Legame Ionico
Nel caso di solidi con legame ionico, come nel caso del cloruro di sodio (NaCl) avremo un reticolo
cubico i cui spigoli sono alternativamente occupati da atomi di cloro e di sodio si da avere nelle tre direzioni
spaziali un ordine a lungo raggio ed una sequenza ripetitiva del reticolo base. Questi materiali devono le loro
caratteristiche di resistenza ai legami ionici che si instaurano tra i diversi elementi costituenti la materia.
Cl- +-+-+-+-+-+-+-+-+-+
Na+ -+-+-+-+-+-+-+-+-+-
nel piano ⇒ +-+-+-+-+-+-+-+-+-+
-+-+-+-+-+-+-+-+-+-
Cl- Na+
+-+-+-+-+-+-+-+-+-+
-+-+-+-+-+-+-+-+-+-
Na+ Cl- Na+
Fig. 1: reticolo cristallino del cloruro di sodio. Fig. 2: rappresentazione delle cariche.
Uno slittamento secondo il piano sopra rappresentato conduce ad uno scorrimento possibile e non
catastrofico per il materiale, ma il numero di questi piani e direzioni è limitato.
+-+-+-+-+-+-+-+-
-+-+-+-+-+-+-+-+
-+-+-+-+-+-+-+-+
+-+-+-+-+-+-+-+-
Fig. 3:esempio di piano in cui lo scorrimento del reticolo cristallino ionico porterebbe ad una sfaldatura del
reticolo cristallino e, quindi, ad una rottura irreversibile.
Uno scorrimento in direzioni non preferenziali conduce ad ottenere dei piani in cui gli atomi sono della
stessa carica elettronica per cui tendono ad allontanarsi e a generare una frattura nel cristallo.
Legame Covalente
Nel caso di un legame covalente gli atomi condividono gli elettroni in base alla loro valenza e questo porta
ad una stabilizzazione dell'ottetto elettronico, con la possibilità di formare sostanze stabili. Il legame
covalente è un legame altamente energetico ma direzionale (vedere il caso del diamante); un qualunque
scorrimento in qualsiasi direzione comporta una rottura del legame e, a livello massivo del componente.
Legame Metallico
In questo caso gli atomi occupano le posizioni degli spigoli del
reticolo e gli elettroni di ogni atomo formano una nuvola elettronica che li
stabilizza nelle loro reciproche posizioni. Questo garantisce, per le
sostanze che cristallizzano con il legame metallico di essere buoni
conduttori di elettricità, vista la possibile mobilità degli elettroni. Dal punto
di vista della deformazione sono possibili un numero elevato di direzioni
di scorrimento che portano a delle deformazioni plastiche senza
distruggere l’essenza del legame. Per questo motivo il legame metallico
garantisce la capacità di resistere alla concentrazione di tensioni. Infatti in
Fig. 4:legame metallico. . materiali sottoposti a carico in opera si progetta considerando una
distribuzione uniforme dei carichi ma, in pratica in tutti i punti di
discontinuità, si hanno dei massimi di tensione. I materiali metallici sono in grado di resistere meglio a queste
variazioni. Le discontinuità dei componenti sono sia di ordine pratico (necessità di gole, cambiamenti di
sezione, angoli) sia da imputare a dei difetti dovuti a lavorazione o ad un uso prolungato (cricche di fatica, di
tempra). In particolare in presenza di una cricca si ha un raggio di fondo intaglio che tende a zero.
L’avanzamento della cricca deve essere lento e prevedibile; il materiale metallico di deforma ed incrudisce.
I materiali polimerici termoplastici, a seconda elle condizioni di processo utilizzate nella produzione,
possono avere un certo grado di cristallinità, a volte anche elevato, tuttavia i legami ad elevata energia sono
covalenti (quelli delle catene polimeriche) mentre tra le catene si sviluppano dei legami a bassa energia
Introduzione alla Tecnologia dei Materiali Metallici
(forze di Van Der Walls, ponti idrogeno, ecc.). Se questo garantisce una certa deformabillità, porta tuttavia
da un lato a ritorni elastici considerevoli e funzione del tempo e dall'altro a carichi ammissibili
considerevolmente ridotti.
Le proprietà dei materiali dipendono da come cristallizzano: osservare i grafici di resistenza a trazione,
resistenza allo snervamento e di resilienza in funzione della temperatura.
Fig. 5:
Il ∆T di transizione duttile-fragile deve essere spostata a -20 °C per lasciare un campo di utilizzazione
abbastanza ampio. Nel caso di strutture che solidificano con reticolo cubico facce centrato la resilienza
diminuisce con la temperatura in modo meno pronunciato. I materiali con reticolo esagonale sono i meno
resilienti: un esempio è la grafite.
TIPI DI RETICOLO
Si conoscono sette tipi di reticolo semplice o sistemi regolari di punti occupati dagli atomi delle
sostanze:
Cubico a = b = c, α = β = γ = 90° Z
Tetragonale a = b ≠ c, α = β = γ = 90°
Ortorombico a ≠ b ≠ c, α = β = γ = 90°
c
Romboedrico a = b = c, α = β = γ ≠ 90°
Esagonale a = b ≠ c, α = β = 90° γ = 120°
Monoclino a ≠ b ≠ c, α = β = 90° γ ≠ 90° β α b Y
Triclino a ≠ b ≠ c, α ≠ β ≠ γ ≠ 90°
γ a
X
Oltre ai sette reticoli semplici della soprastante tabella
esistono altri sette reticoli composti, ottenuti per compenetrazione Fig.6: reticolo generico. .
o traslazione di reticoli semplici, ciascuno dei quali gode sempre
della proprietà che ogni punto è circondato da altri punti distribuiti con identica periodicità. I quattordici reticoli
vengono comunemente chiamati reticoli di Bravais. Abbiamo quindi un reticolo cubico corpo centrato
(CCC), cubico a facce centrate (CFC), tetragonale a corpo centrato (TCC), ortorombico a basi centrate,
ortorombico a corpo centrato, ortorombico a facce centrate, e monoclino a basi centrate.
Questa struttura ordinata della materia porta ad identificare degli assi e dei piani di simmetria per ogni
tipo di reticolo con direzioni e piani tra loro paralleli. Per stabilire le tipologie di questi ultimi, si utilizzano gli
indici di Miller. Per quel che riguarda le direzioni gli indici di Miller, racchiusi tra parentesi quadre [ ],
indicano di quante volte le componenti del vettore (che unisce l’origine delle coordinate con l’atomo
qualunque prescelto) sono più lunghe degli spigoli della cella di riferimento ad essa paralleli. Gli indici di
Miller dei piani, racchiusi tra parentesi tonde ( ), sono i reciproci delle intersezioni tra gli assi di riferimento ed
il piano considerato, modificati in modo tale da dare luogo alla minima serie di numeri interi.
Cristallografia
Alcuni esempi di disposizioni atomiche semplici sono riportate nelle figure seguenti.
Per quel che riguarda l'addensamento atomico ottenibile per i differenti tipi di reticolo un calcolo teorico porta
ai seguenti risultati:
1) Sistema cubico semplice (CS): l’occupazione spaziale degli atomi considerati come sfere rigide è del
52%.
2) Sistema cubico corpo centrato (CCC): l’occupazione spaziale degli atomi considerati come sfere rigide è
del 68%.
3) Sistema cubico facce centrate (CFC): l’occupazione spaziale degli atomi considerati come sfere rigide è
del 72%. Lo stesso risultato si ottiene nel reticolo esagonale compatto (EC).
Nel CCC lungo la diagonale principale, le sfere sono a contatto, nel sistema CFC questo succede lungo
le diagonali delle facce e nel reticolo EC lungo le tre direzioni principali della base. In queste direzioni a
massimo impaccamento si possono avere degli scorrimenti plastici.
Per l’indicazione delle direzioni in un cristallo, si considera la retta parallela passante per l’origine e la si
definisce con le coordinate di una retta passante per i punti (0,0) e (p,q):
x y
+ = 1
p q
Altro modo di indicare la direzione è quella di dare le coordinate (x,y,z) sottintendendo che l’unità di
misura in ogni direzione è l’unità base della cella; se ci sono dei valori frazionari è sufficiente moltiplicare per
il minimo comune multiplo tutti i membri.
Nel caso di un sistema con struttura reticolare CCC tutte le direzioni delle diagonali del cubo sono
equivalenti e costituiscono la famiglia di direzioni <111>.
CCC
CFC
Le soluzioni solide interstiziali si originano allorquando un soluto entra nelle lacune di un reticolo
cristallino. Solo pochi atomi possono originare s.s.i. (H, C, O, N, B) perché piccoli. Questi elementi possono
anche dare origine, tra di loro od in unione ad altri elementi, a idruri, ossidi, nitruri, carburi e boruri.
Nella tabella sottostante vengono riportatate le dimensioni di alcuni atomi che si trovano spesso in posizioni
interstiziali:
elemento H O N C B
raggio atomico (Å) 0,30 0,66 0,71 0,77 0,87
Si riporta nello schema sottostante le dimensioni delle lacune presenti nei reticoli cristallini più importanti per
le leghe metalliche:
Si riporta come esempio particolare la fase austenitica del ferro può sciogliere fino al 2% di carbonio,
mentre nella fase di ferrite la solubilità massima è dello 0,02% (maggiore solubilità laddove è più elevato il
raggio atomico della lacuna).
AuCu
Au
Cu
AuCu3
Au
Cu
FeAl - Ottoni β‘
Cu oppure Fe
Zn oppure Al
Si deve osservare che, in quest’ultimo caso, data la compenetrazione di due reticoli rispetto alle tre
direzioni ortogonali di riferimento, è indifferente la scelta del tipo di elemento rispetto alla posizione nel
reticolo.
Introduzione alla Tecnologia dei Materiali Metallici
Al di sotto di una certa temperatura caratteristica denominata temperatura critica (Tc) molte soluzioni
solide disordinate possono assumere un aspetto ordinato a causa di una minore agitazione termica degli
atomi costituenti il solido. L’ordine corrisponde ad uno stato di energia minima (∆H<0) mentre al disordine
corrisponde uno stato di entropia massima. Il prevalere di una o dell’altra di queste due entità che
compaiono nell’equazione dell’energia libera ∆G = ∆H - T••∆S determina la temperatura di passaggio da uno
stato ordinato ad uno disordinato.
La differenza fondamentale tra soluzione solide
ordinate e composti a legame intermetallico è che i
ξ primi hanno un campo di esistenza di composizione più
1 ampio. Queste soluzioni solide ordinate hanno
generalmente alta durezza e fragilità.
Il grado di ordine ξ di una soluzione solida ordinata
diminuisce prima molto lentamente poi sempre più
velocemente fino ad annullarsi bruscamente a Tc.
Il raggiungimento di una situazione ordinata si
ottiene con la formazione di domini di antifase che
richiedono solo un riaggiustamento locale grazie alla
diffusione atomica.
Questo passaggio comporta variazioni del modulo
elastico, della resistività elettrica, delle proprietà
T/Tc magnetiche e della densità.
Fig 9: andamento del grado di ordine in funzione
della temperatura.
AS = A / cos(Θ)
La tensione tangenziale τ che agisce sull'area
inclinata AS sarà:
τ = P/AS cos ϕ
sostituendo:
P
τ = P/A cos Θ cos ϕ
Fig. 11: schema di superficie comunque orientata
Da questo risultato si evince che valori di tensione di con i carichi normali e tangenziali.
taglio massimi si ottengono per valori di
Θ = (90-ϕ) = 45°.
Da a/2 in poi la tensione da apportare è negativa. Infatti volendo fermarsi a 3/4 di a bisogna frenare poiché
gli atomi sotto l’azione delle forze del campo tendono a portarsi in una nuova posizione di equilibrio con una
deformazione plastica uguale ad a.
x
2π ⋅ x
1,5
1
τ = τ ⋅Max⋅ sen (1)
0,5
a
Energia
0
α e, per piccoli spostamenti:
-1
-0,5 1 3 5 7
b
-1
-1,5 2π ⋅ x 2π ⋅ x
Pi greco sen ≈
a a
Fig: 13: andamento dello sforzo per deformare un reticolo perfetto.
Introduzione alla Tecnologia dei Materiali Metallici
Inoltre la τ è funzione del modulo di elasticità tangenziale (G) e della deformazione tangenziale (γγ).
x
τ = G ⋅ γ = G ⋅ tg (γ ) = G ⋅ (2)
b
Uguagliando (1) e (2) di ottiene:
a G
τ Max = ⋅
b 2π
poiché a ≅ b e per il Mg G ≅ 17.500 MPa si ottiene:
Strutturalmente sono simili al ferro, il rame, il nichel e l’alluminio. Non lo è il piombo, molto usato per le
tubazioni, perché a temperatura ambiente tende ad un ingrossamento dei cristalli, che causa un
infragilimento del piombo col passare del tempo, per questo si ha una riduzione della resistenza a trazione.
Inoltre per motivi di salute pubblica i componenti in Pb sono attualmente non più utilizzati.
Cubico Corpo Centrato Ferro (< 907 °C, > 1492 °C)
Tungsteno
Vanadio
Molibdeno
Cromo
Metalli Alcalini (Na, K)
Strutturalmente il più importante è il ferro, perché gli altri sono principalmente importanti solo come
elementi leganti del ferro, come eventuali stabilizzanti della fase α, potendo consentire un aumento di
temprabilità o di durezza di un manufatto perché favoriscono la formazione di carburi. Il W viene utilizzato
per produrre filamenti di lampadine ad incandescenza.
Utilizzati sono lo zinco, il magnesio ed il titanio. Lo zinco viene utilizzato con la tecnologia della
pressocolata per produrre componenti di piccole-medie dimensioni di forma complessa. Il magnesio è
principalmente usato in casi in cui si voglia avere leggerezza, il titanio in casi in cui si vogliano evitare le
problematiche connesse con gli esagonali compatti. Importante è ricordarsi che il magnesio è molto
infiammabile, quindi occorre molta attenzione soprattutto nelle lavorazioni. Il titanio è usato in leghe per usi
aerospaziali, come anche le leghe di alluminio.
Queste ultime sono nella fascia privilegiata (con alluminio cubico a facce centrate) perché utilizzabili a
temperature molto basse e con una buona intrinseca leggerezza. Un buon alluminio pesa un terzo di un
cattivo acciaio e ha le stesse caratteristiche meccaniche. Il titanio ha caratteristiche di massa analoghe a
quelle dell’alluminio, ma una resistenza a trazione di un buon acciaio; unico grosso difetto è l’elevato costo
per l’ottenimento del metallo dall’ossido, relativamente diffuso come minerale.
Introduzione alla Tecnologia dei Materiali Metallici
Dal punto di vista ingegneristico, l’utilizzo finale di un materiale o della sua lega sarà in realta anche funzione
del prezzo di vendita che l’oggetto prodotto può assumere.
Rame 4.300 € /t
Nichel (era arrivato a 55.000 €/t) 7.900 €/t
Piombo 1.580 €/ t
Stagno 13.250 €/t
Zinco 1.500 €/t
Acciaio 550 $/t
Alluminio 1.500 $/t
Titanio 6Al-4V 19.000 $/t
Magnesio 4.000 $/t
Cobalto 25.000 $/t
Tantalio (scrap) 250.000 $/t
Cromo 2.300 $/t
Silicio 98,5% 2.600 $/t
Argento 450 $/kg
Platino 48.000 $/kg
Oro 36.000 $/kg
Cristallinità e Anisotropia
Gli atomi sono stati rappresentati nella descrizione dei reticoli
utilizzando il modello delle sfere rigide, ma in realtà la situazione effettiva è
differente: bisogna pensare ad un modello a molle ( ). Gli atomi
“mediamente” si trovano nelle posizioni di equilibrio. Essi oscillano attorno
alla posizione reticolare con una frequenza tanto più elevata quanto
maggiore è la temperatura. Quindi il modello a sfere rigide vale solo allo
zero assoluto. Quali sono le posizioni di equilibrio? Il legame metallico può
Fig. 14: schema di sfere essere rappresentato come una serie di ioni positivi che si dispongono nelle
rigide con legami elastici. posizioni reticolari contornati da una nuvola elettronica che li stabilizza nelle
posizioni assunte, assicurando una distribuzione di cariche negative che
controbilanciano l’azione repulsiva delle cariche positive. Più in particolare si hanno delle forze repulsive tra
gli elettroni di uno ione e gli elettroni di un altro ione e tra nucleo di uno ione e nucleo di un altro ione ed
attrattive tra gli elettroni di uno ione ed il nucleo di un altro ione.
Invece l’esempio di un legame ionico è il composto cloruro di sodio (NaCl). Una rappresentazione delle
forze dei legami ionici è data dai grafici sottostanti dove le forze di tipo repulsivo si fanno sentire quando gli
atomi sono molto vicini fra loro mentre le forze di tipo attrattivo sono di tipo elettrostatico.
ER F
1) 2)
attrazione
a0
a
a
EA
repulsione
Fig. 15: andamento dell'energia di legame e delle forze scambiate tra due posizioni atomiche nel
reticolo cristallino.
Quando la somma delle forze attrattive è uguale a zero si ha la situazione di equilibrio. Il valore a0 è la
distanza in cui “mediamente” i due atomi si trovano. L’energia repulsiva ER è, per un legame ionico,
rappresentata dal grafico a dx. L’energia di repulsione è dominante quando la distanza tra gli ioni è minore
della distanza di equilibrio, mentre si ha energia attrattiva quando la distanza è maggiore di quella di
equilibrio. Per piccoli spostamenti nell’intorno della distanza di equilibrio il diagramma delle forze ha un
andamento crescente con piccola variazione di pendenza, mentre la curva dell’energia nell’intorno della
posizione di equilibrio ha due differenti pendenze (situazione di minimo). Inoltre più l’avvallamento del
minimo di E è pronunciato più le forze di legame sono alte.
Questo discorso sui legami di tipo ionico può essere traslato al legame metallico ove vi sono forze di
attrazione e repulsione anche se di natura diverse e diagrammi energia distanza con le stesse
caratteristiche.
Fusione
Dal punto di vista atomico significa aver dato tanta energia agli atomi da aver incrementato
notevolmente la frequenza di oscillazione fino a che essi non si trovano più in posizione di equilibrio
reticolare. Il disordine termico è aumentato talmente che non si può più considerare un reticolo. Gli atomi
variano la loro posizione scambiandosi gli uni con gli altri. Il manufatto non è più solido e perde la sua
caratteristica fondamentale: di avere una forma propria. Se la forza di legame è elevata, l’energia che devo
fornire in termini di possibilità di oscillazione è elevata. Quest’ultima è funzione della temperatura assoluta; a
legami più forti corrispondono temperature di fusione più elevate. La formula dell’energia termica è:
Dilatazione Termica
La dilatazione termica dipende dal legame tra gli atomi. Aumentando la temperatura gli atomi oscillano
con ampiezze maggiori intorno alla posizione di equilibrio ma trovando maggior ostacolo alla compressione
la nuova posizione sarà nel senso di maggiori distanze tra gli atomi. Il risultato macroscopico è che
scaldando una sostanza essa si dilata. Gli atomi si allontanano tanto più, durante il riscaldamento, quanto
meno è pronunciato l’avvallamento del grafico 1). I coefficienti di dilatazione termici sono tanto più bassi
quanto maggiore è la temperatura di fusione.
80
70
Coeff(*10E-6)
60
50 CsCl
40 Hg NaCl
30 Pb
Al
20 Cu
10 Fe MgO
W
0
-100 900 1900 2900
Temperatura di fusione (°C)
Da questo grafico si può osservare che la caratteristica fondamentale della dilatazione termica, cioè la
sua relazione con la temperatura di fusione, vale sia per i metalli che per gli ioni. Un forno sarà costituito di
materiali ad elevata temperatura di fusione, perché si vogliono bassi coefficienti di dilatazione ma anche
materiali a contatto con dilatazione simile. Per esempio se si fa un rivestimento di tungsteno per l’acciaio, si
ha una situazione positiva se in superficie si ha una tensione residua di compressione, mentre la situazione
è negativa se si hanno tensioni residue di trazione. Riferendosi ai dati del grafico si osserva come in un
riscaldamento si dilati di più l’acciaio ed il tungsteno in superficie andrebbe in trazione; si devono mettere
degli strati intermedi che eliminano la trazione, e, per sovrapposizione degli effetti, generino compressione,
abbassando l’effetto di trazione indesiderato.
Un’ulteriore considerazione si riferisce agli effetti del reticolo cristallino. Infatti se per un reticolo cubico
le oscillazioni nelle tre direzioni principali sono mediamente uguali,
questo non è vero nel caso di un reticolo esagonale o tetragonale. Si
consideri il magnesio che ha reticolo esagonale.
La base superiore è parallela alle tre direzioni di base: le intersezioni
sono all’infinito. Gli indici sono (0001).
Fig. 17: reticolo esagonale. Variazione del coefficiente di dilatazione termica in differenti piani
reticolari.
Introduzione alla Tecnologia dei Materiali Metallici
Da questa tabella si osserva che i coefficienti sono differenti a seconda che si considerino direzioni
parallele o perpendicolari rispetto al piano di base.
Considerando il diagramma tra le forze di legame e la distanza tra gli atomi e la curva σ-ε si possono
fare alcune considerazioni:
Legame forte
Legame debole
ε
a
Considerazioni generali tra modulo elastico, modulo di Poisson. temperatura di fusione e reticolo:
I primi quattro metalli sono cubici: si nota una certa linearità nell’andamento delle grandezze. La
differenza nel modulo elastico tra alluminio e magnesio, malgrado la temperatura di fusione prossima è
imputabile alla differenza di reticolo. L’alluminio ha un basso modulo elastico da cui derivano grandi
spostamenti sotto sforzo elastico. Il litio come elemento legante fa aumentare il modulo elastico.
] 4000
C
[° 3500
E W
N
IO 3000
S
U 2500
F
I
D 2000
A
R 1500 Fe
U Cu
T 1000
A Mg
R Al
E 500
P
M Pb
E 0
T 0 100 200 300 400
Difetti reticolari.
I metalli non sono costituiti da cristalli perfetti. In presenza di un cristallo perfetto la resistenza a
snervamento sarebbe così elevata da impedire qualsiasi deformazione plastica e di conseguenza sarebbe
anche elevata la resistenza all’abrasione, da impedire la lavorazione per asportazione di truciolo. Unica
possibilità di formare un oggetto sarebbe di ottenerlo direttamente da getto o fusione. Ma la formatura
tramite getto può non portare alla soluzione finale ed ottimale. Quindi la presenza di difetti reticolari favorisce
la “lavorabilità” dei particolari.
Ci sono vari tipi di difetti:
• puntuali vacanze
• lineari dislocazioni
• bidimensionali bordi dei cristalli.
• di volume difetti di impilamento.(ad esempio nel sistema rame-zinco la successione di
piani ABABAB ad un certo punto può presentare due piani AA; in un caso più generale la
successione ABCABC può diventare ABBABC.
Vacanze o lacune
Un primo meccanismo, tramite il quale si possono formare delle lacune, è causato alla migrazione di atomi
sulla superficie. Nei reticoli di ioni possiamo avere i così detti difetti di Schottky che consistono in una coppia
di lacune, una di un catione e l'altra di un anione, che si compensano fra di loro; la carica totale rimane
neutra.
Un'altra causa è costituita dalla presenza contemporanea di una vacanza e di uno ione in posizione
interstiziale; tale difetto è detto di Frenkel. Questo difetto è più difficile da realizzarsi poiché necessita di
maggiore energia.
Nei cristalli reali le vacanze si formano poiché la formazione di vacanze è accompagnata da un incremento
di entropia S e quindi da una diminuzione di energia libera G:
G=E-TS
Esiste un numero preciso di vacanze per cui l'energia libera è minima, alle differenti temperature.
W
nv − v
= e K ⋅T
n0
con: nv numero di vacanze in equilibrio
n0 numero di posizioni reticolari
Wv lavoro per creare una vacanza
K costante di Boltzman Fig. 20: schema di una vacanza.
T temperatura assoluta
In generale a temperatura ambiente questo rapporto ha un valore di 10-15: quindi la distanza media delle
vacanze è di circa 105 atomi. Aumentando la temperatura il numero di vacanze aumenta considerevolmente,
e in prossimità della temperatura di fusione la distanza media tra due vacanze è di circa 10 atomi.
Nell'ambito del reticolo le vacanze contribuiscono al trasporto degli atomi all'interno del reticolo. Il numero
delle vacanze, come abbiamo già visto, è esponenzialmente proporzionale alla temperatura assoluta, e ci fa
capire come i coefficienti di diffusione siano sempre funzioni esponenziali della temperatura assoluta e
poiché aumentando la temperatura aumentano le vacanze e quindi aumenta la diffusione di elementi
sostituzionale, è aumentata la probabilità di salto degli atomi che tendono a migrare.
−Q
D = D0 ∗ e R⋅T
Dislocazioni
Supponiamo di avere un monocristallo di magnesio che cristallizza nella forma esagonale compatta e lo
sottoponiamo ad una prova di trazione. Con i raggi X riusciamo ad identificare i piani del monocristallo.
Sottoponiamo il provino alla prova di trazione in modo da orientare il carico e da avere i piani di base a 45°.
Avremo un grafico di σ e di ε come in figura.
Quando si supera il valore di 0,7 MPa di
Trazione su Mg tensione applicata il monocristallo
presenta un fenomeno di allungamento
molto vistoso. Solo dopo una grande
8 deformazione plastica si ha un aumento
Carico [Unità arbitrarie]
1 2 3 4
5 6 7
Se il reticolo fosse perfetto dovrei applicare una tensione circa 4000 volte superiore a quella
sperimentalmente determinata.
2
movimento di dislocazione
Si può giustificare il comportamento reale considerando che due piani adiacenti a massimo impaccamento
contengano rispettivamente n e n+1 atomi. Data una linea di dislocazione rappresentata dalla linea
tratteggiata rossa, ci saranno pertanto delle posizioni atomiche, ad esempio la 2, in cui le posizioni atomiche
risultano in equilibrio instabile corrispondente al punto di mezzo della sinusoidale (a/2). L'atomo 2 si muove
in pratica senza applicare una grossa forza dall'esterno. Gli atomi 1 e 3 adiacenti sono in una situazione
intermedia l'uno a sinistra di (a/2) e l'altro a destra. Analogamente per quelli circostanti. Vi è quindi una zona
che si muove con sollecitazioni minime dall'esterno e che portano ad un movimento in zone estese. Le
dislocazioni si muovono all'interno del cristallo fino a
raggiungere la superficie e formare uno scalino. È
1,5
relativamente semplice spostare le dislocazioni
1
all'interno del reticolo.
0,5
Nell'utilizzare un componente non si ha la possibilità di sapere qual è l'orientamento dei cristalli rispetto al
sistema di forze. Noi sappiamo che l'orientamento del sistema di forze deve essere favorevolmente
orientato, per favorire lo slittamento sul piano di massima impaccamento nella direzione di massimo
impaccamento.
Cosa si oppone al movimento delle dislocazioni? L'esistenza di atomi di soluto, i quali ostacolano il
movimento delle dislocazioni. La tensione esterna da applicare è tanto più alta quanto più il metallo è
impuro.
99,99 48
99,97 73 24
99,93 131
La tensione critica è inoltre fortemente dipendente dalla temperatura (vedi Fig. 25 per il ferro).
La componente critica della tensione tangenziale non è una costante, ma dipende dalla relazione di
orientamento tra l'asse di carico e le direzioni cristallografiche sia del piano di massima densità sia della
direzione di massima densità.
τ = P/A cosϕ • cos Φ
Se si effettua una prova di trazione su monocristalli, si devono prendere in considerazione le caratteristiche
di una macchina di prova. Di solito si hanno ganasce ad U fisse, e quindi il movimento di slittamento lungo il
piano di slittamento è abbastanza impedito. Non è cioè permesso un disassamento completo delle due basi,
in modo da consentire uno slittamento puro dei due piani reticolari l'uno sull'altro, perché si dovrebbe
consentire anche lo spostamento relativo delle ganasce. Di conseguenza si ha che i piani reticolari tendono
a ruotare sotto l'azione del carico (vedere considerazioni e diagramma della tensione tangenziale massima):
ϕ tende ad aumentare, mentre Φ tende a diminuire. Considerando la
P
correlazione tra gli angoli, risulta essere che nell'intorno del carico
massimo, se ci spostiamo dall'angolo di 45°, in ogni caso la tensione
tangenziale τ diminuisce. Durante questa rotazione si ottengono
condizioni favorevoli per lo slittamento su altri piani reticolari, che magari
hanno in comune la direzione di massimo impaccamento. Si ottiene
pertanto la possibilità di uno slittamento duplice (o multiplo); questo si
verifica quando ci sono due piani appartenenti allo stesso fascio in cui
l'asse del fascio stesso e la direzione di massimo impaccamento sono
contemporaneamente lungo il piano di slittamento in questione (figura).
Quindi quando parliamo di deformazione plastica, in massima parte
parliamo di slittamento dei piani reticolari l'uno sull'altro: semplice, duplice,
multiplo. Non è tuttavia l'unico modo per arrivare ad una deformazione
plastica.
Giustificazione del fenomeno: tali nuovi cristalli potranno aver assunto delle orientazioni favorevoli agli
scorrimenti rispetto alle direzioni di applicazione del carico in modo tale da rispettare la legge di Shmidt. La
deformazione può pertanto proseguire. La geminazione è tuttavia meno frequente dello slittamento, in quanto è
ridotto il volume del cristallo interessato.
Inoltre il legame metallico si ricostruisce ogni volta che e stata fatta una deformazione plastica tra nuovi
atomi, ma esattamente uguale prima. La linea di scarico ha così lo stesso modulo di Young, E, di quelle
elastiche. Questo modulo è funzione delle forze di legame; in una deformazione plastica non si sta
cambiando la composizione chimica, quindi le forze sono le stesse. L'unica differenza è che lo scarico si
effettua su un cristallo già deformato. Quando eventualmente ricarico ci si trova di fronte allo stesso reticolo
deformato di prima, con la stessa densità aumentata di dislocazioni, variamente intersecate tra loro,
variamente impilate agli ostacoli. Arrivo alla stessa deformazione complessiva precedentemente raggiunta:
solo ora si può proseguire con la deformazione plastica.
Esempio
Se partendo da una barra cilindrica si dovesse ottenere un componente effettuando due operazioni di
deformazione plastica accentuata, si deve prendere in considerazione il carico raggiunto localmente in seguito
alla prima deformazione e alla seconda deformazione e si deve dimensionale l'apparecchiatura di stampaggio
considerando il nuovo valore di carico di snervamento da cui si deve partire. Quindi il fenomeno di incrudimento
è rafforzativo; in funzione delle operazioni da effettuare può essere un aspetto positivo o negativo. Nel caso di
operazioni di stampaggio è negativo. Invece nel caso di profilati per scaffalature metalliche facilmente montabili,
in cui si è partiti da bandelle di lamiera, successivamente piegate, l'operazione di deformazione ha portato ad
aumento di resistenza del materiale.
L = F • (∆
∆X)
con F la forza applicata e (∆x) la deformazione ottenuta. Non tutto il lavoro va a fine in energia di
deformazione; circa il 10% va in calore interno. Ci sono casi in cui, se l'applicazione del carico ai pezzi è
molto veloce, invece di arrivare all'incrudimento del materiale con l'aumentare della deformazione, si
manifestano fenomeni di addolcimento del materiale. Questo perché la trasformazione non è isotermica; al
limite è adiabatica (senza scambio di calore con l'esterno), con il calore che rimane all'interno del sistema e
la temperatura aumenta. Facendo una deformazione a freddo si inizia a lavorare a 25° C e si finisce a 250°
C (acciaio).
Introduzione alla Tecnologia dei Materiali Metallici
Aggregati policristallini
La grossa differenza tra un monocristallo e un policristallo è la presenza dei bordi dei cristalli. I cristalli
prendono origine da nuclei che si formano indipendentemente gli uni dagli altri. Facendo avvenire una
fusione e una successiva solidificazione si formano in alcune zone del liquido, preferenzialmente in zone
dove vi è maggior asportazione di calore, dei nuclei di cristalli nei quali, rispetto ad un sistema di riferimento
nello spazio, i vari piani sono differentemente orientati. Crescendo i
cristalli si appoggiano gli uni contro gli altri formando i bordi dei
cristalli stessi, sempre diversamente orientati. In Fig. 28 viene
rappresentato come è fatto un bordo.
Per ciò che riguarda le deformazioni, si deve considerare la legge di Schmidt. Considerando un sistema di
forze applicate che trova riscontro in un determinato cristallo con una favorevole orientazione dei piani
reticolari, quando questa deformazione (movimento di dislocazioni) ha raggiunto i bordi del cristallo, non è
detto che essa passi facilmente oltre il bordo e che si propaghi al cristallo successivo, avendo questo un
valore di cos φ e di cos θ differenti rispetto al precedente e, dovendo avere una ben determinata τ, il più
grosso ostacolo al movimento delle dislocazioni risulta essere proprio il bordo del cristallo, per poter portare
alla deformazione plastica cumulativa dell'aggregato policristallino. Questo significa che le dislocazioni si
impilano lungo i bordi dei cristalli (perché devono rispettare, nel caso policristallino, la continuità della
materia) e si deve aumentare la sollecitazione affinché le dislocazioni si spostino. Si può arrivare allo
slittamento duplice, multiplo a crescere del carico esterno. Nel passaggio da un cristallo all'altro si ha un
aumento delle deformazioni, con incrudimento. Quando si parla di aggregato policristallino si ha una
deformazione plastica effettiva macroscopica se si sono messi in movimento tutti i cristalli che formano
questo aggregato e, la conseguenza più immediata, è che quante più barriere si hanno al movimento delle
dislocazioni (bordi per unità di volume), tanto maggiore sarà la tensione da applicare per ottenere una
deformazione plastica.
La tensione di snervamento (σs) è perciò molto influenzata dal numero di bordi per unità di volume. In
generale interessa anche l'area interfacciale; si deve avere una grossa densità areica interfacciale per unità
di volume per avere una tensione di snervamento elevata. Per effettuare delle deformazioni si ha bisogno di
una tensione di snervamento bassa, mentre, a lavoro finito, si ha la necessità di una tensione di
snervamento elevata. Servono pertanto vari trattamenti termici; considerando un semilavorato si ottengono
strutture molto fini.
La legge di Petch descrive la relazione ottenibile
nell'incremento di prestazioni in funzione delle
Resistenza a trazione
dimensioni dei cristalli: σ0 = σi + k D(-1/2)
•
con:
D diametro medio dei cristalli
σi forza di attrito interna (al limite nulla)
k grado di impilaggio delle dislocazioni
σ0 tensione allo snervamento.
Transgranulare Intergranulare Si ha così un'idea del rafforzamento apportato in una
lega da parte dei bordi di grano, fino ad una certa
Te T [°C] temperatura. Alla temperatura equicoesiva (Te) i
Fig. 30: resistenza - meccanismo di frattura.
cristalli scivolando l'uno sull'altro. Si ha scorrimento dei cristalli a caldo: creep. Fino ad una certa
temperatura le fratture si possono presentare come "transgranulari”, nel caso in cui le barriere costituiscano
un blocco al passaggio delle dislocazioni; alla fine si può avere una fattura di tipo transgranulare. Invece, al
di sopra di Te si ha una frattura intergranulare per creep, cioè la fattura si manifesta ai bordi del grano. La
temperatura Te è inoltre funzione della velocità di deformazioni, di cui è inversamente proporzionale.
La differente dimensione dei cristalli in manufatti reali potrebbe portare a situazioni che comprometterebbero
il corretto funzionamento di macchinari od attrezzature correttamente progettati.
Esempio
Grana fine Si supponga di avere due bandelle di
σ acciaio della stessa composizione, ma
uno a grana grossa e l'altro a grana fine.
In basso è riportato il diagramma sforzi
deformazione per le due bandelle.
L'acciaio a grana fine ha una resistenza a
trazione maggiore (legge di Petch).
Grana grossa Si ha intenzione di fabbricare un tubo con
una grossa piega. Dall'acciaieria non
escono i tubi con la curvatura che
interessa: deve essere prodotto
successivamente, sempre con lo stesso
angolo di curvatura. L’apparecchiatura
che permette di ottenere la curvatura
voluta è surdimensionata rispetto ai
carichi necessari per la lavorazione ed è
controllata geometri-camente, per essere
ε ripetitiva, con le tolleranze imposte. La
deformazione totale importa (elastica più
Fig. 31: influenza delle dimensioni dei grani sulle plastica) per i due acciai sono uguali.
caratteristiche carico - deformazione. Tuttavia al termine delle lavorazioni i
ritorni elastici portano a differenti
deformazioni plastiche per le due bandelle. Bisogna pertanto tenere in considerazione anche le dimensioni dei
grani del materiale acquistato e, conoscendo questa problematica, si può automatizzare anche processi molto
semplici che tuttavia necessitano di una tecnologia avanzata.
Si è parlato in precedenza della curva rappresentativa carico deformazioni nel caso di un monocristallo.
Si cerca ora di capire che cosa succede, come si modifica questa curva, variando l'orientazione del cristallo.
A mano a mano che si porta il cristallo con i piani di base in una situazione di orientazione meno ottimale
(maggiore o minore di 45°), la parte del grafico che si riferisce alle grandi deformazioni della curva (quella di
facile slittamento), tende a scomparire.
Si consideri ora la situazione di un aggregato policristallino. Questa è la situazione più comune per dei
componenti meccanici e metallici in generale. Si deve tenere presente la condizione di compatibilità e di
continuità tra un cristallo e l'altro: ciò significa che non si può deformare un cristallo senza deformare il
cristallo adiacente. Per un componente policristallino scompare quindi la parte di facile slittamento del
diagramma σ-ε del Mg.
Si possono presentare vari casi, ma, nel caso più generale, si passa immediatamente al terzo stadio della
deformazione plastica, ossia allo stadio di incrudimento vero e proprio, provocato dall'aumento del numero
delle dislocazioni (a sua volta dovuto al fatto che le dislocazioni incontrano dei precipitati che agiscono
come fonte di nuove dislocazioni poiché ci sono dislocazioni differentemente orientate che, nel loro
intersecarsi, portano ad una perdita di linearità della linea di dislocazione). In pratica, mentre nel caso di un
monocristallo si può ottenere facilmente una deformazione plastica con la formazione di bordi seghettati, nel
caso di aggregati policristallini ciò non si può verificare perché il complessivo dei cristalli (componente) si
oppone alla deformazione del primo cristallo favorevolmente orientato rispetto al sistema di sollecitazione.
Quindi i bordi dei cristalli funzionano come punti di impilamento delle dislocazioni fino quando non si riuscirà
a far passare le deformazioni al cristallo adiacente. Inoltre il punto di snervamento, il punto di perdita di
linearità tra pensione e deformazione, cioè il punto per il quale la legge di Hooke non è più applicabile,
corrisponde ad un movimento massivo non solo di un cristallo ma anche di quelli adiacenti.
Oltre ai bordi dei cristalli anche i precipitati agiscono da blocco al movimento delle dislocazioni. Possiamo
immaginare di avere una linea di dislocazione (visto dall'alto) che all'interno di un cristallo si muove, incontra
Introduzione alla Tecnologia dei Materiali Metallici
dei precipitati e rimane divisa in tanti segmenti arcuati; se non riesce a passare oltre i precitati, allora non
abbiamo ancora superato l'istante di perdita di linearità nei confronti della deformazione elastica. Per cui
rilasciando il carico la situazione ritorna come prima (ritorno elastico). Quando si supera lo sbarramento
imposto dai precipitati o dai bordi di grano, solo allora si avrà la perdita di linearità tra tensioni e
deformazioni. La profonda differenza di comportamento e mobilità delle dislocazioni tra dei monocristalli e gli
aggregati policristallini porta a ottenere un grafico classico tensione-deformazione.
Da un punto di vista tecnologico si ha da una parte interesse che i materiali siano deformabili per questioni di
formatura, dall'altra parte in fase di utilizzo si desidera invece avere un materiale che abbia la massima
resistenza allo snervamento e alla rottura. La conoscenza di queste due opposte esigenze e la conoscenza
dei materiali porta alla progettazione globale di un ciclo di fabbricazione ottimale di un pezzo. Un pezzo deve
essere lavorato quando cioè nello stato meno duro possibile e deve essere messo in opera quando e nella
stato più duro possibile.
Andiamo più a fondo per valutare il metodo di rafforzamento per barriere. Nei commenti fatti
precedentemente si è rilevato che quando si hanno dei grani piccoli si riesce ad elevare la resistenza allo
snervamento. Qual è il limite massimo di resistenza allo snervamento ottenibile? Si può utilizzare la formula
di Darken:
σf = σ0 + A••G••b••√N
con: σf resistenza allo scorrimento; è un valore intermedio tra la tensione di snervamento e di rottura
σ0 costante
A cost. = 1/5
G modulo di elasticità tangenziale
b vettore di Burger
N densità di dislocazioni - per esempio 1014
Ricordando le considerazioni fatte circa i valori di resilienza in funzione della temperatura si può pensare di
costruire un diagramma a tre assi e si rileva che:
- aumentando la temperatura di utilizzo si ha il passaggio da una rottura fragile a una rottura duttile. La
transizione avviene attorno a 0 gradi centigradi.
- si ha rottura duttile per valori di resistenza a trazione inferiori a 1400 MPa.
- condizioni estreme sono basse temperature o resistenze a trazione molto elevate.
Tanto più diminuisce la temperatura di utilizzo quanto più si deve andare verso resistenze a trazione basse per
mantenersi nel campo positivo (cioè il campo di massima resilienza o di massima energia assorbita nel
fenomeno di frattura).
si supponga di essere riusciti a mettere in evidenza i bordi dei cristalli e osserviamo tali bordi con un
ingrandimento di 100 volte. Si possono contare i cristalli presenti per pollice quadrato e, individuato tale
numero, si trasforma in una potenza del 2 individuando come rappresentativo della grossezza del grano
l'esponente n.
N (numero di cristalli) = 2(n-1)
Di solito per gli acciai si utilizzano valori di n compresi tra 5 e 10 con maggiore frequenza di n uguale a 8.
In basso si riporta la tabella.
Dimensioni medie Area media per Numero grani Grani per pollice Numero della
µm]
del grano [µ µm2]
ogni grano [µ per [mm2] quadrato a 100 scala A.S.T.M.
ingrandimenti
280 62.000 16 1 1
200 31.000 32 2 2
140 15.600 64 4 3
100 7.800 128 8 4
70 3.900 256 16 5
50 1.950 512 32 6
35 980 1024 64 7
25 490 2048 128 8
Oltre ai bordi di grano si vengono a formare dei bordi di sottograno che sono bordi di grano a basso angolo.
Se due cristalli hanno i piani reticolare a massimo impaccamento poco disorientato l'uno rispetto all'altro,
possono essere considerati come un unico cristallo con una serie di dislocazioni. Questa serie di dislocazioni
marca in pratica i bordi di sottograno all'interno del cristallo. Quali vantaggi hanno e come si possono
ottenere delle strutture con bordi di sottograno.
Introduzione alla Tecnologia dei Materiali Metallici
Si possono ottenere facendo delle opportune ricotture dopo aver fatto delle deformazioni plastiche. Si sa che
le deformazioni plastiche aumentano il numero delle dislocazioni e facendo delle deformazioni ridotte
otteniamo un numero di dislocazioni ridotto; se successivamente ricuociamo, le dislocazioni tendono a
portarsi in posizione coerente l'una con l'altra originando dei bordi di sottograno.
Consideriamo la figura successiva per capire cosa accade. Ci troviamo di fronte ad un acciaio C20 di buona
qualità (AISI 1020). Si può vedere qual è la situazione del diagramma tensioni deformazioni ingegneristiche
subito dopo la ricottura. Si tratta di un acciaio al carbonio che presenta un punto di snervamento inferiore e
superiore e uno snervamento dell'ordine di 55 ksi (una chilo libra per pollice quadrato - 1 ksi - è uguale a 7
MPa). La resistenza a rottura è dell'ordine dei 65 ksi. Facciamo una deformazione plastica, cioè una
riduzione a freddo di spessore dell'ordine dello 8% (incrudimento); in tal modo scompare il punto di
snervamento superiore e inferiore perché si è andati oltre. Se effettuiamo un breve riscaldamento (30 minuti)
a 625° C si ottiene il diagramma a quadratini in cui il punto di snervamento superiore è andato a 77 ksi. Il
materiale incrudito ha un allungamento a rottura estremamente ridotto rispetto a quello di partenza
(triangolini), mentre in quello successivamente ricotto si è riusciti a guadagnare circa 10 ksi in resistenza a
rottura e non abbiamo perso molto in termini di allungamento a rottura.
Fig. 34: Andamento di prove di trazione effettuate su uno stesso acciaio in differenti
condizioni di trattamento termomeccanico.
Soluzione solida.
Prendendo in considerazione il diagramma riportato sulle fotocopie si osserva che l'aggiunta di piccole
percentuali di elementi estranei a del ferro, porta a degli incrementi della resistenza al snervamento del
materiale. Tale incremento è di tipo esponenziale con l'aumento della percentuale atomica di soluto (nei
grafici delle fotocopie l'andamento delle curve è lineare, ma la scala è logaritmica).
1000
Incremento di resistenza rispetto al ferro [MPa]
100
10
Cr Mn Co Al, V Ni
Mo Si, W Ti Be
1
0,1 1 10
Figura 35: incremento della resistenza della soluzione solida ferrite apportato da differenti tipi di
elementi metallici in soluzione solida.
In particolare dal grafico si evidenziano quali sono gli elementi che contribuiscono al rafforzamento della
matrice metallica base ferro o ferrite:
Si cerca ora di giustificare perché gli atomi di soluto vanno ad incidere sulla resistenza a snervamento e a
trazione. Andando a considerare i campi di tensione che si creano nell'intorno di una dislocazioni, nella parte
superiore si ha uno stato di compressione e in quella inferiore a uno strato di trazione (nel caso di una
dislocazione a spigolo con extra piano superiore).
Introduzione alla Tecnologia dei Materiali Metallici
Si deve inoltre precisare che anche i soluti interstiziali di piccole dimensioni si posizioneranno
preferenzialmente sotto la linea di dislocazione, nella zona di trazione.
Si può quindi dire che il concetto fondamentale di rafforzamento per soluzione solida corrisponde ad una
diminuzione dell'energia connessa con le dislocazioni; si deve pertanto dare più energia dall'esterno per
muovere le linee di dislocazione. Muovere le dislocazioni significa disancorarle dagli atomi di soluto
sostituzionali e interstiziali che si erano concentrati nel suo intorno a formare quella che viene chiamata zona
o atmosfera di Cottrell.
Questo fenomeno non è solamente causato da giustificazioni di tipo sterico (vale a dire per riguardanti il
volume) ma anche a interazioni di tipo elettrico, tra atomi di solvente e atomi di soluto, più intense nell'intorno
di una dislocazione. L'effetto elettrico fa quindi aumentare l'energia necessaria per far muovere una
dislocazione. Nel caso in cui si abbia un effetto
puramente elastico delle atmosfere di Cottrell, il
σ contributo elettrico sarà da 1/3 a 1/7 di queste.
Nel caso in cui la distribuzione degli atomi di soluto è del
tutto casuale e non influenzato dalla presenza delle
B I n c r u d i me n t o dislocazioni, la tensione iniziare da applicare per iniziare
a a muovere le dislocazioni non è diversa dalla tensione da
n applicare per mantenerla in moto. Se invece esistono
d
e delle atmosfere di Cottrell, la distribuzione degli atomi di
di soluto vicino alla dislocazione, prima di applicare la
L tensione, prevede un addensamento degli atomi di
u
d
soluto. Una volta disancorata la dislocazione
e dell'atmosfera di Cottrell, dopo alcuni spazi interatomici
r non si ha più la stessa distribuzione di atomi di soluto,
s bensì una situazione limite di metallo puro, quindi la
dislocazione può muoversi più liberamente. Questo fa si
ε che la tensione da applicare sia minore di quella iniziale.
Questo spiega il perché di un punto di snervamento
Fig. 37: curva σ-ε per acciai da stampaggio. superiore e di un punto di snervamento inferiore.
Prendiamo un campione e sottoponiamolo alla prova di trazione: accade che la deformazione non tende
ad essere uniforme. Comincia a presentarsi in una determinata zona e poi, a poco a poco, si estende a
tutto quanto il provino. La localizzazione della prima zona dipende da situazioni locali dovute alle
dimensioni (non abbiamo mai provini perfetti) e dall’orientamento dei cristalli.
Il passaggio delle dislocazioni ai cristalli vicini è un passaggio che richiedere un piccolo aumento di
tensione, di conseguenza si ha tutta una serie di "seghettature" che corrisponde al passaggio da una zona
a quella adiacente. Questo fino quando tutta quanta la zona calibrata ristretta del campione rimane
interessata dalla deformazione plastica. Si ha cioè la completa deformazione e il completo snervamento.
Il fenomeno si presenta anche con la torsione del provino. La deformazione si manifesta dapprima in una
determinata zona e poi si estende a tutto quanto il provino. Se si bagna di alcol il provino, il fenomeno
viene esaltato visivamente poiché dove vi è la deformazione plastica si ha un riscaldamento più intenso; in
quelle zone il campione si asciuga più velocemente. Per calcolare l'allungamento di un provino, si disegna
una griglia di linee a distanza costante sulla zona calibrata. L'allungamento si manifesterà all'interno di una
serie di linee; misurando la distanza tra le linee, prima e dopo la deformazione, si può determinare
l'allungamento totale.
Un primo riflesso pratico è che fino a quando non si è completato l'allungamento di snervamento il campione
è segnato da bande di diversa deformazione dette bande di Lüders.
Questo comporta dei problemi nello stampaggio poiché si manifestano in pratica diversi valori di
deformazione (portiere con zone molto deformate, ripiegate, e zone indeformate).
Il progettista deve fare in modo che nelle zone meno deformate si sia comunque superato l'allungamento di
snervamento altrimenti in tali zone si avrebbero delle "linee" antiestetiche. Il fenomeno delle bande di Luders
e dello snervamento superiore ed inferiore è legato alla presenza delle atmosfere di Cottrell che a loro volta
sono causate dalla presenza di atomi interstiziali quali carbonio, azoto, ossigeno oltre ai soluti sostituzionali.
Se nella lega ci sono C, O, N, quali il Cr e Al (si formano nitruri di alluminio, di cromo, carbonitruri di cromo
ecc.) allora non si formano più le atmosfere di Cottrell poiché gli atomi di soluto interstiziali e quelli di soluto
sostituzionali danno luogo a dei precipitati. Ciò non esclude che si abbia un fenomeno di rafforzamento, che
anzi è più esteso.
In precipitati fermano la dislocazione fino a quando non viene fornita la tensione necessaria per disancorarle
da essi. Nella sganciarsi dai precipitati si formano degli anelli di dislocazioni concentrate intorno ai precipitati;
si ha pertanto una moltiplicazione delle dislocazioni e quindi si manifesta subito il fenomeno
dell'incrudimento.
Infatti, negli acciai a basso tenore di carbonio (specialmente se non sono stati "calmati all'alluminio") si ha
una curva con la zona di deformazione plastica di snervamento, mentre nel caso di acciai legati la curva
tensioni deformazioni non mostra la presenza di snervamento superiore e inferiore.
Come caso specifico si immagini di prendere un acciaio che debba subire 3 o 4 stampaggi. Dopo una prima
deformazione le dislocazioni hanno lasciato le atmosfere di Cottrell; se tra uno stampaggio e l'altro intercorre
un certo intervallo di tempo non è illogico pensare che gli atomi di soluto interstiziale (dotati di maggior
velocità di diffusione) riescano nuovamente a concentrarsi nell’intorno delle dislocazioni creando delle nuove
atmosfere di Cottrell. Quindi anche dopo una prima deformazione plastica si possono avere dei nuovi punti
di snervamento superiore e inferiore; ciò comporta una perdita di duttilità del materiale.
Ritornando alla fase progettuale si dovrebbe fare in modo di superare, durante la prima deformazione
plastica, il 8÷10 % (allungamento di snervamento) in tutto il materiale. Una soluzione è predeformare in
acciaieria fino all'allungamento di snervamento (8÷10%), in modo da superare già prima dello stampaggio il
valore dell'allungamento di snervamento. Con questo lavoro preventivo non si riformano facilmente le
atmosfere di Cottrell. Questo fattore è molto importante soprattutto nella produzione estiva, quando cioè, in
seguito allo stoccaggio del materiale in ambienti che possono raggiungere anche i 40÷50° C, l'influenza della
temperatura è di tipo esponenziale, quindi la velocità di diffusione degli atomi di soluto può anche
raddoppiare o triplicare.
Domini di antifase
Alcuni commenti sui diagrammi riportati nelle fotocopie in riferimento all'influenza di vari elementi leganti
sulle caratteristiche meccaniche del ferro.
Elementi che provocano una distorsione della cella unitaria del ferro.
Negli acciai la presenza di elementi leganti è dell'ordine del 1÷2%. Si può quindi ancora ipotizzare 206.000
MPa il valore del modulo elastico a trazione. Il nichel ha influenza sul modulo di Young E. Un acciaio con il
18% di Cr e il 8% di Ni possiede un valore del modulo di Young (circa 200.000 MPa) inferiore rispetto al
valore dell'acciaio ferritico-perlitico.
Introduzione alla Tecnologia dei Materiali Metallici
Curve tensione-deformazione per una lega Al-1% Mg a 400 °C. (364 - Fig. 11.1)
Durante la deformazione plastica a freddo il materiale subisce delle deformazioni plastiche che si esplicano
sostanzialmente in scorrimenti dei piani a massimo impaccamento e (soprattutto per materiali a reticolo
CFC) in formazione di geminati. Nella tabella sottostante si riportano i principali sistemi di slittamento per
reticolo cubici metallici.
Struttura Sistema di slittamento Opportune preparazioni metallografiche
Piano Direzione possono permettere di evidenziare,
CFC {111} <110> anche solo agli ingrandimenti permessi
{110} <111> dal microscopio ottico, questi fenomeni.
CCC {112} <111>
{123} <111>
Piani e direzioni di slittamento per reticolo CCC e CFC.
Formazione dei cerchi di Orowan attorno a particelle di Cerchi di Orowan attorno a particelle di Ni3Si in cristallo
seconda fase. (238 - Fig. 8.1) singolo di Ni-6%Si. (238 - Fig. 8.2)
La deformazione porta nel reticolo dei difetti di impilamento reticolare e, quindi si verifica un aumento
dell’energia interna del reticolo. Nella tabella sottostante si riportano le energie associate ai difetti di
impilamento per diversi materiali metallici.
Oltre allo slittamento un altro meccanismo di deformazione dei materiali metallici è quello che si
manifesta con la geminazione, meccanismo che risulta in competizione con lo slittamento stesso.
• recovery
• ricristallizzazione
• crescita dei grani
I nuovi cristalli che si formano iniziano la enucleazione a bordo grano dal momenti che questi sono zone ad
elevata energia e anche zone dove è facilitato il movimento ed il riaggiustamento delle speci chimiche
costituenti il reticolo. Pertanto un altro fattore che condiziona la nucleazione e crescita dei cristalli è
rappresentato dalle dimensioni dei grani prima della cristallizzazione. Infatti nel caso di grani di grosse
dimensioni, i nuovi cristalli che si formano sananno prevalentemente concentrati in poche zone della matrice,
mentre nel caso di materiale con molti cristalli i nuovi cristalli saranno omogeneamente dispersi nel
componente come evidenziato dalle figure.
Rappresentazione schematica
dell'effetto della dimensioni iniziali dei
grani sull'eterogeneità della
Grani piccoli Grani grandi nucleazione. (197 - Fig. 6.14)
Ricottura disomogenea
La nucleazione e la crescita che si verifica
durante la ricootura è un fenomeno che
avviane anche grazie all’energia
posseduta dai grani cristallini del
componente. Se nel materiale si sono
disomogeneità di distribuzione di energia
interna si possono verificare dei fenomeni
di disomogenea gremita dei grani che si
manifesta sostanzialmente nelle zone ad
elevata energia e non tende ad
Variazione di energia immagazzinata da grano a grano, dove le regioni a
interessare invece tutto il componente. più elevata energia sono in proporzione più scure (sx.), portando ad una
Nella figura vi è una rappresentazione del disomogenea crescita dei grani (dx.). (204 - Fig. 6.21)
fenomeno, ben documentata dalle
micrograzie effettuate su un ottone incrudito e sottoposto a ricottura per tempi differenti.
(a) Come deformato. (b) 6 min. a 250 °C. (c) 24 ore a 250 °C.
Ricristallizzazione disomogenea in un ottone 95:5 rullato a freddo del 75% e ricotto a 250 °C. – (198 - Fig.
6.15)
Introduzione alla Tecnologia dei Materiali Metallici
Effetto delle dimensioni delle particelle di seconda fase sulla ricristallizzazione in leghe Al-Si
ridotte per rullatura del 50% e ricotte a 300 °C. (sx) Il tempo per il 50 % di ricristallizzazione, (dx)
Dimensione dei grani dopo ricristallizzazione. (257 - Fig. 8.20)
Effetto della spaziatura delle particelle sulla ricristallizzazione di singoli cristalli di Al-Cu ridotto del
60% con rullatura e ricotto a 305 °C. (a) Il tempo per il 50 % di ricristallizzazione, (b) Dimensione
dei grani dopo ricristallizzazione. (257 - Fig. 8.21)
Ricottura - Temperatura
Deformazione - Cinetica
Ciclo termo-meccanico
Designazione
Nome generico UNS Number Composizione
Leghe da trattamento termico e deformazione plastica
Rame C10100-C15760 > 99% Cu
Leghe con alto rame C16200-C19600 > 96% Cu
Ottoni C20500-C28580 Cu-Zn
Ottoni al piombo C31200-C38590 Cu-Zn-Pb
Ottoni allo stagno C40400-C49080 Cu-Zn-Sn-Pb
Bronzi al fosforo C50100-C52400 Cu-Sn-P
Bronzi al P-Pb C53200-C54800 Cu-Sn-Pb-P
Leghe Cu-P e Cu-Ag-P C55180-C55284 Cu-P-Ag
Bronzi all’alluminio C60600-C64400 Cu-Al-Ni-Fe-Si-Sn
Bronzi al silicio C64700-C66100 Cu-Si-Sn
Altre leghe Cu-Zn C66400-C69900 ....
Rame –Nichel C70000-C79900 Cu-Ni-Fe
Nichel-Argento C73200-C79900 Cu-Ni-Zn
Leghe da getto
Rame C80100-C81100 > 99% Cu
Leghe ad alto rame C81300-C82800 > 94% Cu
Ottoni rossi e rossi al Pb C83300-C85800 Cu-Zn-Sn-Pb (75-89% Cu)
Ottoni gialli e gialli al Pb C85200-C85800 Cu-Zn-Sn-Pb (57-74% Cu)
Bronzi al Mn e Mn-Si C86100-C86800 Cu-Zn-Mn-Fe-Pb
Ottoni e bronzi al silicio C87300-C87900 Cu-Zn-Si
Bronzi allo Sn e Sn-Pb C90200-C94500 Cu-Sn-Zn-Pb
Bronzi al Ni-Sn C94700-C94900 Cu-Ni-Sn-Zn-Pb
Bronzi all’alluminio C95200-C95810 Cu-Al-Fe-Ni
Rame –Nichel C96200-C96800 Cu-Ni-Fe
Nichel-Argento C97300-C97800 Cu-Ni-Zn-Pb-Sn
Rame-Piombo C98200-C98800 Cu-Pb
Leghe varie C99300-C99750 ....
Conducibilità Elettrica
Deformazione Plastica-
Lavorabilità
I lingotti o le bramme ottenuti dalla
fonderia vengono sottoposti a
sequenze di operazioni dalla
sgrossatura alla finitura che vengono
eseguite sia a caldo nel caso di
grosse riduzioni di spessore e
grossolani controlli dimensionali, sia a
freddo per riduzioni di spessori
inferiori ed accurati controlli
dimensionali. L’entità delle due
lavorazioni viene scelto per garantire
particolari caratteristiche finali.
Maggiore è il grado di lavorazione a
freddo, maggiori saranno la durezza e
le caratteristiche meccaniche ottenute.
L’incrudimento che si manifesta nel Fig. 3: Resistenza a trazione di leghe di rame mono-fasiche in
rame e nelle leghe di rame in seguito seguito a riduzione di spessore per rullatura.
a rullatura a freddo permette ad
ognuna di essere prodotte in una
varietà di caratteristiche meccaniche
in funzione di differenti utilizzi.
Partendo dallo stato ricotto il metallo,
in seguito a rullatura a freddo, si
rafforza in proporzione al grado di
deformazione, seguendo una legge
approssimativamente lineare, come
visualizzato in fig. 3.
L’allungamento a rottura ottenibile
dopo incrudimento (fig. 4) risulta
sempre ridotto, rispetto allo stato
ricotto, con una riduzione più marcata
per bassi valori di rullatura mentre per
elevati valori di rullatura la
diminuzione di allungamento risulta Fig. 4: Allungamento a rottura di leghe di rame mono-fasiche in
proporzionalmente inferiore (si è ad seguito a riduzione di spessore per rullatura.
allungamenti a rottura inferiori al
10%).
Come si osserva dalle due figure 3 e 4
riportate, anche la composizione chimica della
lega influenza in modo marcato i valori di
resistenza ed allungamento ottenibili, a pari
grado di riduzione di spessore per rullatura a
freddo.
Con la ricottura il materiale subisce una
ricristallizzazione ed un addolcimento per
permettere ulteriori lavorazioni. La ricottura
viene di solito prevista per il rame e le sue
leghe per ottenere una dimensione dei grani
controllata per determinate resistenze
meccaniche. Nella fig. 5 si osservano i valori
di resistenze ottenibili in funzione delle
dimensioni dei grani e della composizione
della lega. (ottoni). La legge di variazione
Fig. 5: Effetto delle dimensioni dei grani sulla resi-stenza
risulta essere di tipo parabolico come descritto a trazione di nastri di ottoni (spessi 1 mm).
dalle teoria generale (Legge di Petch). Dalla
figura si rileva anche la marcata influenza
positiva garantita dal rafforzamento per soluzione solida. Tutte le leghe descritte sono monofasiche).
Le dimensioni medie dei grani (da 0,005 mm a 0,12
mm, in casi reali) sono molto importanti per le
caratteristiche resistenziali finali dei componenti, ma
risultano altrettanto importanti ai fini della formatura
per deformazione plastica dei componenti. In fig. 6 si
riporta un esempio che dimostra questa influenza.
La figura evidenzia che dimensioni molto ridotte delle
dimensioni dei grani non sono vantaggiose in termini
di deformabilità (allungamento a rottura), come
d'altronde non lo sono dimensioni dei grani molto
500
Resistenza [MPa]
400
300
200
200 300 400 500 600 700 800
Fig. 6: Dimensione dei grani ed allungamento
T em p eratu ra d i ricottu ra [°C]
per differenti spessori per la lega C26000.
Fig. 8: Proprietà ad elevata temperatura di sbarre di C10100 o C10200 allo stato di trattamento termico 1180.
Fig. 9:
Leghe Cu-Zn - Ottoni
2) quando invece siamo in una lavorazione a freddo il materiale non ricristallizza e quindi perde di duttilità
man mano che aumentiamo il grado di deformazione.
Come si è già detto in precedenza la temperatura di ricristallizzazione è compresa tra 1/3 e 1/2 della
temperatura di fusione. La temperatura di ricristallizzazione varia a seconda del grado di deformazione
plastica che si è impresso al pezzo. Quanto è più alta la deformazione plastica tanto più è bassa la
temperatura di ricristallizzazione.
Nichel
Siccome tanto il rame quanto il nichel cristallizzano nel sistema cubico facce centrato, osservando il
diagramma di stato Cu-Ni si rileva una solubilità completa tra rame e nichel.
Il massimo di resistenza si ottiene intorno al 67% di nichel. Se abbiamo delle leghe solo Cu-Ni con
percentuali intorno al 67% si ottiene il massimo di resistenza. Se invece aggiungiamo ~ 3% di ferro
otteniamo quella lega che prende il nome di Monel. Visto che le applicazioni delle leghe di rame sono
dovute soprattutto alla resistenza a corrosione e a una buona conducibilità termica ecco che una lega
Cu-Ni del tipo Monel risulta adatta alla costruzione di scambiatori di calore che devono resistere ad
azioni corrosive. Il nichel aumenta la resistenza a corrosione delle leghe Cu-Sn.
Alluminio
Guardando il diagramma Al-Cu dalla parte dove corrispondono le percentuali più basse di alluminio si
nota una certa somiglianza con il diagramma Cu-Zn per quanto concerne gli ottoni del 1° titolo. La
differenza tra i due è il massimo di solubilità dello zinco nel rame. Fino al 9% di Al possiamo pensare di
avere delle leghe con caratteristiche simili a quelle degli ottoni del 1° titolo. Queste leghe possono
essere indurite aggiungendo il 3-4% di ferro.
Si possono anche avere leghe ternarie Cu-Al-Zn. Se ho per esempio contemporaneamente presente il:
20% di zinco
5% di alluminio
75% di rame
in questo caso (anche se la percentuale di zinco < 39%) non è assolutamente detto che mi trovi di fronte ad
un ottone del 1° titolo. Ciò è dovuto al fatto che si ha un effetto sinergico tra zinco e alluminio e quindi
possiamo superare il limite di solubilità. Per calcolare il nuovo limite di solubilità occorre considerare che
l'alluminio si comporta alla stregua di zinco equivalente . Più precisamente occorre moltiplicare per 6 il
quantitativo di alluminio per avere l'effetto equivalente come se fosse zinco. Quindi c'è un titolo di zinco che
è fittizio ed è quello che si ottiene considerando il 20% di zinco (effettivamente presente) più 6 x 5 = 30% di
zinco equivalente si ottiene 50% o meglio 50 parti su un totale che è dato da 75 + 50 = 125 parti. Facendo il
rapporto 50/125 = 0,4 cioè 40% di zinco. Si vede quindi che siamo in presenza di un ottone del 2° titolo,
anche se la percentuale di zinco (data) = 20% < 39 e di alluminio = 5% < 9%.
Berillio
Il berillio ha una solubilità non trascurabile ad alta temperatura e una solubilità quasi nulla a bassa
temperatura.
Per questo motivo sulle leghe Cu-Be è possibile effettuare dei trattamenti termici di rafforzamento simili a
quelli che si hanno nel caso delle leghe di alluminio. Inoltre con trattamenti termomeccanici (solubilizzazione,
tempra, deformazione plastica ed invecchiamento) si possono raggiungere resistenze a trazione di 1350
MPa (simile a quelle di un acciaio temprato e rinvenuto). Essendo leghe ad alta resistenza ma con poco
soluto le leghe Cu-Be sono ad alta conducibilità, per questo motivo sono utilizzate per gli elettrodi pinze
saldatrici.
Figura 15:
Fig. 17 Fig. 16
Leghe metalliche non Ferrose: Leghe di Rame
Piombo
Sono per lo più monotettiche; il monotettico del Cu-Pb è intorno al 40% di piombo o ipomonotettiche con il
30 % di piombo. Alcune di queste leghe vengono utilizzate per i trolley cioè le rotelle che ci sono in cima
all'asta del tram. Questo perché a tale rotella si richiede una notevole conducibilità elettrica, una capacità di
accoppiamento notevole con il filo ed inoltre che non sia estremamente duro in modo da sostituire il trolley e
non il filo. La lega che si utilizza per la costruzione di tali rotelle è a bassa percentuale di piombo ed è
chiamata 'metal rose'.
Altre applicazioni a tenore inferiore di Pb (2-4%) sono la raccorderai idraulica e la rubinetteria in cui il Pb
favorisce la truciolabilità del componente (per le filettature).
Boccole
Rotismi e leveraggi.
Leghe metalliche non Ferrose: Leghe di Rame
Filtri.
L’ALLUMINIO
Leghe metalliche non Ferrose:Leghe di Alluminio
Caratteristiche meccaniche.
Le caratteristiche meccaniche dell'alluminio ad elevata purezza non sono state analizzate a fondo e si hanno
pochi dati. Alcuni valori sono riportati in tabella 3. Si osserva come, aumentando la purezza, diminuisca la
tensione di snervamento del materiale, come anche la resistenza massima a rottura; aumenta invece
l'allungamento a rottura. Il modulo di Young E per l'alluminio al 99,996% è stato valutato essere di 63 GPa a
temperatura ambiente.
Fasi intermetalliche
In generale le fasi intermetalliche dei
sistemi comprendenti le leghe di alluminio
possono avere una composizione
stechiometrica semplice; vi sono
comunque dei casi in cui le fasi
intermetalliche hanno un intervallo di composizione. Un esempio efficace si presenta nel diagramma ternario
del sistema alluminio-magnesio-zinco. A temperatura lievemente inferiore a quella di formazione del solido,
la fase Mg3Zn3Al2 di questo sistema ha una composizione molto variabile (da 16Mg-74Zn-10Al fino a 31Mg-
20Zn-49Al). In qualche caso l'intervallo di composizione della fase intermedia è al di fuori dell'esatta
concentrazione stechiometrica comunemente usata. Un esempio si ritrova nella fase θ (CuAl2) ricca in
alluminio, che non include esattamente la concentrazione di questa formula.
Ci sono alcune fasi intermetalliche di altri sistemi binari che risultano in equilibrio con l'alluminio in leghe
ternarie. Esempi importanti sono Mg2Si e MgZn2. Nei sistemi quaternari, le fasi intermetalliche dei rispettivi
sistemi binari e ternari possono occasionalmente essere isomorfe (simile morfologia cristallina), formando
soluzioni solide continue. Un importante esempio si presenta nel sistema Al-Fe-Mn-Si, tra le fasi Fe3SiAl12 e
Mn3SiAl12 che hanno struttura cubica e costanti di cella rispettivamente di 12,548 e 12,652 Å.
Leghe metalliche non Ferrose:Leghe di Alluminio
Alluminio rame
Il rame è uno dei più importanti elementi
leganti per le leghe di alluminio, a causa del
suo apprezzabile effetto rafforzante. Molte
leghe commerciali contengono rame, sia
come elemento principale che come
elemento secondario, in concentrazioni dall'1
al 10%. Il rame impartisce un rafforzamento
in seguito a precipitazione a molte di queste
leghe. Il magnesio è usato in combinazione
con il rame, per accelerare e incrementare
l'invecchiamento a temperatura ambiente.
La temperatura eutettica nel sistema Al-Cu è
548 °C; la concentrazione eutettica è al
33,2% di rame. Le fasi solide che si separano
dal liquido in seguito alla reazione eutettica
sono la soluzione solida ricca in alluminio che
contiene il 5,65% di rame e la fase
intermetallica CuAl2 che contiene il 52,5% di Cu. La fase CuAl2 ha un intervallo di composizione compreso
tra 52,5 e 53,6% di rame a temperature eutettica, e tra 53,2 e 54,9% di rame a 400° C. Questo intervallo è
leggermente al di fuori, e verso la parte ricca in alluminio, del sistema Al-Cu, rispetto alla composizione che è
del 54,1% di rame per la formula stechiometrica. Due fasi di non equilibrio, zone GP (θ") e fase θ', si
sviluppano dalla soluzione solida di alluminio sovrassaturo, riscaldando a bassa temperatura, in maggior
quantitativo nell'intervallo 100-300° C. La
struttura di queste fasi metastabili, non
previste dai diagrammi di stato, è determinata
dalla matrice; esse hanno struttura di tipo
tetragonale e differiscono nell'arrangiamento
atomico dalla fase di equilibrio.
Alluminio-magnesio
Le leghe binarie alluminio-magnesio sono alla
base di un’importante classe di leghe da getto
non sottoponibile a trattamento termico, come
anche di alcune altre le cui caratteristiche
possono essere cambiate con trattamento
termico. Sebbene il magnesio sia
sostanzialmente solubile in alluminio solido, le
leghe binarie non mostrano apprezzabili
caratteristiche di rafforzamento per
precipitazione con concentrazioni inferiori al
7% di magnesio. Il magnesio, in ogni
caso, garantisce un importante
rafforzamento raggiungendo elevate
caratteristiche in seguito a deformazione
plastica.
Alluminio manganese
Sono leghe contenenti oltre il 1% di
manganese e sono di notevole importanza
commerciale come leghe non da
trattamento termico. Il manganese è
inoltre utilizzato ampiamente come
legante supplementare sia in leghe da
trattamento termico che in quelle non da
trattamento termico. Nelle leghe grezze il
manganese fornisce un importante
incremento nel rafforzamento.
Alluminio silicio
Le leghe binarie hanno una notevole
importanza commerciale; il silicio aumenta
notevolmente la fluidità, pertanto
incrementa la facilità di colata. Grazie a
questo e alla microstruttura prodotta, il
silicio apporta un moderato incremento di
resistenza. La temperatura eutettica
favorevole e la composizione di queste
leghe permettono di utilizzarle anche nella
saldatura e nella brasatura.
Alluminio zinco
Come elemento elegante lo zinco è
utilizzato principalmente insieme al
magnesio. Il principale uso delle leghe
binarie è la protezione elettrolitica contro la
corrosione.
Oltre alle fasi binarie CuAl2 e Mg2Al3, due fasi intermetalliche appaiono in equilibrio con la soluzione solida di
alluminio in questi sistemi. Queste sono identificate come CuMgAl2, con un ristretto intervallo di
composizione (approssimativamente 45% di rame e 17% di magnesio), e CuMg4Al6, con un intervallo di
composizione più ampio che si estende dal 15% di rame, 35% di magnesio a un 34% di rame e 27% di
magnesio, ed include la composizione stechiometrica (circa 20% di rame e 30% di magnesio).
Solo la fase intermetallica CuAl2 e la soluzione solida di silicio sono presenti all'equilibrio con la soluzione
solida di alluminio nel sistema ternario. La composizione eutettica ternaria contiene il 27% di rame e il 5,25%
di silicio e solidifica a 524 °C. La soluzione solida di alluminio che si separa nella reazione eutettica contiene
circa il 4,9% di rame e il 1,1% di silicio. La fase CuAl2 non scioglie apprezzabile silicio e la fase di silicio non
scioglie molto alluminio o rame. In questo sistema né il rame né il silicio hanno molto effetto sulla solubilità di
altri elementi nell'alluminio.
Leghe metalliche non Ferrose:Leghe di Alluminio
Circa tutte le leghe commerciali in di questa famiglia hanno composizioni di corrispondenti alla parte ferrite di
alluminio e con concentrazioni di magnesio e silicio che sono controllate ad un rapporto corrispondente alla
sezione quasi binari.
La fase MgZn2 forma un sistema quasi binario con l'alluminio, in cui la lega eutettica, che contiene circa lo
11,5% di magnesio e il 61% di zinco, solidifica a 475 °C. La soluzione solida di alluminio che si forma da
questa reazione contiene il 2,65% di magnesio e il 14,25% di zinco.
Microstruttura delle leghe di alluminio
La tecnica più ampiamente utilizzata per analizzare la microstruttura interna delle leghe di alluminio è la
microscopia ottica, perché è rapida, abbastanza semplice da usare, e richiede attrezzature non molto
costose. Essa è una delle più importanti tecniche, per evidenziare le caratteristiche microstrutturali delle
leghe.
La metallografia ottica include degli esami che vanno da pochi ingrandimenti fino ad ingrandimenti di circa
1500X. Flussi di materiale, macrostruttura e altre caratteristiche grossolane sono generalmente osservate a
ingrandimenti da 5 a 25. Le dimensioni dei grani e altre caratteristiche di dimensioni similari sono osservate
agevolmente a ingrandimenti di 100X. Le particelle, i precipitati e altre microstrutture molto piccole possono
richiedere ingrandimenti di 500 o più. Un'indagine completa include osservazioni in tutti gli intervalli di
ingrandimento, così che non si perdano informazioni sulla microstruttura.
Le microstrutture dei precipitati sono molto indicative poiché esse indicano frequentemente le condizioni
metallurgiche della lega, le sue caratteristiche meccaniche, il comportamento a corrosione. I precipitati sono
piccole particelle di seconda fase che erano nella soluzione solida di alluminio a elevata temperatura e sono
precipitate dalla soluzione solida a temperatura inferiore. I precipitati si formano a bordo di grano, nelle
dislocazioni e nelle vacanze. Le loro dimensioni, forme e posizionamento dipendono dalle condizioni
termiche che hanno condotto alla loro formazione.
Le microstrutture dei dispersoidi sono arrangiamenti di particelle molto piccole che precipitano dalla
soluzione solida, sia durante il raffreddamento dopo colata o durante il preriscaldamento. I principali
dispersoidi sono presenti in leghe contenenti cromo o manganese.
In più le microstrutture rivelate dall'attacco della soluzione solida danno informazioni che si riferiscono alla
composizione e alle condizioni metallurgiche della lega di alluminio. Differenze in velocità di attacco indicano
differenze localizzate nella composizione e nella struttura. La geometria dei punti di corrosione (pits) danno
un'indicazione approssimata dell'orientazione dei cristalli. La colorazione dei grani si sviluppa in leghe
contenenti rame o zinco, e danno indicazioni sia sul contenuto di soluto nella soluzione solida che
sull'orientazione relativa dei grani. I così detti "bordi bianchi di grano", sono rilevati in strutture invecchiate, e
sono regioni impoverite nel contenuto di elementi leganti a causa della precipitazione. La stratificazione e la
direzione delle microstrutture sono relazionate alla tipologia e all'ammontare del flusso di metallo durante la
deformazione plastica della fabbricazione.
Il gruppo che comprende le leghe di alluminio senza elementi leganti (serie 1xxx) è caratterizzato da una
matrice di alluminio relativamente pura che mostra le particelle formate dai costituenti insolubili che
contengono gli elementi di impurezze, principalmente ferro e silicio. L'ammontare del costituente
Leghe metalliche non Ferrose:Leghe di Alluminio
metallografico è una funzione della purezza, e la sua distribuzione è una funzione delle modalità della
fabbricazione. Particelle di costituenti contenenti ferro sono caratteristiche di tutte le leghe di alluminio.
Le leghe contenenti rame, come elemento legante principale (serie 2xxx), sono caratterizzate da fasi
contenenti rame ad esempio CuAl2 o, se la lega contiene magnesio, CuMgAl2. Queste fasi sono solubili nella
matrice durante il riscaldamento di solubilizzazione. Come risultato, l'ammontare di particelle contenenti
rame, in relazione al contenuto di rame della lega, è una misura della solubilizzazione raggiunta. Il rame
presente in soluzione solida fa cambiare le caratteristiche della matrice e conduce alla formazione di una
colorazione e a un contrasto dei grani dopo attacco. Poiché il contrasto della colorazione dei grani è una
funzione del contenuto di rame nella soluzione solida, essa può essere usata per valutare il trattamento
termico.
Le leghe contenenti manganese, come elemento legante principale (serie 3xxx), contengono particelle delle
fasi Mn3SiAl12 e MnAl6; il loro ammontare e distribuzione sono funzioni della composizione, del processo di
deformazione plastica e della storia termica. In più queste leghe contengono dei precipitati (dispersoidi)
molto fini, principalmente Mn3SiAl12.
Le leghe alluminio silicio (serie 4xxx) hanno una matrice di soluzione solida contenente del silicio e delle
particelle costituenti di colore grigio ardesia di silicio puro. Queste particelle hanno la forma allungata, di
placche o sferoidali; la loro forma, dimensione e distribuzione sono fortemente influenzate dalle condizioni di
colata e dalla storia termica.
Le leghe alluminio magnesio (serie 5xxx) generalmente mostrano una struttura di soluzione solida, a causa
dell'elevata solubilità del magnesio in alluminio. In qualche caso, particelle di Mg2Al3 sono presenti, sia come
particelle costituenti indisciolte sia come fini particelle di precipitati che si sono sviluppate in seguito a
raffreddamento lento o ad un trattamento termico a bassa temperatura. Particelle di Mg2Si sono
generalmente presenti in rapporto al contenuto di silicio, a causa della bassa solubilità della Mg2Si in
presenza di un eccesso di magnesio. In più dispersoidi e particelle contenenti cromo e manganese possono
apparire se sono presenti questi elementi.
Le leghe alluminio magnesio silicio (serie 6xxx) contengono particelle di fase a Mg2Si. Questa fase si scioglie
quasi completamente durante il trattamento termico di solubilizzazione, e un piccolo quantitativo precipita
durante l'invecchiamento artificiale. Di conseguenza l'ammontare e la distribuzione di questa fase indicano il
tipo e il grado del trattamento termico applicato la lega. Inoltre possono essere presenti delle particelle di
silicio in quelle leghe che contengono un eccesso di silicio rispetto al corretto rapporto Mg2Si.
Nelle leghe alluminio zinco magnesio e alluminio zinco magnesio rame (serie 7xxx), generalmente usate
dopo invecchiamento, la maggior parte dello zinco, magnesio e rame è solubilizzato o è precipitato in forme
estremamente fini. Come risultato, particelle di fasi contenenti questi elementi non sono, in generale,
osservabili. In alcune leghe di questa serie, fasi contenenti cromo o dispersoidi di cromo vengono rilevati. In
più particelle di Mg2Si possono essere osservate in funzione del contenuto di silicio della lega dal momento
che questa fase è insolubile in presenza di un eccesso di magnesio.
Se viene effettuata una tempra, che causa un rapido raffreddamento, dopo la solubilizzazione, non si
osservano cambi microstrutturali. Se invece la velocità di raffreddamento, per motivi accidentali o
intenzionali, non è rapida, appare una precipitazione di particelle a bordo grano. Se il raffreddamento è molto
lento, le particelle appaiono anche nella matrice.
Dopo il trattamento di invecchiamento artificiale si sviluppa generalmente una fine precipitazione a bordo di
grano e dei grani frammentati, e su piani preferenziali all'interno della matrice. Se si è manifestata una
precipitazione durante la tempra in alcune zone del bordo grano, dopo invecchiamento artificiale questa
zona frequentemente appare libera da precipitati.
Oltre alle caratteristiche microstrutturali delle varie leghe e ai trattamenti termici, molti dei prodotti di leghe di
alluminio hanno delle loro caratteristiche microstrutturali distintive. Queste strutture riflettono il processo di
fabbricazione usato, e in particolare il tipo e il grado di lavorazione.
I lingotti hanno delle caratteristiche microstrutturali descritte precedentemente; in più, si osservano delle
configurazioni microstrutturali che riflettono la velocità di raffreddamento e la direzione del flusso del calore. I
lingotti possono avere un sottile strato superficiale di materiale contenente un particolare elevato ammontare
dei costituenti, come risultato di liquazione di materiale ricco di soluto durante il primo stadio di
solidificazione.
Le piastre, i fogli e i rotoli esibiscono delle strutture ricristallizzate o non ricristallizzate, che dipendono dalla
composizione, il tipo, l'ammontare, la temperatura di lavoro, e qualunque trattamento termico applicato.
Grani o gruppi di grani frammentati sono generalmente allungati nella direzione del lavoro, e appiattiti nella
dimensione dello spessore. Le particelle tendono a disporsi in piani paralleli alla superficie del prodotto. Il
grado di allineamento e la dispersione delle particelle è una funzione del grado di lavorazione e pertanto
della relazione tra spessore del prodotto e le dimensioni iniziali del lingotto.
Il processo di forgiatura permette di ottenere una grande varietà di microstrutture a causa delle molte forme
e dimensioni coinvolte. I forgiati possono essere ricristallizzati o non ricristallizzati, in funzione della lega,
dell'ammontare della deformazione, e del rinvenimento. Pezzi forgiati di grande dimensione, hanno
generalmente microstruttura frammentata, essendo il grado di frammentazione e le dimensioni dei frammenti
una funzione del quantitativo di flusso di metallo coinvolto. Il forgiato può anche mostrare flussi di materiali
che si intersecano e che riflettono le deformazioni che i componenti hanno subito per raggiungere la forma
finale. In pezzi forgiati grandi, o in limitate regioni che hanno subito una piccola deformazione, la
microstruttura presenta alcune caratteristiche strutturali del lingotto, delle aree con la morfologia presente a
cuore, o delle zone di crescita preferenziale dei cristalli. La forgiatura evidenzia, infatti, una microstruttura
che è funzione del grado di deformazione delle differenti sezioni del componente. Nelle zone piane con
piccola sezione, il forgiato manifesta delle strutture compresse ed allungate che riflettono il flusso di
materiale in quella zona.
I prodotti estrusi mostrano in generale un’elevata direzionalità della microstruttura a causa della elevata
direzionalità del flusso di materiale. Nelle condizioni di un prodotto solo estruso, il grado di ricristallizzazione
varia enormemente da una lega ad un'altra. Il grado di deformazione e frammentazione dei cristalli varia
anche in uno stesso prodotto, risultando più elevata alla superficie che al centro del componente, e nella
parte posteriore rispetto a quella anteriore. Un'estrusione che porta a una forte deformazione permette di
ottenere frequentemente dei grani molto grandi ricristallizzati sulla superficie, le dimensioni dei quali si
incrementa andando verso la parte finale del prodotto estruso. Questo strato diventa più spesso se il
prodotto è sottoposto a trattamento termico, poiché l'estensione dell'area ricristallizzata è correlata alla
quantità di tensioni residue. Le strutture estruse hanno una microstruttura che riflette il flusso del materiale
con caratteristici andamenti in funzione della forma dell'estrusore. Le particelle presenti nei prodotti estrusi
sono molto allungate e disposte in linee parallele alla direzione dell'estrusione.
Sbarre, aste, fili e stampi rullati hanno una di direzionalità e un allineamento della struttura e dei costituendi
che è simile a quella dei prodotti estrusi, ma le microstrutture sono, in generale, più uniformi da un estremo
all'altro ed alla superficie al centro, senza presentare una zona superficiale ricristallizzata.
I prodotti rivestiti hanno una struttura composita formata da due o più strati legati meccanicamente. Gli strati
sono di differenti leghe possono essere distinti con appropriate tecniche di attacco metallografico; ogni strato
manifesta la struttura caratteristica della specifica lega e del trattamento termico. Quando venga applicato un
trattamento termico per i prodotti rivestiti, si manifesta generalmente una diffusione di elementi solubili da
uno strato all'altro. La diffusione avviene più rapidamente lungo i bordi grano che attraverso i grani,
generando una tipica struttura a pettine. Appropriate sezioni di attacco possono essere utilizzate per seguire
la diffusione, dal momento che questo processo conduce a dei gradienti di composizione che mostrano
progressivamente dei cambi nelle caratteristiche di attacco.
Altre strutture
Alcune imperfezioni microstrutturali si possono occasionalmente trovare nei prodotti di leghe di alluminio. La
porosità è un'imperfezione che si forma nei lingotti come vuoti ai bordi grano, causata sia dalla formazione di
bolle di idrogeno sia dal ritiro durante la solidificazione. Se i pori non vengono chiusi durante la lavorazione,
essi rimangono nel prodotto finale in una varietà di forme. Per esempio, nei prodotti forgiati essi appaiono
come discontinuità piatte e ellissoidali; nei fogli e delle piastre come linee di discontinuità in piani paralleli alla
superficie; negli estrusi come strisce di minuscoli vuoti allineati alla direzione di estrusione. I vuoti che
risultano dalla porosità, sono principalmente localizzati al centro del prodotto.
Se i prodotti in lega di alluminio vengono riscaldati a temperature troppo elevate, si manifesta una fusione
parziale, e si sviluppano due strutture caratteristiche. Nel caso in cui la temperatura sia solo lievemente
superiore alla temperatura eutettica, le regioni di composizione eutettica subiscono la fusione e dopo
solidificazione queste zone risultano sotto forma di rosette che manifestano una fine microstruttura eutettica
caratteristica. Se vengono raggiunte temperature più elevate, sia ha una fusione della soluzione solida.
Dopo solidificazione, queste zone sono evidenziate come regioni che hanno una microstruttura eutettica.
Esse sono sempre localizzate a bordo grano e principalmente alla giunzione dei grani, dove hanno una
forma triangolare. Se il riscaldamento è avvenuto temperature ancora più elevate, le zone eutettiche
diventano preponderanti e si estendono oltre il bordo grano, fino ha generare una matrice continua che
coinvolge gruppi di grani.
Un'altra microstruttura caratteristica evidenzia un trattamento termico di una lega di alluminio in atmosfera
del forno non idonea. La microstruttura si manifesta come vuoti localizzati a bordo grano ed è causata dalla
formazione di idrogeno all'interno della lega. Questa condizione e impropriamente chiamata ossidazione ad
alta temperatura, ed abbreviata HTO. Se la formazione di vuoti è modesta, appaiono solo alcuni vuoti isolati;
quando diventa più importante, si formano numerosi vuoti; in alcuni casi, i grani sono completamente
distanziati, con formazione di fessure. Al contrario della porosità ordinaria, i vuoti che risultano da questo
fenomeno, sono preferenzialmente localizzati in prossimità della superficie. Inoltre, essi si trovano quasi
esclusivamente in zone ricristallizzati o in giunzioni tra zone ricristallizzate e zone non ricristallizzate.
In alcune occasioni del materiale estraneo può essere presente nelle leghe di alluminio e apparire come
inclusioni. L'osservazione metallografica del campione lucidato permette di definire quando l'inclusione è
metallica o non metallica; alcuni materiali possono esser riconosciuti dal loro comportamento chimico. In
generale, comunque, le inclusioni non posso essere identificate con certezza utilizzando il microscopio
ottico; vengono perciò utilizzate altre tecniche come diffrazione ai raggi x, diffrazione elettronica o
microanalisi.
Nel caso delle leghe di alluminio bisogna fare delle precisazioni sull'importanza dei costituenti metallografici
delle leghe medesime. Le particelle di seconda o terza fase non devono essere considerate come inclusioni
indesiderate, ma molte di queste rappresentano ingredienti essenziali alla lega, senza le quali le proprietà e
caratteristiche desiderabili non possono essere ottenute. Inoltre, le particelle di seconda fase sono
completamente circondate dalla matrice metallica, e i bordi tra seconda fase e matrice non rappresenta una
linea di fragilità, come nel caso di inclusioni estraee.
Per quel che si riferisce alla forma e dimensioni delle particelle di seconda fase si può dire che queste
grandezze variano notevolmente in un ampio intervallo, in funzione delle condizioni di colata e fabbricazione,
oltre ai trattamenti termici effettuati.
Leghe da getto contenenti un notevole quantitativo di soluzione solida come fase metallica, vengono
utilizzate in applicazioni dove è chiesta buona duttilità. Queste sono leghe alluminio-magnesio e alluminio-
zinco-magnesio. Esse consistono essenzialmente in una soluzione solida di alluminio a forma di dendriti e
un piccolo quantitativo di eutettico interdendritico.
Senza un elevato quantitativo di componente eutettica che favorisce il riempimento tra le dendriti durante la
solidificazione, in tali leghe si manifestano dei ritiri e delle cricche a caldo se non si mantiene una velocità di
raffreddamento lenta durante la solidificazione.
Leghe metalliche non Ferrose:Leghe di Alluminio
La microstruttura delle leghe di alluminio da getto è direttamente influenzata dalla velocità di solidificazione:
maggiore è la velocità, più fine è la struttura.
I pezzi prodotti con colata sotto pressione portano a microstrutture più fini della colata in conchiglia che ha
microstrutture più fini della colata in sabbia. Incrementando la velocità di raffreddamento, la dimensione
dell'alluminio primario, le braccia delle dendriti formate da soluzione solida diventano più piccole, la
dimensione delle particelle secondarie diventati piccola, e generalmente le dimensioni dei grani della
primaria fase di alluminio risulta più fine. Tuttavia la dimensione dei grani non sembra un criterio corretto per
valutare la velocità di raffreddamento, giacché le dimensioni dei grani sono anche influenzate da elementi
leganti quale titanio e boro. La dimensione delle celle dendritiche è invece utilizzata correttamente per
valutare la velocità di raffreddamento. Maggiori caratteristiche meccaniche, in leghe da getto, sono ottenibili
solo in componenti solidificati velocemente e con dimensioni dei grani piccole.
Leghe da getto
La lega 195 (Al-4.5Cu) è una semplice lega ipoeutettica. Il rame è presente come composto intermetallico
CuAl2, che forma un eutettico con la soluzione solida di alluminio. La porzione di eutettico è presente come
composto interdentritici con i vertici che sono situati lungo le dendriti e i bordi grano. Le dendriti di alluminio
manifestano un cambio di morfologia a cuore, con un gradiente di elementi leganti che derivano da una
diffusione non completa derivante da solidificazione in condizioni di non-equilibrio- Il ferro ed il silicio,
presenti come impurezze in quasi tutte le leghe di alluminio, formano un costituente complesso del tipo α-
FeSi.
La lega 356 (Al-7Si-0,3Mg) è una delle leghe da getto di alluminio più ampiamente usate. Il silicio si presenta
come particelle elementari presenti nell’eutettico interdendritico, che costituisce circa il 55% della
microstruttura. Grazie al grosso volume di eutettico l’utilizzo di questa lega come lega da detto è eccellente.
Il magnesio si combina con il silicio per formare Mg2Si, che agisce da indurente. Il ferro, presente come
impurezza, si combina per formare delle placche di β-FeSi.
La lega A612 è rappresentativa di leghe con soluzione solida che induriscono e si rafforzano durante il
raffreddamento del getto senza richiedere un trattamento termico di solubilizzazione. Tale caratteristica
deriva dalla presenza di MgZn2, un costituente indurente che si trova in soluzione solida alla temperatura di
solidificazione ma precipita sotto forma di particelle estremamente minute in modo omogeneo raffreddando a
temperatura ambiente. Il ferro si combina per formare delle sottili particelle di α-FeSi.
I trattamenti di solubilizzazione vengono generalmente effettuati il più vicino possibile alla temperatura del
solidus (425÷540°C), dove la solubilità degli elementi leganti è massima. Utilizzando tempi e temperature
adeguate, i costituenti solubili diventano sferoidali e si possono sciogliere completamente. I costituenti
insolubili diventano anche meno spigolosi poiché gli angoli, ad elevata energia, si dissolvono. La
solubilizzazione riduce la microstruttura tipica a cuore delle strutture da getto (grossi cristalli e struttura
dendritica) ed i gradienti di composizione vengono ridotti grazie alla diffusione. La solubilizzazione
incrementa sia la resistenza sia la duttilità, dissolvendo i composti intermetallici fragili e rendendo la
microstruttura più omogenea. Le leghe da getto, generalmente, non ricristallizzano col trattamento di
solubilizzazione.
La combinazione dei trattamenti di solubilizzazione e di precipitazione sono ampiamente utilizzati per
ottenere le caratteristiche resistenziali ottimali. La struttura omogenea ottenuta con la sola solubilizzazione
permette una risposta pronta al trattamento di precipitazione; questo garantisce una precipitazione più
uniforme rispetto al trattamento di sola precipitazione.
Discontinuità microstrutturali
Il termine "vuoti " viene utilizzato per indicare un certo numero di discontinuità di varia origine nei getti.
Porosità di gas, porosità da ritiro, fori da gas intrappolato e cricche sono le principali tipologie di vuoti nei
getti di alluminio. I fori di gas intrappolato possono essere riconosciuti grazie a una distribuzione equiassica,
dimensioni grossolane, distribuzione irregolare. Le cricche sono caratterizzate da una forma allungata, sottile
e raggiata.
I getti di alluminio contengono quasi sempre delle porosità causate dai gas. Quando presenti in quantità
elevata i pori, causati dai gas, possono apparire come vuoti sferici. Generalmente assumono invece una
forma che dipende dagli spazzi interdentritici, poiché i vuoti si formano dopo che la solidificazione della lega
è iniziata. Pertanto, la porosità data da gas è difficilmente differenziabile dalla forma, giacché la porosità da
ritiro è sempre interdendritica e simile alla porosità da gas. La migliore caratteristica distintiva è la
distribuzione dei vuoti, perché la porosità da gas è uniformemente distribuita mentre la porosità da ritiro è
concentrata in regioni non adeguatamente alimentate durante la solidificazione.
Pellicole o pellicine di ossido di alluminio si formano velocemente sulla superficie dell'alluminio fuso e se non
vengono rimosse, scremandole, possono essere intrappolate nel getto. Queste pellicole di scarto appaiono
nella sezione trasversale come sottili linee (circa 2 µm) che si avvolgono, frequentemente associate con
porosità da gas. Le pellicole, che costituiscono delle discontinuità indesiderabili, possono agire come
innesco di frattura, diminuendo la resistenza statica e dinamica del getto, in particolare se si trovano vicino
alla superficie. Mentre molti films di ossido hanno una struttura amorfa, che si può trasformare in inclusioni
cristalline di allumina alfa in seguito ad una prolungata esposizione a elevata temperatura come nei getti. Al
microscopio, l'allumina alfa appare come inclusione nera, tipo scoria,che si trova in rilievo sulla sezione
pulita. Se le leghe da trattamento termico sono surriscaldate durante la solubilizzazione, si manifesta la
fusione delle zone eutettiche. La microstruttura risultante è la stessa delle leghe da deformazione plastica.
Leghe metalliche non Ferrose:Leghe di Alluminio
Leghe da getto
TEMPER DESCRIPTION
F As-fabricated
O Annealed, recrystallized
Eliche ed avvolgimenti di dislocazioni associate con precipitati contenenti manganese in una lega AA 2024
T4 (40,000X).
Leghe metalliche non Ferrose:Leghe di Alluminio
Anche se con la dicitura trattamenti termici si includono tutte quelle operazioni che si riferiscono a
riscaldamento e raffreddamento di un componente, in questo paragrafo ci si riferirà principalmente ai
trattamenti termici sui prodotti finali comprendendo ricottura, solubilizzazione, tempra, invecchiamento senza
dimenticare la distensione. Le informazioni che saranno date valgono sia per leghe da deformazione
plastica, leghe da trattamento termico e leghe da getto. Ovviamente ciascuna di queste tipologie ha varato
delle problematiche, ai fini del trattamento termico, gli elementi indifferenti.
I principali obiettivi di differenti tipi di trattamento termico sono descritti sommariamente nello schema
riportato di seguito:
• distendere la lega per incrementare la lavorabilità e la formabilità.
• incrementare la resistenza e ottenere particolari proprietà meccaniche che sono associate con
lo trattamento termico specifico finale.
• stabilizzare le proprietà meccaniche o fisiche o la resistenza alla corrosione, oltre ad evitare i
cambiamenti che potrebbero comunque manifestarsi con tempo a temperatura ambiente o ad
elevata temperatura.
• assicurare una stabilità dimensionale durante l'utilizzo, in particolare per componenti che operano a
elevata temperatura e che richiedono stretti controlli dimensionali.
• eliminare le tensioni residue indotte da deformazioni differenziali o raffreddamenti non uniformi
in seguito a operazioni di getto, tempra, saldatura o ad operazioni di formatura.
Alcuni trattamenti vengono effettuati per diminuire il rafforzamento in seguito a deformazione plastica o le
tensioni residue, mentre altri trattamenti vengono effettuati per alterare la distribuzione e la morfologia degli
elementi leganti solubili. L'alluminio e le sue leghe non danno origine a trasformazioni che conducono a
differenti forme allotropiche o a trasformazioni senza diffusione, come quella martensitica per gli acciai. In
ogni caso, attraverso il controllo della solubilizzazione e successiva precipitazione degli elementi leganti
solubili, la resistenza alla deformazione (tensione di snervamento) in alcune leghe da trattamento termico
può essere incrementata con fattori compresi tra 5 e 6.
La variazione di solubilità degli elementi leganti con la temperatura è il principale fattore che può essere
utilizzato nei trattamenti termici, per influenzare la distribuzione degli elementi leganti medesimi. Anche se i
diagrammi di stato non mostrano le strutture che si formano a relativamente bassa temperatura e che sono
responsabili degli effetti di rafforzamento, essi indicano la direzione in cui la reazione in fase solida potrebbe
procedere per una data composizione, temperatura e struttura iniziale. Vi è tuttavia un altro fattore
fondamentale che influenza la cinetica delle reazioni allo stato solido di un dato soluto; la sua mobilità o
velocità di diffusione nella soluzione solida di alluminio. Sebbene le considerazioni con i diagrammi di stato
possono indicare che un certo elemento dovrebbe dissolversi o precipitare a una determinata temperatura,
la reazione può essere eliminata completamente se la mobilità degli atomi soluti è bassa a quella
temperatura. Velocità di reazioni specifiche sono inoltre influenzate da altri fattori come la concentrazione di
soluto, il cambio di energia e la velocità di nucleazione.
Il sistema più utilizzato per la designazione dei trattamenti termici delle leghe di alluminio è quello introdotto
dall' "Aluminum Association" che consiste nell'utilizzare delle lettere. Delle suddivisioni dei trattamenti termici
principali, quando richiesti, sono indicati da una o più segni che seguono le lettere. Queste suddivisioni
designano specifiche sequenze di trattamento e indicano le caratteristiche del prodotto finale. Ulteriori segni
possono essere aggiunti quando una variazione nelle operazioni base porta a differenti caratteristiche.
Le suddivisioni per la serie T di trattamenti, utilizzano dei numeri compresi tra 1 e 10 per distinguere le
principali variazioni nella sequenza delle operazioni. Ulteriori segni vengono assegnati a prodotti che
vengono distesi, a prodotti che subiscono una deformazione plastica a freddo dopo tempra o tra tempra e
invecchiamento artificiale, a trattamenti effettuati con procedure speciali per controllare le caratteristiche
quali resistenza alla corrosione o stabilità dimensionale.
Il sistema principale di designazione dei trattamenti termici effettuati sulle leghe di alluminio è riportato nella
tabella I sottostante.
Designazione Caratteristiche
Come fabbricato. Si applica ai prodotti grezzi che acquisiscono alcune
F caratteristiche da operazioni di formatura, in cui non viene esercitato un
controllo specifico circa l’ammontare del rafforzamento per deformazione
plastica o sul trattamento termico. Per i prodotti grezzi in queste condizioni
non vi sono limiti circa le caratteristiche meccaniche. Si applica anche ai getti
tal quali se la lega viene prodotta in condizioni di trattamento termico.
Ricotto (solo prodotti grezzi, non da getto). Viene applicato per distendere
O completamente i prodotti e migliorarne la lavorabilità e per annullare
qualunque trattamento meccanico o termico precedente.
Solubilizzazione. Una condizione instabile applicabile solo alle leghe che
W invecchiano a temperatura ambiente dopo solubilizzazione. Questa
designazione è valida solo quando venga indicato il periodo di
invecchiamento naturale; per esempio: W (0,5h)
Trattamento termico per produrre condizioni stabili oltre a F e O. Si
T applica sia ai prodotti grezzi sia a quelli da getto, che vengono sottoposti a
trattamento termico, con o senza una deformazione plastica a freddo, per
ottenere condizioni stabili.
Leghe metalliche non Ferrose:Leghe di Alluminio
Il trattamento di ricottura
Questo trattamento può essere richiesto prima della formatura o di una lavorazione a freddo di una lega da
trattamento termico, quando il componente sia stato incrudito o sottoposto a trattamento termico di
rafforzamento.
La temperatura massima e la velocità di raffreddamento devono essere attentamente controllate per evitare
la formazione di dispersoidi rafforzanti durante o successivamente al trattamento di ricottura.
La modalità della ricottura deve essere scelta in funzione dei trattamenti termici e/o meccanici precedenti e
dalla microstruttura che nel materiale si è formata.
Nella ricottura delle leghe rivestite il tempo di mantenimento la massima temperatura deve essere limitato
per evitare eccessiva diffusione dalla matrice sottostante al rivestimento.
I trattamenti di ricottura vengono applicati ai prodotti ottenuti per colata solo quando vengano richieste
stringenti specifiche in riferimento alle tolleranze dimensionali o quando vengano specificate successive
operazioni di lavorazioni particolari. Il trattamento utilizzato in tale caso viene designato T2.
Metallografia di Alclad 2024-T3 che mostra un rivestimento di alluminio di purezza commerciale riportato su
un cuore di elevate caratteristiche meccaniche (100X).
Trattamenti termici connessi alla deformazione plastica
The distorted, dislocated structure resulting from cold working of aluminum is less stable than the strain-free,
annealed state, to which it tends to revert.
Commercial aluminum alloys undergo this structural changes only with annealing at elevated temperature.
Accompanying the structural reversion are changes in the various properties affected by cold working.
Transmission electron micrographs of Al-5 Mg alloy sheet cold rolled 75% and annealed for various time at
345 °C. (a) As-rolled; (b) 1 min at 345 °C; (c) 5 min; (d) 1 hr (21,000X).
Leghe metalliche non Ferrose:Leghe di Alluminio
Le micrografie mostrano il procedere della ricristallizzazione in una piastra di 5083-H18 ricotta a 290 °C.
(a) Come rullata; (b) 10 min. at 290 °C; (c) 30 min.; (d) 1 h; (e) 4 h; (f) 8 h. Elettropulitura (100X).
Caratteristiche meccaniche ottenibili in seguito a ricottura.
Strain-hardened aluminum-magnesium alloy are a special commercial problem because they tend to age
soften at room temperature. Age softening increases with increasing magnesium content and cold work. The
following figures show this effect for an Al-6 Mg alloy.
Designazione Caratteristiche
Invecchiato naturalmente in una condizione sostanzialmente stabile. Si applica a
T1 quei prodotti in cui è avvenuta una parziale solubilizzazione di elementi leganti ad
elevata temperatura, seguita da un rapido raffreddamento dovuto al processo di
fabbricazione.
Ricottura (solo prodotti da getto). Indica una condizione ottenuta per mezzo di un
T2 trattamento di ricottura utilizzata per incrementare la duttilità e la stabilità dimensionale
del getto.
Solubilizzazione, deformazione plastica a freddo e invecchiamento naturale a
T3 condizioni sostanzialmente stabili. Si applica a quel prodotti che siano stati formati a
freddo per incrementare la resistenza o in cui la deformazione plastica è associata a
specifiche applicazioni. Differenti entità di deformazione plastica sono contrassegnate
con un secondo simbolo.
Solubilizzazione e invecchiamento naturale a condizioni sostanzialmente stabili.
T4 Si applica a quelle prodotti che non sono stati deformati a freddo dopo solubilizzazione,
o in cui l'effetto della deformazione plastica non è associata a specifiche applicazioni.
Invecchiamento artificiale. Si applica a quei prodotti che sono invecchiati
T5 artificialmente dopo processi che avvengono a elevate temperature, come getti o
estrusione, per incrementare la resistenza meccanica e la stabilità dimensionale.
Solubilizzato e invecchiato artificialmente. Si applica ai prodotti che non siano stati
T6 deformati a freddo di un possa solubilizzazione, o in cui la deformazione plastica è
associata a specifiche applicazioni.
Solubilizzato e sovrainvecchiato. Si applica ai prodotti che sono stati solubilizzati e
T7 invecchiati artificialmente oltre le condizioni di massimo rafforzamento, per ottenere
specifiche caratteristiche controllate, come stabilità dimensionale, tensioni residue
basse, o per incrementare la resistenza alla corrosione.
Solubilizzazione, deformazione plastica a freddo e invecchiamento artificiale a
T8 condizioni sostanzialmente stabili. Si applica a quel prodotti che siano stati formati a
freddo per incrementare la resistenza o in cui la deformazione plastica è associata a
specifiche applicazioni. Differenti entità di deformazione plastica sono contrassegnate
con un secondo simbolo.
Solubilizzato, invecchiato artificialmente e deformato plasticamente. Si applica ai
T9 prodotti che sono deformati a freddo come operazione finale, per incrementare la
resistenza.
Invecchiato artificialmente e deformato a freddo. Si applica ai prodotti che sono
T10 invecchiati artificialmente dopo processi effettuati ad elevata temperatura, come getti
ode estrusione, e deformati a freddo per incrementare la resistenza.
Per i trattamenti che vanno dal T3 al T10 potrebbe essere necessario effettuare un periodo di
invecchiamento naturale per ottenere le caratteristiche desiderate.
Tali designazioni possono comprendere ulteriori numeri per leghe da trattamento termico in cui si debba
avere una diminuzione delle tensioni associate al trattamento termico. Per esempio:
Tx51a – Diminuzione dello stato tensionale effettuando uno stiramento. Tale stiramento, effettuato dopo
il trattamento di solubilizzazione e tempra, deve risultare dello 0,5-3% per le piastre e dell’1-3% per le forme
cilindriche e le altre forme. Tale designazione si applica direttamente a piastre rullate o tondini o sbarre finite
a freddo. Tale stiramento non incrementa il rafforzamento dei prodotti.
Tx52a – Diminuzione dello stato tensionale effettuando una compressione. Tale compressione,
effettuata dopo il trattamento di solubilizzazione, deve produrre una deformazione permanente del 2,5%.
a
La lettera x rappresenta i numeri 3, 4, 6 o 8 quando applicabile.
Leghe metalliche non Ferrose:Leghe di Alluminio
Le leghe da trattamento termico contengono dei quantitativi di elementi leganti solubili che eccedono i limiti
di solubilità della soluzione solida a temperatura ambiente e a temperature moderatamente più alte. La
quantità presente può essere inferiore o superiore a quello di massima solubilità alla temperatura eutettica.
La figura 1 mostra una porzione del diagramma di stato alluminio-rame e illustra queste due condizioni con
le principali relazioni tra solubilizzazione e precipitazione che vengono coinvolte. Due leghe che contengano
il 4,5 e il 6,3% di rame sono rappresentate come linee tratteggiate (a) e (b). Le relazioni di solubilità e il
comportamento a riscaldamento di queste composizioni approssimano quello delle leghe commerciali 2025
e 2219, e i principi possono essere applicati a tutte le altre leghe da trattamento termico.
Holding the 4.5 % Cu at solution temperature until equilibrium is attained causes the copper to go completely
into solid solution.
Reducing temperature, a driving force induce the supersaturated solid solution to originate some precipitate
from the excess of solute.
The rate of precipitate particles depends on the atom mobility, which is reduced as temperature decrease.
The solid solution formed at elevated temperature may be retained in a supersaturated state by cooling with
sufficient rapidity to avoid precipitation in the intermediate temperature range. Precipitation can occur
successively and can be controlled more precisely.
If precipitation phenomena is spontaneous at room temperature we call "natural aging". Precipitation can be
accelerated in these alloys by heating above room temperature; this operation is referred to as "artificial
aging" or "precipitation heat treating".
Leghe metalliche non Ferrose:Leghe di Alluminio
Solubilizzazione
It is very important good control and uniformity of temperature within the furnace.
Rate of heating to solution heat-treating may affect the grain size.
Air is the usual heating medium.
The time required at the solution heat-treating temperature depends upon type of product, alloy, casting or
fabricating procedures used and section thickness.
Times at temperature range generally from 8 to 12 hours.
In case of clad products it must be shorter: 10 to 30 minutes.
HAZARDS
Germinative grain growth in reheated components
Decreasing of resistance to corrosion if reheating temperature or time of treatment are not higher than the
first.
High temperature oxidation: formation of small rounded voids or crevice within the metal and by surface
blisters.
Precipitation in Specific Alloy Systems
Aluminum-Copper
SS → GP [1] → GP [2] → θ’ → θ
Aluminum-Copper-Magnesium
SS → GP → S’ (Al2CuMg) → θ (Al2CuMg)
Aluminum-Magnesium-Silicon
SS → GP → β’ (Mg2Si) → β (Mg2Si)
Aluminum-Zinc-Magnesium
SS → GP Zones [spherical] → M’ → M
T’ → T
La formazione di particelle metastabili durante l’invecchimento avviene solo in alcuni sistemi per cui si
verificano delle condizioni termodinamiche in cui il raggiungimento della fase di equilibrio stabile passa
attraverso la formazione di queste particelle intermedie. Le particelle definite GP (da Guinet-Preston) sono
caratterizzate da un reticolo coerente o semicoerente con la matrice, che crea localmente degli elevati stati
pensionali de energetici, con conseguente blocco del movimento delle dislocazioni ed innalzamento del
limite di snervamento del materiale.
La temperatura è una grandezza fondamentale nella dinamica dell’invecchimento come si può rilevare dal
grafico. Alla temperatura di 130 °C sono chiaramente distinguibili i tratti di precipitazione delle particelle GP1
(linea continua) e GP2 (linea tratteggiata) mentre a temperatura più elevata (190 °C) si osserva per tempi
minori solo la linea tratteggiata (GP2) e la linea a punti (θ’).
Leghe metalliche non Ferrose:Leghe di Alluminio
Precipitazione o Tempra
L’obiettivo della tempra è mantenere il più intatta possibile la soluzione solida formatasi durante il
trattamento di solubilizzazione, effettuando un raffreddamento rapido fino a bassa temperature,
generalmente temperatura ambiente.
Durante questo rapido raffreddamento è importante non solo mantenere l’eccesso di soluto presente ad
elevata temperatura, ma mantenere anche una percentuale di vacanze più elevata, per favorire la diffusione
a bassa temperatura per la formazione di precipitati metastabili indurenti.
Rappresentazione schematica dell’influenza della temperatura sui fattori che determinano la velocità di
precipitazione.
Intervallo di temperatura critico
In generale I valori più elevati di rafforzamenti si ottengono con le velocità di raffreddamento più elevate.
Effect of time and temperature in interrupted quenching experiments on tensile and yield strength of alloy
7075, expressed as percentages of strengths obtained by quenching without interruption.
Alloy Characteristics
Tensile strengths of six alloys as a function of average cooling rate during quenching.
Leghe metalliche non Ferrose:Leghe di Alluminio
Invecchimento
Natural aging curves for binary Al-Cu alloys quenched in water at 100 °C.
Precipitation hardening curves for binary alloys quenched in water at 100 °C ad aged at 150 °C.
Leghe metalliche non Ferrose:Leghe di Alluminio
Scanning electron micrograph of the center of an as-cast low-carbon steel ingot showing dendrite spikes
(primary arms) and second arms. (Unetched 10X).
Leghe metalliche non Ferrose:Leghe di Alluminio
The result of this solidification sequence is a cored dendritic structure with solute content increasing
progressively from center to edge, and an interdendritic distribution of second phase particles or eutectic.
Microstrutture risultanti in seguito a differenti velocità di solidificazione, ottenute con differenti processi di
colata per una lega Al-5%Si. Le dimensioni delle dendriti e delle altre particelle diminuiscono incrementando
la velocità di raffreddamento, passando da getti in sabbia a getti in stampi di acciaio a pressocolata. Attacco,
0.5% HF (500X).
In case of cast alloy is necessary maximum toughness. We can use cooling rate quite fast to obtain many
small rounded particles of intermetallic phases.
To improve workability, cooling rate must be very slowly, to re-precipitate and coalesce the solute in an
interdendritic distribution of fairly large particles.
In some case, due to peritectic transformation and to relatively slow diffusion of some element, segregation
result just the reverse of that previously described. In these cases, ingot preheating treatments are designed
to produced precipitation of particles with dimensions of 100-1000 Å (dispersoids).
Microstrutture delle leghe di Al-Si
Una lega Al-Si conterrà sempre quantità più o meno elevate di Si eutettico acculare dal momento che la
solubilità massima del silicio nella soluzione solida ricca in alluminio (α) è modeata (1,65%) e che il tenore di
Silicio utilizzato è sempre notevolmente più elevato. La presenza di questa fase può penalizzare le
caratteristiche meccaniche in quanto questa forma può, sotto determinate condizioni di stress, agire da
concentratore di sforzo. Per minimizzare questo effetto la lega viene modificata con aggiunte di minime
quantità di Na il quale ha la proprietà di rendere globuliformi queste isole di Si eutettico.
Le leghe a base Alluminio contengono ovviamente anche altri elementi oltre il Silicio (es. Cu, Fe, Mn, Ni).
Tali elementi possono modificare anche profondamente la struttura del materiale e quindi le sue
caratteristiche meccaniche ed il suo impiego. Per esempio il costituente β−(Al-Fe-Si) infragilisce il materiale
in quanto la sua morfologia è lamellare. Per ovviare a questo inconveniente vengono aggiunte modeste
quantità di manganese che rendono questa fase β di per sé meno dura e disposta in modo meno pericoloso
(forma di tipo “scheletrico”). La nuova fase è nota come α-(Al-Fe-Si-Mn).
Micrografie
che illustrano differenti gradi di modifi-cazioni dell’eutettico da non modificato (A) a ben modificato (F). Leghe
Al-Si allo stato di getto prima di qualunque trattamento di solubilizzazione.
Leghe metalliche non Ferrose:Leghe di Alluminio
Leghe Al-Si
NiAl3
Si eutettico (non
modificato)
S
i primario
In accordo con il diagramma di stato, la struttura è costituita da Si primario poligonale e Si eutettico
aciculare (in questo caso non modificato). La presenza in lega di Nichel provoca la formazione di
NiAl3 .
Si eutettico
modificato
F
ase β(Al-Fe-Si)
Microstruttura di lega eutettica modificata.
Esempi - Lega ipo-eutettica non modificata.
L’immagine è stata processata in modo da fornire al primo impatto visivo la situazione strutturale della lega.
L’immagine è stata ottenuta al SEM miscelando il segnale di backscattering con quello degli elettroni
secondari. Il primo dei due segnali è proporzionale al numero atomico (la fase α appare infatti più chiara) e
da solo non riuscirebbe a discriminare tra Al e Si (D Z=1). Il secondo segnale - di natura esclusivamente
morfologica - esalta invece la presenza del Silicio.
L’immagine, processata con falsi colori, costituisce una mappa di concentrazione chimica.
Leghe metalliche non Ferrose:Leghe di Alluminio
Tabelle
Tabelle contenenti le composizioni chimiche, le caratteristiche meccaniche e la resistenza alla corrosione,
lavorabilità e saldabilità per le leghe di alluminio.
Leghe metalliche non Ferrose:Leghe di Alluminio
Leghe metalliche non Ferrose:Leghe di Alluminio
Leghe metalliche non Ferrose:Leghe di Alluminio
Leghe metalliche non Ferrose:Leghe di Alluminio
Leghe metalliche non Ferrose:Leghe di Alluminio
Applicazioni
IL MAGNESIO
Leghe di Magnesio
Il magnesio è un metallo che ha una temperatura di fusione di 650 °C, un modulo elastico di 42 GPa e
cristallizza con un reticolo EXC. La massa volumica del magnesio è di 1.738 Kg/m3. L’alluminio e lo zinco
sono relativamente solubili nel magnesio ma la loro solubilità diminuisce a temperatura ambiente. La
solubilità dell’alluminio è 12,7% in peso a 437 °C e 3% a 93 °C; la solubilità dello zinco è 6,2 % a 340 °C e
2,8 % a 204 °C. Le solubilità di manganese, zirconio e cerio sono inferiori al 1% in peso a 482 °C. Alla
temperatura eutettica, il 4,5 % di torio è solubile nel magnesio. Il manganese incrementa la stabilità alla
corrosione in leghe di magnesio contenenti zinco ed alluminio.
Classificazione
La tecnologia utilizzata per produrre leghe da getto è funzione della produttività richiesta, del componente da
produrre e dalle tolleranze dimensionali che si vogliono ottenere. Nelle figure sottostanti sono riportati i dati
delle tolleranze dimensionali ottenibili per confronto con le differenti tecnologie utilizzabili e le dispersioni dei
risultati dimensionali per due componenti testati.
Nella tabella sottostante si riportano alcune delle più utilizzate leghe da pressofusione con le rispettive
composizioni chimiche e caratteristiche generali.
Si riportano le più utilizzate leghe da getto con le rispettive composizioni chimiche e caratteristiche generali.
Lega T.T. Composizione Caratteristiche
AM100A T4,T6 Al 10%, Mn 0,1% Lega da getto in conchiglia, saldabile e stabile
AZ91E T6 Al 8,7%, Zn 0,7%, Lega a scopo generale, buona resistenza, utilizzabile fino
Mn 0,13% a 175 °C, stabile, buona resistenza alla corrosione
dell’acqua salata.
AZ92C T6 Al 9%, Zn 2%, Lega a scopo generale, buona resistenza, utilizzabile fino
Mn 0,1% a 175 °C, stabile.
EQ21A T6 Di* 2,1%, Ag 1,5%, Lega da trattamento termico, con elevato snervamento fino
Zr 0,7% a 250 °C, saldabile.
EZ33A T5 T.R. 3,3%, Zn 2,7%, Resistente al creep fino a 250 °C, buona colabilità,
Zr 0,6% saldabile
HZ32A T5 Th 3,3%, Zn 2,1%, Resistente al creep fino a 345 °C, saldabile.
Zr 0,7%
QE22A T6 Ag 2,5%, Di* 2,1%, Lega da trattamento termico, con elevato snervamento fino
Zr 0,7% a 250 °C, saldabile.
ZE41A T5 Zn 4,2%, T.R. 1,2%, Facilmente colabile, saldabile, elevata resistenza a
Zr 0,7% temperatura ambiente.
ZH62A T5 Zn 5,7%, Th 1,8%, Colabile come la precedente ma più resistente, saldabile,
Zr 0,7% tenuta di pressione.
ZK61A T6 Zn 5,7%, Zr 0,7% Eccellente resistenza a temperatura ambiente, Poco
colabile ma in grado di sviluppare elevate caratteristiche
come getto.
T.R. – terre rare
*miscela di neodimio e praseodimio
Trattamenti termici
Le leghe di magnesio sono sottoposte a trattamento termico per incrementare le caratteristiche meccaniche
o per ottenere particolari caratteristiche operative. La tipologia del trattamento termico effettuato dipende
dalla composizione della lega, dalla tecnologia di ottenimento del componente (getto o colata per successiva
laminazione) e da condizioni di messa in opera preventivate.
La solubilizzazione ed invecchiamento incrementano la resistenza, risultando anche in un’elevata tenacità e
resistenza agli urti.
Nella maggior parte delle leghe di magnesio i trattamenti termici permettono di ottenere le migliori
caratteristiche. Comunque, nelle leghe magnesio–zirconio, l’effetto estremamente pronunciato dello zirconio
nell’ottenere una microstruttura estremamente fine gioca un ruolo determinante nei valori delle caratteristiche
meccaniche ottenute.
Caratteristiche meccaniche
Saldatura
Le leghe di magnesio possono essere comunemente saldate utilizzando metodi quali TIG, MIG o saldatura
"spot". Il materiale di apporto è all'incirca della stessa composizione della lega base.
L'efficienza della giunzione varia considerevolmente da lega a lega e può andare dal 100% al 71% in
funzione della lega e del materiale di apporto.
Leghe metalliche non Ferrose:Leghe di Magnesio
Applicazioni
ATMOSFERE CONTROLLATE
Quando parliamo di trattamenti termici intendiamo trattamenti ad alta temperatura: più è alta la temperatura
maggiore è la reattività dell’acciaio nei confronti dell’atmosfera circostante.
Una funzione basilare delle atmosfere protettive è quella di evitare l'ingresso di aria nel forno; l’atmosfera
protettiva deve pertanto essere mantenuta in lieve sovrappressione, rispetto all'esterno, e avere una portata
con elevato flusso per garantire una sufficiente capacità di scambio di calore per il riscaldamento e il
raffreddamento nelle varie zone del forno.
Si vogliono evitare essenzialmente due fenomeni:
1. l’ossidazione superficiale, che può portare alla formazione di FeO, Fe3O4, al limite Fe2O3
2. la decarburazione che fa diminuire la percentuale di carbonio della superficie secondo la
reazione C + O2 ⇔ CO2
Per piccoli periodi di esposizione all’aria si hanno strati decarburati sottili ma, più aumenta l’esposizione,
maggiore sarà l’estrazione di carbonio dal cuore del pezzo, favorita da fenomeni diffusivi. Negli strati
decarburati, scomparso il carbonio, è presente solo ferrite che ha una resistenza molto bassa (≈400 MPa) e,
probabilmente, inferiore a quella di progetto. Se l’organo meccanico in questione verrà sottoposto, in opera,
a carichi che abbiano il loro massimo in superficie (momento flettente o torcente) si creano delle rotture che
possono poi propagare per fatica. Dal momento che, parlando di fatica, circa il 90% del tempo, prima di
completa rottura, è impiegato per la nucleazione della prima cricca e solo il 10% per la propagazione, con
uno strato ossidato e decarburato accorciamo del 90% la vita del manufatto.
Le atmosfere protettive convenzionalmente utilizzate nei trattamenti termici sono endotermiche, esotermiche,
azoto, il vuoto, l’ammoniaca dissociata e l’idrogeno.
Le atmosfere endotermiche sono le più utilizzate per gli acciai, seguite dalle atmosfere esotermiche utilizzate
i materiali non ferrosi come le leghe base rame, l'azoto ed il vuoto vengono utilizzati per gli acciai
inossidabili, le leghe magnetiche, gli acciai rapidi e per applicazioni speciali.
Le atmosfere esotermiche ed endotermiche sono ottenute facendo reagire un idrocarburo, (solitamente
metano) con aria in difetto.
Sotto è riportato il grafico delle miscele ottenibili (a 1000 °C) per differenti rapporti aria/metano, anche alla
luce delle reazioni di equilibrio che si instaurano.
Sia l’ossigeno che l’anidride carbonica hanno un’azione ossidante e decarburante; il monossido di carbonio
ed il metano hanno un’azione carburante; l’umidità atmosferica ha un’azione ossidante; l’idrogeno ha
un’azione decarburante e riducente.
Le atmosfere endotermiche sono ottenute facendo reagire (combustione) un idrocarburo in carenza di
ossigeno (aria) secondo la reazione:
H2
40 (metano) con aria in difetto
CO
in rapporto di 1 a 6. Le
H2O atmosfere esotermiche
30 CO2 sono molto decarburanti a
temperature superiori a
700 °C.
20
L’azoto e l’argon sono
normalmente considerati
10 gas inerti rispetto agli
acciai ma bisogna fare
attenzione ad utilizzare
0 l’azoto e l’argon
2 3 4 5 6 7 8 9 10 commerciale poichè
contengono piccole
RAPPORTO ARIA /METANO
percentuali di acqua che
possono essere nocive. Il
costo dell’argon è decisamente superiore a quello dell’azoto, anche se maggiormente inerte rispetto a tutti i
metalli.
Il vuoto, che è essenzialmente una mancanza di atmosfera, è utilizzato principalmente per il trattamento
termico degli acciai inossidabili, acciai per utensili, carburi, leghe magnetiche e metalli come titanio, zirconio,
uranio, tantalio ed altri metalli refrattari che possono reagire con le sostanze gassose sopra menzionate.
Operando in vuoto si utilizzano spesso temperature superiori.
L'ammoniaca dissociata e l'idrogeno sono atmosfere
molto riducenti e sono pertanto utilizzati quando si 2
voglia un’elevata capacità di eliminazione degli ossidi,
Vapor d'acqua [% vol.]
ACCIAI E GHISE
TRASFORMAZIONE EUTETTOIDICA E TRATTAMENTI DI TEMPRA.
A3
DI Elimina gli effetti dell'incrudimento meccanico,
Riscaldo poco sotto A1, permanenza e A1
RICRISTALLIZZAZION ripristina la struttura a grani regolari ed elimina
E raffreddamento lento.
eventuali tensioni interne.
A3
Riscaldo sopra A3, austenitizzazione completa,
Conferire al materiale una buona lavorabilità
raffreddamento rapido sotto A1, pausa isotermica A1
ISOTERMICA conferendo allo stesso una struttura perlitico-
nella quale avviene la trasformazione,
ferritica.
raffreddamento a t.a.
A3
Tipici trattamenti termici effettuabili sulle leghe ferrose e relativi cicli termici.
- mantenimento costante della stessa temperatura per tutto il tempo necessario per la
trasformazione.
Considerando invece un acciaio non eutettoidico (ad esempio ipoeutettoidico), le cose si complicano; si vede
infatti dal diagramma di stato Fe-C che A3 è diverso da A1. Come esempio si consideri un acciaio con lo
0,4% di C. Alla temperatura A3 iniziano a formarsi i primi cristalli di ferrite nelle zone di massima energia
(cioè i bordi di grano). Il processo di nucleazione della ferrite è dovuto a una casuale concentrazione di
carbonio in un campo a temperature in cui l'austenite non è più stabile. Si creano quindi i presupposti per la
formazione di ferrite. L'accrescimento dei cristalli è invece legato alla velocità di diffusione del carbonio verso
l'interno dei cristalli di austenite.
Abbassando ulteriormente la temperatura, (si considerano variazioni lente in ossequio ai diagrammi di stato)
aumenta la percentuale di ferrite, mentre l'austenite si arricchisce di carbonio. Alla temperatura A1 abbiamo
la presenza, (per un acciaio allo 0,4% di C) di una struttura al 50% di ferrite e al 50% di austenite ormai
eutettoidica che si trasformerà in perlite.
Se invece di seguire il diagramma di stato noi imponiamo temperature di trasformazione più basse i tempi di
nucleazione diminuiscono. Diminuisce però anche la velocità di diffusione del carbonio e, se i cristalli di
austenite sono di dimensioni rilevanti, il carbonio non si distribuisce in modo uniforme. In particolare avremo
notevoli concentrazioni di carbonio in adiacenza ai cristalli di ferrite. Succede allora, che il volume di ferrite
presente è minore di quello previsto dal diagramma di stato perché l'accrescimento dei cristalli è limitato
dalla precoce formazione dei primi cristalli di perlite dovuti alla concentrazione del carbonio. Resta quindi il
nucleo del cristallo originario di austenite che però non raggiunge più la composizione eutettoidica. La minor
presenza del previsto di ferrite, non deve far supporre una conseguente maggiore presenza di cementite.
Dal diagramma di stato Fe-C, (o meglio Fe-cementite: 6,67% in peso di carbonio), risulta che comunque
avvenga la trasformazione, una volta terminata le percentuali relative di ferrite e cementite sono
univocamente determinate.
La spiegazione: nel caso visto sopra la minor ferrite di "prima formazione", presente nel sistema e
compensata dal fatto che non si va a formare una perlite eutettoidica ma "ipoeutettoidica". Pertanto la
concentrazione relativa alla perlite della cementite è minore del caso di raffreddamento per stati di equilibrio
(maggiore percentuale di ferrite).
Se si scende sotto i 550 °C la velocità di diffusione del carbonio crolla marcatamente. Si viene a formare un
altro miscuglio meccanico che prende il nome di bainite (aggregato di ferrite e carburi). A differenza della
perlite noi avremo una struttura ancora più fine perché, più aumenta il delta di temperatura tra quella effettiva
e quella di equilibrio della trasformazione, riportata sul diagramma di stato, e quella alla quale facciamo
"forzatamente" avvenire la stessa, più aumentano il numero dei nuclei che si formano per unità di volume.
Inoltre, questa è la particolarità più rilevante della bainite, a causa della bassissima velocità di diffusione del
carbonio ci troviamo in presenza di una ferrite sovrassatura di carbonio e quindi tenderanno a formarsi
cristalli di carburi all'interno della struttura, lamellare, della ferrite.
Si è usato il termine carburi perché non si avrà più solo la formazione di cementite, la quale è comunque
prevalente tra i 550 °C e i 450 °C ma al di sotto di quest'ultima temperatura ai avranno carburi ε ai quali si
attribuisce una formula del tipo Fe(2,2÷2,4)C, come si vede più ricchi in carbonio.
Dal punto di vista della resistenza ricordiamo che nella perlite il rafforzamento è dovuto all'aumento dei bordi
di grano sui quali si accumulano le dislocazioni. In questo caso si cerca di aumentare durezza aumentando il
numero dei cristalli e quindi dei bordi di grano. Ricordiamo che la fase primaria nel caso di aggregati Fe-C è
sempre la ferrite ed è in essa che avvengono le deformazioni.
Nel caso della bainite, oltre al rafforzamento dovuto ai bordi di grano abbiamo il contributo dovuto alla
presenza dei cristalli di carburi nella ferrite che impediscono in maniera sensibile il movimento delle
dislocazioni senza dover attendere il contributo dei bordi di grano.
Resistenza meccanica:
perlite max 800 MPa (perlite di equilibrio max 550 MPa)
bainite max 1300 ÷1600 MPa.
Per quanto concerne l’energia necessaria alla rottura (resilienza) le due strutture non sono molto differenti.
Con un acciaio eutettoidico (0,79% di C), c'è un vantaggio ad avere la bainite. Occorre tenere presente che
per un acciaio eutettoidico i tempi di nucleazioni sono intorno al secondo. Quindi se si parte da una
temperatura di 50°C maggiore di A3 (770 °C) ed si ha il naso della trasformazione perlitica a circa 500 °C, si
deve garantire a tutto il pezzo una velocità di raffreddamento di almeno 220 °C/s. Questo è
tecnologicamente possibile solo per pezzi di dimensioni ridotte, (tipo aghi), che non sono certo i comuni
pezzi industriali con i quali si lavora generalmente.
Per un acciaio eutettoidico (al solo carbonio) si vede che la trasformazione bainitica si sovrappone in parte a
quella perlitica e sui diagrammi T.T.T. le curve di inizio e di fine trasformazione sono la prosecuzione di
quelle relative alla perlite.
Si possono fare due importanti osservazioni:
1) a causa delle basse velocità di diffusione del carbonio aumentano i tempi di nucleazione e infatti le
curve decrescono verso sinistra
2) esistono due temperature particolari:
Prof. G. Ubertalli
- temperatura Bs di inizio trasformazione bainitica al di sopra della quale siamo sicuri che non si
formerà bainite.
- temperatura Bf di fine trasformazione bainitica al di sotto della quale siamo sicuri che si forma solo
bainite, salvo lo sfondamento nel campo martensitico.
Tutto il discorso fatto in precedenza per un acciaio ipoeutettoidico si può estendere analogamente ad un
acciaio ipereutettoidico osservando che in questo caso si separerà per prima la cementite (ovviamente
sempre su bordi di grano dell'austenite).
Le curve T.T.T. con le quali abbiamo lavorato sinora sono uno strumento molto utile perché, ad esempio,
indicando il tempo minimo di formazione della perlite ci dicono quale deve essere la velocità minima (velocità
critica) per ottenere una tempra martensitica. A tale proposito basta leggere sul diagramma il tempo relativo
al naso della curva di inizio trasformazione perlitica e fare in modo che la curva di raffreddamento (di cui
parleremo più avanti), sia al limite tangente al naso.
In realtà i pezzi non si raffreddano istantaneamente. Spesso capita di avere velocità di raffreddamento
diverse per la superficie e per l'interno del pezzo. Occorre quindi tenere conto dei due aspetti che
influenzano il raffreddamento di strutture metalliche: le caratteristiche fisiche del fluido e l'impossibilità di
avere raffreddamenti industriali istantanei. Dobbiamo quindi introdurci nel campo dei raffreddamenti
istantanei. Se considero un pezzo metallico e riporto su un grafico l'andamento rispetto al tempo del
raffreddamento a partire da una temperatura T1 per mezzo di un fluido considerato a temperatura costante
T2 (grande inerzia termica) si vedranno delle curve decrescenti continuamente verso T2. Ovviamente la
superficie S del pezzo si raffredderà più rapidamente dell'interno a causa della catena di resistenze termiche
esistente.
Se riportiamo le stesse curve su una scala
logaritmica dei tempi avremo gli andamenti in 1100
figura. Queste curve non sono le stesse dal
punto di vista fisico di quelle del diagramma
T.T.T. Quest'ultime, chiamate anche curve di 900 A3
Temperatura [°C]
130
Influenza elementi leganti negli acciai
questo corrisponde ad uno spostamento verso destra delle curve di Bain. In particolare si verifica che le
curve di inizio e di fine della trasformazione perlitica si spostano verso destra molto più di quelle relative alla
trasformazione bainitica. Le curve dalla tipoca forma ad S si trasformano in curve con forma a Σ. Inoltre è
molto meno critico avere bainite che perlite perché la prima evolve in caso di rinvenimento verso strutture più
fini (di rinvenimento). Se invece ho ferrite e perlite ho le caratteristiche meccaniche peggiori (resistenza,
resilienza, fatica) con una struttura a maglie di ferrite con isole di perlite.
Sotto un diagramma C.C.T. per un acciaio ipoeutettoidico legato.
Come prima osservazione per il diagramma T.T.T si vede come l'ordine di grandezza dei tempi è due volte
superiore. Il naso della trasformazione perlitica si trova per una temperatura di 650 °C circa e, soprattutto,
per tempi superiori ai 10 sec. (si ricordi il caso di un acciaio al solo carbonio in cui i tempi erano all'ordine del
secondo). In questo caso si trovano velocità di raffreddamento compatibili con le tecnologie industriali.
Anche per il naso della trasformazione bainitica, seppure in maniera meno evidente ho in ogni caso, tempi
molto ragionevoli. Se, poi, dalle curve T.T.T., che come sappiamo sono le più "pessimistiche" passiamo alle
curve C.C.T. verifichiamo riscontri ancora più favorevoli (si leggano le velocità di raffreddamento sul grafico).
Si capisce ora che è possibile temprare un pezzo industriale sino al cuore.
Nella realtà ho quindi diversi parametri da considerare nella tempra:
1) velocità massima di raffreddamento che il pezzo può sopportare senza rompersi
2) le dimensioni del pezzo che mi dicono sino a che profondità posso ottenere le condizioni di tempra
desiderate
3) le condizioni di utilizzo del manufatto. Questo è un aspetto importantissimo. Se infatti il pezzo è sottoposto
ad una tensione unidirezionale costante(es. trazione o compressione), allora ho bisogno effettivamente di
caratteristiche meccaniche costanti su tutta la sezione e quindi anche nel cuore. Se però il pezzo è sottoposto
a flessione o tensione è facile constatare dai diagrammi degli sforzi che il massimo delle tensioni si ottengono
nelle fibre più esterne. In questi casi non importa se il cuore del pezzo non raggiunge le caratteristiche ottimali.
Alcune volte quindi io posso risolvere il problema con un acciaio non legato o poco legato risparmiando
notevolmente sul materiale.
Si è detto che le condizioni peggiori dal punto di vista della resistenza meccanica si hanno quando è
presente perlite e/o ferrite. A volte questo però è indispensabile perché solo in questo modo si può
immaginare di poter effettuare industrialmente le lavorazioni meccaniche per asportazione del truciolo. Se,
Prof. G. Ubertalli
infatti, si hanno caratteristiche di resistenza meccanica troppo elevata si ottengono eccessive usure sugli
utensili (taglienti). Tutte le lavorazioni per asportazioni di truciolo devono essere effettuate con microstrutture
il più vicino possibile al diagramma di stato. Solo successivamente si effettuerà la tempra e il rinvenimento
(bonifica) e poi si recuperano le deformazioni con operazioni di tornitura-fresatura e rettifica.
Per ottenere le condizioni del diagramma di stato si deve effettuare un raffreddamento molto lento. In pratica
si scende a circa 700 °C in circa 1000 secondi. In altre parole, si deve ottenere una velocità di
raffreddamento di circa 0,2 °C/s. Su pezzi molto grandi non è un problema perché la capacità termica è
notevole. Se il pezzo è piccolo esso ha una capacità termica insufficiente e quindi si deve utilizzare un
sistema che aumenti tale capacità. In pratica il raffreddamento più lento che posso immaginare è quello in
forno, nello stesso forno in cui ho effettuato il riscaldamento. Si ha così la ricottura completa nella quale si
porta il pezzo ad una temperatura maggiore di 30÷50 °C rispetto ad A3 e si lascia a quella temperatura per
un tempo sufficiente ad austenitizzare fino a cuore. Indicativamente si considera un tempo di permanenza a
tale temperatura di 20 minuti per ogni pollice di dimensione significativa (diametro). Dopo di che si spegne il
forno e si lascia raffreddare. Ovviamente non si porta il forno a temperatura ambiente ma ad una
temperatura tale da garantire la completa trasformazione austenite → perlite; questo per due ordini di
ragioni.
1) Di tempo, visto che industrialmente non ci si può permettere tempi troppo lunghi tra un ciclo e
l’altro.
2) Economica: otteniamo infatti un notevole risparmio di energia.
Si può utilizzare un processo totalmente equivalente.
Una volta austenitizzato spesso viene direttamente portato ad una temperatura di circa 650 °C in un forno di
ricottura nel quale la temperatura è costante. In questo modo si segue esattamente il diagramma T.T.T. ed si
ottiene ugualmente della perlite grossolana. In questa procedura è dunque previsto l'utilizzo di due forni che
operano a temperatura costante, uno per l'austenitizzazione e l'altro per la ricottura. Si possono così trattare
quantità maggiori di materiale senza avere sensibili discontinuità nel processo industriale.
Come conclusione ricordiamo quindi che l'unico modo per seguire il diagramma di stato è quello di
prevedere una ricottura.
Velocità di raffreddamento.
C'è una notevole differenza fra i casi in cui si raffredda in acqua o olio e i casi in cui si raffredda in aria.
Considerando le curve C.C.T. viste per gli acciai legati ipoeutettoidici ci rendiamo conto che con un
raffreddamento a 500 °C che duri 100 secondi, nel caso di un acciaio legato anche un raffreddamento in aria
di una barra di 10 mm può portare ad una tempra di tipo semi-martensitico. Per ottenere su di un acciaio
fortemente legato una struttura come quella prevista dal diagramma di stato devo arrivare a velocità di
raffreddamento inferiore a 0,0062 °C al secondo. Ciò significa che per un salto fino a 500 °C devo impiegare
alcune ore.
Con l'olio siamo in condizione di tempra per gli acciai legati, con l'aria possiamo essere in condizioni di
semitempra per acciai fortemente legati. Esistono acciai detti autotempranti che prendono tempra per il
semplice raffreddamento in aria. Se vogliamo ottenere quanto previsto dal diagramma di stato qualsiasi sia il
tipo di acciaio, occorre operare dei raffreddamenti in forno, sostituendo alla capacità termica del singolo
pezzo la capacità termica del complesso forno-carica del forno.
I processi di ricottura completa sono effettuati portando il pezzo di solito a 30°C più di A3 e facendolo
raffreddare. Un caso particolare di ricottura completa è quello che si presenta quando bisogna fare la
ricottura di un lingotto. Innanzi tutto vediamo perché il lingotto deve essere ricotto. Durante la solidificazione
di un lingotto (consideriamo un acciaio con 0,4% di C, cioè zona del diagramma prossima alla fine della
trasformazione peritettica). Abbassando la temperatura in prossimità di 1510 °C sappiamo che il primo solido
che si forma ha una percentuale di carbonio prossimo allo 0,08%. Il massimo contenuto di carbonio di δ è
circa 0,10%. Man mano che diminuisce la temperatura il diagramma ci dice che aumenta la percentuale di
solido che si viene a trovare, aumenta il tenore di carbonio nel solido, aumenta il tenore di carbonio nel
liquido fino che alla T = 1492 °C si ha un equilibrio un liquido con 0,51% di carbonio e un solido con 0,10% di
carbonio.
Nel caso di un manufatto di dimensioni considerevoli (un lingotto può avere una base di 1 metro di
dimensione trasversale), i primi cristalli che si formano costituiscono una crosta solida formatasi sulle pareti
della lingottiera e sul fondo del lingotto di dimensione di 10 cm. I cristalli di tale crosta hanno una
composizione tra 0,08% e 0,10% di carbonio. Il liquido al centro, secondo il diagramma di stato, dovrebbe
reagire con il solido. Il liquido, infatti, ha mediamente lo 0,51% di carbonio. In realtà anche il liquido
immediatamente addossato alle pareti non potrà mai reagire con il solido formatosi e quindi non arriverà mai
a ad un sistema in cui sotto a 1492 °C sia presente austenite con 0,18% di carbonio e un liquido residuo di
0,51% di carbonio. La percentuale di carbonio sui primi cristalli formati è intoccabile. L'unica maniera per
riuscire a sollevare la percentuale di carbonio sarebbe quella di attivare dei fenomeni di diffusione allo stato
solido che sono, di natura, lenti. Quindi la trasformazione peritettica viene, di fatto, non effettuata. Questo
132
Influenza elementi leganti negli acciai
conduce a condizioni di fuori-equilibrio, che comporta l'ottenimento di un manufatto in cui la zona centrale
avrà anche lo 0,7-0,8% di carbonio e le zone estreme con C < 0,1%. La colata in lingottiera era diffusa venti
anni fa. Se tale lingotto va avviato alla laminazione si ottengono degli andamenti di composizioni
completamente variabili. Quindi il primo difetto di un lingotto è la non omogeneità della composizione. Un
secondo difetto del lingotto consiste nel fenomeno della cristallizzazione iso-orientata. Nella direzione
perpendicolare alle pareti cioè quella di allungamento dei cristalli si hanno alte resistenze.
Qual'è la prima condizione affinchè un acciaio vada in tempra? E' che si abbia una fase austenitica.
La seconda è che vi sia una velocità di raffreddamento così elevata da poter essere superiore alla velocità
critica del pezzo.
Prof. G. Ubertalli
Trattamenti Di Protezione Galvanica
La Zincatura
Prevede un rivestimento di qualsiasi manufatto con uno spessore di zinco che va dai 2÷3 decimi di
millimetro al millimetro. Si effettua in due modi:
1. Metodo elettrolitico di zincatura.
2. Zincatura a caldo che prevede l'immersione del manufatto in zinco fuso (Tfus Zn = 419°C).
Questo secondo metodo dà una zincatura con un rivestimento nettamente superiore a quello per via
elettrolitica (spessori più elevati, disomogenei e con finitura superficiale più rugosa).
I pericoli connessi con l'operazione elettrolitica consistono nel fatto che durante l'operazione, poiché si
fanno scaricare cationi positivi utilizzando una soluzione di solito acida, si fa scaricare anche una parte di
ioni H+ nascente sotto forma atomica, prima ancora che si combini con un altro atomo di idrogeno per dare
forma ad una molecola. Deve seguire una deidrogenazione, condotta con riscaldamenti sui 200-250 °C,
altrimenti l'idrogeno atomico, sciolto nella matrice, migra verso i difetti ove si forma dell'idrogeno molecolare
sotto forma di gas che può portare a pressioni elevatissime con formazione di bolle all'interno dell'acciaio e
quindi a rotture spesso differite nel tempo (giorni o qualche settimana). La deidrogenazione favorisce la
diffusione e l'espulsione di idrogeno dal pezzo.
134
Influenza elementi leganti negli acciai
E' molto più semplice fare una saldatura con del materiale di apporto. Può essere eseguita con la fiamma
ossidrica o per via elettrica con un elettrodo di materiale fondente. Quest’elettrodo deve essere rivestito in
modo che si creino nell'intorno della saldatura scoria od atmosfere protettive. Gli acciai da saldare devono
contenere una bassa percentuale di carbonio. Nella zona di giunzione il materiale di apporto deve essere
portato a fusione (circa 1537 °C visto che la percentuale di carbonio è bassa). Nelle zone circostanti siamo a
temperature progressivamente inferiori, fino a che una certa distanza la temperatura non è variata.
Nell'intorno alla zona saldata vi sarà una zona in cui si è ottenuta la trasformazione austenitica.
Nel caso della saldatura si hanno velocità di raffreddamento molto elevate, soprattutto con pezzi molto
grandi, perchè abbiamo un indice di Grossman (H = h/2k) molto elevato. Si deve infatti considerare che si
lavora con solidi metallici (conduzione allo stato solido) e tutta la zona fredda attorno alla saldatura funziona
da pozzo di calore, e quindi si hanno velocità di raffreddamento elevatissime. Di conseguenza la zona
prossima alla saldatura diventa martensite che si è formata intorno ad una zona in cui si possono avere dei
difetti, sempre presenti quando si ha una saldatura. La martensite è una struttura a tenacità molto bassa. Per
cui se si ha un acciaio che contiene lo 0.25÷0.30 % di carbonio si ha la possibilità, date le elevate velocità di
raffreddamento, di provocare una trasformazione martensitica. Per ovviare al problema si può aumentare la
velocità critica di tempra spostando più a sinistra le curve CCT dell'acciaio, riducendo la percentuale di
carbonio. Quindi un acciaio per carpenteria deve avere una bassa percentuale di carbonio ma anche di
elementi leganti per poter essere saldato.
Vi è una formula che consente di integrare le variabili composizionali, mediante un titolo fittizio di carbonio,
che sarà C equivalente per la saldatura.
Prof. G. Ubertalli
Questo significa che posso saldare facilmente solo acciai a basso tenore di carbonio, inoltre si deve cercare
di eliminare la presenza di cromo. Infatti, gli acciai strutturali hanno una microstruttura prevalentemente
ferritica e tutto
1000 quanto lo sforzo
Incremento di resistenza rispetto al ferro puro viene a concentrarsi
su questa parte della
struttura. Si deve
quindi cercare di
rafforzare questa
fase. Il rafforzamento
100 ottenibile dalla ferrite
in funzione dei vari
elementi leganti
[MPa]
utilizzati è
rappresentato dal
grafico sottostante.
Il cromo non può
10 quindi essere
considerato un
rafforzante della
ferrite, nelle
percentuali usuali
Cr Mn Co Al, V Ni utilizzate, (è, infatti,
principalmente
Mo Si, W Ti Be utilizzato per la
1
tempra-bilità),
0,1 1 10
alluminio e vanadio
Percentuale di soluto in volume sono costosi e
rafforzano meno del
Figura: Incrementi di resistenza apportati da differenti elementi in soluzione solida manganese che è
nel ferro puro. già intrinseco nel
minerale di ferro
quando questo viene
estratto. Il nichel andrebbe bene come rafforzante della ferrite ma è un elemento molto costoso perché viene
ottenuto per via elettrolitica.
Attualmente gli acciai per saldatura hanno lo 0.15 % di C in modo di poter aumentare il contenuto di manga-
nese fino al 1.3÷1.4% mantenendo ancora bassa la percentuale di Ceq (≤0.41) e assicurando una resi-
stenza allo snerva-mento tutto sommato elevata.
Nel caso di acciai a basso tenore di carbonio le variabili composizionali e microstrutturali che hanno
influenza sulla resistenza allo snervamento si possono vedere nelle relazioni che seguono:
136
Influenza elementi leganti negli acciai
Acciai Corten
Sono acciai per i quali è prevista l'aggiunta di circa lo 0.2% di rame per avere una migliore resistenza alla
corrosione (infatti, il rame segue l'idrogeno nella serie elettrochimica)
Nel caso di costruzioni particolarmente sollecitate si può ricorrere ad acciai temprati con bassa percentuale
di carbonio prodotti sotto la sigla T1. Essi contengono bassi tenori di nichel e cromo perché non necessitano
di elevata temprabilità perché gli spessori sono bassi. Questi acciai consentono di ottenere resistenze a
trazione di 700 MPa ma, dal momento che sono temprati, non sono saldabili.
Prof. G. Ubertalli
EFFETTO DEGLI ELEMENTI LEGANTI.
Tutti gli elementi leganti tendono a spostare a destra le curve CCT. Gli elementi leganti possono essere
classificati in stabilizzanti dell'austenite (austenitizzanti) e della ferrite (alfogeni) oltre a essere considerati
stabilizzanti dei carburi o del carbonio grafitico (grafitizzanti). Inoltre gli elementi leganti influiscono sul punto
eutettoidico (con 1% di Ti l'eutettoide diventa 0.2%);
inoltre il Ni ed il Mn lo abbassano mentre il Cr, W, Mo, Si e
Ti lo innalzano.
Vi sono dei diagrammi strutturali ottenuti in seguito ad un
trattamento di normalizzazione, che permettono di
valutare il tipo di microstruttura ottenibile per varie
composizioni chimiche.
Questo elemento ha una notevole affinità per il carbonio con cui può formare una serie di carburi (Cr3C2,
Cr7C3, Cr23C7). Fino al 2% di cromo si hanno acciai che possono avere strutture perlitiche. Per percentuali
più elevate si ottiene martensite, quindi nuovamente acciai auto tempranti (C=0.3%, Cr=5%); questi acciai
hanno applicazioni come stampi che lavorano a caldo. Per percentuali di cromo superiori al 13% si
ottengono degli acciai inossidabili che possono avere struttura ferritica se hanno bassa percentuale di
carbonio (X6Cr13) oppure martensitica per percentuali di carbonio più elevate (X32Cr13) e che combinano
buone caratteristiche meccaniche a buona resistenza alla corrosione. Se aumenta troppo la percentuale di
carbonio tendono a formarsi dei carburi oltre che martensite che innalzano la resistenza ad usura. Per
contenuti di carbonio elevati (1%) e percentuali di cromo di 1÷2% si può ottenere per tempra una struttura
martensitica con presenza di carburi e ottenere acciai utili per fabbricare cuscinetti che necessitano di una
grossa resistenza ad usura (100Cr6). L'estensione del campo austenitico in acciai che contengano cromo è
notevolmente influenzata dalla percentuale di carbonio considerata. (Vedi figure).
138
Influenza elementi leganti negli acciai
Prof. G. Ubertalli
Nomenclatura degli acciai
140
Nomenclatura degli acciai
Gli acciai del gruppo 1 sono generalmente impiegati allo stato grezzo di laminazione e solamente in casi
eccezionali allo stato normalizzato. Si hanno 8 sottogruppi:
S = acciai per impieghi strutturali
P = acciai per impieghi sotto pressione
L = acciai per tubi di conduzione
E = acciai per costruzioni meccaniche
B = acciai per cemento armato
H = prodotti piani laminati a freddo di acciaio ad alta resistenza per imbutitura a freddo
Tutti questi sottogruppi dopo la lettera di identificazione sono seguiti da un numero pari al carico unitario di
snervamento minimo prescritto in MPa.
Questi due sottogruppi dopo la lettera di identificazione sono seguiti da un numero pari al carico unitario di rottura
minimo prescritto in MPa.
D = prodotti piani per formatura a freddo seguita da una C per i prodotti laminati a freddo, da una D per i prodotti
laminati a caldo, da una X per i prodotti in cui lo stato di laminazione non e' specificato
T = prodotti di acciaio per imballaggio
M = acciai magnetici
Esempio:
Tranne che per un caso, tutti questi acciai sono destinati a trattamento termico.
Si hanno 4 sottogruppi:
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• Acciai non legati con tenore medio di manganese < 1%. La designazione comprende nel seguente
ordine: la lettera C e un numero pari a 100 volte il tenore % di carbonio prescritto (es: C40 indica un
acciaio non legato da trattamento termico con tenore medio di carbonio dello 0,4%).
• Acciai non legati con tenore medio di manganese > 1% e acciai legati con tenore in massa di
ciascun elemento inferiore al 5%. La designazione comprende nel seguente ordine: un numero pari
a 100 volte il tenore % di carbonio prescritto; i simboli chimici degli elementi presenti in lega in ordine
decrescente rispetto al tenore; il numero indicante il valore del tenore del primo elemento in lega
moltiplicato per un opportuno fattore relativo a quell'elemento (es: 36CrNiMo4 indica un acciaio
debolmente legato con tenore di C = 0,36%; Cr = 1%; Ni e Mo non precisati).
• Acciai legati il cui tenore in massa di almeno un elemento di lega sia > del 5%. La designazione
comprende nel seguente ordine: la lettera X; un numero pari a 100 volte il tenore % di carbonio
prescritto; i simboli chimici degli elementi presenti in lega in ordine decrescente con il relativo valore
numerico del tenore (es: X10Cr13 indica un acciaio inossidabile al Cr con tenori medi di C = 0,10% e
Cr = 13%).
• Acciai rapidi.La designazione comprende nel seguente ordine: le lettere HS; i numeri indicanti i valori
dei tenori percentuali degli elementi in lega riportati nel seguente ordine: W, Mo, V, Co.
(es: HS 18-0-1 indica un acciaio rapido per utensili con tenori medi di W = 18% e V = 1%).
142
Nomenclatura degli acciai
Stainless Steels
302XX Chromium-Manganese-Nickel Cr 17.00 or 18.00, Mn 6.50or 8.75,
Ni 4.50 or 5.00
303XX Chromium-Nickel Cr 8.50 - 25.00, Ni 7.00 - 35.00
514XX Chromium Cr 11.12 - 25.00
515XX Chromium Cr 5.00
Boron Intensified Steels
XXBXX B denotes Boron Steels
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Nomenclatura delle ghise
Dal punto di vista pratico e' universalmente adottata la seguente suddivisione in cinque gruppi:
• ghise grigie (norma UNI EN 1561), dal caratteristico aspetto delle fratture dovuto alla presenza delle lamelle di
grafite; sono dette anche ghise meccaniche.
• ghise bianche, con aspetto della frattura che si differenzia nettamente dal tipo precedente perche' il carbonio e'
combinato.
• ghise malleabili (norma UNI EN 1562), nome dovuto alla particolare proprieta' di potersi deformare
permanentemente .
• ghise sferoidali (norma UNI EN1563), nelle quali la grafite , grazie ad un appropriato processo di produzione ,
appare sotto forma di noduli.
• ghise legate, le quali soddisfano particolari esigenze quali la resistenza alla corrosione o al calore.
Esempio:
144
Acciai da profondo stampaggio
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ACCIAI DA PROFONDO STAMPAGGIO
Gli sviluppi nel campo della siderurgia, della scienza delle costruzioni e delle tecnologie di montaggio hanno
portato negli anni alla realizzazione di infrastrutture sempre più imponenti. Le opere di attraversamento, ponti
e viadotti, rappresentano forse i risultati più significativi e visibili di un progresso in cui l'acciaio riveste un
ruolo sempre più importante. I nuovi prodotti che escono dalle acciaierie europee cercano di soddisfare le
esigenze degli utilizzatori offrendo non solo materiali con un buon compromesso tra resistenza e tenacità,
ma anche in grado di garantire un processo di fabbricazione semplice e economico. L'impiego di acciai di
nuova generazione nella realizzazione delle opere pubbliche era stato affrontato nella tavola rotonda 'Le
opportunità nelle costruzioni in acciaio' riportata sul numero 76 di Rivista di Meccanica Oggi. Relativamente
al processo di saldatura era emerso che i costi complessivi di realizzazione fossero da imputare solo in
minima parte al materiale, poiché risultano rilevanti i costi di lavorazione. Il convegno 'L'acciaio nella
realizzazione dei grandi ponti' organizzato da Associazione tra i Costruttori Acciaio Italiani (ACAI), Collegio
dei Tecnici dell'Acciaio, Istituto Italiano della Saldatura e Promozione Acciaio, tenutosi a Milano lo scorso
maggio, riprende questo punto, tra i vari argomenti trattati, nell'ambito di una disanima dei pregi e dei difetti
dell'impiego degli acciai austeno-ferritici e degli acciai laminati termomeccanici.
A questo proposito va rilevato che la curva tensione-deformazione (s-e) di un acciaio Duplex differisce
considerevolmente da quella di un acciaio al carbonio: come si può vedere in figura 1 il punto di
snervamento non è nettamente identificabile. Per convenzione si assume come tensione di snervamento il
valore corrispondente alla deformazione dello 0,2% (che è quella riportata in tabella 1). È stato tuttavia
proposto di adottare un valore convenzionale più basso, corrispondente a una deformazione dello 0,1%, in
quanto la non linearità della curva può portare a un accumulo eccessivo dello sforzo plastico per i cicli di
fatica. Tra i Duplex riportati in tabella, quello più conosciuto e diffuso è quello di tipo EN 1.4482
(22Cr5Ni3MoN); il tipo EN 1.4362 (23Cr4NiN) si colloca come prestazioni tra gli austenitici AISI 304
146
Acciai da profondo stampaggio
(18Cr10Ni) e AISI 318 (17Cr10Ni2Mo); il tipo EN 1.4410 è noto come superDuplex e trova applicazione in
ambito chimico e petrolchimico, ma ha costi eccessivi per un impiego in ambito strutturale. Il tipo EN 1.4162
prevede una sostituzione di una parte del nichel con manganese e azoto al fine di ridurre i costi di carica e si
propone come una alternativa all'acciaio 'commodity' AISI 304. Le proprietà meccaniche e il comportamento
a fatica e a saldatura sono essenzialmente gli stessi offerti dal tipo EN 1.4462, ma il basso tenore di nichel
riduce la sensibilità alle fluttuazioni di prezzo del mercato. Resistenza alla corrosione La resistenza alla
corrosione influenza la durabilità dell'opera, una caratteristica molto importante nelle opere di
attraversamento e che per i ponti a luci molto estese può arrivare a superare i duecento anni. È proprio il
comportamento alla corrosione che rende gli acciai inossidabili una scelta competitiva nei confronti del
calcestruzzo ad alte prestazioni o delle fibre polimeriche di rinforzo in quelle strutture che, come gli impalcati
da ponte, devono sopportare l'esposizione in un ambiente aggressivo.
La norma EN ISO 12500 prevede una classificazione degli ambienti in cinque diversi livelli per grado di
corrosione crescente, ed è schematizzata nella tabella 2. Il livello massimo, C5, è tipico dei siti marini ad alta
temperatura con presenza di spray salino e di sostanze inquinanti aggressive. In queste condizioni la
velocità di corrosione dell'acciaio al carbonio è significativa e stimabile in circa 50 micron all'anno. La
preservazione della struttura richiede accorgimenti
costosi come la deumidificazione continua dei volumi
chiusi e il rivestimento delle superfici esposte con cicli
multistrato di vernice durevole.
Anche se gli acciai inossidabili con grado austenitico
classificato 18Cr10Ni / EN 1.4301 / AISI 304 e grado
17Cr10Ni2Mo / EN 1.4404 / AISI 316L hanno mostrato
una velocità di corrosione generalizzata estremamente
bassa, in presenza di cloruri e quindi, in ambiente
marino, possono risultare suscettibili alla corrosione
localizzata (pitting). Questo fenomeno è legato alla
composizione chimica dell'acciaio attraverso il numero
empirico di resistenza al pitting (PREN), espresso da:
PREN = %Cr + 3,3%Mo + 16%N
Gli acciai Duplex presentano un valore di PREN
compreso tra 30 e 35, contro quelli di circa 18 e 24
Figura 2 Diagramma di costituzione degli acciai Duplex
associati agli acciai EN 1.4301 ed EN 1.4404.
Comportamento in saldatura
Le trasformazioni subite dal materiale per effetto delle sollecitazioni termiche e chimico-fisiche causate dal
processo di saldatura possono alterare tanto il comportamento dal punto di vista strutturale quanto i costi
complessivi di lavorazione, per via degli accorgimenti necessari a evitare la degradazione. Le prime
produzioni degli acciai Duplex erano caratterizzate da scarse proprietà di saldabilità. L'evoluzione della
tecnologia produttiva, ma soprattutto l'esperienza accumulata nel corso degli anni, ha permesso di
selezionare i materiali di apporto e i processi di saldatura fino a raggiungere livelli di affidabilità elevati anche
a livello industriale. Con la giusta tecnica si possono ottenere nel giunto saldato caratteristiche tensili
congruenti con quelle del materiale base. La figura 2 riporta il diagramma di costituzione degli acciai Duplex
e può essere utilizzata per prevedere il tipo di struttura austeno-ferritica risultante dal processo di saldatura.
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Durante la solidificazione della zona fusa degli acciai Duplex, si forma dapprima una struttura quasi
completamente ferritica; la fase austenitica fa la sua comparsa con il raffreddamento, nucleandosi ai bordi
dei grani ferritici; a temperatura ambiente si ottiene una struttura mista ferrite-austenite in un rapporto
dipendente dalla composizione chimica della zona fusa e delle velocità di raffreddamento. La distribuzione
degli elementi di lega (Cr, Ni, Mo, N) nelle fasi ferritica e austenitica cambia con la temperatura per effetto
delle trasformazioni, delle precipitazioni e della diffusione in fase solida che hanno luogo passando da 1300
a 300 °C. Nella maggior parte delle applicazioni la percentuale di ferrite in zona fusa e zona alterata ritenuta
corretta è compresa tra il 30 e il 70%.
Per ottenere la giusta ripartizione tra austenite e ferrite in
zona fusa, quando il processo di saldatura comporta una
diluizione elevata, si ricorre a materiali d'apporto con
elevato contenuto di elementi di lega di tipo austenizzante.
I materiali d'apporto attualmente utilizzati sono arricchiti,
rispetto al materiale base, in nichel e azoto con
percentuali che possono arrivare, rispettivamente al 10%
e allo 0,30%. Questo permette di abbassare il contenuto
di ferrite e evitare i problemi di rottura in zona fusa e in
zona termicamente alterata che una saldatura con lo
stesso materiale base comporterebbe.
Con gli opportuni accorgimenti gli acciai Duplex possono
essere saldati con processo al plasma (PAW), processo
ad arco sotto protezione gassosa con elettrodo fusibile Figura 3 Temperature di preriscaldamento per acciaio
pieno o animato (GMAW/FCAW) o infusibile (GTAW), termomeccanico S355ML per due input termici diversi in funzione
processo ad arco manuale con elettrodi rivestiti (SMAW) del contenuto di idrogeno del materiale di consumo
e processo ad arco sommerso (SAW).
Tabella 3 Confronto dei tenori di lega degli acciai termomeccanici e di acciai convenzionali con angolo carico di
snervamento
148
Acciai da profondo stampaggio
Esistono due varianti per ciascun grado: il tipo M, la cui energia di impatto viene verificata a -20 °C e il tipo
ML, nel quale la verifica è effettuata a -50 °C. Attualmente la normativa EN 10 113-3 sancisce uno spessore
massimo per questi prodotti di soli 63 mm; è tuttavia probabile che questo limite verrà innalzato a 120 mm
quando entrerà in vigore tra due anni la nuova norma EN 10 025-4. La composizione di questo tipo di
acciaio mostra un tenore di lega particolarmente basso che, riducendo la produzione di equivalenti del
carbonio, contribuisce alle caratteristiche di elevato snervamento del materiale. In tabella 3 vengono
mostrate le composizioni chimiche e le analisi termiche tipiche normalmente eseguite dalle acciaierie
europee per due varietà di acciaio termomeccanico (una normale, S355M, e una a elevata resistenza,
S460M) con due varietà corrispondenti di acciaio convenzionale (S355 J2G3 e l'acciaio normalizzato a grano
fine S460N).
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ACCIAI DA STAMPAGGIO ED ALTORESISTENZIALI
Un acciaio da stampaggio deve possedere elevate caratteristiche di tenacità e duttilità (per garantire la
deformabilità nello stampo) e nel contempo buone qualità resistenziali (per assicurare elevata affidabilità in
esercizio). Normalmente ad un aumento delle caratteristiche resistenziali corrisponde una diminuzione della
deformabilità; in questo caso invece, l’incremento di resistenza è diretta conseguenza del processo di
stampaggio. Questi materiali offrono quindi il doppio vantaggio d’essere particolarmente deformabili durante
lo stampaggio e di incrementare la propria resistenza meccanica quando vengono messi in esercizio.
Tradizionalmente e per lungo tempo a questo scopo sono stati usati (e tuttora si usano) acciai a basso
contenuto di carbonio o acciai al titanio: la matrice completamente ferritica di questi materiali è infatti in
grado di garantire una buona deformabilità, mentre per incrementare le caratteristiche meccaniche ci si
affida all’incrudimento dell’acciaio indotto dallo stampaggio.
Per quanto riguarda l’industria automobilistica, l’obbiettivo di ridurre i pesi per ridurre i consumi ha imposto
sul mercato in un passato recente materiali alternativi
che, sfruttando diversi meccanismi strutturali,
garantiscono elevate caratteristiche meccaniche e nel
contempo ottima stampabilità. Ciò ha consentito di
ridurre gli spessori delle lamiere senza penalizzarne
l’affidabilità in esercizio.Mild Steel
Si tratta di lamiere di tradizionale acciaio non legato e
a basso contenuto di carbonio (C<0,10%) idonee per
operazioni di piegamento ed imbutitura a freddo.
L’incremento delle caratteristiche meccaniche
avviene unicamente per incrudimento del materiale in
fase di stampaggio.
Esempio: FEP06
Acciaio FEP06 dopo ricottura: si nota un grande numero di carbonitruri di Ti di diverse dimensioni.
Bake Hardening
Lamiere di acciaio non legato a basso contenuto di carbonio, fabbricato con parametri (composizione
chimica, temperatura di fine laminazione, ciclo di ricottura) tali da rendere la velocità di precipitazione del
Carbonio minima a temperatura ambiente e massima alla temperatura di cataforesi. In tal modo si ha elevata
150
Acciai da profondo stampaggio
deformabilità durante stampaggio (matrice esente da precipitati) ed aumento consistente delle caratteristiche
meccaniche del particolare durante la verniciatura per precipitazione fine dei carburi.
Microlegati O HSLA
Lamiere di acciaio con bassi tenori di carbonio e leganti dei quali i principali sono vanadio o niobio (min.
0,015%). Questi elementi formano microprecipitati molto fini a bordo grano (carburi e nitruri) rafforzando la
matrice, affinando il grano e conferendo in tal modo al materiale elevata resistenza.
Esempio: FeE355
Acciaio FEE355: si noti la elevata presenza di carburi (Nb) ed il grano fortemente affinato.
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Dual Phase
Acciaio a matrice ferritica (buona stampabilità) e contenente almeno il 15% di fase martensitica finemente
dispersa (al fine di aumentare la resistenza meccanica).
Esempio: FE600DP
Trip
Lamiere di acciaio aventi struttura ferritica / bainitica / austenitica (tipologia di struttura che garantisce una
buona stampabilità). Durante stampaggio parte dell’energia spesa converte una buona frazione di austenite
metastabile in martensite; quest’ultima conferisce maggiore resistenza al materiale, mentre l’austenite
residua funge da “assorbitore” di energia nel caso di deformazione violenta (impatto).
Struttura del materiale: con i metodi usuali la fase austenitica è difficilmente distinguibile da quella ferritica.
Multiphase
Acciai altoresistenziali a matrice ferritico / bainitica / martensitica con elevato contenuto di martensite.
Esempio: FE800MP
Martensitici
Acciai caratterizzati dalla quasi totale presenza di martensite. Presentano ovviamente bassa deformabilità
(profilati ed elementi piegati) ed altissimi valori di resistenza meccanica.
Esempio: FE1300MS
152
Le ghise
LE GHISE
Le ghise sono leghe ferro-carbonio con una percentuale di carbonio compresa tra il limite inferiore del 2% e il
limite superiore del 4,5%. Tali leghe hanno notevoli applicazioni in campo tecnologico per le loro
caratteristiche vantaggiose intrinseche come leghe da getto, in particolare elevata fluidità nel liquido e quindi
una buona capacità di riempimento degli stampi, una bassa temperatura di fusione, un ritiro, durante la
solidificazione, relativamente contenuto.
Una lega da getto ottimale ha una composizione che è prossima alla composizione eutettica poiché in
prossimità dell'eutettico gli intervalli di temperatura tra l'inizio della solidificazione del liquido e la fine di
esistenza del liquido stesso, sono molto ridotti. Questo fatto è estremamente importante nel favorire il
riempimento di getti complessi in cui ci sono contemporaneamente presenti sezioni estese e sezioni sottili.
Molto importante risulta anche la considerazione del diagramma di stato stabile Fe-C.
In tale diagramma è possibile analizzare le trasformazioni che avvengono durante il raffreddamento di una
ghisa da getto.
Un’ottima lega da getto ha una composizione eutettica o lievemente ipoeutettica; in una ghisa da getto tale
composizione porterebbe ad avere un tenore di carbonio troppo elevato, con conseguente decadimento
delle caratteristiche meccaniche di resistenza e resilienza del materiale. Pertanto si utilizza un tenore di
carbonio lievemente inferiore a quello corrispondente alla composizione eutettica sfruttando in modo
sinergico l’effetto del Si che, comportandosi da elemento grafitizzante implementa il comportamento del
carbonio e la lega durante la solidificazione si comporta come se di carbonio ve ne fosse un tenore più
elevato.
Tale comportamento può essere esplicato matematicamente ricorrendo alla formula del carbonio
equivalente:
%C eq = %C + % Si 3 + % P 3
In tale formula si osserva che sia il Si sia il P contribuiscono ad incrementare il valore del Ceq ma, mentre il Si
a temperatura ambiente entra in soluzione solida con la ferrite, rafforzandola, il P dà origine ad un eutettico
fosforico infragilente, non voluto. Pertanto, ai fini della corretta composizione del liquido per la solidificazione,
viene sfruttato il Si con un tenore tale da garantire per il Ceq una composizione lievemente ipoeutettica.
E’ ovviamente importantissimo e prioritario considerare l’effetto dell’inoculazione nel corretto processo di
solidificazione di una ghisa grigia per ottenere la corretta microstruttura, la quale consiste in una matrice di
perlite con l’eccesso di carbonio sotto forma di lamelle di carbonio grafitico inserite nella matrice metallica e
distribuite in modo omogeneo in essa. Per ottenere questa corretta microstruttura è necessario che, durante
la colata, sia introdotto dell’inoculante sotto forma di lega Fe-Si (50-50) che crea localmente delle condizioni
di equilibrio “alterato” sì che la prima fase che tende a solidificare sia il carbonio grafitico.
La ghisa è un materiale intrinsecamente fragile a causa prioritariamente della presenza di lamelle di carbonio
grafitico che agiscono come un insieme di intagli presenti nel materiale e a causa della matrice metallica che
in genere, nelle ghise grige risulta sostanzialmente perlitica Per tale motivo le prove di resilienza sono
effettuate su dei provini Charpy che non contengono intagli.
Molto importanti e notevolmente utilizzate sono le ghise grigie sferoidali ottenute utilizzando, in fase di colata
del granulato di Ni-Mg (70-30) che, grazie alle proprietà del magnesio di avvelenare alcuni piani di crescita
della grafite, permette una crescita isotropa dei nuclei di carbonio grafitico, i quali risultano dopo
solidificazione di forma sferoidale.
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GHISA Rs (0,2) R A JIC KIC E
[MPa] [MPa] [%] MJ/m^2 MPa/√m [GPa]
Grigia non legata; dopo colata 361 602 9,5 0,0477 2,39 109
Grigia " + normalizzazione 385 630 6,5 0,0344 2,03 109
Sferoidale legata con Sn; dopo colata 458 806 6,7 0,017 1,51 122
Sferoidale " + normalizzazione 569 986 6,3 0,0356 2,18 122
Sferoidale legata con Cu; dopo colata 468 792 7,5 0,0166 1,49 122
Sferoidale " + normaliz. (Cu=0,65) 500 904 7,1 0,0366 2,22 122
Sferoidale " + normaliz. (Cu=0,79) 603 1000 5,5 0,0305 2,02 122
Grigia 5% ferrite, 15% grafite - 285 - 0,0067 0,90 109
Malleab. 25% ferrite, 10% grafite 266 424 12,5 0,0194 1,70 135
Sferoidale 12% ferrite, 13% grafite (Sn) 436 543 10,5 0,0126 1,30 122
154
Trattamenti superficiali
TRATTAMENTI SUPERFICIALI
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TRATTAMENTI DI INDURIMENTO SUPERFICIALE
Tempra Superficiale
L'ottenimento di elevate caratteristiche di durezza, resistenza ad usura e fatica su dei pezzi meccanici, che
tuttavia mantengano un cuore tenace, senza l'utilizzo di acciai o leghe metalliche particolari e costose, è
permesso da dei trattamenti termici o temochimici che modifichino la natura delle fasi in superficie, sì da
ottenere le specifiche caratteristiche volute.
In tabella 1 sono riportate alcune applicazioni e prodotti tipici della tempra superficiale.
Un primo metodo è quello che consiste nell'effettuare una tempra
superficiale, partendo da acciai non legati o parzialmente legati, che
contengano una percentuale di carbonio relativamente elevata, 0.3÷0.6%
in peso, dopo preventiva bonifica per evitare successive durezze "a
macchia di leopardo". Il riscaldamento deve essere veloce, perché non si
deve dare la possibilità al calore della superficie di diffondere ad una
elevata profondità, e può essere effettuato o utilizzando un cannello
ossiacetilenico oppure un induttore percorso da corrente alternata
(500÷500.000 Hz) Figura 1. La velocità di riscaldamento del pezzo è
funzione sia della potenza del mezzo riscaldante sia della velocità relativa
di spostamento tra pezzo e sistema di riscaldamento. Il pezzo, portato in
superficie a completa austenitizzazione, viene immediatamente temprato in
acqua od olio, per ottenere le caratteristiche superficiali di durezza volute.
In questo tipo di trattamenti la profondità efficace dello strato indurito è
Figura 1: Schema di un funzione sia della temprabilità dell'acciaio che della velocità relativa tra
mezzo riscaldante (spira) e pezzo; se la temprabilità e bassa (acciai non
sistema ad induzione. legati al carbonio) si potranno al massimo ottenere degli spessori efficaci
pari a metà diametro critico dell'acciaio mentre la velocità relativa influenzerà lo spessore efficace come
illustrato in figura 3 (D, profondità efficace valutata come distanza dalla superficie dove viene riscontrato una
durezza HRc = 53, e sulle ascisse velocità relativa tra mezzo riscaldante e pezzo).
Cementazione
La cementazione è un trattamento termochimico che permette di avere un cuore tenace ed una superficie
dura e resistente. I trattamenti di cementazioni attualmente in uso sono quello di cementazione liquida,
gassosa ed in vuoto. Le tipologie e composizioni degli acciai principali utilizzati per questo trattamento sono
schematizzate nella tabella 2.
Nel caso della cementazione liquida i pezzi da trattare
vengono immersi in soluzioni quali quelle descritte in
tabella 3. I gas che si sviluppano (anidride carboniosa-
CO e azoto atomico-N) sono quelli che permettono un
arricchimento superficiale di carbonio che decresce verso
il cuore.
Col trattamento di cementazione gassosa si opera con
una atmosfera eso od endotermica, ottenuta per
combustione parziale del metano alla temperatura di 900
°C. Anche in questo caso l'arricchimento superficiale di
carbonio è ottenuto sfruttando la reazione di
dissociazione dell'ossido di carbonio:
2CO ⇔ CO2 + Cγ
che permette di ottenere del carbonio "nascente" il quale,
adsorbito sulla superficie del pezzo e disciolto in
soluzione solida in austenite, aumenta la concentrazione
di carbonio superficiale. Il potenziale carburante delle
Figura 2: Relazione CO/CO2 e tenore di atmosfere, che possono essere sia eso sia endogas, è
C in austenite alle differenti temperature. quindi regolato dal rapporto CO/CO2 in equilibrio con
austenite di una certa composizione (Figura 2).
L'accrescimento degli strati, essendo regolati da fenomeni diffusivi, seguono le due leggi di Fick:
∂c −Q • ∂c ∂ 2 (c )
I°
J = −D ∗ con D = D ⋅e RT II° J= = (D ) ∗
2
∂x ∂t ∂(x )
0 2
156
Trattamenti superficiali
CS − C X x
= erf
C S − C0 2⋅ D⋅t
la quale porta alla seguente relazione tra profondità e temperature:
x = k '⋅ t
Con questo trattamento si ottengono spessori di strati arricchiti di carbonio dell'ordine del millimetro con
tempi di trattamento di qualche ora; per raddoppiare lo spessore bisogna quadruplicare il tempo di
trattamento.
L'influenza della temperatura sulla profondità degli strati ottenibili è rappresentata in figura 4, dove è anche
evidenziata la crescita parabolica in funzione della temperatura degli strati.
Successivamente al trattamento di arricchimento superficiale è necessario eseguire una tempra di durezza
in acqua o olio (tempra ad uno o due stadi a seconda si tratti di acciai debolmente legati oppure no) e
successivo rinvenimento di distensione (180 ÷ 200 °C). Con la tempra in gas (azoto, argon, elio od idrogeno
alla pressione di 1÷10 atmosfere) si ottengono meno distorsioni di tempra perché la drasticità è inferiore,
anche se a volte insufficiente a garantire una completa trasformazione martensitica.
La maggiore resistenza a fatica degli acciai sottoposti a questo tipo di trattamento è imputabile ad uno stato
di compressione superficiale sul pezzo.
Per quel che riguarda nuovi sviluppi tecnologici sono da ricordare il processo di trattamento in "vuoto" (5
mbar)e quello in plasma.
Con questi trattamenti si opera con atmosfere (metano o propano) in condizioni di fuori equilibrio per cui
l'arricchimento superficiale di carbonio è regolato esclusivamente dal tempo di immissione del gas
carburante (boost) e dal tempo di diffusione e dal numero di volte che si ripetono questi due cicli. E' tuttavia
importante ricordare che operando con acciai legati, (non si va a sindacare il costo del materiale visto il
relativamente alto costo di questo tipo di trattamento) la solubilità massima di carbonio in austenite, varia
notevolmente a seconda del tipo di acciaio (figura 6). Nel caso del trattamento in plasma Si impone una
differenza di potenziale tra i pezzi, caricati negativamente, e la camera del forno, caricata in positivo, si da
forzare, con la formazione del plasma sulla superficie dei pezzi l'introduzione di azoto.
Con la tempra in gas (azoto, argon, elio od idrogeno alla pressione di 1÷10 atmosfere) si ottengono meno
distorsioni di tempra perché la drasticità è inferiore, anche se a volte insufficiente.
Nelle figure 7 e 8 sono schematicamente rappresentate due tipologie di forni per cementazione gassosa.
I trattamenti di cementazione in bassa pressione ed in plasma permettono di ottenere dei profili di carbonio a
profondità sufficiente con tempistiche notevolmente minori rispetto al trattamento gassoso classico, come
evidenziato dalle figure 9 e 10.
In figura 11 viene rappresentato il ciclo termico e varie altre operazioni che si compiono in un trattamento di
cementazione in bassa pressione.
Nelle figure 12 e 13 sono rappresentate delle micrografie di martensite aciculare e globulare.
Nitrurazione
Il trattamento di nitrurazione permette di ottenere una elevata resistenza all'usura, durezza e resistenza alla
fatica ed alla corrosione, fino a temperature prossime a quelle del trattamento. Il diagramma binario Fe-N o
ternario Fe-C-N (figura 14) permette di evidenziare le fasi ottenibili con questo tipo di trattamento che viene
effettuato alla temperatura di 500 ÷ 550 °C in atmosfera di ammoniaca dissociata. La fase che conferisce
durezza al pezzo è la fase γ'-Fe4N (HV 700÷750) eventualmente associata alla formazione di nitruri di Cr,
Mo, Al e V (in questi casi le durezze ottenibili possono raggiungere e superare i 1000 HV) ed alla fase ε. In
particolare ci sono due tipologie di trattamento: quella definita nitrurazione morbida e quella definita
nitrurazione dura. Nel primo caso si hanno tempi di trattamento dell'ordine della decina di ore e spessori di
strato nitrurato sui 100 µm, mentre nel secondo caso gli spessori degli strati ottenibili sono dell'ordine dei
2÷3 decimi di millimetro dopo tempi di trattamento di una quarantina di ore o più. In tabella 4 sono riportati
alcuni requisiti per un trattamento di nitrurazione su ruote
dentate.
Prof. G. Ubertalli
Per ridurre i notevoli tempi richiesti dal processo di nitrurazione, si può lavorare, nel primo stadio del
processo con ammoniaca poco dissociata (figura 8.9 ,55% ammoniaca, 500 °C) si da avere un
accrescimento veloce dello strato; nella fase finale del
trattamento, 18% di ammoniaca, 500 °C, si da ridurre lo
spessore di fase ε-coltre bianca. In figura 15, 16 e 17 sono
rappresentate delle micrografie di strati ottenuti in seguito
ad un trattamento di nitrurazione in plasma su varie
tipologie di materiali, con le rispettive analisi
diffrattometriche.
Un altro trattamento di nitrurazione è quello in fase liquida,
che utilizza dei sali di sodio e potassio sotto forma di
cianuri e cianati; i bagni sono della stessa tipologia di quelli
utilizzati nella carbonitrurazione liquida, mentre, cambiando
la temperatura del processo, 510-580 °C, si ha una
maggiore introduzione di azoto e minore di carbonio.
L'accelerazione dei tempi di trattamento è ottenibile
utilizzando dei trattamenti al plasma, con atmosfera
costituita da azoto ed idrogeno molecolare (vedi didascalia delle figura 15). e con differenze di potenziale
imposte tra pezzi e camera del forno (in figura 18 è rappresentato uno schema tipico di forno).
Fig 6: Rappresentazione parziale del diagramma di stato metastabile Fe-Fe3C in cui si evidenzia la
massima solubilità di carbonio in austenite per vari tipi di acciai.
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Colata continua
Prof. G. Ubertalli
PROCESSI DI COLATA CONTINUA
Introduzione
La solidificazione da liquido di una lega , porta a tutta una serie di disomogeneità sia fisiche che chimiche nel
prodotto solido ottenuto, sia esso un lingotto, una brama, un blumo od una billetta. Le prime sono
rappresentate da una crescita, in direzione opposta a quella del flusso di calore, dei cristalli (disposizione
colonnare), mentre le seconde sono dovute alla maggior velocità di solidificazione rispetto a quella di
diffusione degli elementi nel solido poichè la differente temperatura di fusione dei costituenti puri e la
conseguente più o meno marcata differenza di temperatura tra la curva del Liquidus e quella del Solidus
porta ad avere un arricchimento nel liquido degli elementi più bassofondenti e si può avere composizione
omogenea, quale quella che ci si può aspettare seguendo il diagramma di stato della lega in esame, solo
quando si abbiano delle velocità di raffreddamento molto lente (dell'ordine di 0.1 °C/min. o meno)
Questo fenomeno è chiamato segregazione e uno schema di classificazione è il seguente:
• Semi-macrosegregazione. E' chamata segregazione "spot" in direzione trasversale ed a "V" nella
direzione longitudinale.
• Segregazione "macro" intercolonnare o "micro "dendritica: si ha per accumulo e solidificazione di liquido
segregato fra dendriti nella regione colonnare.
• Segregazione negativa: si riscontra in zone a concentrazione di soluto minori rispetto alla composizione
nominale della lega.
Nel caso dell'acciaio elementi quali zolfo, carbonio e manganese sono, nell'ordine, gli elementi che danno
luogo alla segregazione. Questo pechè i loro diagrammi di stato presentano il maggiore salto termico tra le
linee di Solidus e quelle di Liquidus.
Altre variabili, tutte legate alla temperatura, influenzano queste disomogeneità:
• Entità del surriscaldo
• Velocità di colaggio
• Dimensioni
• % di carbonio
• Fenomeno del raffreddamento secondario
Alcune figure potranno illustrare l'entità di questi fenomeni:
160
Colata continua
Prof. G. Ubertalli
GLI ACCIAI INOSSIDABILI
Introduzione
Gli acciai inossidabili sono una categoria di acciai che possiedono un'elevata resistenza alla corrosione (in
particolare resistenza all'ossidazione ad
180
umido ed a caldo) e, per questo, vengono
definiti inossidabili. Già all'inizio del
industriale
160 novecento si conosceva l'influenza
semirurale
positiva del cromo nel contrastare i
140 fenomeni corrosivi delle leghe base ferro,
marino moderato quando il cromo è in tenori superiori al
12% in peso. Tale valore viene dato in
Penetrazione media [µm]
120
marino severo modo ragionevole, ma convenzionale,
100 poiché c'è una notevole influenza delle
caratteristiche di aggressività che
possiede l'ambiente o il mezzo in cui il
80
manufatto viene inserito. In Figura 1 si
riporta l'influenza dell'ambiente sull'entità
60
di corrosione (espressa come
penetrazione media) che manifestano
40 degli acciai legati in funzione del tenore di
cromo. Da tale figura si evince che il 12%
20 di cromo è effettivamente un tenore che
permette una riduzione marcata della
0 corrosione ma, in ambienti molto
0 5 10 15 20 25 aggressivi, il tenore di cromo necessario
Contenuto di cromo [%]
a limitare la corrosione deve essere
decisamente superiore (>20 %). Dalla
Figura 1: Andamenti della penetrazione della corrosione in figura si rileva anche che, al contrario, in
acciai legati al cromo in funzione delle condizioni ambientali ambienti non particolarmente aggressivi,
(da ASM Handbook). sono sufficienti tenori di cromo compresi
dal 4 al 8 % per raggiungere delle
condizioni di bassa profondità di penetrazione.
Per quanto concerne gli elementi che presentano valori negativi del potenziale normale di elettrodo, si dice
che essi precedono l'idrogeno nella serie elettrochimica degli elementi e sono gli elementi facilmente
corrodibili; infatti, se si mette una barretta di uno di questi metalli (ad esempio ferro, che ha un potenziale
normale di elettrodo di -0,44 V) in contatto con acqua distillata, il passaggio degli ioni del metallo in soluzione
ed il contemporaneo crearsi di una carica negativa localizzata sulla barretta provoca un'attrazione degli ioni
positivi in soluzione verso la barretta stessa; si crea una competizione per la scarica tra gli ioni del metallo e
gli ioni idrogeno: questi si scaricano consumando gli elettroni e dando origine a bolle di idrogeno gassoso; il
processo può così ricominciare. La dissoluzione del metallo secondo la reazione (1) prende il nome di
reazione di ossidazione anodica o più comunemente di reazione anodica.
O2 OH-
Soluzione
Fe++ Fe++
O2 2e
OH- 2e Fe++
2e
O2
Cu OH-
Fe
Cu
Cu
Fe
Cu
Figura 2: Riduzione catodica dell'ossigeno su ferro e rame e dissoluzione del solo ferro. E' il
classico esempio della corrosione di una coppia galvanica formata da un chiodo di ferro che unisce
due piastre di rame.
La scarica dell'idrogeno secondo la reazione,
2H+ + 2e- ⇒ 2H ⇒ H2 (3)
prende il nome di relazione di riduzione catodica o più comunemente reazione catodica. Nelle soluzioni
acquose si possono verificare altri tipi di reazioni catodiche, come, ad esempio,
O2 + 4H+ + 4e- ⇒ 2H2O (soluzioni acide) (4)
Acqua
O2(g) → O2(aq)
Ruggine Fe2+(aq) + 2OH-(aq)
O2(aq) + 2H2O(liq) + 4e- → 4OH-(aq)
→ Fe(OH)2(s)
Crateri
Ferro
Fe(s) → Fe2+(aq) + 2e-
Figura 4: Corrosione del ferro da parte di una goccia di acqua. Il fenomeno inizia quando l'ossigeno disciolto
nell'acqua viene a contatto con il metallo, di solito in microcrateri presenti sulla superficie, i quali diventano
progressivamente più profondi. La formazione della ruggine è più intensa sul bordo della goccia dove
maggiore è la concentrazione di ossigeno disciolto e dove è più facilitata la formazione di idrossido ferrico.
L'umidità dell'aria, condensandosi sulla superficie dei manufatti di acciaio, crea un velo sottile di acqua che
promuove la corrosione. Più l'atmosfera dell'ambiente è inquinata per presenza di ossidi di zolfo o di azoto
(che possono provenire da reazioni di combustione), più la soluzione che si forma è acida e più veloce è la
corrosione (si hanno reazioni catodiche del tipo (3) o (4), più veloci). Inoltre, la presenza dei sali in soluzione
aumenta la conducibilità dell'elettrolita e, quindi, la velocità dei processi corrosivi; vicino al mare si hanno
condense più aggressive in quanto ricche di sali come NaCl; la corrosione viene quindi accelerata. Pertanto,
ambienti marini e industriali risultano, sotto quest’aspetto, i più pericolosi.
Per quanto detto prima l'acciaio si corroderà tanto più facilmente quanto più presenterà disomogeneità
strutturali. Resisteranno quindi meglio alla corrosione acciai con una struttura monofasica.
Cambiando elettrolita cambiano le condizioni che possono condurre alla corrosione; può anche avvenire che
con elettroliti particolari cambino le tendenze degli acciai a subire corrosione.
Con liquidi ossidanti, come ad esempio l'acido nitrico concentrato, gli acciai tendono a ricoprirsi di uno strato
di spessore infinitesimale di ossido che rallenta o impedisce la corrosione, variando in senso da rendere più
nobile il potenziale di elettrodo; il fenomeno prende il nome di passivazione. Sono da preferire gli strati
protettivi di densità maggiore di quella del metallo base, perché essi sono compatti e continui (situazioni
analoghe si possono incontrare con le leghe di alluminio anodizzate, nelle quali un sottilissimo strato
compatto di allumina protegge il metallo sottostante dall'ulteriore ossidazione).
I metalli autopassivanti sono quindi quelli che nei liquidi corrosivi si ricoprono di strati di composti (di solito
ossidi) protettivi. Affinché siano protettivi gli strati superficiali devono essere continui, aderenti, impermeabili,
insolubili e con caratteristiche di elasticità simili a quelle del metallo base, per limitare la possibilità di
scagliatura.
Quindi, nel caso degli acciai, giacché gli ossidi di ferro non hanno le caratteristiche sopra descritte,
bisognerà aggiungere elementi leganti che:
a) conferiscano proprietà autoprotettive (diano luogo a strati passivanti);
b) abbiano la possibilità di entrare in soluzione solida nel ferro, dando luogo quindi a strutture monofasiche.
La resistenza alla corrosione degli acciai inossidabili non è un caratteristica incondizionata o indipendente
dalle condizioni di utilizzo, ma è determinata da molti fattori, quali l’ambiente di utilizzo, la lavorazione con cui
è stato realizzato il manufatto, e la progettazione dello stesso. In particolari condizioni uno stesso materiale,
a contatto con un stesso agente corrosivo può manifestare una resistenza alla corrosione diversa in funzione
delle caratteristiche del manufatto, per esempio la presenza di interstizi può influenzare il comportamento
corrosionistico del materiale. E’ necessario evidenziare che la resistenza alla corrosione dell’acciaio
inossidabile è determinata dalla capacità del materiale di creare un sottile strato , sostanzialmente formato
da ossidi di cromo, che ne ricopre totalmente la superficie. Un materiale metallico è in stato di passività cioè
è passivo se è termodinamicamente in grado di corrodersi, ma la velocità del processo è talmente limitata da
rendere trascurabile gli effetti della corrosione stessa. Al contrario un materiale si dice attivo se è in grado
termodinamicamente di corrodersi ed il processo avviene con velocità apprezzabile. Gli acciai inossidabili
possono essere attivi, quindi evidenziare scarsa resistenza alla corrosione, o passivi, quindi avere una
buona resistenza alla corrosione a seconda delle condizioni in cui vengono impiegati. Infatti l’acciaio
inossidabile allo stato attivo possiede un’elevata affinità con l’ossigeno, e quindi in presenza di ossigeno (
per esempio il contatto con l’umidità atmosferica) avviene un processo di passivazione e quindi di protezione
dello strato superficiale. Questa condizione di passività non è statica, ma dinamica e può cambiare a
seconda delle condizioni in cui si trova impiegato il materiale, e anche un danneggiamento al film superficiale
di ossido può essere ripristinato qualora l’ambiente possegga caratteristiche sufficientemente ossidanti. Per
quanto riguarda lo studio del comportamento di un materiale circa il fenomeno della passivazione, è
necessario fare riferimento allo studio della curva potenziodinamica di polarizzazione anodica.
La corrosione generalizzata
Questo tipo di corrosione, può essere uniforme o disuniforme, e rappresenta un’aggressione progressiva
diffusa su tutta la superficie del manufatto con velocità generalmente costante nel tempo. Solitamente
l’acciaio inossidabile austenitico ha una buona resistenza a questo tipo di fenomeno corrosivo e da un punto
di vista corrosionistico questo tipo di attacco alla superficie risulta solitamente poco pericoloso per l’integrità
dell’impianto stesso o comunque ha un comportamento prevedibile e calcolabile. Diversamente se
consideriamo questo fenomeno da un punto di vista della cessione, esso risulta senza dubbio molto
pericoloso in termini di inquinamento del fluido contenuto nel manufatto in acciaio inossidabile, poiché non si
tratta di un fenomeno localizzato ma mette in gioco grandi superfici con il risultato di poter manifestare
elevati valori di cessioni di ioni metallici in rapporto al volume di prodotto contenuto.
La corrosione galvanica
Questo tipo di corrosione si verifica quando due elementi metallici diversi sono collegati tra loro con
continuità elettrica in presenza di un elettrolita (soluzione acida o umidità atmosferica), formando così una
pila. In queste condizioni avviene più rapidamente la corrosione del materiale che risulta più anodico. Questo
fenomeno corrosivo può coinvolgere anche uno stesso materiale ove per qualche ragione , fenomeno
riscontrabile nel pitting, avvenga una discontinuità chimica o strutturale sulla superficie a contatto con
l’elettrolita con la creazione di zone anodiche e zone catodiche. Questo tipo di corrosione si può manifestare
quando vengono unite parti di materiale più nobile (catodico) con materiale meno nobile (anodico) sotto
forma di viti, riporti di saldatura o similari. In queste condizioni di diverso rapporto tra le superfici, il materiale
di giunzione, se meno nobile avrà sicuramente una superficie molto minore, costituisce una considerevole
aggravante che porterebbe ad una rapida corrosione del materiale usato per le giunzioni.
La corrosione interstiziale
La corrosione interstiziale è un tipo di corrosione localizzata, che si può verificare in presenza di cavità,
interstizi o comunque depositi. In tali zone, a causa della stagnazione del liquido a contatto con il manufatto,
o alla presenza di depositi, si può verificare localmente una variazione della composizione della soluzione,
che può diventare , per esempio con variazione del suo ph in soluzione, estremamente corrosiva per
l’acciaio inossidabile costituente le pareti dell’interstizio. Durante questi fenomeni spesso si assiste
localmente all’impoverimento della quantità di ossigeno nella soluzione, con l’impossibilità del materiale di
mantenere uno stato di passività. Questo tipo di corrosione è spesso causato e legato al modo di
Figura 8:
La corrosione intergranulare
La corrosione intergranulare consiste in un attacco corrosivo selettivo che si sviluppa lungo i bordi di grano
dell’austenite ed ha come causa la precipitazione di carburi di cromo lungo i bordi di grano, in seguito ad
alterazioni termiche subite dall’acciaio inossidabile e quindi una variazione locale di composizione del
materiale. Questo fenomeno causa un impoverimento della quantità di cromo nelle zone adiacenti i bordi
grano e quindi la perdita delle caratteristiche di inossidabilità del materiale con conseguente instaurarsi di
fenomeni corrosivi, qualora il materiale sia a contatto con soluzioni aggressive. La causa di questo
fenomeno, chiamato sensibilizzazione dell’acciaio inossidabile è da ricercarsi nei procedimenti di lavorazione
che comportino un riscaldamento ed un mantenimento ad una temperatura critica compresa tra i 450 °C e gli
850° C per l’acciaio inossidabile austenitico, (vedere figura 3.3) del materiale. Questo mantenimento della
lega ad levate temperature avviene solitamente durante le operazioni di saldatura per grossi spessori, e per
ovviare alla sensibilizzazione è necessario l’uso di acciaio inossidabili con minore contenuto di carbonio (low
carbon C < 0,03 %) o l’impiego di acciai inossidabili con la presenza nella lega di elementi stabilizzanti il
carbonio come il titanio. Infatti la presenza di titanio nella lega genera la formazione di carburi di titanio che
sottraendo carbonio non rendo più possibile la precipitazione di carburi di cromo.