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COMPITO SCRITTO DIRITTO PUBBLICO- Nicole Zanoni, Università Mantova, Lalir

1- ECONOMIA CIRCOLARE

L’economia circolare è un modello di produzione e consumo che richiede condivisione,


prestito, riutilizzo, riparazione e riciclo dei materiali e prodotti il più a lungo possibile.In
questo modo si estende il ciclo di vita dei prodotti, in modo da favorire la riduzione dei rifiuti
al minimo. Una volta che il prodotto ha terminato la sua funzione, i materiali di cui è
composto vengono infatti reintrodotti, dove è possibile, nel ciclo economico. Così si possono
continuamente riutilizzare all’interno del ciclo produttivo generando ulteriore valore.Ci
troviamo di fronte a un aumento della domanda di materie prime e allo stesso tempo a una
scarsità delle risorse: molte delle materie prime e delle risorse essenziali per l’economia
sono limitate, ma la popolazione mondiale continua a crescere e di conseguenza aumenta
anche la richiesta di tali risorse finite. Con l’economia circolare i consumatori potranno avere
anche prodotti più duraturi e innovativi in grado di far risparmiare e migliorare la qualità della
vita. Ad esempio, ricondizionare i veicoli commerciali leggeri anziché riciclarli potrebbe
portare a un risparmio di materiale per €6,4 miliardi all’anno (circa il 15% della spesa per
materiali) e €140 milioni in costi energetici, con una riduzione delle emissioni di gas serra
pari a 6,3 milioni di tonnellate. L’Economia Circolare è un’alleata strategica per affrontare la
scarsità di risorse, il riscaldamento globale e la gestione dei rifiuti. L’innovazione tecnologica,
la sostenibilità ambientale, l’efficienza energetica e l’utilizzo delle fonti rinnovabili definiscono
l’economia circolare come un nuovo sistema virtuoso fondato su 5 pilastri. Il ruolo dei
decisori politici è offrire alle imprese condizioni strutturali, prevedibilità e fiducia, valorizzare il
ruolo dei consumatori e definire come i cittadini possono beneficiare dei vantaggi dei
cambiamenti in corso.

2- I PARTITI

I cittadini hanno a disposizione altri strumenti per influenzare le scelte collettive, esercitando
anche così la loro sovranità. Il partito moderno sorse nell’ultimo scorcio dell’800 e si affermò
nelle forme del partito di massa all’inizio del 900. I partiti conobbero, anche in Italia, una
prima fase in cui furono controllati o semplicemente tollerati come un male inevitabile. In una
seconda fase divennero strumento per impadronirsi dello stato e imporre la propria ideologia
a tutto l’ordinamento. In particolare, l’organizzazione totalitaria del potere nello stato fascista.
La fine del fascismo comportò l’immediato ritorno al pluralismo partitico: sui partiti politici si
fondò il nuovo ordinamento costituzionale. La natura giuridica dei partiti nel nostro
ordinamento è del tutto peculiare: espressione della società, essi sono semplici associazioni
di fatto. L’art, 49 (Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per
concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale) implica che
secondo la Costituzione non sono i partiti che concorrono a determinare la politica
nazionale: sono i cittadini che tutti insieme, partecipano a questa funzione sovrana di
indirizzo e il concorso alla determinazione della politica nazionale deve avvenire con metodo
democratico. Gli elementi costitutivi di un partito sono due: il programma e l’organizzazione.
Il programma consiste nel coinvolgere e coalizzare individui che esprimono le stesse idee e
gli stessi interessi, mentre l’organizzazione assume importanza stabilendo un collegamento
più intenso tra i fondatori e i gruppi aderenti che si creano nella popolazione. Il
finanziamento dei partiti riguarda le spese per il mantenimento delle sedi, per la propaganda
e per la campagna elettorale. Alcuni sostengono che i partiti svolgono una funzione pubblica
e che quindi devono ricevere un finanziamento statale, per evitare finanziamenti occulti da
parte di enti economici pubblici o privati. Altri sostengono che i partiti non sono organismi
pubblici e che i loro costi dovrebbero essere sostenuti dagli aderenti e dai simpatizzanti.

4- PRINCIPIO DI EGUAGLIANZA

L’art 3 costituzione enuncia il principio di uguaglianza. Il primo comma dell’art3 (Tutti i


cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione
di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali
e sociali.) è dedicato al principio di uguaglianza formale ed all’enunciazione di una serie di
divieti di discriminazione; il 2° comma tratta il principio dell’uguaglianza sostanziale. Il
principio dell’uguaglianza formale deve essere inteso come eguale soggezione di tutti al
diritto. Il nucleo forte del principio di uguaglianza è costituito dall’impossibilità per il
legislatore di operare distinzioni di sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche ecc. Tale
principio vuole prescrivere leggi generali ed astratte per evitare discriminazioni. Il principio di
uguaglianza sostanziale, comporta invece, l’impegno dello stato a creare le condizioni di
eguaglianza sostanziale fra i cittadini, ovvero a rimuovere gli ostacoli di natura
economico-sociale che di fatto impediscono la partecipazione dell’individuo alla vita del
paese. Il principio di eguaglianza sostanziale e formale si completano a vicenda perché
l’uguaglianza formale impedisce di creare discriminazioni all’incontrario, mentre
l’uguaglianza sostanziale addolcisce la dura legge che non conosce eccezioni.I due principi
sono tenuti in equilibrio dal principio di ragionevolezza, che esige che le disposizioni
normative contenute in atti aventi valore di legge siano adeguate o congruenti rispetto al fine
perseguito dal legislatore. Nel caso di accerti l’irragionevolezza della legge, essa potrà
essere abrogata, per illegittimità costituzione dalla corte costituzionale. L’eguaglianza
formale è propria della cultura liberale che riconosce la condizione di eguaglianza nei punti
di partenza. Così i primi documenti costituzionali proclamavano che gli uomini nascono e
rimangono liberi ed eguali nei diritti. L’eguaglianza sostanziale invece evoca la concezione
socialista dell’eguaglianza nei risultati, che impone allo stato di intervenire nella struttura
economica della società al fine di rimuovere le diseguaglianze esistenti.

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