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Conglomerati

bituminosi
(parte 5 di 7)

Caratterizzazione
meccanica delle
miscele: ormaiamento,
creep

Appunti del corso di


Tecnica delle Pavimentazioni
Lezione 17

Docente: Emanuele Toraldo

A.A. 2021/2022
Conglomerati bituminosi: caratterizzazione meccanica - ormaiamento

1. LA CARATTERIZZAZIONE MECCANICA DEI CONGLOMERATI


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BITUMONOSI
I conglomerati bituminosi per pavimentazioni di infrastrutture di trasporto sono soggetti a
diversi tipi di ammaloramenti che producono una riduzione della sicurezza e del confort di
guida. Tipicamente questi ammaloramenti avvengono a causa dei seguenti principali fattori:

 TRAFFICO: i carichi di traffico, principalmente a causa dei veicoli pesanti, provocano


sforzi e deformazioni nelle pavimentazioni, che per gli effetti cumulati nel tempo,
comportano un inevitabile deterioramento della pavimentazione medesima.
 AMBIENTE: la temperatura, e i suoi cicli, provoca un deterioramento nelle
pavimentazioni. In particolare, le alte temperature incrementano la tendenza alla
formazione di ormaie; viceversa le basse temperature portano a una eccessiva
rigidezza dei conglomerati, con conseguente rischio di fessurazione.
 UMIDITÀ: la presenza di umidità all’interno degli strati in conglomerato bituminoso
accelera gli effetti dei danni provocati da traffico e temperatura, anche a causa del fatto
che l’acqua riduce le interazioni chimiche aggregato-bitume.

Di conseguenza, i conglomerati bituminosi devono essere progettati (mix-design), prodotti e


posati in opera con lo scopo di prevenire (o post-porre nel tempo) questi possibili
ammaloramenti. Da qui la necessità di caratterizzare delle miscele dal punto di vista delle
prestazioni meccaniche.

Dette prestazioni possono essere misurate in laboratorio e in sito (lezioni successive).

Le prove di caratterizzazione meccanica dei conglomerati bituminosi possono essere divise


in:

1. Prove di tipo PRESTAZIONALE


a. Modulo di rigidezza (o semplicemente rigidezza)
b. Resistenza a Fatica
c. Resistenza all’Ormaiamento
d. Resistenza alla fessurazione di origine termica
e. Resistenza agli effetti di umidità
2. Prove di tipo EMPIRICO
a. Stabilità Marshall
b. Prova di Trazione Indiretta

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1.3 Resistenza all’ormaiamento


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Le ormaie sono depressioni (deformazioni permanenti) sulla superficie della pavimentazione
stradale derivanti dall’effetto cumulato del passaggio dei veicoli.

Se associate agli strati in conglomerato bituminoso le ormaie derivano dall’effetto combinato


di traffico veicolare e alte temperature di esercizio.

L’ormaiamento è il fenomeno che deriva dalla formazione delle ormaie e si caratterizza, sulla
strada, come la formazione di “solchi” (in inglese rut) in corrispondenza della tracce di maggior
passaggio dei veicoli.

La formazione di ormaie può essere ascritta a due principali cause:

 cedimento degli stati profondi della pavimentazione (sottofondo);


 deformazioni permanenti degli strati in conglomerato bituminoso.

In presenza di cedimenti del sottofondo, le deformazioni permanenti sono accumulate negli


strati non legati a causa dello stato tensionale non compatibile con la resistenza di detti strati
non leganti: non vi è una dipendenza diretta dalle prestazioni del CB ma casomai dal fatto che
questi abbiano spessore non adeguato (troppo sottili) a ridurre le tensioni negli strati inferiori.

Con riferimento alle deformazioni permanenti negli strati in conglomerato bituminoso, gli
elementi chiave sono:

 L’ATTRITO INTERNO degli aggregati: anche in questo caso, l’uso di aggregati dotati
di sufficiente angolarità con superfici rugose, incrementa la stabilità della miscela;
 La COESIONE con il BITUME: la forza di coesione del legante garantisce stabilità alla
miscela, specialmente alle alte temperature di esercizio.

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Si è soliti distinguere due fasi nel processo di ormaiamento di un conglomerato bituminoso:

1. DEFORMAZIONE VERTICALE ∆𝐻 (addensamento delle miscele dovuto a un ulteriore


costipamento prodotto dai veicoli).

Il materiale al di sotto dell’area di impronta degli pneumatici si addensa: FENOMENO


DI POST-COMPATTAZIONE

2. SCORRIMENTO DEL MATERIALE ALL’INTERNO DEGLI STRATI (variazione della


forma superficiale ma non del volume - squeezing).
Il materiale all’interno degli strati superficiali scorre a lato dell’area di impronta degli
pneumatici.

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MISURA DELL’ORMAIAMENTO IN LABORATORIO


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In laboratorio l’ormaiamento è misurato mediante due diversi approcci:

 approccio simulativo (con Wheel Tracking o Rutting Machine);


 approccio reometrico (con curve di Creep)

Wheel Tracking

Questo tipo di prove hanno una certa componente di empiricità e una buona simulatività.

Le prove sono effettuate in controllo di temperatura (normalmente a 40°C o 60°C) e consistono


nell’applicare su un campione in conglomerato bituminoso (cilindrico o piastra) un certo
numero di passaggi (solitamente 10.000) di una ruota di dimensioni e materiale standard, a
cui è applicato un carico standard.

Sono disponibili diverse tipologie di Wheel Tracking.

Hamburg Wheel-Tracking Device (HWTD)

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Asphalt Pavement Analyzer (APA)


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Wheel Tracking Device (WTD)


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In tutti i casi la prova, come detto, permette di calcolare la profondità delle ormaie indotte dal
carico in funzione del numero di cicli di carico. 8

Secondo la normativa europea, i risultati della prova con Wheel Tracking sono:

 la profondità dell’ormaia (RD – Rut Depth) o la profondità percentuale rispetto allo


spessore della lastra (%RD);
 la pendenza della curva di ormaiamento (Wheel Tracking Slope – WTS).

PROVE DI CREEP

Un altro modo per determinare la resistenza all’ormaiamento dei conglomerati bituminosi sono
le prove in regime continuo, le cosiddette prove di Creep:

 statico,
 dinamico.

Per entrambe le tipologie di prove (creep dinamico o statico) la prova in laboratorio consiste
nell’applicare a un campione cilindrico (tozzo o snello, a secondo del protocollo di prova) uno
sforzo normale, in condizioni di temperatura controllata (solitamente 40°C o 60°C) ed
eventualmente in condizioni di confinamento laterale del campione. Per ottenere tale
confinamento, la testa di carico ha dimensione minore del diametro del campione (es. diametro
del campione da 150 mm e testa di carico da 100 mm).

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La prova di CREEP STATICO consiste nell’applicare al campione un carico costante per un


certo tempo, misurando la deformazione, e al cessare del carico continuare la deformazione 9
per determinarne le diverse componenti, in modo tale da calcolare:

𝜀 𝑡
𝐽 𝑡 𝐹𝑈𝑁𝑍𝐼𝑂𝑁𝐸 𝐷𝐼 𝐶𝑅𝐸𝐸𝑃 𝐶𝑂𝑀𝑃𝐿𝐼𝐴𝑁𝐶𝐸
𝜎

con

 𝜀 𝑡 la deformazione all’istante t
 𝜎 lo sforzo assiale applicato (intensità costante).

La funzione di Creep rappresenta quindi:

 La “deformabilità” del materiale nel tempo a carico costante;


 La “deformazione unitaria” nel tempo per unità di sforzo applicato.

In altri termini J è l’inverso della rigidezza S.

Analizzando in dettaglio la funzione di Creep è possibile riconoscere in J i termini che si


riferiscono alle diverse componenti di risposta del materiale:

𝜀 𝑡 𝜎 ∙𝐽 𝑡 𝜎 ∙ 𝐽 𝐽 𝐽 𝑡 𝐽 𝑡

con

 𝐽 componente ELASTICA ISTANTANEA della funzione di deformazione


(recuperabile);
 𝐽 componente PLASTICA ISTANTANEA della funzione di deformazione (non
recuperabile);
 𝐽 componente VISCO-ELASTICA (recuperabile) della funzione di deformazione,
funzione del tempo;
 𝐽 componente VISCO-PLASTICA (non recuperabile) della funzione di deformazione,
funzione del tempo.

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Se nella prova di CREEP STATICO il carico viene mantenuto per un tempo sufficientemente
lungo, si osserva una risposta deformativa del materiale divisa in tre fasi: creep primario, creep 10
secondario e creep terziario.

Come si nota nella figura seguente, nel primo tratto l’incremento di deformazione diminuisce
all’avanzare del tempo (creep primario), è costante nel tratto secondario e aumenta nell’ultimo
tratto.

In realtà la curva della figura precedente segue un andamento ad “S”, con un punto di flesso
in centro. È solo una approssimazione considerare il tratto centrale, come un tratto lineare.

Se si considera, infatti, il tasso di variazione della deformazione nella curva della figura
precedente (derivata prima della curva di deformazione) in funzione del tempo di prova, si ha
la curva di figura seguente.

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Il punto di minimo della curva (FLOW TIME) si verifica quando il tasso di variazione della
deformazione assiale in funzione del tempo è MINIMO. Detto Flow Time è generalmente
considerato un buon indicatore della resistenza all’ormaiamento del conglomerato bituminoso.

Ovviamente, comparando due conglomerati bituminosi, quello con Flow Time maggiore avrà
una migliore resistenza all’ormaiamento.

La prova di CREEP DINAMICO consiste nell’applicare al campione cicli alternati di carico e


scarico, alternando quindi una fase di carico ad una di riposo, secondo lo schema nella figura
seguente. In corrispondenza di ogni ciclo, il CB subisce una deformazione totale che solo in
parte viene recuperata nella fase di riposo. Il progressivo accumulo delle deformazioni non
recuperate ad ogni ciclo porta alla formazione delle deformazioni permanenti nel CB,
simulando così gli effetti del ripetuto passaggio dei veicoli.

In modo duale a quanto visto per le prove di creep statico, anche per il creep dinamico è
possibile mantenere indefinitamente lunga la durata della prova, fino a poter riconoscere un
creep primario, secondario e terziario e, dalla derivata prima della curva delle deformazioni
rispetto al numero di cicli, calcolare il FLOW NUMBER, punto di passaggio tra il creep
secondario e il terziario, che è, ancora una volta, ritenuto un buon descrittore del
comportamento all’ormaiamento di un conglomerato bituminoso.

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1.4 Resistenza alla fessurazione di origine termica


La fessurazione di origine termica è un problema legato alle basse temperature di esercizio. 12
Quando si ha un elevato gradiente a basse temperature dell’aria (escursione termica
giornaliera di una giornata fredda e soleggiata) nascono nella pavimentazione degli sforzi di
trazione, dati dalla contrazione del conglomerato bituminoso. Dette contrazioni sono però
impedite dal materiale medesimo. Se detti sforzi di trazione superano la resistenza a trazione
del materiale portano alla formazione di fessure.

La fessurazione termica si caratterizza per una distribuzione TRASVERSALE al senso di


marcia delle fessure; caratterizzate inoltre dall’avere un passo circa costante.

Per la natura in cui avviene e si sviluppa, la fessurazione di origine termica è da considerarsi


un fenomeno di tipo istantaneo, poiché il tutto avviene nel giro di poche ore.

I fattori chiave che portano alla fessurazione termica sono:

 Gli AGGREGATI: usato aggregati molto adsorbenti si può aggravare la fessurazione


termica;
 Il BITUME: elevata rigidezza del legante alle basse temperature, incrementa la
propensione alla fessurazione termica dei conglomerati bituminosi.

MISURA DELLA FESSURAZIONE DI ORIGINE TERMICA IN LABORATORIO

La caratterizzazione di laboratorio avviene attraverso le prove a contrazione impedita.

Un campione snello in conglomerato bituminoso viene saldamente incollato alle teste di una
pressa. Il tutto è inserito in una cella climatica. Si parte da una certa temperatura di riferimento
(es. 5°C) e si abbassa la temperatura con un certo gradiente. A seguito della diminuzione di
temperatura, il campione tenderà a contrarsi, ma verrà mantenuto nella posizione iniziale dalle
teste della pressa, che ne impediscono la contrazione. Riducendo via via la temperatura si
giunge ad un punto di rottura del campione, dovuto alle tensioni indotte nel campione derivanti
dall’impossibilità di contrarsi. Maggiore sarà il gradiente di temperatura, minore sarà il tempo

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della prova (la rottura avverrà prima) e maggiore sarà la tensione di rottura (perché sarà
lasciato meno tempo al bitume, e quindi al CB, di innescare quei fenomeni di rilassamento, 13
pur sempre presenti alle basse temperature).

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