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settore I anno:
Elementi di diritto privato
Il contraente, infatti, ben potrebbe essere indotto a contrattare con dolo, ma tuttavia essere poi
interessato a mantenere in vita il contratto; oppure il rappresentato potrebbe avere interesse a
ratificare il contratto, benché concluso da un soggetto che si è qualificato falsamente come
procuratore. Il legislatore dà quindi a questi soggetti la possibilità di scegliere se mantenere in vita
il contratto oppure porlo nel nulla.
Qui, dunque, sta la differenza fondamentale tra l’annullabilità e la nullità, cioè nel fatto che la sorte
del contratto nelle ipotesi di annullabilità dipende essenzialmente dalla volontà delle parti, mentre
nella nullità si tratta di vizi che solo lo Stato, cioè l’ordinamento, può decidere se mantenere in vita
o meno.
L’errore
Consiste in una falsa rappresentazione della realtà
che concorre a determinare la volontà del soggetto.
Può essere:
LA RESPONSABILITA’ CONTRATTUALE
La responsabilità contrattuale è la responsabilità derivante dall’inadempimento, dall’inesatto
adempimento e dall’inadempimento tardivo di una preesistente obbligazione.
L'onere della prova nella responsabilità contrattuale, in ragione di una "ingiustizia" del danno, causato
dall'inadempimento (da parte del debitore di una prestazione alla quale si era precedentemente
vincolato) sanzionato a prescindere dalla verifica della sussistenza dell'elemento psicologico del dolo o
della colpa, si assiste ad una inversione dell'onere probatorio.
Infatti, trova applicazione il principio della presunzione della colpa, spettando all'attore/creditore solo
l'onere della prova dell'inadempimento e dell'entità del danno, mentre, di converso, al debitore spetterà,
per sottrarsi all'obbligo risarcitorio, dimostrare l'impossibilità sopravvenuta della prestazione per cause
a lui non imputabili.
Il risarcimento del danno
Art. 1223 c.c., il risarcimento del danno dovuto all'inadempimento o al ritardo deve comprendere sia
la perdita subita dal creditore c.d. danno emergente (consiste in una diminuzione del patrimonio) che il
c.d. lucro cessante (mancato guadagno), in quanto ne siano conseguenza immediata e diretta (nesso di
causalità tra l'inadempimento e il danno).
Diversamente dalla responsabilità extracontrattuale in cui ad essere risarcibili sono tutti i danni,
prevedibili o non prevedibili, nella responsabilità contrattuale, ove l'inadempimento o il ritardo non
abbiano natura dolosa, il risarcimento è limitato al solo danno prevedibile al tempo in cui è sorta
l'obbligazione (art. 1225 c.c.).
Prescrizione
A differenza del risarcimento del danno da illecito extracontrattuale soggetto alla prescrizione breve di
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cui all'art. 2947 c.c., all'illecito contrattuale si applica l'art. 2946 c.c. che prevede il termine ordinario di
decorrenza decennale, salvo i tempi più brevi previsti per specifiche tipologie di contratti.
LA RESPONSABILITA’ EXTRACONTRATTUALE
La responsabilità extracontrattuale, anche detta "aquiliana" (dal nome della legge romana che disciplinò
per prima la responsabilità ex delicto), è quella che consegue allorché un soggetto viola non già un
dovere specifico, derivante da un preesistente rapporto obbligatorio (nel qual caso si configurerebbe
responsabilità "contrattuale"), bensì un dovere generico che, solitamente, è indicato dalla dottrina con il
brocardo latino "neminem laedere".
Il disposto dell'art. 2043 c.c. individua il fondamento della responsabilità extracontrattuale in qualunque
fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto obbliga colui che ha commesso il fatto a
risarcire il danno.
Dal dettato letterale della norma, infatti, emergono gli elementi fondamentali per far sorgere la
responsabilità extracontrattuale, ossia:
• il fatto illecito
• il danno ingiusto
• la colpevolezza dell'agente
Il fatto illecito
Il primo elemento che caratterizza la responsabilità aquiliana è il fatto illecito, che può consistere in un
fare (azione) o in un non fare (omissione) e l’evento, cioè il verificarsi di una situazione sfavorevole per
il destinatario della condotta lesiva.
Nella nozione di fatto illecito possono farsi rientrare sia le condotte commissive che omissive, purché
riconducibili, secondo il nesso di causalità, all'evento dannoso ed esista un vero e proprio obbligo
giuridico di impedire lo stesso.
Danno ingiusto
Non ogni fatto che arreca un danno, comporta l’obbligo per il soggetto di risarcirlo; tale obbligo scatta
soltanto in presenza di un fatto contrastante con un dovere giuridico.
Secondo quanto affermato dal consolidato indirizzo della giurisprudenza, l'ingiustizia del danno va
intesa nella duplice accezione di danno prodotto "non iure", cioè in assenza di cause giustificative del
fatto dannoso, e "contra ius", vale a dire lesivo di una posizione o di un interesse tutelati
dall'ordinamento.
È ingiusto il danno che consiste «nella lesione di una situazione giuridica soggettiva meritevole di tutela
e quindi protetta dall’ordinamento con il divieto neminem laedere»
NB: deve, in ogni caso, sottolinearsi come il danno ingiusto è escluso nel caso in cui sussista una causa
di giustificazione, come
- lo stato di necessità (art. 2045 c.c.) che si ha quando chi ha compiuto il fatto vi è stato condotto dalla
necessità di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona (Tizio vede Caio che
sta per far fuoco contro di lui e per salvarsi si fa scudo con un passante il quale viene ferito)
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- la legittima difesa (art. 2044 c.c.) per cui non è responsabile chi ha commesso il fatto per esservi stato
costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio o altrui contro il pericolo attuale di un’offesa
ingiusta
Nesso causale
Un ruolo essenziale è rappresentato dal nesso di causalità. Affinchè sorga in capo al soggetto agente
l'obbligo del risarcimento del danno, è necessario infatti che lo stesso sia causalmente riconducibile al
fatto illecito, ovvero che sussista un rapporto di causa-effetto tale che l'evento dannoso possa dirsi
provocato dal fatto compiuto.
Il nesso causale va scomposto in due fasi:
Nesso tra condotta e evento per affermare se una determinata lesione è stata causata da una certa condotta
Nesso tra evento e danno che consente di selezionare una colta accertata la responsabilità del soggetto
le conseguenze dannose concretamente attribuibili alla sia condotta
La colpevolezza
Ai fini dell'accertamento dell'insorgere dell'obbligazione risarcitoria, il nesso di causalità va esaminato
sotto un duplice profilo: quello della causalità materiale, ossia della sussistenza di un collegamento tra
la condotta illecita e l'evento dannoso, e quello della causalità giuridica, ovvero dell'accertamento di un
collegamento giuridico tra l'evento lesivo e le sue conseguenze dannose, allo scopo di delimitare il
contenuto della stessa obbligazione risarcitoria.
Ennesimo requisito dell'illecito aquiliano è quello della colpevolezza, ossia deve essere frutto di un
comportamento disapprovato dall’ordinamento
La colpevolezza può assumere vari livelli di intensità:
Il dolo che consiste nella volontaria trasgressione del dovere giuridico
La colpa ossia la violazione di un dovere di diligenza, cautela o perizia nei confronti dei terzi
A tal fine, pertanto, tornano utili le definizioni fornite dalla disciplina penalistica (cfr. art. 43 c.p.)
secondo la quale l'evento doloso è quello previsto e voluto dal soggetto come conseguenza della propria
azione o omissione; mentre l'evento colposo è quello non voluto dall'agente, ancorchè previsto, che si
verifica per negligenza, imprudenza e imperizia (c.d. colpa generica) ovvero per violazione di specifiche
regole di condotta (c.d. colpa specifica).
L’imputabilità
Presupposto della colpevolezza è l'imputabilità, ovvero la riconduzione della condotta colpevole ad un
soggetto fornito di adeguata capacità di intendere e di volere (Cass. n. 814/1967).
Secondo l'art. 2046 c.c., infatti, «non risponde delle conseguenze del fatto dannoso chi non aveva la
capacità di intendere e di volere al momento in cui lo ha commesso, a meno che lo stato di incapacità
derivi da sua colpa».
Tale capacità si identifica in quel minimo di attitudine psichica a rendersi conto delle conseguenze
dannose della propria condotta: solo in questo caso secondo la coscienza comune, il fatto dannoso può
ritenersi la conseguenza di una libera scelta dell’agente.
L’onere della prova
A differenza della responsabilità contrattuale, nella quale per il danneggiato (creditore) è sufficiente
dare conto del proprio diritto, dell'esigibilità della prestazione e della mancanza della stessa, mentre è il
debitore ad essere gravato dell'onere di dimostrare di non aver potuto adempiere l'obbligazione per una
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causa a lui non imputabile (cfr. art. 1218 c.c.), nella responsabilità extracontrattuale è colui che
agisce per ottenere il risarcimento a dover dimostrare non solo i fatti costitutivi della sua pretesa, ma
altresì la riconducibilità agli stessi del comportamento del convenuto (ossia il nesso causale).
Ciò implica, come pacificamente accettato in giurisprudenza che, in presenza di un fatto storico
qualificabile come illecito civile ai sensi dell'art. 2043 c.c. incombe in capo alla parte
danneggiata "l'onere della prova degli elementi costitutivi di tale fatto, del nesso di causalità, del danno
ingiusto e della imputabilità soggettiva"
La prescrizione
La prescrizione del diritto al risarcimento del danno determinato da fatto illecito «decorre dal momento
in cui il danno si manifesta all'esterno divenendo oggettivamente percepibile e conoscibile» (Cass. n.
12666/2003; Cass. n. 5913/2000).
È, infatti, principio conformemente accettato in giurisprudenza quello secondo il quale, laddove «la
percezione del danno non sia manifesta ed evidente, il termine di prescrizione del diritto al risarcimento
del danno da fatto illecito, cosi come di quello dipendente da responsabilità contrattuale, sorge non dal
momento in cui il fatto del terzo determina ontologicamente il danno all'altrui diritto, bensì dal momento
in cui la produzione del danno si manifesta all'esterno, divenendo oggettivamente percepibile e
riconoscibile».
LA RESPONSABILITA’ OGGETTIVA
Con l’espressione «responsabilità oggettiva» ci si riferisce a tutti quei casi in cui l’evento viene imputato
al soggetto sulla base del semplice nesso di causalità; il soggetto cioè è chiamato a rispondere di un
evento per il solo fatto di averlo materialmente causato a nulla rilevando il suo atteggiamento
psicologico in relazione allo stesso e cioè anche quando, per la sua causazione, nessun rimprovero,
neppure di semplice leggerezza, gli può essere mosso, senza cioè che a costui possa essere addebitata
colpa o dolo.
In giurisprudenza si fa ampio ricorso anche all'ipotesi di cui all'art. 2050 c.c., relativo alla responsabilità
per l'esercizio di attività pericolose. Questo prevede che chiunque, nello svolgimento di un'attività
pericolosa (per sua natura o per i mezzi utilizzati), cagiona ad altri un danno ingiusto, è ritenuto
responsabile a meno che provi di aver adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno.
- Responsabilità per danni prodotti dalla circolazione dei veicoli 2054 c.c.
Un utilizzo particolarmente diffuso nella prassi, infine, è riservato all'art. 2054 c.c., che regola
la responsabilità per i danni prodotti dalla circolazione dei veicoli senza guida di rotaie (in primis,
ovviamente, le autovetture). Ebbene, il conducente è obbligato a risarcire il danno prodotto a persone o
cose dalla circolazione, a meno che provi di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno, dimostrando,
in aderenza alla consolidata impostazione giurisprudenziale, che l'evento si è verificato esclusivamente
per causa imputabile al danneggiato o a un terzo, o per caso fortuito o forza maggiore. In caso di scontro
tra veicoli, poi, è stata introdotta la presunzione in base alla quale, fino a prova contraria, ciascuno dei
conducenti ha concorso nella stessa misura a cagionare il danno. Per quanto concerne il proprietario,
costui risponde solidalmente con il conducente, salvo che riesca a provare che la circolazione del veicolo
è avvenuta contro la sua volontà.
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RESPONSABILITA’
il debitore che non esegue qualunque fatto doloso o risarcire il danno senza colpa
esattamente la prestazione colposo che cagiona ad altri un
dovuta è tenuto al risarcimento danno ingiusto obbliga colui
del danno che l’ha commesso a risarcire il
danno
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RESPONSABILITA’ CIVILE e PENALE
LA RESPONSABILITÀ CIVILE
Deriva sempre dalla violazione di una norma che regola i rapporti tra soggetti privati e comporta l’obbligo di
risarcire i danni causati ad un’altra persona. L’obbligo incombe su chi ha commesso fatti illeciti o non ha
adempito gli impegni contrattuali che aveva assunto.
LA RESPONSABILITÀ PENALE
È diretta conseguenza della violazione di una norma penale e, quindi, della commissione di un reato
ATTI LECITI
Ci riferiamo a tutti quei comportamenti che la legge consente o impone, quali la recinzione del terreno da parte
del proprietario, la stipula di un contratto, la richiesta di pagamento rivolta dal creditore al debitore, il
pagamento del debito da parte di quest’ultimo.
ATTI ILLECITI
Sono quei comportamenti, dannosi o pericolosi, vietati dalla:
•legge penale (reati)
•legge civile
•da entrambe.
Sono quindi «atti illeciti» sia la commissione di un reato che il comportamento che non costituisce reato ma
che arreca danno ad altri. L’atto illecito comporta: una responsabilità civile (con conseguente obbligo di
risarcimento) o una responsabilità penale (con conseguente condanna penale) a carico di chi lo ha posto in
essere.
La responsabilità penale è quella che consegue alla commissione di un reato e cioè alla violazione di una legge
penale. La sanzione può essere in denaro (multa – ammenda) o detentiva (reclusione- arresto);
La responsabilità civile consiste nell’obbligo di risarcire il danno procurato ad un altro soggetto (privato o una
pubblica amministrazione) a seguito della violazione di un contratto o di un’altra norma prevista dalla legge.
Chi è responsabile civilmente non può mai andare in carcere o avere la fedina penale macchiata ma potrà essere
oggetto ad esempio di un pignoramento se non paga il dovuto
Consegue alla violazione di una norma del diritto privato, che regola cioè i rapporti tra cittadini. La
responsabilità civile non può mai derivare dal compimento di un reato. La responsabilità civile può essere di
tre tipi:
1. responsabilità contrattuale: quando è violato un dovere specifico scaturente da un contratto tra
danneggiante e danneggiato. Si pensi al mancato pagamento di una bolletta, di una fattura, del contratto
di affitto;
2. responsabilità extracontrattuale: la responsabilità che scaturisce dal generico dovere di non
danneggiare gli altri. Si pensi a un incidente stradale, alle infiltrazioni di acqua dai tubi
dell’appartamento nella casa del vicino, all’ingiuria, a una pallonata contro una finestra.
3. Responsabilità civile oggettiva: la responsabilità civile può essere anche oggettiva. Ricorre quando
una persona è chiamata a risarcire i danni per fatti dei quali non ha alcuna colpa, come nel caso del
padrone del cane che azzanna un passante o dei genitori per i danni del figlio
La responsabilità penale invece consiste nell’obbligo di sottostare ad una pena, accertata che vi sia la
commissione di un reato, ed è pronunciata la sentenza penale di condanna. La responsabilità penale è
strettamente personale cioè collegata all’autore del fatto.
NULLITA’ e ANNULLABILITA’
LA NULLITA’
Art 1418 c.c.: stabilisce che «Il contratto è nullo quando è contrario a norme imperative, salvo che la legge
disponga diversamente. Producono nullità del contratto la mancanza di uno dei requisiti indicati dall’art.
1325 c.c., l’illiceità della causa (art. 1343 c.c.), l’illiceità dei motivi nel caso indicato dall’art. 1345 c.c. e la
mancanza nell’oggetto dei requisiti stabiliti dall’art. 1346.
Il contratto è altresì nullo negli altri casi stabiliti dalla legge».
La nullità è la più grave patologia contrattuale, consistendo in una sanzione applicata al verificarsi di vizi
“genetici” del contratto, in grado di fare venire meno gli effetti prodotti che sono caducati ab origine, come
se lo stesso non fosse mai venuto ad esistenza.
Ricapitolando
Il contratto è nullo quando:
1 - è contrario a norme imperative (L'ordinamento utilizza questa espressione per indicare le norme che,
per la loro importanza, non possono essere derogate dalle parti. Di regola, infatti, queste possono escludere
l'applicazione di norme generali al loro specifico rapporto: non possono, però, farlo se tali norme sono state
previste come inderogabili dal legislatore). Norma imperativa è quella che impone un comando e che non
può essere derogata dai privati, essendo posta a tutela di interessi superiori a quelli relativi alla sfera
giuridica dei contraenti. Si contrappone alla norma dispositiva, che è quella derogabile e che dispone solo
ove i contraenti non dispongano altrimenti.
2 - manca uno degli elementi essenziali del contratto (causa accordo oggetto forma prescritta dalla legge a
pena di nullità)
3 - la causa è illecita (La causa è illecita quando è contraria a norme imperative, all'ordine pubblico -si
può definire come l'insieme dei principi dell'ordinamento giuridico, che costituiscono il fondamento etico
dello stesso - o al buon costume – si considera l'insieme dei principi etico-morali tarati sul sentire dell'uomo
medio, che non offendano il pudore e la pubblica decenza-)
4 - il motivo è illecito
5 - l’oggetto è impossibile illecito indeterminato o indeterminabile
6 - negli altri casi previsti dalla legge.
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Ogni eventuale clausola difforme della suddetta disposizione è nulla ai sensi dell’art. 1418 c.c.
La nullità è virtuale quando, pur non essendo stabilita espressamente in una sua norma ad hoc, risulta dal
sistema nel suo complesso.
Ad es. è nullo il negozio concluso in seguito a violenza fisica perché manca la volontà, anche in assenza di
una norma che preveda espressamente tale nullità.
La nullità può poi colpire l'intero negozio o una sua parte oppure, ancora, singole clausole.
Si parla in tutti questi casi di:
• Nullità PARZIALE: quando investe parti o clausole del negozio. In questo caso il negozio è nullo
solo se i contraenti non l'avrebbero concluso, senza quella parte o clausola colpita da nullità
(art. 1419 c.c. «La nullità parziale di un contratto o la nullità di singole clausole importa la nullità
dell'intero contratto, se risulta che i contraenti non lo avrebbero concluso senza quella parte del suo
contenuto che è colpita dalla nullità. La nullità di singole clausole non importa la nullità del contratto,
quando le clausole nulle sono sostituite di diritto da norme imperative»)
Può essere:
• Oggettiva quando colpisce una parte del negozio. In tal caso è invalida solo la clausola, mentre
l’altra parte del negozio resta in vita. Ciò accade quando risulta che le parti avrebbero ugualmente
concluso il negozio anche senza quella clausola, la clausola nulla è sostituita da norma imperative
• Soggettiva quando nei negozi plurilaterali colpisce il vincolo di una delle parti. In questo caso vi è
nullità dell’intero negozio, salvo che la partecipazione di quella parte debba, secondo le circostanze
considerarsi essenziale
Gli effetti della nullità
• Improduttività di effetti il negozio non produce gli effetti della categoria cui appartiene
• La rilevabilità di ufficio la nullità può essere rilevata d’ufficio dal giudice, senza domanda di parte,
in qualsiasi stato e grado di giudizio
• Insanabilità il negozio nullo può sanarsi, né per convalida né per prescrizione dell’azione
Il negozio nullo non produce effetti. Se il negozio è stato eseguito le prestazioni già effettuate costituiscono
un indebito, in quanto prive di titolo e pertanto devono essere restituite.
La dichiarazione della nullità di regola ha rilievo anche nei confronti dei terzi. Infatti se un terzo ha
acquistato un diritto da colui al quale il diritto stesso è stato trasferito in base ad un negozio nullo, la sentenza
che ha dichiarato la nullità del negozio di trasferimento travolge anche il diritto del terzo
LA CONVERSIONE
è quel fenomeno in base al quale un negozio nullo può produrre gli effetti di un negozio diverso del quale
contenga i requisiti di sostanza e di forma, qualora avuto riguardo allo scopo perseguito dalle parti, si possa
ritenere che esse lo avrebbero voluto se avessero conosciuto la nullità.
Per la conversione sono necessari due elementi:
Oggettivo il negozio deve contenere i requisiti di sostanza e di forma del negozio in cui dovrà essere
convertito
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Soggettivo si deve poter presumere che le parti avrebbero voluto il negozio che dà luogo la conversione
ESEMPIO
Abbiamo, in primo luogo, un negozio nullo
1. Questo negozio contiene gli elementi di diverso negozio valido (ad esempio un contratto che regola il
diritto di servitù nullo per difetto di forma può contenere gli elementi di diritto personale di passaggio)
2. Le parti nello stipulare il negozio non erano a conoscenza della causa di nullità (ad esempio, la mancanza
della forma scritta)
3. Dallo sviluppo delle trattative e da tutti gli altri elementi oggettivi si giunge a desumere che le parti
avrebbero stipulato il diverso contratto valido se avessero conosciuto la causa di nullità del negozio nullo; si
fa riferimento, cioè, ad una ipotetica volontà delle parti
L’ANNULLABILITA’
È l’altro aspetto che può assumere l’invalidità del negozio. Essa di regola deriva dalla violazione di norme
che mirano a tutelare particolarmente una delle parti
Sono considerate cause di annullabilità del contratto: l’incapacità di una delle parti, ad esempio nel caso di
contratti conclusi da minore o incapace di intendere e di volere, (ex art. 1425 c.c.), il consenso dato per
errore, estorto con violenza o carpito con dolo, c.d. vizi del consenso, (ex art. 1427 c.c.).
È una forma meno grave di invalidità rispetto alla nullità, grazie alla quale si permette al contraente di
impugnare il negozio giuridico viziato, per la violazione di norme poste per la sua tutela, e di farne cessare
l'efficacia.
Il codice prevede, altresì, la possibilità di sanare, in tutto o in parte, gli effetti del contratto annullabile,
allorchè si realizzino i presupposti dell'istituto della "convalida" (art. 1444 c.c.) o della "rettifica" (artt. 1430,
1432 c.c.) e, al fine di tutelare il legittimo affidamento di eventuali aventi causa, precisa che l'annullamento
(purché non abbia origine dall'incapacità legale) "non pregiudica i diritti acquistati a titolo oneroso dai terzi
di buona fede, salvi gli effetti della trascrizione della domanda di annullamento" (art. 1445 c.c.).
1. L’errore
Consiste in una falsa rappresentazione della realtà che concorre a determinare la volontà del soggetto.
Può essere:
• L’errore vizio quando l’ignoranza o la falsa rappresentazione della realtà induce il soggetto a
stipulare il negozio incidendo sulla volontà negoziale, incide sul processo formativo della volontà.
Credo ad esempio che l’auto acquistata sia sportiva invece è un diesel di marca americana (che
notoriamente hanno le prestazioni di un calesse).
• L’errore ostativo E’ errore ostativo quello che cade sulla dichiarazione o sulla sua trasmissione
dando luogo ad un’inconsapevole divergenza tra volontà e dichiarazione (dico 100 e volevo dire
1000; dico si ma volevo dire no; un caso tipico di scuola è quello del telegramma in cui per errore
scrivo male il testo, o l’impiegato lo trascrive in modo errato). In particolare può consistere:
- In una falsa conoscenza o ignoranza della realtà
- In una mera svista materiale (lapsus)
- In un errore di linguaggio giuridico
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Pur non rientrando nei vizi della volontà l’art. 1433 sottopone alla stessa normativa dell’errore vizio.
• L’errore di fatto è quello che cade su una circostanza di fatto, sugli elementi del contratto, o su
circostanze esterne ad esso.
• L’errore di diritto è quello che consiste nell’ignoranza o falsa conoscenza circa l’esistenza, il
significato o l’applicabilità di una norma giuridica ed è causa di annullamento quando abbia
costituito la ragione unica o principale del consenso (articolo 1429):
• L’errore sulle conseguenze giuridiche del negozio, cioè sugli effetti qui, ovviamente, l’errore non ha
rilevanza; ad esempio chi vende una cosa, anche se non ha conoscenza del fatto che è tenuto alla
garanzia per vizi, non per questo può sottrarvisi;
• L’errore nella valutazione di una situazione giuridica qui l’errore verte sul tipo di contratto che le
parti volevano stipulare, o comunque sulla situazione giuridica sulla base della quale la volontà si è
formata; ad esempio credo che il terreno che sto acquistando sia edificabile e invece ha destinazione
agricola.
Requisiti di rilevanza dell’errore
L’errore, per essere causa di annullamento del contratto, deve essere essenziale e riconoscibile.
Essenzialità
L’errore è essenziale quando è tale da determinare la parte a concludere il negozio nel senso che, se questa
avesse saputo che la situazione era diversa, non avrebbe concluso il contratto.
L’articolo 1429 c.c. fa un elenco di casi in cui l’errore può essere considerato essenziale, il che avviene
quando esso cade:
- sulla natura (ad esempio sono convinto che sto effettuando un acquisto di un diritto di proprietà e invece si
tratta di un usufrutto) o sull’oggetto del contratto;
- sull’identità dell’oggetto o sopra una qualità di esso (credo di acquistare un televisore e invece è un
videoregistratore). E’ difficile distinguere tra errore sull’oggetto di cui al n. 1 e errore sull’identità
dell’oggetto. Tuttavia può forse dirsi che l’errore sull’oggetto è quello sul contenuto in se stesso, mentre
l’errore sull’identità dell’oggetto è quello che cade sulla fisicità del bene;
- sull’identità o qualità della persona dell’altro contraente. L’errore in persona rileva sempre, ovviamente, nei
contratti intuitu personae. Tuttavia rileva anche nei contratti ordinari, ogniqualvolta la persona del contraente
è stata determinante del consenso; ad esempio quando un soggetto lo si ritiene solvibile e invece è un fallito;
Riconoscibilità
L’errore è riconoscibile quando è tale che l’altra parte avrebbe potuto o dovuto riconoscerlo, secondo uno
standard riferibile ad una persona media, cioè, secondo l’efficace espressione di alcuni autori, quando è un
errore palese. L’articolo 1431 dice che “L’errore si considera riconoscibile quando, in relazione al contenuto
alle circostanze del contratto ovvero alla qualità dei contraenti, una persona di normale diligenza avrebbe
potuto rilevarlo”.
2. La violenza
Ai sensi dell’articolo 1434 del codice civile, la violenza causa l’annullamento del contratto anche se
esercitata da un terzo. La violenza deve “far temere una persona sensata di esporre sé o i suoi beni ad un
male ingiusto e notevole”.
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L’articolo 1436 del codice civile stabilisce come la violenza possa determinare l’annullabilità del
contratto anche quando diretta contro a terzi o a loro beni, ove tali terzi siano ascendenti, discendenti o il
coniuge del contraente.
Potrebbe sembrare strano che conseguenza della violenza sia l'annullabilità e non la nullità; è facile pensare,
infatti, che chi è minacciato non vuole concludere il negozio, ma, a ben guardare, si scopre che il soggetto
minacciato vuole la conclusione del negozio perché tra lo svantaggio che subirebbe dalla attuazione della
minaccia e quello della conclusione del negozio "sceglie" e quindi vuole il male minore, cioè la conclusione
del negozio. Esistendo una volontà, per quanto viziata, si spiega l'annullabilità.
Diversamente accadrebbe se la violenza non fosse morale, ma fisica volta ad ottenere meccanicamente la
dichiarazione negoziale, come nel caso, per la verità un po' improbabile, in cui si trascini la mano per far
apporre una firma in calce ad un contratto; in questo caso vi sarà nullità del negozio e non annullabilità
perché manca la volontà.
Come anche si evince dalla nozione, non tutti i tipi di violenza sono causa d'invalidità;
per giungere a questa conseguenza la violenza deve rivestire certe caratteristiche,
il male minacciato deve essere ingiusto e notevole (art. 1435 c.c.)
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3.Dolo
Per dolo di intende ogni artificio o raggiro con cui un soggetto induce un altro in errore, determinandolo a
concludere un negozio che altrimenti non avrebbe concluso o che avrebbe concluso a condizioni diverse. Il
dolo quindi vizia la volontà agendo sull’intelligenza mediante l’inganno, con l’indurre in errore l’autore del
negozio
Ai sensi dell’articolo 1439 c.c.: “Il dolo è causa di annullamento del contratto quando i raggiri usati da uno
dei contraenti sono stati tali che, senza di essi, l’altra parte non avrebbe contrattato. Quando i raggiri sono
stati usati da un terzo il contratto è annullabile se essi erano noti al contraente che ne ha tratta vantaggio.”
Il dolo quindi vizia la volontà del soggetto inducendolo in errore e per questo è sempre rilevante,
indipendentemente dal fatto che l’errore in cui il contraente ingannato incorre sia riconoscibile o meno, di
fatto o di diritto, essenziale o meno.
Il dolo in questione è diverso dalla figura generale di dolo previsto dal diritto penale o dalla disciplina dei
fatti illeciti civili; lì il dolo consiste nell’intenzione di arrecare l’evento, qui invece si concreta in un artificio
o in un raggiro.
Requisiti del dolo
Animus decipiendi estrinsensecatesi nei raggiri e cioè in un complesso di manovre e artifici; non è richiesta
la consapevolezza di arrecare danno
La caduta del deceptus in errore si è fuori da questa ipotesi e non è ammissibile pertanto l’annullamento del
contratto eventualmente stipulato se il deceptus nonostante gli artifici usati dalla controparte, non è caduto in
errore ma si è reso conto dell’effettiva portata dell’affare
Un nesso di causalità tra i due elementi
Si ricordi che il raggiro è ogni avvolgimento subdolo della psiche altrui tale da indurre in errore; l’artificio è
una finzione inidonea a dare ad altri una falsa percezione della realtà.
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CONTRATTO
NULLO ANNULLABILE
CONSEGUENZE
1. Improduttività di effetti non è " nato morto " ma è " nato malato «nel senso
che è fornito di vitalità e potrà sia guarire dalla
2. La rilevabilità di ufficio
malattia che lo affligge sia morire in seguito ad essa
3. Insanabilità il negozio nullo
PER «GUARIRE»
ECCEZIONE
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La rescissione può chiedersi per anomalie verificatesi al momento della conclusione dell’accordo, qualora il
contratto venga sottoscritto:
1. quando uno dei contraenti o altra persona versa in “stato di pericolo”, circostanza conosciuta dalla
controparte, che per tale motivo ottiene condizioni contrattuali inique. In tal caso il Giudice, a fronte
della domanda di rescissione del contratto da parte della persona che si è obbligata, può, nel
pronunciare la rescissione, assegnare un equo compenso all’altra parte per l’opera prestata (art. 1447,
c.c.);
2. quando una delle parti si trova in “stato di bisogno”, di cui la controparte ha approfittato per trarne
vantaggio, ed il contratto (non aleatorio né transattivo2) prevede una forte sproporzione tra le
prestazioni, tale che l’eccedenza tra queste sia almeno pari alla metà. Lo stato di bisogno deve
perdurare sino alla proposizione della domanda di rescissione (art. 1448 c.c.).
La rescissione è dunque diretta alla rimozione giudiziale del contratto che è solo «provvisoriamente efficace,
ma causa della sua irregolarità che risulta dall’iniquità derivante dall’approfittamento di una situazione di
anomala alterazione della libertà negoziale»
Contratto concluso in stato di pericolo art. 1447 c.c.
Prevede l’ipotesi in cui una delle parti ha assunto obbligazioni a condizioni inique perché si trovava nella
«necessità nota alla controparte di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona»
I presupposti necessari sono:
Stato di pericolo: si intende qualunque situazione di fatto, derivante da un evento naturale o da una condotta
umana da cui possa scaturire una lesione grave alla persona o ad un terzo
Iniquità delle condizioni: sproporzione oggettiva tra i valori delle prestazioni assunte dalle parti, da valutare
in base alle circostanze oggettive e soggettive
La conoscenza dello stato di pericolo di colui che ne ha tratto vantaggio
Azione di rescissione
Ai sensi dell’art. 1448 c.c. il contratto è rescindibile quando è stipulato a condizioni di grave sproporzione in
dipendenza dello stato di bisogno di una parte conosciuto dall’altro contraente che ne ha approfittato per
trarne vantaggio.
I presupposti dell’azione sono:
La lesione ultra dimidium ossia la sproporzione fra le due prestazioni superiore alla metà (il valore della
prestazione cui è tenuta la parte danneggiata deve essere di oltre il doppio del valore della controprestazione)
la lesione deve essere accertata con riferimento alla conclusione del contratto
Lo stato di bisogno situazione di difficoltà economica anche transitoria che incida sulla libera
determinazione del contraente
Approfittamento dello stato di bisogno si risolve in una condizione psicologica di mera conoscenza delle
circostanze cui si ricollega la rescindibilità del contratto
Risoluzione del contratto
La legge prevede il rimedio della risoluzione del contratto nell’ipotesi in cui si riscontrino anomalie nel
funzionamento del sinallagma dopo la conclusione del contratto.
La risoluzione mira a riequilibrare la posizione economico – patrimoniale dei contrenti eliminando non il
contratto, ma i suoi effetti: incide non sull’atto ma sugli effetti.
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La risoluzione comporta l’estinzione del contratto.
Risoluzione per inadempimento
Se in un contratto a prestazioni corrispettive una parte non adempie la prestazione cui era tenuta la parte
adempiente può chiedere giudizialmente l’adempimento o esercitare il diritto alla risoluzione: una volta
chiesta la risoluzione non può più chiedere l’adempimento.
Presupposto fondamentale della risoluzione è l’inadempimento colpevole della controparte.
Può essere:
- Giudiziale
- Di diritto
Risoluzione giudiziale
Quando uno dei contraenti uno dei contraenti non adempie le sue obbligazioni l’altro può scegliere se agire
in giudizio per ottenere l’adempimento o la risoluzione del contratto
Risoluzione di diritto
I casi di risoluzione di diritto espressamente regolati dal codice sono tre:
1. Diffida ad adempiere: dichiarazione scritta attraverso al quale la parte adempiente intima alla parte
inadempiente di eseguire la prestazione entro un congruo termine
2. Clausola risolutiva espressa pattuizione con cui le parti prevedono che il contratto dovrà considerarsi
automaticamente risolto se una o più obbligazioni determinate non siano adempiute o siano
adempiute secondo modalità diverse da quelle pattuite.
3. Termine essenziale fissa il momento al di là del quale il creditore non ha più interesse ad ottenere
l’esecuzione della prestazione
Effetti della risoluzione
In materia di effetti l’art. 1458 c.c. prevede due regole fondamentali:
La prima si riferisce all’efficacia retroattiva della risoluzione: se la parte inadempiente ha già ricevuto la
prestazione dovrà di conseguenza restituirla. Tale regola non opera però nei confronti di contratti a
prestazione continuata o periodica riguardo ai quali il codice stabilisce che l’effetto della risoluzione non si
estende alle prestazioni già eseguite.
La seconda riguarda all’esclusione degli effetti della risoluzione nei confronti dei terzi che abbiano
acquistato anteriormente alla risoluzione
Il Recesso
Fra le cause di risoluzione ammesse dalla legge è espressamente disciplinato il diritto di recesso, ossia il
potere di sciogliere il contratto mediante una dichiarazione unilaterale comunicata all’altra parte.
Il recesso può essere esercitato fino a quando sia stata data esecuzione al contratto.
Il recesso deve presentare la stessa forma del contratto originario.
La fonte:
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- Legale se è previsto dalla legge, ciò si verifica nella disciplina di alcuni contratti (locazione mandato mutuo
appalto deposito contratto di lavoro) la cui esecuzione si protragga nel tempo, quando non è stabilito il
momento della cessazione del rapporto;
- Convenzionale quando è previsto contrattualmente con apposita clausola. Spesso in questi casi è anche
previsto un corrispettivo per la parte che è destinata a subire l’esercizio del diritto di recesso, consistente nel
pagamento di una somma di denaro.
Forma di invalidità del contratto Disfunzione del rapporto Potere di sciogliere il contratto
posta a tutela di chi contrae a contrattuale mediante dichiarazione unilaterale
condizioni inique della controparte
1. per inadempimento
2. per impossibilità sopravvenuta
1. Per lesione
2. Lo stato di pericolo 3.eccessiva onerosità
sopravvenuta
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PERSONA FISICA
La persona giuridica
La persona giuridica può essere definita come
un’unione organizzata di uomini e beni costituita per il
raggiungimento di scopi che superano le forze del
singolo. È riconosciuta dall’ordinamento come un
soggetto di diritto autonomo e quindi è dotata di
propria capacità giuridica distinta da quella delle
persone fisiche che la costituiscono, insieme
all’elemento patrimoniale.
• le associazioni;
• le fondazioni;
2. in base al fine perseguito, distinguiamo:
• le persone giuridiche pubbliche;
• le persone giuridiche private.
Anche gli enti possono essere dotati di capacità
giuridica. In questo caso si parla di personalità
giuridica: quando questa viene acquisita dall’ente
diviene, appunto, “persona giuridica” e quindi può
essere anch’essa titolare di situazioni giuridiche.
La capacità giuridica delle persone giuridiche è più
limitata rispetto quella delle persone fisiche. Manca
ovviamente l’attributo della fisicità e di conseguenza
la persona giuridica non potrà sposarsi, avere figli,
nonché essere titolare di diritti personalissimi.