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EMOTION-FOCUSED THERAPY

Esplicitazione degli scopi


L’EFT affida un ruolo fondamentale alle emozioni, considerandole la chiave della nostra identità e una guida per le scelte
individuali. Il fine della terapia è aiutare le persone a ridurre gli effetti negativi dei processi emotivi disadattivi, attraverso
l’acquisizione di una maggiore consapevolezza delle proprie emozioni. Il terapista cerca quindi di aiutare il cliente a trasformare
un processo emozionale disadattivo in un altro più adattivo. Gli scopi, pur non essendo stabiliti concretamente, risultano
comunque deducibili dalla conversazione. Infatti viene spesso richiesto alla cliente di esprimere ciò che ha provato in un
determinato momento, sia nel passato, sia durante la seduta (sfruttando la tecnica della doppia sedia). In questo modo fa emergere
l’importanza dell’esperienza emozionale e del dover “rimanere” in essa, senza cercare di evitarla. Alla fine la paziente arriva a
provare una sensazione di dolore (​“painful feeling”​), espressa in modo viscerale, essendo arrivati a trattare il sentimento del
bisogno (​“core need”​).

Oggetto del colloquio psicoterapeutico


Gli argomenti del colloquio sono di libera scelta della paziente, la quale inizia a parlare del fatto di non riuscire a raggiungere i
propri obiettivi, autosabotandosi e cercando sempre scuse per non portare a termine quel che inizia. Prova rabbia nei confronti di
sé stessa, che ogni volta esprime tramite il pianto. Il terapeuta sottolinea l’importanza di permanere in quella sensazione di dolore,
cercando di approfondire la sensazione che prova (anche a livello di sensazione fisica). Il terapeuta propone uno spunto per
approfondire il passato della paziente ed in particolare si è cercato di risalire al momento in cui ha cominciato ad esperire quella
sensazione. Si giunge quindi a parlare della madre ed emerge dalla paziente come non si sia mai sentita accettata per quella che
era e come le sue abilità non siano mai state ritenute sufficientemente valide. Emerge, infine, il suo bisogno profondo di sentirsi
amata e accettata. Conclusa la seduta, il terapeuta chiede alla donna di esprimere le proprie sensazioni attuali e la paziente
riferisce di sentirsi più speranzosa.

Conduzione del colloquio


Lo stile del terapeuta è principalmente passivo, lasciando molta libertà alla paziente di esprimersi liberamente e di scegliere gli
argomenti. Ciò nonostante, ci sono momenti in cui dirige ed indirizza la paziente verso aspetti che è necessario approfondire,
principalmente al fine di farle esperire le emozioni sottese (in pieno accordo con lo slogan teorico ​“feel your feelings”​). Il
terapeuta si focalizza nel riconoscere empaticamente le espressioni emozionali della cliente, attraverso l’analisi dei markers
emozionali: il pianto che sottende in realtà l’emozione della rabbia ne è uno specifico esempio. Caratteristica strutturale del
colloquio risulta essere l’intervento con la ​tecnica della doppia sedia. ​Il terapeuta propone alla donna di rivolgersi a sé stessa (e
poi idealmente alla madre) e di esprimersi a riguardo delle sensazioni provate (rabbia, voglia di vendetta e paura). ​Attraverso tale
tecnica riesce a fare leva su questa ambiguità emozionale espressa dalla cliente, guidandola quindi verso una maggiore
consapevolezza del proprio vissuto, sia tramite riconoscere a parole sia tramite simulazione interna del vissuto stesso. ​Ci si
concentra quindi principalmente sui sentimenti e le emozioni, anche se in minima parte si parla di pensieri (modi in cui la
paziente si dà spiegazioni riguardo certe sensazioni). Il focus si alterna tra presente e passato: a partire dalle sensazioni del
presente, si indagano i vissuti del passato e si cerca di individuarne l’origine. In linea di massima si tratta di un colloquio poco
strutturato, in cui le domande sono in larga misura dirette aperte. Gli interventi tecnici del conduttore sono principalmente
comportamenti ad eco (spesso acconsente verbalmente o con un cenno del capo), che aiutano a creare il giusto livello empatico.
Sono inoltre presenti reiterazioni a riflesso semplice (quando incentiva la paziente a continuare il discorso “non è la tua natura
di…?”) e reiterazioni a riflesso parziale (quando vuole spostare l’attenzione su aspetti specifici, citati dalla paziente).

Relazione
Il terapeuta si dimostra sin da subito capace di costruire un ambiente sicuro e confortevole, in cui le emozioni della cliente, anche
quelle più disadattive, possano trovare spazio. Per tutta la durata del colloquio si può apprezzare come il terapeuta sia molto
aperto nei confronti della cliente, dimostrando accoglienza e comprensione. La comprensione empatica è rappresentata qui nel
massimo grado. Il terapeuta, inoltre, non ha mai espresso un punto di vista proprio rispetto ai vissuti e alle emozioni della cliente,
ma ha invece cercato continuamente di focalizzare l’attenzione su ciò che sembrava più centrale del quadro emozionale. Dunque,
pure l’atteggiamento non giudicante si rivela con chiarezza, essendo quello della terapia un momento dedicato al paziente ed al
suo vissuto, in cui egli possa liberamente esprimere le emozioni che sottendono i propri comportamenti disfunzionali.
APPROCCIO COGNITIVISTA
Esplicitazione degli scopi
L’approccio cognitivo ipotizza che le emozioni e i comportamenti delle persone siano influenzati dalla loro stessa percezione
degli eventi. In questo modo, i disturbi psicologici deriverebbero dalle distorsioni cognitive, causate dall’errata interpretazione
delle situazioni. Il fine è quindi aiutare le persone ad effettuare una valutazione realistica delle situazioni, per giungere ad un
miglioramento dell’umore e del comportamento. Gli scopi della terapia non sono esplicitati in modo chiaro, almeno inizialmente.
Si riscontra, comunque, durante il corso del colloquio, un'attenzione costante dedicata al pianificare con la cliente delle strategie
pratiche per gestire le situazioni problematiche. Il ché, rende in realtà piuttosto evidenti le intenzioni del terapeuta e sottolinea
l’importanza ricoperta dall’alleanza terapeutica in tale approccio cognitivo. In ogni caso, nella parte conclusiva del colloquio,
viene lasciato poco spazio all’immaginazione e tramite un riassunto ordinato di quanto proposto fino a quel momento vengono
elencate tutte le strategie proposte di cui la cliente potrà avvalersi nel quotidiano.

Oggetto
Inizialmente la terapeuta propone alla cliente di definire insieme l’agenda, per chiarire su cosa la paziente voglia concentrarsi e
strutturare la seduta di conseguenza. La paziente riferisce la sua tendenza a procrastinare e le difficoltà che incontra nella gestione
del tempo, cose che, specificatamente al lavoro, le generano dei problemi. La terapeuta, comunque, propone di concentrarsi su
altro e il colloquio si struttura intorno alla relazione con l’attuale compagno Mike. Le problematiche che intercorrono nella coppia
riguardano principalmente la comunicazione e le intenzioni genitoriali. La paziente riferisce di sentirsi poco compresa e ascoltata
dal compagno, nonché di temere la rottura del rapporto. Le vengono proposti quindi dei consigli pratici rispetto alle modalità
d’interazione, che le permettano di far comprendere al partner le proprie esigenze ed il proprio stress emotivo. Inoltre, dal
momento che la paziente è preoccupata di perdere il compagno e di non riuscire a trovare mai più nessuno come lui, la terapeuta
cerca di lavorare su questo pensiero irrazionale e di darle delle strategie di coping nell’eventualità dovessero lasciarsi. Le spiega
poi che le emozioni dipendono dal modo di pensare e che certi pensieri sono irrazionali e devono essere cambiati per fronteggiare
al meglio le situazioni. Nella parte finale del colloquio, viene dedicato del tempo per riassumere i punti salienti della seduta,
rimarcando l’importanza di imparare ad attuare delle strategie per gestire i problemi nella vita di tutti i giorni. Al termine del
colloquio viene chiesto alla paziente come si sente e questa dichiara di percepire le situazioni oggetto del colloquio come meno
drammatiche e più gestibili.

Conduzione del colloquio


Lo stile adottato in tale approccio può essere definito attivo: la terapeuta conduce molto spesso l’andamento del colloquio,
sebbene vi siano alcuni momenti in cui lascia libera la paziente di parlare di ciò che preferisce. Il colloquio è generalmente
strutturato e, sebbene venga adattato in itinere e non sia esplicito, sembra esserci un preciso schema: cominciare principalmente
con domande dirette aperte, così da farsi un’idea del problema e di come viene vissuto dalla cliente, per poi utilizzare domande
chiuse per indagare punti sui quali la terapeuta ritiene utile concentrarsi o avere informazioni. Il focus è principalmente sul
presente: ciò che viene affrontato è un problema che sta creando difficoltà alla paziente, generando conseguenti stati emotivi di
disagio. Inoltre viene data maggiore importanza, come ci si aspettava, sui comportamenti e pensieri. Gli interventi tecnici della
terapeuta principalmente sono comportamenti ad eco verbali e non verbali, nonché reiterazioni a riflesso semplice. Grazie a
queste ultime, la terapeuta può ricevere conferme su quanto appena riferito dalla cliente e allo stesso tempo proporre con parole
differenti tale tematica. Questo scambio aiuta il paziente a rendersi consapevole di ciò che egli stesso ha detto e verificare se è
riuscito a trasmettere accuratamente ciò che sentiva.

Relazione
Fin dal principio la terapeuta sembra riuscire a stabilire un clima gioviale con la cliente, il quale andrà ad accentuarsi col
progredire del colloquio. Le due parti, infatti, scambiano battute e condividono risate. L’attenzione posta alla relazione
interpersonale con la cliente sembra far chiaramente parte del progetto del terapeuta. Da notare, come durante tutta la conduzione,
la terapeuta non introduca mai elementi estranei alle esigenze della cliente, evitando di intromettersi con opinioni personali
riguardo il da farsi rispetto alla tematica di interesse. Sembra quindi che in tale approccio terapeutico un’interazione non
giudicante sia uno dei pilastri che accompagnano la pratica del colloquio. La componente empatica, invece, è sicuramente
eclissata dalla comprensione razionale a livello cognitivo delle problematicità che accompagnano il vissuto della cliente.
Nonostante ciò, tutti gli interventi effettuati dalla terapeuta sono nell’ottica di procurare un giovamento alla totalità della persona.
CONFRONTO TRA I DUE APPROCCI
Esplicitazione degli scopi
Entrambi gli approcci riconoscono l’importanza della relazione psicoterapeutica, fondamentale per perseguire gli obiettivi della
terapia, indipendentemente dall’orientamento teorico di riferimento. Fanno riferimento alle emozioni, tuttavia solo l’EFT lavora
direttamente con esse, poiché considera fondamentale l’autocoscienza emotiva per l’equilibrio psicologico personale. La terapia
cognitiva, dall’altra parte, comprende le emozioni solo nella misura necessaria per modificarle, ponendo l’enfasi principalmente
sulla ragione e la razionalità. In entrambe le sedute, gli psicoterapeuti non esplicitano fin dall’inizio gli scopi della terapia che si
andranno a perseguire. Nonostante ciò, possono essere dedotti dall’andamento del colloquio, in modo particolare per quanto
riguarda la terapia cognitiva. Nell’approccio CBT, infatti, alla cliente vengono proposte delle strategie pratiche per far fronte ai
problemi e le viene inoltre restituito un riassunto ordinato di ciò a fine colloquio. Nella seduta di EFT, invece, gli scopi emergono
in modo più velato, tramite l’enfatizzazione della componente emozionale come chiave per il riconoscimento di processi
emozionali disfunzionali e per poter quindi generare un cambiamento degli stessi.

Oggetto
Il colloquio in entrambi gli approcci si apre in maniera similare, lasciando la parola alla paziente. Emerge così il problema
relativo all’incapacità di perseguire i propri obiettivi, il problema della gestione del tempo e della procrastinazione. Il punto di
partenza è dunque lo stesso, ma successivamente i due terapeuti decidono di focalizzare l’attenzione su aspetti differenti: il dott.
Greenberg sul sentimento della rabbia e sulla sensazione di dolore esperito; la dott.ssa Beck verso aspetti pratici della vita della
donna. In questo secondo caso, oggetto principale del colloquio è la relazione con il compagno, concentrandosi quindi
prettamente sul presente; nel primo, invece, è il vissuto emozionale, indagando inoltre le sue radici nel passato della cliente. Per
questo motivo, il dott. Greenberg, tratta la relazione della cliente con la madre. Mentre nell’approccio EFT l’attenzione è posta sul
favorire un’espressione emozionale adattiva, nel CBT ci si concentra sul fornire strategie e proporre stili di pensiero adattivi per
affrontare varie situazioni della vita quotidiana. In entrambi i casi viene chiesto alla paziente come si senta alla fine della seduta:
nel caso della EFT il focus è posto sulle sensazioni provate in quel momento (si sente più speranzosa), mentre nella CBT ci si
concentra sulla cognizione (sente di poter gestire meglio le situazioni).

Conduzione del colloquio


La conduzione dei due colloqui appare alquanto divergente. Infatti, mentre l’EFT predilige uno stile passivo, lasciando ampio
spazio alla libera e spontanea espressione della cliente, la CBT adotta uno stile più attivo, guidando il colloquio secondo una
traccia definita. Mentre il primo approccio citato alterna il focus tra presente e passato, il secondo si concentra sul presente,
esplorando il problema hic et nunc: viene affrontato un problema che sta creando difficoltà al paziente nel tempo stesso in cui
viene condotto il colloquio e si forniscono strategie pratiche per fronteggiarlo nel presente. La conduzione del colloquio della
EFT sembra essere meno strutturato della CBT, adattabile ad esigenze e reazioni del cliente. Sembra inoltre che nella CBT, a
differenza della EFT, vi sia uno schema di conduzione del colloquio che generalmente si ripete: si comincia con le domande
dirette aperte per farsi un’idea del problema e di come viene vissuto dal cliente e si utilizzano domande chiuse per raccogliere
informazioni più specifiche su punti di interesse. Non si notano grandi differenze, invece, rispetto agli interventi tecnici dei due
terapeuti: entrambi usano reiterazioni a riflesso semplice e comportamenti ad eco, per riproporre in altre parole ciò che viene
detto, e comportamenti ad eco per fornire incoraggiamenti.

Relazione
Entrambi gli approcci terapeutici si propongono come prerogativa la costituzione di un ambiente accogliente, confortevole, ove il
cliente possa confidarsi apertamente ed esprimere insicurezze e disagio. Sia nel caso della EFT che della CBT, questo è il primo
atto perseguito dai terapeuti durante lo svolgersi del colloquio. I terapeuti si dimostrano aprioristicamente dalla parte della cliente,
creando un clima di fiducia e favorendo di conseguenza la compliance. In nessun caso, inoltre, opinioni personali sono riportate
alla cliente, che non viene peraltro mai contraddetta. Ciò a riprova della intrinseca natura non giudicante che caratterizza entrambi
gli approcci. La natura empatica contraddistingue certo l’approccio EFT, che sull’individuazione dei marker emozionali tramite
questo canale basa l’intero sviluppo del colloquio terapeutico. La CBT, a differenza, sembra utilizzarlo come strumento per
impostare prima e rafforzare poi la relazione interpersonale con la cliente: il risultato è una relazione che potrebbe essere definita
amicale sotto certi aspetti. La relazione nell’approccio EFT sembra perlopiù basarsi invece su un carattere di comprensione ed
accoglienza estreme rispetto all’espressione emozionale della cliente.

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