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n.

1
La pena dei golosi è una punizione di contrappasso per analogia generica: in quanto simili a bestie in vita
saranno accovacciati per terra come animali, nella loro acquetta sporca e flagellati dalle intemperie. Essi
infatti sono prostrati a terra e la pioggia li fa urlare come cani (come bestie); essi si fanno schermo l'un
l'altro (strisciando quindi come vermi) e si rigirano spesso, questi miseri profani. Ma il contrappasso può
essere anche per contrasto: mentre in vita i golosi sono andati alla ricerca delle più grandi prelibatezze
culinarie, ora all'inferno sono costretti a stare sdraiati nel fango sotto una pioggia greve e maleodorante; e
mentre in vita hanno vissuto per le esigenze del corpo, ora essi appaiono a Dante come vane ombre,
vedendosi negato l'involucro di carne. Inoltre, la soddisfazione dell'odorato tramite i cibi è punita dal fetore
della terra, nella quale sono costretti a sprofondare in eterno.

n.2
Sono i penitenti che scontano la loro pena nella VI Cornice del Purgatorio, colpevoli di eccessivo amore per
il cibo e le bevande: sono tormentati da fame e sete continua, stimolata dal profumo di dolci frutti che
pendono da due alberi posti all'ingresso e all'uscita della Cornice e da una fonte d'acqua che sgorga dalla
roccia e sale verso l'alto. Recitano il versetto 17 del Miserere, ovvero Labia mea, Domine, e presentano una
spaventosa magrezza, al punto che la pelle aderisce totalmente alle ossa e il volto è così smunto che si
potrebbe leggere la parola «OMO».

n.3
È Forese (XXIII) a riconoscere il poeta e ad apostrofarlo, dopodiché Dante lo riconosce dalla voce in quanto
l'aspetto è troppo alterato dalla pena: chiede a Forese di spiegargli il motivo della sua magrezza ed egli
indica la causa di ciò nel loro peccato di gola, per cui il profumo dei dolci frutti dei due alberi, quindi l’olfatto
è il senso maggiormente coinvolto.

n.4
Sono i penitenti che scontano la loro pena nella VI Cornice del Purgatorio, colpevoli di eccessivo amore per
il cibo e le bevande: sono tormentati da fame e sete continua, stimolata dal profumo di dolci frutti che
pendono da due alberi posti all'ingresso e all'uscita della Cornice e da una fonte d'acqua che sgorga dalla
roccia e sale verso l'alto.

n.5
Dante mostra un senso di nostalgia e tristezza nel ricordare il passato giovanile.

n.6
Composizione poetica in cui viene ritrattato, modificato, smentito, quanto era stato affermato in una
composizione precedente.
Scritto o discorso nel quale si ritrattano opinioni già professate, illustrando i motivi del cambiamento:
scrivere, pronunciare una p.; e con tono ironico: cantare la palinodia.

n.10
Piangere e cantar s’udìe = ossimoro(v. 10).

Diletto e doglia parturìe = ossimoro (v. 12). Cioè: "suscitava gioia e dolore".

Sì come i peregrin pensosi fanno, giugnendo per cammin gente non nota, che si volgono ad essa e non
restanno, così di retro a noi, più tosto mota, venendo e trapassando ci ammirava d’anime turba tacita e
devota = similitudine (vv. 16-21). Cioè: "Come fanno i pellegrini assorti nei loro pensieri, che, quando nel
loro cammino incontrano persone sconosciute, si voltano a guardarle senza fermarsi, così una schiera di
anime silenziose e devote ci osservava con stupore, venendo dietro di noi a passi più veloci e
oltrepassandoci".
Parean l’occhiaie anella sanza gemme = similitudine (v. 31). Cioè: "le occhiaie sembravano anelli senza
gemme".
Io dico pena, e dovrìa dir sollazzo = antitesi (v. 72). Cioè: "io dico pena, e dovrei dire gioia".
Buon dolor = ossimoro (v. 81). Per indicare il pentimento.
Dolce assenzo = ossimoro (v. 86). Cioè: "il dolce veleno".

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