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“Lo Chalumeau” ad ancia semplice

Il clarinetto primitivo o ” Chalumeau ” (strumento ad ancia battente semplice con sette fori , derivato
dalla” cennamella” franco-sveva) aveva l‘estensione divisa in due scale: una di suoni fondamentali, l‘altra di
armonici, in due diverse tonalità (do, sol) che si ottenevano mediante una pressione maggiore delle labbra
sull’ancia ed era di quattro tipi (soprano, alto, tenore, basso) per un estensione totale di solo tre ottave.
Tali limiti e imperfezioni, assieme all‘originalità del fenomeno acustico che si manifestava in tubi cilindrici
ad ancia battente indussero il fabbricante di strumenti a fiato in legno Johann Christian Denner (Lipsia
1655; Norimberga 1707) a compiere delle trasformazioni sullo strumento che determineranno la nascita del
Clarinetto. Questo primitivo clarinetto era intonato in Do. L’estensione di questo strumento, discontinua
per la mancanza di alcuni semitoni, era formata da due scale di differente carattere e agganciate fra loro da
tre suoni medi. La prima scala, detta anche dei suoni fondamentali, prese il nome di “chalumeau”, la
seconda degli armonici si chiamò “danno” per la chiarezza dei suoni, molto simili a quelli del Clarino
medioevale.

“Lo chalumeau” ad ancia doppia


Un altro, a canna conica e ancia doppia, è da considerare un progenitore dell’oboe.

La bombarda
La bombarda è uno strumento musicale a fiato ad ancia doppia, della famiglia degli oboi. Il nome le è
dovuto alla sua potenza sonora (in associazione all'arma da fuoco).

Nel medioevo, le bombarde venivano utilizzate nell'ensemble detto alta cappella. Tra la fine del XIV secolo
e la metà del XV secolo, l'alta cappella era composta prevalentemente da tre strumenti: ciaramella,
bombarda e tromba da tirarsi. L'alta cappella, spesso accompagnata da percussioni, animava processioni e
balli di corte, e sovente era impiegata nelle cerimonie religiose, prendendo posto nelle balconate più alte
delle cattedrali.

La bombarda medievale era generalmente intonata una quinta sotto la ciaramella e per questo era dotata
di una chiave, parzialmente celata dalla presenza di una fontanella, con la quale era possibile chiudere
l'ultimo foro.

Nel rinascimento, come avvenne nel caso di molto altri strumenti, la famiglia delle bombarde si allargò
notevolmente, com'è possibile constatare grazie all'illustrazione di Michael Praetorius nel suo Syntagma
Musicum.
Oggi la bombarda nella musica colta viene utilizzata quasi esclusivamente per ricostruzioni storiche
filologiche di musiche medievali e rinascimentali, oltre che essere usata a livello folkloristico in diverse
culture, compresa quella italiana. Il nome di bombarda, proprio in ispirazione a questo strumento
medievale, è passato nell'organistica francese come identificativo del particolare registro grave ad ancia
"bombarde", quello, appunto, dal suono più possente.

La bombarda era costruita originariamente in bosso (in Italia) o in sorbo (in Francia) per il corpo e in pero
per la campana, la bombarda suona in do, in si bemolle o in sol a seconda della costruzione. Esistono però
differenti estensioni di bombarda:

il soprano, detto anche bombardino (o ciaramella in Italia meridionale),

il contralto, detto anche contrabombarda,

il tenore, detto anche tenorbombarda,

il basso, detto anche bombardone, disponibile anche nella versione ritorta come la dulciana.

La Ciaramella
La ciaramella o pipita è uno strumento musicale popolare aerofono della famiglia degli oboi con ancia
doppia, cameratura conica e senza chiavi. Il termine ciaramella, deriva dal diminutivo tardo latino
calamellus, al femminile calamilla e calamella, derivante a sua volta dalla parola latina calamus e greca
kàlamos, cioè "canna". Nei vari dialetti italiani prende i nomi di ciaramedda, cornetta, totarella, trombetta,
bìfara, pipìta; in còrso prende il nome di cialamella, cialamedda o cialumbella.

Questo strumento musicale popolare è diffuso in tutto il Centro-sud Italia, ma il termine in alcune aree,
come ad esempio ciarammelle nell'Alta Sabina o ciarameddi in Calabria e Sicilia designa la zampogna;
questo perché sembra che la zampogna stessa sia nata dall'accostamento di due ciaramelle alle quali
nell'età dell'Impero Romano è stato aggiunta una riserva d'aria tramite un otre (nel Medioevo saranno
aggiunti infine i bordoni).

La doppia ancia, assai lunga, viene tenuta fra le labbra; il foro del fuso è conico e la campana terminale è
ampiamente svasata. Raramente è suonata come strumento solista. Generalmente si suona assieme alla
zampogna. Si usa anche l'accostamento alla zampogna di due ciaramelle, suonate o da una coppia di
suonatori o contemporaneamente dallo stesso suonatore (ciaramella doppia); quest'ultimo utilizzo è tipico
dell'area lucana. In Calabria, la ciaramella fa anche parte delle "bande piluse" o fanfare, che includono
anche una sezione ritmica. L'accostamento tra zampogna e ciaramella è diffuso grazie agli zampognari
itineranti che portano la novena di Natale. Originariamente l'uso non era legato al solo contesto pastorale e
natalizio, ma apparteneva ai più vari contesti.

A questi strumenti Giovanni Pascoli dedica una composizione, Le Ciaramelle appunto, nella raccolta di
poesie Canti di Castelvecchio.

Con il termine ciaramella (shawm in inglese, Schalmei in tedesco, chalemie in francese) si indica il soprano
della famiglia delle bombarde. Questo strumento per tutto il medioevo viene utilizzato come discantus
nell'ensemble dell'alta cappella.

La differenza tra ciaramella e bombarda consiste principalmente nella presenza in quest'ultima di una
chiave, parzialmente celata da una fontanella con funzione protettiva ed estetica, necessaria per suonare la
nota più grave dello strumento. Questa distinzione viene mantenuta fino al XVII secolo, come testimonia il
trattato Syntagma Musicum di Michael Praetorius ed applicata a tutte le altre taglie della famiglia delle
bombarde.

L’ “Olifante”.
L'olifante è uno strumento per produrre suoni, un corno da caccia ricavato da una zanna di elefante,
utilizzato nel Medioevo. L'olifante è caratterizzato da decorazioni a rilievo, suddivise in tre fasce circolari
riproducenti scene di caccia e di lotta fra animali. Ogni fascia è separata dall'altra da elementi decorativi
geometrici. Sono presenti tre supporti per appenderlo a tracolla.

La parola olifante deriva dall'antico francese olifant a sua volta dal latino elephantus, "elefante".
Nel Medioevo cristiano il corno fu un materiale usato per realizzare oggetti di pregio tra cui persino calici,
anche se quest'ultimo uso fu presto proibito. Durevole invece fu la consuetudine medievale di adoperare
ogni sorta di corni di ruminanti per farne vasi potori (vasi usati nell'antichità per contenere bevande; dal
latino potorius, "che serve per bere", dalla stessa radice di potare, "bere"): molti di essi finirono nei tesori
delle chiese e divennero reliquiari o vasi per l'olio santo; negli inventari del Quattrocento e Cinquecento
sono descritti come zampe di grifo e si attribuivano loro poteri amuletici contro il male e il veleno, come
per i corni di unicorno comuni nei tesori principeschi del Rinascimento.

Si facevano di corno anche i corni da caccia o per segnale, ma i più preziosi, gli olifanti, si ricavavano
dall'avorio delle zanne d'elefante: se ne hanno nei musei e nei tesori delle chiese, di fattura orientale o
bizantina con decorazioni specialmente di animali, che risalgono ai secoli dal IX al XII, e fin nell'XI secolo con
rappresentazioni del circo che ricordano quelle degli antichi dittici; molti divennero poi reliquiari. Nel
Medioevo erano adoperati corni di varia specie ma di forma pressoché uniforme: differivano se mai in certi
particolari e negli ornamenti più o meno ricchi.

Servivano ugualmente per dare segnali nelle cacce, nelle adunanze e nelle battaglie.

Gli avori più antichi vennero portati dalla Sierra Leone tra la fine del Quattrocento ed i primi del
Cinquecento, eseguiti dagli artisti della popolazione Sapi su richiesta dei portoghesi. Elemento caratteristico
dello stile Sapi-portoghese è il disegno delle teste umane; un altro carattere tipico è la leggerezza delle
decorazioni a rilievo che lascia libera buona parte della superficie. I corni, usati in Africa per trasmettere
messaggi di guerra, si presentavano bene come corni da caccia.

Si conserva tuttora nel museo del duomo di Praga un corno che si pensa che sia quello che Rolando,
secondo la leggenda, suonò a Roncisvalle, sebbene la Chanson de Roland racconta di come i suoi pezzi
(l'eroe soffiò talmente forte nello strumento, per avvisare l'avanguardia dell'esercito di Carlo Magno, che
l'olifante si ruppe) siano stati deposti sul colle di Saint-Seurin a Bordeaux, dove riposerebbero "altri cinque
mila valorosi" morti nella battaglia. Orlando esitò fino all'ultimo prima di dare l'allarme al suo re, Carlo
Magno. Cominciò poi a suonare con tutte le sue forze, tanto che ne morì. Il messaggio era arrivato a Carlo,
ma ormai era troppo tardi.

La chiarina

La chiarina (chiamata anche clarina, clarino, chiarino) è una tromba naturale di concezione molto semplice,
in uso fin dall'epoca romana, ma, in particolar modo, così come oggi si presenta, dal XVII e XVIII secolo. Lo
strumento ha un corpo piuttosto lungo e presenta un tipico suono acuto, limpido e chiaro da cui prende
nome.
Probabilmente la chiarina naturale (senza pistoni) permetteva in origine di intonare molte più note di
quelle che uno strumento moderno potrebbe emettere "a vuoto", ma, con il perfezionamento delle
tecniche di costruzione degli ottoni, si usa come riferimento quello della cornetta in SIb, con l'eventuale
aggiunta di uno o più pistoni. In particolare la chiarina ad un pistone è stata ideata appositamente per
l'esecuzione della marcia trionfale dell'Aida di Giuseppe Verdi ed ha, anche dal punto di vista scenografico,
il vantaggio di contenere l'unico pistone all'interno della mano.

La buccina

La bùccina è uno strumento musicale appartenente al gruppo degli ottoni, usato nelle fanfare delle legioni
dagli antichi romani.

Essa era originariamente un cilindro stretto, lungo circa 3 metri e mezzo. Veniva suonato soffiando in una
imboccatura. Il tubo era ripiegato a forma di un'ampia "C" ed era rinforzato con una barra che collegava le
curve e che serviva per l'impugnatura del suonatore stabilizzandone l'uso e il movimento. Veniva messa a
tracolla del suonatore e si appoggiava alla spalla.

La buccina era usata per le segnalazioni negli accampamenti durante la notte e per altri numerosi motivi.

Lo strumento fu probabilmente il predecessore della tromba e del trombone moderni. La voce tedesca per
indicare il trombone (Posaune) deriva linguisticamente da buccina.

Nel finale del poema sinfonico I pini di Roma, Ottorino Respighi indica come buccine sei strumenti di diversi
tipi. Tre buccine in si bemolle sono indicate anche in Feste romane, ma le loro parti sono interpretate da
trombe o da flicorni soprani.

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