze, Le Mon-
nier, 1920.
LXVIII BIBLIOGRAFIA
MASO D'AQUINO, Exp. Etb., VII 1, 8: «anima humana media est in-
ter superiores substantias et divinas [...] et animalia bruta». E cfr.
FICINO, Tbeol. Plat., III 2, dove si dice che l`anima umana «talis
existit ut superiora teneat, inferiora non deserat, atque ita in ea su-
pera cum inferis colligantur››. La duplice natura dell'u0mo è sotto-
lineata anche nell'Asclepius (VIII e IX), dove pure si insiste sulla
'parentela' fra uomini e dei (XXIII, p. 325: «de cognatíone et con-
sortio hominum deorumque››). - sensuum lumine: nel suo com-
mento all'Asclepius, Ficino esalta l'«acumen mentis», la «sagacitas»
e la «intentio animi» dell'uomo (Opera, vol. II, p. 1860). - stabilis
bymeneum: nel FICINO, Tbeol. Plat., III 2, l”anima dell'uom0 è
definita «universorum connexio», «vinculum››, «Centrum naturae,
universorum medium, mundi series, vultus omnium nodusque et
copula mundí›› Le locuzioni mundi copula e mundi bymeneus sono
sinonimiche. Cfr. ancora ibid., X 3: «[rationales animae] secun-
dum Chaldaeos in confinio sunt aeternitatis et temporis›› (per que-
sto concetto cfr. anche ibid., III 2). «Imene››, «membrana» (greco
upfiv) è in effetti termine tecnico degli oracoli caldaici (Oracula
Cbaldaica, fr. 6 des Places), dove designa il principio intellettivo di
separazione tra gli esseri (cfr. le note dell'ed. des Places, pp. 124-
25). - ab deminutum: cfr. Ps., 8, 6: «minuisti eum paulo minus
ab angelis›› (e DANTE, Conv., IV 19, 7: «Tu l'hai fatto poco minore
3-6 5
molte parti vengono addotti a proposito dell'eccel-
lenza della natura umana: essere, cioè, l'u0mo mes-
saggero tra le creature, affine a quelle superiori, so-
vrano di quelle inferiori; interprete della natura, in
virtù dell'acutezza dei sensi, della capacità analitica
della ragione, della luce dell'intelletto; interstizio tra
l`immobile eternità e il fluire del tempo, e (come di-
cono i Persiani) vincolo, anzi imeneo del mondo, di
poco meno grande - secondo quanto afferma David
- rispetto agli angeli.
Queste ragioni sono certo di grande rilievo, ma 4
non sono le più importanti: non sono tali, cioè, da
poter rivendicare a sé stesse il privilegio di una supre-
ma ammirazione. Perché infatti, allora, non ammiria- 5
mo maggiormente gli stessi angeli, oppure i beatissi-
mi cori celesti? Alla fine mi parve di aver compreso 6
perché felicissimo tra gli esseri viventi, e quindi de-
gno di ogni ammirazione, sia l”uomo; e quale vera-
che li angeli››); PICO, Commento sopra una canzona, III 1, pp. 539-
40: «rettamente dice David che gli uomini sono poco diminuiti
dalla natura angelica [...] e noi dalla dignitate angelica poco dimi-
nuiti>>; Commento ai Salmi, XVII, p. 166: <<[Deus] qui et nos paulo
minus ab angelis minuit››; Heptaplus, III 7: «hominem deminu-
tum ab angelis›› (c qui il § 97). Per la diffusa idea dell'uomo come
“piccolo mondo), nel quale sono racchiuse, insieme allo spirito di-
vino, le diverse nature di tutto ciò che esiste, cfr. ancora /l.sclepiu.t,
VI, p. 302; NI:MEsIo, De natura boininis, I 63-64; BON/\vnNru1</\,
Itinerarium mentis in Deum, II 2-3; MANE'I`TI, De dignitate, I, p. 30;
e anche PICO, Commento sopra una canzona, I 12, p. 478 («la natu-
ra dell'uomo, quasi vinculo e nodo del mondo, è collocata nel gra-
do mezzo dell”universo; e come ogni mezzo participa de gli extre-
mi, Così lluomo per diverse sue parte con tutte le parti del mondo
ha communione e convenienzia, per la quale cagione si suole chia-
mare Microcosmo, cioè uno piccolo mondo»); Heptaplus, aliud
prooemium, p. 192, e V 7, p. 304; e qui il § 1 17.
6 DISCORSO SULLA DIGNITA DELLYUOMO
12. Sed admiraretur: che l'uomo sia stato creato da Dio per-
ché ne ammiri l'opera afferma, ad esempio, L/\TT/\NZI(), De ira Dei,
XIV 1: «Sicut mundum propter hominem machinatus est [Deus],
ita ipsum propter se tamquam divini templi antistitem, spectato-
rem operum rerumque caelestium››. E cfr. anche MANI;'I'TI, De di-
gnitate, III, p. 96: «Fecit igitur Deus hominem ut per quandam ad-
mirabilium operum suorum intelligentiam certamque cognitionem
eorum opificem recognosceret et coleret››. Si tratta di un motivo
anche ermetico; vedi Corpus Hermeticum, III 3 («Dio ordinò poi
che fossero creati gli uomini, perché conoscessero le opere divine
[...]. Dio creò gli uomini perché contemplassero il cielo, la corsa
degli dei celesti, le opere divine››) e X 15; /lsclepius, VIII-IX.
8 DISCORSO SULLA DIGNITA DELL,UOMO
Per effeta nel senso di `sfinita dai parti' cfr. la «effeta tellus» di LU-
(IREZIO, II 1150. Che «non è proprio di Dio [...] lo stancarsi» si leg-
ge nel Corpus I-Ierinetieum, XVIII 1 (e anche 3: «Dio è un soffio in-
stancabile››); che il mondo sia «divinitatis partum›› afferma l'Ascle-
pius, VIII, p. 305.
17. opifex: il termine, per designare il creatore dell'universo, E-:
già impiegato dai poeti classici (OVIDIO, Met., I 79; LUGANO, X
267), e ricorre con frequenza negli autori cristiani. Qui cfr. in par-
ticolare CALCIDIO, In Timaeum, 26, p. I 86, dove si afferma che Dio
edificò il mondo «tanquam opifex aliquis manibus ceterarumque
artiurn molitione». E cfr. anche il § 56 (e la nota relativa), oltre a
PICO, Commento sopra una canzona, I 9, p. 473 («opefice del mon-
do››) e III 10, p. 570 («l'opifice del mondo»); Commento ai Salmi,
pp. 170, 188, 220.
18. indiscretae imaginis: indiscretus vale qui indeterminato',
IO DISCORSO SULLA DIGNITA DELL›UOMO
20. pro posui: cfr. Eccli., 15, 14: «Deus ab initio constituit ho-
minem, et reliquit illum in manu consilii sui» (V/\Lt:I<I-1-G/\LII1oIs,
Le périple intellectuel).
22. arbitrarius fictor: nel senso di `volontario`, arbitrarius è at-
testato in Plauto e in Gellio; qui la fonte è però M/\I<zI/\No C/\I›uI.-
LA, I 68, dove Giove è definito «fictor arbitrarius [mundi]›› (ed è
notevole che l`espressione sia riferita da Pico all”uomo). L'aggetti-
vo bonorarius è invece tecnicismo giuridico, applicato di norma ai
magistrati designati dal pretore; qui vale `straordinario', ossia “reso
tale da Dio', che è invece plastes et fictor ordinarius (o naturalis).
Cfr. anche la lettera di Poliziano a Pico del 2 maggio 1494: <<non
quidem ut iudex, sed ut arbiter honorarius» (POLIZIANO, Opera
omnia, p. 164). La fonte dell”immagine è PLOTINO, Ennead., l 6
[1], 9, 13: «Non smettere di costruire la statua di te››.
23. Poteris regenerari: per la contrapposizione degenerare / re-
generari (e per i rinvii ai luoghi paralleli dcll'I-Ieptaplus e del Com-
I2 DISCORSO SULLA DIGNITÀ DELLYUOMO
mento ai Salmi) cfr. Introduzione, pp. XX-XXI. E cfr. qui anche l'an-
titesi reformant / deformant al § 35.
25. Bruta sunt: cfr. LUCILIO, 623 Marx (citato in NONI() MAR-
CELLO, De compendiosa doctrina, p. 109 Lindsay): «ita uti quisque
nostrum e bulga est matris in lucem editus» (dove bulga, `borsa`, è -
così come nella nostra traduzione - metafora per `utero'). La cita-
zione tornerà nelle Disputationes adversus astrologiam, IV 5, p. 4 5 8.
26. Supremi aeternitates: come osserva DE LUBAC, Pico, pp.
63-64, la precisazione paulo mox (`poco dopo') si riferisce qui alla
caduta di Lucifero e degli angeli suoi seguaci, che - esercitando un
libero arbitrio analogo a quello dell'uomo - si ribellarono a Dio
all'indomani della creazione.
27. omnifaria: il rarissimo aggettivo omnifarius, attestato in po-
chi autori cristiani (cfr. BAUSI, Nec rbetor, p. 136), ricorre inoltre
nell'I-Ieptaplus (aliud prooemium, p. 186) e nella precedente reda-
zione dell`Oratio (§ 27). Lo impiega anche il Poliziano nei Miscella-
nea, I 74 (Opera omnia, p. 284): «omnifariae historiae».
29. Si filius: cfr. GIAMBLICO, Protrepticus, V, p. 35 Pistelli:
«Privato dei sensi e dell'intelletto, l'uomo diventa simile a una
pianta; privato del solo intelletto, diventa una bestia; privato
dell'irrazionalità, ma restando in possesso della ragione, diviene af-
24-39 13
O somma liberalità di Dio Padre, somma e mirabile
felicità dell'uomo, cui è concesso di ottenere ciò che
desidera, di essere ciò che vuole! Gli animali bruti, ap-
pena vengono alla luce, recano con sé (come dice Lu-
cilio) dalla borsa della madre ciò che sono destinati a
possedere. Le intelligenze supreme furono sin dall”ini-
zio, o da poco dopo, ciò che saranno per l'eternità sen-
za fine. Nell'uomo, all'atto della nascita, il Padre infu-
se i semi di ogni specie e i germi di ogni genere di vita.
Cresceranno, e in lui produrranno i loro frutti, quelli
che ciascuno coltiverà. Se coltiverà quelli vegetali, di-
venterà una pianta; se quelli sensuali, abbrutirà; se
quelli razionali, riuscirà un essere celeste; se quelli in-
tellettuali, sarà un angelo e un figlio di Dio. E se, non
accontentandosi di alcuna delle sorti assegnate alle
creature, si raccoglierà nel centro della sua unità, di-
ventato un solo spirito con Dio, lui che fu stabilito so-
pra tutte le cose sarà superiore a tutte le cose, nella so-
litaria caligine del Padre.
46. cum z'nrz`pic›nlz`/aus: cfr. Ps., 48, 21; <<IIomo, cum in honore
esset, non intellexit. Comparatus est iumentis insipientibus, et si-
milis factus est illis››. Citato anche nell'Hepraplus, IV 6, p. 284, e
nel Co/nƒnento supra una canzona, III 1o, p. 574: «né può essere se
non debile e inferma l`anima che sempre sopra il corpo prostrata
mai in sé non si diriza e in sé stessa rivolgendosi e' sua tesauri mai
riconosce, ma, come dice Asaf, essendo in dignità e onore posta,
non si conosce e simile diventa a' bruti insipienti›› (dove Pico attri-
buisce ad Asaf il salmo 48: cfr. la nota seguente). - .red 0mnv_v:
cfr. Pr., 81, 6: «Ego dixi: Dii estis, et filii Excelsi omncs»; Iob., 1o,
34. Il Salmo 81 reca l'intitolazione «Psalmus Asaph››; Asaf, cantore
e poeta sacro, era il direttore dei musici del tempio (cfr. 1Cr0n., 6.
39; 16, 5 e 7; 25, 1, 2 e 6; 2Cr0n., 5, 12); a lui la tradizione attribui-
sce dodici salmi. Cfr. anche la nota precedente.
22 DISCORSO SULLA DIGNITÀ DELLIUOMO
che ora s'accresce fino ad essere uno solo da molti, ora all'incontro
sua natura scinde a esser molti da uno»; e W. 16-17). Pico parla di
vir Titanica e di vir Phebea alludendo, rispettivamente, a Seth (che
smembrò Osiride, e che i Greci identificarono col titano Tifone) e a
Horos (che, come si è detto, vendicò il padre Osiride, e che eta
identificato con Apollo): cfr. PLUTARCO, De Iride et Oriride, 371b
(«Tifone invece rappresenta quella parte dell'animo vitale soggetta
alle passioni, priva di ordine e di intelligenza, titanica, insomma››),
373c, 375f. Inoltre, l'unità era identificata dai pitagorici con Apol-
lo: cfr. ibid., 354f, 38 1f; ID., De E apud Delp/vor, 388f; PL()TINO, En-
nead., V 5, 6; F1c1No, T/øeol. P/ar., IV 1.
83. iustum Iob: per il «giusto›› Giobbe cfr. Iob, 1, 1: «erat vir ille
simplex, et rectus, ac timens Deum, et recedens a malo». - qui
vitam: i commentatori rinviano qui a Iob, 31, 18: «ab infantia mea
crevit mecum miseratio, et de utero matris meae egressa est me-
cum››; ma forse qui Pico ha confuso Giobbe con Geremia (cfr. in-
fatti Ier., 1, 5: «priusquam te formarem in utero, novi tc; et ante-
quam exires de vulva, sanctificavi te, et prophetam in gentibus de-
di te>›). - decem ei: cfr. Dan., 7, 10: «millia millium ministrabant
ei, et decies millies centena millia assistebant ei›› (così citato nel-
l'Heptaplur, III 6, p. 264: «et verum erit illud Danielis: “decies mi-
lia assistebant ei, et mille milia ministrabant ei”››). Il versetto di
Daniele è citato anche da Gregorio Magno in un luogo sopra ricor-
dato delle Homil. in Evang. (II 34, 12 = PL LXXVI, 1254), e dal
FICINO in Tbeol. Plat., I 5. - Qui excelrir: cfr. Iob, 25, 2: «qui fa-
cit concotdiam in sublimibus eius», così citato nelle Concluriones,
82-Ss 37
nel seno del Padre, che sta al sommo della scala, ci
annienteremo nella teologica felicità.
Interroghiamo anche il giusto Giobbe, che strinse
un patto col Dio della vita prima di esser generato al-
la vita, e chiediamogli che cosa l'eccelso Dio maggior-
mente desideri in quei milioni di angeli che lo assisto-
no: la pace, risponderà senz'altro, giusta quello che
nel suo libro si legge: «Colui che fa la pace nell'alto
dei cieli›>. E poiché l°ordine mezzano si fa interprete
presso le intelligenze inferiori dei decreti dell'ordine
supremo, il filosofo Empedocle interpreti per noi le
parole del teologo Giobbe. Egli, come attestano i
suoi versi, ci indica mediante la contesa e l'amicizia,
I 6 (De divino furore), pp. 25-26: «[Plato] oriri vero poeticum hunc
furorem a Musis existimat. [...] Musis, id est celestibus numinibus
atque cantibus, divini homines conciti, ad eorum imitationem poe-
ticos modos ac numeros meditantur». Per la musica delle sfere ce-
lesti, che può essere udita solo con le orecchie dell”anima, cfr. an-
che PICO, Epistola a Ermolao Bar/raro, 62: «Assume illas Thianei
aures, quibus - cum omnino non erat in corpore - non terrestrem
Marsiam, sed Apollinem caelestem divina cithara universi melos
ineffabilibus temperantem modis exaudiebat».
112. Tum ortendenr: cfr. Rm., 1, 2o: «Invisibilia enim ipsius, a
creatura mundi, per ea quae facta sunt, intellecta, conspiciuntur»
(Progetto Pico [Marchignoli]); citato anche da FICINO, Lettere, I 6
(De divino furore), p. 22: «Itaque Paulus ac Dionisyus [...] invisibi-
lia Dei asserunt per ea quae facta sunt queque hic cernuntur intel-
ligi». Qui l'allusione è al furore iniziatico, ispirato da Bacco; cfr.
l'accenno ai «mysteria›>, e cfr. FICINO, Comm. in Coma., VII 14:
«alter [furor] mysterialis [...] mysterium a Dionysio››. Il «Musarum
dux›› (Mu.rag¢›te,r) è propriamente Apollo, ma l'appellativo veniva
talora assegnato anche a Mercurio, Ercole e - appunto - Bacco
(cfr. FORCELLINI, ru. Musagetes, vol. VI, p. 299); qui l`indicazione
di Bacco quale “guida” delle Muse è però funzionale a una precisa e
complessa simbologia orfica (per cui cfr. l'Intr(›duzz'om›, pp. XXXV-
XXXVI). - inc/rrzkzbíl Dei: cfr. Pr. 35, 9: «[filii hominum] inebria-
buntur ab ubertate domus tuae›› (citato da Pico anche nelle Con-
clurioner, p. 130 = C0nclusz'0ne.r cabalistícac, 17). L'allusione all'eb-
brezza (inc/øriabít) si lega qui, senza dubbio, all”idea 'accessoria' di
Bacco dio della vite e del vino, ma anche alla nozione di *ebbrezza
divina', ossia di estasi mistica e rapimento soprannaturale (cfr. qui
§ 93). Cfr. Pl(l(), Com*/u.\'z'0ne.r, p. 124 (C0ncluríone.r dc modo miel-
/igendz' bymnos Or/2/:ei secundum magiam, 24); «Non inebriabitur
per aliquem Bacchum, qui suae Musae prius copulatus non fuerit››;
e inoltre WIND, Misteri, pp. 336-37. - duplicifurore: si tratta dei
111-113 53
due furori cui Pico allude nel § seguente: quello divinatorio e quel-
lo amoroso, che (dipendenti rispettivamente da Apollo e da Vene-
re) mettono direttamente l'uomo 'invasato` in contatto con la divi-
nità. Cfr. ancora FICINO, Leltcre, I 6 (De dz'vz`noƒurore),' pp. 27-28.
1 13. inde fuerint: il Marchignoli (Progetto Pico) rinvia giusta-
mente a PLUTARCO, De E apud Delpbor, 387b, dove, citando Ome-
ro, si fa riferimento - come qui - all`arte divinatoria che procede
da Apollo: «poiché tutto il presente deriva e dipende dal passato e
tutto il futuro è legato al presente secondo un processo che corre
da un principio a una fine, colui che possiede la scienza di connet-
tere e porre in relazione le cause tra loro secondo il rapporto natu-
rale, è anche in grado di annunciare “il presente e il futuro e il pas-
sato" [OMERO, Il., I 7o]». I-Ia in mente questo verso omerico anche
BOEZIO, Dc mm: pbíl., V m. 2, 11-12; «Quae sint, quae fuerint ve-
niantque, I uno mentis cernit in ictu››; e cfr. Fl(ìlN(), Dc role, VI:
«Apud Aegyptios Minervae templis aureum hoc legebatur inserip-
tum: “Ego sum quae sunt, quae erunt et quae fuerint"» (Pm.ralorz`
/alím', p. 982). - ífzscctilz' acvoz l'1'11_reclilc acvum (letteralmente
`l'evo indivisibile') è l'eternità. Ifaggcttivo m.rectz'/z'.\', derivante da
ínreco, è attestato solo nel latino umanistico, e il primo ad usarlo
sembra essere stato il Barbaro nella sua parafrasi di Temistio. Pico
lo impiega anche nell'epistola allo stesso Barbaro, § 93: «stat punc-
to insectili et individuo›› (cfr. BAUSI, Nec r/Jclor, p. 47). - illorum .;.
amatorcr: il furore divinatorio («illorum Phebei vates», dove illo-
rum si riferisce a «quae sunt, quae erunt quaeque fuerinr››) e quello
amoroso («huius alati erimus amatores», dove /Juzm si riferisce alla
«primaeva pulchritudo››; con alalí Pico allude non solo alle plato-
niche «ali›› dell'anima [per cui cfr. § 94 e nota alatis Mercurííl,
ma anche a quelle di Eros, figlio di Venere e dio dell'amore). Cfr.
FICINO, Comm. in Conv., VII 14: «tertius [furor] vaticinium [...]
vaticinium ab Apolline [...] amatorius affectus est quartus [...]
54 D1scoRso SULLA DIGNITA DELL'UoMo
utriusque linguae›› (cfr. per tutto questo BAUSI, Nec rlwtor, pp.
121-22; RIZZO, Cinnur, pp. 335-46). Qui cynnus designa l'uomo in
quanto partecipe di tutte le cose e di tutte le nature, per la sua po-
sizione di mterrtitzum e per la sua condizione di 'microcosmo' (cfr.
la nota precedente).
1 18. Qui... rcríprerunl: cfr. PLATONE, /llcí/2. I, 131a- 133c.
119. Por/frcmo diceumr: cfr. PLUT/\R(10, De E apua' De/p}J0.t,
392a; 393a-b: «Invece il dio esiste. “Tu sei", dobbiamo proclamare.
Esiste non nel tempo, ma nell`eternità immobile, senza tempo, sen-
za mutamenti, che non ha un prima e un dopo: essa non conosce fu-
turo né passato, vecchiezza e gioventù. Essendo unico, egli abbrac-
cia l'eternità nell”unico suo presente, e solo ciò che esiste a queste
condizioni esiste realmente, non soggetto né al passato né al futuro,
né all'inizio né alla fine». Il saluto «tu sei›› vuole dunque riconosce-
re l'eternità e l'unicità di Dio, di contro alla molteplicità e al diveni-
re cui sono soggetti gli uomini e tutto quanto si trova sulla terra.
120. quod exi.rtzmavíl: allusione al titolo di «filosofo» (`amante
della sapienza') che Pitagora - rifiutando la qualifica di `sapiente` -
coniò per sé stesso. Cfr. ad esempio DIOGENE LAERZIO, Vitae, I 12 e
VIII 8; CICERONE, Tura, V 8: «Cuius [rail Pythagorae] ingenium et
eloquentiam cum admiratus esset Leon, quaesivisse ex eo qua maxi-
me arte confideret; at illum artem quidem se scire nullam, sed esse
58 D1sc0Rso SULLA DIGNITA DELL'u0M0
versi da sé››; 249c: «solo l'anima del filosofo mette le ali» (e anche
FICINO, Comm. in Conu., IV 4, pp. 172-73; Ißttere, I 6 [De a'iz/mo
furon'], p. 21' PICO Commento ai Salmi, p. 168: «nos, resolutis alis
quas paravit nobis artifex Pater, cadimut in torrentem iniquitatis»).
Per gli <<interpretes Chaldei›› cfr. la lettera pichiana al Ficino qui ci-
tata alla nota precedente; il testo cui Pico si riferisce doveva essere,
evidentemente, un'illustrazione dei Carmina di Zoroastro,
132. Percunclanttløur vitae: fonte non identificata. Per questi
misteriosi «interpretes Chaldei›› cfr. qui le note ai §§ 130-131 (e
cfr. Introduzzone, p. XI.).
133. qui moi": cfr. PI(`,(), Crmclurionei', p. 116 (= Conclu.\*1'one.\'
tlc intelligentia dictorum Zoroa.\'trir, Io): «et ipsi lxcil. Chaldaei] si-
cut et Zoroaster aenigmatice loquuntur››.
134. Nomen meridia: per queste quattro lacune, cfr. la Nola al
ter/0, pp. 173-74. Per i quattro biblici fiumi del paradiso terrestre,
cfr. Gen., 2, 10-14: «Et fluvius egrediebatur de loco voluptatis ad
irrigandum paradisum, qui inde dividitur in quatuor capita. No-
men uni Phison [...] Et nome fluvii secundi Gehon [...] Nomen ve-
64 Dtscoaso SULLA DIGNITA DELL”uoMo
ro fluminis tertii, Tigris [...] Fluvius autem quartus, ipse est Euph-
rates» (C PICO, Conclurioner, p. 56 = Conclusione; secundum doctri-
nam rapicntum Hebraeorum Ca/aalirtarum, 1 1).
1 35. profecto perferamur: le quattro discipline attraverso cui si
snoda il percorso gnoseologico tracciato da Pico sono paragonare ai
quattro punti cardinali, dai quali si dipartono i quattro fiumi para-
disiaci (cfr. il § precedente): lioccidente rappresenta la filosofia mo-
rale (che con le sue undae Hibericac - ossia le acque del Mediterra-
neo occidentale -lava le lordure degli occhi: l'accenno alla Spagna
potrebbe forse nascondere un'allusione a «Seneca morale››, nativo
di Cordova), il settentrione la dialettica (che, con la sua boreale li-
vella, aiuta a dirigere rettamente lo sguardo, dissipando le nebbie
della ragione: cfr. § 71, e Commento ai Salmi, p. 226, dove si affer-
ma che il settentrione «serenitatem indicit››), l'oriente la filosofia
naturale (che, con la sua debole luce, simile a quella del sole na-
scente, ci avvicina alla conoscenza di Dio), il meridione la teologia
(che ci consente di contemplare in tutto il suo splendore la luce so-
lare della divinità). Cfr. al riguardo la nota del CI(;0(;N/\NI, pp. 42-
43, e BAUSI, Nec r/aeior, pp. 11 8-19 e 136 (anche per le rarissime vo-
ci borealis e meridiare). Da notare anche i due omeoteleuti, fra loro
consonanti: expiemur / lineemur e arruercamus / perferamus.
136. Hae cognitiones: cfr. Pr., 54, 18: <<Vespere et mane et me-
134-136 65