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SOFOCLE

IL CONTESTO STORICO E CULTURALE


♦ Visse la sua fanciullezza nell’età delle guerre persiane ð grandezza della resistenza greca contro barbaro + superiore
concetto dell’agire umano che assunse autonomo valore
♦ Maturità durante le guerre del Peloponneso ð le contraddizioni della realtà non possono essere risolte con l’aiuto
benevolo e onnipotente degli dei ð nuovo tipo di protagonista: EROE TRAGICO = dannato all’errore e al patire;
portatore di un destino proprio e irripetibile che è la sua dannazione e gloria
♦ Battaglia di Salamina (480 aC):
Eschilo vi combatte Sofocle canta il peana e guida danze per la Euripide nasce
vittoria
ò ò ò
Fiducia in Zeus, garante di Da felicità a infelicità sz motivo Dubbio
ί Destino di sofferenza e patimento in cui
l’uomo mostra il suo valore
♦ Considerato insieme a Fidia l’emblema dell’Atene periclea e nelle sue tragedie si avvertono gli echi del dibattito
contemporaneo sui grandi temi della cultura cittadina: le leggi, la politica, i rapporti tra libertà individuale e autorità
dello stato
♦ Sofisti + nascente retorica ð agone in cui due avversari si affrontano con tesi opposte sullo stesso argomento
♦ Intellettuali = non sono “da tavolino”, come lo scrittore bibliotecario di Alessandria

LA VITA
♦ 497-6 aC circa nasce a Colono, un sobborgo tra Atene ed Eleusi, il verde paradiso della sua infanzia che gli rimane
sempre nel cuore
♦ famiglia agiata (padre Sofillo imprenditore) ð ottima formazione culturale e sportiva (suonatore di cetra nel “Tamiri”
e giocatore di palla nella “Nausicaa”), ma per debolezza della sua voce dovette rinunciare a recitare. Grazie alla sua
formazione fu scelto per guidare il peana in occasione della vittoria di Salamina (480 aC). La sua conoscenza e
padronanza del mito sono d’altronde evidenti nelle tragedie: il rapporto tra il mondo dell’epica e Sofocle è mediato
dalla conoscenza di Pindaro, di Eschilo, di Erodoto…
♦ esordì giovane sulla scena teatrale come attore (Salamina, 480 aC, peana) e come poeta tragico (468 aC 1° vittoria )
♦ vita politica = stratego (in seguito al successo dell’Antigone) con Pericle nella guerra contro Samo (441/0 aC) e di
nuovo nel 428 aC; ellenotàmio (amministratore della lega delio-attica) nel 443/2 aC e probulo nel 413 aC (fu tra
coloro che dopo la catastrofe della spedizione in Sicilia, preparò il governo oligarchico dei 400)
♦ attività sacerdotale = introdusse ad Atene il culto del dio Asclepio, il cui tempio sorgeva proprio vicino al teatro di
Dioniso, presso le falde dell’Acropoli
♦ personalità = amabile e serena ð successo e benevolenza ( ί )
♦ fu citato in giudizio dal figlio Iofonte che, volendo acquisire l’eredità, cercò di farlo accusare di demenza senile;
Sofocle, però, declamò i versi del 1° Stasimo della sua ultima tragedia “Edipo a Colono” e fu assolto
immediatamente
♦ morì vecchissimo (90 anni) nel 406 aC forse per la gioia di una vittoria o per la fatica di leggere ad alta voce un passo
dell’ “Antigone” o per un chicco d’uva

LA DRAMMATURGIA
♦ ABBANDONO DELLA TRILOGIA LEGATA = cambiamento decisivo perché ogni dramma poté assumere la sua
autonomia come testo e porre al centro un personaggio e non una saga mitica collettiva o il dramma di tutto un
έ
♦ PERFEZIONE DEL RITMO TEATRALE = grazie all’organismo compatto e unitario del suo dramma (no trilogia)
le azioni si susseguono in modo calcolato e incalzante, tramite effetti di souspance e colpi di scena
♦ CONTRASTO TRA SINGOLO E COMUNITA’ = Sofocle non parla mai di eventi storici, non fa mai riferimento
al presente, ma rispecchia sempre la società contemporanea nella crisi dell’uomo del tempo che era caratterizzato da
un marcato individualismo. Nella tragedia di Sofocle questo conflitto si esplica su 2 piani:
1. DRAMMATURGICO = l’eroe e il coro ossia l’individuo e la collettività non riescono a collaborare o a soffrire
insieme (come accade in Eschilo). L’eroe è solo nell’agire e nel patire; al coro non resta che la meditazione sul
suo destino simbolo di quello dell’umanità
2. TEMATICO = l’eroe è escluso dalla comunità o si oppone allo stato
(in quanto forma istituzionalizzata della comunità).
Mentre in Eschilo l’eroe non separava la sua vita dalla comunità anzi nella collettività trovava forza e cercava
consenso, in Sofocle la comunità non riesce più a contenere l’individuo né questo si considera un fattore della sua
totalità: Aiace, Antigone, Filottete, lo stesso Edipo sono esempi di emarginazione (volontaria o subita). Le strutture
della società sono in crisi e il dramma sofocleo anticipa la fine di un cosmo di valori e di sicurezza
♦ TERZO ATTORE = elemento che aggiunge naturalezza ai dialoghi fra personaggi.
Fu inserito gradualmente: dapprima era solo presente sulla scena (Aiace), poi interveniva, ma solo nei dialoghi tra
due personaggi ( Antigone), infine vi erano veri e propri dialoghi a tre ( Trachinie, Edipo re nel riconoscimento,
Elettra alla notizia della morte di Oreste riferita dal pedagogo a Clitemnestra e ad Elettra)
♦ COREUTI = da 12 a 15. Non ci sono notizie certe sulle ragioni, ma si suppone volesse dividere il coro in due
semicori ciascuno di 7 + ά e lasciare il corifeo libero di interagire con altri personaggi e assegnare al
coro il ruolo di attore. Secondo Rossi il coro non è portavoce del poeta o uno spettatore ideale come si è soliti
pensare, ma è funzionale al protagonista
♦ NOVITA’ NEL CANTO
o ή verso diviso tra 2 personaggi
o Frequenti sono i canti AMEBEI in cui i personaggi cantano in metri lirici e il corifeo in trimetri giambici. La
differenziazione del metro, secondo alcuni, sarebbe rappresentativa dell’incomunicabilità tra i protagonisti.
o IPORCHEMA = canto di gioia intonato dal Coro nel momento in cui la sorte del protagonista sembra volgersi al
meglio. Il nome è attribuito a questi passi da autori moderni, infatti, nell’antichità, gli iporchemi erano dei canti
lirici con danza orchestica. In questi brani molto forte è l’ironia tragica: incombe la fine e il pubblico lo sa bene
anche se il coro inneggia alla sorte fortunata del protagonista. Il messaggio di fondo è, quindi, che la condizione
umana è profondamente instabile e soggetta ad improvvisi mutamenti.
o ή = monologo autoespressivo che sottolinea la solitudine dell’eroe
♦ TEORICO della drammaturgia teatrale ( ό )
♦ ί = scene non dipinte, ma fisse
Miglioramento delle macchine e degli impianti scenici
♦ AMBIGUITA’ DELL’AFFABULAZIONE = Aristotele diceva: “I nomi sono in numero finito, mentre le cose sono
infinite. Quindi è inevitabile che un nome unico abbia più sensi”. Coerentemente a questa affermazione, in bocca ai
diversi personaggi di Sofocle le stesse parole acquistano significati differenti od opposti, perché il loro valore
semantico non è lo stesso nella lingua religiosa, giuridica, politica, comune. Per Antigone, ad esempio,
ό designa il contrario di ciò che è per Creonte. Per lei significa “norma religiosa”, per lui “editto promulgato
dal capo dello stato”, cioè lui stesso. “L’ambiguità traduce allora la tensione tra certi valori avvertiti come
inconciliabili nonostante la loro omonimia. Le parole scambiate nello spazio scenico, anziché stabilire la
comunicazione e l’accordo tra i personaggi, sottolineano viceversa l’impermeabilità degli spiriti, il blocco dei
caratteri; segnano le barriere che separano i protagonisti, fanno risaltare le linee conflittuali. Ciascun eroe, chiuso
nell’universo che gli è proprio, dà alla parola un senso ed uno solo. Contro questa unilateralità urta violentemente
un’altra unilateralità”.
♦ IRONIA TRAGICA = “Solamente al di sopra delle teste dei personaggi si allaccia tra l’autore e lo spettatore un altro
dialogo ove la lingua ricupera la sua capacità di comunicazione e per così dire la sua trasparenza. Ma ciò che il
messaggio trasmette, quando è compreso, è appunto che nelle parole scambiate fra gli uomini esistono zone di
opacità e incomunicabilità. Nel momento in cui vede sulla scena i protagonisti aderire esclusivamente a un senso e,
così accecati, perdere se stessi o dilaniarsi a vicenda, lo spettatore è portato a comprendere che esistono in realtà due
sensi possibili, o più. Il messaggio tragico gli diviene intelligibile nella misura in cui, strappato alle sue certezze e
alle sue limitazioni antiche, egli riconosce l’ambiguità dei termini, dei valori, della condizione umana. Riconoscendo
l’universo come conflittuale, aprendosi ad una visione problematica del mondo, egli stesso si fa, attraverso lo
spettacolo, coscienza tragica” (J.P.Vernant).

IL MONDO CONCETTUALE
♦ IMMAGINE UNIVERSALE DELLA CONDIZIONE UMANA = il dramma sofocleo esprime nella carne e nel
sangue di un eroe che patisce sulla scena le sorti dell’umanità intera
♦ EROE AL CENTRO DELL’AZIONE = il dramma è in funzione dell’azione al centro della quale è l’eroe che deve
misurarsi con il suo destino, avvertito come un problema individuale che si abbatte sul singolo uomo che per
misurarsi con esso ha solo le sue forze. I protagonisti sono imponenti e inflessibili, fedeli alla loro natura, sempre
protesi fino all’esito ultimo che spesso coincide con la loro stessa rovina che, però, non esclude la possibilità di una
misteriosa salvezza. È una rilevante novità rispetto al teatro di Eschilo, definito di idee e portatore dei valori del
έ intorno al quale spesso ruotava l’intera vicenda. Con Sofocle, invece, sulla scena è un teatro di personaggi,
colti e rappresentati nella loro individualità
♦ La magnanimità degli eroi sofoclei non vale a salvarli dal PATIMENTO: quanto sono grandi, altrettanto sono
sventurati perché questa è la necessità inerente alla loro natura di uomini immersi in un mondo di contraddizioni
insanabili, di conflitti con forze inevitabilmente tese a travolgerli. Sileno nell’ “Edipo a Colono” dice “Non essere
nati è la sorte migliore per i mortali”
♦ PESSIMISMO = Per Sofocle dolore e sventura sono insiti nell’essere uomo. Il dolore, la sofferenza sono solo un
momento di verifica per l’eroe tragico, ma ignote, oscure sono le cause di tanto patimento, come incomprensibili
sono anche gli improvvisi passaggi dalla felicità alla sventura. Lontano è Sofocle dalla concezione di giustizia divina
di Eschilo.
♦ “Rispettosissimo della religione tradizionale, che accettò senza pretendere di verificarne, come Eschilo, i principi o di
discuterne, come Euripide, i contenuti” considera, tuttavia, gli DEI responsabili del male di esistere: nel loro operare
è il principio della condanna umana. La sua, però, non è denuncia della prevaricazione divina, né è professione di
ateismo, piuttosto è rassegnazione, accettazione suprema del mistero dell’esistenza. Mente Eschilo fa un’accurata
analisi delle cause del male e individua negli atti di ύ la ragione di tante sofferenze e crede nell’esistenza di
una giustizia divina che interviene, Sofocle, anche se crede nella giustizia e nella perfezione divina, concentra tutta
la sua attenzione sull’uomo, sulla sua fragilità e sull’instabilità del suo destino. I personaggi sanno, dunque, che
contro il destino è inutile lottare e ne acquisiscono tragica consapevolezza: “Non c’è vita umana di cui si possa
parlare nel bene o nel male come di una cosa stabile“ (Antigone 1155)
♦ Tale accettazione provoca sofferenza, patimento, condanna, ma alla fine la diversità, l’esclusione si rivelano il
tramite, il mezzo che consente il ritorno ad una condizione umana addirittura più piena e perfetta di quella concessa
alla generalità degli uomini. Tuttavia non si deve pensare che nelle tragedie di Sofocle si possa intravedere una sorta
di ά ά di tipo eschileo; al contrario Sofocle pensa che l’uomo non sia dotato di quelle capacità che gli
consentirebbero di coglier qual è il senso della realtà, ma l’unica soluzione è prendere COSCIENZA DEI PROPRI
LIMITI. ( “di nessuno degli uomini si può sapere prima della morte se la sua esistenza è stata buona o cattiva”
Trachinie 1-3)
♦ L’eroe di Sofocle è il PRIMO PERSONAGGIO “MODERNO” DELLA STORIA DEL TEATRO: è un isolato
contro la sua volontà. Il destino, la crudeltà di un nemico, una malattia lo pongono di fronte al suo dolore
separandolo inesorabilmente dalla collettività. I suoi interlocutori non si rivelano in grado di comprendere le sue
ragioni, pertanto l’eroe si chiude in se stesso, esita, rimpiange il passato, ammette i propri errori … Vi è un vero e
proprio processo di interiorizzazione che produce figure psicologicamente complesse, capaci di evolversi e mutare
♦ Il protagonista acquista graduale consapevolezza delle sue sofferenze e matura dentro di sé una nuova, più profonda
coscienza della propria natura. Se per Eschilo la frase che può il riassumere il destino di un eroe è “che devo fare?”,
per Sofocle è “ora capisco”. L’eroe di Sofocle, messo alle strette dalla sua dolorosa realtà, prende coscienza della
realtà; in un attimo tutto il dolore dell’esistenza gli è chiaro. È in quel momento che avviene la ή, il
mutamento profondo che investe il protagonista. Il dramma è che questa presa di coscienza coincide con il prendere
atto dell’instabilità delle sorti umane.
♦ Importante è il SENSO DEL TEMPO = gli uomini sono sottoposti, nel fluire dei giorni e degli anni, a una serie di
eventi sempre nuovi, inattesi: sciagure, mutamento, alternanza di sventura e fortuna: ”tutte le cose nascoste il lungo,
incommensurabile tempo rivela e nasconde quelle evidenti”. Il dolore e la consapevolezza giungono improvvisi in
un sol giorno a rovesciare l’esistenza di una persona e a mostrare quanto fragili siano le basi su cui essa si fonda.
Solo gli dei non sono toccati da morte e da vecchiaia. Un ruolo importante ha anche il passato. Spesso le tragedie
ripercorrono gli eventi del passato per illuminare il dramma presente (vd Edipo)
♦ Anche IN POLITICA SOFOCLE FU CONSERVATORE; egli sembra non aver particolare fiducia nei capi che
nelle sue tragedie sembrano spesso agire per un tornaconto personale. La ό , quindi, non è più vista come
simbolo di una comunità che accoglie il singolo cittadino; anche per questo l’eroe sofocleo è ancora più solo ed
escluso dalla comunità. “Sofocle non propose nuovi modelli di organizzazione della ό , ma l’accettò nelle sue
istituzioni vigenti. Tema dei suoi drammi fu la dimensione umana individuale e la tragica lacerazione di chi viene a
trovarsi escluso dalle sicurezze della ό … la sua fede nella ό è quella dell’intellettuale saldamente
integrato nella tradizione e nella classe sociale di appartenenza: inutilmente si cercherebbero originalità o spinte
rivoluzionarie e riformatrici nella sua posizione politica. La portata “rivoluzionaria” della sua opera sta nella
rivelazione di una nuova dimensione esistenziale che, con la sua sconcertante desolazione, si oppose alle
contemporanee ideologie dell’ottimismo, quella periclea e quella dei nuovi movimenti di pensiero. Tanto più
profondo deve apparirci lo scavo attuato da Sofocle, se pensiamo che fu perseguito partendo da premesse di
oggettiva accettazione della contemporanea realtà politica e culturale” (Rossi).
♦ Per Sofocle L’ASSENZA DI MISURA È LA RADICE DI OGNI MALE.
Tutta l’opera di Sofocle indica ύ come madre della tirannide e di ogni dismisura. Nel cosmo c’è un ordine, più
grande e più vero di quello delle leggi scritte dagli uomini, ed essi devono comprenderlo e rispettarlo. La forma di
ύ condannata da Sofocle è, dunque, quella intellettuale che costituisce il peccato di Edipo che crede troppo
nella propria intelligenza e, istigato per giunta dalla madre, arriva a bestemmiare gli oracoli. È forse per questa sua
visione e per il suo opporsi in modo netto al pensiero laico-sofistico in voga presso i suoi contemporanei che Sofocle
è stato definito ό da una Vita anonima.
♦ Sofocle, infatti, non è poeta che canta la violenza, l’odio, ma è ricordato per il suo UMANESIMO. Fromm sostiene
che esiste un umanesimo greco a cui dobbiamo opere come l’”Antigone” di Sofocle. Antigone stessa, infatti, nella
tragedia afferma: “Certamente non sono nata per condividere l’odio, ma l’amore”. Qui il termine “amore” non deve
essere inteso come έ ά , bensì come ί quella ί che costituisce un vincolo umano e uno dei
fondamenti sui cui poggiava la società greca.

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