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Decoro/povertà/marginalità:
qual è la storia di questi concetti, che significato assumono oggi

1- Una premessa:
• GENEALOGIA DEI CONCETTI/PAROLE: SONO STORICI E MUTANO COL TEMPO
• POSSIAMO PENSARE UN PROBLEMA SE ABBIAMO LE PAROLE PER FARLO (1984
- ORWELL)
• PENSIAMO PER IMMAGINI E ATTRAVERSO CORNICI CONCETTUALI (PENSIERO
METAFORICO) CHE ORIENTANO LA NOSTRA RIFLESSIONE E IL NOSTRO AGIRE
(l’immagine e il dato, la percezione e il fatto)

«Un frame è una “cornice”, nel suo uso prototipico, la cornice di un quadro, che separa dal punto di
vista spaziale ciò che è il quadro (dentro la cornice) da ciò che lo circonda e in tal modo struttura
l’oggetto e il modo in cui questo viene percepito. [...] Nell’ottica specifica dell’analisi del discorso il
termine si riferisce dunque, generalmente, ai modi in cui le informazioni implicite, non direttamente
fornite ma presupposte nello scambio comunicativo, vengono comunque attivate e utilizzate nella
comprensione e nella formulazione dei testi» (GOFFMAN 1974)
«Il framing consiste in un’operazione in cui il senso delle parole non indica solamente il senso delle
cose di cui si sta parlando, ma lo orienta e lo inquadra dando o togliendo dalle cose certe loro qualità.
In casi estremi, ma non per questo troppo ipotetici o sporadici, si arriva a contraffare o impadronirsi
della realtà» (GARCÍA-NOBLEJAS 2005)
2- DECORO - perché QUESTO CONCETTO è INSIDIOSO
a. Partiamo da un assunto: L’inasprimento delle misure di sicurezza non legato all’effettivo
aumento della criminalità (scontro tra frame e dato) ma allo sfaldamento della classe media
(Wacquant) e all’aumento della percezione dell’insicurezza sociale (Castel), ovvero
all’aumento della precarietà, economica, sociale, psicologica, esistenziale (comunità
dell’ansia Bauman).
Nella società più “sicura” di sempre, quella attuale, ci sentiamo insicuri come mai prima.
Non dobbiamo dimenticare che le sicurezze sociali (welfare, tutela del lavoro e della salute,
garanzia dei diritti politici) sono una conquista relativamente recente e (sempre più) messa in
discussione, anche da questo deriva il nostro senso di insicurezza.
Il rischio che percepiamo come sfondo della nostra esistenza è connesso all’idea stessa di
libero mercato su cui si fonda il modello produttivo attuale: sei libero di scegliere, di fallire o
di riuscire, sei sciolto da ogni vincolo ma sei contemporaneamente totalmente abbandonato,
isolato, individualizzato (ovviamente i tanto decantati vantaggi di questa libertà valgono solo
per i forti, mai i “deboli”)
b. Quando: A partire dalla seconda metà degli anni 2000 si moltiplicano decreti e provvedimenti
volti a limitare comportamenti considerati “incivili” o “indecorosi”, specie nei centri storici e
nelle zone turistiche (in Italia lo spartiacque è la normativa del 2008 92/200 legge 125/2008).
Dagli anni ’30 fino alla fine del ventesimo secolo erano considerati (sociologicamente)
devianti i comportamenti legati alla vita dei marginali: piccoli crimini, consumo di alcol e
droghe, evasione dell’obbligo scolastico, prostituzione. Ogni comportamento non conforme
(Dal Lago 2000) era inseribile nell’insieme delle forme devianti, restava (abbastanza) ben
separato il piano sociale/morale da quello giuridico (sebbene stigmatizzazione e
criminalizzazione siano andate sempre di pari passo, esempio Goffman Stigma – cieco/ladro).
c. Chi sono (oggi) gli indecorosi: i “rifiuti umani”, gli improduttivi -> ma questa categoria può
applicarsi solo al migrante o al senza fissa dimora? -> Di quale povertà parliamo oggi in
Occidente? Non solo della povertà estrema, ma anche di quella legata ai processi di
precarizzazione, alla condizione che rende impossibile programmare il proprio futuro e
padroneggiare il presente (centrali sono i temi della fragilità, interdipendenza e percezione
dell’insicurezza, paura del declassamento - Castel). Il problema non è dunque solo la
sopravvivenza materiale ma anche quella sociale (speranza/depressione, possibilità di
concepire il futuro come modificabile- Fisher)
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d. Quali sono i comportamenti indecorosi: Dal punto di vista formale/legale quali sono questi
comportamenti devianti e come si delimitano (per renderli perseguibili)? In questa difficoltà
di definizione sta l’ambiguità di queste norme e della categoria stessa di decoro che passa da
essere categoria estetico/morale (dunque percettiva e soggettiva) a categoria giuridica
(oggettiva).
Qualche esempio:
- Emiliano 2013, allora sindaco di Bari, emette un’ordinanza che riguarda le principali piazze
della città e che prevede il divieto di “sostare prolungatamente in gruppo superiore a cinque
persone, con atteggiamento di sfida, presidio o vendetta”.
- Renzi 2009, con un’ordinanza titolata “mendicità e decoro” si propone di individuare – e
allontanare e perseguire – soggettività che praticano mendicità invasiva ovvero “con l’intento
di suscitare sentimenti di pietà”
n.b. sono molti esponenti del centrosinistra a portare avanti politiche del “decoro” (oltre ai già citati
ricordiamo Nardella (ancora Firenze), Cofferati (Bologna), Pisapia (Milano), Minniti (daspo urbano
e decreti sicurezza))
Considerazioni sul concetto di decoro:
-arbitrarietà: è il sindaco/prefetto a stabilire chi e cosa debba essere perseguito senza regole chiare e
definite alle quali chi è perseguito possa appellarsi -> si normalizza uno stato di eccezione
- Non si individua/punisce il crimine ma il soggetto, non si delinque ma si è delinquenti. (Lombroso?),
si passa da una concezione materialista a una sorta di “innatismo”. C’è la naturalizzazione e dunque
l’eternalizzazione delle condizioni di disagio, precarietà, marginalità.
3- Un po’ di storia
SIMMEL (1858-1918)
• Da integrato (nell’epoca pre-industriale) il povero passa ad essere figura «inquietante» e
«pericolosa» nella metropoli contemporanea (boulevards, architettura ostile – carattere
simbolico e funzionale)
• Carattere relazionale e relativo della povertà
• In che relazione con l’altro e con la comunità mi mettere l’essere povero (ovvero il
chiedere/necessitare) di assistenza?
• Il povero come «corpus vile»:
1) DIFFERENZIAZIONE SOCIALE A PARTIRE DALLA PRODUTTIVITA’
2) ESISTE UNO «SCAMBIO» TRA CARITÀ/ASSISTENZA (DEL SINGOLO/DELLO STATO)
E STATUS SOCIALE, il povero è posto ai margini (dentro e fuori) della comunità, con tutto ciò che
questo comporta non solo in termini di diritti ma di rappresentazione e autorappresentazione.
Vediamo come ci sia un continuo slittamento tra dimensione, sociale economica e valoriale (morale).

TOQUEVILLE (1805-1859). Toqueville anticipa i concetti di povertà relativa e status, ma che critica
sia la carità privata che quella pubblica.
La filantropia. I filantropi e le società filantropiche avevano come obiettivi della loro attività di
assistenza:
- Compiere un’azione caritatevole per la salvezza della loro anima/come imperativo morale
- Salvare i poveri sul piano morale (dalla degenerazione dell’alcolismo, della delinquenza, della
prostituzione, dell’abbandono dei minori, dal proliferare di rischi per la salute)
- Per evitare che l’aumento incontrollato delle disuguaglianze in un contesto come quello delle
neonate metropoli europee accrescesse il rischio di moti, rivolte, o di generici eventi che avrebbero
potuto minare la sicurezza sociale (come contraltare possiamo leggere le inchieste operaie - Engels).

“Ogni atto che fonda la carità legale su base permanente (…) crea (…) una classe sfaccendata e pigra
che vive a spese della classe industriale e lavoratrice. Se non il risultato immediato, questa è almeno
la conseguenza inevitabile” (Sul pauperismo – 1835)
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§§Povertà come crimine, povertà come colpa (ricordiamo la valenza plurima del termine decoro:
estetica, morale, giuridica, etc.)§§

WEBER (1864 - 1920) «L'etica protestante e lo spirito del capitalismo» (1905) In questo testo si
individua l’essenza dell’attuale modo di produzione nei principi del protestantesimo (attenzione: non
c’è un nesso di causa/effetto! La mentalità protestante è precondizione, presupposto per il diffondersi
e l’affermarsi di questo sistema produttivo, si tratta di una disposizione socio-culturale).
Se il povero nel cattolicesimo medievale è immediatamente in contatto col divino (“è più facile che
un cammello…”, pensiamo a San Francesco, tanto amato da Weil: povero e mendicante), con il
diffondersi delle religioni riformate e in particolare nel calvinismo la povertà è letta come sintomo di
un peccato da espiare (similmente all’elogio della vita contemplativa si sostituisce quello della vita
attiva).
La ricchezza, come la povertà, sono quindi un segno della grazia divina o viceversa della sua assenza.
Con la riforma protestante la mediazione della Chiesa tra il fedele e Dio, presente nel cattolicesimo,
è cancellata. Nel fedele poteva insinuarsi il dubbio sulla sua sorte nell'aldilà. Con Calvino arriva una
soluzione: il segno della grazia divina diventa visibile e sicuro, è la ricchezza, il benessere generato
dal lavoro. È quindi il Beruf (compito/lavoro/vocazione), e il successo che ne consegue, a rassicurare
il calvinista che «Dio è con lui». Questo è il suo scopo, non il godimento dei beni guadagnati (che
vanno reinvestiti, nel cristianesimo pre-riformato invece si doveva guadagnare solo quanto era
necessario per una degna sopravvivenza).
Che fine fa la carità/assistenza? Collegato al concetto di povertà c’è quello di ozio/laboriosità,
austerità/prodigalità. Dare assistenza a chi è “lontano dalla grazia divina” è un errore.

BENJAMIN (1892-1940) “Capitalismo come religione” (1921) (Struttura religiosa del capitalismo:
produce colpa e debito, non consente espiazione; Modella i rapporti umani (determina il “valore”);
Obbligo psichico e sociale al consume e al godimento, prestazioni impossibili)
2 considerazioni su povertà e colpa:
- E allora come deve “apparire” e comportarsi il povero (lo smalto di Josefa, l’odio per i
Rom, Bello Figo)?
- Se il povero è colpevole allora l’abbandono – nelle sue varie forme – da parte di Stato e
istituzioni appare molto meno grave, se l’è meritato/era “predestinato” socialmente (notare
l’ossimoro!) alla sua condizione
MARX (1818-1833) (a. dalla distribuzione alla produzione, naturalizzazione dell’oppressione; b.
proletariato e sottoproletariato: è possibile separate nettamente questi due insiemi, hanno
caratteristiche oggettive o soggettive?)
a.“Questa accumulazione originaria ha nell’economia politica una parte pressocchè identica a quella
del peccato originale nella teologia. Adamo dette un morso alla mela e allora il peccato si estese al
genere umano. La sua origine viene spiegata col raccontarla come aneddoto del passato. C’era una
volta, in un tempo lontanissimo, da un lato un’élite intelligente e soprattutto risparmiatrice e dall’altro
c’erano dei disgraziati che nell’ozio dissipavano tutte le loro sostanze e anche di più. Tuttavia la
leggenda del peccato originale teologico ci narra come l’uomo sia stato condannato a guadagnare il
pane con il sudore della fronte; la storia del peccato originale economico ci mostra invece come mai
esistano persone che non hanno assolutamente tale necessità” (Il Capitale)
b."Di tutte le classi che oggi si contrappongono alla borghesia, solo il proletariato è una classe
realmente rivoluzionaria. Le altre classi decadono e muoiono con la grande industria, il proletariato
è di essa il prodotto piú specifico. I ceti medi, il piccolo industriale, il piccolo commerciante,
l’artigiano, il contadino, combattono tutti la borghesia per poter conservare la propria esistenza come
ceti medi. Quindi non sono rivoluzionari, bensí conservatori. Ma v’è di piú: essi sono reazionari,
giacché cercano di far camminare a ritroso la storia. Se sono rivoluzionari, lo sono in quanto
prevedono di dover passare al proletariato e cosí non difendono i loro attuali interessi, ma quelli futuri,
e abbandonano il loro punto di vista per adottare quello del proletariato.
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Il sottoproletariato, questa putrefazione passiva degli strati piú bassi della vecchia società, attraverso
una rivoluzione proletaria viene gettato qua e là nel movimento e proprio per le sue condizioni di vita
sarà sempre pronto a lasciarsi comprare per manovre reazionarie." (Manifesto)
Lumpenproletariat (ex-contadini, ex-operai, liberi professionisti, professioni dubbie), a metà tra
dimensione oggettiva e soggettiva (cambia l’atteggiamento più che la relazione con i mezzi di
produzione; il capitale è rapporto sociale).
4a- Quali “miti” crea e problemi solleva la trasformazione della categoria di povertà oggi?
- Peccato/colpa (slittamento categoriale, attraverso quale cornice leggiamo la povertà?)
- Naturalizzazione: naturale è ciò che è eterno, universale, immutabile (fissazione della
disuguaglianza come elemento naturale
- Mito del SELF MADE MAN (Robinson Crusoe): assoluta indipendenza dell’individuo
- Cos’è/a cosa serve la società?

4b- IL CONCETTO DI DIPENDENZA


Nel suo significato letterale il verbo “dipendere” ha a che fare con l’idea di provenienza, di
derivazione ma anche di relazione fisica, del fatto che una cosa sia vincolata all’altra. La dipendenza
non implica dunque necessariamente uno stato di inferiorità, non comporta un giudizio morale o di
valore.
Invece a partire dallo sviluppo della società industriale la condizione di dipendenza è diventata una
condizione stigmatizzata e deviante. Nell’uso corrente possiamo individuare diverse accezioni di
questa non-autonomia: economica, legale (per esempio nel caso dei minori), politica (in cui
dipendenza significa sottomissione, si pensi ad esempio al rapporto tra madrepatria e colonie), infine
un significato psicologico che ha a che fare con uno specifico carattere (individuale) del soggetto,
con la sua impotenza, mancanza di volontà, eccessiva dipendenza emotiva (anche nei rapporti
interetnici/di genere).
Scambio/implicazione tra supporto e valore personale e sociale dell’individuo: l’assistenza (o
anche solo la sua richiesta), e dunque la fragilità, la povertà e, conseguentemente la dipendenza,
corrisponde a un destino di esclusione e inferiorità “morale”.
Il povero deve meritarsi le prestazioni sociali, i sussidi, il welfare (ad es.reddito) (doppio valore
del termine “MERITO”)

Da dove viene questo modello sociale? MERITO- DECORO – SOCIETà DEGLI INDIVIDUI
(HOBBES – 1588-1679) -> individualismo possessivo
Nella riflessione di Macpherson l’individuo della prima società industriale – ovvero nell’Inghilterra
del Seicento – è considerato libero e degno nella misura in cui è proprietario della propria persona
e capace di non dipendere dalla volontà altrui.
La comunità, in quest’ottica, consiste in nient’altro che in relazioni di scambio tra proprietari e ciò
che rende umano l’uomo, all’alba della società industriale, è in primo luogo l’essere libero dalla
dipendenza (e dunque anche eventualmente da qualsiasi relazione con l’altro che non sia
volontariamente scelta in prospettiva del proprio interesse) e l’essere «essenzialmente proprietario
della propria persona e delle proprie capacità, per le quali [l’individuo] non deve niente alla
società». Quali rappresentazioni corrispondono a questo modello umano e sociale?

In questo modo si sostituiscono i rapporti economici con quelli comportamentali (che vengono
individualizzati, Naturalizzati, interpretati in maniera anti-materialistica)

Società divisa in classi -> intedipendenza


Società degli individui -> indipendenza
Riscoprire dell’interdipendenza gioca su due piani intimamente legati fra loro :
- quello socio-politico del bisogno e del diritto alla cura – che a sua volta consiste nell’emersione del
processo di divisione del lavoro e della complementarità delle competenze, nell’assistenza nelle
condizioni permanenti o transitorie di fragilità (malattia, povertà, infanzia, vecchiaia, disabilità)
- e quello etico, del riconoscimento pieno delle vite altre come vite degne, anche quando non
corrispondono agli standard socialmente definiti come “di successo”.

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