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Clil lezione del 19/10/2021

Impostazioni generali dell’istruzione in glottodidattica:

si possono distinguere da vari punti di vista:

approcci (comunicativo, psicolinguistico)

forme di insegnamento più esplicite/implicite

focalizzazione sul significato o sulla forma

forme esplicite: si fa riferimento alle regole che possono essere presentate in forma deduttiva: do prima la
regola e poi esempi o induttiva: prima esempi linguistici e poi si aiutano gli studenti a desumere la regola.
Entrambe guardano a forme esplicite.

Forme implicite

Più vicine all’acquisizione di L1, non si danno regole

L’apprendente è esposto a input spontaneo, adattato, senza richiamare la consapevolezza o la riflessione


metalinguistica, non si invita a ragionare su ciò che vede o sente lo studente, selezionare l’input migliore
per un dato linguistico dello studente. Si imita l’acquisizione di L1, puntare tutto sull’input richiede molto
più tempo perché qualcuno riesca a imparare, un adulto non può ascoltare tutto il giorno input in una
lingua straniera.

TIPI DI FOCALIZZAZIONE

1 sul contenuto : focus on meaning, FoM: in questo caso si cerca di dare molto materiale, di cultura,
letteratura, con i testi in L2, didattica Task based, si richiama l’attenzione dello studente sul contenuto e
non sulla forma. Mentre ci si concentra sul contenuto la forma come se fosse uno strumento parassitario si
attacca, studiando il contenuto impari anche la forma, in maniera spontanea e con meno ansia legata al
filtro affettivo, si fa molto con i bambini piccoli a cui si danno delle filastrocche in cui ci sono le regole.

2 sul contenuto e sulla forma (focus on Form, FoF) : si cerca un approccio bilanciato, concentrazione sul
contento ma si fanno pause per parlare delle regole, questi inserti possono essere spontanei, su richiesta
del discente, o pianificati quindi prima di iniziare la lezione pianifico che porto una canzone e dopo aver
spiegato il contenuto pianifico una parte in cui i contenuti ci servono per le regole.

3 sulla forma (focus on forms, FoFs) ci si concentra sulle forme.

Approcci e metodi nell’evoluzione della glottodidattica

Balboni: periodizzazione dell’evoluzione glottodidattica

3 fasi:

1 approcci tradizionali: fino agli anni 60’ del 900, superati,

2 nuovi approcci dagli anni 60’ in poi fino ad oggi

3 sfide del nuovo millennio: nel senso che i cambi nelle tecnologie, bisogna trovare un modo per
coinvolgere meglio gli studenti con modi familiari e con cui lavorano bene, sfide perché c’è un gap
generazionale tra insegnante e studenti, quindi riuscire da un lato ad avere dimestichezza con i nuovi
strumenti tecnologici, dall’altro bisogna riuscire a utilizzarli in una lezione di lingua, non tutte le tecnologie
si prestano bene
APPROCCIO FORMALISTICO (tradizionale)

Lezione id lingua significa memorizzare liste di regole, di schemi o di regole esplicite. Esse possono
riguardare fonologia: regole di pronuncia da imparare in maniera astratta, conoscerle in maniera descrittiva

Lessico: liste di parole

Morfologia: lista di declinazioni e coniugazioni (rosa, rosae, rosae)

Sintassi: studiata in maniera elencativa (lista dei complementi all’ablativo)

La lingua studiata rimane quella scritta e letteraria, nessun interesse per la variazione

Studente: tabula rasa da riempire di regole e liste

Maestro: prestigio altissimo e indiscutibile, fonte di ogni sapere che emana verso gli studenti.

APPROCCI ALTERNATIVI già dalla fine dell’800: sviluppo di alcuni approcci alternativi, di nicchia

1 approcci naturali

2 il reading method

3 teorizzazione di Sweet, Jespersen e Palmer

Sono minoritari, non modificano quindi l’approccio tradizionale che rimane maggioritario

L’approccio naturale è rivoluzionario, anticipa cose che verranno introdotte negli anni 60, poche scuole
limitate, di élite, in cui viene offerto l’insegnamento linguistico adeguato, ma raggiungono una minoranza,
solo chi ha la fortuna di poterselo permettere, gli altri invece secondo il metodo tradizionale. Questo
approccio nasce negli Stati Uniti che in quel periodo vedevano masse di immigrazioni enormi e le persone
che arrivavano avevano una competenza di inglese nulla o quasi nulla. Ci sono queste masse di persone che
imparano l’inglese elementare e ci si chiede come fare in modo che possano parlare meglio l’inglese, gli
immigrati non dovevano parlare come shakespeare, ma scrivere e parlare in inglese, la lingua degli USA,
quindi un’esigenza.

Metodo diretto di Berlitz:

si concentra sulle lingue moderne, non prende spunto da latino e greco, lingue parlate, vive e varie, visione
diversa. Egli è il primo che dice che l’insegnante deve essere madrelingua.

L’importanza dell’oralità, proporre soluzioni per un problema reale e concreto, le persone dovevano
comunicare, sviluppare una capacità di leggere e comprendere un testo. Le scuole di Berlitz si
diffonderanno anche in Europa, ma rimarranno un fenomeno di élite.

Precedenza al contenuto del testo più che alla correttezza.

READING METHOD

Si sviluppa tra le due guerre mondiali, contatti interlinguistici ridotti al minimo, punta tutto sulle capacità
passive.

Metodo “minimalista”, concentrato sulle competenze passive di lettura, i testi utilizzati sono in L2, graduati
per difficoltà. Percorso di apprendimento: induttivo

Si scelgono dei testi con difficoltà graduate a seconda delle competenze degli studenti, si predilige un
approccio induttivo, si danno testi e dopo aver visto i fenomeni si ragiona su di essi. Da questo punto di
vista innovativo ma non come gli altri approcci, guarda solo alla competenza passiva. Quindi sono le basi
prima degli anni 60. Con gli anni 60 invece

IL NUOVO ORIENTAMENTO

Dopo il 1945 vi è una presa di coscienza che i metodi dell’anteguerra non sono efficaci,

il cambiamento è stimolato da:

1 psicologia dell’apprendimento (neocomportamentismo): serie di stimoli e risposte (skinner: army


specialized training program, astp) quindi spingere lo studente a rispondere velocemente in modo che sia
automatica, senza pensarci, e la risposta è interiorizzata, utilizzato anche per i soldati americani

2 strutturalismo: analisi delle componenti minime di una lingua, adatta ad essere inserita negli esercizi
stimolo : risposta : rinforzo di Skinner

Questi due sono gli approcci strutturalistici degli anni 50’

Poi abbiamo

3 la possibilità di toccare con mano le lingue straniere, anche le culture (area studies) grazie
all’immigrazione, nel 900 il fenomeno si fa marcato in Europa in cui a causa della guerra molta manodopera
era venuta a mancare, quindi c’è bisogno di lavoratori, forza lavoro, e si richiamano da altri paesi come
l’Italia, le persone entrano in contatto anche in Europa non solo in America

4 nuove tecnologie di diffusione del suono, giradischi, video, registratore, fonte di parlato autentico e
possibilità per gli studenti di esercitare la propria pronuncia e di riascoltarsi. Questo rivoluziona le modalità
con cui si studia e impara una lingua.

Due approcci principali

Approccio comunicativo

metodi situazionali

metodi funzionali-nozionali

questi due metodi non coesistono ma il secondo è l’evoluzione del primo

glottodidattica umanistica

SLAT di Krashen

Psicodidattica

L’APPROCCIO COMUNICATIVO

È rivoluzionario, nasce negli anni 60-70

Il concetto chiave è l’attenzione rivolta alle funzioni comunicative, apprendere la lingua significa ESSERE IN
GRADO DI COMUNICARE, non apprenderne le regole. Cambia lo scopo e anche il metodo per raggiungerlo.
Le idee chiave riguardano : quali parole di usano per un determinato scopo? Come si chiede l’età? Come si
fa per comunicare x?

Delle lingue si creano due repertori interlinguistici, uno una lista di espressioni o formule comunicative, cioè
come ci si presenta, e il secondo è le notions, cioè elementi che non hanno una funzione reale pragmatica
in sé ma modificano, uniscono etc. (aggettivi, coordinazioni) quindi elementi “aggiuntivi” la cui mancanza
non pregiudica la comunicazione

Altro aspetto innovativo:

concetto di “competenza comunicativa”: fa riferimento alla competence di Chomsky

dell’Hymes: fa notare che la competenza linguistica non garantisce una competenza comunicativa. Se io
conosco le regole ma non so quale applicarla in un contesto non avrò una buona conoscenza della lingua,
se non ho la capacità di utilizzarla per la comunicazione.

L’approccio comunicativo ha il vantaggio di individuare livelli di competenza comunicativa (a1, A2 ec..)


all’inizio vi era un solo livello, Threshold Level (1975) corrispondente al B1

In seguito: elaborazione di vari sistemi, non sempre sovrapponibili.

Per rappresentare la competenza comunicativa, tutto l’insieme è la competenza comunicativa. Abbiamo un


interfaccia tra mente e mondo, ciò che abbiamo dentro e ciò che è fuori. Al nostro interno abbiamo la
competenza linguistica (competence di Chomsky) abbiamo anche competenza extralinguistiche, ma anche
socio-pragmatiche e interculturali, per esempio come comportarci in una determinata situazione, per
esempio quando si fa al bar c’è un copione per cui il barista chiede cosa vuole- cosa le servo ecc.. quasi
come in un film agiamo in maniera automatica, non pensiamo a come formulare la domanda, ognuno di noi
sa già. Nella L2 questa competenza dobbiamo acquisirla, perché in paesi diversi ci si comporta in maniera
diversa. Quindi le ultime due competenze riguardano tutto ciò che non ha a che fare con la lingua che
abbiamo già nella nostra mente. Tutte e tre fanno parte della competenza comunicativa. Il mio io si
interfaccia con il mondo, utilizzo tutte queste competenze, utilizzano la capacità di fare lingua, cioè non
conoscerla solo ma plasmarla per i miei scopi comunicativi, quindi con le conoscenze che ho sono in grado
di formare le frasi per comunicare un pensiero o un concetto. Fare lingua significa utilizzare tutte le risorse
che abbiamo per il mio scopo. Nel mondo l’uso delle competenze ha come risultato la capacità di agire
socialmente con la lingua, mi relaziono con i pari, socializzo, grazie alla lingua. Quindi questa è la
competenza comunicativa che va oltre quella di Chomsky, è concreta rispetto a quella di Chomsky, tiene
inoltre conto del contesto e dell’io che sta al mondo

Negli approcci comunicativi abbiamo due metodi

Cronologicamente abbiamo i metodi situazionali e poi i nozionali-funzionali


I primi sono degli anni ’60, si diffondono in Italia a partire dagli anni 60 quando l’approccio comunicativo
non è sviluppato a pieno, essi non sono del tutto sviluppati. Quello che abbiamo è l’idea che quando si
insegna la lingua bisogna dare rappresentazione del mondo reale, di situazioni concrete, per esempio al
bar, in stazione, in cui ognuno di noi si trova coinvolto.

Il metodo delle 3Ps:

- Presentazione
- Pratica
- Produzione

Prima si presentano i dati linguistici, quando si inizia una nuova unità, il primo momento è dell’insegnante,
poi abbiamo la pratica, sulla base di quello che ha detto l’insegnante tramite esercizi di vario tipo, e poi la
produzione completa, la pratica è usare le regole in esercizi tipo “completa le frasi” la produzione invece è
spontanea, tutto viene fatto dal discente, non è un esercizio da completare, per esempio scrivere un testo.
Con questo step si conclude l’unità, lo studente produce con successo.

Combinazione degli esercizi (drills) strutturalistici con il nuovo focus sulla comunicazione. Per esempio
quando bisogna inserire delle parole, esercizi di completamento, sopravvive l’approccio, che si sposa con il
nuovo focus comunicativo, mentre i drills guardavano solo alla dimensione linguistica (fonologia, lessico,
morfologia ec..) adesso i drills sono usati per migliorare gli aspetti comunicativi.

METODI NOZIONALI-FUNZIONALI

Sono l’evoluzione, si basano su riflessioni sulla comunicazione e approccio comunicativo in generale, sono
l’approccio comunicativo più diffuso, prendono avvio nel 1967, questo termine fa riferimento alle notions e
atti comunicativi, due elementi che compongono il linguaggio e funzionali perché comunicare espleta
determinate funzioni (per es- chiedere informazioni)

Se l’atto comunicativo è un ordine devo formularla in un modo, se una richiesta, formulo in un altro ec..

LA GLOTTODIDATTICA UMANISTICA

Attenzione agli aspetti cognitivi e di elaborazione delle informazioni linguistiche. Approcci mentali, approcci
umanistici

Termine che include diversi modelli e approcci:

- Psicodidattica
- SLAT di Krashen (basata sul modello del monitor)
- Teoria dell’interlingua (dato oggettivo di fatto negato da nessuno)
- Teoria della processabilità

PSICODIDATTICA

Nasce negli anni 60 poggi su dimensione psicologica e neurologica, e conoscenze di linguistica


acquisizionale. Sulla base di queste nuove conoscenze si formula la psicodidattica.

All’epoca si pensava che il linguaggio fosse nell’emisfero sinistro. Tuttavia con la psicodidattica si da molto
peso alla teoria della lateralizzazione non solo del linguaggio ma in generale, si inizia a parlare di emozioni,
intelligenza “alternativa” e logico-matematica: si critica ogni riferimento alla razionalità e a favore della
dimensione emozionale e olistica che permette un approccio più creativo alle lingue in cui ci si sente più a
suo agio. La versione estrema basa tutto sulla dimensione olisitica
Esiste una versione attenuata: sensibilità per i vari stili di apprendimento che cambiano con l’età, cambia
anche a secondo della persona. In una classe per esempio non sono tutti uguali, ogni studente ha approcci
diversi e modi di apprendere diversi.

Il ruolo fondamentale lo hanno le emozioni, si guarda alla motivazione, al clima in classe, ci si fissa sui
contenuti e sulla forma

La strategia è di coinvolgere lo studente nell’apprendimento, allo studente si spiega qual è l’obiettivo che si
raggiunge, si coinvolge lo studente nel processo, se aiuto lo studente a capire dove si va a parare, e quindi
so qual è lo scopo e i miglioramenti che mi portano ad esso, più in generale si aiuta lo studente a vedere
quale ruolo avrà nella vita. Posso formulare un progetto di vita da studente e devo negoziare con il docente
le modalità di didattica.

Il lavoro congiunto: è più fruttuoso del rapporto docente-studente

Tutta l’attività diventa una cooperazione, docente e studente negoziano i metodi per apprendere e si ha un
apporto di interazione, questo funziona se siamo insegnanti privati e abbiamo un solo studente, ma con 25
persone non puoi farlo.

La psicodidattica comporta una rottura con la tradizione scolastica italiana in cui c’era una forte gerarchia
verticale tra insegnanti e studenti. Il modello tradizionale per cui l’insegnante stava al vertice e gli studenti
in basso è durato tanto. La psicodidattica mette in discussione l’approccio, bisogna negoziare i metodi
didattici ed è impossibile in un modello verticale come quello italiano. Quindi questa trasmissione ex
cattedra negli insegnamenti di lingue viene sostituita con :

- Negoziazione delle modalità didattiche


- costruzione comune di un progetto di apprendimento
- Lavori di gruppo

Gli studenti prima erano soggetti passivi, dovevano solo assorbire, adesso sono coinvolti attivamente nella
lezione.

Riassunto dei vantaggi:

1 tiene conto della diversità individuale, non tutti sono uguali, ogni individuo è diverso, da un lato si
possono fare dei gruppi, sottogruppi, ognuno è unico gli approcci comunicativo invece guardavano poco a
questi aspetti

2 il processo di elaborazione cognitiva inizia con la dimensione olistica, prima vediamo l’insieme e dopo i
dettagli, quindi l’insegnamento se tiene conto di questa nostra proprietà

3 le emozioni sono fondamentali per alzare o abbassare il filtro affettivo

LA SECOND LANGUAGE ACQUISITION THEORY (SLAT) DI KRASHEN

È la versione applicate del modello del Monitor

Presuppone l’esistenza del LAD (Language Acquisition Device) nella teoria di Chomsky

Parte dal presupposto della lateralizzazione del linguaggio

Quando acquisiamo la L1 ottimizziamo entrambi gli emisferi che concorrono per acquisire la L1 con
successo. Nel caso dell’apprendimento della L1 noi utilizzeremo l’emisfero sinistro. Quindi gli insegnanti
puntano tutto su questo. Ed è uno dei motivi principali per cui l’apprendimento non ha lo stesso successo
dell’acquisizione, se usiamo metà cervello l’apprendimento non è completo, dobbiamo coinvolgere
entrambi gli emisferi. La L2 è monca, mancano alcuni aspetti. Lo scopo dell’insegnamento oltre a quello già
detto è far si che l’apprendimento assomigli il più possibile all’acquisizione che ha sempre successo, se
imitiamo il modello di acquisizione di L1 avremo risultati positivi in L2.

Altri metodi ispirati alla psicologia

- Total physical response: apprendere la lingua in un contesto diverso da quello dell’insegnamento


linguistico (es. ora di ginnastica) coinvolgento tutto il corpo anche l’input linguistico lo assorbiamo
anche se ci concentriamo su altro
- Community language Learning: insegnante visto come esperto di counseling, che supporta
l’apprendente. Stile affettivo ma approccio formalistico
- Silent way: insegnante non parla, usa bastoncini colorati per dare info
- Suggestopedia: approccio simile a quello della seduta di psicoterapia: training autogeno, sedute di
gruppo, musica classica di sottofondo, approccio globale

TEORIA DELLA PROCESSABILITA’ PIENEMANN 1998

Si basa su conoscenze cognitive, cosa sappiamo del cervello umano, si basa sul fatto che il cervello si
concentra prima sulle cose facili che chiedono uno sforzo cognitivo minore. Se lo traduciamo in
insegnamento di lingua, le cose più facili sono quelel che si acquisiscono in fase pre-basica o basica. A livello
didattico bisogna tener conto dei fattori in gioco e di dinamiche dell’interlingua.

PRINCIPIO DI INTERDIPENDENZA DI JIM CUMMINS

la nostra competenza linguistica è divisa in una parte visibile di cui siamo consci, e una parte inconscia più
grande. Se apprendiamo una L2 spunta un nuovo iceberg separato dalla L1, competenze metalinguistiche
sempre le stesse, in cui rientrano le competenze di L1 e delle altre lingue che abbiamo mentre le
competenze esplicite

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