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INTRODUZIONE AI MATERIALI METALLICI

MATERIALI METALLICI E NON METALLICI

Legame Ionico
Nel caso di solidi con legame ionico, come nel caso del cloruro di sodio (NaCl) avremo un reticolo
cubico i cui spigoli sono alternativamente occupati da atomi di cloro e di sodio si da avere nelle tre direzioni
spaziali un ordine a lungo raggio ed una sequenza ripetitiva del reticolo base. Questi materiali devono le loro
caratteristiche di resistenza ai legami ionici che si instaurano tra i diversi elementi costituenti la materia.

Cl- +-+-+-+-+-+-+-+-+-+
Na+ -+-+-+-+-+-+-+-+-+-
nel piano ⇒ +-+-+-+-+-+-+-+-+-+
-+-+-+-+-+-+-+-+-+-
Cl- Na+
+-+-+-+-+-+-+-+-+-+
-+-+-+-+-+-+-+-+-+-
Na+ Cl- Na+

Fig. 1: reticolo cristallino del cloruro di sodio. Fig. 2: rappresentazione delle cariche.

Uno slittamento secondo il piano sopra rappresentato conduce ad uno scorrimento possibile e non
catastrofico per il materiale, ma il numero di questi piani e direzioni è limitato.

+-+-+-+-+-+-+-+-
-+-+-+-+-+-+-+-+
-+-+-+-+-+-+-+-+
+-+-+-+-+-+-+-+-
Fig. 3:esempio di piano in cui lo scorrimento del reticolo cristallino ionico porterebbe ad una sfaldatura del
reticolo cristallino e, quindi, ad una rottura irreversibile.

Uno scorrimento in direzioni non preferenziali conduce ad ottenere dei piani in cui gli atomi sono della
stessa carica elettronica per cui tendono ad allontanarsi e a generare una frattura nel cristallo.

Legame Covalente
Nel caso di un legame covalente gli atomi condividono gli elettroni in base alla loro valenza e questo porta
ad una stabilizzazione dell'ottetto elettronico, con la possibilità di formare sostanze stabili. Il legame
covalente è un legame altamente energetico ma direzionale (vedere il caso del diamante); un qualunque
scorrimento in qualsiasi direzione comporta una rottura del legame e, a livello massivo del componente.

Legame Metallico
In questo caso gli atomi occupano le posizioni degli spigoli del
reticolo e gli elettroni di ogni atomo formano una nuvola elettronica che li
stabilizza nelle loro reciproche posizioni. Questo garantisce, per le
sostanze che cristallizzano con il legame metallico di essere buoni
conduttori di elettricità, vista la possibile mobilità degli elettroni. Dal punto
di vista della deformazione sono possibili un numero elevato di direzioni
di scorrimento che portano a delle deformazioni plastiche senza
distruggere l’essenza del legame. Per questo motivo il legame metallico
garantisce la capacità di resistere alla concentrazione di tensioni. Infatti in
Fig. 4:legame metallico. . materiali sottoposti a carico in opera si progetta considerando una
distribuzione uniforme dei carichi ma, in pratica in tutti i punti di
discontinuità, si hanno dei massimi di tensione. I materiali metallici sono in grado di resistere meglio a queste
variazioni. Le discontinuità dei componenti sono sia di ordine pratico (necessità di gole, cambiamenti di
sezione, angoli) sia da imputare a dei difetti dovuti a lavorazione o ad un uso prolungato (cricche di fatica, di
tempra). In particolare in presenza di una cricca si ha un raggio di fondo intaglio che tende a zero.
L’avanzamento della cricca deve essere lento e prevedibile; il materiale metallico di deforma ed incrudisce.
I materiali polimerici termoplastici, a seconda elle condizioni di processo utilizzate nella produzione,
possono avere un certo grado di cristallinità, a volte anche elevato, tuttavia i legami ad elevata energia sono
covalenti (quelli delle catene polimeriche) mentre tra le catene si sviluppano dei legami a bassa energia
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(forze di Van Der Walls, ponti idrogeno, ecc.). Se questo garantisce una certa deformabillità, porta tuttavia
da un lato a ritorni elastici considerevoli e funzione del tempo e dall'altro a carichi ammissibili
considerevolmente ridotti.
Le proprietà dei materiali dipendono da come cristallizzano: osservare i grafici di resistenza a trazione,
resistenza allo snervamento e di resilienza in funzione della temperatura.

Grafico di resistenza a trazione, di resilienza e di snervamento.

Fig. 5:

Il ∆T di transizione duttile-fragile deve essere spostata a -20 °C per lasciare un campo di utilizzazione
abbastanza ampio. Nel caso di strutture che solidificano con reticolo cubico facce centrato la resilienza
diminuisce con la temperatura in modo meno pronunciato. I materiali con reticolo esagonale sono i meno
resilienti: un esempio è la grafite.

TIPI DI RETICOLO
Si conoscono sette tipi di reticolo semplice o sistemi regolari di punti occupati dagli atomi delle
sostanze:

Cubico a = b = c, α = β = γ = 90° Z
Tetragonale a = b ≠ c, α = β = γ = 90°
Ortorombico a ≠ b ≠ c, α = β = γ = 90°
c
Romboedrico a = b = c, α = β = γ ≠ 90°
Esagonale a = b ≠ c, α = β = 90° γ = 120°
Monoclino a ≠ b ≠ c, α = β = 90° γ ≠ 90° β α b Y
Triclino a ≠ b ≠ c, α ≠ β ≠ γ ≠ 90°
γ a
X
Oltre ai sette reticoli semplici della soprastante tabella
esistono altri sette reticoli composti, ottenuti per compenetrazione Fig.6: reticolo generico. .
o traslazione di reticoli semplici, ciascuno dei quali gode sempre
della proprietà che ogni punto è circondato da altri punti distribuiti con identica periodicità. I quattordici reticoli
vengono comunemente chiamati reticoli di Bravais. Abbiamo quindi un reticolo cubico corpo centrato
(CCC), cubico a facce centrate (CFC), tetragonale a corpo centrato (TCC), ortorombico a basi centrate,
ortorombico a corpo centrato, ortorombico a facce centrate, e monoclino a basi centrate.
Questa struttura ordinata della materia porta ad identificare degli assi e dei piani di simmetria per ogni
tipo di reticolo con direzioni e piani tra loro paralleli. Per stabilire le tipologie di questi ultimi, si utilizzano gli
indici di Miller. Per quel che riguarda le direzioni gli indici di Miller, racchiusi tra parentesi quadre [ ],
indicano di quante volte le componenti del vettore (che unisce l’origine delle coordinate con l’atomo
qualunque prescelto) sono più lunghe degli spigoli della cella di riferimento ad essa paralleli. Gli indici di
Miller dei piani, racchiusi tra parentesi tonde ( ), sono i reciproci delle intersezioni tra gli assi di riferimento ed
il piano considerato, modificati in modo tale da dare luogo alla minima serie di numeri interi.

Esempi di direzioni Esempi di piani


[1,0,2] [1,0,0] [2,3,0] (1,1,1) (2,1,0) (3,1,3)

Cristallografia
Alcuni esempi di disposizioni atomiche semplici sono riportate nelle figure seguenti.
Per quel che riguarda l'addensamento atomico ottenibile per i differenti tipi di reticolo un calcolo teorico porta
ai seguenti risultati:
1) Sistema cubico semplice (CS): l’occupazione spaziale degli atomi considerati come sfere rigide è del
52%.
2) Sistema cubico corpo centrato (CCC): l’occupazione spaziale degli atomi considerati come sfere rigide è
del 68%.
3) Sistema cubico facce centrate (CFC): l’occupazione spaziale degli atomi considerati come sfere rigide è
del 72%. Lo stesso risultato si ottiene nel reticolo esagonale compatto (EC).

Nel CCC lungo la diagonale principale, le sfere sono a contatto, nel sistema CFC questo succede lungo
le diagonali delle facce e nel reticolo EC lungo le tre direzioni principali della base. In queste direzioni a
massimo impaccamento si possono avere degli scorrimenti plastici.
Per l’indicazione delle direzioni in un cristallo, si considera la retta parallela passante per l’origine e la si
definisce con le coordinate di una retta passante per i punti (0,0) e (p,q):
x y
+ = 1
p q
Altro modo di indicare la direzione è quella di dare le coordinate (x,y,z) sottintendendo che l’unità di
misura in ogni direzione è l’unità base della cella; se ci sono dei valori frazionari è sufficiente moltiplicare per
il minimo comune multiplo tutti i membri.
Nel caso di un sistema con struttura reticolare CCC tutte le direzioni delle diagonali del cubo sono
equivalenti e costituiscono la famiglia di direzioni <111>.

CCC

Fig: 7a: reticolo cristallino CCC e un piano del tipo (111).

CFC

Fig: 7b: reticolo cristallino CFC e un piano del tipo (111).


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SOLUZIONI SOLIDE INTERSTIZIALI

Le soluzioni solide interstiziali si originano allorquando un soluto entra nelle lacune di un reticolo
cristallino. Solo pochi atomi possono originare s.s.i. (H, C, O, N, B) perché piccoli. Questi elementi possono
anche dare origine, tra di loro od in unione ad altri elementi, a idruri, ossidi, nitruri, carburi e boruri.
Nella tabella sottostante vengono riportatate le dimensioni di alcuni atomi che si trovano spesso in posizioni
interstiziali:

elemento H O N C B
raggio atomico (Å) 0,30 0,66 0,71 0,77 0,87

Si riporta nello schema sottostante le dimensioni delle lacune presenti nei reticoli cristallini più importanti per
le leghe metalliche:

Struttura cubica a corpo centrato siti ottaedrici > rs = 0,067 a0


siti tetraedrici > rs = 0,127 a0

Struttura cubica a facce centrate siti ottaedrici > rs = 0,147 a0


siti tetraedrici > rs = 0,08 a0

Struttura esagonale compatta siti ottaedrici > rs = 0,207 a0


siti tetraedrici > rs = 0,114 a0

Si riporta come esempio particolare la fase austenitica del ferro può sciogliere fino al 2% di carbonio,
mentre nella fase di ferrite la solubilità massima è dello 0,02% (maggiore solubilità laddove è più elevato il
raggio atomico della lacuna).

Solizioni Solide Sostituzionali (S.S.S.)


Le s.s.s. si manifestano per sostituzione di un soluto nel reticolo cristallino quando siano verificate
alcune condizioni generali sia di carattere fisico che chimico:
• stesso reticolo cristallino
• differenza di dimensioni atomiche inferiori al 15%
• scarsa differenza di elettronegatività
• valenza: la solubilità è maggiore per un metallo di valenza elevata in un solvente di valenza
bassa (per esempio: Si in Cu = 14%, Cu in Si = 2%)
• concentrazione elettronica : occorrono determinati valori critici di n° di elettroni di valenza in
rapporto al n° di atomi.

Soluzioni Solide Sostituzionali Ordinate


Nel caso in cui siano soddisfatte ulteriori condizioni si possono ottenere le s.s.s. ordinate:
• determinato rapporto stechiometrico
• dimensioni atomiche differenti
• sufficiente differenza di elettronegatività (legami interatomici AB sono favoriti rispetto ai legami
AA e BB - ∆H di miscela è inferiore)
• temperatura critica.
Principali Strutture Ordinate
Vengono ora riportate esempi di strutture cristalline ordinate di alcune leghe metalliche.

AuCu

Au
Cu

AuCu3

Au

Cu

FeAl - Ottoni β‘

Cu oppure Fe
Zn oppure Al

Fig 8: alcuni esempi di strutture e reticoli ordinati.

Si deve osservare che, in quest’ultimo caso, data la compenetrazione di due reticoli rispetto alle tre
direzioni ortogonali di riferimento, è indifferente la scelta del tipo di elemento rispetto alla posizione nel
reticolo.
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Trasformazioni “Ordine ↔ Disordine”

Al di sotto di una certa temperatura caratteristica denominata temperatura critica (Tc) molte soluzioni
solide disordinate possono assumere un aspetto ordinato a causa di una minore agitazione termica degli
atomi costituenti il solido. L’ordine corrisponde ad uno stato di energia minima (∆H<0) mentre al disordine
corrisponde uno stato di entropia massima. Il prevalere di una o dell’altra di queste due entità che
compaiono nell’equazione dell’energia libera ∆G = ∆H - T••∆S determina la temperatura di passaggio da uno
stato ordinato ad uno disordinato.
La differenza fondamentale tra soluzione solide
ordinate e composti a legame intermetallico è che i
ξ primi hanno un campo di esistenza di composizione più
1 ampio. Queste soluzioni solide ordinate hanno
generalmente alta durezza e fragilità.
Il grado di ordine ξ di una soluzione solida ordinata
diminuisce prima molto lentamente poi sempre più
velocemente fino ad annullarsi bruscamente a Tc.
Il raggiungimento di una situazione ordinata si
ottiene con la formazione di domini di antifase che
richiedono solo un riaggiustamento locale grazie alla
diffusione atomica.
Questo passaggio comporta variazioni del modulo
elastico, della resistività elettrica, delle proprietà
T/Tc magnetiche e della densità.
Fig 9: andamento del grado di ordine in funzione
della temperatura.

Modulo Elastico delle Soluzioni Solide.


E
In prima approssimazione quando ho una soluzione solida il
modulo elastico può essere dato da una legge lineare del tipo
(linea continua):
E = EA*XA + EB*XB
dove:
EA, EB = moduli elastici dei componenti A e B
XA, XB = frazione molare di A e di B
In realtà si hanno degli scostamenti rispetto alla media
ponderale sopra scritta (curve tratteggiate).
Come esempio particolare si consideri la soluzione solida di
rame e nichel (completa in tutto l'intervallo) si ottiene che la
variazione del modulo elastico, variando la percentuale reciproca,
non segue una retta ma una curva.
Se poi si forma tra A e B una soluzione solida ordinata (linea
spezzata), il modulo di questa soluzione, rispetto ai componenti
puri è più elevato perché l’energia di legame per questa A % B
soluzione solida ordinata è più elevata di quella ottenibile per
Fig 10: variazione teorica e reale del
componenti puri (legami più forti, modulo elastico più elevato).
modulo elastico in funzione della
composizione chimica.
Legge di Schmidt o della τ Massima P
Quando si affronta un caso reale non si ha la
possibilità di sapere in partenza qual’è l’orientamento
dei cristalli rispetto al sistema di forze. Si conosce
l’orientamento del sistema di forze e si sa che lo
slittamento può avvenire preferenzialmente su piani di Θ
massimo impaccamento nelle direzioni di massimo ϕ N
impaccamento. Si deve quindi determinare l’entità τ
della tensione di taglio (τ) massima. Considerando As
una superficie generica As, di massimo scorrimento,
inclinata di un angolo Θ rispetto alla superficie A
normale al carico applicato P, si ottiene:

AS = A / cos(Θ)
La tensione tangenziale τ che agisce sull'area
inclinata AS sarà:
τ = P/AS cos ϕ
sostituendo:
P
τ = P/A cos Θ cos ϕ
Fig. 11: schema di superficie comunque orientata
Da questo risultato si evince che valori di tensione di con i carichi normali e tangenziali.
taglio massimi si ottengono per valori di
Θ = (90-ϕ) = 45°.

Calcolo Teorico della Tensione Tangenziale


Si prenda il reticolo esagonale compatto con tre atomi al centro spostati
rispetto agli atomi di base. Considerando una direzione di massimo
impaccamento alla base e uno degli atomi al centro e ripetendo queste
1
configurazioni sul piano, si ottiene una disposizione quale quella
rappresentata in figura. La fila di atomi superiore è sfalsata rispetto a quella
di base (situazione 1). Cercando di far slittare il piano di base rispetto a
quello superiore si deve applicare una tensione crescente fino ad ottenere
una situazione 2 che è instabile e non ha bisogno di alcuna tensione per
muoversi e ritornare ad una situazione simile alla 1. La tensione τ in
2
funzione dello spostamento ha quindi un andamento sinusoidale (vedere
Fig.13).
Fig. 12: reticolo ordinato e a = distanza interatomica
idealmente deformato.
Se x = a/2 ne consegue τ = 0

Da a/2 in poi la tensione da apportare è negativa. Infatti volendo fermarsi a 3/4 di a bisogna frenare poiché
gli atomi sotto l’azione delle forze del campo tendono a portarsi in una nuova posizione di equilibrio con una
deformazione plastica uguale ad a.

x
2π ⋅ x
1,5
1
τ = τ ⋅Max⋅ sen (1)
0,5
a
Energia

0
α e, per piccoli spostamenti:
-1
-0,5 1 3 5 7
b
-1
-1,5 2π ⋅ x 2π ⋅ x
Pi greco sen ≈
a a
Fig: 13: andamento dello sforzo per deformare un reticolo perfetto.
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Inoltre la τ è funzione del modulo di elasticità tangenziale (G) e della deformazione tangenziale (γγ).

x
τ = G ⋅ γ = G ⋅ tg (γ ) = G ⋅ (2)
b
Uguagliando (1) e (2) di ottiene:

a G
τ Max = ⋅
b 2π
poiché a ≅ b e per il Mg G ≅ 17.500 MPa si ottiene:

τMax ≅ 2.785 MPa


CARATTERISTICHE GENERALI

Strutture dei cristalli dei metalli più importanti

Cubico Facce Centrate Ferro (907-1492 °C)


Rame
Argento
Oro
Nichel
Alluminio
Piombo
Platino

Strutturalmente sono simili al ferro, il rame, il nichel e l’alluminio. Non lo è il piombo, molto usato per le
tubazioni, perché a temperatura ambiente tende ad un ingrossamento dei cristalli, che causa un
infragilimento del piombo col passare del tempo, per questo si ha una riduzione della resistenza a trazione.
Inoltre per motivi di salute pubblica i componenti in Pb sono attualmente non più utilizzati.

Cubico Corpo Centrato Ferro (< 907 °C, > 1492 °C)
Tungsteno
Vanadio
Molibdeno
Cromo
Metalli Alcalini (Na, K)

Strutturalmente il più importante è il ferro, perché gli altri sono principalmente importanti solo come
elementi leganti del ferro, come eventuali stabilizzanti della fase α, potendo consentire un aumento di
temprabilità o di durezza di un manufatto perché favoriscono la formazione di carburi. Il W viene utilizzato
per produrre filamenti di lampadine ad incandescenza.

Esagonale Compatto Zinco


Magnesio
Titanio
Zirconio
Berillio
Cadmio
Cobalto

Utilizzati sono lo zinco, il magnesio ed il titanio. Lo zinco viene utilizzato con la tecnologia della
pressocolata per produrre componenti di piccole-medie dimensioni di forma complessa. Il magnesio è
principalmente usato in casi in cui si voglia avere leggerezza, il titanio in casi in cui si vogliano evitare le
problematiche connesse con gli esagonali compatti. Importante è ricordarsi che il magnesio è molto
infiammabile, quindi occorre molta attenzione soprattutto nelle lavorazioni. Il titanio è usato in leghe per usi
aerospaziali, come anche le leghe di alluminio.

Queste ultime sono nella fascia privilegiata (con alluminio cubico a facce centrate) perché utilizzabili a
temperature molto basse e con una buona intrinseca leggerezza. Un buon alluminio pesa un terzo di un
cattivo acciaio e ha le stesse caratteristiche meccaniche. Il titanio ha caratteristiche di massa analoghe a
quelle dell’alluminio, ma una resistenza a trazione di un buon acciaio; unico grosso difetto è l’elevato costo
per l’ottenimento del metallo dall’ossido, relativamente diffuso come minerale.
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Dal punto di vista ingegneristico, l’utilizzo finale di un materiale o della sua lega sarà in realta anche funzione
del prezzo di vendita che l’oggetto prodotto può assumere.

Costo delle materie prime Febbraio 2016

Rame 4.300 € /t
Nichel (era arrivato a 55.000 €/t) 7.900 €/t
Piombo 1.580 €/ t
Stagno 13.250 €/t
Zinco 1.500 €/t
Acciaio 550 $/t
Alluminio 1.500 $/t
Titanio 6Al-4V 19.000 $/t
Magnesio 4.000 $/t
Cobalto 25.000 $/t
Tantalio (scrap) 250.000 $/t
Cromo 2.300 $/t
Silicio 98,5% 2.600 $/t
Argento 450 $/kg
Platino 48.000 $/kg
Oro 36.000 $/kg

Grafite 1.250 $/t


Polvere di Diamante Industriale 5 €/g
Diamante 20.000 €/carato (1/5 di g)
PVC 1.200 $/t
PET 1.300 €/t
ABS 2.000 €/t
PE 1.900 €/t
PP 2.000 €/t
Fibra di vetro 3.500 $/t
Fibra di carbonio 55.000 $/t
Fibra aramidica 28.000 $/t
Relazione Resistenza -Temperatura
Ai fini della scelta di un materiale per applicazioni ingengeristiche sono molto importanti le caratteristiche di
resistenza richieste alle temperature operative di utilizzo.
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Cristallinità e Anisotropia
Gli atomi sono stati rappresentati nella descrizione dei reticoli
utilizzando il modello delle sfere rigide, ma in realtà la situazione effettiva è
differente: bisogna pensare ad un modello a molle ( ). Gli atomi
“mediamente” si trovano nelle posizioni di equilibrio. Essi oscillano attorno
alla posizione reticolare con una frequenza tanto più elevata quanto
maggiore è la temperatura. Quindi il modello a sfere rigide vale solo allo
zero assoluto. Quali sono le posizioni di equilibrio? Il legame metallico può
Fig. 14: schema di sfere essere rappresentato come una serie di ioni positivi che si dispongono nelle
rigide con legami elastici. posizioni reticolari contornati da una nuvola elettronica che li stabilizza nelle
posizioni assunte, assicurando una distribuzione di cariche negative che
controbilanciano l’azione repulsiva delle cariche positive. Più in particolare si hanno delle forze repulsive tra
gli elettroni di uno ione e gli elettroni di un altro ione e tra nucleo di uno ione e nucleo di un altro ione ed
attrattive tra gli elettroni di uno ione ed il nucleo di un altro ione.
Invece l’esempio di un legame ionico è il composto cloruro di sodio (NaCl). Una rappresentazione delle
forze dei legami ionici è data dai grafici sottostanti dove le forze di tipo repulsivo si fanno sentire quando gli
atomi sono molto vicini fra loro mentre le forze di tipo attrattivo sono di tipo elettrostatico.

ER F

1) 2)

attrazione
a0
a
a
EA
repulsione

Fig. 15: andamento dell'energia di legame e delle forze scambiate tra due posizioni atomiche nel
reticolo cristallino.

ER = b/an Ec = -q2/a F = -dET/da

Eattrattiva = z1q*z2q/a2 ET = z1q*z2q/a + b/an

Quando la somma delle forze attrattive è uguale a zero si ha la situazione di equilibrio. Il valore a0 è la
distanza in cui “mediamente” i due atomi si trovano. L’energia repulsiva ER è, per un legame ionico,
rappresentata dal grafico a dx. L’energia di repulsione è dominante quando la distanza tra gli ioni è minore
della distanza di equilibrio, mentre si ha energia attrattiva quando la distanza è maggiore di quella di
equilibrio. Per piccoli spostamenti nell’intorno della distanza di equilibrio il diagramma delle forze ha un
andamento crescente con piccola variazione di pendenza, mentre la curva dell’energia nell’intorno della
posizione di equilibrio ha due differenti pendenze (situazione di minimo). Inoltre più l’avvallamento del
minimo di E è pronunciato più le forze di legame sono alte.
Questo discorso sui legami di tipo ionico può essere traslato al legame metallico ove vi sono forze di
attrazione e repulsione anche se di natura diverse e diagrammi energia distanza con le stesse
caratteristiche.

Fusione
Dal punto di vista atomico significa aver dato tanta energia agli atomi da aver incrementato
notevolmente la frequenza di oscillazione fino a che essi non si trovano più in posizione di equilibrio
reticolare. Il disordine termico è aumentato talmente che non si può più considerare un reticolo. Gli atomi
variano la loro posizione scambiandosi gli uni con gli altri. Il manufatto non è più solido e perde la sua
caratteristica fondamentale: di avere una forma propria. Se la forza di legame è elevata, l’energia che devo
fornire in termini di possibilità di oscillazione è elevata. Quest’ultima è funzione della temperatura assoluta; a
legami più forti corrispondono temperature di fusione più elevate. La formula dell’energia termica è:

E = 3/2*K*T con K = 1,381*10-23 J/K (costante di Boltzman)

Dilatazione Termica

La dilatazione termica dipende dal legame tra gli atomi. Aumentando la temperatura gli atomi oscillano
con ampiezze maggiori intorno alla posizione di equilibrio ma trovando maggior ostacolo alla compressione
la nuova posizione sarà nel senso di maggiori distanze tra gli atomi. Il risultato macroscopico è che
scaldando una sostanza essa si dilata. Gli atomi si allontanano tanto più, durante il riscaldamento, quanto
meno è pronunciato l’avvallamento del grafico 1). I coefficienti di dilatazione termici sono tanto più bassi
quanto maggiore è la temperatura di fusione.

Coefficienti di dilatazione termica a 20 °C

80
70
Coeff(*10E-6)

60
50 CsCl
40 Hg NaCl
30 Pb
Al
20 Cu
10 Fe MgO
W
0
-100 900 1900 2900
Temperatura di fusione (°C)

Fig. 16: andamento del coefficiente di dilatazione termica in funzione della


temperatura di fusione per materiali a legame metallico e ionico.

Da questo grafico si può osservare che la caratteristica fondamentale della dilatazione termica, cioè la
sua relazione con la temperatura di fusione, vale sia per i metalli che per gli ioni. Un forno sarà costituito di
materiali ad elevata temperatura di fusione, perché si vogliono bassi coefficienti di dilatazione ma anche
materiali a contatto con dilatazione simile. Per esempio se si fa un rivestimento di tungsteno per l’acciaio, si
ha una situazione positiva se in superficie si ha una tensione residua di compressione, mentre la situazione
è negativa se si hanno tensioni residue di trazione. Riferendosi ai dati del grafico si osserva come in un
riscaldamento si dilati di più l’acciaio ed il tungsteno in superficie andrebbe in trazione; si devono mettere
degli strati intermedi che eliminano la trazione, e, per sovrapposizione degli effetti, generino compressione,
abbassando l’effetto di trazione indesiderato.
Un’ulteriore considerazione si riferisce agli effetti del reticolo cristallino. Infatti se per un reticolo cubico
le oscillazioni nelle tre direzioni principali sono mediamente uguali,
questo non è vero nel caso di un reticolo esagonale o tetragonale. Si
consideri il magnesio che ha reticolo esagonale.
La base superiore è parallela alle tre direzioni di base: le intersezioni
sono all’infinito. Gli indici sono (0001).

Reticolo Piano Piano


parallelo perpendicolare
Mg Esagonale 27*10-6 cm/cm 24*10-6 cm/cm
Zn Esagonale 15*10-6 cm/cm 61*10-6 cm/cm
Sn Tetragonale (001) 30*10-6 cm/cm 15*10-6 cm/cm

Fig. 17: reticolo esagonale. Variazione del coefficiente di dilatazione termica in differenti piani
reticolari.
Introduzione alla Tecnologia dei Materiali Metallici

Da questa tabella si osserva che i coefficienti sono differenti a seconda che si considerino direzioni
parallele o perpendicolari rispetto al piano di base.
Considerando il diagramma tra le forze di legame e la distanza tra gli atomi e la curva σ-ε si possono
fare alcune considerazioni:

Legame forte

Legame debole

ε
a

Fig. 18: relazione energia di legame e curva di trazione.


• la pendenza del grafico “forze di legame-distanza” è proporzionale alla pendenza della curva
σ-ε.
• la variazione di pendenza nell’intorno della distanza di equilibrio dove si ha attrazione e
repulsione è circa uguale
• il modulo elastico alla compressione coincide con quello a trazione
• nel caso si abbiano dei legami deboli, a pari tensione applicata, si hanno spostamenti, in
campo elastico maggiori.

Considerazioni generali tra modulo elastico, modulo di Poisson. temperatura di fusione e reticolo:

Modulo di Poisson Modulo elastico Temperatura Reticolo


ν E (GPa) di fusione (°C)
W 0,27 350 3410 CCC
Fe 0,28 210 1537 CCC
Cu 0,35 112 1083 CFC
Al 0,34 70 660 CFC
Mg 42 650 EXC
Pb 0,4 15,4 327 CFC

I primi quattro metalli sono cubici: si nota una certa linearità nell’andamento delle grandezze. La
differenza nel modulo elastico tra alluminio e magnesio, malgrado la temperatura di fusione prossima è
imputabile alla differenza di reticolo. L’alluminio ha un basso modulo elastico da cui derivano grandi
spostamenti sotto sforzo elastico. Il litio come elemento legante fa aumentare il modulo elastico.
] 4000
C
[° 3500
E W
N
IO 3000
S
U 2500
F
I
D 2000
A
R 1500 Fe
U Cu
T 1000
A Mg
R Al
E 500
P
M Pb
E 0
T 0 100 200 300 400

MODULO ELASTICO [GPa]

Fig. 19: andamento della temperatura di fusione in funzione


del modulo elastico per differenti materiali metallici.
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Difetti reticolari.
I metalli non sono costituiti da cristalli perfetti. In presenza di un cristallo perfetto la resistenza a
snervamento sarebbe così elevata da impedire qualsiasi deformazione plastica e di conseguenza sarebbe
anche elevata la resistenza all’abrasione, da impedire la lavorazione per asportazione di truciolo. Unica
possibilità di formare un oggetto sarebbe di ottenerlo direttamente da getto o fusione. Ma la formatura
tramite getto può non portare alla soluzione finale ed ottimale. Quindi la presenza di difetti reticolari favorisce
la “lavorabilità” dei particolari.
Ci sono vari tipi di difetti:
• puntuali vacanze
• lineari dislocazioni
• bidimensionali bordi dei cristalli.
• di volume difetti di impilamento.(ad esempio nel sistema rame-zinco la successione di
piani ABABAB ad un certo punto può presentare due piani AA; in un caso più generale la
successione ABCABC può diventare ABBABC.

Vacanze o lacune
Un primo meccanismo, tramite il quale si possono formare delle lacune, è causato alla migrazione di atomi
sulla superficie. Nei reticoli di ioni possiamo avere i così detti difetti di Schottky che consistono in una coppia
di lacune, una di un catione e l'altra di un anione, che si compensano fra di loro; la carica totale rimane
neutra.
Un'altra causa è costituita dalla presenza contemporanea di una vacanza e di uno ione in posizione
interstiziale; tale difetto è detto di Frenkel. Questo difetto è più difficile da realizzarsi poiché necessita di
maggiore energia.
Nei cristalli reali le vacanze si formano poiché la formazione di vacanze è accompagnata da un incremento
di entropia S e quindi da una diminuzione di energia libera G:

G=E-TS
Esiste un numero preciso di vacanze per cui l'energia libera è minima, alle differenti temperature.
 W 
nv  − v 
= e  K ⋅T 
n0
con: nv numero di vacanze in equilibrio
n0 numero di posizioni reticolari
Wv lavoro per creare una vacanza
K costante di Boltzman Fig. 20: schema di una vacanza.
T temperatura assoluta

In generale a temperatura ambiente questo rapporto ha un valore di 10-15: quindi la distanza media delle
vacanze è di circa 105 atomi. Aumentando la temperatura il numero di vacanze aumenta considerevolmente,
e in prossimità della temperatura di fusione la distanza media tra due vacanze è di circa 10 atomi.
Nell'ambito del reticolo le vacanze contribuiscono al trasporto degli atomi all'interno del reticolo. Il numero
delle vacanze, come abbiamo già visto, è esponenzialmente proporzionale alla temperatura assoluta, e ci fa
capire come i coefficienti di diffusione siano sempre funzioni esponenziali della temperatura assoluta e
poiché aumentando la temperatura aumentano le vacanze e quindi aumenta la diffusione di elementi
sostituzionale, è aumentata la probabilità di salto degli atomi che tendono a migrare.
−Q
D = D0 ∗ e R⋅T

con D coefficiente di diffusione


D0 coefficiente di diffusione a temperatura ambiente
Q energia di attivazione della diffusione
R costante dei gas perfetti
T temperatura assoluta
Altro meccanismo di movimento di atomi sostituzionali, oltre a quello delle vacanze, può che essere
costituito dalla rotazione di quattro atomi, approfittando dei movimenti causati dall'agitazione termica dei
medesimi. Per far ruotare l'intera sequenza di atomi, che movendosi occupa più spazio occorre una
situazione particolare. Ciascun atomo, infatti, è caratterizzato da una propria vibrazione termica che non è in
fase con gli altri atomi. Vi è comunque la probabilità che si raggiunga un istante in cui in tutti gli atomi si
stanno allontanando dalla loro posizione di equilibrio rispetto a quelli intorno. In quel preciso istante il volume
disponibile per questi quattro atomi è maggiore e la forza spingente forza la quaterna di atomi a ruotare.
Questo meccanismo è molto collegato alla temperatura poiché ad essa è legata l'agitazione termica. Le
vacanze hanno inoltre una notevole influenza sulla conducibilità elettrica poiché, aumentando il numero di
vacanze diminuisce la conducibilità elettrica. Le vacanze influenzano pertanto dei parametri fisici. Dal punto
di vista della resistenza meccanica le vacanze non hanno una grossa influenza.

Dislocazioni
Supponiamo di avere un monocristallo di magnesio che cristallizza nella forma esagonale compatta e lo
sottoponiamo ad una prova di trazione. Con i raggi X riusciamo ad identificare i piani del monocristallo.
Sottoponiamo il provino alla prova di trazione in modo da orientare il carico e da avere i piani di base a 45°.
Avremo un grafico di σ e di ε come in figura.
Quando si supera il valore di 0,7 MPa di
Trazione su Mg tensione applicata il monocristallo
presenta un fenomeno di allungamento
molto vistoso. Solo dopo una grande
8 deformazione plastica si ha un aumento
Carico [Unità arbitrarie]

7 della resistenza a trazione. Se potessi


6 esaminare un campione ricavato
5 sezionando il provino sul bordo con un
4 microscopio elettronico, si vedrebbero i
3 bordi del campione che sarebbero molto
2 scalinati. Ciò sta ad indicare che c'è stata
1 una deformazione plastica molto intensa.
0
Questo fenomeno fisico deve essere
0 10 20 30
interpretato: il cristallo ha cominciato a
Deformazione [unità arbitrarie] cedere e i piani scorrono gli uni sugli altri.

Fig. 21: curva carico - deformazione per un monocristallo di


magnesio.
Tutto ciò è in contraddizione con l'ipotesi di reticolo perfetto.
Proviamo a calcolare la tensione tangenziale da applicare ai
piani per ottenere lo slittamento degli uni sugli altri. Prendiamo in
considerazione il reticolo EXC con tre atomi al centro spostati 1 2 3 4
rispetto agli atomi di base; rappresentando la disposizione della
famiglia di piani (1,0,0,0) come sfere rigide si ha una 5 6 7
disposizione come nella figura sottostante (1). Se si fa slittare il
piano di base inferiori rispetto a quello centrale superiore, la
tensione deve essere applicata fino a quando sia verifica la
situazione 2, che non è una situazione di equilibrio come la
prima. La situazione 2, instabile, non ha bisogno di nessuna
tensione per muoversi perché i piani tendono a raggiungere
automaticamente una situazione stabile simile alla 1. La
tensione tangenziale in funzione dello spostamento ha quindi un
andamento sinusoidale. Con calcoli teorici si ottiene un valore di
2785 MPa.

1 2 3 4

5 6 7

Fig. 22: movimento di una


dislocazione a spigolo.
Introduzione alla Tecnologia dei Materiali Metallici

Se il reticolo fosse perfetto dovrei applicare una tensione circa 4000 volte superiore a quella
sperimentalmente determinata.

Questo fenomeno è giustificato dalla presenza di dislocazioni.

spostamento verso destra del primo piano in alto

2
movimento di dislocazione

Si può giustificare il comportamento reale considerando che due piani adiacenti a massimo impaccamento
contengano rispettivamente n e n+1 atomi. Data una linea di dislocazione rappresentata dalla linea
tratteggiata rossa, ci saranno pertanto delle posizioni atomiche, ad esempio la 2, in cui le posizioni atomiche
risultano in equilibrio instabile corrispondente al punto di mezzo della sinusoidale (a/2). L'atomo 2 si muove
in pratica senza applicare una grossa forza dall'esterno. Gli atomi 1 e 3 adiacenti sono in una situazione
intermedia l'uno a sinistra di (a/2) e l'altro a destra. Analogamente per quelli circostanti. Vi è quindi una zona
che si muove con sollecitazioni minime dall'esterno e che portano ad un movimento in zone estese. Le
dislocazioni si muovono all'interno del cristallo fino a
raggiungere la superficie e formare uno scalino. È
1,5
relativamente semplice spostare le dislocazioni
1
all'interno del reticolo.
0,5

0 Le dislocazioni possono essere a spigolo (in figura) od a


-1 1 3 5 7
-0,5 vite. Viene identificata come linea della dislocazione l'ultima
-1 linea del reticolo perfetto e una dislocazione è
-1,5 completamente caratterizzata quando conosciamo la
P i gre c o
direzione della linea di dislocazione e la grandezza e
Fig. 23: energia - movimento. direzione del vettore di Burgers. Tale vettore è
perpendicolare alla linea di dislocazione nel caso di una
dislocazione a spigolo, mentre è parallelo nel caso di una dislocazione a vite.
Gli slittamenti dei piani reticolare alla presenza di dislocazioni avvengono
sui piani di massimo impaccamento. Inoltre le dislocazioni sono
solitamente relative ai piani di massimo impaccamento poiché il vettore di
Burgers è più piccolo. Si ricordano che l'energia associata ad una
dislocazione è funzione del quadrato di tale vettore. Di conseguenza
poiché si tende sempre ad un minimo di energia, più piccolo è tale
vettore minore è la probabilità di trovare una dislocazione.
Nel sistema EXC le direzioni di massimo impaccamento sono le diagonali
di base; c'è un solo piano di massimo impaccamento, e avremmo tre
sistemi di slittamento. Fig. 24: schema di dislocazione
Nel reticolo cubico facce centrate (CFC) ci sono 4 piani di massimo a spigolo.
impaccamento con ciascuno 3 direzioni di massimo impaccamento. Ne
risultano 12 sistemi di slittamento.
Nel reticolo cubico corpo centrato (CCC) non ci sono veri e propri piani di massimo impaccamento. Ci sono
direzioni di massimo impaccamento. Lo scorrimento avviene in tutti i cui piani che contengono la direzione
(1,1,1) e che possono essere il piano (1,1,0), (1,2,3), (1,1,2). Abbiamo pertanto 48 sistemi di slittamento con
una grande capacità di deformazione plastica ma inferiore alla CFC proprio perché non sono piani di effettivo
impaccamento.

Nell'utilizzare un componente non si ha la possibilità di sapere qual è l'orientamento dei cristalli rispetto al
sistema di forze. Noi sappiamo che l'orientamento del sistema di forze deve essere favorevolmente
orientato, per favorire lo slittamento sul piano di massima impaccamento nella direzione di massimo
impaccamento.

Cosa si oppone al movimento delle dislocazioni? L'esistenza di atomi di soluto, i quali ostacolano il
movimento delle dislocazioni. La tensione esterna da applicare è tanto più alta quanto più il metallo è
impuro.

Esempio dell'argento con reticolo CFC:


purezza % tensione critica g/mm2 τ Fe

99,99 48
99,97 73 24
99,93 131

Fe con reticolo CCC:


99,96. 2800
4
Ti con reticolo EXC:
99,99 1400 -200 0 T °C
99,90 9200
Fig. 25: influenza della temperatura sulla tensione tangenziale.

La tensione critica è inoltre fortemente dipendente dalla temperatura (vedi Fig. 25 per il ferro).

La componente critica della tensione tangenziale non è una costante, ma dipende dalla relazione di
orientamento tra l'asse di carico e le direzioni cristallografiche sia del piano di massima densità sia della
direzione di massima densità.
τ = P/A cosϕ • cos Φ
Se si effettua una prova di trazione su monocristalli, si devono prendere in considerazione le caratteristiche
di una macchina di prova. Di solito si hanno ganasce ad U fisse, e quindi il movimento di slittamento lungo il
piano di slittamento è abbastanza impedito. Non è cioè permesso un disassamento completo delle due basi,
in modo da consentire uno slittamento puro dei due piani reticolari l'uno sull'altro, perché si dovrebbe
consentire anche lo spostamento relativo delle ganasce. Di conseguenza si ha che i piani reticolari tendono
a ruotare sotto l'azione del carico (vedere considerazioni e diagramma della tensione tangenziale massima):
ϕ tende ad aumentare, mentre Φ tende a diminuire. Considerando la
P
correlazione tra gli angoli, risulta essere che nell'intorno del carico
massimo, se ci spostiamo dall'angolo di 45°, in ogni caso la tensione
tangenziale τ diminuisce. Durante questa rotazione si ottengono
condizioni favorevoli per lo slittamento su altri piani reticolari, che magari
hanno in comune la direzione di massimo impaccamento. Si ottiene
pertanto la possibilità di uno slittamento duplice (o multiplo); questo si
verifica quando ci sono due piani appartenenti allo stesso fascio in cui
l'asse del fascio stesso e la direzione di massimo impaccamento sono
contemporaneamente lungo il piano di slittamento in questione (figura).
Quindi quando parliamo di deformazione plastica, in massima parte
parliamo di slittamento dei piani reticolari l'uno sull'altro: semplice, duplice,
multiplo. Non è tuttavia l'unico modo per arrivare ad una deformazione
plastica.

Supponiamo di avere un pezzo di reticolo che sotto una sollecitazione si


P
deformi: se le linee reticolari prima erano ovviamente orizzontali come il
pezzo, ora si rileva come dimostrino la rotazione attorno ad un piano
reticolare ben definito. Poiché non si parla più di uno spostamento parallelo, ma di rotazione, il movimento
degli atomi non è uguale per tutti quelli appartenenti ad una linea, come nel caso dello scorrimento, ma
dipende dalla loro distanza dal centro di rotazione. Questa si chiama deformazione per germinazione: di
solito è una deformazione di tipo meccanico nei reticoli EXC e CCC, di tipo termico nei reticoli CFC.
Quest'ultima viene quindi attuata grazie ad un aumento di temperatura ed è ulteriormente favorita se c'è
stata una precedente deformazione meccanica per slittamento. Infatti, in questo caso, l'energia
immagazzinata nella prima fase, durante l'aumento di temperatura, è rilasciata per fenomeni di germinazione
durante la ricottura (riscaldamento ad una temperatura superiore a quella di ricristallizzazione). Nell'ultima
fase compaiono nei cristalli le zone di geminati che facilitano la deformazione plastica.
Introduzione alla Tecnologia dei Materiali Metallici

Giustificazione del fenomeno: tali nuovi cristalli potranno aver assunto delle orientazioni favorevoli agli
scorrimenti rispetto alle direzioni di applicazione del carico in modo tale da rispettare la legge di Shmidt. La
deformazione può pertanto proseguire. La geminazione è tuttavia meno frequente dello slittamento, in quanto è
ridotto il volume del cristallo interessato.

Tornando alla curva sforzi-deformazione di un monocristallo di magnesio, superata la zona di facile


slittamento, la tensione necessaria per far continuare la deformazione plastica aumenta. Tale aumento si
giustifica considerando che non ci troviamo di fronte ad un reticolo perfetto; i metalli "puri" hanno sempre un
certo numero di atomi di metalli estranei. Le dislocazioni dopo un certo tragitto, dopo avere cioè causato una
deformazione plastica macroscopica, si impilano contro gli ostacoli. Questi possono essere dei soluti
metallici estranei o dei composti di piccole dimensioni. Affinché le dislocazioni possano proseguire il loro
movimento e superare le zone di ancoraggio, si ha necessità di una tensione applicata maggiore. In questo
processo di ancoraggio e di disancoraggio si può avere una moltiplicazione di dislocazioni. Infatti, esse
devono essere viste come difetti ad alta densità in particolari direzioni, come varie "foreste". L'incontro tra
due "foreste" differentemente orientate porta ad una perdita di linearità dei loro due percorsi che da rettilinei
possono diventare a zig-zag. Questo porta ad una difficoltà a muoversi all'interno del reticolo e ad un
eventuale aumento di dislocazioni, che a loro volta si intersecano ulteriormente, rendendo la deformazione
plastica più difficile. Si devono quindi applicare tensioni crescenti per mantenere la stessa velocità di
deformazione. Questo fenomeno si chiama incrudimento. Togliendo il carico applicato, da qualunque punto
raggiunto nella curva tensione-deformazione, la linea di scarico è parallela al primo tratto elastico. Questo
avviene perché togliendo il carico non si eliminano le caratteristiche ottenute nel reticolo: esso permane con
stesso numero di dislocazioni che si era raggiunto in quel momento.

Inoltre il legame metallico si ricostruisce ogni volta che e stata fatta una deformazione plastica tra nuovi
atomi, ma esattamente uguale prima. La linea di scarico ha così lo stesso modulo di Young, E, di quelle
elastiche. Questo modulo è funzione delle forze di legame; in una deformazione plastica non si sta
cambiando la composizione chimica, quindi le forze sono le stesse. L'unica differenza è che lo scarico si
effettua su un cristallo già deformato. Quando eventualmente ricarico ci si trova di fronte allo stesso reticolo
deformato di prima, con la stessa densità aumentata di dislocazioni, variamente intersecate tra loro,
variamente impilate agli ostacoli. Arrivo alla stessa deformazione complessiva precedentemente raggiunta:
solo ora si può proseguire con la deformazione plastica.

Esempio
Se partendo da una barra cilindrica si dovesse ottenere un componente effettuando due operazioni di
deformazione plastica accentuata, si deve prendere in considerazione il carico raggiunto localmente in seguito
alla prima deformazione e alla seconda deformazione e si deve dimensionale l'apparecchiatura di stampaggio
considerando il nuovo valore di carico di snervamento da cui si deve partire. Quindi il fenomeno di incrudimento
è rafforzativo; in funzione delle operazioni da effettuare può essere un aspetto positivo o negativo. Nel caso di
operazioni di stampaggio è negativo. Invece nel caso di profilati per scaffalature metalliche facilmente montabili,
in cui si è partiti da bandelle di lamiera, successivamente piegate, l'operazione di deformazione ha portato ad
aumento di resistenza del materiale.

Nel caso di monocristalli si parla di tre stadi di deformazione:


1° - facile slittamento
2° - impilaggio delle dislocazioni
3° - intersezione di "foreste" di dislocazioni.

Vi sono varie teorie: la migliore è che la dislocazione è un


difetto del cristallo. Se si aumenta la loro concentrazione
per millimetro cubo, cioè la densità volumetrica, si ha alla
fine una tale massa di difetti che non si riesce più a capire
che si hanno in effetti delle dislocazioni. Anche il cristallo
non è più tale: non si ha più una disposizione regolare
degli atomi a causa delle tante dislocazioni, se non in
zone ristrette. Si è in una situazione simile a quella di un
liquido sotto raffreddato e quindi lo stadio precedente alla
frattura, secondo alcune teorie, è una situazione in cui il
materiale ha perso l'ordine totale. Alle volte questa teoria
è considerata non vera. In un filmato si era infatti potuto
vedere che all'apice della cricca di frattura si formano Fig. 26: Dislocazioni ad elica in prossimità
delle onde. Si può supporre che si manifestino di precipitati in una lega Al-Mn.
rapidissime zone di slittamento dei piani che, conglobati,
danno la forma di un'onda.
Effetto della temperatura su questi fenomeni.
σ T1 <
Se si deforma un componente a temperatura ambiente, gli
atomi del reticolo hanno un’agitazione termica abbastanza
T2 > ridotta; se si deforma un componente a temperatura
superiore alla temperatura ambiente, l'agitazione termica
atomica è superiore e la possibilità di passaggio
dell'ostacolo è superiore. In pratica si deve applicare una
sollecitazione esterna inferiore per superare l'ostacolo al
movimento delle dislocazioni.
Il modulo elastico a T2 è inferiore che a T1 e, nella parte
plastica, l’andamento è tale che, a temperatura elevata, si
deve applicare una forza inferiore per ottenere la stessa
deformazione.

ε Durante una deformazione plastica si deve spendere del


lavoro; la quantità di lavoro da utilizzare è ottenibile dalla
Fig. 27: influenza della temperatura sulle
formula:
curve carico - spostamento.

L = F • (∆
∆X)
con F la forza applicata e (∆x) la deformazione ottenuta. Non tutto il lavoro va a fine in energia di
deformazione; circa il 10% va in calore interno. Ci sono casi in cui, se l'applicazione del carico ai pezzi è
molto veloce, invece di arrivare all'incrudimento del materiale con l'aumentare della deformazione, si
manifestano fenomeni di addolcimento del materiale. Questo perché la trasformazione non è isotermica; al
limite è adiabatica (senza scambio di calore con l'esterno), con il calore che rimane all'interno del sistema e
la temperatura aumenta. Facendo una deformazione a freddo si inizia a lavorare a 25° C e si finisce a 250°
C (acciaio).
Introduzione alla Tecnologia dei Materiali Metallici

Aggregati policristallini
La grossa differenza tra un monocristallo e un policristallo è la presenza dei bordi dei cristalli. I cristalli
prendono origine da nuclei che si formano indipendentemente gli uni dagli altri. Facendo avvenire una
fusione e una successiva solidificazione si formano in alcune zone del liquido, preferenzialmente in zone
dove vi è maggior asportazione di calore, dei nuclei di cristalli nei quali, rispetto ad un sistema di riferimento
nello spazio, i vari piani sono differentemente orientati. Crescendo i
cristalli si appoggiano gli uni contro gli altri formando i bordi dei
cristalli stessi, sempre diversamente orientati. In Fig. 28 viene
rappresentato come è fatto un bordo.

I piani perpendicolari sono orientati diversamente in un cristallo e


nell'altro. Gli atomi sui bordi sono atomi intorno ai quali la
distribuzione atomica è differente, rispetto al caso in cui si
considera una distribuzione atomica interna. Questo vuol dire che
la situazione energetica degli atomi sui bordi è una situazione
algebricamente superiore rispetto quelli interni. Quindi i bordi sono
zone di massima energia, e quando un atomo giunge sul bordo si
muove più liberamente di uno interno ad un cristallo. Questo
spiega perché i bordi dei cristalli siano sempre le zone preferenziali
per la nucleazione di nuovi cristalli, favorendo pertanto la crescita
di composti. Considerando atomi di solido, che si possono
Fig. 28: schema di cristalli e bordi muovere più liberamente mediante la diffusione su un bordo, è
di grano. pertanto più facile arrivare alle condizioni giuste per una nuova
nucleazione con una precipitazione di cristalli liberi.

Per ciò che riguarda le deformazioni, si deve considerare la legge di Schmidt. Considerando un sistema di
forze applicate che trova riscontro in un determinato cristallo con una favorevole orientazione dei piani
reticolari, quando questa deformazione (movimento di dislocazioni) ha raggiunto i bordi del cristallo, non è
detto che essa passi facilmente oltre il bordo e che si propaghi al cristallo successivo, avendo questo un
valore di cos φ e di cos θ differenti rispetto al precedente e, dovendo avere una ben determinata τ, il più
grosso ostacolo al movimento delle dislocazioni risulta essere proprio il bordo del cristallo, per poter portare
alla deformazione plastica cumulativa dell'aggregato policristallino. Questo significa che le dislocazioni si
impilano lungo i bordi dei cristalli (perché devono rispettare, nel caso policristallino, la continuità della
materia) e si deve aumentare la sollecitazione affinché le dislocazioni si spostino. Si può arrivare allo
slittamento duplice, multiplo a crescere del carico esterno. Nel passaggio da un cristallo all'altro si ha un
aumento delle deformazioni, con incrudimento. Quando si parla di aggregato policristallino si ha una
deformazione plastica effettiva macroscopica se si sono messi in movimento tutti i cristalli che formano
questo aggregato e, la conseguenza più immediata, è che quante più barriere si hanno al movimento delle
dislocazioni (bordi per unità di volume), tanto maggiore sarà la tensione da applicare per ottenere una
deformazione plastica.

La tensione di snervamento (σs) è perciò molto influenzata dal numero di bordi per unità di volume. In
generale interessa anche l'area interfacciale; si deve avere una grossa densità areica interfacciale per unità
di volume per avere una tensione di snervamento elevata. Per effettuare delle deformazioni si ha bisogno di
una tensione di snervamento bassa, mentre, a lavoro finito, si ha la necessità di una tensione di
snervamento elevata. Servono pertanto vari trattamenti termici; considerando un semilavorato si ottengono
strutture molto fini.
La legge di Petch descrive la relazione ottenibile
nell'incremento di prestazioni in funzione delle
Resistenza a trazione
dimensioni dei cristalli: σ0 = σi + k D(-1/2)

con:
D diametro medio dei cristalli
σi forza di attrito interna (al limite nulla)
k grado di impilaggio delle dislocazioni
σ0 tensione allo snervamento.
Transgranulare Intergranulare Si ha così un'idea del rafforzamento apportato in una
lega da parte dei bordi di grano, fino ad una certa
Te T [°C] temperatura. Alla temperatura equicoesiva (Te) i
Fig. 30: resistenza - meccanismo di frattura.
cristalli scivolando l'uno sull'altro. Si ha scorrimento dei cristalli a caldo: creep. Fino ad una certa
temperatura le fratture si possono presentare come "transgranulari”, nel caso in cui le barriere costituiscano
un blocco al passaggio delle dislocazioni; alla fine si può avere una fattura di tipo transgranulare. Invece, al
di sopra di Te si ha una frattura intergranulare per creep, cioè la fattura si manifesta ai bordi del grano. La
temperatura Te è inoltre funzione della velocità di deformazioni, di cui è inversamente proporzionale.

La differente dimensione dei cristalli in manufatti reali potrebbe portare a situazioni che comprometterebbero
il corretto funzionamento di macchinari od attrezzature correttamente progettati.

Esempio
Grana fine Si supponga di avere due bandelle di
σ acciaio della stessa composizione, ma
uno a grana grossa e l'altro a grana fine.
In basso è riportato il diagramma sforzi
deformazione per le due bandelle.
L'acciaio a grana fine ha una resistenza a
trazione maggiore (legge di Petch).
Grana grossa Si ha intenzione di fabbricare un tubo con
una grossa piega. Dall'acciaieria non
escono i tubi con la curvatura che
interessa: deve essere prodotto
successivamente, sempre con lo stesso
angolo di curvatura. L’apparecchiatura
che permette di ottenere la curvatura
voluta è surdimensionata rispetto ai
carichi necessari per la lavorazione ed è
controllata geometri-camente, per essere
ε ripetitiva, con le tolleranze imposte. La
deformazione totale importa (elastica più
Fig. 31: influenza delle dimensioni dei grani sulle plastica) per i due acciai sono uguali.
caratteristiche carico - deformazione. Tuttavia al termine delle lavorazioni i
ritorni elastici portano a differenti
deformazioni plastiche per le due bandelle. Bisogna pertanto tenere in considerazione anche le dimensioni dei
grani del materiale acquistato e, conoscendo questa problematica, si può automatizzare anche processi molto
semplici che tuttavia necessitano di una tecnologia avanzata.

Si è parlato in precedenza della curva rappresentativa carico deformazioni nel caso di un monocristallo.

Si cerca ora di capire che cosa succede, come si modifica questa curva, variando l'orientazione del cristallo.
A mano a mano che si porta il cristallo con i piani di base in una situazione di orientazione meno ottimale
(maggiore o minore di 45°), la parte del grafico che si riferisce alle grandi deformazioni della curva (quella di
facile slittamento), tende a scomparire.

Si consideri ora la situazione di un aggregato policristallino. Questa è la situazione più comune per dei
componenti meccanici e metallici in generale. Si deve tenere presente la condizione di compatibilità e di
continuità tra un cristallo e l'altro: ciò significa che non si può deformare un cristallo senza deformare il
cristallo adiacente. Per un componente policristallino scompare quindi la parte di facile slittamento del
diagramma σ-ε del Mg.

Si possono presentare vari casi, ma, nel caso più generale, si passa immediatamente al terzo stadio della
deformazione plastica, ossia allo stadio di incrudimento vero e proprio, provocato dall'aumento del numero
delle dislocazioni (a sua volta dovuto al fatto che le dislocazioni incontrano dei precipitati che agiscono
come fonte di nuove dislocazioni poiché ci sono dislocazioni differentemente orientate che, nel loro
intersecarsi, portano ad una perdita di linearità della linea di dislocazione). In pratica, mentre nel caso di un
monocristallo si può ottenere facilmente una deformazione plastica con la formazione di bordi seghettati, nel
caso di aggregati policristallini ciò non si può verificare perché il complessivo dei cristalli (componente) si
oppone alla deformazione del primo cristallo favorevolmente orientato rispetto al sistema di sollecitazione.

Quindi i bordi dei cristalli funzionano come punti di impilamento delle dislocazioni fino quando non si riuscirà
a far passare le deformazioni al cristallo adiacente. Inoltre il punto di snervamento, il punto di perdita di
linearità tra pensione e deformazione, cioè il punto per il quale la legge di Hooke non è più applicabile,
corrisponde ad un movimento massivo non solo di un cristallo ma anche di quelli adiacenti.

Oltre ai bordi dei cristalli anche i precipitati agiscono da blocco al movimento delle dislocazioni. Possiamo
immaginare di avere una linea di dislocazione (visto dall'alto) che all'interno di un cristallo si muove, incontra
Introduzione alla Tecnologia dei Materiali Metallici

dei precipitati e rimane divisa in tanti segmenti arcuati; se non riesce a passare oltre i precitati, allora non
abbiamo ancora superato l'istante di perdita di linearità nei confronti della deformazione elastica. Per cui
rilasciando il carico la situazione ritorna come prima (ritorno elastico). Quando si supera lo sbarramento
imposto dai precipitati o dai bordi di grano, solo allora si avrà la perdita di linearità tra tensioni e
deformazioni. La profonda differenza di comportamento e mobilità delle dislocazioni tra dei monocristalli e gli
aggregati policristallini porta a ottenere un grafico classico tensione-deformazione.

Da un punto di vista tecnologico si ha da una parte interesse che i materiali siano deformabili per questioni di
formatura, dall'altra parte in fase di utilizzo si desidera invece avere un materiale che abbia la massima
resistenza allo snervamento e alla rottura. La conoscenza di queste due opposte esigenze e la conoscenza
dei materiali porta alla progettazione globale di un ciclo di fabbricazione ottimale di un pezzo. Un pezzo deve
essere lavorato quando cioè nello stato meno duro possibile e deve essere messo in opera quando e nella
stato più duro possibile.

Andiamo più a fondo per valutare il metodo di rafforzamento per barriere. Nei commenti fatti
precedentemente si è rilevato che quando si hanno dei grani piccoli si riesce ad elevare la resistenza allo
snervamento. Qual è il limite massimo di resistenza allo snervamento ottenibile? Si può utilizzare la formula
di Darken:
σf = σ0 + A••G••b••√N
con: σf resistenza allo scorrimento; è un valore intermedio tra la tensione di snervamento e di rottura
σ0 costante
A cost. = 1/5
G modulo di elasticità tangenziale
b vettore di Burger
N densità di dislocazioni - per esempio 1014

Il valore scelto come densità di dislocazioni è tra i più alti raggiungibili.


Il valore della resistenza allo scorrimento ottenibile risulta di circa 14000 MPa.
In realtà difficilmente si riescono ad ottenere dei materiali che abbiano una resistenza a trazione superiore di
3000 MPa. Inoltre occorre tenere presente che solo in particolari applicazioni si metteranno in opera
materiale aventi resistenza trazione di questi valori perché avrebbero una resilienza molto bassa.
Bisogna infatti di considerare che materiali con reticolo CCC presentano una transizione tra rottura duttile e
rottura fragile quando i valori di resistenza superano i 1400 MPa.

Ricordando le considerazioni fatte circa i valori di resilienza in funzione della temperatura si può pensare di
costruire un diagramma a tre assi e si rileva che:
- aumentando la temperatura di utilizzo si ha il passaggio da una rottura fragile a una rottura duttile. La
transizione avviene attorno a 0 gradi centigradi.
- si ha rottura duttile per valori di resistenza a trazione inferiori a 1400 MPa.
- condizioni estreme sono basse temperature o resistenze a trazione molto elevate.
Tanto più diminuisce la temperatura di utilizzo quanto più si deve andare verso resistenze a trazione basse per
mantenersi nel campo positivo (cioè il campo di massima resilienza o di massima energia assorbita nel
fenomeno di frattura).

Il valore di 14000 MPa, ottenuto precedentemente


con la legge di Darken, può in qualche modo essere
confrontato con la legge di Petch. Riportando la
resistenza a trazione in funzione dell'inverso della
radice quadrata del diametro medio dei cristalli
costituenti il materiale si ha un diagramma lineare
che porta al valore teorico di 14000 MPa quando il
diametro dei cristalli arriva a comprendere tre o 4
atomi. Ci si rende conto di quanto sia assurda
l'ipotesi di raggiungere tale valore perché, in pratica,
si ipotizza di aver ridotto il cristalli ad un punto tale
da avere eliminato le dislocazioni (infatti con tre o
quattro atomi non c'è più la possibilità di immaginare
l'esistenza di una dislocazione). Sperimentalmente
tale legge è stata verificata fino a valori di 1/√d = 30.
Tutta la restante parte di curva è puramente teorica.
Fig. 32: micrografie comparative per le dimensioni dei
cristalli ottenibili a 100 ingrandimenti.
Per misurare le dimensioni dei cristalli si ricorre al microscopio e il metodo più veloce e usato è il metodo
ASTM (American Society of Testing and Materials). Questo è un organismo di standardizzazione
statunitense; ogni nazione ha i suoi organismi che emettono delle norme:
Italia UNI
Francia AFNOR
Germania DIN
Gran Bretagna BS
per gli acciai che si usano anche le norme AISI.

Metodo ASTM per la determinazione convenzionale delle dimensioni dei cristalli:

si supponga di essere riusciti a mettere in evidenza i bordi dei cristalli e osserviamo tali bordi con un
ingrandimento di 100 volte. Si possono contare i cristalli presenti per pollice quadrato e, individuato tale
numero, si trasforma in una potenza del 2 individuando come rappresentativo della grossezza del grano
l'esponente n.
N (numero di cristalli) = 2(n-1)
Di solito per gli acciai si utilizzano valori di n compresi tra 5 e 10 con maggiore frequenza di n uguale a 8.
In basso si riporta la tabella.

Dimensioni medie Area media per Numero grani Grani per pollice Numero della
µm]
del grano [µ µm2]
ogni grano [µ per [mm2] quadrato a 100 scala A.S.T.M.
ingrandimenti
280 62.000 16 1 1
200 31.000 32 2 2
140 15.600 64 4 3
100 7.800 128 8 4
70 3.900 256 16 5
50 1.950 512 32 6
35 980 1024 64 7
25 490 2048 128 8

Il discorso fatto in termini teorici lo si vede


Ottone ricotto 70-30 direttamente nel caso dell'ottone 70/30 (70% di
0,01 0,05 0,002 0,001 rame, 30% di zinco). Qui la resistenza trazione
aumenta con il diminuire delle dimensioni dei
70
| | | |
grani. Tale aumento si paga con una diminuzione
di duttilità (allungamento a rottura). Ciò non è
Re siste nz a a tra z ione [psi]

60 sempre vero, perché in questo caso ci si riferisce


Allunga m e nto %

ad una lega che cristallizza nel sistema CFC. Nel


50 caso degli acciai invece all'aumento di resistenza
a trazione corrisponde un aumento di duttilità; ciò
40 è dovuto al fatto che diminuendo le dimensioni dei
grani ci si sposta verso valori più bassi di
Resistenza temperatura di transizione (quindi si guadagna in
30
Allungamento resilienza).
Considerando che, per gli acciai, l'intervallo di
20 transizione è circa a 0° C, guadagnando 20° C,
0 1000 2000 3000 cioè portandosi a -20° C, si eleva la fascia di
applicazione, dal punto di vista della latitudine
Area dei bordi grano [cm^2/cm^3]
geografica, di determinati acciai. Lo stesso acciaio
non potrà essere utilizzato in Alaska o in Siberia
Fig. 33: andamento di resistenza ed allungamento in per fare gasdotti, ma potrà essere utilizzato per
funzione delle dimensioni dei grani per un ottone. fare gasdotti in Italia (ipotizzando che nel nostro
paese sia molto difficile arrivare a -20° C).

Oltre ai bordi di grano si vengono a formare dei bordi di sottograno che sono bordi di grano a basso angolo.
Se due cristalli hanno i piani reticolare a massimo impaccamento poco disorientato l'uno rispetto all'altro,
possono essere considerati come un unico cristallo con una serie di dislocazioni. Questa serie di dislocazioni
marca in pratica i bordi di sottograno all'interno del cristallo. Quali vantaggi hanno e come si possono
ottenere delle strutture con bordi di sottograno.
Introduzione alla Tecnologia dei Materiali Metallici

Si possono ottenere facendo delle opportune ricotture dopo aver fatto delle deformazioni plastiche. Si sa che
le deformazioni plastiche aumentano il numero delle dislocazioni e facendo delle deformazioni ridotte
otteniamo un numero di dislocazioni ridotto; se successivamente ricuociamo, le dislocazioni tendono a
portarsi in posizione coerente l'una con l'altra originando dei bordi di sottograno.

Consideriamo la figura successiva per capire cosa accade. Ci troviamo di fronte ad un acciaio C20 di buona
qualità (AISI 1020). Si può vedere qual è la situazione del diagramma tensioni deformazioni ingegneristiche
subito dopo la ricottura. Si tratta di un acciaio al carbonio che presenta un punto di snervamento inferiore e
superiore e uno snervamento dell'ordine di 55 ksi (una chilo libra per pollice quadrato - 1 ksi - è uguale a 7
MPa). La resistenza a rottura è dell'ordine dei 65 ksi. Facciamo una deformazione plastica, cioè una
riduzione a freddo di spessore dell'ordine dello 8% (incrudimento); in tal modo scompare il punto di
snervamento superiore e inferiore perché si è andati oltre. Se effettuiamo un breve riscaldamento (30 minuti)
a 625° C si ottiene il diagramma a quadratini in cui il punto di snervamento superiore è andato a 77 ksi. Il
materiale incrudito ha un allungamento a rottura estremamente ridotto rispetto a quello di partenza
(triangolini), mentre in quello successivamente ricotto si è riusciti a guadagnare circa 10 ksi in resistenza a
rottura e non abbiamo perso molto in termini di allungamento a rottura.

Fig. 34: Andamento di prove di trazione effettuate su uno stesso acciaio in differenti
condizioni di trattamento termomeccanico.
Soluzione solida.

Prendendo in considerazione il diagramma riportato sulle fotocopie si osserva che l'aggiunta di piccole
percentuali di elementi estranei a del ferro, porta a degli incrementi della resistenza al snervamento del
materiale. Tale incremento è di tipo esponenziale con l'aumento della percentuale atomica di soluto (nei
grafici delle fotocopie l'andamento delle curve è lineare, ma la scala è logaritmica).

1000
Incremento di resistenza rispetto al ferro [MPa]

100

10

Cr Mn Co Al, V Ni

Mo Si, W Ti Be

1
0,1 1 10

Percentuale di soluto in volume

Figura 35: incremento della resistenza della soluzione solida ferrite apportato da differenti tipi di
elementi metallici in soluzione solida.

In particolare dal grafico si evidenziano quali sono gli elementi che contribuiscono al rafforzamento della
matrice metallica base ferro o ferrite:

Berillio: materiale di difficile reperimento sul mercato


Titanio: materiale piuttosto costoso
Silicio: elemento legante che è presente in tutti gli acciai in piccole percentuali (0,15÷0,50)
Molibdeno: materiale costoso
Manganese: materiale poco costoso, presente nel minerale di ferro e di conseguenza negli acciai
Nichel: costosissimo
Alluminio: aggiunto in piccola percentuale come disossidante
Vanadio: materiale aggiunto di solito in piccole percentuali
Cromo: materiale che meno contribuisce al rafforzamento.

Si cerca ora di giustificare perché gli atomi di soluto vanno ad incidere sulla resistenza a snervamento e a
trazione. Andando a considerare i campi di tensione che si creano nell'intorno di una dislocazioni, nella parte
superiore si ha uno stato di compressione e in quella inferiore a uno strato di trazione (nel caso di una
dislocazione a spigolo con extra piano superiore).
Introduzione alla Tecnologia dei Materiali Metallici

Ad ogni dislocazione è associato un aumento di energia (trazione e compressione) che va in un aumento di


carico necessario per effettuare una deformazione, cioè uno spostamento irreversibile di una dislocazione.
Un atomo sostituzionale si posizionerà preferibilmente, tra tutti i possibili siti reticolari, in quelle zone dove la
sua presenza diminuisce l'energia globale del sistema e cioè lo stato tensionale associato ad ogni
dislocazione.
Un atomo sostituzionale di dimensioni inferiori rispetto all'atomo del solvente si posizionerà nelle zone di
compressione perché in questa maniera diminuisce lo stato di compressione locale e diminuisce l'energia
connessa alla dislocazione.
Un atomo sostituzionale di dimensione superiore rispetto all'atomo del solvente si posizionerà sotto la linea
di dislocazioni.

(A) (B) (C)


(A) atomo sostituzionale dello stesso tipo dell'atomo del solvente
(B) atomo sostituzionale più piccolo
(C) atomo sostituzionale più grande.
Fig. 36: schema di stati tensionali associati a dislocazioni a spigolo con e senza presenza di soluti.

Le situazioni (B) e (C) originano entrambe un campo di tensione meno accentuato.

Si deve inoltre precisare che anche i soluti interstiziali di piccole dimensioni si posizioneranno
preferenzialmente sotto la linea di dislocazione, nella zona di trazione.
Si può quindi dire che il concetto fondamentale di rafforzamento per soluzione solida corrisponde ad una
diminuzione dell'energia connessa con le dislocazioni; si deve pertanto dare più energia dall'esterno per
muovere le linee di dislocazione. Muovere le dislocazioni significa disancorarle dagli atomi di soluto
sostituzionali e interstiziali che si erano concentrati nel suo intorno a formare quella che viene chiamata zona
o atmosfera di Cottrell.

Questo fenomeno non è solamente causato da giustificazioni di tipo sterico (vale a dire per riguardanti il
volume) ma anche a interazioni di tipo elettrico, tra atomi di solvente e atomi di soluto, più intense nell'intorno
di una dislocazione. L'effetto elettrico fa quindi aumentare l'energia necessaria per far muovere una
dislocazione. Nel caso in cui si abbia un effetto
puramente elastico delle atmosfere di Cottrell, il
σ contributo elettrico sarà da 1/3 a 1/7 di queste.
Nel caso in cui la distribuzione degli atomi di soluto è del
tutto casuale e non influenzato dalla presenza delle
B I n c r u d i me n t o dislocazioni, la tensione iniziare da applicare per iniziare
a a muovere le dislocazioni non è diversa dalla tensione da
n applicare per mantenerla in moto. Se invece esistono
d
e delle atmosfere di Cottrell, la distribuzione degli atomi di
di soluto vicino alla dislocazione, prima di applicare la
L tensione, prevede un addensamento degli atomi di
u
d
soluto. Una volta disancorata la dislocazione
e dell'atmosfera di Cottrell, dopo alcuni spazi interatomici
r non si ha più la stessa distribuzione di atomi di soluto,
s bensì una situazione limite di metallo puro, quindi la
dislocazione può muoversi più liberamente. Questo fa si
ε che la tensione da applicare sia minore di quella iniziale.
Questo spiega il perché di un punto di snervamento
Fig. 37: curva σ-ε per acciai da stampaggio. superiore e di un punto di snervamento inferiore.
Prendiamo un campione e sottoponiamolo alla prova di trazione: accade che la deformazione non tende
ad essere uniforme. Comincia a presentarsi in una determinata zona e poi, a poco a poco, si estende a
tutto quanto il provino. La localizzazione della prima zona dipende da situazioni locali dovute alle
dimensioni (non abbiamo mai provini perfetti) e dall’orientamento dei cristalli.

Il passaggio delle dislocazioni ai cristalli vicini è un passaggio che richiedere un piccolo aumento di
tensione, di conseguenza si ha tutta una serie di "seghettature" che corrisponde al passaggio da una zona
a quella adiacente. Questo fino quando tutta quanta la zona calibrata ristretta del campione rimane
interessata dalla deformazione plastica. Si ha cioè la completa deformazione e il completo snervamento.

Il fenomeno si presenta anche con la torsione del provino. La deformazione si manifesta dapprima in una
determinata zona e poi si estende a tutto quanto il provino. Se si bagna di alcol il provino, il fenomeno
viene esaltato visivamente poiché dove vi è la deformazione plastica si ha un riscaldamento più intenso; in
quelle zone il campione si asciuga più velocemente. Per calcolare l'allungamento di un provino, si disegna
una griglia di linee a distanza costante sulla zona calibrata. L'allungamento si manifesterà all'interno di una
serie di linee; misurando la distanza tra le linee, prima e dopo la deformazione, si può determinare
l'allungamento totale.

Un primo riflesso pratico è che fino a quando non si è completato l'allungamento di snervamento il campione
è segnato da bande di diversa deformazione dette bande di Lüders.
Questo comporta dei problemi nello stampaggio poiché si manifestano in pratica diversi valori di
deformazione (portiere con zone molto deformate, ripiegate, e zone indeformate).
Il progettista deve fare in modo che nelle zone meno deformate si sia comunque superato l'allungamento di
snervamento altrimenti in tali zone si avrebbero delle "linee" antiestetiche. Il fenomeno delle bande di Luders
e dello snervamento superiore ed inferiore è legato alla presenza delle atmosfere di Cottrell che a loro volta
sono causate dalla presenza di atomi interstiziali quali carbonio, azoto, ossigeno oltre ai soluti sostituzionali.
Se nella lega ci sono C, O, N, quali il Cr e Al (si formano nitruri di alluminio, di cromo, carbonitruri di cromo
ecc.) allora non si formano più le atmosfere di Cottrell poiché gli atomi di soluto interstiziali e quelli di soluto
sostituzionali danno luogo a dei precipitati. Ciò non esclude che si abbia un fenomeno di rafforzamento, che
anzi è più esteso.

In precipitati fermano la dislocazione fino a quando non viene fornita la tensione necessaria per disancorarle
da essi. Nella sganciarsi dai precipitati si formano degli anelli di dislocazioni concentrate intorno ai precipitati;
si ha pertanto una moltiplicazione delle dislocazioni e quindi si manifesta subito il fenomeno
dell'incrudimento.
Infatti, negli acciai a basso tenore di carbonio (specialmente se non sono stati "calmati all'alluminio") si ha
una curva con la zona di deformazione plastica di snervamento, mentre nel caso di acciai legati la curva
tensioni deformazioni non mostra la presenza di snervamento superiore e inferiore.

Come caso specifico si immagini di prendere un acciaio che debba subire 3 o 4 stampaggi. Dopo una prima
deformazione le dislocazioni hanno lasciato le atmosfere di Cottrell; se tra uno stampaggio e l'altro intercorre
un certo intervallo di tempo non è illogico pensare che gli atomi di soluto interstiziale (dotati di maggior
velocità di diffusione) riescano nuovamente a concentrarsi nell’intorno delle dislocazioni creando delle nuove
atmosfere di Cottrell. Quindi anche dopo una prima deformazione plastica si possono avere dei nuovi punti
di snervamento superiore e inferiore; ciò comporta una perdita di duttilità del materiale.

Ritornando alla fase progettuale si dovrebbe fare in modo di superare, durante la prima deformazione
plastica, il 8÷10 % (allungamento di snervamento) in tutto il materiale. Una soluzione è predeformare in
acciaieria fino all'allungamento di snervamento (8÷10%), in modo da superare già prima dello stampaggio il
valore dell'allungamento di snervamento. Con questo lavoro preventivo non si riformano facilmente le
atmosfere di Cottrell. Questo fattore è molto importante soprattutto nella produzione estiva, quando cioè, in
seguito allo stoccaggio del materiale in ambienti che possono raggiungere anche i 40÷50° C, l'influenza della
temperatura è di tipo esponenziale, quindi la velocità di diffusione degli atomi di soluto può anche
raddoppiare o triplicare.

Domini di antifase
Alcuni commenti sui diagrammi riportati nelle fotocopie in riferimento all'influenza di vari elementi leganti
sulle caratteristiche meccaniche del ferro.
Elementi che provocano una distorsione della cella unitaria del ferro.
Negli acciai la presenza di elementi leganti è dell'ordine del 1÷2%. Si può quindi ancora ipotizzare 206.000
MPa il valore del modulo elastico a trazione. Il nichel ha influenza sul modulo di Young E. Un acciaio con il
18% di Cr e il 8% di Ni possiede un valore del modulo di Young (circa 200.000 MPa) inferiore rispetto al
valore dell'acciaio ferritico-perlitico.
Introduzione alla Tecnologia dei Materiali Metallici

La temperatura è un altro fattore determinante. Il rafforzamento in presenza di elementi leganti non è


costante a tutte le temperatura. Al di sotto della temperatura ambiente e per valori relativamente bassi degli
elementi leganti, quelli che sono in generarle effetti rafforzanti, possono tradursi in una diminuzione del
valore di tensione di snervamento. Il massimo rafforzamento si ha sempre intorno alla temperatura ambiente
Il rafforzamento inoltre aumenta con l'aumentare della percentuale di elementi leganti, fino ad avere, con il
6%, valori sempre positivi, con il massimo intorno alla temperatura ambiente.
Bisogna sottolineare che in generale si ricorre all'aggiunta di elementi leganti non ai fini di un incremento
della resistenza allo snervamento, ma ai fini dell'abbassamento della temperatura di transizione da rottura
duttile a rottura fragile.
Bisogna, inoltre, tenere in considerazione un altro fenomeno. Se si ha una operazione di deformazione che
si svolge a 250÷350° C con un incremento di sollecitazione applicato, una volta superato l'allungamento di
snervamento, non è detto che non ci siano problemi di interferenza dovuti alle atmosfere di Cottrell con le
dislocazioni. Il tasso di deformazione può essere sempre lo stesso ma, aumentando la temperatura in
maniera sostanziale, gli atomi interstiziali che costituiscono le atmosfere di Cottrell possono viaggiare
all'interno del reticolo più velocemente che a temperatura ambiente. Quindi, si disancorano le dislocazioni
dalle atmosfere di Cottrell, le quali, grazie all'elevata diffusione, si riaccoppiano immediatamente alle
dislocazioni in modo che il diagramma può presentarsi come un diagramma seghettato all'aumentare della
tensione. Questo fenomeno viene detto effetto Portelier - Le Chatellier ed è legato strettamente
all'interazione tra atmosfere di Cottrell e dislocazioni.
RICRISTALLIZZAZIONE

BIBLIOGRAFIA: Recrystallization and Related Annealing Phenomena – F.J.Humphreys and


M.Hatherly – Ed. Pergamon
Introduzione alla Tecnologia dei Materiali Metallici

DEFORMAZIONE PLASTICA - RICRISTALLIZZAZIONE

I processi di deformazione plastica sono un aspetto di fondamentale importanza nell’elaborazione di molti


componenti in materiale metallico. Tali processi possono essere sostanzialmente suddivisi in deformazione
metallica effettuata a caldo ed a freddo. I processi di deformazione plastica a caldo favoriscono la
deformabilità dei componenti, ma portano tuttavia a dei semilavorati con modeste precisioni dimensionali che
devono generalmente, in alcune parti essere lavorati a freddo (per deformazione plastica o con processi di
asportazione di truciolo (fresatura, alesatura, tornitura, tranciatura ecc.). Nella deformazione plastica a
freddo si impartiscono ai componenti prodotti le corrette forme e dimensioni, con le volute caratteristiche
meccaniche, indotte da processi di incrudimento.

Alcuni esempi di lavorazioni per deformazione plastica a caldo e/o freddo.

La velocità di applicazione del carico


influenza in modo marcato il
comportamento del materiale
sottoposto a deformazione plastica. Ad
un incremento della velocità di
deformazione corrisponde un
incremento del carico di snervamento
ottenibile, come visualizzato dalla
figura riportata. Per velocità di
deformazioni ancora superiori,
soprattutto se il componente risulta
piuttosto massivo, visto che la
trasformazione risulta sostanzialmente
adiabatica, si può manifestare una
distensione del materiale
(ricristallizzazione) che porta ad una
diminuzione della tensione di
snervamento.

Curve tensione-deformazione per una lega Al-1% Mg a 400 °C. (364 - Fig. 11.1)
Durante la deformazione plastica a freddo il materiale subisce delle deformazioni plastiche che si esplicano
sostanzialmente in scorrimenti dei piani a massimo impaccamento e (soprattutto per materiali a reticolo
CFC) in formazione di geminati. Nella tabella sottostante si riportano i principali sistemi di slittamento per
reticolo cubici metallici.
Struttura Sistema di slittamento Opportune preparazioni metallografiche
Piano Direzione possono permettere di evidenziare,
CFC {111} <110> anche solo agli ingrandimenti permessi
{110} <111> dal microscopio ottico, questi fenomeni.
CCC {112} <111>
{123} <111>
Piani e direzioni di slittamento per reticolo CCC e CFC.

Microstruttura di un ottone 70:30 compresso del 16% che


Microstruttura di un ottone 70:30 compresso del 12% che
evidenzia una suddivisione dei grani in bande di
evidenzia una formazione di bande (attacco cloruro
deformazione (attacco cloruro rameoso di ammonio).
ferrico) (22 – fig. 2.5 b).
(22 – fig. 2.5 a).

Microstruttura di un ottone 70:30 compresso del 12%


(ingrandimento della figura precedente - attacco tiosolfato di
Jacquet) (22 – fig. 2.5 c).

L’immagine evidenzia un bordo grano


tra due cristalli orientati differentemente
di un angolo ϑ rispetto alla normale alla
pagina.

La figura evidenzia la distribuzione di orientamenti ottenibili


fra cristalli a contatto cresciuti a caso.
Introduzione alla Tecnologia dei Materiali Metallici

Durante la deformazione plastica si manifesta il fenomeno dell’incrudimento che porta ad innalzamento


del carico (tensione) necessaria per deformare ulteriormente il materiale in seguito ad un aumento del
numerosi dislocazioni, ed ad un reciproco aggancio delle medesime. Uno dei meccanismi proposti per la
moltiplicazioni delle dislocazioni e quello di Orowan. Secondo tale teoria il movimento di una dislocazione
sarebbe ostacolato dalla presenza di particelle di seconda fase che bloccherebbero in alcuni punti del
reticolo le dislocazioni, le quali, tuttavia si spostano in altri punti. La prosecuzione della deformazione
porterebbe ad originare dei cerchi di dilocazioni attorno alle particelle. Le figure sottostanti esplicano questo
meccanismo e portano un’evidenza sperimentale a tale teoria.

Formazione dei cerchi di Orowan attorno a particelle di Cerchi di Orowan attorno a particelle di Ni3Si in cristallo
seconda fase. (238 - Fig. 8.1) singolo di Ni-6%Si. (238 - Fig. 8.2)

La deformazione porta nel reticolo dei difetti di impilamento reticolare e, quindi si verifica un aumento
dell’energia interna del reticolo. Nella tabella sottostante si riportano le energie associate ai difetti di
impilamento per diversi materiali metallici.

Metallo γSFE [mJm-2] Metallo γSFE [mJm-2]


Alluminio 166 Zinco 140
Rame 78 Magnesio 125
Argento 22 Cu91-Si9 5
Oro 45 Zirconio 240
Nichel 128 Acciaio inox 304 21
Cobalto (CFC) 15 Cu70-Zn30 20
Energia dei difetti di impilamento che si manifestano durante una deformazione. I valori
riportati vanno corretti secondo l’equazione : γSFRE= γSFRE /Gb

Oltre allo slittamento un altro meccanismo di deformazione dei materiali metallici è quello che si
manifesta con la geminazione, meccanismo che risulta in competizione con lo slittamento stesso.

Struttura Geminazione di taglio Piano di geminazione Direzione di geminazione


CFC 0,707 {111} < 1 1 2>
CCC 0,707 {112} <111>
Sistemi di geminazione e di slittamento in materiali a reticolo CCC e CFC.

Geminati da ricottura in un ottone 70:30 ricotto. Sono


evidenziati alcuni bordi di geminati coerenti (CT) ed
Possibile orientazione di geminati durante la
incoerenti (IT). (216- Fig. 6.33)
ricristallizzazione. (a) Il bordo del geminato coerente (CT) è
parallelo al fronte di ricristallizzazione. (b) Il bordo del
geminato coerente (CT) è perpendicolare al fronte di
ricristallizzazione. (217 - Fig. 6.34)
Ricottura
La ricottura è uno dei trattamenti termici fondamentali effettuati sulle leghe metalliche che consiste in un
riscaldamento ad una certa temperatura per:
• distendere la lega per aumentare la lavorabilità e la formabilità.
• incrementare la resistenza ed ottenere le caratteristiche meccaniche associate ad un certo
trattamento termico.
• stabilizzare le proprietà meccaniche o fisiche o migliorare la resistenza alla corrosione ed
evitare dei cambiamenti di proprietà che potrebbero manifestarsi col tempo durante l’utilizzo a
temperatura ambiente o superiore.
• assicurare la stabilità dimensionale durante l’utilizzo, particolarmente per componenti che
operano ad elevata temperatura e richiedono un controllo dimensionale accurato.
• eliminare tensioni residue indotte da deformazioni differenziate o raffreddamenti non uniformi
in seguito a colata in getto, tempra, saldatura od operazioni di formatura.

Sottoponendo a riscaldamento ad una temperatura progressivamente crescente un materiale incrudito,


si manifestano progressivamente una serie di fenomeni che possono essere così suddivisi:

• recovery
• ricristallizzazione
• crescita dei grani

Le grandezze principali che influenzano le fasi della ricottura


sono la temperatura (la più importante) ed il tempo.
La fase di recovery, che si manifesta nei primi istanti ma
soprattutto alle più basse temperature (fino a circa 150-180 °C) non si
ha un sostanziale cambio delle caratteristiche meccaniche del
materiale. Mentre si ripristinao le proprietà elettriche e magnetiche del
medesimo. In tale fase si ha un riordinamento dei domini magnetici del
materile e un inizio della formazione di cristallini (domini ordinati di
reticolo) nel modo schematizzato nelle figure.

Esempio di alcuni passaggi significativi


nella fase di recovery in un materiale
deformato plasticamente. (128 - Fig. 5.1).

Ad una prima fase di


movimento e concentrazione delle
dislocazioni in certe zone del
reticolo, segue un fase di
diminuzione della concentrazione
delle medesime con la formazione di
sottograni (grani di piccole
dimensioni caratterizzati da direzioni
reciproche del reticolo orientate a
bassi angoli).
A questo punto si sta passando
alla fase di ricristallizzazione che
procede con meccanismi di
nucleazione e crescita di nuovi
Micrografia con microscopio elettronico a trasmissione di un foglio di lega di Al – 5 cristalli indeformati. Guardando il
Mg, deformato del 75% e ricotto per vari tempi a 345 °C. grafico cella percentuale di
(a) Dopo rullatura; (b) 1 min. at 345 °C; (c) 5 min.; (d) 1 h. (21,000X). ricristallizzazione si osserva che
l’inizio della nucleazione si
Introduzione alla Tecnologia dei Materiali Metallici

manifesta dopo un certo ritardo (recovery).


L’entità della nucleazioneè, a parità di temperatura influenzato anche da altre grandezze, quale la
dimensione dei cristalli, risultando notevolmente accelerati nel casi di cristalli di minori dimensioni.

Effetto del tempo sulla frazione di


ricristallizzazione.
Variazione della velocità di nucleazione (dN/dt) con il tempo durante la
ricottura a 350 °C di alluminio deformato del 5%.
- (a) Dimensione iniziale di grani 45 um
- (b) Dimensione iniziale di grani 130 um. (175 – Fig. 6.3)

La temperatura a cui si manifesta la ricristalliczzazione è funzione dell’elemento legante della lega e,


come regola empirica si definisce che:
la temperatura di ricristallizzazione è pari ad ½÷⅓ la temperaturadi fusione espressa in kelvin.
Tale intervallo di temperatura tiene conto delle differenti leghe e del differente grado di incrudimento a
cui un componente può essere sato deformato, considerando che a maggiori deformazioni si abassa la
temperatura di ricristallizzazione. Naturalmente tale regola tiene conto delle leghe commerciali utilizzate che
contengono una certa percentuale di impurezze. Si osserva infatti che la presenza di impurezze innalza, a
volte im modo decisamente elevato la temperatura di ricristallizzazione e che talvolta si sfrutta tale effetto per
innalzare la temperatura di ricristallizzazione di alcune leghe.

Temperatura di ricristallizzazione (°C)


Metallo
Purezza commerciale Rifuso per purificarlo
Rame 180 80
Ferro 480 300
Nichel 600 300
Zirconio 450 170
Alluminio 200 -50
Effetto della purezza sulla temperatura di ricristallizzazione per differenti metalli. (185 - Tab. 6. 2)

I nuovi cristalli che si formano iniziano la enucleazione a bordo grano dal momenti che questi sono zone ad
elevata energia e anche zone dove è facilitato il movimento ed il riaggiustamento delle speci chimiche
costituenti il reticolo. Pertanto un altro fattore che condiziona la nucleazione e crescita dei cristalli è
rappresentato dalle dimensioni dei grani prima della cristallizzazione. Infatti nel caso di grani di grosse
dimensioni, i nuovi cristalli che si formano sananno prevalentemente concentrati in poche zone della matrice,
mentre nel caso di materiale con molti cristalli i nuovi cristalli saranno omogeneamente dispersi nel
componente come evidenziato dalle figure.

Rappresentazione schematica
dell'effetto della dimensioni iniziali dei
grani sull'eterogeneità della
Grani piccoli Grani grandi nucleazione. (197 - Fig. 6.14)
Ricottura disomogenea
La nucleazione e la crescita che si verifica
durante la ricootura è un fenomeno che
avviane anche grazie all’energia
posseduta dai grani cristallini del
componente. Se nel materiale si sono
disomogeneità di distribuzione di energia
interna si possono verificare dei fenomeni
di disomogenea gremita dei grani che si
manifesta sostanzialmente nelle zone ad
elevata energia e non tende ad
Variazione di energia immagazzinata da grano a grano, dove le regioni a
interessare invece tutto il componente. più elevata energia sono in proporzione più scure (sx.), portando ad una
Nella figura vi è una rappresentazione del disomogenea crescita dei grani (dx.). (204 - Fig. 6.21)
fenomeno, ben documentata dalle
micrograzie effettuate su un ottone incrudito e sottoposto a ricottura per tempi differenti.

(a) Come deformato. (b) 6 min. a 250 °C. (c) 24 ore a 250 °C.

Ricristallizzazione disomogenea in un ottone 95:5 rullato a freddo del 75% e ricotto a 250 °C. – (198 - Fig.
6.15)
Introduzione alla Tecnologia dei Materiali Metallici

Deformazione plastica a caldo


In una deformazione a caldo (effettuata al di sopra della temperatura di ricristallizzazione) l’energia
accumulata durante la deformazione, sommata a quella fornita dalla temperatura, permette di ottenere una
ricristallizzazione del materiale deformato,subito dopo la deformazione, ottenendo una crescita isotropa di
tutti i cristalli. Nella figura venonon
rappresentati i vari fenomeni che si
manifestano durante un processo di
laminazione. In prossimità dei rulli di
laminazione il materiale subisce una
deformazione plastica che porta a
allungare i cristalli. Successivamente,
si formano i primi nuclei di materiale
indeformato che crescono a spese dei
grani deformati che possoggono
maggiore energia. Se il mantenimento
ad elevata temperatura permane per
molto tempo può proseguire la
crescita dei cristalli in entità molto
marcata.

L’aumento di temperatura fa variare il


comportamento dei materiali metallici ai carichi, sia in
campo elastico (diminuisce il modulo elastico e la
tensione di snervamento), sia in campo plastico,
permettendo maggiori deformazioni plastiche. Nel caso
in cui la temperatura di deformazione plastica sia
sufficientemente elevata oppure sufficientemente
rapida su pezzi di medio alto spessore, si da
permettere il manifestarsi di fenomeni adiabatici (senza
scambio di calore con l’esterno) si manifesta il
fenomeno della ricristallizzazione dinamica. In tale caso
il materiale ricristallizza completamente durante la
deformazione plastica, permettendo, come situazione
teorica limite, di raggiungere deformazioni infinite, ed in
pratica, molto, molto elevate (anche dell’ordine del
1000 %.
Effetto della temperatura sulle curve tensione-deformazione
su un acciaio allo 0,68% di C, deformato in compressione
isotropa, dε/dt = 1,3•10-3 s-1.
(371 - Fig. 11.6)

Le dimensioni dei grani ottenibile dopo


ricristallizzazione (nel caso in cui si eviti la crescita dei
grani) è sostanzialmente funzione della percentuale di
deformazione che il mateirle ha subito durante la
deformazione plastica, a caldo o a freddo, mentre non
vi è una influenza della temperatura di
ricristallizzazione che è scelta in funzione del grado di
deformazione (elevata nel caso di deformazione
modesta e bassa nel caso di deformazione elevata)
come è possibile rilevare dalla figura in cui vengono
riportati i dati ottenuti su un ottone α. Infatti vi è
sovrapposizione dei risultati ottenilibi nelle dimensioni
dei grani per le temperatura da 400 a 700 °C
I risultati ottenuti evidenziano che una deformazione
elevata porta a dimensioni dei grani inferiori, anche di
un ordine di grandezza rispetto a quelle ottenibili nel
caso di deformazioni modeste.

Effetto della deformazione plastica sulle dimensioni dei


grani, dopo ricristallizzazione a differenti temperature, in un
ottone α. (205 - Fig. 6.22)
Diametro particelle II fase

Effetto delle dimensioni delle particelle di seconda fase sulla ricristallizzazione in leghe Al-Si
ridotte per rullatura del 50% e ricotte a 300 °C. (sx) Il tempo per il 50 % di ricristallizzazione, (dx)
Dimensione dei grani dopo ricristallizzazione. (257 - Fig. 8.20)

Spaziatura particelle II fase

Effetto della spaziatura delle particelle sulla ricristallizzazione di singoli cristalli di Al-Cu ridotto del
60% con rullatura e ricotto a 305 °C. (a) Il tempo per il 50 % di ricristallizzazione, (b) Dimensione
dei grani dopo ricristallizzazione. (257 - Fig. 8.21)

Ricottura - Temperatura

Effetto della tempe-ratura di ricottura sull'andamento della ricristallizzazione in una


lega Fe-3,5% Si deformata del 60%. (187 - Fig. 6.10)
Introduzione alla Tecnologia dei Materiali Metallici

Deformazione - Cinetica

Effetto della deformazione sulla cinetica di ricristallizzazione di


alluminio ricotto a 350 °C. (179 - Fig. 6.4)

Ciclo termo-meccanico

Diagramma schematico che evidenzia le quattro operazioni termo-


meccaniche effettuate per ottenere grani piccoli nella lega AA7075.
(414 - Fig. 12.11)
LEGHE METALLICHE NON FERROSE
Introduzione alla Tecnologia dei Materiali Metallici
IL RAME
Leghe metalliche non Ferrose: Leghe di Rame

Il Rame e le sue Leghe


Il rame ha densità di 8.900 Kg/m3, una temperatura di fusione di 1083 °C, una bassa resistività elettrica
(17,1nΩ a 20°C), elevata duttilità quindi capacità di condurre corrente in modo da avere dei fili sottili e
flessibili.
Il rame ha, in generale, relativamente buona resistenza alla corrosione (precede l'idrogeno nella serie
elettrochimica) ma viene attaccato dall’acido nitrico (acido ossidante) formando nitrato di rame. Sulla
superficie del rame si forma ossido di rame, l'ossigeno può diffondere in tutto il pezzo e questo può portare
alla foratura del materiale in un susseguirsi di stadi analogo al caso del ferro (ci sono, anche in questo caso,
due possibili ossidi che si possono formare Cu2O e CuO).
Per la sua resistenza alla corrosione il rame e alcune sue leghe vengono quindi utilizzati per impieghi
strutturali come serbatoi di liquidi corrosivi (industria chimica e meccanica), tubazioni, boccole.

Designazione
Nome generico UNS Number Composizione
Leghe da trattamento termico e deformazione plastica
Rame C10100-C15760 > 99% Cu
Leghe con alto rame C16200-C19600 > 96% Cu
Ottoni C20500-C28580 Cu-Zn
Ottoni al piombo C31200-C38590 Cu-Zn-Pb
Ottoni allo stagno C40400-C49080 Cu-Zn-Sn-Pb
Bronzi al fosforo C50100-C52400 Cu-Sn-P
Bronzi al P-Pb C53200-C54800 Cu-Sn-Pb-P
Leghe Cu-P e Cu-Ag-P C55180-C55284 Cu-P-Ag
Bronzi all’alluminio C60600-C64400 Cu-Al-Ni-Fe-Si-Sn
Bronzi al silicio C64700-C66100 Cu-Si-Sn
Altre leghe Cu-Zn C66400-C69900 ....
Rame –Nichel C70000-C79900 Cu-Ni-Fe
Nichel-Argento C73200-C79900 Cu-Ni-Zn

Leghe da getto
Rame C80100-C81100 > 99% Cu
Leghe ad alto rame C81300-C82800 > 94% Cu
Ottoni rossi e rossi al Pb C83300-C85800 Cu-Zn-Sn-Pb (75-89% Cu)
Ottoni gialli e gialli al Pb C85200-C85800 Cu-Zn-Sn-Pb (57-74% Cu)
Bronzi al Mn e Mn-Si C86100-C86800 Cu-Zn-Mn-Fe-Pb
Ottoni e bronzi al silicio C87300-C87900 Cu-Zn-Si
Bronzi allo Sn e Sn-Pb C90200-C94500 Cu-Sn-Zn-Pb
Bronzi al Ni-Sn C94700-C94900 Cu-Ni-Sn-Zn-Pb
Bronzi all’alluminio C95200-C95810 Cu-Al-Fe-Ni
Rame –Nichel C96200-C96800 Cu-Ni-Fe
Nichel-Argento C97300-C97800 Cu-Ni-Zn-Pb-Sn
Rame-Piombo C98200-C98800 Cu-Pb
Leghe varie C99300-C99750 ....
Conducibilità Elettrica

Il rame è un ottimo conduttore elettrico e termico ma è


molto difficile produrre rame. Infatti bisogna stare
attenti alla presenza di ossigeno perché la solubilità
massima dell'ossigeno nel rame è del 0,0036% di
ossigeno. Ciò significa che se si ha una percentuale di
ossigeno elevata solo lo 0,0036% si scioglie nel rame
mentre il resto forma Cu2O (ossido di rame) che si
localizza sui bordi di grano interrompendo la continuità
elettrica.

Il rame in vendita di solito è identificato con la sigla (*)


O F H C - C U = rame privo di ossigeno ad alta
conducibilità.
(*) O F H C - CU: O = OXIGEN F = FREE
H = HIGH
C = CONDUCTIVITY CU = COPPER

Effect of additions on conductivity

All decrease conductivity especially P Then Si, Fe, As,


Be.
Stessa influenza negativa hanno il bismuto ed il
piombo.

Riferendosi al diagramma di stato si evidenzia che


non c'è solubilità significativa del piombo nel rame.
L1 + L2 = LACUNA DI MISCIBILITÀ
L'eutettico è molto addossato all'asse del piombo.
Anche con piccolissime quantità di piombo esso non si
scioglie nel rame e, dopo solidificazione, risulta
circondato da cristalli di rame.
Quindi il piombo con il rame non va bene, come pure il
bismuto. Anche il fosforo ha un piccolo limite di
tolleranza nel rame (fosforo max.= 0,1 %). Bisogna
trovare quindi un materiale che si sciolga nel rame: ad
esempio l'arsenico, che si scioglie in percentuali più
elevate e quindi consente di ottenere una resistenza a
trazione molto maggiore.
Visto che il rame ha una bassa resistenza a trazione
per renderlo adatto ad impieghi strutturali occorre Fig. 2: Diagramma di stato Cu-Pb.
ricorrere a vari meccanismi di rafforzamento. I
meccanismi di rafforzamento utilizzati sono quelli classici delle leghe metalliche, per incrudimento, per bordo
di grano, per soluzione solida e per particelle di seconda fase. Gli elementi leganti principali sono zinco e
stagno.
Leghe metalliche non Ferrose: Leghe di Rame

Deformazione Plastica-
Lavorabilità
I lingotti o le bramme ottenuti dalla
fonderia vengono sottoposti a
sequenze di operazioni dalla
sgrossatura alla finitura che vengono
eseguite sia a caldo nel caso di
grosse riduzioni di spessore e
grossolani controlli dimensionali, sia a
freddo per riduzioni di spessori
inferiori ed accurati controlli
dimensionali. L’entità delle due
lavorazioni viene scelto per garantire
particolari caratteristiche finali.
Maggiore è il grado di lavorazione a
freddo, maggiori saranno la durezza e
le caratteristiche meccaniche ottenute.
L’incrudimento che si manifesta nel Fig. 3: Resistenza a trazione di leghe di rame mono-fasiche in
rame e nelle leghe di rame in seguito seguito a riduzione di spessore per rullatura.
a rullatura a freddo permette ad
ognuna di essere prodotte in una
varietà di caratteristiche meccaniche
in funzione di differenti utilizzi.
Partendo dallo stato ricotto il metallo,
in seguito a rullatura a freddo, si
rafforza in proporzione al grado di
deformazione, seguendo una legge
approssimativamente lineare, come
visualizzato in fig. 3.
L’allungamento a rottura ottenibile
dopo incrudimento (fig. 4) risulta
sempre ridotto, rispetto allo stato
ricotto, con una riduzione più marcata
per bassi valori di rullatura mentre per
elevati valori di rullatura la
diminuzione di allungamento risulta Fig. 4: Allungamento a rottura di leghe di rame mono-fasiche in
proporzionalmente inferiore (si è ad seguito a riduzione di spessore per rullatura.
allungamenti a rottura inferiori al
10%).
Come si osserva dalle due figure 3 e 4
riportate, anche la composizione chimica della
lega influenza in modo marcato i valori di
resistenza ed allungamento ottenibili, a pari
grado di riduzione di spessore per rullatura a
freddo.
Con la ricottura il materiale subisce una
ricristallizzazione ed un addolcimento per
permettere ulteriori lavorazioni. La ricottura
viene di solito prevista per il rame e le sue
leghe per ottenere una dimensione dei grani
controllata per determinate resistenze
meccaniche. Nella fig. 5 si osservano i valori
di resistenze ottenibili in funzione delle
dimensioni dei grani e della composizione
della lega. (ottoni). La legge di variazione
Fig. 5: Effetto delle dimensioni dei grani sulla resi-stenza
risulta essere di tipo parabolico come descritto a trazione di nastri di ottoni (spessi 1 mm).
dalle teoria generale (Legge di Petch). Dalla
figura si rileva anche la marcata influenza
positiva garantita dal rafforzamento per soluzione solida. Tutte le leghe descritte sono monofasiche).
Le dimensioni medie dei grani (da 0,005 mm a 0,12
mm, in casi reali) sono molto importanti per le
caratteristiche resistenziali finali dei componenti, ma
risultano altrettanto importanti ai fini della formatura
per deformazione plastica dei componenti. In fig. 6 si
riporta un esempio che dimostra questa influenza.
La figura evidenzia che dimensioni molto ridotte delle
dimensioni dei grani non sono vantaggiose in termini
di deformabilità (allungamento a rottura), come
d'altronde non lo sono dimensioni dei grani molto

500

Resistenza [MPa]
400

300

200
200 300 400 500 600 700 800
Fig. 6: Dimensione dei grani ed allungamento
T em p eratu ra d i ricottu ra [°C]
per differenti spessori per la lega C26000.

grandi. La situazione migliore (in termini di


60
deformabilità) si ottiene per valori di dimensioni
dei grani intermedie. Le condizioni ottimali sono Allungamento%
tuttavia anche funzione del manufatto da 40
(50 mm)
produrre, risultando una deformabilità massima
del 50% nel caso di fogli finali di 0,15 mm e 0,020 20
mm come dimensione media del grani o del 65%
per fogli di 8 mm e dimensione media dei grani di 0
0,070 mm. 200 400 600 800
Temperatura di ricottura [°C]
Come già detto, per ottenere una corretta
dimensione dei grani, ai fini delle caratteristiche
meccaniche o di lavorabilità volute, si ricorre alla
0,12
ricottura; la legge empirica che definisce l’intervallo
Dimensione dei grani

di ricottura compreso tra ⅓ e ½ della temperatura 0,09


di fusione espressa in gradi kelvin, anche se di
validità generale, risulta tuttavia essere troppo 0,06
[mm]

generica nel caso di un controllo accurato delle 0,03


dimensioni dei grani.
0
I diagrammi di Fig. 7 evidenziano che, ricuocendo 200 400 600 800
un’ora fino a 400 °C, si ottiene un addolcimento del Temperatura di ricottura [°C]
materiale e solo con ricotture di un’ora a
temperature superiori o uguali a 500 °C si inizia a Fig. 7: Caratteristiche di ricottura della lega C22600. I
manifestare una crescita de i grani che diventa dati di riferiscono a nastri di materiale per gioielleria con
sempre più marcata verso gli 800°C. Anche se dimensione dei grani iniziali di 0,035 mm, rullato del 50%
a freddo (1 mm) e ricotto 1 ora.
questo diagramma si riferisce ad una lega in
particolare, questo andamento può, più
correttamente della legge empirica prima
enunciata, essere esteso a molte leghe di rame.

Trattamenti termomeccanici pag 235 Metals handbook.


Leghe metalliche non Ferrose: Leghe di Rame

Fig. 8: Proprietà ad elevata temperatura di sbarre di C10100 o C10200 allo stato di trattamento termico 1180.

Fig. 10: resistenza a fatica

Fig. 9:
Leghe Cu-Zn - Ottoni

Consideriamo il diagramma di stato Cu-


Zn. In esso sono presenti prima una
soluzione solida per sostituzione molto
ampia (α) e, per percentuali più elevate, si
ha a bassa temperatura il composto
intermetallico (β’) Cu-Zn che invece ad
alta temperatura si trasforma in una
soluzione solida sostituzionale. Il fatto che
da una parte ci sia un composto
intermetallico e dall'altra un ampio campo
di soluzione solida fa distinguere le leghe
Cu-Zn, dette comunemente ottoni in:
Ottoni del 1° titolo
zinco < 39%
Ottoni del 2° titolo
zinco > 39%
Questo valore corrisponde alla massima
solubilità dello zinco nel rame.
Quello di cui si deve rendere conto è che Fig. 11: Diagramma di stato rame-zinco.
se noi abbiamo una lega con il 39% di
zinco e la solidifichiamo a partire da
liquido si entra dapprima completamente nello soluzione solida di tipo β. Il passaggio (a ~ 450° C) completo
da β ad α non ha quasi mai il tempo di avvenire per un raffreddamento di tipo industriale che non può essere
lentissimo. Quindi raffreddando una lega al 39% di zinco fino a temperatura ambiente la massima parte di
questa lega sarà costituita da α ma ci saranno forti percentuali di β che tende a dare β', il quale è un
composto intermetallico con reticolo C.C.C. a struttura ordinata con notevole durezza ma scarsissima
tenacità.
Il passaggio da β a β' avviene di solito col passare del tempo in opera; per questo motivo un manufatto al
39% di zinco è abbastanza instabile. Questa trasformazione porta a delle variazioni di volume che creano
delle tensioni interne che possono portare a fenomeni di rottura localizzata. Quindi anche se gli ottoni del 1°
titolo vanno fino al 39% in pratica si vede che se sono al di sotto del 35% (di Zn) si ha una notevole
possibilità di ottenere una soluzione solida α completa; andando al di sopra di tale valore si otterranno
quantitativi più o meno importanti di β.
Per questo quando si parla di ottoni del 1° titolo di impiego industriale si sta al di sotto del 30-32% di Zn.
D'altra parte per ottoni al 39% di Zn si possono avere delle rotture localizzate anche quando la temperatura
è relativamente alta (60-70 °C), dovute a dalle trasformazioni disordine-ordine allo stato solido.
Il rame costa più dello zinco quindi quanto più zinco si mette in fusione tanto più si risparmia sul manufatto.
Stabilito che si deve lavorare intorno la 30% di zinco vediamo ora quali rafforzamenti si possono avere a
partire da un valore di 180 MPa (per ciò che riguarda la resistenza a trazione). Si tratta di rafforzamenti
considerevoli perché si ottengono valori di resistenza a trazione intorno ai 250 MPa.

Ottoni Del 1° Titolo


Sono leghe di rame con le stesse caratteristiche di duttilità del rame. Dai diagrammi che riportano i grafici
riguardanti la variazione delle caratteristiche meccaniche delle leghe Cu-Zn in funzione della percentuale di
zinco si vede che fino al 30% di zinco c'è un notevole incremento di resistenza a trazione e di resistenza a
snervamento (si superano i 240 MPa). Questo è uno dei casi in cui si guadagna anche in duttilità perché si
passa da un 27% di allungamento a rottura a ~ 32% di allungamento a rottura. C'è un inconveniente però
dovuto al fatto che all'aumentare della percentuale di zinco diminuisce la resistenza alla corrosione. Le leghe
Cu-Zn sono particolarmente sensibili all'attacco di vapori ammoniacali (derivanti da condizioni di
putrefazione). Una delle applicazioni più usuali dell'ottone è nella costruzione di cartucce (che non si devono
arrugginire). In caso di guerre in ambienti tropicali si presentò l'inconveniente di cricche nei proiettili dovute
all'attacco dello zinco da parte di vapori di ammoniaca.
L'ottone del 1° titolo può essere lavorato (per deformazione plastica) sia a caldo sia a freddo. Si possono
quindi fare forgiature a caldo o laminazioni a freddo. Il limite che differenzia nel rame una lavorazione a caldo
e una lavorazione a freddo è la tipologia di ricristallizzazione:
1) quando siamo nel campo di una lavorazione a caldo si deve pensare che il materiale ricristallizza
continuamente (non perde dunque duttilità)
Leghe metalliche non Ferrose: Leghe di Rame

2) quando invece siamo in una lavorazione a freddo il materiale non ricristallizza e quindi perde di duttilità
man mano che aumentiamo il grado di deformazione.
Come si è già detto in precedenza la temperatura di ricristallizzazione è compresa tra 1/3 e 1/2 della
temperatura di fusione. La temperatura di ricristallizzazione varia a seconda del grado di deformazione
plastica che si è impresso al pezzo. Quanto è più alta la deformazione plastica tanto più è bassa la
temperatura di ricristallizzazione.

Ottoni Del 2° Titolo


Sono lavorabili (per deformazione plastica) solo ad alta temperatura e non al di sotto della trasformazione
β→β’. Ciò fa sì che questi ottoni molto spesso vengano utilizzati solo per grosse funzioni.
Osservando il diagramma di stato si rileva che a temperatura ambiente gli ottoni attorno al 40-45% di zinco
sono bifasici (matrice costituita da s.s α e grossi cristalli di tipo β, che poi diventano β', più duri). Mettere
insieme una soluzione solida tenace (s.s.α) con dei cristalli più duri è il punto di partenza di tutte le leghe
antifrizione. Tali leghe devono avere varie caratteristiche:
a) uno dei componenti è sicuramente più duro (ed è quello che costa di più) ed è quello che non
deve usurarsi.
b) la parte che si usura deve costare di meno.
c) inoltre questa parte non si deve usurare neanche troppo in fretta.
Le parti dure sono quelle che danno la resistenza ad usura; le parti più morbide ma più tenaci sono quelle
che consentono di resistere a grossi sforzi perché deformandosi plasticamente consentono di mantenere
l’accoppiamento sempre nelle tolleranze volute.

Leghe Cu-Sn - Bronzi


Alcune osservazioni per questi sistemi possono essere fatte analizzando il diagramma di stato Cu-Sn.
Mentre lo zinco fonde a 420 °C, lo stagno fonde a 232 °C e questo dà un'idea del perché una volta il bronzo
era così utilizzato (in quanto presenta
una temperatura di fusione bassa).
Nei bronzi si rilevano una serie di
composti intermetallici piuttosto duri
(ma anche abbastanza fragili).
Il massimo di solubilità dello Sn nella
s.s.α è del 15% al massimo e
vengono utilizzati bronzi col 20% di
stagno (per essi la resistenza a
trazione arriva fino a 260-280 MPa).
Per raffreddamenti bruschi abbiamo
una specie di trasformazione
martensitica che provoca un notevole
indurimento. Sappiamo però che la
martensite (in questo caso si ha una
martensite Cu Sn) è anche una fase
estremamente fragile. Se non
raffreddiamo velocemente abbiamo
sempre un residuo di s.s.α, che
mantiene una notevole duttilità con
segregazioni di composti intermetallici Fig. 12: Diagramma di stato rame-stagno.
(possono essere fase β, ε, ecc.) che
sono quei composti che si possono utilizzare come punti di resistenza all'usura nelle bronzine.
Noti i diagrammi Cu-Zn, Cu-Sn, si possono immaginare anche altre leghe a base di rame per esempio leghe
Cu-Zn-Sn. A parte il caso Cu-Zn tutte le altre leghe prendono il nome di bronzi. Per cui una lega Cu-Zn-Sn
con più zinco che Sn è un bronzo allo zinco.
Quando si ha dell'ottone o del bronzo che deve essere lavorato meccanicamente per asportazione di truciolo
si deve affrontare il problema delle lavorazioni automatiche. Vediamo il perché. Supponiamo di avere un
ottone: si è detto che è molto duttile per cui quando faccio un'asportazione di truciolo mi trovo di fronte a
trucioli molto lunghi che non si rompono. Questo qualora la lavorazione avvenga in automatico, è un
inconveniente perché il truciolo può avvolgersi sul pezzo e rovinarlo. Per questo motivo si deve immettere
nella lega qualcosa che provochi la rottura del truciolo senza abbassare di molto la duttilità della lega stessa.
L'elemento più utilizzato è il piombo e il motivo lo si può ricavare considerando il diagramma Cu-Pb (vedi).
Il piombo non si scioglie nel rame. Il piombo si presenta come goccioline disperse nella matrice di rame.
Quando produciamo il truciolo si verifica che nella lamina (truciolo) sono presenti delle goccioline di piombo
che interrompono il truciolo in modo che si vengono a creare tante scagliette. La presenza del piombo
determina però una diminuzione della duttilità. Per cui quando si richiede una qualità elevata è meglio
procedere per via semiautomatica con asportazione manuale del truciolo senza il piombo.

Altri Elementi Leganti (oltre Zn, Sn)

Nichel
Siccome tanto il rame quanto il nichel cristallizzano nel sistema cubico facce centrato, osservando il
diagramma di stato Cu-Ni si rileva una solubilità completa tra rame e nichel.
Il massimo di resistenza si ottiene intorno al 67% di nichel. Se abbiamo delle leghe solo Cu-Ni con
percentuali intorno al 67% si ottiene il massimo di resistenza. Se invece aggiungiamo ~ 3% di ferro
otteniamo quella lega che prende il nome di Monel. Visto che le applicazioni delle leghe di rame sono
dovute soprattutto alla resistenza a corrosione e a una buona conducibilità termica ecco che una lega
Cu-Ni del tipo Monel risulta adatta alla costruzione di scambiatori di calore che devono resistere ad
azioni corrosive. Il nichel aumenta la resistenza a corrosione delle leghe Cu-Sn.

Alluminio
Guardando il diagramma Al-Cu dalla parte dove corrispondono le percentuali più basse di alluminio si
nota una certa somiglianza con il diagramma Cu-Zn per quanto concerne gli ottoni del 1° titolo. La
differenza tra i due è il massimo di solubilità dello zinco nel rame. Fino al 9% di Al possiamo pensare di
avere delle leghe con caratteristiche simili a quelle degli ottoni del 1° titolo. Queste leghe possono
essere indurite aggiungendo il 3-4% di ferro.
Si possono anche avere leghe ternarie Cu-Al-Zn. Se ho per esempio contemporaneamente presente il:
20% di zinco
5% di alluminio
75% di rame
in questo caso (anche se la percentuale di zinco < 39%) non è assolutamente detto che mi trovi di fronte ad
un ottone del 1° titolo. Ciò è dovuto al fatto che si ha un effetto sinergico tra zinco e alluminio e quindi
possiamo superare il limite di solubilità. Per calcolare il nuovo limite di solubilità occorre considerare che
l'alluminio si comporta alla stregua di zinco equivalente . Più precisamente occorre moltiplicare per 6 il
quantitativo di alluminio per avere l'effetto equivalente come se fosse zinco. Quindi c'è un titolo di zinco che
è fittizio ed è quello che si ottiene considerando il 20% di zinco (effettivamente presente) più 6 x 5 = 30% di
zinco equivalente si ottiene 50% o meglio 50 parti su un totale che è dato da 75 + 50 = 125 parti. Facendo il
rapporto 50/125 = 0,4 cioè 40% di zinco. Si vede quindi che siamo in presenza di un ottone del 2° titolo,
anche se la percentuale di zinco (data) = 20% < 39 e di alluminio = 5% < 9%.

Fig. 12: Diagramma di stato rame-alluminio.


Leghe metalliche non Ferrose: Leghe di Rame

Berillio

Fig. 13: Diagramm Fig. 14: Diagramm

Il berillio ha una solubilità non trascurabile ad alta temperatura e una solubilità quasi nulla a bassa
temperatura.
Per questo motivo sulle leghe Cu-Be è possibile effettuare dei trattamenti termici di rafforzamento simili a
quelli che si hanno nel caso delle leghe di alluminio. Inoltre con trattamenti termomeccanici (solubilizzazione,
tempra, deformazione plastica ed invecchiamento) si possono raggiungere resistenze a trazione di 1350
MPa (simile a quelle di un acciaio temprato e rinvenuto). Essendo leghe ad alta resistenza ma con poco
soluto le leghe Cu-Be sono ad alta conducibilità, per questo motivo sono utilizzate per gli elettrodi pinze
saldatrici.

Figura 15:
Fig. 17 Fig. 16
Leghe metalliche non Ferrose: Leghe di Rame

Piombo
Sono per lo più monotettiche; il monotettico del Cu-Pb è intorno al 40% di piombo o ipomonotettiche con il
30 % di piombo. Alcune di queste leghe vengono utilizzate per i trolley cioè le rotelle che ci sono in cima
all'asta del tram. Questo perché a tale rotella si richiede una notevole conducibilità elettrica, una capacità di
accoppiamento notevole con il filo ed inoltre che non sia estremamente duro in modo da sostituire il trolley e
non il filo. La lega che si utilizza per la costruzione di tali rotelle è a bassa percentuale di piombo ed è
chiamata 'metal rose'.
Altre applicazioni a tenore inferiore di Pb (2-4%) sono la raccorderai idraulica e la rubinetteria in cui il Pb
favorisce la truciolabilità del componente (per le filettature).

Fig. 18:Diagramma di stato Cu-Pb.


Proprietà meccaniche e di resistenza alla corrosione.
Leghe metalliche non Ferrose: Leghe di Rame
Leghe metalliche non Ferrose: Leghe di Rame
Applicazioni

Boccole

Rotismi e leveraggi.
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Filtri.
L’ALLUMINIO
Leghe metalliche non Ferrose:Leghe di Alluminio

L’alluminio e le sue leghe.


L'alluminio è un metallo che cristallizza nel sistema CFC. La cella elementare ha uno spigolo che misura
a0=4,0495 Å. L'alluminio è un metallo leggero che ha una densità di 2.698 Kg/m3. In figura 1 si riporta il
coefficiente lineare di espansione termica, mentre in figura 3 sia riporta la conducibilità termica di alluminio a
elevata purezza dell'intervallo di temperatura tra –273,15 e 900° C. Altra importante caratteristica
dell'alluminio è la sua conducibilità elettrica, i cui valori sono visibili in figura 4.
Un'altra importante caratteristica per cui l'alluminio ha notevoli applicazioni è per la sua riflettanza. In tabella
13 sono riportati alcuni valori in funzione della metodologia di applicazione di un sottile strato di alluminio su
supporto.
La temperatura di fusione dell'alluminio è 660° C ±1. L'effetto dell'innalzamento di pressione sulla
temperatura di fusione è visualizzato nella tabella 1.
I valori di viscosità dell'alluminio liquido, calcolati e osservati, sono riportati in tabella 2.

Pressione [Kilobar] Temperatura di fusione [°C]


5 690
10 720
20 780
30 830
40 880
Tabella 1: Valori della temperatura di fusione in funzione della pressione applicata al sistema.

Temperatura [°C] Viscosità osservata [poise] Viscosità calcolata [poise]


662 0.01379 0.01379
669 0.01364 0.01362
689 0.01317 0.01317
718 0.01250 0.01254
768 0.01175 0.01162
806 0.01102 0.01102
833 0.01058 0.01063
Tabella 2: Valori di viscosità osservata e calcolata alle differenti temperature del liquido.

Caratteristiche meccaniche.
Le caratteristiche meccaniche dell'alluminio ad elevata purezza non sono state analizzate a fondo e si hanno
pochi dati. Alcuni valori sono riportati in tabella 3. Si osserva come, aumentando la purezza, diminuisca la
tensione di snervamento del materiale, come anche la resistenza massima a rottura; aumenta invece
l'allungamento a rottura. Il modulo di Young E per l'alluminio al 99,996% è stato valutato essere di 63 GPa a
temperatura ambiente.

Purezza Tensione di Tensione di Tensione di Durezza Allungamento


snervamento snervamento rottura Brinell [% in 5,04 mm]
[%] 0,1 %L0 [MPa] 0,2 %L0 [MPa] [MPa]
99.99 27 58 118-129 12-16 50-65
99.8 55 65 158-163 19 45-55
99.7 - 68 172 - -
99.6 73 - 181 19 43
99.5 - 73 181 18-25 45
Tabella 3: Proprietà meccaniche dell’alluminio puro a temperatura ambiente.
Costituzione delle leghe.

Non si conoscono elementi che abbiano


una completa miscibilità nell'alluminio in
soluzione solida. Tra tutti gli elementi, lo
zinco ha la più grande solubilità in fase
solida nell'alluminio ad un massimo di
66,4% at.. Tre altri elementi, oltre lo
zinco, hanno una solubilità superiore al
10%: argento, magnesio e litio (in ordine
di solubilità massima decrescente).
Gallio, germanio, rame e silicio (di nuovo
in ordine decrescente) hanno solubilità
massima inferiore al 10% at. ma
superiore al 1% at.. Tutti gli altri elementi
sono meno solubili.

Con un'unica eccezione (Sn), il massimo


della solubilità in fase solida avviene alle
temperature eutettiche, peritettiche e
monotettiche. Diminuendo la
temperatura, il limite di solubilità
diminuisce. Questa diminuzione da
concentrazioni elevate, a elevata
temperatura, a relativamente basse
concentrazioni, a bassa temperatura, è la
caratteristica fondamentale che permette
di incrementare sostanzialmente la
durezza e la resistenza delle leghe di
alluminio con trattamenti di
solubilizzazione e precipitazione.

Fasi intermetalliche
In generale le fasi intermetalliche dei
sistemi comprendenti le leghe di alluminio
possono avere una composizione
stechiometrica semplice; vi sono
comunque dei casi in cui le fasi
intermetalliche hanno un intervallo di composizione. Un esempio efficace si presenta nel diagramma ternario
del sistema alluminio-magnesio-zinco. A temperatura lievemente inferiore a quella di formazione del solido,
la fase Mg3Zn3Al2 di questo sistema ha una composizione molto variabile (da 16Mg-74Zn-10Al fino a 31Mg-
20Zn-49Al). In qualche caso l'intervallo di composizione della fase intermedia è al di fuori dell'esatta
concentrazione stechiometrica comunemente usata. Un esempio si ritrova nella fase θ (CuAl2) ricca in
alluminio, che non include esattamente la concentrazione di questa formula.

Ci sono alcune fasi intermetalliche di altri sistemi binari che risultano in equilibrio con l'alluminio in leghe
ternarie. Esempi importanti sono Mg2Si e MgZn2. Nei sistemi quaternari, le fasi intermetalliche dei rispettivi
sistemi binari e ternari possono occasionalmente essere isomorfe (simile morfologia cristallina), formando
soluzioni solide continue. Un importante esempio si presenta nel sistema Al-Fe-Mn-Si, tra le fasi Fe3SiAl12 e
Mn3SiAl12 che hanno struttura cubica e costanti di cella rispettivamente di 12,548 e 12,652 Å.
Leghe metalliche non Ferrose:Leghe di Alluminio

Principali elementi leganti

Alluminio rame
Il rame è uno dei più importanti elementi
leganti per le leghe di alluminio, a causa del
suo apprezzabile effetto rafforzante. Molte
leghe commerciali contengono rame, sia
come elemento principale che come
elemento secondario, in concentrazioni dall'1
al 10%. Il rame impartisce un rafforzamento
in seguito a precipitazione a molte di queste
leghe. Il magnesio è usato in combinazione
con il rame, per accelerare e incrementare
l'invecchiamento a temperatura ambiente.
La temperatura eutettica nel sistema Al-Cu è
548 °C; la concentrazione eutettica è al
33,2% di rame. Le fasi solide che si separano
dal liquido in seguito alla reazione eutettica
sono la soluzione solida ricca in alluminio che
contiene il 5,65% di rame e la fase
intermetallica CuAl2 che contiene il 52,5% di Cu. La fase CuAl2 ha un intervallo di composizione compreso
tra 52,5 e 53,6% di rame a temperature eutettica, e tra 53,2 e 54,9% di rame a 400° C. Questo intervallo è
leggermente al di fuori, e verso la parte ricca in alluminio, del sistema Al-Cu, rispetto alla composizione che è
del 54,1% di rame per la formula stechiometrica. Due fasi di non equilibrio, zone GP (θ") e fase θ', si
sviluppano dalla soluzione solida di alluminio sovrassaturo, riscaldando a bassa temperatura, in maggior
quantitativo nell'intervallo 100-300° C. La
struttura di queste fasi metastabili, non
previste dai diagrammi di stato, è determinata
dalla matrice; esse hanno struttura di tipo
tetragonale e differiscono nell'arrangiamento
atomico dalla fase di equilibrio.

Alluminio-magnesio
Le leghe binarie alluminio-magnesio sono alla
base di un’importante classe di leghe da getto
non sottoponibile a trattamento termico, come
anche di alcune altre le cui caratteristiche
possono essere cambiate con trattamento
termico. Sebbene il magnesio sia
sostanzialmente solubile in alluminio solido, le
leghe binarie non mostrano apprezzabili
caratteristiche di rafforzamento per
precipitazione con concentrazioni inferiori al
7% di magnesio. Il magnesio, in ogni
caso, garantisce un importante
rafforzamento raggiungendo elevate
caratteristiche in seguito a deformazione
plastica.

Alluminio manganese
Sono leghe contenenti oltre il 1% di
manganese e sono di notevole importanza
commerciale come leghe non da
trattamento termico. Il manganese è
inoltre utilizzato ampiamente come
legante supplementare sia in leghe da
trattamento termico che in quelle non da
trattamento termico. Nelle leghe grezze il
manganese fornisce un importante
incremento nel rafforzamento.
Alluminio silicio
Le leghe binarie hanno una notevole
importanza commerciale; il silicio aumenta
notevolmente la fluidità, pertanto
incrementa la facilità di colata. Grazie a
questo e alla microstruttura prodotta, il
silicio apporta un moderato incremento di
resistenza. La temperatura eutettica
favorevole e la composizione di queste
leghe permettono di utilizzarle anche nella
saldatura e nella brasatura.

Alluminio zinco
Come elemento elegante lo zinco è
utilizzato principalmente insieme al
magnesio. Il principale uso delle leghe
binarie è la protezione elettrolitica contro la
corrosione.

Alluminio rame magnesio


La combinazione di rame e magnesio in alluminio è alla base per una varietà di leghe da trattamento
termico. Questa combinazione, insieme ad altri elementi, specialmente ferro, manganese, nichel, o silicio,
conduce a una serie di leghe di grande versatilità grazie alla loro risposta ai trattamenti termici.

Oltre alle fasi binarie CuAl2 e Mg2Al3, due fasi intermetalliche appaiono in equilibrio con la soluzione solida di
alluminio in questi sistemi. Queste sono identificate come CuMgAl2, con un ristretto intervallo di
composizione (approssimativamente 45% di rame e 17% di magnesio), e CuMg4Al6, con un intervallo di
composizione più ampio che si estende dal 15% di rame, 35% di magnesio a un 34% di rame e 27% di
magnesio, ed include la composizione stechiometrica (circa 20% di rame e 30% di magnesio).

Alluminio rame silicio


Molte di leghe da getto commerciali di alluminio utilizzano rame e silicio assieme come maggiori elementi
leganti. Favorevoli intervalli di caratteristiche e proprietà meccaniche possono essere ottenute sia in leghe
da trattamento termico sia nelle altre.

Solo la fase intermetallica CuAl2 e la soluzione solida di silicio sono presenti all'equilibrio con la soluzione
solida di alluminio nel sistema ternario. La composizione eutettica ternaria contiene il 27% di rame e il 5,25%
di silicio e solidifica a 524 °C. La soluzione solida di alluminio che si separa nella reazione eutettica contiene
circa il 4,9% di rame e il 1,1% di silicio. La fase CuAl2 non scioglie apprezzabile silicio e la fase di silicio non
scioglie molto alluminio o rame. In questo sistema né il rame né il silicio hanno molto effetto sulla solubilità di
altri elementi nell'alluminio.
Leghe metalliche non Ferrose:Leghe di Alluminio

Alluminio magnesio silicio


Il sistema alluminio-magnesio-silicio è la base per la principale famiglia di leghe a base di alluminio da
trattamento termico utilizzate sia a tal quali sia come prodotti da getto. Queste leghe che combinano molte
caratteristiche favorevoli, includendo una moderata resistenza meccanica e una buona resistenza alla
corrosione. La lega eutettica del sistema contiene lo 8,25% di magnesio e il 4,75% di silicio che solidifica a
595 °C. La soluzione solida di alluminio che si forma a questa temperatura contiene lo 1,17% di magnesio e
in 0, 68% di silicio. La fase Mg2Si che si separa in questa reazione probabilmente contiene poco o niente
alluminio in soluzione.

Circa tutte le leghe commerciali in di questa famiglia hanno composizioni di corrispondenti alla parte ferrite di
alluminio e con concentrazioni di magnesio e silicio che sono controllate ad un rapporto corrispondente alla
sezione quasi binari.

Alluminio magnesio zinco


La combinazione di magnesio e di zinco in alluminio fornisce una classe di leghe da trattamento termico,
alcune delle quali sviluppano la più alta resistenza meccanica riscontrabile tra le leghe commerciali di
alluminio. Questo è il risultato di una combinazione di elementi che hanno un’elevata solubilità reciproca
nell'alluminio e sviluppano inusuali caratteristiche meccaniche e di rafforzamento in seguito a precipitazione.
Ulteriori elementi leganti includono, cromo, rame e manganese.

La fase MgZn2 forma un sistema quasi binario con l'alluminio, in cui la lega eutettica, che contiene circa lo
11,5% di magnesio e il 61% di zinco, solidifica a 475 °C. La soluzione solida di alluminio che si forma da
questa reazione contiene il 2,65% di magnesio e il 14,25% di zinco.
Microstruttura delle leghe di alluminio

Microscopia ottica delle leghe


Ogni elemento legante o impurezza ha un effetto sulla microstruttura. Inoltre, ogni passo del processo di
fabbricazione e ogni trattamento termico può alterare la microstruttura. Perciò, la microstruttura delle leghe di
alluminio rappresenta la somma degli effetti di composizione e dei vari trattamenti meccanici e termici
effettuati per la sua produzione.

La tecnica più ampiamente utilizzata per analizzare la microstruttura interna delle leghe di alluminio è la
microscopia ottica, perché è rapida, abbastanza semplice da usare, e richiede attrezzature non molto
costose. Essa è una delle più importanti tecniche, per evidenziare le caratteristiche microstrutturali delle
leghe.

La metallografia ottica include degli esami che vanno da pochi ingrandimenti fino ad ingrandimenti di circa
1500X. Flussi di materiale, macrostruttura e altre caratteristiche grossolane sono generalmente osservate a
ingrandimenti da 5 a 25. Le dimensioni dei grani e altre caratteristiche di dimensioni similari sono osservate
agevolmente a ingrandimenti di 100X. Le particelle, i precipitati e altre microstrutture molto piccole possono
richiedere ingrandimenti di 500 o più. Un'indagine completa include osservazioni in tutti gli intervalli di
ingrandimento, così che non si perdano informazioni sulla microstruttura.

Particolarità microstrutturali osservabili


Ognuna delle molte morfologie della microstruttura delle leghe di alluminio è importante e significativa per
determinare l'origine, la storia e le caratteristiche. Le particelle che si sviluppano durante la solidificazione
della lega sono quelle di fasi intermetalliche che generalmente si formano tra l'alluminio e le impurezze o gli
elementi leganti. Pertanto, queste particelle sono una parte integrante della lega e non devono essere
considerate inclusioni estranee. L'identificazione di alcune di queste particelle è semplice a causa della
forma, della durezza o del colore caratteristico, mentre altre possono essere evidenziate con opportuni
attacchi metallografici.

Le microstrutture dei precipitati sono molto indicative poiché esse indicano frequentemente le condizioni
metallurgiche della lega, le sue caratteristiche meccaniche, il comportamento a corrosione. I precipitati sono
piccole particelle di seconda fase che erano nella soluzione solida di alluminio a elevata temperatura e sono
precipitate dalla soluzione solida a temperatura inferiore. I precipitati si formano a bordo di grano, nelle
dislocazioni e nelle vacanze. Le loro dimensioni, forme e posizionamento dipendono dalle condizioni
termiche che hanno condotto alla loro formazione.

Le microstrutture dei dispersoidi sono arrangiamenti di particelle molto piccole che precipitano dalla
soluzione solida, sia durante il raffreddamento dopo colata o durante il preriscaldamento. I principali
dispersoidi sono presenti in leghe contenenti cromo o manganese.

In più le microstrutture rivelate dall'attacco della soluzione solida danno informazioni che si riferiscono alla
composizione e alle condizioni metallurgiche della lega di alluminio. Differenze in velocità di attacco indicano
differenze localizzate nella composizione e nella struttura. La geometria dei punti di corrosione (pits) danno
un'indicazione approssimata dell'orientazione dei cristalli. La colorazione dei grani si sviluppa in leghe
contenenti rame o zinco, e danno indicazioni sia sul contenuto di soluto nella soluzione solida che
sull'orientazione relativa dei grani. I così detti "bordi bianchi di grano", sono rilevati in strutture invecchiate, e
sono regioni impoverite nel contenuto di elementi leganti a causa della precipitazione. La stratificazione e la
direzione delle microstrutture sono relazionate alla tipologia e all'ammontare del flusso di metallo durante la
deformazione plastica della fabbricazione.

Microstruttura delle leghe


Le leghe di alluminio commerciali sono suddivise in gruppi che sono funzione della composizione della lega.
Ogni tipo di lega possiede delle caratteristiche microstrutturali particolari che appartengono a quel gruppo.

Il gruppo che comprende le leghe di alluminio senza elementi leganti (serie 1xxx) è caratterizzato da una
matrice di alluminio relativamente pura che mostra le particelle formate dai costituenti insolubili che
contengono gli elementi di impurezze, principalmente ferro e silicio. L'ammontare del costituente
Leghe metalliche non Ferrose:Leghe di Alluminio

metallografico è una funzione della purezza, e la sua distribuzione è una funzione delle modalità della
fabbricazione. Particelle di costituenti contenenti ferro sono caratteristiche di tutte le leghe di alluminio.

Le leghe contenenti rame, come elemento legante principale (serie 2xxx), sono caratterizzate da fasi
contenenti rame ad esempio CuAl2 o, se la lega contiene magnesio, CuMgAl2. Queste fasi sono solubili nella
matrice durante il riscaldamento di solubilizzazione. Come risultato, l'ammontare di particelle contenenti
rame, in relazione al contenuto di rame della lega, è una misura della solubilizzazione raggiunta. Il rame
presente in soluzione solida fa cambiare le caratteristiche della matrice e conduce alla formazione di una
colorazione e a un contrasto dei grani dopo attacco. Poiché il contrasto della colorazione dei grani è una
funzione del contenuto di rame nella soluzione solida, essa può essere usata per valutare il trattamento
termico.

Le leghe contenenti manganese, come elemento legante principale (serie 3xxx), contengono particelle delle
fasi Mn3SiAl12 e MnAl6; il loro ammontare e distribuzione sono funzioni della composizione, del processo di
deformazione plastica e della storia termica. In più queste leghe contengono dei precipitati (dispersoidi)
molto fini, principalmente Mn3SiAl12.

Le leghe alluminio silicio (serie 4xxx) hanno una matrice di soluzione solida contenente del silicio e delle
particelle costituenti di colore grigio ardesia di silicio puro. Queste particelle hanno la forma allungata, di
placche o sferoidali; la loro forma, dimensione e distribuzione sono fortemente influenzate dalle condizioni di
colata e dalla storia termica.

Le leghe alluminio magnesio (serie 5xxx) generalmente mostrano una struttura di soluzione solida, a causa
dell'elevata solubilità del magnesio in alluminio. In qualche caso, particelle di Mg2Al3 sono presenti, sia come
particelle costituenti indisciolte sia come fini particelle di precipitati che si sono sviluppate in seguito a
raffreddamento lento o ad un trattamento termico a bassa temperatura. Particelle di Mg2Si sono
generalmente presenti in rapporto al contenuto di silicio, a causa della bassa solubilità della Mg2Si in
presenza di un eccesso di magnesio. In più dispersoidi e particelle contenenti cromo e manganese possono
apparire se sono presenti questi elementi.

Le leghe alluminio magnesio silicio (serie 6xxx) contengono particelle di fase a Mg2Si. Questa fase si scioglie
quasi completamente durante il trattamento termico di solubilizzazione, e un piccolo quantitativo precipita
durante l'invecchiamento artificiale. Di conseguenza l'ammontare e la distribuzione di questa fase indicano il
tipo e il grado del trattamento termico applicato la lega. Inoltre possono essere presenti delle particelle di
silicio in quelle leghe che contengono un eccesso di silicio rispetto al corretto rapporto Mg2Si.

Nelle leghe alluminio zinco magnesio e alluminio zinco magnesio rame (serie 7xxx), generalmente usate
dopo invecchiamento, la maggior parte dello zinco, magnesio e rame è solubilizzato o è precipitato in forme
estremamente fini. Come risultato, particelle di fasi contenenti questi elementi non sono, in generale,
osservabili. In alcune leghe di questa serie, fasi contenenti cromo o dispersoidi di cromo vengono rilevati. In
più particelle di Mg2Si possono essere osservate in funzione del contenuto di silicio della lega dal momento
che questa fase è insolubile in presenza di un eccesso di magnesio.

Effetto della lavorazione


Le leghe di alluminio grezzo sono dapprima colate e poi sottoposte a una serie di trattamenti meccanici e
termici. Ogni trattamento produce un evidente cambio nella struttura e la microstruttura del prodotto finito è
la somma dei cambiamenti microstrutturali che avvengono durante la lavorazione. La microstruttura di un
lingotto colato ha una disposizione di grani dendritica. Tale microstruttura dendritica consiste in alluminio
primario che è circondato da regioni finemente interconnesse di soluzione solida. I bordi delle dendriti
contengono generalmente una rete di particelle costituenti sia di fasi solide sia di fasi insolubili. La
composizione delle zone di soluzione solida, le dimensioni del nucleo e il quantitativo dei elementi
solubilizzato tra a ledere diritti in sono funzione sia della composizione sia della velocità di solidificazione.

La prima operazione fabbricazione che altera la microstruttura è il preriscaldamento, un trattamento termico


prolungando a relativamente alta temperatura. Questo trattamento omogeneizza la soluzione solida
,riducendo in modo apprezzabile o eliminando la zona centrale, e permette di incrementare il contenuto di
elementi leganti dissolvendo le particelle di costituenti solubili. Questo conduce a una matrice che ha
caratteristiche di attacco più uniformi e ad una riduzione dei costituenti tra le dentriti. Se la temperatura di
preriscaldo si trova oltre la temperatura eutettica la microstruttura mostra di solito delle zone (rosette) di
eutettico risolidificato. Dal momento che la velocità di raffreddamento dopo un preriscaldamento
“commerciale” è relativamente lenta, si sviluppa una marcata precipitazione di elementi solubili sia a bordo di
grano sia nella matrice.
La deformazione plastica durante una lavorazione a caldo distorce e frammenta i grani, frammentando e
distribuendo le particelle di fase secondaria. Se non avviene una ricristallizzazione, il prodotto formato a
caldo manifesta una struttura frammentata, essendo il grado di frammentazione e la direzionalità della
struttura, una misura sia del tipo sia del grado di deformazione. Se invece si manifesta una
ricristallizzazione, il risultato si manifesta come una microstruttura di grani ricristallizzati che possono o non
possono mostrare una direzione preferenziale. Anche la distribuzione delle particelle di seconda fase, a
seconda si manifesti dispersa o allineata, riflette il tipo, il grado e la direzione di lavorazione.

Effetto dei trattamenti termici


I trattamenti termici esercitano un notevole effetto sulla microstruttura delle leghe di alluminio. Una ricottura
intermedia, usata per distendere il metallo per ulteriori lavorazioni, può causare la ricristallizzazione dei grani
che si sono frammentati e lo sviluppo di precipitati indesiderati, sia durante il mantenimento in temperatura o
durante il raffreddamento che segue la ricottura. Una ricottura completa, effettuata per ottenere la massima
duttilità, provoca la ricristallizzazione dei grani frammentati e può causare la crescita dei grani. In certe
leghe, la ricristallizzazione conduce a una struttura equiassica e omogenea mentre in altri viene mantenuta
una direzione preferenziale della microstruttura dei grani, riflettendo il tipo di lavorazione. Una ricottura
completa conduce a un’estesa precipitazione e ad un’agglomerazione degli elementi solubili che formano
relativamente grosse particelle. Nel caso di elementi solubili alla temperatura di ricottura, la precipitazione si
sviluppa frequentemente durante il raffreddamento.

Le operazioni di solubilizzazione riducono notevolmente, e alcune volte eliminano completamente, le


particelle di elementi solubili. Queste operazioni incrementano il contenuto di soluto della matrice e pertanto
alterano le caratteristiche morfologiche dopo attacco. Il trattamento di solubilizzazione porta alla formazione
ed alla crescita di grani ricristallizzati se viene applicato a una lega rinvenuta e lavorata a freddo. Se il
trattamento termico viene effettuato a temperature troppo basse o per tempi troppo brevi, la microstruttura
contiene un quantitativo di particelle di fase solubile enormemente grande; nel caso di leghe contenenti
rame, la soluzione solida di alluminio mostra un basso contrasto tra i grani durante l'attacco. Un
riscaldamento di leghe preventivamente trattate a alte temperature può provocare una precipitazione
indesiderata a bordi di grano e originare delle zone che, in certe leghe, manifestano un comportamento
negativo nei confronti della corrosione.

Se viene effettuata una tempra, che causa un rapido raffreddamento, dopo la solubilizzazione, non si
osservano cambi microstrutturali. Se invece la velocità di raffreddamento, per motivi accidentali o
intenzionali, non è rapida, appare una precipitazione di particelle a bordo grano. Se il raffreddamento è molto
lento, le particelle appaiono anche nella matrice.

Dopo il trattamento di invecchiamento artificiale si sviluppa generalmente una fine precipitazione a bordo di
grano e dei grani frammentati, e su piani preferenziali all'interno della matrice. Se si è manifestata una
precipitazione durante la tempra in alcune zone del bordo grano, dopo invecchiamento artificiale questa
zona frequentemente appare libera da precipitati.

La combinazione di deformazione plastica a freddo ed invecchiamento, dopo la solubilizzazione, causa una


notevole variazione nella microstruttura. Se la deformazione plastica precede invecchiamento, i precipitati si
sviluppano più rapidamente, la precipitazione è più estesa e le particelle di precipitato sono più fini e più
numerose. La deformazione plastica che segue l'invecchiamento non causa cambiamenti nella
microstruttura dei precipitati, ma introduce delle deformazioni strutturali, degli slittamenti e la frammentazione
tipica della deformazione plastica a freddo.
Leghe metalliche non Ferrose:Leghe di Alluminio

Microstrutture caratteristiche dei prodotti

Oltre alle caratteristiche microstrutturali delle varie leghe e ai trattamenti termici, molti dei prodotti di leghe di
alluminio hanno delle loro caratteristiche microstrutturali distintive. Queste strutture riflettono il processo di
fabbricazione usato, e in particolare il tipo e il grado di lavorazione.

I lingotti hanno delle caratteristiche microstrutturali descritte precedentemente; in più, si osservano delle
configurazioni microstrutturali che riflettono la velocità di raffreddamento e la direzione del flusso del calore. I
lingotti possono avere un sottile strato superficiale di materiale contenente un particolare elevato ammontare
dei costituenti, come risultato di liquazione di materiale ricco di soluto durante il primo stadio di
solidificazione.

Le piastre, i fogli e i rotoli esibiscono delle strutture ricristallizzate o non ricristallizzate, che dipendono dalla
composizione, il tipo, l'ammontare, la temperatura di lavoro, e qualunque trattamento termico applicato.
Grani o gruppi di grani frammentati sono generalmente allungati nella direzione del lavoro, e appiattiti nella
dimensione dello spessore. Le particelle tendono a disporsi in piani paralleli alla superficie del prodotto. Il
grado di allineamento e la dispersione delle particelle è una funzione del grado di lavorazione e pertanto
della relazione tra spessore del prodotto e le dimensioni iniziali del lingotto.

Il processo di forgiatura permette di ottenere una grande varietà di microstrutture a causa delle molte forme
e dimensioni coinvolte. I forgiati possono essere ricristallizzati o non ricristallizzati, in funzione della lega,
dell'ammontare della deformazione, e del rinvenimento. Pezzi forgiati di grande dimensione, hanno
generalmente microstruttura frammentata, essendo il grado di frammentazione e le dimensioni dei frammenti
una funzione del quantitativo di flusso di metallo coinvolto. Il forgiato può anche mostrare flussi di materiali
che si intersecano e che riflettono le deformazioni che i componenti hanno subito per raggiungere la forma
finale. In pezzi forgiati grandi, o in limitate regioni che hanno subito una piccola deformazione, la
microstruttura presenta alcune caratteristiche strutturali del lingotto, delle aree con la morfologia presente a
cuore, o delle zone di crescita preferenziale dei cristalli. La forgiatura evidenzia, infatti, una microstruttura
che è funzione del grado di deformazione delle differenti sezioni del componente. Nelle zone piane con
piccola sezione, il forgiato manifesta delle strutture compresse ed allungate che riflettono il flusso di
materiale in quella zona.

I prodotti estrusi mostrano in generale un’elevata direzionalità della microstruttura a causa della elevata
direzionalità del flusso di materiale. Nelle condizioni di un prodotto solo estruso, il grado di ricristallizzazione
varia enormemente da una lega ad un'altra. Il grado di deformazione e frammentazione dei cristalli varia
anche in uno stesso prodotto, risultando più elevata alla superficie che al centro del componente, e nella
parte posteriore rispetto a quella anteriore. Un'estrusione che porta a una forte deformazione permette di
ottenere frequentemente dei grani molto grandi ricristallizzati sulla superficie, le dimensioni dei quali si
incrementa andando verso la parte finale del prodotto estruso. Questo strato diventa più spesso se il
prodotto è sottoposto a trattamento termico, poiché l'estensione dell'area ricristallizzata è correlata alla
quantità di tensioni residue. Le strutture estruse hanno una microstruttura che riflette il flusso del materiale
con caratteristici andamenti in funzione della forma dell'estrusore. Le particelle presenti nei prodotti estrusi
sono molto allungate e disposte in linee parallele alla direzione dell'estrusione.

Sbarre, aste, fili e stampi rullati hanno una di direzionalità e un allineamento della struttura e dei costituendi
che è simile a quella dei prodotti estrusi, ma le microstrutture sono, in generale, più uniformi da un estremo
all'altro ed alla superficie al centro, senza presentare una zona superficiale ricristallizzata.

I prodotti rivestiti hanno una struttura composita formata da due o più strati legati meccanicamente. Gli strati
sono di differenti leghe possono essere distinti con appropriate tecniche di attacco metallografico; ogni strato
manifesta la struttura caratteristica della specifica lega e del trattamento termico. Quando venga applicato un
trattamento termico per i prodotti rivestiti, si manifesta generalmente una diffusione di elementi solubili da
uno strato all'altro. La diffusione avviene più rapidamente lungo i bordi grano che attraverso i grani,
generando una tipica struttura a pettine. Appropriate sezioni di attacco possono essere utilizzate per seguire
la diffusione, dal momento che questo processo conduce a dei gradienti di composizione che mostrano
progressivamente dei cambi nelle caratteristiche di attacco.

Altre strutture
Alcune imperfezioni microstrutturali si possono occasionalmente trovare nei prodotti di leghe di alluminio. La
porosità è un'imperfezione che si forma nei lingotti come vuoti ai bordi grano, causata sia dalla formazione di
bolle di idrogeno sia dal ritiro durante la solidificazione. Se i pori non vengono chiusi durante la lavorazione,
essi rimangono nel prodotto finale in una varietà di forme. Per esempio, nei prodotti forgiati essi appaiono
come discontinuità piatte e ellissoidali; nei fogli e delle piastre come linee di discontinuità in piani paralleli alla
superficie; negli estrusi come strisce di minuscoli vuoti allineati alla direzione di estrusione. I vuoti che
risultano dalla porosità, sono principalmente localizzati al centro del prodotto.

Se i prodotti in lega di alluminio vengono riscaldati a temperature troppo elevate, si manifesta una fusione
parziale, e si sviluppano due strutture caratteristiche. Nel caso in cui la temperatura sia solo lievemente
superiore alla temperatura eutettica, le regioni di composizione eutettica subiscono la fusione e dopo
solidificazione queste zone risultano sotto forma di rosette che manifestano una fine microstruttura eutettica
caratteristica. Se vengono raggiunte temperature più elevate, sia ha una fusione della soluzione solida.
Dopo solidificazione, queste zone sono evidenziate come regioni che hanno una microstruttura eutettica.
Esse sono sempre localizzate a bordo grano e principalmente alla giunzione dei grani, dove hanno una
forma triangolare. Se il riscaldamento è avvenuto temperature ancora più elevate, le zone eutettiche
diventano preponderanti e si estendono oltre il bordo grano, fino ha generare una matrice continua che
coinvolge gruppi di grani.

Un'altra microstruttura caratteristica evidenzia un trattamento termico di una lega di alluminio in atmosfera
del forno non idonea. La microstruttura si manifesta come vuoti localizzati a bordo grano ed è causata dalla
formazione di idrogeno all'interno della lega. Questa condizione e impropriamente chiamata ossidazione ad
alta temperatura, ed abbreviata HTO. Se la formazione di vuoti è modesta, appaiono solo alcuni vuoti isolati;
quando diventa più importante, si formano numerosi vuoti; in alcuni casi, i grani sono completamente
distanziati, con formazione di fessure. Al contrario della porosità ordinaria, i vuoti che risultano da questo
fenomeno, sono preferenzialmente localizzati in prossimità della superficie. Inoltre, essi si trovano quasi
esclusivamente in zone ricristallizzati o in giunzioni tra zone ricristallizzate e zone non ricristallizzate.

In alcune occasioni del materiale estraneo può essere presente nelle leghe di alluminio e apparire come
inclusioni. L'osservazione metallografica del campione lucidato permette di definire quando l'inclusione è
metallica o non metallica; alcuni materiali possono esser riconosciuti dal loro comportamento chimico. In
generale, comunque, le inclusioni non posso essere identificate con certezza utilizzando il microscopio
ottico; vengono perciò utilizzate altre tecniche come diffrazione ai raggi x, diffrazione elettronica o
microanalisi.

Nel caso delle leghe di alluminio bisogna fare delle precisazioni sull'importanza dei costituenti metallografici
delle leghe medesime. Le particelle di seconda o terza fase non devono essere considerate come inclusioni
indesiderate, ma molte di queste rappresentano ingredienti essenziali alla lega, senza le quali le proprietà e
caratteristiche desiderabili non possono essere ottenute. Inoltre, le particelle di seconda fase sono
completamente circondate dalla matrice metallica, e i bordi tra seconda fase e matrice non rappresenta una
linea di fragilità, come nel caso di inclusioni estraee.

Per quel che si riferisce alla forma e dimensioni delle particelle di seconda fase si può dire che queste
grandezze variano notevolmente in un ampio intervallo, in funzione delle condizioni di colata e fabbricazione,
oltre ai trattamenti termici effettuati.

Microscopia ottica di leghe da getto


Molte leghe di alluminio da getto commerciali hanno microstrutture ipoeutettiche nelle quali le dendriti di
soluzione solida di alluminio primario costituisce la matrice. Eutettici binari, ternari e più complessi occupano
gli interstizi interdentritici che completano la microstruttura. Questi eutettici sono sempre di tipo "divorziato" in
leghe commerciali, che comprendono una miscela di aree di soluzione solida e particelle di elementi leganti
o fasi intermedie, piuttosto che una classica struttura perlitica di altre leghe maggiormente legate. La
porzione di soluzione solida dell'eutettico si situa nell’adiacente soluzione solida dendritica primaria senza un
bordo marcato. Alcune leghe commerciali, del tipo alluminio-silicio, sono ipereutettiche, con silicio piuttosto
che alluminio come primaria fase di solidificazione.

Leghe da getto contenenti un notevole quantitativo di soluzione solida come fase metallica, vengono
utilizzate in applicazioni dove è chiesta buona duttilità. Queste sono leghe alluminio-magnesio e alluminio-
zinco-magnesio. Esse consistono essenzialmente in una soluzione solida di alluminio a forma di dendriti e
un piccolo quantitativo di eutettico interdendritico.

Senza un elevato quantitativo di componente eutettica che favorisce il riempimento tra le dendriti durante la
solidificazione, in tali leghe si manifestano dei ritiri e delle cricche a caldo se non si mantiene una velocità di
raffreddamento lenta durante la solidificazione.
Leghe metalliche non Ferrose:Leghe di Alluminio

La microstruttura delle leghe di alluminio da getto è direttamente influenzata dalla velocità di solidificazione:
maggiore è la velocità, più fine è la struttura.

I pezzi prodotti con colata sotto pressione portano a microstrutture più fini della colata in conchiglia che ha
microstrutture più fini della colata in sabbia. Incrementando la velocità di raffreddamento, la dimensione
dell'alluminio primario, le braccia delle dendriti formate da soluzione solida diventano più piccole, la
dimensione delle particelle secondarie diventati piccola, e generalmente le dimensioni dei grani della
primaria fase di alluminio risulta più fine. Tuttavia la dimensione dei grani non sembra un criterio corretto per
valutare la velocità di raffreddamento, giacché le dimensioni dei grani sono anche influenzate da elementi
leganti quale titanio e boro. La dimensione delle celle dendritiche è invece utilizzata correttamente per
valutare la velocità di raffreddamento. Maggiori caratteristiche meccaniche, in leghe da getto, sono ottenibili
solo in componenti solidificati velocemente e con dimensioni dei grani piccole.

Leghe da getto
La lega 195 (Al-4.5Cu) è una semplice lega ipoeutettica. Il rame è presente come composto intermetallico
CuAl2, che forma un eutettico con la soluzione solida di alluminio. La porzione di eutettico è presente come
composto interdentritici con i vertici che sono situati lungo le dendriti e i bordi grano. Le dendriti di alluminio
manifestano un cambio di morfologia a cuore, con un gradiente di elementi leganti che derivano da una
diffusione non completa derivante da solidificazione in condizioni di non-equilibrio- Il ferro ed il silicio,
presenti come impurezze in quasi tutte le leghe di alluminio, formano un costituente complesso del tipo α-
FeSi.

La lega 356 (Al-7Si-0,3Mg) è una delle leghe da getto di alluminio più ampiamente usate. Il silicio si presenta
come particelle elementari presenti nell’eutettico interdendritico, che costituisce circa il 55% della
microstruttura. Grazie al grosso volume di eutettico l’utilizzo di questa lega come lega da detto è eccellente.
Il magnesio si combina con il silicio per formare Mg2Si, che agisce da indurente. Il ferro, presente come
impurezza, si combina per formare delle placche di β-FeSi.

La lega A612 è rappresentativa di leghe con soluzione solida che induriscono e si rafforzano durante il
raffreddamento del getto senza richiedere un trattamento termico di solubilizzazione. Tale caratteristica
deriva dalla presenza di MgZn2, un costituente indurente che si trova in soluzione solida alla temperatura di
solidificazione ma precipita sotto forma di particelle estremamente minute in modo omogeneo raffreddando a
temperatura ambiente. Il ferro si combina per formare delle sottili particelle di α-FeSi.

Effetto dei trattamenti termici


I trattamenti termici che conducono a precipitazione possono essere effettuati su molte leghe di alluminio da
getto nelle condizioni di appena gettate. In queste condizioni, alcuni elementi leganti presenti nella soluzione
solida, sono disponibili per una precipitazione successiva; tale precipitazione è funzione della composizione
chimica, della velocità di solidificazione, e della velocità di raffreddamento dopo solidificazione. Un
riscaldamento a bassa temperatura (120÷175°C) provoca generalmente la formazione di precipitati
estremamente piccoli che incrementano la resistenza a rottura, la resistenza a snervamento e della durezza,
sebbene generalmente riducano la duttilità. Se si riscalda a una temperatura superiore (200÷260°C), gli
elementi in soluzione solida precipitando più velocemente, e i precipitati sono visibili con microscopio al
bordo di grano e allo spigolo delle soluzioni solide dendritiche. Tali trattamenti vengono generalmente
utilizzati per stabilizzare i getti che debbano operare ad elevata temperatura di esercizio. Se viene utilizzata
un trattamento di precipitazione alta temperatura (325÷400°C), virtualmente tutti gli elementi in soluzione
solida precipitano ed otteniamo una ricottura, con una riduzione del rafforzamento e un incremento di
duttilità. Strutture di Widmanstätten ben sviluppate sono tipiche di strutture ricotte.

I trattamenti di solubilizzazione vengono generalmente effettuati il più vicino possibile alla temperatura del
solidus (425÷540°C), dove la solubilità degli elementi leganti è massima. Utilizzando tempi e temperature
adeguate, i costituenti solubili diventano sferoidali e si possono sciogliere completamente. I costituenti
insolubili diventano anche meno spigolosi poiché gli angoli, ad elevata energia, si dissolvono. La
solubilizzazione riduce la microstruttura tipica a cuore delle strutture da getto (grossi cristalli e struttura
dendritica) ed i gradienti di composizione vengono ridotti grazie alla diffusione. La solubilizzazione
incrementa sia la resistenza sia la duttilità, dissolvendo i composti intermetallici fragili e rendendo la
microstruttura più omogenea. Le leghe da getto, generalmente, non ricristallizzano col trattamento di
solubilizzazione.
La combinazione dei trattamenti di solubilizzazione e di precipitazione sono ampiamente utilizzati per
ottenere le caratteristiche resistenziali ottimali. La struttura omogenea ottenuta con la sola solubilizzazione
permette una risposta pronta al trattamento di precipitazione; questo garantisce una precipitazione più
uniforme rispetto al trattamento di sola precipitazione.

Discontinuità microstrutturali
Il termine "vuoti " viene utilizzato per indicare un certo numero di discontinuità di varia origine nei getti.
Porosità di gas, porosità da ritiro, fori da gas intrappolato e cricche sono le principali tipologie di vuoti nei
getti di alluminio. I fori di gas intrappolato possono essere riconosciuti grazie a una distribuzione equiassica,
dimensioni grossolane, distribuzione irregolare. Le cricche sono caratterizzate da una forma allungata, sottile
e raggiata.

I getti di alluminio contengono quasi sempre delle porosità causate dai gas. Quando presenti in quantità
elevata i pori, causati dai gas, possono apparire come vuoti sferici. Generalmente assumono invece una
forma che dipende dagli spazzi interdentritici, poiché i vuoti si formano dopo che la solidificazione della lega
è iniziata. Pertanto, la porosità data da gas è difficilmente differenziabile dalla forma, giacché la porosità da
ritiro è sempre interdendritica e simile alla porosità da gas. La migliore caratteristica distintiva è la
distribuzione dei vuoti, perché la porosità da gas è uniformemente distribuita mentre la porosità da ritiro è
concentrata in regioni non adeguatamente alimentate durante la solidificazione.
Pellicole o pellicine di ossido di alluminio si formano velocemente sulla superficie dell'alluminio fuso e se non
vengono rimosse, scremandole, possono essere intrappolate nel getto. Queste pellicole di scarto appaiono
nella sezione trasversale come sottili linee (circa 2 µm) che si avvolgono, frequentemente associate con
porosità da gas. Le pellicole, che costituiscono delle discontinuità indesiderabili, possono agire come
innesco di frattura, diminuendo la resistenza statica e dinamica del getto, in particolare se si trovano vicino
alla superficie. Mentre molti films di ossido hanno una struttura amorfa, che si può trasformare in inclusioni
cristalline di allumina alfa in seguito ad una prolungata esposizione a elevata temperatura come nei getti. Al
microscopio, l'allumina alfa appare come inclusione nera, tipo scoria,che si trova in rilievo sulla sezione
pulita. Se le leghe da trattamento termico sono surriscaldate durante la solubilizzazione, si manifesta la
fusione delle zone eutettiche. La microstruttura risultante è la stessa delle leghe da deformazione plastica.
Leghe metalliche non Ferrose:Leghe di Alluminio

Classificazione delle Leghe di Alluminio

Leghe da trattamento termico e/o deformazione plastica

Series Alloy family


1XXX Al
2XXX Al-Cu
3XXX Al-Mn
4XXX Al-Si
5XXX Al-Mg
6XXX Al-Mg-Si
7XXX Al-Zn
8XXX Altri (ex. Al-Li)

Leghe da getto

Series Alloy family


1XX.0 Al
2XX.0 Al-Cu
3XX.0 Al-Si (Mg or Cu)
4XX 0 Al-Si
5XX 0 Al-Mg
6XX.0 *
7XX.0 Al-Zn
8XX.0 Al-Sn
9XX.0 *
* Attualmente non utilizzata

La colata delle leghe da getto viene effettuata utilizzando differenti tecnologie.


Die castings colata in pressofusione
Permanent mold colata in conchiglia
Sand casting colata in forme di sabbia
Tecnologie particolari:
Plaster molds
Investment molds
Composite material molds
Squeeze casting colata sotto pressione con materiale semi-solido
Deformazione plastica

TEMPER DESCRIPTION
F As-fabricated

O Annealed, recrystallized

H1 Strain hardened (H12, H14, H16, H18)

H2 Strain hardened and partially annealed (H22, H24, H26, H28)

H3 Strain hardened and stabilized (H32, H34, H36, H38)

H112 Strain hardened during fabrication.

H321 Strain hardened during fabrication.

H323, H343 Strain hardened during fabrication.

Eliche ed avvolgimenti di dislocazioni associate con precipitati contenenti manganese in una lega AA 2024
T4 (40,000X).
Leghe metalliche non Ferrose:Leghe di Alluminio

La metallurgia dei trattamenti termici

Anche se con la dicitura trattamenti termici si includono tutte quelle operazioni che si riferiscono a
riscaldamento e raffreddamento di un componente, in questo paragrafo ci si riferirà principalmente ai
trattamenti termici sui prodotti finali comprendendo ricottura, solubilizzazione, tempra, invecchiamento senza
dimenticare la distensione. Le informazioni che saranno date valgono sia per leghe da deformazione
plastica, leghe da trattamento termico e leghe da getto. Ovviamente ciascuna di queste tipologie ha varato
delle problematiche, ai fini del trattamento termico, gli elementi indifferenti.

I principali obiettivi di differenti tipi di trattamento termico sono descritti sommariamente nello schema
riportato di seguito:
• distendere la lega per incrementare la lavorabilità e la formabilità.
• incrementare la resistenza e ottenere particolari proprietà meccaniche che sono associate con
lo trattamento termico specifico finale.
• stabilizzare le proprietà meccaniche o fisiche o la resistenza alla corrosione, oltre ad evitare i
cambiamenti che potrebbero comunque manifestarsi con tempo a temperatura ambiente o ad
elevata temperatura.
• assicurare una stabilità dimensionale durante l'utilizzo, in particolare per componenti che operano a
elevata temperatura e che richiedono stretti controlli dimensionali.
• eliminare le tensioni residue indotte da deformazioni differenziali o raffreddamenti non uniformi
in seguito a operazioni di getto, tempra, saldatura o ad operazioni di formatura.

Alcuni trattamenti vengono effettuati per diminuire il rafforzamento in seguito a deformazione plastica o le
tensioni residue, mentre altri trattamenti vengono effettuati per alterare la distribuzione e la morfologia degli
elementi leganti solubili. L'alluminio e le sue leghe non danno origine a trasformazioni che conducono a
differenti forme allotropiche o a trasformazioni senza diffusione, come quella martensitica per gli acciai. In
ogni caso, attraverso il controllo della solubilizzazione e successiva precipitazione degli elementi leganti
solubili, la resistenza alla deformazione (tensione di snervamento) in alcune leghe da trattamento termico
può essere incrementata con fattori compresi tra 5 e 6.

La variazione di solubilità degli elementi leganti con la temperatura è il principale fattore che può essere
utilizzato nei trattamenti termici, per influenzare la distribuzione degli elementi leganti medesimi. Anche se i
diagrammi di stato non mostrano le strutture che si formano a relativamente bassa temperatura e che sono
responsabili degli effetti di rafforzamento, essi indicano la direzione in cui la reazione in fase solida potrebbe
procedere per una data composizione, temperatura e struttura iniziale. Vi è tuttavia un altro fattore
fondamentale che influenza la cinetica delle reazioni allo stato solido di un dato soluto; la sua mobilità o
velocità di diffusione nella soluzione solida di alluminio. Sebbene le considerazioni con i diagrammi di stato
possono indicare che un certo elemento dovrebbe dissolversi o precipitare a una determinata temperatura,
la reazione può essere eliminata completamente se la mobilità degli atomi soluti è bassa a quella
temperatura. Velocità di reazioni specifiche sono inoltre influenzate da altri fattori come la concentrazione di
soluto, il cambio di energia e la velocità di nucleazione.

Le relazioni temperatura-solubilità in fase solida e temperatura-velocità di diffusione variano ampiamente per


le differenti specie di soluto e l'effetto del mantenimento ad una specifica temperatura può essere differente
per i differenti soluti. Molte leghe di alluminio contengono uno o più elementi che hanno caratteristiche di
solubilità e di diffusione che permettono una precipitazione solo a relativamente alta temperatura,
accompagnati da altri elementi che sono caratterizzati da una tendenza alla precipitazione a bassa
temperatura. Il primo gruppo comprende rame, magnesio, silicio o zinco e la combinazione di questi
elementi. In alcune leghe, alcune operazioni di riscaldamento effettuate nei processi possono causare la
precipitazione di elementi come il cromo e manganese mentre, allo stesso tempo, rame, magnesio, silicio e
zinco passano in soluzione solida. Come indicato dai diagrammi di stato ternari o quaternari, in molti casi
avvengono delle interazioni complesse, con precipitazione di fasi intermetalliche contenenti due o più soluti
oltre all'alluminio. Di conseguenza, ogni lega commerciale ha delle caratteristiche uniche che necessitano di
attenti controlli delle operazioni di trattamento termico che vengono effettuate sui lingotti, sui prodotti
intermedi e durante la fabbricazione; inoltre, opportune combinazioni di tempo e temperatura vengono
richiesti per le operazioni di trattamento termico finale per raggiungere particolari caratteristiche e proprietà.
Sistema di designazione dei trattamenti termici

Il sistema più utilizzato per la designazione dei trattamenti termici delle leghe di alluminio è quello introdotto
dall' "Aluminum Association" che consiste nell'utilizzare delle lettere. Delle suddivisioni dei trattamenti termici
principali, quando richiesti, sono indicati da una o più segni che seguono le lettere. Queste suddivisioni
designano specifiche sequenze di trattamento e indicano le caratteristiche del prodotto finale. Ulteriori segni
possono essere aggiunti quando una variazione nelle operazioni base porta a differenti caratteristiche.

Le suddivisioni per la serie T di trattamenti, utilizzano dei numeri compresi tra 1 e 10 per distinguere le
principali variazioni nella sequenza delle operazioni. Ulteriori segni vengono assegnati a prodotti che
vengono distesi, a prodotti che subiscono una deformazione plastica a freddo dopo tempra o tra tempra e
invecchiamento artificiale, a trattamenti effettuati con procedure speciali per controllare le caratteristiche
quali resistenza alla corrosione o stabilità dimensionale.

Il sistema principale di designazione dei trattamenti termici effettuati sulle leghe di alluminio è riportato nella
tabella I sottostante.

Designazione Caratteristiche
Come fabbricato. Si applica ai prodotti grezzi che acquisiscono alcune
F caratteristiche da operazioni di formatura, in cui non viene esercitato un
controllo specifico circa l’ammontare del rafforzamento per deformazione
plastica o sul trattamento termico. Per i prodotti grezzi in queste condizioni
non vi sono limiti circa le caratteristiche meccaniche. Si applica anche ai getti
tal quali se la lega viene prodotta in condizioni di trattamento termico.
Ricotto (solo prodotti grezzi, non da getto). Viene applicato per distendere
O completamente i prodotti e migliorarne la lavorabilità e per annullare
qualunque trattamento meccanico o termico precedente.
Solubilizzazione. Una condizione instabile applicabile solo alle leghe che
W invecchiano a temperatura ambiente dopo solubilizzazione. Questa
designazione è valida solo quando venga indicato il periodo di
invecchiamento naturale; per esempio: W (0,5h)
Trattamento termico per produrre condizioni stabili oltre a F e O. Si
T applica sia ai prodotti grezzi sia a quelli da getto, che vengono sottoposti a
trattamento termico, con o senza una deformazione plastica a freddo, per
ottenere condizioni stabili.
Leghe metalliche non Ferrose:Leghe di Alluminio

Il trattamento di ricottura

Questo trattamento può essere richiesto prima della formatura o di una lavorazione a freddo di una lega da
trattamento termico, quando il componente sia stato incrudito o sottoposto a trattamento termico di
rafforzamento.

La temperatura massima e la velocità di raffreddamento devono essere attentamente controllate per evitare
la formazione di dispersoidi rafforzanti durante o successivamente al trattamento di ricottura.

La modalità della ricottura deve essere scelta in funzione dei trattamenti termici e/o meccanici precedenti e
dalla microstruttura che nel materiale si è formata.

Nella ricottura delle leghe rivestite il tempo di mantenimento la massima temperatura deve essere limitato
per evitare eccessiva diffusione dalla matrice sottostante al rivestimento.

I trattamenti di ricottura vengono applicati ai prodotti ottenuti per colata solo quando vengano richieste
stringenti specifiche in riferimento alle tolleranze dimensionali o quando vengano specificate successive
operazioni di lavorazioni particolari. Il trattamento utilizzato in tale caso viene designato T2.

Metallografia di Alclad 2024-T3 che mostra un rivestimento di alluminio di purezza commerciale riportato su
un cuore di elevate caratteristiche meccaniche (100X).
Trattamenti termici connessi alla deformazione plastica

Ricottura dopo deformazione plastica a freddo.

The distorted, dislocated structure resulting from cold working of aluminum is less stable than the strain-free,
annealed state, to which it tends to revert.

Commercial aluminum alloys undergo this structural changes only with annealing at elevated temperature.
Accompanying the structural reversion are changes in the various properties affected by cold working.

These changes occur in three main steps:


• recovery
• recrystallization
• grain growth

Transmission electron micrographs of Al-5 Mg alloy sheet cold rolled 75% and annealed for various time at
345 °C. (a) As-rolled; (b) 1 min at 345 °C; (c) 5 min; (d) 1 hr (21,000X).
Leghe metalliche non Ferrose:Leghe di Alluminio

Ricottura dal punto di vista metallografico.

Le micrografie mostrano il procedere della ricristallizzazione in una piastra di 5083-H18 ricotta a 290 °C.
(a) Come rullata; (b) 10 min. at 290 °C; (c) 30 min.; (d) 1 h; (e) 4 h; (f) 8 h. Elettropulitura (100X).
Caratteristiche meccaniche ottenibili in seguito a ricottura.

Le proprietà di una lega di alluminio AA1100vengono mostrate nelle figure seguenti.

Curve di ricottura isoterma per piastre di AA 1100-H18.


Leghe metalliche non Ferrose:Leghe di Alluminio

Addolcimento delle leghe di Al-Mg.

Strain-hardened aluminum-magnesium alloy are a special commercial problem because they tend to age
soften at room temperature. Age softening increases with increasing magnesium content and cold work. The
following figures show this effect for an Al-6 Mg alloy.

Age softening of a strain-hardened Al-6 Mg sheet.


Designazione dei trattamenti termici
Oltre alle precedenti designazioni già prese in considerazione , la designazione (T) può ancora essere
suddivisa in 10 tipologie come evidenziato nella tabella sottostante.

Designazione Caratteristiche
Invecchiato naturalmente in una condizione sostanzialmente stabile. Si applica a
T1 quei prodotti in cui è avvenuta una parziale solubilizzazione di elementi leganti ad
elevata temperatura, seguita da un rapido raffreddamento dovuto al processo di
fabbricazione.
Ricottura (solo prodotti da getto). Indica una condizione ottenuta per mezzo di un
T2 trattamento di ricottura utilizzata per incrementare la duttilità e la stabilità dimensionale
del getto.
Solubilizzazione, deformazione plastica a freddo e invecchiamento naturale a
T3 condizioni sostanzialmente stabili. Si applica a quel prodotti che siano stati formati a
freddo per incrementare la resistenza o in cui la deformazione plastica è associata a
specifiche applicazioni. Differenti entità di deformazione plastica sono contrassegnate
con un secondo simbolo.
Solubilizzazione e invecchiamento naturale a condizioni sostanzialmente stabili.
T4 Si applica a quelle prodotti che non sono stati deformati a freddo dopo solubilizzazione,
o in cui l'effetto della deformazione plastica non è associata a specifiche applicazioni.
Invecchiamento artificiale. Si applica a quei prodotti che sono invecchiati
T5 artificialmente dopo processi che avvengono a elevate temperature, come getti o
estrusione, per incrementare la resistenza meccanica e la stabilità dimensionale.
Solubilizzato e invecchiato artificialmente. Si applica ai prodotti che non siano stati
T6 deformati a freddo di un possa solubilizzazione, o in cui la deformazione plastica è
associata a specifiche applicazioni.
Solubilizzato e sovrainvecchiato. Si applica ai prodotti che sono stati solubilizzati e
T7 invecchiati artificialmente oltre le condizioni di massimo rafforzamento, per ottenere
specifiche caratteristiche controllate, come stabilità dimensionale, tensioni residue
basse, o per incrementare la resistenza alla corrosione.
Solubilizzazione, deformazione plastica a freddo e invecchiamento artificiale a
T8 condizioni sostanzialmente stabili. Si applica a quel prodotti che siano stati formati a
freddo per incrementare la resistenza o in cui la deformazione plastica è associata a
specifiche applicazioni. Differenti entità di deformazione plastica sono contrassegnate
con un secondo simbolo.
Solubilizzato, invecchiato artificialmente e deformato plasticamente. Si applica ai
T9 prodotti che sono deformati a freddo come operazione finale, per incrementare la
resistenza.
Invecchiato artificialmente e deformato a freddo. Si applica ai prodotti che sono
T10 invecchiati artificialmente dopo processi effettuati ad elevata temperatura, come getti
ode estrusione, e deformati a freddo per incrementare la resistenza.

Per i trattamenti che vanno dal T3 al T10 potrebbe essere necessario effettuare un periodo di
invecchiamento naturale per ottenere le caratteristiche desiderate.
Tali designazioni possono comprendere ulteriori numeri per leghe da trattamento termico in cui si debba
avere una diminuzione delle tensioni associate al trattamento termico. Per esempio:

Tx51a – Diminuzione dello stato tensionale effettuando uno stiramento. Tale stiramento, effettuato dopo
il trattamento di solubilizzazione e tempra, deve risultare dello 0,5-3% per le piastre e dell’1-3% per le forme
cilindriche e le altre forme. Tale designazione si applica direttamente a piastre rullate o tondini o sbarre finite
a freddo. Tale stiramento non incrementa il rafforzamento dei prodotti.

Tx52a – Diminuzione dello stato tensionale effettuando una compressione. Tale compressione,
effettuata dopo il trattamento di solubilizzazione, deve produrre una deformazione permanente del 2,5%.

Tx53a – Diminuzione dello stato tensionale effettuando un trattamento termico.

a
La lettera x rappresenta i numeri 3, 4, 6 o 8 quando applicabile.
Leghe metalliche non Ferrose:Leghe di Alluminio

Diagramma di stato Al-Cu


Principi generali di rafforzamento per precipitazione

Le leghe da trattamento termico contengono dei quantitativi di elementi leganti solubili che eccedono i limiti
di solubilità della soluzione solida a temperatura ambiente e a temperature moderatamente più alte. La
quantità presente può essere inferiore o superiore a quello di massima solubilità alla temperatura eutettica.
La figura 1 mostra una porzione del diagramma di stato alluminio-rame e illustra queste due condizioni con
le principali relazioni tra solubilizzazione e precipitazione che vengono coinvolte. Due leghe che contengano
il 4,5 e il 6,3% di rame sono rappresentate come linee tratteggiate (a) e (b). Le relazioni di solubilità e il
comportamento a riscaldamento di queste composizioni approssimano quello delle leghe commerciali 2025
e 2219, e i principi possono essere applicati a tutte le altre leghe da trattamento termico.

Holding the 4.5 % Cu at solution temperature until equilibrium is attained causes the copper to go completely
into solid solution.

Reducing temperature, a driving force induce the supersaturated solid solution to originate some precipitate
from the excess of solute.

Driving force increases increasing supersaturation and decreasing temperature.

The rate of precipitate particles depends on the atom mobility, which is reduced as temperature decrease.

The solid solution formed at elevated temperature may be retained in a supersaturated state by cooling with
sufficient rapidity to avoid precipitation in the intermediate temperature range. Precipitation can occur
successively and can be controlled more precisely.

If precipitation phenomena is spontaneous at room temperature we call "natural aging". Precipitation can be
accelerated in these alloys by heating above room temperature; this operation is referred to as "artificial
aging" or "precipitation heat treating".
Leghe metalliche non Ferrose:Leghe di Alluminio

Solubilizzazione

The purpose of the solution heat treatment


is to obtain in solid solution the maximum
practical concentration of the hardening
solute such as copper, magnesium
together with silicon or zinc.
The diagrams below show that the
solubility of these elements increases
markedly with temperature. Furthermore,
the rate of solutions increases with
temperature, because of increased
diffusion rate.

Figure: Solubility of some alloying


elements in aluminum.

Effect of solution heat-treating


temperature on the tensile properties
of 2014-T4 and 2014-T6 sheet.

It is very important good control and uniformity of temperature within the furnace.
Rate of heating to solution heat-treating may affect the grain size.
Air is the usual heating medium.
The time required at the solution heat-treating temperature depends upon type of product, alloy, casting or
fabricating procedures used and section thickness.
Times at temperature range generally from 8 to 12 hours.
In case of clad products it must be shorter: 10 to 30 minutes.

HAZARDS
Germinative grain growth in reheated components
Decreasing of resistance to corrosion if reheating temperature or time of treatment are not higher than the
first.
High temperature oxidation: formation of small rounded voids or crevice within the metal and by surface
blisters.
Precipitation in Specific Alloy Systems

Aluminum-Copper
SS → GP [1] → GP [2] → θ’ → θ

Aluminum-Copper-Magnesium
SS → GP → S’ (Al2CuMg) → θ (Al2CuMg)

Aluminum-Magnesium-Silicon
SS → GP → β’ (Mg2Si) → β (Mg2Si)

Aluminum-Zinc-Magnesium
SS → GP Zones [spherical] → M’ → M
T’ → T

Correlation of structures and hardness of Al-4 Cu alloy aged at two temperatures.

La formazione di particelle metastabili durante l’invecchimento avviene solo in alcuni sistemi per cui si
verificano delle condizioni termodinamiche in cui il raggiungimento della fase di equilibrio stabile passa
attraverso la formazione di queste particelle intermedie. Le particelle definite GP (da Guinet-Preston) sono
caratterizzate da un reticolo coerente o semicoerente con la matrice, che crea localmente degli elevati stati
pensionali de energetici, con conseguente blocco del movimento delle dislocazioni ed innalzamento del
limite di snervamento del materiale.
La temperatura è una grandezza fondamentale nella dinamica dell’invecchimento come si può rilevare dal
grafico. Alla temperatura di 130 °C sono chiaramente distinguibili i tratti di precipitazione delle particelle GP1
(linea continua) e GP2 (linea tratteggiata) mentre a temperatura più elevata (190 °C) si osserva per tempi
minori solo la linea tratteggiata (GP2) e la linea a punti (θ’).
Leghe metalliche non Ferrose:Leghe di Alluminio

Precipitazione o Tempra

L’obiettivo della tempra è mantenere il più intatta possibile la soluzione solida formatasi durante il
trattamento di solubilizzazione, effettuando un raffreddamento rapido fino a bassa temperature,
generalmente temperatura ambiente.

Durante questo rapido raffreddamento è importante non solo mantenere l’eccesso di soluto presente ad
elevata temperatura, ma mantenere anche una percentuale di vacanze più elevata, per favorire la diffusione
a bassa temperatura per la formazione di precipitati metastabili indurenti.

La forza spingente che controlla e determina la formazione di precipitati di equilibrio durante il


raffreddamento è il grado di sovrassaturazione. La velocità di diffusione influenza tuttavia in modo notevole
percentuale di formazione di tali precipitati. Il grado di sovrassaturazione e la velocità di diffusione variano in
modo opposto con la temperatura. Di conseguenza, la temperatura, che direttamente agisce su questi due
parametri risulta la grandezza fisica controllante. Risulta infatti che soltanto alle temperature intermedie sia il
grado di sovrassaturazione sia la velocità di diffusione sono tali da permettere la massima velocità di
formazione di particelle di seconda fase di equilibrio.
Sono pertanto queste temperature intermedie quelle alle quali la velocità di raffreddamento deve risultare più
elevata.

Rappresentazione schematica dell’influenza della temperatura sui fattori che determinano la velocità di
precipitazione.
Intervallo di temperatura critico

In generale I valori più elevati di rafforzamenti si ottengono con le velocità di raffreddamento più elevate.

Effect of time and temperature in interrupted quenching experiments on tensile and yield strength of alloy
7075, expressed as percentages of strengths obtained by quenching without interruption.

Alloy Characteristics

Tensile strengths of six alloys as a function of average cooling rate during quenching.
Leghe metalliche non Ferrose:Leghe di Alluminio

Invecchimento

Aging characteristics of two aluminium sheet alloys at elevated temperature.


Influenza della composizione chimica

Natural aging curves for binary Al-Cu alloys quenched in water at 100 °C.

Precipitation hardening curves for binary alloys quenched in water at 100 °C ad aged at 150 °C.
Leghe metalliche non Ferrose:Leghe di Alluminio

Influenza dello spessore

Average tensile properties of 7075-T651 plate as a function of thickness.


Ingot Preheating Treatments

Principal objective Improved workability

Microstructure is quite heterogeneous


In particular dendritic segregation or microsegregation

Schematic representation of the origin of


cored dendritic structure and interdendritic
second-phase particles in solid solution
alloy.

Scanning electron micrograph of the center of an as-cast low-carbon steel ingot showing dendrite spikes
(primary arms) and second arms. (Unetched 10X).
Leghe metalliche non Ferrose:Leghe di Alluminio

The result of this solidification sequence is a cored dendritic structure with solute content increasing
progressively from center to edge, and an interdendritic distribution of second phase particles or eutectic.

2024 as-cast ingot containing grains with constituent


particles along cored dendritic boundaries (100X).

3003 as-cast ingot structure containing principally


MnAl6 and Mn3SiAl12 constituents in a cored
dendritic structure (250X).

Distribution of copper in dendrite cell of chill


cast Al-4 Cu alloy in the as-cast condition.
The choose of operating condition (time and temperature) depend on the solidification rate other than the
alluminum alloy considered.
In fact increasing solidification rate, decreases chemical homogeneity in dendrite arm, but dendrite cell size
result smaller; therefore diffusion distance result reduced.

Alloy 2011 ingot as-cast. Structure: network of


CuAl2 (mottled) at boundaries of alluminum
grains, needles and other large particles of
Cu2FeAl7 and dark globules of lead and bismuth.
Keller’s reagent. 500X.

Same as over, but homogenized at 525 °C for 2 h.


Note than the CuAl2 has coagulated into a clear
constituent and has partly dissolved .Fine
precipitate of CuAl2 within the aluminium grains.
Keller’s reagent. 500X.

Same, except the ingot was homogenized at 525


°C for 12 h. The CuAl2 at the grain boundaries
has almost completely dissolved, and there is
much fine precipitate of CuAl2 within the
aluminium grains. Keller’s reagent. 500X.
Leghe metalliche non Ferrose:Leghe di Alluminio

Velocità di raffreddamento dopo colata.

Microstrutture risultanti in seguito a differenti velocità di solidificazione, ottenute con differenti processi di
colata per una lega Al-5%Si. Le dimensioni delle dendriti e delle altre particelle diminuiscono incrementando
la velocità di raffreddamento, passando da getti in sabbia a getti in stampi di acciaio a pressocolata. Attacco,
0.5% HF (500X).

In case of cast alloy is necessary maximum toughness. We can use cooling rate quite fast to obtain many
small rounded particles of intermetallic phases.

To improve workability, cooling rate must be very slowly, to re-precipitate and coalesce the solute in an
interdendritic distribution of fairly large particles.

In some case, due to peritectic transformation and to relatively slow diffusion of some element, segregation
result just the reverse of that previously described. In these cases, ingot preheating treatments are designed
to produced precipitation of particles with dimensions of 100-1000 Å (dispersoids).
Microstrutture delle leghe di Al-Si

Una lega Al-Si conterrà sempre quantità più o meno elevate di Si eutettico acculare dal momento che la
solubilità massima del silicio nella soluzione solida ricca in alluminio (α) è modeata (1,65%) e che il tenore di
Silicio utilizzato è sempre notevolmente più elevato. La presenza di questa fase può penalizzare le
caratteristiche meccaniche in quanto questa forma può, sotto determinate condizioni di stress, agire da
concentratore di sforzo. Per minimizzare questo effetto la lega viene modificata con aggiunte di minime
quantità di Na il quale ha la proprietà di rendere globuliformi queste isole di Si eutettico.
Le leghe a base Alluminio contengono ovviamente anche altri elementi oltre il Silicio (es. Cu, Fe, Mn, Ni).
Tali elementi possono modificare anche profondamente la struttura del materiale e quindi le sue
caratteristiche meccaniche ed il suo impiego. Per esempio il costituente β−(Al-Fe-Si) infragilisce il materiale
in quanto la sua morfologia è lamellare. Per ovviare a questo inconveniente vengono aggiunte modeste
quantità di manganese che rendono questa fase β di per sé meno dura e disposta in modo meno pericoloso
(forma di tipo “scheletrico”). La nuova fase è nota come α-(Al-Fe-Si-Mn).

Micrografie
che illustrano differenti gradi di modifi-cazioni dell’eutettico da non modificato (A) a ben modificato (F). Leghe
Al-Si allo stato di getto prima di qualunque trattamento di solubilizzazione.
Leghe metalliche non Ferrose:Leghe di Alluminio

Leghe Al-Si

NiAl3

Si eutettico (non
modificato)

S
i primario
In accordo con il diagramma di stato, la struttura è costituita da Si primario poligonale e Si eutettico
aciculare (in questo caso non modificato). La presenza in lega di Nichel provoca la formazione di
NiAl3 .

Si eutettico
modificato

F
ase β(Al-Fe-Si)
Microstruttura di lega eutettica modificata.
Esempi - Lega ipo-eutettica non modificata.

L’immagine è stata processata in modo da fornire al primo impatto visivo la situazione strutturale della lega.
L’immagine è stata ottenuta al SEM miscelando il segnale di backscattering con quello degli elettroni
secondari. Il primo dei due segnali è proporzionale al numero atomico (la fase α appare infatti più chiara) e
da solo non riuscirebbe a discriminare tra Al e Si (D Z=1). Il secondo segnale - di natura esclusivamente
morfologica - esalta invece la presenza del Silicio.

Azzurro: Arancio: Si eutettico Bianco:


Matrice Al non modificato α(Al-Fe-Si-Mn)

L’immagine, processata con falsi colori, costituisce una mappa di concentrazione chimica.
Leghe metalliche non Ferrose:Leghe di Alluminio

Tabelle
Tabelle contenenti le composizioni chimiche, le caratteristiche meccaniche e la resistenza alla corrosione,
lavorabilità e saldabilità per le leghe di alluminio.
Leghe metalliche non Ferrose:Leghe di Alluminio
Leghe metalliche non Ferrose:Leghe di Alluminio
Leghe metalliche non Ferrose:Leghe di Alluminio
Leghe metalliche non Ferrose:Leghe di Alluminio
Leghe metalliche non Ferrose:Leghe di Alluminio
Applicazioni

MATERIAL ALUMINUM 2219 T851


Leghe metalliche non Ferrose:Leghe di Magnesio

IL MAGNESIO
Leghe di Magnesio
Il magnesio è un metallo che ha una temperatura di fusione di 650 °C, un modulo elastico di 42 GPa e
cristallizza con un reticolo EXC. La massa volumica del magnesio è di 1.738 Kg/m3. L’alluminio e lo zinco
sono relativamente solubili nel magnesio ma la loro solubilità diminuisce a temperatura ambiente. La
solubilità dell’alluminio è 12,7% in peso a 437 °C e 3% a 93 °C; la solubilità dello zinco è 6,2 % a 340 °C e
2,8 % a 204 °C. Le solubilità di manganese, zirconio e cerio sono inferiori al 1% in peso a 482 °C. Alla
temperatura eutettica, il 4,5 % di torio è solubile nel magnesio. Il manganese incrementa la stabilità alla
corrosione in leghe di magnesio contenenti zinco ed alluminio.

Classificazione

Prima parte Seconda parte Terza parte Quarta parte


Indica i due elementi Indica il quantitativo diDistingue leghe con lo Condizione di trattamento
leganti principali questi due elementi stesso quantitativo di termico
elementi leganti
principali
Lettere codificate per i Due numeri interi Lettere dell’alfabeto Lettere e numeri separanti
due elementi leganti indicanti la percentuale assegnate in ordine dalla terza parte da un
principali in ordine di dei due elementi leganti progressivo quando trattino
percentuale (o alfabetico principali nell’ordine una composizione
se le percentuali sono della prima parte diventa standard
uguali)
A-alluminio Numeri Lettere dell’alfabeto F-come fabbricato
B-bismuto eccetto I e O O-ricotto
C-rame H10 e H11- leggermente
D-cadmio rafforzato per
E-terre rare deformazione
F-ferro H23, H24 e H26- rafforzato
G-magnesio per deformazione e
H-torio parzialmente ricotto
K-zirconio T4-solubilizzato
L-litio T5-solo invecchiato
M-manganese artificialmente
N-nichel T6-solubilizzato ed invec-
P-piombo chiato artificialmente
Q-argento T8-solubilizzato, deformato
R-cromo a freddo ed invecchiato
S-silicio artificialmente
T-piombo
W-ittrio
Y-antimonio
Z-zinco

Leghe di magnesio da getto


Le leghe di magnesio da getto si suddividono ulteriormente in
leghe per pressofusione
leghe per getti in sabbia o conchiglia.
Leghe metalliche non Ferrose:Leghe di Magnesio

La tecnologia utilizzata per produrre leghe da getto è funzione della produttività richiesta, del componente da
produrre e dalle tolleranze dimensionali che si vogliono ottenere. Nelle figure sottostanti sono riportati i dati
delle tolleranze dimensionali ottenibili per confronto con le differenti tecnologie utilizzabili e le dispersioni dei
risultati dimensionali per due componenti testati.

Nella tabella sottostante si riportano alcune delle più utilizzate leghe da pressofusione con le rispettive
composizioni chimiche e caratteristiche generali.

Lega (*) Composizione chimica Caratteristiche generali


AZ91D Al 9%, Zn 0,7%, Mn 0,13% E’ la lega più usata. Buona resistenza a temperatura
ambiente buona colabilità, buona stabilità alle
condizioni atmosferiche, eccellente resistenza alla
corrosione dell’acqua salata.
AM60B Al 6%, Mn 0,13% Buon allungamento e tenacità, eccellente resistenza
alla corrosione dell’acqua salata, buone proprietà tensili
e di snervamento.
AS21X1 Al 1,7%, Si 1,1%, Mn 0,4% La migliore lega da pressofusione come resistenza al
creep, buone proprietà a temperatura ambiente,
utilizzabile in applicazioni per alta temperatura.
AS41XB Al 4,3%, Si 1%, Mn 0,35% Buona resistenza al creep fino a 175 °C, buone
proprietà a temperatura ambiente, eccellente
resistenza alla corrosione dell’acqua salata, utilizzabile
in applicazioni per alta temperatura.
(*) Tutte le caratteristiche sono nelle condizioni di getto.
Leghe per getto in conchiglia o in sabbia
Si riportano alcune tipologie di leghe da getto con i principali elementi leganti.

Elementi in lega Sigle


Mg-Al-Mn AM100A
Mg-Al-Zn AZ63A, AZ81A, AZ91C, AZ92A
Mg-Zn-Zr ZK51A, ZK61A
Mg-Terre Rare-Zn-Zr EZ33A, ZE41A
Mg-Terre Rare-Ag-Zr con o senza Th QE22A, QH21A
Mg-Th-Zr con o senza Zn HK31A, ZH62A, HZ32A
Mg-Zn-Cu ZC63A

Si riportano le più utilizzate leghe da getto con le rispettive composizioni chimiche e caratteristiche generali.
Lega T.T. Composizione Caratteristiche
AM100A T4,T6 Al 10%, Mn 0,1% Lega da getto in conchiglia, saldabile e stabile
AZ91E T6 Al 8,7%, Zn 0,7%, Lega a scopo generale, buona resistenza, utilizzabile fino
Mn 0,13% a 175 °C, stabile, buona resistenza alla corrosione
dell’acqua salata.
AZ92C T6 Al 9%, Zn 2%, Lega a scopo generale, buona resistenza, utilizzabile fino
Mn 0,1% a 175 °C, stabile.
EQ21A T6 Di* 2,1%, Ag 1,5%, Lega da trattamento termico, con elevato snervamento fino
Zr 0,7% a 250 °C, saldabile.
EZ33A T5 T.R. 3,3%, Zn 2,7%, Resistente al creep fino a 250 °C, buona colabilità,
Zr 0,6% saldabile
HZ32A T5 Th 3,3%, Zn 2,1%, Resistente al creep fino a 345 °C, saldabile.
Zr 0,7%
QE22A T6 Ag 2,5%, Di* 2,1%, Lega da trattamento termico, con elevato snervamento fino
Zr 0,7% a 250 °C, saldabile.
ZE41A T5 Zn 4,2%, T.R. 1,2%, Facilmente colabile, saldabile, elevata resistenza a
Zr 0,7% temperatura ambiente.
ZH62A T5 Zn 5,7%, Th 1,8%, Colabile come la precedente ma più resistente, saldabile,
Zr 0,7% tenuta di pressione.
ZK61A T6 Zn 5,7%, Zr 0,7% Eccellente resistenza a temperatura ambiente, Poco
colabile ma in grado di sviluppare elevate caratteristiche
come getto.
T.R. – terre rare
*miscela di neodimio e praseodimio

Leghe di magnesio da lavorazione plastica e trattamento termico

Lega T.T. Composizione Caratteristiche


AZ10A F Al 1,2%, Zn 0,4%, Mn 0,2% σr = 240 MPa, σs = 145 MPa, A% = 10
AZ61A F Al 6%, Zn 1% σr = 310 MPa, σs = 230 MPa, A% = 16
Az80a T5 Al 8,5%, Zn 0,5%, σr = 380 MPa, σs = 275 MPa, A% = 7
ZK60A T5 Zn 5,5%, Zr 0,45%, σr = 365 MPa, σs = 305 MPa, A% = 11
Leghe metalliche non Ferrose:Leghe di Magnesio

Trattamenti termici

Le leghe di magnesio sono sottoposte a trattamento termico per incrementare le caratteristiche meccaniche
o per ottenere particolari caratteristiche operative. La tipologia del trattamento termico effettuato dipende
dalla composizione della lega, dalla tecnologia di ottenimento del componente (getto o colata per successiva
laminazione) e da condizioni di messa in opera preventivate.
La solubilizzazione ed invecchiamento incrementano la resistenza, risultando anche in un’elevata tenacità e
resistenza agli urti.

Nella maggior parte delle leghe di magnesio i trattamenti termici permettono di ottenere le migliori
caratteristiche. Comunque, nelle leghe magnesio–zirconio, l’effetto estremamente pronunciato dello zirconio
nell’ottenere una microstruttura estremamente fine gioca un ruolo determinante nei valori delle caratteristiche
meccaniche ottenute.

Caratteristiche meccaniche

Lega σr σs A% Resilienza [J] a 24 °C


AM100A - T61 275 150 1 -
AZ91C - T6 290 132 6,3 7,96
AZ92A - T6 290 160 4 7,62
EQ21A - T6 235 195 2 -
EZ33A - T5 190 115 7,6 7,46
HZ32A - T5 185 90 4 -
QE22A - T6 280 213 4,4 23,5
ZE41A - T5 205 140 3,5 -
ZH62A - T5 275 192 5,7 15,02
ZK61A - T5 310 185 - -
AZ10A - F 240 145 10 -
AZ61A - F 310 230 16 -
Az80A - T5 380 275 7 -
ZK60A - T5 365 305 11 -

Caratteristiche meccaniche in funzione della temperatura


Il comportamento ad alta temperatura è un aspetto importante per le leghe di Mg dal momento che questi
materiali presentano una temperatura di fusione abbastanza modesta. Nei grafi sottostanti viene riportata
l’influenza della temperatura.

Saldatura
Le leghe di magnesio possono essere comunemente saldate utilizzando metodi quali TIG, MIG o saldatura
"spot". Il materiale di apporto è all'incirca della stessa composizione della lega base.
L'efficienza della giunzione varia considerevolmente da lega a lega e può andare dal 100% al 71% in
funzione della lega e del materiale di apporto.
Leghe metalliche non Ferrose:Leghe di Magnesio

Applicazioni

Scatola dello sterzo

Struttura di sedile con avvolgitore.

Accoppiamento alluminio-magnesio in un basamento motore.


Caratteristiche di resistenza alla corrosione e soluzioni costruttive
Il magnesio e le sue leghe presentano una resistenza alla corrosione molto bassa. Per tale motivo sono stati
condotti numerosi studi per valutare le condizioni operative e gli accoppiamenti più adatti per evitare il
manifestarsi di fenomeni corrosivi deleteri per i componenti in opera (soprattutto corrosione galvanica).
Leghe metalliche non Ferrose:Leghe di Magnesio
ATMOSFERE CONTROLLATE
Atmosfere di trattamento

ATMOSFERE CONTROLLATE
Quando parliamo di trattamenti termici intendiamo trattamenti ad alta temperatura: più è alta la temperatura
maggiore è la reattività dell’acciaio nei confronti dell’atmosfera circostante.
Una funzione basilare delle atmosfere protettive è quella di evitare l'ingresso di aria nel forno; l’atmosfera
protettiva deve pertanto essere mantenuta in lieve sovrappressione, rispetto all'esterno, e avere una portata
con elevato flusso per garantire una sufficiente capacità di scambio di calore per il riscaldamento e il
raffreddamento nelle varie zone del forno.
Si vogliono evitare essenzialmente due fenomeni:
1. l’ossidazione superficiale, che può portare alla formazione di FeO, Fe3O4, al limite Fe2O3
2. la decarburazione che fa diminuire la percentuale di carbonio della superficie secondo la
reazione C + O2 ⇔ CO2

Per piccoli periodi di esposizione all’aria si hanno strati decarburati sottili ma, più aumenta l’esposizione,
maggiore sarà l’estrazione di carbonio dal cuore del pezzo, favorita da fenomeni diffusivi. Negli strati
decarburati, scomparso il carbonio, è presente solo ferrite che ha una resistenza molto bassa (≈400 MPa) e,
probabilmente, inferiore a quella di progetto. Se l’organo meccanico in questione verrà sottoposto, in opera,
a carichi che abbiano il loro massimo in superficie (momento flettente o torcente) si creano delle rotture che
possono poi propagare per fatica. Dal momento che, parlando di fatica, circa il 90% del tempo, prima di
completa rottura, è impiegato per la nucleazione della prima cricca e solo il 10% per la propagazione, con
uno strato ossidato e decarburato accorciamo del 90% la vita del manufatto.

Le atmosfere protettive convenzionalmente utilizzate nei trattamenti termici sono endotermiche, esotermiche,
azoto, il vuoto, l’ammoniaca dissociata e l’idrogeno.
Le atmosfere endotermiche sono le più utilizzate per gli acciai, seguite dalle atmosfere esotermiche utilizzate
i materiali non ferrosi come le leghe base rame, l'azoto ed il vuoto vengono utilizzati per gli acciai
inossidabili, le leghe magnetiche, gli acciai rapidi e per applicazioni speciali.
Le atmosfere esotermiche ed endotermiche sono ottenute facendo reagire un idrocarburo, (solitamente
metano) con aria in difetto.

CH4 + 2O2 ↔ CO2 + 2H2O (combustione completa con ossigeno stechiometrico)


CH4 + 1/2O2 ↔ CO + 2H2 (combustione parziale con carenza di ossigeno)

Nei fumi si instaurano delle reazioni di equilibrio tra le varie sostanze:

CO + H2O ↔ CO2 + H2 (reazione di equilibrio del gas d’acqua)


2CO ↔ CO2 + C(γ) (equilibrio di Bouduard)
H2 + 1/2O2 ↔ H2O (equilibrio di dissociazione dell’acqua)

Sotto è riportato il grafico delle miscele ottenibili (a 1000 °C) per differenti rapporti aria/metano, anche alla
luce delle reazioni di equilibrio che si instaurano.
Sia l’ossigeno che l’anidride carbonica hanno un’azione ossidante e decarburante; il monossido di carbonio
ed il metano hanno un’azione carburante; l’umidità atmosferica ha un’azione ossidante; l’idrogeno ha
un’azione decarburante e riducente.
Le atmosfere endotermiche sono ottenute facendo reagire (combustione) un idrocarburo in carenza di
ossigeno (aria) secondo la reazione:

2CH4 + 4,8 aria (O2+3,8 N2) → 2CO + 4H2 + 3,8N2


Il rapporto aria / metano è di 2,4 a 1 e, di solito, la percentuale di aria va da 2,5 a 3. La reazione è
endotermica e bisogna pertanto fornire del calore. In endogas si ritrova tipicamente il 40% di azoto, 40% di
idrogeno, e 20% di monossido di carbonio con piccole percentuali di acqua, anidride carbonica e metano.
Il rapporto idrogeno/acqua determina il comportamento dell'atmosfera, riducente od ossidante e definisce
anche il punto di rugiada dell'atmosfera, misurato in °C.
Il rapporto monossido di carbonio/anidride carbonica determina il potere carburante/decarburante.
Un'altra miscela endotermica viene prodotta facendo reagire il metano con vapor d'acqua secondo la
reazione:
CH4 + H2O → CO + 3H2
Utilizzando tale reazione il
70
contenuto di idrogeno
risulta più elevato e non è
1000 °C presente azoto.
60 Le atmosfere
esotermiche contengono
dal 67 al 87 % di azoto e
50 vengono ottenute facendo
N2
reagire un idrocarburo
% IN VOLUME

H2
40 (metano) con aria in difetto
CO
in rapporto di 1 a 6. Le
H2O atmosfere esotermiche
30 CO2 sono molto decarburanti a
temperature superiori a
700 °C.
20
L’azoto e l’argon sono
normalmente considerati
10 gas inerti rispetto agli
acciai ma bisogna fare
attenzione ad utilizzare
0 l’azoto e l’argon
2 3 4 5 6 7 8 9 10 commerciale poichè
contengono piccole
RAPPORTO ARIA /METANO
percentuali di acqua che
possono essere nocive. Il
costo dell’argon è decisamente superiore a quello dell’azoto, anche se maggiormente inerte rispetto a tutti i
metalli.
Il vuoto, che è essenzialmente una mancanza di atmosfera, è utilizzato principalmente per il trattamento
termico degli acciai inossidabili, acciai per utensili, carburi, leghe magnetiche e metalli come titanio, zirconio,
uranio, tantalio ed altri metalli refrattari che possono reagire con le sostanze gassose sopra menzionate.
Operando in vuoto si utilizzano spesso temperature superiori.
L'ammoniaca dissociata e l'idrogeno sono atmosfere
molto riducenti e sono pertanto utilizzati quando si 2
voglia un’elevata capacità di eliminazione degli ossidi,
Vapor d'acqua [% vol.]

ad esempio nella sinterizzazione degli acciai 1,6


inossidabili. Termodinamicamente, un elevato
contenuto di idrogeno svolge anche effetto 1,2
decarburante. A livello cinetico, tuttavia, la reazione
decarburante è molto lenta, quando il punto di rugiada 0,8
nel forno rimane basso. L'elevato contenuto di idrogeno
di tali atmosfere permette di avere un’elevata 0,4
conducibilità termica.
0
-30 -20 -10 0 10 20
Punto di rugiada [°C]
Leghe metalliche ferrose: Acciai e Ghise

ACCIAI E GHISE
TRASFORMAZIONE EUTETTOIDICA E TRATTAMENTI DI TEMPRA.

Figura 1: Diagramma di stato stabile Fe-C.


In Fig. 1 è riportato il diagrmma di stato stabile Fe_C nella parte ricca in ferro. La parte che interessa al
metallurgista si trova nel quarto inferiore sinistro. In particolare consideriamo la trasformazione eutettoidica.
Questa trasformazione interviene per austeniti che contengano circa lo 0,8% (0,85) di carbonio.
Vediamo cosa succede nel passaggio:

austenite → perlite (cementite più ferrite)


Quando si raggiungono i 723 °C (740) l'austenite comincia ad essere meno stabile; le zone di massima
energia in una struttura monofasica sono sempre i bordi di dei grani e di conseguenza le trasformazioni
interverranno sicuramente partendo da un confine tra grano e grano.
Ci si chiede come mai da un cristallo che contiene lo 0,77%C si ottengano zone con 6,67% di carbonio
(cristalli di cementite) e zone completamente prive di carbonio (0,02% di C per le zone ferritiche). Ciò che si
viene a formare inizialmente è un nucleo di cementite. Vediamo ora di riprendere alcune teorie della
nucleazione. Il carbonio è un elemento con dimensioni atomiche ridotte rispetto al ferro ed è quindi un soluto
di tipo interstiziale. Esso inoltre ha notevoli possibilità di movimento all'interno del cristallo (perché siamo a
temperature piuttosto elevate, 723 °C, maggiore della temperatura di ricristallizzazione del ferro). Se fossimo
a 750 °C per un processo casuale gli atomi di carbonio si possono venire a trovare in un determinato punto
in alte concentrazioni; in questo caso (750 °C) siamo però nel campo di stabilità dell'austenite per cui, se si
viene a formare un’alta concentrazione di atomi di carbonio, questa può sempre dissolversi in virtù del moto
casuale di cui sono dotati gli atomi stessi.
Tuttavia se questo fenomeno casuale si manifesta a 723 °C o a temperature inferiori l'austenite non è più
completamente stabile (a 723 °C c'è la trasformazione eutettoidica, sotto i 723 °C l'austenite è
completamente instabile).
Leghe metalliche ferrose: Acciai e Ghise

TIPO SCOPO DESCRIZIONE CICLO

Migliora la lavorabilità all'utensile A3


Omogeneizza il materiale Elimina le tensioni Riscaldo 30-50 °C > A3 Raffreddamento lento, A1
COMPLETA
interne Il materiale è prossimo all'equilibrio specie nell'intervallo A3 -A1
stabile

Rende la struttura dei carburi globulare (es. A3


DI COALESCENZA O perlite globulare), aumentando l'efficienza Riscaldo tra A1 e A3 e pendolamento termico A1
DI GLOBULIZZAZIONE delle lavorazioni di stampaggio a freddo, attorno ad A1
ricalcatura ed estrusione.

A3
DI Elimina gli effetti dell'incrudimento meccanico,
Riscaldo poco sotto A1, permanenza e A1
RICRISTALLIZZAZION ripristina la struttura a grani regolari ed elimina
E raffreddamento lento.
eventuali tensioni interne.

A3
Riscaldo sopra A3, austenitizzazione completa,
Conferire al materiale una buona lavorabilità
raffreddamento rapido sotto A1, pausa isotermica A1
ISOTERMICA conferendo allo stesso una struttura perlitico-
nella quale avviene la trasformazione,
ferritica.
raffreddamento a t.a.
A3

Indurre nell'acciaio le strutture di equilibrio, Riscaldo sopra A3, austenitizzazione completa, A1


NORMALIZZAZIONE
eliminando tensioni e disomogeneità raffreddamento molto lento in forno.

Operazione conclusiva della bonifica, elimina A3


le tensioni di tempra. Trasforma la martensite
Riscaldo poco sotto A1, permanenza e A1
RINVENIMENTO in martensite rinvenuta. Non offre sostanziali
raffreddamento lento.
differenze nel ciclo rispetto alla ricottura di
ricristallizxzazione.
A3
Trattamento molto blando per eliminare le Riscaldo molto sotto A1, permanenza e A1
DISTENSIONE
tensioni interne. raffreddamento lento.

Tipici trattamenti termici effettuabili sulle leghe ferrose e relativi cicli termici.

Prof. Graziano UBERTALLI 127


Di conseguenza se a 723 °C o a temperature inferiori si forma localmente su un bordo di almeno un cristallo
un'alta concentrazione di atomi di carbonio, si può avere la nucleazione del primo cristallo di cementite.
Il fatto che si formi il primo nucleo di cementite sul bordo di grano provoca immediatamente la nucleazione,
al fianco, di grani di ferrite (anzi 2 grani di ferrite uno da una parte l'altro dall'altra, descrivento il processo nel
piano).
Il processo di nucleazione comporta successivamente un facile processo di accrescimento perché gli atomi
di carbonio si andranno a posizionare per far crescere il cristallo di cementite e le zone di austenite
impoverite di atomi di carbonio si adatteranno (trasformazione cristallina) a formare cristalli di ferrite.
Ritornando a considerare le teorie della nucleazione si può dire che se ci si pone in una situazione di fuori
equilibrio cioè invece di fare questo lavoro a 723 °C viene fatto a 700 °C, i nuclei critici (dimensione
raggiunta la quale possono accrescersi) che si ottengono sono più piccoli e molto più numerosi per cui la
struttura risulta più fine. Man mano che diminuisce la temperatura a cui si fa avvenire la trasformazione si
ottengono strutture via via più fini.
La probabilità che si formi un nucleo critico aumenta dunque quanto più bassa è la temperatura e, quindi, i
fenomeni di nucleazione sono più veloci.
Ciò significa che i tempi per ottenere una frazione visibile di perlite (miscela lamellare di cementite e ferrite)
diminuiscono al diminuire della temperatura (almeno fino a certi valori di sottoraffreddamento, corrispondenti
a 550 °C). I tempi per avere una trasformazione completa diminuiscono anch'essi al diminuire della
temperatura. Questa è la spiegazione che si può dare per l'andamento delle curve T.T.T. (temperatura,
tempo di trasformazione). A temperature ancora inferiori diventa predominante la bassa mobilità atomica
(diffusione); di conseguenza i tempi di formazione dei primi cristalli di perlite si riallungano.
La prima curva (a sinistra) del
diagramma T.T.T. corrisponde per
convenzione al 1% di perlite
formata, l'ultima al 99% di perlite
formata.
Il metodo con cui vengono
tracciate le curve T.T.T. consiste
nel prendere un campione e
portarlo istantaneamente ad una
temperatura inferiore a quella
eutettoidica, tenerlo a tale
temperatura per un certo periodo
di tempo (da secondi ad ore),
raffreddarlo nuovamente e vedere
se si è trasformato oppure no e
cioè vedere se è tutta martensite
oppure no. Aumentando la
temperatura i tempi che
intercorrono fra inizio e fine
nucleazione sono nettamente più
lunghi perché nelle curve T.T.T. si
lavora con il logaritmo dei tempi,
per cui, anche a parità di
lunghezza del segmento, i tempi
sono molto più lunghi quanto più
mi scosto a tempi più elevati.
La prima parte delle curve T.T.T.
corrisponde alla nucleazione della
perlite.
Si è osservato come diminuendo
la temperatura di trasformazione
dell'austenite si riducano sia i
tempi di nucleazione sia quelli di
accrescimento.
A tale proposito si osservi quello
che accade abbassando la temperatura (fino a 550 °C circa, al di sotto si verificano fenomeni di cui
parleremo più avanti) sul diagramma T.T.T. e C.C.T..
Nel caso di un acciaio eutettoidico si sa che A3 è uguale ad A1. Consideriamo la curva T.T.T.. In questo caso
avviene la trasformazione perlitica eutettoidica.
Le ipotesi sono:
- partire da una temperatura di 50 °C maggiore di A3
- raffreddamento istantaneo fino ad una data temperatura
Influenza elementi leganti negli acciai

- mantenimento costante della stessa temperatura per tutto il tempo necessario per la
trasformazione.
Considerando invece un acciaio non eutettoidico (ad esempio ipoeutettoidico), le cose si complicano; si vede
infatti dal diagramma di stato Fe-C che A3 è diverso da A1. Come esempio si consideri un acciaio con lo
0,4% di C. Alla temperatura A3 iniziano a formarsi i primi cristalli di ferrite nelle zone di massima energia
(cioè i bordi di grano). Il processo di nucleazione della ferrite è dovuto a una casuale concentrazione di
carbonio in un campo a temperature in cui l'austenite non è più stabile. Si creano quindi i presupposti per la
formazione di ferrite. L'accrescimento dei cristalli è invece legato alla velocità di diffusione del carbonio verso
l'interno dei cristalli di austenite.
Abbassando ulteriormente la temperatura, (si considerano variazioni lente in ossequio ai diagrammi di stato)
aumenta la percentuale di ferrite, mentre l'austenite si arricchisce di carbonio. Alla temperatura A1 abbiamo
la presenza, (per un acciaio allo 0,4% di C) di una struttura al 50% di ferrite e al 50% di austenite ormai
eutettoidica che si trasformerà in perlite.
Se invece di seguire il diagramma di stato noi imponiamo temperature di trasformazione più basse i tempi di
nucleazione diminuiscono. Diminuisce però anche la velocità di diffusione del carbonio e, se i cristalli di
austenite sono di dimensioni rilevanti, il carbonio non si distribuisce in modo uniforme. In particolare avremo
notevoli concentrazioni di carbonio in adiacenza ai cristalli di ferrite. Succede allora, che il volume di ferrite
presente è minore di quello previsto dal diagramma di stato perché l'accrescimento dei cristalli è limitato
dalla precoce formazione dei primi cristalli di perlite dovuti alla concentrazione del carbonio. Resta quindi il
nucleo del cristallo originario di austenite che però non raggiunge più la composizione eutettoidica. La minor
presenza del previsto di ferrite, non deve far supporre una conseguente maggiore presenza di cementite.
Dal diagramma di stato Fe-C, (o meglio Fe-cementite: 6,67% in peso di carbonio), risulta che comunque
avvenga la trasformazione, una volta terminata le percentuali relative di ferrite e cementite sono
univocamente determinate.
La spiegazione: nel caso visto sopra la minor ferrite di "prima formazione", presente nel sistema e
compensata dal fatto che non si va a formare una perlite eutettoidica ma "ipoeutettoidica". Pertanto la
concentrazione relativa alla perlite della cementite è minore del caso di raffreddamento per stati di equilibrio
(maggiore percentuale di ferrite).
Se si scende sotto i 550 °C la velocità di diffusione del carbonio crolla marcatamente. Si viene a formare un
altro miscuglio meccanico che prende il nome di bainite (aggregato di ferrite e carburi). A differenza della
perlite noi avremo una struttura ancora più fine perché, più aumenta il delta di temperatura tra quella effettiva
e quella di equilibrio della trasformazione, riportata sul diagramma di stato, e quella alla quale facciamo
"forzatamente" avvenire la stessa, più aumentano il numero dei nuclei che si formano per unità di volume.
Inoltre, questa è la particolarità più rilevante della bainite, a causa della bassissima velocità di diffusione del
carbonio ci troviamo in presenza di una ferrite sovrassatura di carbonio e quindi tenderanno a formarsi
cristalli di carburi all'interno della struttura, lamellare, della ferrite.
Si è usato il termine carburi perché non si avrà più solo la formazione di cementite, la quale è comunque
prevalente tra i 550 °C e i 450 °C ma al di sotto di quest'ultima temperatura ai avranno carburi ε ai quali si
attribuisce una formula del tipo Fe(2,2÷2,4)C, come si vede più ricchi in carbonio.
Dal punto di vista della resistenza ricordiamo che nella perlite il rafforzamento è dovuto all'aumento dei bordi
di grano sui quali si accumulano le dislocazioni. In questo caso si cerca di aumentare durezza aumentando il
numero dei cristalli e quindi dei bordi di grano. Ricordiamo che la fase primaria nel caso di aggregati Fe-C è
sempre la ferrite ed è in essa che avvengono le deformazioni.
Nel caso della bainite, oltre al rafforzamento dovuto ai bordi di grano abbiamo il contributo dovuto alla
presenza dei cristalli di carburi nella ferrite che impediscono in maniera sensibile il movimento delle
dislocazioni senza dover attendere il contributo dei bordi di grano.
Resistenza meccanica:
perlite max 800 MPa (perlite di equilibrio max 550 MPa)
bainite max 1300 ÷1600 MPa.
Per quanto concerne l’energia necessaria alla rottura (resilienza) le due strutture non sono molto differenti.
Con un acciaio eutettoidico (0,79% di C), c'è un vantaggio ad avere la bainite. Occorre tenere presente che
per un acciaio eutettoidico i tempi di nucleazioni sono intorno al secondo. Quindi se si parte da una
temperatura di 50°C maggiore di A3 (770 °C) ed si ha il naso della trasformazione perlitica a circa 500 °C, si
deve garantire a tutto il pezzo una velocità di raffreddamento di almeno 220 °C/s. Questo è
tecnologicamente possibile solo per pezzi di dimensioni ridotte, (tipo aghi), che non sono certo i comuni
pezzi industriali con i quali si lavora generalmente.
Per un acciaio eutettoidico (al solo carbonio) si vede che la trasformazione bainitica si sovrappone in parte a
quella perlitica e sui diagrammi T.T.T. le curve di inizio e di fine trasformazione sono la prosecuzione di
quelle relative alla perlite.
Si possono fare due importanti osservazioni:
1) a causa delle basse velocità di diffusione del carbonio aumentano i tempi di nucleazione e infatti le
curve decrescono verso sinistra
2) esistono due temperature particolari:

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- temperatura Bs di inizio trasformazione bainitica al di sopra della quale siamo sicuri che non si
formerà bainite.
- temperatura Bf di fine trasformazione bainitica al di sotto della quale siamo sicuri che si forma solo
bainite, salvo lo sfondamento nel campo martensitico.
Tutto il discorso fatto in precedenza per un acciaio ipoeutettoidico si può estendere analogamente ad un
acciaio ipereutettoidico osservando che in questo caso si separerà per prima la cementite (ovviamente
sempre su bordi di grano dell'austenite).
Le curve T.T.T. con le quali abbiamo lavorato sinora sono uno strumento molto utile perché, ad esempio,
indicando il tempo minimo di formazione della perlite ci dicono quale deve essere la velocità minima (velocità
critica) per ottenere una tempra martensitica. A tale proposito basta leggere sul diagramma il tempo relativo
al naso della curva di inizio trasformazione perlitica e fare in modo che la curva di raffreddamento (di cui
parleremo più avanti), sia al limite tangente al naso.
In realtà i pezzi non si raffreddano istantaneamente. Spesso capita di avere velocità di raffreddamento
diverse per la superficie e per l'interno del pezzo. Occorre quindi tenere conto dei due aspetti che
influenzano il raffreddamento di strutture metalliche: le caratteristiche fisiche del fluido e l'impossibilità di
avere raffreddamenti industriali istantanei. Dobbiamo quindi introdurci nel campo dei raffreddamenti
istantanei. Se considero un pezzo metallico e riporto su un grafico l'andamento rispetto al tempo del
raffreddamento a partire da una temperatura T1 per mezzo di un fluido considerato a temperatura costante
T2 (grande inerzia termica) si vedranno delle curve decrescenti continuamente verso T2. Ovviamente la
superficie S del pezzo si raffredderà più rapidamente dell'interno a causa della catena di resistenze termiche
esistente.
Se riportiamo le stesse curve su una scala
logaritmica dei tempi avremo gli andamenti in 1100
figura. Queste curve non sono le stesse dal
punto di vista fisico di quelle del diagramma
T.T.T. Quest'ultime, chiamate anche curve di 900 A3
Temperatura [°C]

Bain che insieme a Dawinport le studiarono per


primi nel 1930, conservano la loro importanza 700
storica ma sono ormai sostituite nella pratica
dalle più reali curve a raffreddamento continuo
500
C.C.T. A
Vediamo come queste modificano rispetto alle
prime. Riprendiamo il diagramma T.T.T. 300
Partendo da una temperatura superiore ad A3 (ad
esempio di 50 °C) se ipotizzassimo un
B
100
procedimento analogo a quello utilizzato per 0 5 10
la
costruzione delle curve T.T.T. avremmo un
percorso A. Se, invece, come nella realtà Tempo [s]
accade consideriamo un raffreddamento
continuo avremo un percorso B. Vediamo le
differenze tra i due casi.
Abbiamo due differenze sostanziali:
1) il tempo di fuori equilibrio per A corrisponde al tempo T1 mentre per B solo alla differenza T1-T0
2) nel caso A, durante tutto il fuori equilibrio, la temperatura resta costantemente al valore più basso
(massimo fuori equilibrio); nel caso B invece oltre ad avere un fuori equilibrio ben più breve
costateremo che il massimo si raggiunge solo nel punto P.
Si verifica quindi che entrambe queste condizioni concorrono a rallentare la formazione dei primi nuclei di
cristalli di perlite. Occorre quindi attendere fino al tempo T2 perché si verifichino le condizioni per cui
l'austenite “metastabile” dia luogo alla formazione dei primi agglomerati di perlite.
Le curve C.C.T. sono quindi spostate verso destra e verso il basso rispetto alle T.T.T. A seconda del tipo di
raffreddamento (fluido raffreddante) avremo diverse strutture. Se raffreddiamo in acqua a velocità maggiore
di quella critica avremo una struttura martensitica. Può succedere che il raffreddamento in acqua sia troppo
energico. Può nascere quindi la necessità di temprare in olio. In questo caso però la velocità è più bassa e si
entra nel campo della struttura mista peritica-austenite metastabile. Le percentuali relative si possono
individuare indicativamente dal grafico C.C.T. L'austenite resta metastabile sino a Ms e, alla fine, si trasforma
in martensite. Al termine avremo una struttura perlitica fine e martensitica (si stanno solo considerando
acciai al solo carbonio di composizione eutettoidica). Se il fluido è l'aria otterremo una struttura perlitica fine;
se invece raffreddiamo in forno ottengo una perlite più grossolana. Nel caso sia necessaria un
raffreddamento in olio abbiamo visto che si verifica la possibilità che resti, al termine della tempra, un certo
quantitativo di perlite indesiderata. Visto che non possiamo agire sulle curve di raffreddamento che
dipendono esclusivamente dai parametri fisici al contorno vediamo se si può modificare l'andamento delle
curve di Bain. Questo è possibile con l'apporto degli elementi leganti. Ad esclusione del cobalto infatti tutti gli
elementi di lega apportano un effetto di ritardo alla nucleazione dei primi cristalli di perlite. Graficamente

130
Influenza elementi leganti negli acciai

questo corrisponde ad uno spostamento verso destra delle curve di Bain. In particolare si verifica che le
curve di inizio e di fine della trasformazione perlitica si spostano verso destra molto più di quelle relative alla
trasformazione bainitica. Le curve dalla tipoca forma ad S si trasformano in curve con forma a Σ. Inoltre è
molto meno critico avere bainite che perlite perché la prima evolve in caso di rinvenimento verso strutture più
fini (di rinvenimento). Se invece ho ferrite e perlite ho le caratteristiche meccaniche peggiori (resistenza,
resilienza, fatica) con una struttura a maglie di ferrite con isole di perlite.
Sotto un diagramma C.C.T. per un acciaio ipoeutettoidico legato.

Come prima osservazione per il diagramma T.T.T si vede come l'ordine di grandezza dei tempi è due volte
superiore. Il naso della trasformazione perlitica si trova per una temperatura di 650 °C circa e, soprattutto,
per tempi superiori ai 10 sec. (si ricordi il caso di un acciaio al solo carbonio in cui i tempi erano all'ordine del
secondo). In questo caso si trovano velocità di raffreddamento compatibili con le tecnologie industriali.
Anche per il naso della trasformazione bainitica, seppure in maniera meno evidente ho in ogni caso, tempi
molto ragionevoli. Se, poi, dalle curve T.T.T., che come sappiamo sono le più "pessimistiche" passiamo alle
curve C.C.T. verifichiamo riscontri ancora più favorevoli (si leggano le velocità di raffreddamento sul grafico).
Si capisce ora che è possibile temprare un pezzo industriale sino al cuore.
Nella realtà ho quindi diversi parametri da considerare nella tempra:
1) velocità massima di raffreddamento che il pezzo può sopportare senza rompersi
2) le dimensioni del pezzo che mi dicono sino a che profondità posso ottenere le condizioni di tempra
desiderate
3) le condizioni di utilizzo del manufatto. Questo è un aspetto importantissimo. Se infatti il pezzo è sottoposto
ad una tensione unidirezionale costante(es. trazione o compressione), allora ho bisogno effettivamente di
caratteristiche meccaniche costanti su tutta la sezione e quindi anche nel cuore. Se però il pezzo è sottoposto
a flessione o tensione è facile constatare dai diagrammi degli sforzi che il massimo delle tensioni si ottengono
nelle fibre più esterne. In questi casi non importa se il cuore del pezzo non raggiunge le caratteristiche ottimali.
Alcune volte quindi io posso risolvere il problema con un acciaio non legato o poco legato risparmiando
notevolmente sul materiale.
Si è detto che le condizioni peggiori dal punto di vista della resistenza meccanica si hanno quando è
presente perlite e/o ferrite. A volte questo però è indispensabile perché solo in questo modo si può
immaginare di poter effettuare industrialmente le lavorazioni meccaniche per asportazione del truciolo. Se,

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infatti, si hanno caratteristiche di resistenza meccanica troppo elevata si ottengono eccessive usure sugli
utensili (taglienti). Tutte le lavorazioni per asportazioni di truciolo devono essere effettuate con microstrutture
il più vicino possibile al diagramma di stato. Solo successivamente si effettuerà la tempra e il rinvenimento
(bonifica) e poi si recuperano le deformazioni con operazioni di tornitura-fresatura e rettifica.
Per ottenere le condizioni del diagramma di stato si deve effettuare un raffreddamento molto lento. In pratica
si scende a circa 700 °C in circa 1000 secondi. In altre parole, si deve ottenere una velocità di
raffreddamento di circa 0,2 °C/s. Su pezzi molto grandi non è un problema perché la capacità termica è
notevole. Se il pezzo è piccolo esso ha una capacità termica insufficiente e quindi si deve utilizzare un
sistema che aumenti tale capacità. In pratica il raffreddamento più lento che posso immaginare è quello in
forno, nello stesso forno in cui ho effettuato il riscaldamento. Si ha così la ricottura completa nella quale si
porta il pezzo ad una temperatura maggiore di 30÷50 °C rispetto ad A3 e si lascia a quella temperatura per
un tempo sufficiente ad austenitizzare fino a cuore. Indicativamente si considera un tempo di permanenza a
tale temperatura di 20 minuti per ogni pollice di dimensione significativa (diametro). Dopo di che si spegne il
forno e si lascia raffreddare. Ovviamente non si porta il forno a temperatura ambiente ma ad una
temperatura tale da garantire la completa trasformazione austenite → perlite; questo per due ordini di
ragioni.
1) Di tempo, visto che industrialmente non ci si può permettere tempi troppo lunghi tra un ciclo e
l’altro.
2) Economica: otteniamo infatti un notevole risparmio di energia.
Si può utilizzare un processo totalmente equivalente.
Una volta austenitizzato spesso viene direttamente portato ad una temperatura di circa 650 °C in un forno di
ricottura nel quale la temperatura è costante. In questo modo si segue esattamente il diagramma T.T.T. ed si
ottiene ugualmente della perlite grossolana. In questa procedura è dunque previsto l'utilizzo di due forni che
operano a temperatura costante, uno per l'austenitizzazione e l'altro per la ricottura. Si possono così trattare
quantità maggiori di materiale senza avere sensibili discontinuità nel processo industriale.
Come conclusione ricordiamo quindi che l'unico modo per seguire il diagramma di stato è quello di
prevedere una ricottura.

Velocità di raffreddamento.
C'è una notevole differenza fra i casi in cui si raffredda in acqua o olio e i casi in cui si raffredda in aria.
Considerando le curve C.C.T. viste per gli acciai legati ipoeutettoidici ci rendiamo conto che con un
raffreddamento a 500 °C che duri 100 secondi, nel caso di un acciaio legato anche un raffreddamento in aria
di una barra di 10 mm può portare ad una tempra di tipo semi-martensitico. Per ottenere su di un acciaio
fortemente legato una struttura come quella prevista dal diagramma di stato devo arrivare a velocità di
raffreddamento inferiore a 0,0062 °C al secondo. Ciò significa che per un salto fino a 500 °C devo impiegare
alcune ore.
Con l'olio siamo in condizione di tempra per gli acciai legati, con l'aria possiamo essere in condizioni di
semitempra per acciai fortemente legati. Esistono acciai detti autotempranti che prendono tempra per il
semplice raffreddamento in aria. Se vogliamo ottenere quanto previsto dal diagramma di stato qualsiasi sia il
tipo di acciaio, occorre operare dei raffreddamenti in forno, sostituendo alla capacità termica del singolo
pezzo la capacità termica del complesso forno-carica del forno.

I processi di ricottura completa sono effettuati portando il pezzo di solito a 30°C più di A3 e facendolo
raffreddare. Un caso particolare di ricottura completa è quello che si presenta quando bisogna fare la
ricottura di un lingotto. Innanzi tutto vediamo perché il lingotto deve essere ricotto. Durante la solidificazione
di un lingotto (consideriamo un acciaio con 0,4% di C, cioè zona del diagramma prossima alla fine della
trasformazione peritettica). Abbassando la temperatura in prossimità di 1510 °C sappiamo che il primo solido
che si forma ha una percentuale di carbonio prossimo allo 0,08%. Il massimo contenuto di carbonio di δ è
circa 0,10%. Man mano che diminuisce la temperatura il diagramma ci dice che aumenta la percentuale di
solido che si viene a trovare, aumenta il tenore di carbonio nel solido, aumenta il tenore di carbonio nel
liquido fino che alla T = 1492 °C si ha un equilibrio un liquido con 0,51% di carbonio e un solido con 0,10% di
carbonio.
Nel caso di un manufatto di dimensioni considerevoli (un lingotto può avere una base di 1 metro di
dimensione trasversale), i primi cristalli che si formano costituiscono una crosta solida formatasi sulle pareti
della lingottiera e sul fondo del lingotto di dimensione di 10 cm. I cristalli di tale crosta hanno una
composizione tra 0,08% e 0,10% di carbonio. Il liquido al centro, secondo il diagramma di stato, dovrebbe
reagire con il solido. Il liquido, infatti, ha mediamente lo 0,51% di carbonio. In realtà anche il liquido
immediatamente addossato alle pareti non potrà mai reagire con il solido formatosi e quindi non arriverà mai
a ad un sistema in cui sotto a 1492 °C sia presente austenite con 0,18% di carbonio e un liquido residuo di
0,51% di carbonio. La percentuale di carbonio sui primi cristalli formati è intoccabile. L'unica maniera per
riuscire a sollevare la percentuale di carbonio sarebbe quella di attivare dei fenomeni di diffusione allo stato
solido che sono, di natura, lenti. Quindi la trasformazione peritettica viene, di fatto, non effettuata. Questo

132
Influenza elementi leganti negli acciai

conduce a condizioni di fuori-equilibrio, che comporta l'ottenimento di un manufatto in cui la zona centrale
avrà anche lo 0,7-0,8% di carbonio e le zone estreme con C < 0,1%. La colata in lingottiera era diffusa venti
anni fa. Se tale lingotto va avviato alla laminazione si ottengono degli andamenti di composizioni
completamente variabili. Quindi il primo difetto di un lingotto è la non omogeneità della composizione. Un
secondo difetto del lingotto consiste nel fenomeno della cristallizzazione iso-orientata. Nella direzione
perpendicolare alle pareti cioè quella di allungamento dei cristalli si hanno alte resistenze.

Qual'è la prima condizione affinchè un acciaio vada in tempra? E' che si abbia una fase austenitica.
La seconda è che vi sia una velocità di raffreddamento così elevata da poter essere superiore alla velocità
critica del pezzo.

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Trattamenti Di Protezione Galvanica

La Zincatura

Prevede un rivestimento di qualsiasi manufatto con uno spessore di zinco che va dai 2÷3 decimi di
millimetro al millimetro. Si effettua in due modi:
1. Metodo elettrolitico di zincatura.
2. Zincatura a caldo che prevede l'immersione del manufatto in zinco fuso (Tfus Zn = 419°C).

Questo secondo metodo dà una zincatura con un rivestimento nettamente superiore a quello per via
elettrolitica (spessori più elevati, disomogenei e con finitura superficiale più rugosa).
I pericoli connessi con l'operazione elettrolitica consistono nel fatto che durante l'operazione, poiché si
fanno scaricare cationi positivi utilizzando una soluzione di solito acida, si fa scaricare anche una parte di
ioni H+ nascente sotto forma atomica, prima ancora che si combini con un altro atomo di idrogeno per dare
forma ad una molecola. Deve seguire una deidrogenazione, condotta con riscaldamenti sui 200-250 °C,
altrimenti l'idrogeno atomico, sciolto nella matrice, migra verso i difetti ove si forma dell'idrogeno molecolare
sotto forma di gas che può portare a pressioni elevatissime con formazione di bolle all'interno dell'acciaio e
quindi a rotture spesso differite nel tempo (giorni o qualche settimana). La deidrogenazione favorisce la
diffusione e l'espulsione di idrogeno dal pezzo.

134
Influenza elementi leganti negli acciai

Sistematica Degli Acciai

ACCIAI PER IMPIEGO STRUTTURALE


Sono materiali utilizzati in carpenteria metallica, in piattaforme di trivellazione marina, piloni per il
trasporto di energia elettrica (per uso industriale in Italia, per uso civile negli Stati Uniti, vedi i grattacieli).
Tutte queste strutture sono giuntate per saldatura perché si fa molto prima; l'unica possibilità alla saldatura è
la chiodatura o l'argentatura seguita da rivettatura. Il costo di giunzioni di questo genere è molto elevato e
deve essere molto accurata l'effettuazione dei fori, perché essi sono concentrazioni di tensioni, con flussi
come nella figura, lungo i quali si propagano i difetti e quindi le cricche.

E' molto più semplice fare una saldatura con del materiale di apporto. Può essere eseguita con la fiamma
ossidrica o per via elettrica con un elettrodo di materiale fondente. Quest’elettrodo deve essere rivestito in
modo che si creino nell'intorno della saldatura scoria od atmosfere protettive. Gli acciai da saldare devono
contenere una bassa percentuale di carbonio. Nella zona di giunzione il materiale di apporto deve essere
portato a fusione (circa 1537 °C visto che la percentuale di carbonio è bassa). Nelle zone circostanti siamo a
temperature progressivamente inferiori, fino a che una certa distanza la temperatura non è variata.
Nell'intorno alla zona saldata vi sarà una zona in cui si è ottenuta la trasformazione austenitica.

Nel caso della saldatura si hanno velocità di raffreddamento molto elevate, soprattutto con pezzi molto
grandi, perchè abbiamo un indice di Grossman (H = h/2k) molto elevato. Si deve infatti considerare che si
lavora con solidi metallici (conduzione allo stato solido) e tutta la zona fredda attorno alla saldatura funziona
da pozzo di calore, e quindi si hanno velocità di raffreddamento elevatissime. Di conseguenza la zona
prossima alla saldatura diventa martensite che si è formata intorno ad una zona in cui si possono avere dei
difetti, sempre presenti quando si ha una saldatura. La martensite è una struttura a tenacità molto bassa. Per
cui se si ha un acciaio che contiene lo 0.25÷0.30 % di carbonio si ha la possibilità, date le elevate velocità di
raffreddamento, di provocare una trasformazione martensitica. Per ovviare al problema si può aumentare la
velocità critica di tempra spostando più a sinistra le curve CCT dell'acciaio, riducendo la percentuale di
carbonio. Quindi un acciaio per carpenteria deve avere una bassa percentuale di carbonio ma anche di
elementi leganti per poter essere saldato.
Vi è una formula che consente di integrare le variabili composizionali, mediante un titolo fittizio di carbonio,
che sarà C equivalente per la saldatura.

%C eq = %C eff + %Mn/6 + %(Cr+Mo+V)/5 + %(Ni+Cu)/15


Gli elementi che più favoriscono la temprabilità degli acciai, spostano cioè verso destra le curve CCT, sono
quelli che hanno un coefficiente più basso (Mn, Cr, Mo, e V), mentre il nichel ed il rame la influenzano molto
di meno. Date queste considerazioni si possono fare le seguenti classificazioni:
Ceq ≤ 0.41 (buona saldabilità senza preriscaldo)
0.41 ≤ Ceq ≤ 0.45 (si deve fare attenzione al contenuto di idrogeno)
0.45 ≤ Ceq ≤ 0.60 (si devono preriscaldare le lamiere, diminuendo il salto termico e quindi la velocità di
raffreddamento ed utilizzare elettrodi a basso contenuto di idrogeno)
Ceq ≥ 0.60 (si devono utilizzare tecniche speciali)

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Questo significa che posso saldare facilmente solo acciai a basso tenore di carbonio, inoltre si deve cercare
di eliminare la presenza di cromo. Infatti, gli acciai strutturali hanno una microstruttura prevalentemente
ferritica e tutto
1000 quanto lo sforzo
Incremento di resistenza rispetto al ferro puro viene a concentrarsi
su questa parte della
struttura. Si deve
quindi cercare di
rafforzare questa
fase. Il rafforzamento
100 ottenibile dalla ferrite
in funzione dei vari
elementi leganti
[MPa]

utilizzati è
rappresentato dal
grafico sottostante.
Il cromo non può
10 quindi essere
considerato un
rafforzante della
ferrite, nelle
percentuali usuali
Cr Mn Co Al, V Ni utilizzate, (è, infatti,
principalmente
Mo Si, W Ti Be utilizzato per la
1
tempra-bilità),
0,1 1 10
alluminio e vanadio
Percentuale di soluto in volume sono costosi e
rafforzano meno del
Figura: Incrementi di resistenza apportati da differenti elementi in soluzione solida manganese che è
nel ferro puro. già intrinseco nel
minerale di ferro
quando questo viene
estratto. Il nichel andrebbe bene come rafforzante della ferrite ma è un elemento molto costoso perché viene
ottenuto per via elettrolitica.
Attualmente gli acciai per saldatura hanno lo 0.15 % di C in modo di poter aumentare il contenuto di manga-
nese fino al 1.3÷1.4% mantenendo ancora bassa la percentuale di Ceq (≤0.41) e assicurando una resi-
stenza allo snerva-mento tutto sommato elevata.
Nel caso di acciai a basso tenore di carbonio le variabili composizionali e microstrutturali che hanno
influenza sulla resistenza allo snervamento si possono vedere nelle relazioni che seguono:

Rs [MPa] = 15.4[3.5+2.1(%Mn)+5.4(%Si)+23(%N)+1.13d (-1/2)]


Nella relazione, oltre alla percentuale di manganese compare quella di silicio che tuttavia non può essere
innalzata oltre una certa soglia poiché questo è un elemento grafitizzante. Si osserva inoltre la grossa
influenza che manifesta l'azoto disciolto. Come ultimo termine compare anche la relazione di Petch che pone
in relazione la resistenza allo snervamento con la dimensione del grano ferritico.
Il discorso non varia per quanto riguarda la resistenza a trazione e in questo caso il manganese, il silicio e la
perlite hanno la stessa influenza:
R [MPa] = 1.54[19.1+1.8(%Mn)+5.4(%Si)+0.25(%Perlite)+0.5d (-1/2)]
Non ci si può solo basare su considerazioni di tipo tensile (Rs, R) perché dobbiamo anche tenere presente la
temperatura di transizione duttile-fragile; si deve pertanto considerare l'influenza dei parametri
composizionali e microstrutturali sulla temperatura di transizione:
TTR[°C] = -19+44(%Si)+700(√ √%N)+2.2(%Perlite)-11.5d (-1/2)
La temperatura di transizione aumenta aumentando la percentuale di silicio, di azoto e di perlite; per questo,
per garantire buone caratteristiche di duttilità, è necessario che questi elementi siano in bassa percentuale.
L'unica grandezza che permette la diminuzione della temperatura di transizione è la dimensione del grano
ferritico, che compare a denominatore.
Utilizzando acciai con tenore di carbonio dello 0.15% e con 1.4% di manganese si ottengono resistenze a
trazione di 550 MPa. Volendo ottenere resistenze più elevate senza aumentare la temperatura di transizione
si possono utilizzare i seguenti metodi:
• ottenere dei grani di dimensioni molto piccoli

136
Influenza elementi leganti negli acciai

• incrudimento che tuttavia comporta una diminuzione di duttilità


• rafforzamento per piccole particelle, utilizzando piccole quantità di niobio, titanio e vanadio i quali
permettono di ottenere dei microprecipitati sotto forma di carburi che precipitano uniformemente
nella matrice ferritica.
Le dislocazioni sono perciò bloccate dalla presenza di bordi di grano e dalla presenza di microprecipitati: si
ottengono resistenze a trazione dell'ordine dei 700 MPa. Un esempio di acciai rafforzati in questi modi sono
gli acciai HSLA. Essi non sono sottoposti ad un trattamento termico ma in base ad un complesso di variabili
composizionali si possono ottenere elevati valori di resistenza a trazione (700 MPa e in alcuni casi si arriva
ad 800 MPa tuttavia con notevoli riduzioni di duttilità). I tenori di vanadio e niobio sono molto bassi:
0.07%≤V≤0.1% 0.03%≤Nb≤0.07%
Questi due elementi possono originare dei carburi (VC, NbC) ma anche i carbonitruri (V(C,N), Nb(C,N))
ottenendo un altro vantaggio: infatti l'azoto eventualmente presente nell'acciaio, che può portare ad un
abbassamento della temperatura di transizione, non viene più solubilizzato nella ferrite, e passa nei
carbonitruri. Pertanto da un elemento rafforzante ma infragilente si è ottenuta una fase rafforzante senza
penalizzare la temperatura di transizione.

Acciai per rotaie


Devono avere una elevata capacità di incrudimento ma anche avere la capacità strutturale di arrestare la
propagazione di cricche. Infatti se una rotaia non viene montata correttamente con il passaggio del primo
convoglio in testa ad una rotaia si formerà una cricca la quale può propagare con facilità a tutta la rotaia se il
materiale non ha capacità di arresto. Ne consegue che il materiale deve poter compensare difetti di
montaggio. La lunghezza attuale delle rotaie è di 36 metri; non possono essere più lunghe perché si deve
tenere presente la dilatazione termica che imporrebbe delle distanze troppo elevate tra una rotaia e l'altra.

Acciai Corten
Sono acciai per i quali è prevista l'aggiunta di circa lo 0.2% di rame per avere una migliore resistenza alla
corrosione (infatti, il rame segue l'idrogeno nella serie elettrochimica)
Nel caso di costruzioni particolarmente sollecitate si può ricorrere ad acciai temprati con bassa percentuale
di carbonio prodotti sotto la sigla T1. Essi contengono bassi tenori di nichel e cromo perché non necessitano
di elevata temprabilità perché gli spessori sono bassi. Questi acciai consentono di ottenere resistenze a
trazione di 700 MPa ma, dal momento che sono temprati, non sono saldabili.

Acciai per oleodotti


Possono lavorare a basse temperature pertanto sono spesso soggetti a cricche che devono tuttavia
arrestarsi. Le giunzioni tra i vari spezzoni di tubo vanno eseguite, sempre per la stessa ragione, tramite
manicotti. Infatti una cricca che ha propagato in un tubo non può proseguire nel successivo se non si ha una
giunzione continua (saldatura).

Prof. G. Ubertalli
EFFETTO DEGLI ELEMENTI LEGANTI.
Tutti gli elementi leganti tendono a spostare a destra le curve CCT. Gli elementi leganti possono essere
classificati in stabilizzanti dell'austenite (austenitizzanti) e della ferrite (alfogeni) oltre a essere considerati
stabilizzanti dei carburi o del carbonio grafitico (grafitizzanti). Inoltre gli elementi leganti influiscono sul punto
eutettoidico (con 1% di Ti l'eutettoide diventa 0.2%);
inoltre il Ni ed il Mn lo abbassano mentre il Cr, W, Mo, Si e
Ti lo innalzano.
Vi sono dei diagrammi strutturali ottenuti in seguito ad un
trattamento di normalizzazione, che permettono di
valutare il tipo di microstruttura ottenibile per varie
composizioni chimiche.

Influenza del Manganese


E’ un elemento austenitizzante e stabilizzante dei carburi.
Per bassi tenori di carbonio e manganese si ottiene perlite
in seguito a trattamento di normalizzazione. Ciò significa
che tale campo comprende acciai al manganese utilizzati
per bonifica. Per tenori di elemento legante un poco più
elevati si ottengono strutture martensitiche poiché il
manganese ha un grosso effetto sulla temprabilità. Con
queste percentuali di manganese si ottengono quindi degli
acciai definiti auto tempranti, cioè prendono tempra per
raffreddamento in aria. Vengono anche utilizzati degli
acciai a struttura totalmente austenitica (carbonio circa 1%, manganese 10÷13% chiamati acciai Hadfiel) i
quali hanno un coefficiente di incrudimento notevolmente elevato.

Influenza del cromo

Questo elemento ha una notevole affinità per il carbonio con cui può formare una serie di carburi (Cr3C2,
Cr7C3, Cr23C7). Fino al 2% di cromo si hanno acciai che possono avere strutture perlitiche. Per percentuali
più elevate si ottiene martensite, quindi nuovamente acciai auto tempranti (C=0.3%, Cr=5%); questi acciai
hanno applicazioni come stampi che lavorano a caldo. Per percentuali di cromo superiori al 13% si
ottengono degli acciai inossidabili che possono avere struttura ferritica se hanno bassa percentuale di
carbonio (X6Cr13) oppure martensitica per percentuali di carbonio più elevate (X32Cr13) e che combinano
buone caratteristiche meccaniche a buona resistenza alla corrosione. Se aumenta troppo la percentuale di
carbonio tendono a formarsi dei carburi oltre che martensite che innalzano la resistenza ad usura. Per
contenuti di carbonio elevati (1%) e percentuali di cromo di 1÷2% si può ottenere per tempra una struttura
martensitica con presenza di carburi e ottenere acciai utili per fabbricare cuscinetti che necessitano di una
grossa resistenza ad usura (100Cr6). L'estensione del campo austenitico in acciai che contengano cromo è
notevolmente influenzata dalla percentuale di carbonio considerata. (Vedi figure).

138
Influenza elementi leganti negli acciai

Influenza del nichel


A lato è riportato un diagramma strutturale approssimativo
ottenuto dopo normalizzazione di acciai al nichel-carbonio;
si osserva un ampio campo di esistenza di strutture
perlitiche. Tuttavia il problema è che temprando acciai con
percentuali di nichel superiori al 3÷3.5% e C si ottengono
elevati quantitativi di austenite residua, la quale non è una
fase consigliabile dopo trattamento di tempra. Per questo
motivo, che si somma all'elevato costo del nichel, acciai
con percentuali di nichel compreso tra il 3 e 8 % non
vengono utilizzati. Per contenuti di nichel superiori al 8%
dopo tempra si ottiene una struttura completamente
austenitica. L'effetto di tenacizzazione del nichel come
elemento legante permette particolari utilizzi di queste leghe in impieghi strutturali e specificatamente nella
costruzione di strutture o serbatoi che si trovino in opera a temperature di alcune decine di gradi inferiori alla
temperatura ambiente. In queste condizioni gli usuali acciai strutturali si troverebbero a destra della loro
temperatura di transizione duttile-fragile, manifestando quindi un comportamento di tenacità estremamente
critico. Piccole percentuali di nichel (fino a 3%) permettono di innalzare la resilienza attraverso una
diminuzione più progressiva di questa stessa grandezza con la temperatura.
Per utilizzazioni a temperature più basse (serbatoi per liquidi criogenici, azoto ed ossigeno liquefatti ecc.) si
deve utilizzare acciai con percentuali di nichel di circa il 9% a struttura completamente austenitica che, dopo
tempra di solubilizzazione, permette, a queste temperature di utilizzo (-190 °C), di avere ancora una
resilienza di 100 KJ.

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Nomenclatura degli acciai

140
Nomenclatura degli acciai

Nomenclatura degli acciai (come definito in EN10027-1)


Secondo le tabelle UNI EN 10027 gli acciai sono suddivisi in due gruppi principali:
GRUPPO 1: DESIGNATI IN BASE AL LORO IMPIEGO E ALLE LORO CARATTERISTICHE MECCANICHE O
FISICHE;

GRUPPO 2: ACCIAI DESIGNATI IN BASE ALLA LORO COMPOSIZIONE CHIMICA

Questi gruppi principali a loro volta sono suddivisi in sottogruppi.

Acciai del gruppo 1

Le indicazioni di base sono:


IL SIMBOLO INIZIALE CHE NE DETERMINA L'IMPIEGO

LA CARATTERISTICA PRINCIPALE (PARTE NUMERICA) CHE PUO' ESSERE DI TIPO MECCANICO,


FISICO...

Gli acciai del gruppo 1 sono generalmente impiegati allo stato grezzo di laminazione e solamente in casi
eccezionali allo stato normalizzato. Si hanno 8 sottogruppi:
S = acciai per impieghi strutturali
P = acciai per impieghi sotto pressione
L = acciai per tubi di conduzione
E = acciai per costruzioni meccaniche
B = acciai per cemento armato
H = prodotti piani laminati a freddo di acciaio ad alta resistenza per imbutitura a freddo

Tutti questi sottogruppi dopo la lettera di identificazione sono seguiti da un numero pari al carico unitario di
snervamento minimo prescritto in MPa.

Y = acciaio per cemento armato precompresso


R = acciai per o sottoforma di rotaie

Questi due sottogruppi dopo la lettera di identificazione sono seguiti da un numero pari al carico unitario di rottura
minimo prescritto in MPa.

D = prodotti piani per formatura a freddo seguita da una C per i prodotti laminati a freddo, da una D per i prodotti
laminati a caldo, da una X per i prodotti in cui lo stato di laminazione non e' specificato
T = prodotti di acciaio per imballaggio
M = acciai magnetici

Esempio:

Acciai del gruppo 2

Tranne che per un caso, tutti questi acciai sono destinati a trattamento termico.

Si hanno 4 sottogruppi:

Prof. G. Ubertalli
• Acciai non legati con tenore medio di manganese < 1%. La designazione comprende nel seguente
ordine: la lettera C e un numero pari a 100 volte il tenore % di carbonio prescritto (es: C40 indica un
acciaio non legato da trattamento termico con tenore medio di carbonio dello 0,4%).

• Acciai non legati con tenore medio di manganese > 1% e acciai legati con tenore in massa di
ciascun elemento inferiore al 5%. La designazione comprende nel seguente ordine: un numero pari
a 100 volte il tenore % di carbonio prescritto; i simboli chimici degli elementi presenti in lega in ordine
decrescente rispetto al tenore; il numero indicante il valore del tenore del primo elemento in lega
moltiplicato per un opportuno fattore relativo a quell'elemento (es: 36CrNiMo4 indica un acciaio
debolmente legato con tenore di C = 0,36%; Cr = 1%; Ni e Mo non precisati).

• Acciai legati il cui tenore in massa di almeno un elemento di lega sia > del 5%. La designazione
comprende nel seguente ordine: la lettera X; un numero pari a 100 volte il tenore % di carbonio
prescritto; i simboli chimici degli elementi presenti in lega in ordine decrescente con il relativo valore
numerico del tenore (es: X10Cr13 indica un acciaio inossidabile al Cr con tenori medi di C = 0,10% e
Cr = 13%).

• Acciai rapidi.La designazione comprende nel seguente ordine: le lettere HS; i numeri indicanti i valori
dei tenori percentuali degli elementi in lega riportati nel seguente ordine: W, Mo, V, Co.
(es: HS 18-0-1 indica un acciaio rapido per utensili con tenori medi di W = 18% e V = 1%).

Designazione numerica (numero di Werkstoff)

E’ un altro metodo di designazione utilizzato in Germania. Si basa su 5 numeri.

142
Nomenclatura degli acciai

Basic Numbering System for AISI-SAE Steels


AISI-SAE Approximate Percentage of
Type of Steel
Numerals and digits Identifying Elements
Carbon Steels
10XX Plain Carborn Mn 1.00 Max
11XX Resulfurized
12XX Resulfurized and Rephosphorized
15XX Plain Carbon Mn Range - Over 1.00-1.65
Alloy Steels
Mn 1.75
13XX
Ni 3.50
23XX Manganese Steels Ni 5.00
25XX Nickel Steels Ni 1.25, Cr 0.65
31XX Nickel Steels
Ni 1.75, Cr 1.07
32XX Nickel-Chromium Steels
Nickel-Chromium Steels Ni 3.50, Cr 1.55
33XX
Nickel-Chromium Steels Ni 3.00, Cr 0.77
34XX
Nickel-Chromium Steels Mo 0.20 or 0.25
40XX
Molybdenum Steels Mo 0.40 or 0.53
44XX
Molybdenum Steels Cr 0.50, 0.95 or 1.05, Mo 0.12 or 0.20
41XX Chromium-Molybdenum Steels Ni 1.83, Cr 0.50 or 0.80, Mo 0.25
43XX Nickel-Chromium-Molybdenum Steels Ni 1.05, Cr 0.45, Mo 0.20
47XX Nickel-Chromium-Molybdenum Steels Ni 0.30, Cr 0.40, Mo 0.20
81XX Nickel-Chromium-Molybdenum Steels
Ni 0.55, Cr 0.50, Mo 0.20
86XX Nickel-Chromium-Molybdenum Steels
Nickel-Chromium-Molybdenum Steels Ni 0.55, Cr 0.50, Mo 0.25
87XX
Nickel-Chromium-Molybdenum Steels Ni 0.55, Cr 0.50, Mo 0.35
88XX
93XX Nickel-Chromium-Molybdenum Steels Ni 3.25, Cr 1.20, Mo 0.12
Nickel-Chromium-Molybdenum Steels Ni 0.45, Cr 0.40, Mo 0.12
94XX
Nickel-Chromium-Molybdenum Steels Ni .055, Cr 0.20, Mo 0.20
97XX Nickel-Chromium-Molybdenum Steels Ni 1.00, Cr 0.80, Mo 0.25
98XX Nickel-Molybdenum Steels Ni 0.85 or 1.83, Mo 0.20 or 0.25
46XX Nickel-Molybdenum Steels Ni 3.50, Mo 0.25
48XX Chromium Steels
Cr 0.28 or 0.40
50XX Chromium Steels
Chromium-Vanadium Steels Cr 0.80, 0.88, 0.93, 0.95 or 1.00
51XX
Cr 0.60, 0.80 or 0.95,V 0.10,or 0.15 min.
61XX
Silicon-Manganese Steels Si 1.40 or 2.00, Mn 0.65, 0.82 or 0.85
92XX High Tensile Low Alloy Steels
Various
XX 0XX XXX
(Prod.-Yield-Chem.,
Carb., Deox.)

Stainless Steels
302XX Chromium-Manganese-Nickel Cr 17.00 or 18.00, Mn 6.50or 8.75,
Ni 4.50 or 5.00
303XX Chromium-Nickel Cr 8.50 - 25.00, Ni 7.00 - 35.00
514XX Chromium Cr 11.12 - 25.00
515XX Chromium Cr 5.00
Boron Intensified Steels
XXBXX B denotes Boron Steels

Prof. G. Ubertalli
Nomenclatura delle ghise

Dal punto di vista pratico e' universalmente adottata la seguente suddivisione in cinque gruppi:
• ghise grigie (norma UNI EN 1561), dal caratteristico aspetto delle fratture dovuto alla presenza delle lamelle di
grafite; sono dette anche ghise meccaniche.
• ghise bianche, con aspetto della frattura che si differenzia nettamente dal tipo precedente perche' il carbonio e'
combinato.
• ghise malleabili (norma UNI EN 1562), nome dovuto alla particolare proprieta' di potersi deformare
permanentemente .
• ghise sferoidali (norma UNI EN1563), nelle quali la grafite , grazie ad un appropriato processo di produzione ,
appare sotto forma di noduli.
• ghise legate, le quali soddisfano particolari esigenze quali la resistenza alla corrosione o al calore.

Per quanto riguarda la nomenclatura EN si individua la seguente struttura della sigla:


• GJ
• L per le ghise grigie, M per le ghise malleabili, S per le ghise sferoidali
• per le ghise malleabili la lettera W (cuore bianco) o B (cuore nero)
• valore numerico (3 o 4 cifre) indicante il carico unitario di rottura minimo prescritto in Mpa
• per le ghise malleabili e sferoidali segue ancora 1 o 2 cifre indicanti l'allungamento percentuale

Esempio:

144
Acciai da profondo stampaggio

Prof. G. Ubertalli
ACCIAI DA PROFONDO STAMPAGGIO
Gli sviluppi nel campo della siderurgia, della scienza delle costruzioni e delle tecnologie di montaggio hanno
portato negli anni alla realizzazione di infrastrutture sempre più imponenti. Le opere di attraversamento, ponti
e viadotti, rappresentano forse i risultati più significativi e visibili di un progresso in cui l'acciaio riveste un
ruolo sempre più importante. I nuovi prodotti che escono dalle acciaierie europee cercano di soddisfare le
esigenze degli utilizzatori offrendo non solo materiali con un buon compromesso tra resistenza e tenacità,
ma anche in grado di garantire un processo di fabbricazione semplice e economico. L'impiego di acciai di
nuova generazione nella realizzazione delle opere pubbliche era stato affrontato nella tavola rotonda 'Le
opportunità nelle costruzioni in acciaio' riportata sul numero 76 di Rivista di Meccanica Oggi. Relativamente
al processo di saldatura era emerso che i costi complessivi di realizzazione fossero da imputare solo in
minima parte al materiale, poiché risultano rilevanti i costi di lavorazione. Il convegno 'L'acciaio nella
realizzazione dei grandi ponti' organizzato da Associazione tra i Costruttori Acciaio Italiani (ACAI), Collegio
dei Tecnici dell'Acciaio, Istituto Italiano della Saldatura e Promozione Acciaio, tenutosi a Milano lo scorso
maggio, riprende questo punto, tra i vari argomenti trattati, nell'ambito di una disanima dei pregi e dei difetti
dell'impiego degli acciai austeno-ferritici e degli acciai laminati termomeccanici.

Gli acciai austeno-ferritici


Gli acciai inossidabili austeno-ferritici sono oggi impiegati nelle grandi costruzioni saldate come navi
container per sostanze chimiche ad alta aggressività;
il loro impiego nella realizzazione di grandi ponti
saldati è limitato dal fatto che non è disponibile una
mole di dati sperimentali sulla resistenza a fatica
paragonabile a quella esistente per i tradizionali
acciai al carbonio.
L'acciaio Duplex è un acciaio austeno-ferritico con
una storia relativamente recente: i primi impieghi si
hanno a partire dagli anni '60, quando vengono risolti
i problemi di saldatura e duttilità a caldo di questo
materiale. Ulteriori affinamenti dei processi di
acciaieria hanno fatto del Duplex un acciaio
caratterizzato da elevate proprietà meccaniche e da
un'eccellente resistenza alla corrosione. A partire
dagli anni '90 la sua diffusione si estende dalle
applicazioni specialistiche, in particolare nel settore
chimico, alla realizzazione di infrastrutture. La
composizione chimica degli acciai Duplex attualmente Figura 1 La curva tensione-deformazione di un acciaio Duplex
in produzione è riportata nella tabella 1, insieme al differisce considerevolmente da quella di un acciaio in carbonio per
l'assenza di un punto di snervamento ben definito
valore della tensione di snervamento.

Tabella 1 Composizione chimica degli acciai Duplex presenti sul mercato

A questo proposito va rilevato che la curva tensione-deformazione (s-e) di un acciaio Duplex differisce
considerevolmente da quella di un acciaio al carbonio: come si può vedere in figura 1 il punto di
snervamento non è nettamente identificabile. Per convenzione si assume come tensione di snervamento il
valore corrispondente alla deformazione dello 0,2% (che è quella riportata in tabella 1). È stato tuttavia
proposto di adottare un valore convenzionale più basso, corrispondente a una deformazione dello 0,1%, in
quanto la non linearità della curva può portare a un accumulo eccessivo dello sforzo plastico per i cicli di
fatica. Tra i Duplex riportati in tabella, quello più conosciuto e diffuso è quello di tipo EN 1.4482
(22Cr5Ni3MoN); il tipo EN 1.4362 (23Cr4NiN) si colloca come prestazioni tra gli austenitici AISI 304

146
Acciai da profondo stampaggio

(18Cr10Ni) e AISI 318 (17Cr10Ni2Mo); il tipo EN 1.4410 è noto come superDuplex e trova applicazione in
ambito chimico e petrolchimico, ma ha costi eccessivi per un impiego in ambito strutturale. Il tipo EN 1.4162
prevede una sostituzione di una parte del nichel con manganese e azoto al fine di ridurre i costi di carica e si
propone come una alternativa all'acciaio 'commodity' AISI 304. Le proprietà meccaniche e il comportamento
a fatica e a saldatura sono essenzialmente gli stessi offerti dal tipo EN 1.4462, ma il basso tenore di nichel
riduce la sensibilità alle fluttuazioni di prezzo del mercato. Resistenza alla corrosione La resistenza alla
corrosione influenza la durabilità dell'opera, una caratteristica molto importante nelle opere di
attraversamento e che per i ponti a luci molto estese può arrivare a superare i duecento anni. È proprio il
comportamento alla corrosione che rende gli acciai inossidabili una scelta competitiva nei confronti del
calcestruzzo ad alte prestazioni o delle fibre polimeriche di rinforzo in quelle strutture che, come gli impalcati
da ponte, devono sopportare l'esposizione in un ambiente aggressivo.

Tabella 2 Calssi di corrosione atmosferica e gradi di acciaio austeno-ferritico consigliati

La norma EN ISO 12500 prevede una classificazione degli ambienti in cinque diversi livelli per grado di
corrosione crescente, ed è schematizzata nella tabella 2. Il livello massimo, C5, è tipico dei siti marini ad alta
temperatura con presenza di spray salino e di sostanze inquinanti aggressive. In queste condizioni la
velocità di corrosione dell'acciaio al carbonio è significativa e stimabile in circa 50 micron all'anno. La
preservazione della struttura richiede accorgimenti
costosi come la deumidificazione continua dei volumi
chiusi e il rivestimento delle superfici esposte con cicli
multistrato di vernice durevole.
Anche se gli acciai inossidabili con grado austenitico
classificato 18Cr10Ni / EN 1.4301 / AISI 304 e grado
17Cr10Ni2Mo / EN 1.4404 / AISI 316L hanno mostrato
una velocità di corrosione generalizzata estremamente
bassa, in presenza di cloruri e quindi, in ambiente
marino, possono risultare suscettibili alla corrosione
localizzata (pitting). Questo fenomeno è legato alla
composizione chimica dell'acciaio attraverso il numero
empirico di resistenza al pitting (PREN), espresso da:
PREN = %Cr + 3,3%Mo + 16%N
Gli acciai Duplex presentano un valore di PREN
compreso tra 30 e 35, contro quelli di circa 18 e 24
Figura 2 Diagramma di costituzione degli acciai Duplex
associati agli acciai EN 1.4301 ed EN 1.4404.

Comportamento in saldatura
Le trasformazioni subite dal materiale per effetto delle sollecitazioni termiche e chimico-fisiche causate dal
processo di saldatura possono alterare tanto il comportamento dal punto di vista strutturale quanto i costi
complessivi di lavorazione, per via degli accorgimenti necessari a evitare la degradazione. Le prime
produzioni degli acciai Duplex erano caratterizzate da scarse proprietà di saldabilità. L'evoluzione della
tecnologia produttiva, ma soprattutto l'esperienza accumulata nel corso degli anni, ha permesso di
selezionare i materiali di apporto e i processi di saldatura fino a raggiungere livelli di affidabilità elevati anche
a livello industriale. Con la giusta tecnica si possono ottenere nel giunto saldato caratteristiche tensili
congruenti con quelle del materiale base. La figura 2 riporta il diagramma di costituzione degli acciai Duplex
e può essere utilizzata per prevedere il tipo di struttura austeno-ferritica risultante dal processo di saldatura.

Prof. G. Ubertalli
Durante la solidificazione della zona fusa degli acciai Duplex, si forma dapprima una struttura quasi
completamente ferritica; la fase austenitica fa la sua comparsa con il raffreddamento, nucleandosi ai bordi
dei grani ferritici; a temperatura ambiente si ottiene una struttura mista ferrite-austenite in un rapporto
dipendente dalla composizione chimica della zona fusa e delle velocità di raffreddamento. La distribuzione
degli elementi di lega (Cr, Ni, Mo, N) nelle fasi ferritica e austenitica cambia con la temperatura per effetto
delle trasformazioni, delle precipitazioni e della diffusione in fase solida che hanno luogo passando da 1300
a 300 °C. Nella maggior parte delle applicazioni la percentuale di ferrite in zona fusa e zona alterata ritenuta
corretta è compresa tra il 30 e il 70%.
Per ottenere la giusta ripartizione tra austenite e ferrite in
zona fusa, quando il processo di saldatura comporta una
diluizione elevata, si ricorre a materiali d'apporto con
elevato contenuto di elementi di lega di tipo austenizzante.
I materiali d'apporto attualmente utilizzati sono arricchiti,
rispetto al materiale base, in nichel e azoto con
percentuali che possono arrivare, rispettivamente al 10%
e allo 0,30%. Questo permette di abbassare il contenuto
di ferrite e evitare i problemi di rottura in zona fusa e in
zona termicamente alterata che una saldatura con lo
stesso materiale base comporterebbe.
Con gli opportuni accorgimenti gli acciai Duplex possono
essere saldati con processo al plasma (PAW), processo
ad arco sotto protezione gassosa con elettrodo fusibile Figura 3 Temperature di preriscaldamento per acciaio
pieno o animato (GMAW/FCAW) o infusibile (GTAW), termomeccanico S355ML per due input termici diversi in funzione
processo ad arco manuale con elettrodi rivestiti (SMAW) del contenuto di idrogeno del materiale di consumo
e processo ad arco sommerso (SAW).

Gli acciai laminati termomeccanici


Tra i prodotti di acciaio di moderna concezione, vanno citati anche gli acciai laminati termomeccanici che
sono in grado di offrire un buon compromesso tra caratteristiche meccaniche e facilità di lavorazione. Le
lamiere ottenute per laminazione termomeccanica conformemente alla norma EN 10 113-3, aggiungono
all'elevato carico di
snervamento e
all'eccellente tenacità
anche una maggiore
libertà dal punto di
vista architettonico.
Inoltre, pur se con
qualche limite, questi
materiali presentano
buone proprietà di
fabbricazione tra cui
eccellenti
caratteristiche di
saldatura. Sul
mercato, l'acciaio
termomeccanico è
offerto nella forma di
prodotti lunghi e piani
con carico di
snervamento di 275,
355, 420 e 460 MPa.

Tabella 3 Confronto dei tenori di lega degli acciai termomeccanici e di acciai convenzionali con angolo carico di
snervamento

148
Acciai da profondo stampaggio

Esistono due varianti per ciascun grado: il tipo M, la cui energia di impatto viene verificata a -20 °C e il tipo
ML, nel quale la verifica è effettuata a -50 °C. Attualmente la normativa EN 10 113-3 sancisce uno spessore
massimo per questi prodotti di soli 63 mm; è tuttavia probabile che questo limite verrà innalzato a 120 mm
quando entrerà in vigore tra due anni la nuova norma EN 10 025-4. La composizione di questo tipo di
acciaio mostra un tenore di lega particolarmente basso che, riducendo la produzione di equivalenti del
carbonio, contribuisce alle caratteristiche di elevato snervamento del materiale. In tabella 3 vengono
mostrate le composizioni chimiche e le analisi termiche tipiche normalmente eseguite dalle acciaierie
europee per due varietà di acciaio termomeccanico (una normale, S355M, e una a elevata resistenza,
S460M) con due varietà corrispondenti di acciaio convenzionale (S355 J2G3 e l'acciaio normalizzato a grano
fine S460N).

Lavorabilità dell'acciaio termomeccanico


Il fatto che gli acciai termomeccanici presentino un basso valore di equivalenti del carbonio si ripercuote
positivamente sulla sua saldabilità. In primo luogo, il costoso processo di preriscaldamento può essere
ridotto se non addirittura eliminato del tutto, quando le condizioni sono adeguate. Inoltre il materiale presenta
eccellenti proprietà nella zona interessata dal calore dopo la saldatura, con valori di tenacità elevati e buoni
valori della duttilità nei processi di saldatura a calore elevato. Questo significa che si possono utilizzare
energie di saldatura più alte senza compromettere la sicurezza strutturale dell'opera. Un discorso analogo
può essere fatto per la spianatura alla fiamma, che può portare il materiale a una temperatura massima di
950 °C senza alterazioni sensibili in resistenza e duttilità. Qualche limite, per sé non serio, lo si riscontra nei
processi di stampaggio a caldo che possono alterare irrimediabilmente la struttura di grano fine originata
dalla lavorazione termomeccanica con conseguente deterioramento del materiale. Per questo motivo è
necessario limitare la temperatura massima di stampaggio a caldo a 580 °C. Lo stampaggio a freddo non
comporta limitazioni di sorta. Le caratteristiche delle lamiere termomeccaniche si traducono in una riduzione
dei costi di lavorazione. Della possibilità di omettere il preriscaldamento si è già detto; prendiamo ora in
considerazione quelli derivanti dalla maggior resistenza che consente di ridurre le dimensioni delle sezioni
trasversali della struttura. Le opere realizzabili non sono solo esteticamente più gradevoli, ma richiedono
anche un minor volume di materiale e quindi minori spese di trasporto, assemblaggio e montaggio. Sono
inoltre necessari volumi minori di materiali di saldatura come esemplificato in figura 4. Infine, la riduzione del
volume del materiale da costruzione va a compensare il maggior costo degli acciai termomeccanici rispetto
ai materiali tradizionali.

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ACCIAI DA STAMPAGGIO ED ALTORESISTENZIALI
Un acciaio da stampaggio deve possedere elevate caratteristiche di tenacità e duttilità (per garantire la
deformabilità nello stampo) e nel contempo buone qualità resistenziali (per assicurare elevata affidabilità in
esercizio). Normalmente ad un aumento delle caratteristiche resistenziali corrisponde una diminuzione della
deformabilità; in questo caso invece, l’incremento di resistenza è diretta conseguenza del processo di
stampaggio. Questi materiali offrono quindi il doppio vantaggio d’essere particolarmente deformabili durante
lo stampaggio e di incrementare la propria resistenza meccanica quando vengono messi in esercizio.
Tradizionalmente e per lungo tempo a questo scopo sono stati usati (e tuttora si usano) acciai a basso
contenuto di carbonio o acciai al titanio: la matrice completamente ferritica di questi materiali è infatti in
grado di garantire una buona deformabilità, mentre per incrementare le caratteristiche meccaniche ci si
affida all’incrudimento dell’acciaio indotto dallo stampaggio.
Per quanto riguarda l’industria automobilistica, l’obbiettivo di ridurre i pesi per ridurre i consumi ha imposto
sul mercato in un passato recente materiali alternativi
che, sfruttando diversi meccanismi strutturali,
garantiscono elevate caratteristiche meccaniche e nel
contempo ottima stampabilità. Ciò ha consentito di
ridurre gli spessori delle lamiere senza penalizzarne
l’affidabilità in esercizio.Mild Steel
Si tratta di lamiere di tradizionale acciaio non legato e
a basso contenuto di carbonio (C<0,10%) idonee per
operazioni di piegamento ed imbutitura a freddo.
L’incremento delle caratteristiche meccaniche
avviene unicamente per incrudimento del materiale in
fase di stampaggio.

Esempio: FEP04Acciaio FEP04 allo stato ricotto. Il


trattamento di ricottura consente di rendere equiassici i grani ferritici che dopo laminazione a freddo si
presentano incruditi ed allungati. (X100 all’orig.)Interstitial Free
Lamiere di tradizionale acciaio non legato e a minimi contenuti di carbonio, con titanio oltre lo 0,3%. Il titanio
ha elevata attitudine alla formazione di carburi e nitruri e ciò gli consente di estrarre dalla matrice atomi di C
e N presenti nel reticolo come interstiziali, ottenendo un acciaio completamente ferritico, quindi molto
deformabile ed idoneo a profonde imbutiture. Anche in questo caso l’incremento delle caratteristiche
meccaniche avviene unicamente per incrudimento del materiale in fase di stampaggio.

Esempio: FEP06
Acciaio FEP06 dopo ricottura: si nota un grande numero di carbonitruri di Ti di diverse dimensioni.

Bake Hardening
Lamiere di acciaio non legato a basso contenuto di carbonio, fabbricato con parametri (composizione
chimica, temperatura di fine laminazione, ciclo di ricottura) tali da rendere la velocità di precipitazione del
Carbonio minima a temperatura ambiente e massima alla temperatura di cataforesi. In tal modo si ha elevata

150
Acciai da profondo stampaggio

deformabilità durante stampaggio (matrice esente da precipitati) ed aumento consistente delle caratteristiche
meccaniche del particolare durante la verniciatura per precipitazione fine dei carburi.

Esempio: BH 180 o BH 220


Acciaio BH 220 dopo trattamento termico a 180 °C per 20 min. Si noti la forte presenza di carburi nella
matrice ferritica.

Microlegati O HSLA
Lamiere di acciaio con bassi tenori di carbonio e leganti dei quali i principali sono vanadio o niobio (min.
0,015%). Questi elementi formano microprecipitati molto fini a bordo grano (carburi e nitruri) rafforzando la
matrice, affinando il grano e conferendo in tal modo al materiale elevata resistenza.

Esempio: FeE355
Acciaio FEE355: si noti la elevata presenza di carburi (Nb) ed il grano fortemente affinato.

Prof. G. Ubertalli
Dual Phase
Acciaio a matrice ferritica (buona stampabilità) e contenente almeno il 15% di fase martensitica finemente
dispersa (al fine di aumentare la resistenza meccanica).
Esempio: FE600DP

evidenzia la struttura di un acciaio Dual Phase con


fase martensitica finemente dispersa e quantitativamente più presente. Nell’immagine del microscopio
elettronico si evidenzia un particolare della figura a SX.

Trip
Lamiere di acciaio aventi struttura ferritica / bainitica / austenitica (tipologia di struttura che garantisce una
buona stampabilità). Durante stampaggio parte dell’energia spesa converte una buona frazione di austenite
metastabile in martensite; quest’ultima conferisce maggiore resistenza al materiale, mentre l’austenite
residua funge da “assorbitore” di energia nel caso di deformazione violenta (impatto).

Esempio: FE800 TRIP F

Struttura del materiale: con i metodi usuali la fase austenitica è difficilmente distinguibile da quella ferritica.

Multiphase
Acciai altoresistenziali a matrice ferritico / bainitica / martensitica con elevato contenuto di martensite.
Esempio: FE800MP

Martensitici
Acciai caratterizzati dalla quasi totale presenza di martensite. Presentano ovviamente bassa deformabilità
(profilati ed elementi piegati) ed altissimi valori di resistenza meccanica.
Esempio: FE1300MS

152
Le ghise
LE GHISE
Le ghise sono leghe ferro-carbonio con una percentuale di carbonio compresa tra il limite inferiore del 2% e il
limite superiore del 4,5%. Tali leghe hanno notevoli applicazioni in campo tecnologico per le loro
caratteristiche vantaggiose intrinseche come leghe da getto, in particolare elevata fluidità nel liquido e quindi
una buona capacità di riempimento degli stampi, una bassa temperatura di fusione, un ritiro, durante la
solidificazione, relativamente contenuto.
Una lega da getto ottimale ha una composizione che è prossima alla composizione eutettica poiché in
prossimità dell'eutettico gli intervalli di temperatura tra l'inizio della solidificazione del liquido e la fine di
esistenza del liquido stesso, sono molto ridotti. Questo fatto è estremamente importante nel favorire il
riempimento di getti complessi in cui ci sono contemporaneamente presenti sezioni estese e sezioni sottili.

Possiamo suddividere le ghise da getto di tre famiglie:


• ghise bianche con un contenuto di carbonio compreso tra il 2,1 e 2,7%, il contenuto di silicio
compreso tra lo 0,4 e l’1% ed un contenuto di manganese compreso tra lo 0,6 il 1,8%
• ghise grige con un contenuto di carbonio compreso tra 2,4 e 3,5%, un contenuto di silicio
compreso tra 2,1 e 2,9%.
• ghise nere con un contenuto di carbonio compreso tra i tra 3,5 e il 4 5, %, un contenuto di silicio
comunque alto.
La classe maggiormente utilizzata è quella delle ghise grige.

Molto importante risulta anche la considerazione del diagramma di stato stabile Fe-C.
In tale diagramma è possibile analizzare le trasformazioni che avvengono durante il raffreddamento di una
ghisa da getto.
Un’ottima lega da getto ha una composizione eutettica o lievemente ipoeutettica; in una ghisa da getto tale
composizione porterebbe ad avere un tenore di carbonio troppo elevato, con conseguente decadimento
delle caratteristiche meccaniche di resistenza e resilienza del materiale. Pertanto si utilizza un tenore di
carbonio lievemente inferiore a quello corrispondente alla composizione eutettica sfruttando in modo
sinergico l’effetto del Si che, comportandosi da elemento grafitizzante implementa il comportamento del
carbonio e la lega durante la solidificazione si comporta come se di carbonio ve ne fosse un tenore più
elevato.
Tale comportamento può essere esplicato matematicamente ricorrendo alla formula del carbonio
equivalente:
%C eq = %C + % Si 3 + % P 3
In tale formula si osserva che sia il Si sia il P contribuiscono ad incrementare il valore del Ceq ma, mentre il Si
a temperatura ambiente entra in soluzione solida con la ferrite, rafforzandola, il P dà origine ad un eutettico
fosforico infragilente, non voluto. Pertanto, ai fini della corretta composizione del liquido per la solidificazione,
viene sfruttato il Si con un tenore tale da garantire per il Ceq una composizione lievemente ipoeutettica.
E’ ovviamente importantissimo e prioritario considerare l’effetto dell’inoculazione nel corretto processo di
solidificazione di una ghisa grigia per ottenere la corretta microstruttura, la quale consiste in una matrice di
perlite con l’eccesso di carbonio sotto forma di lamelle di carbonio grafitico inserite nella matrice metallica e
distribuite in modo omogeneo in essa. Per ottenere questa corretta microstruttura è necessario che, durante
la colata, sia introdotto dell’inoculante sotto forma di lega Fe-Si (50-50) che crea localmente delle condizioni
di equilibrio “alterato” sì che la prima fase che tende a solidificare sia il carbonio grafitico.

Tale processo di inoculazione permette di ottenere una concentrazione considerevolmente elevata in


prossimità delle particelle di polvere di ferro silicio, le quali parzialmente iniziano a sciogliersi nel liquido.
Contemporaneamente la locale elevata concentrazione di silicio nel liquido porta localmente attorno alle
particelle un’elevata concentrazione di carbonio equivalente e, di conseguenza, in questa zona il sistema si
comporta come se si trovasse nella laguna di miscibilità del liquido più carbonio grafitico solido che pertanto
può iniziare a nucleare ed accrescersi. La temperatura intanto progressivamente scende e inizia la
contemporanea nucleazione della fase metallica austenite con un tenore di carbonio massimo del 2%.

La ghisa è un materiale intrinsecamente fragile a causa prioritariamente della presenza di lamelle di carbonio
grafitico che agiscono come un insieme di intagli presenti nel materiale e a causa della matrice metallica che
in genere, nelle ghise grige risulta sostanzialmente perlitica Per tale motivo le prove di resilienza sono
effettuate su dei provini Charpy che non contengono intagli.

Molto importanti e notevolmente utilizzate sono le ghise grigie sferoidali ottenute utilizzando, in fase di colata
del granulato di Ni-Mg (70-30) che, grazie alle proprietà del magnesio di avvelenare alcuni piani di crescita
della grafite, permette una crescita isotropa dei nuclei di carbonio grafitico, i quali risultano dopo
solidificazione di forma sferoidale.

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GHISA Rs (0,2) R A JIC KIC E
[MPa] [MPa] [%] MJ/m^2 MPa/√m [GPa]
Grigia non legata; dopo colata 361 602 9,5 0,0477 2,39 109
Grigia " + normalizzazione 385 630 6,5 0,0344 2,03 109
Sferoidale legata con Sn; dopo colata 458 806 6,7 0,017 1,51 122
Sferoidale " + normalizzazione 569 986 6,3 0,0356 2,18 122
Sferoidale legata con Cu; dopo colata 468 792 7,5 0,0166 1,49 122
Sferoidale " + normaliz. (Cu=0,65) 500 904 7,1 0,0366 2,22 122
Sferoidale " + normaliz. (Cu=0,79) 603 1000 5,5 0,0305 2,02 122
Grigia 5% ferrite, 15% grafite - 285 - 0,0067 0,90 109
Malleab. 25% ferrite, 10% grafite 266 424 12,5 0,0194 1,70 135
Sferoidale 12% ferrite, 13% grafite (Sn) 436 543 10,5 0,0126 1,30 122

154
Trattamenti superficiali

TRATTAMENTI SUPERFICIALI

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TRATTAMENTI DI INDURIMENTO SUPERFICIALE

Tempra Superficiale
L'ottenimento di elevate caratteristiche di durezza, resistenza ad usura e fatica su dei pezzi meccanici, che
tuttavia mantengano un cuore tenace, senza l'utilizzo di acciai o leghe metalliche particolari e costose, è
permesso da dei trattamenti termici o temochimici che modifichino la natura delle fasi in superficie, sì da
ottenere le specifiche caratteristiche volute.
In tabella 1 sono riportate alcune applicazioni e prodotti tipici della tempra superficiale.
Un primo metodo è quello che consiste nell'effettuare una tempra
superficiale, partendo da acciai non legati o parzialmente legati, che
contengano una percentuale di carbonio relativamente elevata, 0.3÷0.6%
in peso, dopo preventiva bonifica per evitare successive durezze "a
macchia di leopardo". Il riscaldamento deve essere veloce, perché non si
deve dare la possibilità al calore della superficie di diffondere ad una
elevata profondità, e può essere effettuato o utilizzando un cannello
ossiacetilenico oppure un induttore percorso da corrente alternata
(500÷500.000 Hz) Figura 1. La velocità di riscaldamento del pezzo è
funzione sia della potenza del mezzo riscaldante sia della velocità relativa
di spostamento tra pezzo e sistema di riscaldamento. Il pezzo, portato in
superficie a completa austenitizzazione, viene immediatamente temprato in
acqua od olio, per ottenere le caratteristiche superficiali di durezza volute.
In questo tipo di trattamenti la profondità efficace dello strato indurito è
Figura 1: Schema di un funzione sia della temprabilità dell'acciaio che della velocità relativa tra
mezzo riscaldante (spira) e pezzo; se la temprabilità e bassa (acciai non
sistema ad induzione. legati al carbonio) si potranno al massimo ottenere degli spessori efficaci
pari a metà diametro critico dell'acciaio mentre la velocità relativa influenzerà lo spessore efficace come
illustrato in figura 3 (D, profondità efficace valutata come distanza dalla superficie dove viene riscontrato una
durezza HRc = 53, e sulle ascisse velocità relativa tra mezzo riscaldante e pezzo).

Cementazione
La cementazione è un trattamento termochimico che permette di avere un cuore tenace ed una superficie
dura e resistente. I trattamenti di cementazioni attualmente in uso sono quello di cementazione liquida,
gassosa ed in vuoto. Le tipologie e composizioni degli acciai principali utilizzati per questo trattamento sono
schematizzate nella tabella 2.
Nel caso della cementazione liquida i pezzi da trattare
vengono immersi in soluzioni quali quelle descritte in
tabella 3. I gas che si sviluppano (anidride carboniosa-
CO e azoto atomico-N) sono quelli che permettono un
arricchimento superficiale di carbonio che decresce verso
il cuore.
Col trattamento di cementazione gassosa si opera con
una atmosfera eso od endotermica, ottenuta per
combustione parziale del metano alla temperatura di 900
°C. Anche in questo caso l'arricchimento superficiale di
carbonio è ottenuto sfruttando la reazione di
dissociazione dell'ossido di carbonio:
2CO ⇔ CO2 + Cγ
che permette di ottenere del carbonio "nascente" il quale,
adsorbito sulla superficie del pezzo e disciolto in
soluzione solida in austenite, aumenta la concentrazione
di carbonio superficiale. Il potenziale carburante delle
Figura 2: Relazione CO/CO2 e tenore di atmosfere, che possono essere sia eso sia endogas, è
C in austenite alle differenti temperature. quindi regolato dal rapporto CO/CO2 in equilibrio con
austenite di una certa composizione (Figura 2).
L'accrescimento degli strati, essendo regolati da fenomeni diffusivi, seguono le due leggi di Fick:

∂c −Q • ∂c ∂ 2 (c )

J = −D ∗ con D = D ⋅e RT II° J= = (D ) ∗
2

∂x ∂t ∂(x )
0 2

La risoluzione della seconda legge porta alla seguente equazione:

156
Trattamenti superficiali

CS − C X x
= erf
C S − C0 2⋅ D⋅t
la quale porta alla seguente relazione tra profondità e temperature:

x = k '⋅ t
Con questo trattamento si ottengono spessori di strati arricchiti di carbonio dell'ordine del millimetro con
tempi di trattamento di qualche ora; per raddoppiare lo spessore bisogna quadruplicare il tempo di
trattamento.
L'influenza della temperatura sulla profondità degli strati ottenibili è rappresentata in figura 4, dove è anche
evidenziata la crescita parabolica in funzione della temperatura degli strati.
Successivamente al trattamento di arricchimento superficiale è necessario eseguire una tempra di durezza
in acqua o olio (tempra ad uno o due stadi a seconda si tratti di acciai debolmente legati oppure no) e
successivo rinvenimento di distensione (180 ÷ 200 °C). Con la tempra in gas (azoto, argon, elio od idrogeno
alla pressione di 1÷10 atmosfere) si ottengono meno distorsioni di tempra perché la drasticità è inferiore,
anche se a volte insufficiente a garantire una completa trasformazione martensitica.
La maggiore resistenza a fatica degli acciai sottoposti a questo tipo di trattamento è imputabile ad uno stato
di compressione superficiale sul pezzo.
Per quel che riguarda nuovi sviluppi tecnologici sono da ricordare il processo di trattamento in "vuoto" (5
mbar)e quello in plasma.
Con questi trattamenti si opera con atmosfere (metano o propano) in condizioni di fuori equilibrio per cui
l'arricchimento superficiale di carbonio è regolato esclusivamente dal tempo di immissione del gas
carburante (boost) e dal tempo di diffusione e dal numero di volte che si ripetono questi due cicli. E' tuttavia
importante ricordare che operando con acciai legati, (non si va a sindacare il costo del materiale visto il
relativamente alto costo di questo tipo di trattamento) la solubilità massima di carbonio in austenite, varia
notevolmente a seconda del tipo di acciaio (figura 6). Nel caso del trattamento in plasma Si impone una
differenza di potenziale tra i pezzi, caricati negativamente, e la camera del forno, caricata in positivo, si da
forzare, con la formazione del plasma sulla superficie dei pezzi l'introduzione di azoto.
Con la tempra in gas (azoto, argon, elio od idrogeno alla pressione di 1÷10 atmosfere) si ottengono meno
distorsioni di tempra perché la drasticità è inferiore, anche se a volte insufficiente.
Nelle figure 7 e 8 sono schematicamente rappresentate due tipologie di forni per cementazione gassosa.
I trattamenti di cementazione in bassa pressione ed in plasma permettono di ottenere dei profili di carbonio a
profondità sufficiente con tempistiche notevolmente minori rispetto al trattamento gassoso classico, come
evidenziato dalle figure 9 e 10.
In figura 11 viene rappresentato il ciclo termico e varie altre operazioni che si compiono in un trattamento di
cementazione in bassa pressione.
Nelle figure 12 e 13 sono rappresentate delle micrografie di martensite aciculare e globulare.

Nitrurazione
Il trattamento di nitrurazione permette di ottenere una elevata resistenza all'usura, durezza e resistenza alla
fatica ed alla corrosione, fino a temperature prossime a quelle del trattamento. Il diagramma binario Fe-N o
ternario Fe-C-N (figura 14) permette di evidenziare le fasi ottenibili con questo tipo di trattamento che viene
effettuato alla temperatura di 500 ÷ 550 °C in atmosfera di ammoniaca dissociata. La fase che conferisce
durezza al pezzo è la fase γ'-Fe4N (HV 700÷750) eventualmente associata alla formazione di nitruri di Cr,
Mo, Al e V (in questi casi le durezze ottenibili possono raggiungere e superare i 1000 HV) ed alla fase ε. In
particolare ci sono due tipologie di trattamento: quella definita nitrurazione morbida e quella definita
nitrurazione dura. Nel primo caso si hanno tempi di trattamento dell'ordine della decina di ore e spessori di
strato nitrurato sui 100 µm, mentre nel secondo caso gli spessori degli strati ottenibili sono dell'ordine dei
2÷3 decimi di millimetro dopo tempi di trattamento di una quarantina di ore o più. In tabella 4 sono riportati
alcuni requisiti per un trattamento di nitrurazione su ruote
dentate.

La temperatura del trattamento ha una notevole influenza


sui tempi di trattamento: per questo motivo deve essere il
più alta possibile. Essa tuttavia deve essere più bassa
dell' eutettoide ternario Fe-C-N, perché la formazione di
azoto-austenite è deleteria per la durezza e stabilità
dimensionale dei pezzi.

Prof. G. Ubertalli
Per ridurre i notevoli tempi richiesti dal processo di nitrurazione, si può lavorare, nel primo stadio del
processo con ammoniaca poco dissociata (figura 8.9 ,55% ammoniaca, 500 °C) si da avere un
accrescimento veloce dello strato; nella fase finale del
trattamento, 18% di ammoniaca, 500 °C, si da ridurre lo
spessore di fase ε-coltre bianca. In figura 15, 16 e 17 sono
rappresentate delle micrografie di strati ottenuti in seguito
ad un trattamento di nitrurazione in plasma su varie
tipologie di materiali, con le rispettive analisi
diffrattometriche.
Un altro trattamento di nitrurazione è quello in fase liquida,
che utilizza dei sali di sodio e potassio sotto forma di
cianuri e cianati; i bagni sono della stessa tipologia di quelli
utilizzati nella carbonitrurazione liquida, mentre, cambiando
la temperatura del processo, 510-580 °C, si ha una
maggiore introduzione di azoto e minore di carbonio.
L'accelerazione dei tempi di trattamento è ottenibile
utilizzando dei trattamenti al plasma, con atmosfera
costituita da azoto ed idrogeno molecolare (vedi didascalia delle figura 15). e con differenze di potenziale
imposte tra pezzi e camera del forno (in figura 18 è rappresentato uno schema tipico di forno).

DIDASCALIE DELLE FIGURE E TABELLE:

Tabella 1: Applicazioni ed alcuni prodotti tipici della tempra superficiale.


Figura 1: Rappresentazione schematica di spira, campo magnetico e correnti indotte sul pezzo.
Fig.2 Fig.3 Fig.4 Tabella 2 Fig.5 Tabella 3

Fig 6: Rappresentazione parziale del diagramma di stato metastabile Fe-Fe3C in cui si evidenzia la
massima solubilità di carbonio in austenite per vari tipi di acciai.

Fig. 7 Fig. 8 Fig. 9 Fig. 10 Fig. 11 Fig. 12 Fig. 13


Fig 14 Fig. 15 Fig. 16 Fig. 17 Fig. 18

158
Colata continua

MECCANICA DELLA FRATTURA

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PROCESSI DI COLATA CONTINUA

Difettosita' Interna Nei Prodotti Lunghi : La Segregazione

Introduzione
La solidificazione da liquido di una lega , porta a tutta una serie di disomogeneità sia fisiche che chimiche nel
prodotto solido ottenuto, sia esso un lingotto, una brama, un blumo od una billetta. Le prime sono
rappresentate da una crescita, in direzione opposta a quella del flusso di calore, dei cristalli (disposizione
colonnare), mentre le seconde sono dovute alla maggior velocità di solidificazione rispetto a quella di
diffusione degli elementi nel solido poichè la differente temperatura di fusione dei costituenti puri e la
conseguente più o meno marcata differenza di temperatura tra la curva del Liquidus e quella del Solidus
porta ad avere un arricchimento nel liquido degli elementi più bassofondenti e si può avere composizione
omogenea, quale quella che ci si può aspettare seguendo il diagramma di stato della lega in esame, solo
quando si abbiano delle velocità di raffreddamento molto lente (dell'ordine di 0.1 °C/min. o meno)
Questo fenomeno è chiamato segregazione e uno schema di classificazione è il seguente:
• Semi-macrosegregazione. E' chamata segregazione "spot" in direzione trasversale ed a "V" nella
direzione longitudinale.
• Segregazione "macro" intercolonnare o "micro "dendritica: si ha per accumulo e solidificazione di liquido
segregato fra dendriti nella regione colonnare.
• Segregazione negativa: si riscontra in zone a concentrazione di soluto minori rispetto alla composizione
nominale della lega.
Nel caso dell'acciaio elementi quali zolfo, carbonio e manganese sono, nell'ordine, gli elementi che danno
luogo alla segregazione. Questo pechè i loro diagrammi di stato presentano il maggiore salto termico tra le
linee di Solidus e quelle di Liquidus.
Altre variabili, tutte legate alla temperatura, influenzano queste disomogeneità:
• Entità del surriscaldo
• Velocità di colaggio
• Dimensioni
• % di carbonio
• Fenomeno del raffreddamento secondario
Alcune figure potranno illustrare l'entità di questi fenomeni:

METODOLOGIE INDUSTRIALI DI PREVENZIONE: Fattori insiti ed esterni.


Per quel che riguarda i primi l'ottimizzazione della temperatura di colaggio, scelta in seguito a due esigenze
contrastanti (una temperatura in paniera più alta garantisce il colaggio dell'intera siviera ed evita in
lingottiera, in un eventuale rapido raffreddamento, l'intrappolamento di inclusioni, mentre alte temperature di
colaggio ostacolano la nucleazione nella massa fusa a vantaggio di una cristallizzazione colonnare) porta a
considerare un surriscaldo ottimale di 15°C. L'ottimizzazione del raffreddamento secondario, che consiste
nel raffreddare bruscamente il prodotto in corrispondenza alla zona finale di solidificazione, limitando effetti
di ritiro e formazione di cavità che possono essere riempite con liquido ricco di soluto .
I fattori esterni sono invece rappresentati dallo stirrer elettromagnetico e dalla soft reduction. Applicando un
campo elettromagnetico rotante lineare od alternato al prodotto che stà solidificando, si inducono forze di
Lorenz, generando, nel liquido moti convettivi, che sortiscono un duplice effetto: rimozioni di eventuali
inclusioni, le quali presentano una minore densità rispetto all'acciaio, ed eliminazione graduale del
surriscaldo, grazie al rimescolamento graduale della massa fusa. Il risultato finale è una maggiore
cristallizzazione equiassica anche con più elevati surriscaldi in paniera.
Un'azione eccessiva dello stirrer elettromagnetico può tuttavia provocare una zona a segregazione
"negativa", che consiste alla formazione di bande bianche in cui la concentrazione di elementi in lega è
inferiore al valore nominale, causata da un'eccessiva dispersione del soluto.
Lo stirrer può essere posizionato in lingottiera, lungo il secondario, o nella zona finale di solidificazione
(stiamo parlando di colata continua) e a seconda del posizionamento sortirà maggior effetto in superficie, ad
1/4 della sezione oppure al centro.
In definitiva i vantaggi dell'applicazione dello stirrer si possono così riassumere:
• riduzione delle cricche superficiali
• riduzione delle inclusioni
• riduzione dei difetti da segregazione, permettendo lo sviluppo di una struttura cristallina a grano fina
• indipendenza dai parametri di colaggio, quali surriscaldo, composizione dell'acciaio, dimensioni del
semiprodotto e velocità di colata (che anzi può essere aumentata).
Al procedere della solidificazione le parti esterne, solide si contraggono, dando luogo a fenomeni di ritiro. Le
cavità formatesi possono essere riempite da liquido ricco di soluto e diventare siti di segregazione. Una
riduzione calibrata (soft reduction) compensa, lungo la linea di colaggio, il ritiro (fig. 24) e permette di

160
Colata continua

ottenere un prodotto privo di segregazione, regolando opportunamente la velocità di colata e il gradiente di


riduzione. In tabella V sono riportati dei risultati comparativi tra blumo ridotto e non ridotto, mentre in figura 6
troviamo il paragone radiografico.

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GLI ACCIAI INOSSIDABILI

Prof: G. Ubertalli 162


Colata continua

Introduzione
Gli acciai inossidabili sono una categoria di acciai che possiedono un'elevata resistenza alla corrosione (in
particolare resistenza all'ossidazione ad
180
umido ed a caldo) e, per questo, vengono
definiti inossidabili. Già all'inizio del
industriale
160 novecento si conosceva l'influenza
semirurale
positiva del cromo nel contrastare i
140 fenomeni corrosivi delle leghe base ferro,
marino moderato quando il cromo è in tenori superiori al
12% in peso. Tale valore viene dato in
Penetrazione media [µm]

120
marino severo modo ragionevole, ma convenzionale,
100 poiché c'è una notevole influenza delle
caratteristiche di aggressività che
possiede l'ambiente o il mezzo in cui il
80
manufatto viene inserito. In Figura 1 si
riporta l'influenza dell'ambiente sull'entità
60
di corrosione (espressa come
penetrazione media) che manifestano
40 degli acciai legati in funzione del tenore di
cromo. Da tale figura si evince che il 12%
20 di cromo è effettivamente un tenore che
permette una riduzione marcata della
0 corrosione ma, in ambienti molto
0 5 10 15 20 25 aggressivi, il tenore di cromo necessario
Contenuto di cromo [%]
a limitare la corrosione deve essere
decisamente superiore (>20 %). Dalla
Figura 1: Andamenti della penetrazione della corrosione in figura si rileva anche che, al contrario, in
acciai legati al cromo in funzione delle condizioni ambientali ambienti non particolarmente aggressivi,
(da ASM Handbook). sono sufficienti tenori di cromo compresi
dal 4 al 8 % per raggiungere delle
condizioni di bassa profondità di penetrazione.

Cenni sulla corrosione


L'ossidazione ad umido viene generalmente indicata come corrosione elettrochimica o più semplicemente
corrosione. I fenomeni che avvengono, di ossidazione anodica, trovano spiegazione nella tendenza
potenziale che ha un metallo, in contatto con un liquido conduttivo, a mandare i suoi ioni nel liquido; in
elettrochimica, il metallo viene chiamato elettrodo, il liquido elettrolita.
La tendenza a inviare ioni in soluzione è misurata dal potenziale normale (o standard) di elettrodo, cioè dalla
differenza di potenziale, misurata in volt (V) che si stabilisce in una pila campione formata da due
semielementi; il primo è costituito da una barra di un elemento metallico immersa in una soluzione
contenente una quantità fissata dei suoi ioni (in pratica un grammoione/litro), il secondo è il cosiddetto
elettrodo di riferimento o elettrodo normale ad idrogeno. Si rimanda ad altri corsi per una trattazione più
approfondita.
Se il potenziale normale di elettrodo è negativo, si ha un'indicazione e gli ioni tendono a lasciare la barretta
di metallo e a passare in soluzione lasciando dietro di sé, sulla barretta stessa, gli elettroni così liberati
secondo la reazione:
Me ⇒ Men+ + ne- (1)
la barretta, ovviamente, rimane caricata negativamente.
Se invece il potenziale normale di elettrodo è positivo, si ha un'indicazione che avviene la reazione inversa:
Men+ + ne- ⇒ Me (2)
in questo caso sono gli ioni che lasciano la soluzione e si depositano sulla barretta di metallo utilizzando gli
elettroni formati dall'altro semielemento della pila.
Si può così costruire la serie elettrochimica degli elementi (Tabella 1) nella quale l'idrogeno costituisce il
punto neutro dell'insieme (il potenziale normale di elettrodo dell'idrogeno vale, per convenzione, 0 V). Se la
concentrazione degli ioni è differente da 1 grammoione/l bisogna calcolare il potenziale effettivo di elettrodo
mediante l'equazione di Nernst.
R ⋅T a n+
E = E0 + ⋅ log e ⋅ Me Equazione di Nernst
n⋅F a Me

Li/Li+ -3,045 Al/Al3+ -1,66 Co/Co2+ -0,30


+ 2+
K/K -2,925 Ti/Ti -1,63 Ni/Ni2+ -0,25
Sr/Sr2+ -2,89 Zr/Zr4+ -1,53 Mo/Mo3+ -0,20
2+ 2+
Ca/Ca -2,87 Mn/Mn -1,19 Sn/Sn2+ -0,140
Na/Na+ -2,713 Zn/Zn2+ -0,763 Pb/Pb2+ -0,126
2+ 3+
Mg/Mg -2,37 Cr/Cr -0,74 Cu/Cu2+ +0,337
Be/Be2+ -1,85 Fe/Fe2+ -0,44 Ag/Ag2+ +0,800
Tabella 1: Serie elettrochimica (potenziali normali d’elettrodo a 25 °C, in volt)

Per quanto concerne gli elementi che presentano valori negativi del potenziale normale di elettrodo, si dice
che essi precedono l'idrogeno nella serie elettrochimica degli elementi e sono gli elementi facilmente
corrodibili; infatti, se si mette una barretta di uno di questi metalli (ad esempio ferro, che ha un potenziale
normale di elettrodo di -0,44 V) in contatto con acqua distillata, il passaggio degli ioni del metallo in soluzione
ed il contemporaneo crearsi di una carica negativa localizzata sulla barretta provoca un'attrazione degli ioni
positivi in soluzione verso la barretta stessa; si crea una competizione per la scarica tra gli ioni del metallo e
gli ioni idrogeno: questi si scaricano consumando gli elettroni e dando origine a bolle di idrogeno gassoso; il
processo può così ricominciare. La dissoluzione del metallo secondo la reazione (1) prende il nome di
reazione di ossidazione anodica o più comunemente di reazione anodica.

O2 OH-
Soluzione
Fe++ Fe++
O2 2e
OH- 2e Fe++
2e
O2
Cu OH-
Fe
Cu

Cu
Fe

Cu
Figura 2: Riduzione catodica dell'ossigeno su ferro e rame e dissoluzione del solo ferro. E' il
classico esempio della corrosione di una coppia galvanica formata da un chiodo di ferro che unisce
due piastre di rame.
La scarica dell'idrogeno secondo la reazione,
2H+ + 2e- ⇒ 2H ⇒ H2 (3)
prende il nome di relazione di riduzione catodica o più comunemente reazione catodica. Nelle soluzioni
acquose si possono verificare altri tipi di reazioni catodiche, come, ad esempio,
O2 + 4H+ + 4e- ⇒ 2H2O (soluzioni acide) (4)

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O2 + 2H2O + 4e- ⇒ 4OH- (soluzioni neutre o basiche) (5)


Me3+ e- ⇒ Me2+ (6)
oltre alla già citata reazione di decomposizione metallica,
Me ⇒ Men+ + ne- (2)
Se si ha acqua in contatto con l'aria, la reazione catodica più comune è la (5).
Le reazioni anodica e catodica devono sempre essere bilanciate in maniera che generazione e consumo
degli elettroni si compensino. Qualsiasi fattore che aumenti o diminuisca la velocità di una delle due reazioni
provoca un incremento di velocità o un rallentamento dell'intero processo.
Fra il metalli con un potenziale standard negativo si possono citare in ordine decrescente di corrodibilità Na,
Mg, Al, Ti, Zn, Cr, Fe.
Gli elementi metallici che presentano valori positivi della potenziale normale di elettrodo seguono l'idrogeno
nella serie elettrochimica degli elementi e sono gli elementi non facilmente corrodibili; infatti, se si mette una
barretta di uno di questi metalli (ad esempio rame, che ha un potenziale normale di elettrodo di 0, 34 V) in
contatto con acqua distillata, il passaggio degli ioni del metallo in soluzione ed il contemporaneo crearsi di
una carica negativa localizzata sulla barretta provoca un'attrazione degli ioni positivi in soluzione verso la
barretta; in questo caso però la competizione per la scarica tra gli ioni del metano e gli ioni idrogeno si
risolve a favori dei primi: il processo si ferma perché si raggiunge una situazione di equilibrio chimico fisico
tra gli ioni che passano in soluzione e quelli che tornano sulla barretta. I metalli con potenziali normali di
elettrodo positivi sono i così detti metalli nobili come argento, platino e oro; fra di metalli che seguono
l'idrogeno nella serie elettrochimica degli elementi ci sono il rame, già citato, ed il mercurio.
E' da notare che nella tradizione anglosassone spesso, invece di riferirsi alla differenza di potenziale tra il
metallo e l'elettrodo ad idrogeno della pila campione, si riferisce alla differenza di potenziale opposta. I
numeri cambiano disegno, perché la convenzione è cambiata, ma i fenomeni fisici rimangono ovviamente gli
stessi.
Se si hanno due differenti metalli a
contatto fra di loro e con una
soluzione acquosa, quello con
potenziale di elettrodo algebricamente Fe++
inferiore assume la funzione di anodo H+
solubile (cioè si corrode), mentre
l'altro funziona da catodo: si crea cioè
una coppia galvanica (vedi figura H+ Anodo
precedente). La corrosione è più
vistosa all'interfaccia fra due metalli e Fe++ e
diminuisce di intensità allontanandosi Fe
da essa. e
Lo stesso fenomeno interviene se il
metallo a contatto con la soluzione è
una lega bifasica: una delle fasi risulta Fe++ H2
e
l'anodo della coppia galvanica e l'altra
il catodo (Figura 3). La corrosione Catodo
+
risulta accelerata dalla presenza di H e
molteplici coppie galvaniche con
H+
anodi e catodi di dimensioni ridotte e
quindi con interfacce molto vicine. H+
Figura 3: Corrosione localizzata in un'area anodica e sviluppo di
idrogeno in un'area catodica in un elettrodo di acciaio bifasico.
Estremità anodica
Magnesio
Zinco
Alluminio
Acciaio al carbonio
Acciaio legato
Ghisa
Acciai inossidabili martensitici (attivi)
Acciai inossidabili ferritici (attivi)
Acciai inossidabili austenitici (attivi)
Ottone
Bronzo
Rame
Cupronichel
Nichel
Inconel
Acciai inossidabili martensitici (passivi)
Acciai inossidabili ferritici (passivi)
Acciai inossidabili austenitici (passivi)
Titanio
Argento
Oro
Platino
Estremità catodica
Tabella2: Serie galvanica indicativa di
alcuni metalli e leghe in acqua di
mare.

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Corrosione degli acciai


Gli acciai sono leghe a base ferro, elemento che precede l'idrogeno nella serie elettrochimica degli elementi.
Si ha quindi che, in contatto con una soluzione acquosa neutra, in contatto con l'aria si attivano la reazione
anodica di tipo (1),
Fe ⇒ Fe2+ + 2e-
e la reazione catodica di tipo (5),
O2 + 2H2O + 4e- ⇒ 4OH-
Sommando le due reazioni, dopo aver moltiplicato la prima per 2 (al fine di bilanciare il numero degli elettroni
prodotti e consumati), si ottiene la reazione complessiva,
2Fe + O2 + 2H2O ⇒ 2Fe2+ + 4OH- ⇒ 2Fe(OH)2
L'idrossido ferroso precipita dalla soluzione. Il composto è instabile in una soluzione ossigenata e si
trasforma in idrossido ferrico,
2Fe(OH)2 +1/2O2 + 2H2O ⇒ 2Fe(OH)3
L'idrossido ferrico perdendo acqua da origine a composti (ossidi ferrici) più o meno disidratati, che
costituiscono la comune ruggine (Figura 4).

Acqua
O2(g) → O2(aq)
Ruggine Fe2+(aq) + 2OH-(aq)
O2(aq) + 2H2O(liq) + 4e- → 4OH-(aq)
→ Fe(OH)2(s)
Crateri

Ferro
Fe(s) → Fe2+(aq) + 2e-

Figura 4: Corrosione del ferro da parte di una goccia di acqua. Il fenomeno inizia quando l'ossigeno disciolto
nell'acqua viene a contatto con il metallo, di solito in microcrateri presenti sulla superficie, i quali diventano
progressivamente più profondi. La formazione della ruggine è più intensa sul bordo della goccia dove
maggiore è la concentrazione di ossigeno disciolto e dove è più facilitata la formazione di idrossido ferrico.

L'umidità dell'aria, condensandosi sulla superficie dei manufatti di acciaio, crea un velo sottile di acqua che
promuove la corrosione. Più l'atmosfera dell'ambiente è inquinata per presenza di ossidi di zolfo o di azoto
(che possono provenire da reazioni di combustione), più la soluzione che si forma è acida e più veloce è la
corrosione (si hanno reazioni catodiche del tipo (3) o (4), più veloci). Inoltre, la presenza dei sali in soluzione
aumenta la conducibilità dell'elettrolita e, quindi, la velocità dei processi corrosivi; vicino al mare si hanno
condense più aggressive in quanto ricche di sali come NaCl; la corrosione viene quindi accelerata. Pertanto,
ambienti marini e industriali risultano, sotto quest’aspetto, i più pericolosi.
Per quanto detto prima l'acciaio si corroderà tanto più facilmente quanto più presenterà disomogeneità
strutturali. Resisteranno quindi meglio alla corrosione acciai con una struttura monofasica.
Cambiando elettrolita cambiano le condizioni che possono condurre alla corrosione; può anche avvenire che
con elettroliti particolari cambino le tendenze degli acciai a subire corrosione.
Con liquidi ossidanti, come ad esempio l'acido nitrico concentrato, gli acciai tendono a ricoprirsi di uno strato
di spessore infinitesimale di ossido che rallenta o impedisce la corrosione, variando in senso da rendere più
nobile il potenziale di elettrodo; il fenomeno prende il nome di passivazione. Sono da preferire gli strati
protettivi di densità maggiore di quella del metallo base, perché essi sono compatti e continui (situazioni
analoghe si possono incontrare con le leghe di alluminio anodizzate, nelle quali un sottilissimo strato
compatto di allumina protegge il metallo sottostante dall'ulteriore ossidazione).
I metalli autopassivanti sono quindi quelli che nei liquidi corrosivi si ricoprono di strati di composti (di solito
ossidi) protettivi. Affinché siano protettivi gli strati superficiali devono essere continui, aderenti, impermeabili,
insolubili e con caratteristiche di elasticità simili a quelle del metallo base, per limitare la possibilità di
scagliatura.
Quindi, nel caso degli acciai, giacché gli ossidi di ferro non hanno le caratteristiche sopra descritte,
bisognerà aggiungere elementi leganti che:
a) conferiscano proprietà autoprotettive (diano luogo a strati passivanti);
b) abbiano la possibilità di entrare in soluzione solida nel ferro, dando luogo quindi a strutture monofasiche.

RESISTENZA ALLA CORROSIONE DEGLI ACCIAI INOSSIDABILI

Acciai inossidabili al cromo


Da quanto visto precedentemente il cromo è un elemento che di per sé ha la proprietà di acquisire
facilmente una grande passività e, aggiunto agli acciai, riduce notevolmente la corrosione.
Gli acciai inossidabili vengono suddivisi generalmente in tre categorie principali, che sono:
• Acciai inossidabili ferritici
• Acciai inossidabili martensitici
• Acciai inossidabili austenitici
Sono inoltre da ricordare le famiglie degli acciai inossidabili duplex e quelle degli acciai inossidabili indurenti
per precipitazione.
Ulteriori tipologie che sono state sviluppate sono gli acciai inossidabili super-ferritici, gli acciai inossidabili
duplex legati con azoto e gli acciai inossidabili austenitici alto legati.

Acciai inossidabili austenitici al nichel-cromo


E' noto che il nichel ha una forte azione austenitizzante e che con il 21-22% dell'elemento si rende stabile a
temperatura ambiente la struttura γ negli acciai dolci (vedere diagramma di stato Fe-Ni, figura 3.1). D'altra
parte, con quantitativi di Ni superiori al 8%,
durante il raffreddamento da temperatura di
austenitizzazione si riesce a portare la struttura γ
in condizioni di metastabilità fino a temperatura
ambiente, a causa dell'insorgere di forti fenomeni
di isteresi nella trasformazione γ → α. La
composizione di questi acciai è dunque dettata
dalla necessità di avere almeno l'8% di nichel; in
corrispondenza di tale tenore bisogna avere il
18% di cromo per mantenere una struttura
austenitica dopo raffreddamento. Tenori superiori
di Cr porterebbero ad una struttura bifasica con
presenza di ferrite, mentre tenori inferiori
porterebbero alla formazione di quantitativi di
martensite per raffreddamento a temperatura
ambiente. E' possibile spostarsi verso tenori di
nichel più alti - e, conseguentemente, verso tenori
di Cr più elevati - con ovvio aggravio di costi (il
nichel è particolarmente costoso in quanto viene Figura 5: Diagramma di stato del sistema ferro-nichel
prodotto per via elettrolitica). (da ASM Handbook).
Le strutture austenitiche così ottenute sono
metastabili; si possono avere fenomeni di precipitazione di carburi per riscaldamento e conseguentemente
insorgenza di fenomeni di vaiolatura (pitting) e di fragilità. Per questa ragione, specialmente ai fini della
resistenza alla corrosione delle strutture saldate ed al mantenimento di adeguati livelli di tenacità, bisogna
limitare il contenuto di carbonio allo 0,08% ed eventualmente aggiungere elementi stabilizzanti dei carburi
come Mo, Ti, Nb in quantità opportuna.
Le considerazioni sopra esposte consentono di comprendere le ragioni che hanno portato alla composizione
di alcuni degli acciai inossidabili austenitici più diffusi:
UNI X 10 CrNi 18-09 (AISI 302)
UNI X 5 CrNi 18-10 (AISI 304)
UNI X 7 CrNiMo 17-12 (AISI 316L)
UNI X 6 CrNiNb 18-11 (AISI 347)
X 5 CrNi 20-11 (AISI 308)
Per quanto riguarda l’oggetto di studi della tesi, si studierà in particolare il comportamento degli acciai
inossidabili del tipo AISI 304 e AISI 316L, essendo questi i più usati nel campo delle costruzioni di manufatti
destinati all’industria alimentare.

La resistenza alla corrosione degli acciai inossidabili: la passivazione

La resistenza alla corrosione degli acciai inossidabili non è un caratteristica incondizionata o indipendente
dalle condizioni di utilizzo, ma è determinata da molti fattori, quali l’ambiente di utilizzo, la lavorazione con cui

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è stato realizzato il manufatto, e la progettazione dello stesso. In particolari condizioni uno stesso materiale,
a contatto con un stesso agente corrosivo può manifestare una resistenza alla corrosione diversa in funzione
delle caratteristiche del manufatto, per esempio la presenza di interstizi può influenzare il comportamento
corrosionistico del materiale. E’ necessario evidenziare che la resistenza alla corrosione dell’acciaio
inossidabile è determinata dalla capacità del materiale di creare un sottile strato , sostanzialmente formato
da ossidi di cromo, che ne ricopre totalmente la superficie. Un materiale metallico è in stato di passività cioè
è passivo se è termodinamicamente in grado di corrodersi, ma la velocità del processo è talmente limitata da
rendere trascurabile gli effetti della corrosione stessa. Al contrario un materiale si dice attivo se è in grado
termodinamicamente di corrodersi ed il processo avviene con velocità apprezzabile. Gli acciai inossidabili
possono essere attivi, quindi evidenziare scarsa resistenza alla corrosione, o passivi, quindi avere una
buona resistenza alla corrosione a seconda delle condizioni in cui vengono impiegati. Infatti l’acciaio
inossidabile allo stato attivo possiede un’elevata affinità con l’ossigeno, e quindi in presenza di ossigeno (
per esempio il contatto con l’umidità atmosferica) avviene un processo di passivazione e quindi di protezione
dello strato superficiale. Questa condizione di passività non è statica, ma dinamica e può cambiare a
seconda delle condizioni in cui si trova impiegato il materiale, e anche un danneggiamento al film superficiale
di ossido può essere ripristinato qualora l’ambiente possegga caratteristiche sufficientemente ossidanti. Per
quanto riguarda lo studio del comportamento di un materiale circa il fenomeno della passivazione, è
necessario fare riferimento allo studio della curva potenziodinamica di polarizzazione anodica.

Curva potenziodinamica di polarizzazione anodica


La curva potenziodinamica di polarizzazione anodica è costituita da un grafico, specifico per un certo
materiale a contatto con una determinata soluzione, solitamente molto aggressiva, realizzato tramite la
variazione del suo potenziale rispetto ad un potenziale di riferimento e la misurazione delle densità di
intensità di corrente. Tale grafico riporta in ascisse i logaritmi delle densità di intensità di corrente e in
ordinate i valori dei potenziali. Chiaramente la densità di intensità di corrente è un indicatore proporzionale
della velocità del fenomeno corrosivo, mentre la differenza di potenziale, in questo caso imposta,
rappresenta le condizioni operative in cui si viene a trovare il materiale. Analizzando il grafico di un
diagramma di polarizzazione anodico per un acciaio inossidabile AISI 304 a contatto con acido solforico
(Figura 3.2) si evidenzia come inizialmente aumentando la differenza di potenziale imposta si abbia un forte
crescita della densità di intensità di corrente, fino al raggiungimento di un picco, che rappresenta il
potenziale imposto (Epp) che genera il massimo del fenomeno corrosivo. Questo prima parte della curva è
determinata da quell’intervallo di potenziali dal
valore Ecorr, cioè il potenziale imposto di libera
corrosione e il valore Epp cioè di massima
corrosione denominati potenziali attivi cioè in
condizioni nei quali avviene un fenomeno
corrosivo rilevante ed il materiale non riesce ad
opporre resistenza alla migrazione di ioni in
soluzione. Continuando ad aumentare la
differenza di potenziale imposta la densità di
corrente scende velocemente fino a raggiungere
un valore minimo ip, che rimane costante anche al
crescere della differenza di potenziale imposta
fino al valore Et. Tale intervallo rappresenta i
potenziali passivi, cioè quel campo operativo
dentro il quale il fenomeno corrosivo risulta del
tutto irrilevante e la capacità di passivazione del
materiale fa si che sullo strato superficiale sia
sempre presente il film costituito da ossidi
protettivi. Aumentando ulteriormente il potenziale
imposto oltre il valore Et la densità di intensità di
corrente torna a crescere raggiungendo quel
campo di potenziali detti di transpassività, che Figura 6: Curva potenziodinamica di polarizzazione
costituiscono comunque valori difficilmente anodica per acciaio inossidabile AISI 304 a contatto
raggiungibili nelle condizioni effettive di impiego di con soluzione di acido solforico.
un materiale. La curva potenziodinamica di
polarizzazione anodica risulta quindi uno strumento che permette di paragonare diversi materiali a contatto
con soluzioni corrosive fornendo uno strumento di scelta sul materiale più idoneo al contatto con una certa
soluzione. Chiaramente deve essere scelto il materiale che in quella soluzione manifesti un campo di
potenziali passivi più ampio possibile e densità di intensità di correnti il più limitate possibile, ma per l’elevato
numero di variabili che influenzano il fenomeno della passivazione tale curva non può essere estrapolata per
ricavare il modello di comportamento e una previsione esatta dei fenomeni corrosivi di un materiale in
condizioni di impiego operative.

Principali tipi di corrosione umida


Esistono vari tipi di corrosione umida che si possono manifestare sugli acciai inossidabili; qui faremo un
accenno a quei processi corrosivi che sono possibili nelle condizioni operative di impiego dell’acciaio
inossidabile come materiale per la costruzione di serbatoi destinati al contenimento di liquidi alimentari. In
tale ottica i processi corrosivi possibili risultano la corrosione generalizzata, la corrosione galvanica, la
corrosione interstiziale, la corrosione per vaiolatura, la corrosione intergranulare, la corrosione sotto tensione
e quella per fatica.

La corrosione generalizzata
Questo tipo di corrosione, può essere uniforme o disuniforme, e rappresenta un’aggressione progressiva
diffusa su tutta la superficie del manufatto con velocità generalmente costante nel tempo. Solitamente
l’acciaio inossidabile austenitico ha una buona resistenza a questo tipo di fenomeno corrosivo e da un punto
di vista corrosionistico questo tipo di attacco alla superficie risulta solitamente poco pericoloso per l’integrità
dell’impianto stesso o comunque ha un comportamento prevedibile e calcolabile. Diversamente se
consideriamo questo fenomeno da un punto di vista della cessione, esso risulta senza dubbio molto
pericoloso in termini di inquinamento del fluido contenuto nel manufatto in acciaio inossidabile, poiché non si
tratta di un fenomeno localizzato ma mette in gioco grandi superfici con il risultato di poter manifestare
elevati valori di cessioni di ioni metallici in rapporto al volume di prodotto contenuto.

La corrosione galvanica
Questo tipo di corrosione si verifica quando due elementi metallici diversi sono collegati tra loro con
continuità elettrica in presenza di un elettrolita (soluzione acida o umidità atmosferica), formando così una
pila. In queste condizioni avviene più rapidamente la corrosione del materiale che risulta più anodico. Questo
fenomeno corrosivo può coinvolgere anche uno stesso materiale ove per qualche ragione , fenomeno
riscontrabile nel pitting, avvenga una discontinuità chimica o strutturale sulla superficie a contatto con
l’elettrolita con la creazione di zone anodiche e zone catodiche. Questo tipo di corrosione si può manifestare
quando vengono unite parti di materiale più nobile (catodico) con materiale meno nobile (anodico) sotto
forma di viti, riporti di saldatura o similari. In queste condizioni di diverso rapporto tra le superfici, il materiale
di giunzione, se meno nobile avrà sicuramente una superficie molto minore, costituisce una considerevole
aggravante che porterebbe ad una rapida corrosione del materiale usato per le giunzioni.

La corrosione interstiziale
La corrosione interstiziale è un tipo di corrosione localizzata, che si può verificare in presenza di cavità,
interstizi o comunque depositi. In tali zone, a causa della stagnazione del liquido a contatto con il manufatto,
o alla presenza di depositi, si può verificare localmente una variazione della composizione della soluzione,
che può diventare , per esempio con variazione del suo ph in soluzione, estremamente corrosiva per
l’acciaio inossidabile costituente le pareti dell’interstizio. Durante questi fenomeni spesso si assiste
localmente all’impoverimento della quantità di ossigeno nella soluzione, con l’impossibilità del materiale di
mantenere uno stato di passività. Questo tipo di corrosione è spesso causato e legato al modo di

Figura 8:

progettazione del manufatto, e si manifesta in quei punti, come


possono essere giunzioni, o altri punti critici con evidenti
Figura 7 discontinuità, ma può anche essere causato da una cattiva
manutenzione del manufatto che favorisce la presenza di molti
depositi sull’acciaio inossidabile.

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La corrosione intergranulare
La corrosione intergranulare consiste in un attacco corrosivo selettivo che si sviluppa lungo i bordi di grano
dell’austenite ed ha come causa la precipitazione di carburi di cromo lungo i bordi di grano, in seguito ad
alterazioni termiche subite dall’acciaio inossidabile e quindi una variazione locale di composizione del
materiale. Questo fenomeno causa un impoverimento della quantità di cromo nelle zone adiacenti i bordi
grano e quindi la perdita delle caratteristiche di inossidabilità del materiale con conseguente instaurarsi di
fenomeni corrosivi, qualora il materiale sia a contatto con soluzioni aggressive. La causa di questo
fenomeno, chiamato sensibilizzazione dell’acciaio inossidabile è da ricercarsi nei procedimenti di lavorazione
che comportino un riscaldamento ed un mantenimento ad una temperatura critica compresa tra i 450 °C e gli
850° C per l’acciaio inossidabile austenitico, (vedere figura 3.3) del materiale. Questo mantenimento della
lega ad levate temperature avviene solitamente durante le operazioni di saldatura per grossi spessori, e per
ovviare alla sensibilizzazione è necessario l’uso di acciaio inossidabili con minore contenuto di carbonio (low
carbon C < 0,03 %) o l’impiego di acciai inossidabili con la presenza nella lega di elementi stabilizzanti il
carbonio come il titanio. Infatti la presenza di titanio nella lega genera la formazione di carburi di titanio che
sottraendo carbonio non rendo più possibile la precipitazione di carburi di cromo.

La corrosione per vaiolatura


La corrosione per vaiolatura o “pitting” è un tipo di corrosione localizzata che agisce in profondità su areole
molto ristrette, innescando un processo che può progredire fino alla completa perforazione della parte
aggredita. Tale tipo di corrosione si
manifesta in determinati punti della
superficie dove risulta più difficile
per il materiali creare condizioni di
passività stabile, generalmente ai
bordi di grano, in presenza di scaglie
superficiali, contaminazioni ferrose o
in presenza di marcate asperità
superficiali; una superficie molto
liscia risulta più resistente al pitting.
La zona dell’attacco si manifesta
con la presenza di molti “vaioli”
costituiti da un foro di dimensioni
molto ridotte, generalmente tra 0,1
mm e 1 mm, ed una zona
circostante che presenta un alone di
colore scuro. La zona colorata è la
zona catodica del processo, mentre
il foro rappresenta la zona anodica, Figura 8: Formazione di un vaiolo sulla superficie in acciaio
con un penalizzante squilibrio nel inossidabile.
rapporto tra le due aree. Questo tipo
di attacco si verifica in determinate condizioni, molto spesso costituite dalla presenza di soluzioni diluite a
carattere ossidante con la presenza di ioni, quali per esempio quelli di cloro (Cl -). Si sono verificati spesso
fenomeni di corrosione per vaiolatura di serbatoi destinati ad uso enologico che venivano riempiti, per
collaudo idraulico, con acque con presenza di ioni cloro, o posti semplicemente in zone vicino al mare. Infatti
nei casi di impiego in queste condizioni ambientali è necessario l’uso di un acciaio inossidabile che presenti
un’ottima resistenza al pitting, migliorata dalla maggiore presenza di cromo o di elementi nella lega quali il
molibdeno, il nichel, l’azoto.

La corrosione sotto tensione


Fenomeno di corrosione localizzata. E’ da notare che in presenza di sollecitazioni, sia statiche che
dinamiche, il processo di corrosione ha delle caratteristiche proprie, differenti da quelle che si avrebbero in
assenza delle sollecitazioni. E’ un fenomeno molto preoccupante poiché si sviluppa in profondità in zone
ristrette del materiale con velocità di penetrazione particolarmente elevata (~1-2 mm/h). E’ pericolosa
soprattutto perché si manifesta senza segni premonitori. Essa si arresta nel momento in cui viene a cessare
la sollecitazione oppure quando il suo procedere provoca nel materiale uno scaricamento delle tensioni
accumulate. In genere quando la cricca diventa visibile il materiale diventa irrimediabilmente compromesso
per la presenza di profonde cricche (in genere ramificate e ad andamento transgranulare).

Corrosione per fatica


Corrosione localizzata generata dall’applicazione di uno stato di sollecitazione ciclico nel tempo con
frequenza apprezzabile. Gli acciai presentano, in assenza di sollecitazioni, un ben determinato limite di fatica
(massima sollecitazione ciclica per un certo tempo). In ambiente aggressivo questo limite si riduce
notevolmente.

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