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CredereOggi 37 (5/2017) n.

221, 55-69

Sensus fidei,
luogo privilegiato
del discernimento
Gianluigi Pasquale *

[I] tempi non si possono confutare. […]


Si può solo cercar di capire che cosa stanno combinando i tempi,
e di tanto in tanto distribuire qualche bacchettata sulle dita1.

1. Uno scenario completamente nuovo:


il magistero vivo sollecita il sensus fidei

Qualsiasi teologo, addentro ai lavori, che avesse dovuto cimen-


tarsi sulla determinazione relazionale tra sensus fidei – il «fiuto spi-

* Pontificia Università Lateranense (Città del Vaticano) (gianluigip@tiscali.it).


1
R. Musil, Spirito ed esperienza. Note per i lettori scampati al tramonto dell’Occi-
dente [1921], in Id., Saggi e lettere, vol. 1, Einaudi, Torino 1995, 43.
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rituale» circa le cose di Dio – e discernimento, anche soltanto cin-


que anni or sono, avrebbe, forse, dovuto affrontare la questione in
maniera quasi opposta alla scelta di metodo che, invece, qui viene
appositamente attuata. Lo stanno a dimostrare, inequivocabilmen-
te, le recenti consultazioni delle chiese particolari attuate in vista
del sinodo straordinario e di quello ordinario sulla famiglia, già ce-
lebrati2, nonché di quello in calendario sulla «questione giovanile»3.
Più precisamente qui si intende esattamente dire che, se fino a
poco tempo fa, sul discernimento ecclesiale, messo in capo al magi-
stero della chiesa, premeva la forza innovatrice del sensus fidei, ine-
quivocabilmente pulsante nei credenti che abitano il trascorrere del
tempo, oggi sembra accadere esattamente il contrario. A sapere: se
non fosse il «magistero vivo» della chiesa4 a spronare i fedeli nell’at-
tuare un vero e autentico discernimento ecclesiale che riaccenda
tutte le virtualità di cui la buona notizia del vangelo è foriera, a
tutt’oggi sembra che i fedeli si siano «incagliati» nel tempo presente,
senza accorgersi che da esso lo Spirito Santo continua a sprigionare
dei segni nuovi che necessitano di interpretazione, ovvero di discer-
nimento. Detto in breve e almeno per quanto riguarda il (ristretto)
contesto europeo: una volta i fedeli, specie quelli praticanti, chie-
devano al magistero di «svecchiarsi»; ora è quest’ultimo che deve

2
Cf. Sinodo dei vescovi, Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’e-
vangelizzazione, III Assemblea generale straordinaria (5-19 ottobre 2014); Id., La
vocazione e la missione della famiglia nella chiesa e nel mondo contemporaneo, XIV
Assemblea generale ordinaria (4-25 ottobre 2015), entrambi in http://www.vatican.
va/roman_curia/synod/index_it.htm (15.9.2017).
Cf. Sinodo dei vescovi, I giovani, la fede e il discernimento vocazionale. Do-
3

cumento preparatorio, XV Assemblea generale ordinaria (ottobre 2018), Edizioni


Paoline, Milano 2017.
4
Concilio Vaticano II, Costituzione dogmatica Dei Verbum (18 novembre
1965), n. 10.
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attuare il processo contrario, chiedendo ai credenti di aumentare


il gradiente di discernimento dinnanzi al mutamento continuo di
condizione, esistenziale ed ecclesiale, imposto dall’incontrovertibile
accelerazione di un periodo sull’altro.
Ciò premesso, è, però, necessario spezzare subito una lancia a
favore di questo strano ritardo o presunta «sordità», che sembrereb-
bero essere imputabili al popolo di Dio, interpretandoli attraverso
la declinazione di tre categorie giustificative. In primo luogo, oggi
la gente si è, appunto, incagliata, perché, abbagliata di segni, ne
vede fin troppi e quando c’è un faro di luce eccessiva non si vede
più nulla, o molto poco: non si può chiedere a una generazione
di abitare e (dover) interpretare i cambiamenti che, di solito, si
spalmavano nell’arco di tre generazioni; in secondo luogo, la gente
oggi – e i giovani in particolare – è, paradossalmente, «(s)premuta»
sul presente perché è dimentica del passato, che le è stato rubato, e
«teme» letteralmente il futuro dove fluttua l’ospite inquietante del
«non so cosa (mi) succederà»5; infine, appare improba e oltremodo
difficile l’opera di discernimento dei segni dei tempi, se a doverlo
fare è rimasto un quorum di razza italica, tra la quale soprattutto si
inseriscono i credenti cattolici, che sembrerebbe oggi in un irrefre-
nabile decremento se non, addirittura, in via di estinzione6.

5
Cf. G. Pasquale, Dalla postmodernità alla tardomodernità: un’evoluzione si-
lenziosa, in D. Bondì (ed.), Teorie del pensiero storico, Edizioni Unicopoli, Milano
2014, 321-342.
6
È quest’ultimo un argomento che interessa particolarmente allo scrivente, es-
sendo, da una parte una constatazione incontrovertibile, e, dall’altra, direttamente
afferente alla cattolicità della chiesa, non il contrario. Lungimiranti, a questo propo-
sito, appaiono le osservazioni di S. Zecchi, Paradiso Occidente. La nostra decadenza
e la seduzione della notte, Mondadori, Milano 2016, 89-101.
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2. Una nomenclatura piuttosto recente:


sensus fidei fidelium

A scanso di equivoci, va fin da subito precisato che l’espressione


sensus fidei, sopra evocata e primo tassello di studio di questa ricerca,
non si trova nelle Scritture, né nell’insegnamento della chiesa prima
del concilio Vaticano II.
Tuttavia, l’idea che la chiesa, considerata nel suo insieme, sia
infallibile nella fede poiché essa è il corpo di Cristo e la sua sposa
(cf. 1Cor 12,27; Ef 4,12; 5,21-32; Ap 21,9), e che tutti i suoi
membri possiedano un’unzione che li ammaestra (cf. 1Gv 2,20.27),
grazie al dono dello Spirito di verità (cf. Gv 6,13), costituisce una
nozione che si rinviene ovunque, sin dagli inizi del cristianesimo
e, come tale, testimoniata sia dai dati dell’Antico che del Nuovo
Testamento.
L’accezione più inquilina al sensus fidei, al «senso della fede», è
che esso appartenga quale caratteristica peculiare, appunto, ai e
dei fedeli battezzati. Da quest’angolo visuale, il sensus fidei sta in
equazione con il sensus fidelium, il «senso dei fedeli», inerenti le cose
della fede, in particolare Dio stesso.

2.1. Originata dalla Riforma protestante

È piuttosto interessante notare che il concetto di sensus fidelium


cominciò a essere elaborato e utilizzato in modo più sistematico al
momento della Riforma protestante, anche se il ruolo decisivo del
sensus fidelium nel discernimento e nello sviluppo della dottrina
in materia di fede e di morale era già stato riconosciuto durante i
periodi patristico e medievale.
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Occorreva, tuttavia, a questo riguardo, prestare una maggiore


attenzione al ruolo specifico dei laici, costituendo questi il soggetto
e il luogo peculiare del discernimento7.
In realtà, la sfida posta dai riformatori del XVI secolo esigeva
un’attenzione rinnovata al sensus fidei fidelium a motivo del primato
loro dato alla parola di Dio nella Sacra Scrittura (Scriptura sola)
e al sacerdozio dei fedeli. Essi sostenevano che la testimonianza
interiore dello Spirito Santo dà a tutti i battezzati la capacità di in-
terpretare da se stessi la parola di Dio. Questa convinzione, tuttavia,
non impedì loro di offrire un insegnamento durante dei sinodi e di
produrre dei catechismi per l’istruzione dei fedeli. Le loro dottrine
rimettevano in discussione, fra l’altro, il ruolo e lo statuto della
tradizione, l’autorità magisteriale del papa e dei vescovi e l’inerranza
dei concili.
Per rispondere alla loro affermazione secondo la quale la pro-
messa della presenza di Cristo e della guida dello Spirito Santo era
stata fatta alla chiesa intera, non soltanto ai Dodici, ma anche a
ogni credente8, i teologi cattolici furono indotti a spiegare più pie-
namente in che senso i pastori sono al servizio della fede del popolo.
Facendolo, essi accordarono un’attenzione all’autorità magisteriale
della gerarchia.

7
«Il [sensus fidelium ] faudrait, dans l’èglise aussi, interpréter les sentiments
d’une majorité silencieuse et se demander ce que représent les lettres aux journaux,
les programmes de ligne ouverte, les sondages maison ou les signatures au bas d’une
pétition…»: E. Lamirande, La théologie du «sensus fidelium» et la collaboration de
l’historien, in J.-M.R. Tillard et Al., Foi populaire, foi savante. Actes du Ve Colloque
du Centre d’études d’histoire des religions populaires, Collège Dominicain de Théologie
(Ottawa), Cerf, Paris 1976, 67-72, qui 69.
8
Cf. M. Lutero, De captivitate Babylonica ecclesiae praecludium, in Weimarer
Ausgabe 6, 566-567 e G. Calvino, Institutio christianae religionis, IV, 8, 11, secondo
i quali le promesse di Cristo si rintracciano in Mt 28,19 e Gv 14,16.17.
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I teologi della Riforma cattolica, basandosi sugli sforzi preceden-


ti per sviluppare un’ecclesiologia sistematica, ripresero la questione
della rivelazione, delle sue fonti e della loro autorità. Risposero in-
nanzitutto alle critiche dei riformatori verso alcune dottrine, richia-
mando l’infallibilità in credendo9 della chiesa intera, laicato e clero
insieme. E, di fatto, il concilio di Trento fece ripetutamente appello
al giudizio della chiesa intera per difendere gli articoli contrastati
della dottrina cattolica. Il suo decreto sul sacramento dell’eucarestia
(1551), per esempio, invoca specificamente «il comune sentire della
chiesa»10.

2.2. Newman e la spinta al discernimento


proveniente dal senso della fede
Bisogna, però, arrivare al secolo XIX per scorgere un nuovo
bagliore che giustifichi il nesso tra senso della fede e possibilità di at-
tuare un autentico discernimento ecclesiale e/o sociale. Rimanendo
ancora all’interno della teologia cattolica, non credo si possa intra-
vedere il punto di svolta né nel giovane, per quanto acuto, teologo
tedesco Johann Adam Möhler (1796-1838), né nel «teologo roma-

9
Antesignane a Dei Verbum, sono, a questo proposito, le perspicue osserva-
zioni di G. Thils, L’infallibilité du peuple chrétien «in credendo». Note de théologie
post-tridentine, Desclée de Brouwer, Paris 1963, 98-115, come ho dimostrato in G.
Pasquale, Gustave Thils, Promotor of a Catholic historia salutis, in «Ephemerides
Theologicae Lovanienses» 78 (2002) 161-178.
10
«Universum Ecclesiae sensum»: Concilio di Trento, Decretum de ss. Eu-
charistia (11 ottobre 1551), c. I, in H. Denzinger - P. Hünermann, Enchiridion
symbolorum definitionum et declarationum de rebus fidei et morum, EDB, Bologna
19962, 1637; cf. anche Id., Doctrina et canones de comunione (16 luglio 1562), c. I,
in ibid., 1726. Non meraviglia che espressioni equivalenti si trovino in Y.M.J. Con-
gar, La Tradition et les traditions. II: Essai théologique, Fayard, Paris 1963, 82-83.
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no» Giovanni Perrone (1794-1876), bensì in John Henry Newman


(1801-1890), il quale studiò il sensus fidei fidelium in primo luogo
per chiarire i propri dubbi riguardo allo sviluppo della dottrina. In
tutta onestà, l’ulteriore spinta all’approfondimento provenne da un
teologo non cattolico, dunque, per quanto convertito dall’anglica-
nesimo ancora una volta, dal «grembo riformato», ovvio in seno
alla chiesa d’Inghilterra. Giustifico quest’ultima puntualizzazione.
Newman era perfettamente convinto che il senso della fede di
cui ogni cristiano, donna o uomo, è in possesso, non deve frenare
il discernimento ecclesiale nell’approfondimento della verità conte-
nuta nella rivelazione cristiana. Questa convinzione – come accen-
nato in apertura – gode di un preciso stigma di attualità. A sapere:
nello scenario ecclesiale contemporaneo sembra che un certo senso
della fede dei fedeli freni lo sforzo di discernimento nel saper (e do-
ver) leggere i «segni dei tempi», agendo, per ciò stesso, in direzione
contraria a quanto occorso dalla Riforma protestante fino a tutto
il XX secolo, anzi costringendo il magistero, talvolta, a stimolare il
senso della fede dei fedeli perché non sterilizzi il discernimento nella
sua opera di attualizzare la verità del vangelo, affinché possa parlare
all’uomo di oggi e a tutti, senza distinzione o qualsivoglia barriera
Al contrario, Newman prestò una nuova e raffinata attenzione al
sensus fidei fidelium in quanto locus theologicus («luogo teologico»)
al fine di spiegare in che modo lo Spirito Santo custodisce la chiesa
integra nella verità e di giustificare gli sviluppi dottrinali della chiesa
medesima. Egli fu il primo a pubblicare un trattato interamente
dedicato al sensus fidei, il celeberrimo An Essay on the Development
of Christian Doctrine (1854)11, e a enunciare le caratteristiche di uno

Cf. J.H. Newman, An Essay on the Development of Christian Doctrine, Sheed


11

and Ward, London - New York 19606 [tr. it. Lo sviluppo della dottrina cristiana, il
Mulino, Bologna 19672].
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sviluppo fedele. E non a caso, per distinguere fra sviluppo autentico


ed erroneo, egli adottò la norma di Agostino (354-430) – l’assenso
generale della chiesa intera, «securus judicat orbis terrarum» – ma
vide pure che un’autorità infallibile era necessaria per custodire la
chiesa nella verità.
Quando più tardi scrisse On Consulting the Faithful in Matters of
Doctrine (1859), lo scopo di Newman era quello di (di)mostrare che
i fedeli hanno un ruolo proprio e attivo da svolgere nella custodia e
nella trasmissione della fede. «La Tradizione degli apostoli» – scrive
il futuro cardinale – è «affidata alla chiesa intera nelle sue diverse
parti e funzioni per modum unius», ma i vescovi e i fedeli laici le
rendono testimonianza in maniera differente. La tradizione, egli
afferma,

si manifesta in modo diverso nelle diverse epoche: talvolta per voce degli
episcopati, talvolta dei dottori, talvolta del popolo, talvolta di liturgie, riti,
cerimonie e costumi, di avvenimenti, controversie, movimenti e di tutti
gli altri fenomeni che sono compresi sotto il nome di storia12.

Secondo Newman, insomma, «vi è qualcosa nella “pastorum et


fidelium conspiratio” che non si trova nei pastori soltanto»13, e che,
anzi, soprattutto nei fedeli permette il fiorire del discernimento,
come una di quelle attività all’uomo e alla donna più peculiari.
Vediamo allora di che si tratta.

J.H. Newman, On Consulting the Faithful in Matters of Doctrine, Collins,


12

Glasow 19865, 70-71 [tr. it. Sulla consultazione dei fedeli in materia di dottrina,
Morcelliana, Brescia 1991].
13
Ibid., 63.
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3. Il discernimento: sentire il «suono più profondo»


al di là del rumore della normalità

Dalla disamina finora eseguita si è, forse, intuito che Dio ci parla


sempre, singolarmente e come popolo di Dio, in tempi diversi e in
molti modi: attraverso sogni e visioni, profeti e messaggeri, Scrittura
e tradizione, esperienza e ragione, natura e avvenimenti.
Possiamo adesso aggiungere che il discernimento è la pratica spi-
rituale che interpreta e tenta di capire ciò che Dio cerca di dire.
Quando siamo saldi nella preghiera e nella solitudine e siamo parte
di una comunità di fede, nella vita quotidiana – mentre ci sforzia-
mo di trovare risposte alle domande spirituali – ci vengono dati
dei segni. I libri che leggiamo, la natura di cui possiamo godere,
le persone che incontriamo e gli avvenimenti che sperimentiamo
contengono segni della presenza e della guida di Dio giorno dopo
giorno. Quando certe poesie o i versi delle Scritture ci parlano in
un modo speciale, quando la natura canta e la creazione rivela la
propria gloria, quando persone particolari sembrano essere poste sul
nostro cammino, quando un avvenimento cruciale o attuale sembra
pieno di significato, è il momento di essere attenti agli scopi divini
che queste cose indicano. Il discernimento è un modo di leggere i
segni e di riconoscere i messaggi divini.

3.1. È l’impegno di ricordare Dio che dura per tutta la vita


Espresso in maniera più sintetica, il discernimento è sentire un
suono più profondo al di là del rumore della vita normale e vedere,
attraverso le apparenze, l’interconnessione di tutte le cose, raggiunge-
re una visione di come i fatti della storia sono legati fra loro nelle no-
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stre vite e nel mondo (theōría physiké)14. In realtà, il discernimento


proveniente dal sensus fidei costituisce una comprensione spirituale
e una conoscenza sperimentale – acquisite attraverso una pratica
spirituale disciplinata – del modo unico in cui l’amore e la guida
di Dio si manifestano nelle nostre vite, che porta a una vita «degna
del Signore» (Col 1,10). È un dono e una pratica spirituale che
constata e conferma il modo unico in cui l’amore e la guida di Dio
si manifestano nelle nostre esistenze, perché possiamo conoscere la
volontà di Dio e realizzare la nostra chiamata e la nostra missione
all’interno delle interazioni misteriose dell’amore di Dio15.
Ma, come sanno tutti coloro che cercano di vivere le domande
e di seguire il movimento dello Spirito impresso al «senso della
fede», il discernimento non è un programma metodologicamente
predisposto o una procedura sistematica. È, piuttosto, la disciplina
regolare dell’ascolto del sussurro della brezza leggera nella furia del
turbine (cf. 1Re 19,12), una pratica devota di lettura dei piccoli
segni nella vita quotidiana, in cui il sensus fidei, inevitabilmente, sa
che agisce lo Spirito per noi.
Il discernimento non consiste nel prendere decisioni definitive
in momenti critici della vita (dovrei accettare questo lavoro? Chi
dovrei sposare? Dove dovrei vivere e lavorare?), ma in un impegno
che dura per tutta la vita di «ricordare Dio» (memoria Dei), sapere
chi siamo ed essere molto attenti a ciò che lo Spirito dice oggi (cf.
Ap 3,6). Perché, in realtà, il discernimento, quando si basa sul senso
della fede, diventa discernimento degli spiriti.

14
Cf. G. Pasquale, Teoria e teologia della storia. L’uomo alla ricerca del proprio
senso, Carocci, Roma 2016, 596-605.
15
Cf. H.J.M. Nouwen, Il discernimento. Leggere i segni della vita quotidiana,
Queriniana, Brescia 2014, 206-210.
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3.2. In analogia a quanto avviene nel rapporto di amicizia:


giudicando per connaturalità
Allo scrivente, non appare, a questo proposito, essere soltanto
una mera concomitanza cronologica il fatto che l’importanza ascrit-
ta al discernimento degli spiriti, più volte sottolineato da papa Fran-
cesco sia in Evangelii gaudium16 che in Amoris laetitia17, per addurre
soltanto due esempi, stia in perfetta sintonia con la disamina attuata
dal documento, piuttosto articolato, della Commissione teologica
internazionale: Il sensus fidei nella vita della chiesa18, appunto reso
pubblico il 21 giugno 2014 tra le due citate esortazioni apostoliche.
Tale documento muove da un’affermazione fondamentale posta al
centro, secondo cui il discernimento dipende dal «sensus fidei fidelis
[che è] una sorta di istinto spirituale che permette al credente di
giudicare»19 per connaturalità ciò che è conforme al vangelo e alla
prassi apostolica. Quanto viene detto, anche dal punto di vista
teologico, oltre che filosofico, non è di poco conto. Infatti, la con-
naturalità – che qui insinua la comunanza di una medesima natura
– fa riferimento a una situazione in cui un’entità A intrattiene con
un’altra entità B una relazione così intima che A prende parte alle
disposizioni naturali di B, come se si trattasse delle sue proprie20.

16
Francesco, Evangelii gaudium. Esortazione apostolica, San Paolo, Cinisello
B. (MI) 2013.
17
Francesco, Amoris laetitia. Esortazione apostolica postsinodale sull’amore nella
famiglia, LEV, Cttà del Vaticano 2016.
18
Commissione teologica internazionale, Il sensus fidei nella vita della
chiesa, in «Il Regno. Documenti» 59 (19/2014) 632-655.
19
Ibid., n. 49.
L’ha dimostrato J.-M.R. Tillard, Le «sensus fidelium»: réflection théologique, in
20

J.-M.R. Tillard et Al., Foi populaire, foi savant, 9-40, in particolare 38-39.
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La connaturalità permette, così, una forma di conoscenza ori-


ginale e profonda, che è, appunto, l’autentico discernimento «cor-
roborato» dal sensus fidei. Originale è l’utilizzo della categoria di
amicizia21, su cui fa leva il documento:

Nella misura, ad esempio, in cui due amici sono uniti, il primo diviene
capace di giudicare in modo spontaneo ciò che conviene all’altro, poiché
condivide le inclinazioni stesse dell’altro e comprende così per connatu-
ralità ciò che è buono o cattivo per lui. In altre parole, si tratta di una
conoscenza di ordine diverso dalla conoscenza oggettiva, la quale procede
per via di concettualizzazione e di ragionamento. È una conoscenza per
empatia, o una conoscenza del cuore22.

Insomma, il discernimento avviene proprio così, ossia con quel


metodo peraltro già messo in evidenza dai Padri della chiesa e dai
più grandi mistici della tradizione cristiana.

3.3. Le abilità conferite al discernimento dal sensus fidei


Il tracciato fin qui percorso ci ha portati a dimostrare come, al
fine di comprendere oggi la rivelazione cristiana assieme alla nostra
stessa esistenza non sia soltanto necessario scrutare la Sacra Scrittu-
ra, interpretata nella tradizione della chiesa dal magistero vivo, ma
anche ascoltare i «segni dei tempi», oggi in continuo cambiamento,
facendo leva sul senso della fede dei fedeli – e pure dei pastori – i
quali attuano, così, il loro discernimento.

Per gli addetti ai lavori è più che evidente qui il rimando a M.T. Cicerone,
21

Laelius de amicitia, Les Belles Lettres, Paris 19833, 56-61.


22
Commissione teologica internazionale, Il sensus fidei, n. 50.
CredereOggi n. 221 67

Vivere senza discernere ciò che ci accade all’intorno risulta im-


possibile per il nostro stesso «stare al mondo»23. Anzi, piano, piano
può portare a un «lento suicidio»24.
Se, invece e come dicevamo prima, viene mantenuto quale me-
moria di Dio per tutta la vita, si possono segnalare tre manifesta-
zioni piuttosto circoscritte e, quindi, definite del sensus fidei fidelis
che polarizzano la vita personale del credente nel suo discernere per
la chiesa e nel mondo:
– il primo consiste nel valutare se un insegnamento particolare o
una prassi specifica che incontra nella chiesa sono coerenti o
meno con la vera fede per la quale egli vive nella comunione
ecclesiale;
– in secondo luogo, aiuta a distinguere l’essenziale dal secondario
nella predicazione, ovvero nel «detto» della chiesa, da qualunque
soggetto il contenuto provenga;
– infine, aiuta a determinare e mettere in pratica la testimonianza da
rendere a Gesù Cristo nel contesto storico e culturale particolare
nel quale il credente abita25.
Ed è proprio quest’ultimo, a mio avviso, il nerbo più delicato.
Oggi se il sensus fidei vuole e può rendere un po’ tutti più maestri,
essi devono essere dei testimoni che possano discernere, ma so-
prattutto, sui quali si possa fare discernimento, appunto, nel loro
«essere maestri».

23
Cf. U. Galimberti, La terra senza il male. Jung dall’inconscio al simbolo, Fel-
trinelli, Milano 20136, 98-123.
24
Francesco, Evangelii gaudium, n. 272, p. 270.
25
Cf. P. Schiavone, Il discernimento. Teoria e prassi, Edizioni Paoline, Milano
2009, 136-146.
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Nota bibliografica
Va precisato che la bibliografia, in lingua italiana, sul sensus fidei è piut-
tosto rara: R. Bertolino, Sensus fidei, carismi e diritto nel popolo di Dio,
in «Ius Ecclesiae» 6 (1/1995) 34-76; L. Fic, Il «sensus fidei» nel pensiero
di M.D. Koster e nel Vaticano II, Włocławek - Angelicum Press, Roma
1995; R. Mancini, Il senso della fede: una lettura del cristianesimo, Que-
riniana, Brescia 2010; A. Staglianò, Sensus fidei cristiano in tempi di
globalizzazione. Sfide nuove e nuove opportunità per la comunicazione del
Vangelo, in «Rassegna di Teologia» 43 (2002) 671-700; S. Tripaglia,
Il senso della fede, Edizioni Segno, Travagnacco (UD) 2010; D. Vitali,
Il sensus fidei voce della tradizione, in C. Caltagirone - G. Pasquale
(edd.), Ecclesiologia dal Vaticano II. Studi in onore di Cettina Militello,
vol. 1, Marcianum Press, Venezia 2016, 579-600; S. Zamboni, La di-
mensione ecclesiale della morale tra magistero e sensus fidelium, in «Rivista
di Teologia Morale» 46 (2014) 577-580. Più estesa, invece, la bibliogra-
fia inerente il discernimento, che, comunque, circoscrivo in relazione a
quanto trattato: P.L. Ciciotti, Il discernimento. Un ritorno inaspettato?,
Cittadella, Assisi (PG) 2009; M. Costa, Direzione spirituale e discer-
nimento, APD, Roma 20094; E. Fortunato, Il discernimento. Itinerari
esistenziali per giovani e formatori, EDB, Bologna 1999; M. Pavulraj,
Una lettura ermeneutica sul discernimento pastorale in Evangelii gaudium:
le sfide e le risposte, Gregorian & Biblical Press, Roma 2014; M. Ruiz
Jurado, Il discernimento spirituale. Teologia, storia, pratica, San Paolo,
Cinisello B. (MI) 1997; M.I. Rupnik, Il discernimento. I. Verso il gusto
di Dio. II. Come rimanere con Cristo, Lipa, Roma 2004; P. Schiavone, Il
discernimento evangelico oggi. «Cercare e trovare la volontà di Dio», ESUR
- CIS, Messina - Roma 1988.

Sommario
L’articolo intendere mettere in evidenzia, dal punto di vista teologico,
la stretta relazione sussistente tra il senso della fede che ogni cristiano
possiede e la pratica del discernimento, cui ogni uomo è chiamato, risul-
CredereOggi n. 221 69

tando, quest’ultimo molto più semplice se viene (ri)accesa la luce del pri-
mo. Rivalutato dapprima in ambito protestante e, poi anche cattolico,
il senso della fede (sensus fidei) risulta il «luogo teologico» atto a spiegare
in che modo lo Spirito Santo custodisce la chiesa integra nella verità,
pur giustificando gli sviluppi dottrinali e sintonizzandoli con i cambia-
menti d’epoca. Su questo livello di sintonizzazione s’inserisce l’opera di
discernimento, che è l’impegno di ricordare Dio che dura per tutta una
vita, scorgendo l’operare divino sporgente dalle «fessure della storia». Es-
sendo un movimento dello Spirito, l’impulso maggiore a tenere desto
il discernimento proviene, dunque, dal sensus fidei di tutti i battezzati,
risultando, così, una pratica spirituale che rende possibile la scelta di
vivere secondo i «sentimenti» che furono «di Cristo Gesù» (Fil 2,5), e
veicolando, quindi, nella chiesa l’opera stessa della Trinità.

DISCERNERE TRA ARTE E TECNICA


G ià nel lontano 2002 «CredereOggi» mise a tema la
questione del discernimento spirituale nella convinzio-
ne che non basta arrivare a sapere ciò che si vuole nella vita
e saperlo scegliere ogni giorno (sarebbe già un guadagno
ambìto di questi tempi), ma importa anche saperlo coglie-
re e saper fare ciò che è bene, cioè quanto dà sapore e
significato buono alla vita. È un’arte nella quale la fede cri-
stiana ha qualcosa da insegnare di importante e strategico.
Orbene: questo fascicolo andò presto esaurito e più volte
ristampato. E anche se ora ne abbiamo varato un altro a
distanza di quindici anni (doverosamente, dal momento che
le acquisizioni e le esperienze accrescono), questo mantiene
pp. 144 - € 9,50 intatta la sua validità. Per questo lo segnaliamo volentieri.
INTERVENTI DI: G. Bellia - A. Bianchi - O. Cantoni - M. Costa - S. Dalle
Fratte - A. Martinelli - G. Mucci - M.I. Rupnik

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