e al carbonio
Special
and carbon steels
Sonder- und
Kohlenstoffstähle
On CD-ROM
Domenico Surpi
INDICE
INTRODUZIONE........................................................................................................................................................................................5
NOZIONI DI BASE....................................................................................................................................................................................6
Ricottura di ricristallizzazione........................................................................................................................................ 11
Trafilatura......................................................................................................................................................................................... 13
Pelatura................................................................................................................................................................................................ 19
Rettifica................................................................................................................................................................................................. 21
CROMATURA.......................................................................................................................................................................................... 26
ZINCATURA............................................................................................................................................................................................. 27
TERMINOLOGIA. ................................................................................................................................................................................... 37
Trafilare non è semplice. Come per tutti i mestieri, sono indispensabili arte, esperienza e voglia di far sempre
meglio. Trafilix, grazie alla tecnologia di cui dispone, alla sua competenza specifica e alla continua e attiva
collaborazione con fornitori e clienti, è in grado di garantire un supporto tecnico e commerciale costantemen-
te aggiornato e all’avanguardia in un settore sempre in evoluzione, come è quello dei lavorati a freddo.
Le schede tecniche di questo catalogo descrivono alcuni acciai commercializzati dalla nostra organizzazione.
Altri prodotti e dettagli tecnici (trattamenti termici, parametri di saldatura, tabelle di rinvenimento, valori di
temprabilità, ecc.) possono essere approfonditi nel Manuale Tecnico del Gruppo Lucefin.
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Nozioni DI BASE
Per comprendere i pregi di un prodotto lavorato a freddo si deve prima descrivere la nascita della lega me-
tallica che lo compone. Due sono i processi produttivi principali attraverso i quali viene prodotto l’acciaio.
Produzione acciaio altoforno Produzione acciaio tramite forno elettrico tipo EBT
Il prodotto ottenuto dalla laminazione a caldo prende il nome di laminato (+AR grezzo di laminazione).
L’aspetto superficiale grezzo, le tolleranze dimensionali garantite, la mancanza di spigoli, rettilineità non idonee,
ecc. non rendono il laminato un prodotto finito, ma un semilavorato destinato a lavorazioni successive - con
o senza asportazione di truciolo - che lo rendono conforme alle richieste del progettista e alle aspettative
dell’utilizzatore. La finitura ottenuta tramite le lavorazioni per asportazione di truciolo (come la sgrossatura,
fresatura, tornitura), portano a una riduzione media di peso di circa il 20 % rispetto al laminato, ma ciò che
incide maggiormente sull’economia della commessa sono le ore aggiuntive di lavorazione meccanica necessarie
a dare forma al prodotto finito. Il prodotto trafilato (+C) nasce esattamente per dare una risposta, ove possibile,
alle necessità sopra evidenziate. Questo manufatto, ricavato dal laminato grezzo, assume aspetti e qualità in-
trinseche che solo la trasformazione a freddo, con la particolareggiata tecnica di trafilatura, riesce a esprimere.
Il materiale trafilato ha un’ottima finitura superficiale: si presenta lucido e privo di ossidi superficiali, fattore
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decisivo nelle lavorazioni meccaniche dove l’ossido di ferro inquina i lubrificanti e dà origine a guasti meccanici.
Le dimensioni sulla sezione sono costanti su tutta la lunghezza per migliaia di metri (cosa assolutamente impos-
sibile da realizzare impiegando altre tecnologie), con scostamenti molto stretti, a livello di centesimi; gli spigoli
possono essere vivi o calibrati secondo specifiche richieste; la rettilineità può raggiungere 1 mm/m.
Come noto, il processo di deformazione a freddo (trafilatura) innalza i valori di snervamento e di rottura generando
un rapporto Rp0.2 / R di circa 0,90 (nel laminato è prossimo a 0,60 e nel fucinato si aggira attorno a 0,67). Quest’ul-
tima caratteristica è ben nota e valorizzata dai progettisti che, dovendo definire le sezioni resistenti, sfruttano
questo dato al fine di ottenere il massimo di leggerezza delle strutture portanti. I vantaggi del prodotto trafilato
sono evidenziati dal fatto che, grazie a uno snervamento superiore ad altri prodotti, permette di impiegare una
sezione inferiore (e quindi un peso minore) per ottenere la solidità desiderata. Per comprendere l’importanza di
questo prodotto siderurgico pensiamo alla qualità superficiale, alla precisione di una qualsiasi sezione geometrica
esagonale, quadrata, piatta, tonda; a maggior ragione, alla formazione di sezioni più complesse richieste oggi dal
mercato, come guide di scorrimento per lettori ottici, alberi scanalati, trasmissioni per macchine tessili e tantissime
altre sezioni speciali dove la precisione di qualche centesimo deve essere assolutamente tenuta sotto controllo;
sezioni che hanno portato inevitabilmente all’impiego del trafilato come prodotto capace di soddisfare tutti questi
requisiti in tempi più rapidi di qualsiasi altra tecnologia. Infine applichiamo lo stesso ragionamento ai prodotti
ottenuti con processi di pelatura e rettifica. Nella maggior parte dei casi, il trafilato è adatto all’impiego allo stato
di fornitura, anche se ultimamente è spesso sottoposto a trattamenti galvanici come zincatura, cromatura, nicke-
latura, ramatura lucida e a verniciatura, senza l’obbligo, di norma per il laminato, di lavorarlo al fine di ottenere
superfici prive di ossido e adatte all’ancoraggio del rivestimento. Anche se le norme di prodotto non garantiscono
il buon esito di queste pratiche e suggeriscono l’impiego di pezzi rettificati o lappati, è ormai noto quanto la forte
espansione di utilizzo del prodotto trafilato abbia permesso di “bypassare” varie lavorazioni con conseguente
risparmio economico (tempo - manodopera - ore macchina - energia elettrica, ecc.). I vantaggi offerti dal trafilato
fanno sì che il maggior costo di acquisto sia ampiamente recuperabile con cicli di lavorazione ridotti rispetto al
laminato, oltre che con scarti di materiale nettamente inferiori.
In conclusione si può affermare che la lavorazione a freddo ha permesso un notevole abbattimento di costi e
tempi, contribuendo in maniera decisiva al progresso e all’avanzamento dell’industria moderna. La facoltà di scelta
spetta alle persone che nel mondo del lavoro ricercano innovazione a costi contenuti e il trafilato è un prodotto
nato per competizioni vincenti.
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Lavorazione a caldo dell’acciaio
I prodotti finiti mediante lavorazione a caldo si ottengono partendo dai semilavorati (blumi, billette, bram-
me). Si definiscono lavorazioni di deformazione plastica a caldo quelle operazioni mediante le quali il semi-
lavorato, dopo esser stato portato a una temperatura maggiore di 0,6 • Tf (Temperatura di fusione), subisce
delle sollecitazioni di compressione fino ad ottenere le dimensioni finite di prodotti come lamiere, vergelle,
barre, billette, profilati, ecc. Con la deformazione plastica a caldo si utilizzano forze di deformazione minori
rispetto alle trasformazioni a freddo dell’acciaio; un altro vantaggio è che durante la lavorazione a caldo i
grani cristallini, deformati sotto l’azione meccanica di compressione, possono ricristallizzare nel corso della
lavorazione stessa e ricomporsi in nuovi grani più fini e uniformi, eliminando la struttura dendritica presente
nei lingotti o semilavorati dovuti alla solidificazione.
grano nuovi grani
grano originale cilindro deformato in fase di
e allungato ingrossamento
superiore
cilindro
nuovo grano struttura interna
inferiore in fase di costituita da
formazione nuovi grani
I prodotti finiti della lavorazione a caldo (es. laminazione), presentano una finitura non ottimale con lo strato
superficiale ossidato e tolleranze geometriche grossolane.
Possono essere venduti allo stato naturale (es. +AR stato naturale di laminazione), o dopo aver ricevuto dei
trattamenti termici (es. ricottura, normalizzazione, bonifica), che migliorano ulteriormente la struttura e le
caratteristiche meccaniche, comportando però un prezzo maggiore.
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Lavorazione a freddo dell’acciaio
Il compito principale delle lavorazione a freddo è quello di offrire agli utilizzatori la possibilità di ottenere:
semplificazione dei cicli di lavorazione meccanica, riduzione del peso di partenza, minori scarti e produzioni
più elevate, con migliori risultati economici.
La lavorazione a freddo si effettua lavorando a temperatura ambiente i prodotti finiti o sbozzati della lavo-
razione a caldo, ottenendo come prodotto finale barre o rotoli laminati/trafilati a freddo.
Lo stiramento a freddo introduce importanti modifiche all’interno della matrice dell’acciaio: i grani costi-
tuenti la struttura di base del prodotto di partenza si allungano in proporzione al grado di deformazione
ricevuto nella direzione del flusso plastico, dando origine allo slittamento del reticolo cristallino su piani
direzionali ben determinati e ottenendo deformazioni permanenti della struttura cristallina dell’acciaio.
superiore
cilindro
inferiore
La deformazione permanente determina un aumento di resistenza meccanica, con l’innalzamento del valore
di snervamento, di rottura e di durezza, ma contemporaneamente causa la diminuzione di altre caratteristi-
che meccaniche, come l’allungamento, la contrazione e la resilienza.
Questo effetto della deformazione plastica a freddo sulle caratteristiche meccaniche prende il nome d’incru-
dimento. La struttura che ne deriva è termodinamicamente instabile e spesso accompagnata da moderata
tenacità. I materiali incruditi a freddo ed esposti a prolungate soste a temperature anche poco elevate pos-
sono aver tendenza a invecchiare. Per porre rimedio a questo inconveniente sono aggiunti, in fase di colata,
degli anti-invecchianti come alluminio (Al), vanadio (V), titanio (Ti) e tutti gli elementi che si combinano con
l’azoto (N), essendo quest’ultimo il principale responsabile dell’infragilimento.
La durezza aumenta a tal punto che, nel corso della lavorazione a freddo, non si potrebbe procedere a nuova
riduzione di sezione senza trattare termicamente il materiale incrudito con una ricottura. Il trattamento termico
è applicato anche più volte allo scopo di eliminare gli effetti dell’incrudimento per poter nuovamente deformare
plasticamente il materiale. In questo modo è possibile procedere con più trasformazioni fino al conseguimento
delle caratteristiche dimensionali e meccaniche desiderate, senza incorrere in rotture pericolose.
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Laminazione a freddo dell’acciaio (+CR laminato a freddo)
Partendo da rotoli di laminato a caldo tondo, si possono ottenere dei rotoli di piatti, quadri e profili che,
dopo laminazione a freddo e ricristallizzazione a 600 - 700 °C in forni a campana con atmosfera controllata,
possono essere trafilati.
La laminazione a freddo si esegue con gabbie abbastanza simili a quelle per la laminazione a caldo, ma gli
impianti devono possedere maggiore potenza e stabilità.
La lubrificazione si esegue con emulsioni raffreddanti-lubrificanti che consentono di ridurre gli attriti.
Questa pratica di produzione è stata applicata in Trafilix per risolvere quattro principali fattori legati ai piatti
destinati principalmente alla trafilatura, ma anche alla commercializzazione:
1) Il rotolo del laminato a caldo in piatto è piuttosto basso come peso e pertanto di scarso rendimento.
2) Il rotolo del laminato a caldo in piatto ha costi elevati.
3) Con una sola misura di tondo laminato a caldo si possono ottenere più misure di piatti laminati a freddo
con evidenti riduzioni di scorte.
4) La difficile reperibilità di spessori del laminato a caldo sotto i 5 mm.
La laminazione a freddo conferisce al materiale una migliore uniformità di spessore che, dopo opportuni
trattamenti termici di ricottura, viene ulteriormente calibrato dalla trafilatura, e garantisce tolleranze stret-
tissime (es. h 9 ISO 286-2).
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Ricottura di ricristallizzazione
Per effetto della deformazione plastica a freddo il materiale incrudisce, incrementando i valori di Rm, Rp0.2 e
durezza, con conseguente diminuzione di duttilità.
Nel caso sia necessario compiere più deformazioni a freddo è opportuno, tra una deformazione e l’altra,
ridare plasticità al materiale, sottoponendolo a un particolare trattamento termico (ricottura di ricristalliz-
zazione) che lo riconduce a uno stato simile a quello precedente la deformazione, con valori più bassi di
durezza, Rm e Rp0.2 e diminuzione delle tensioni residue indotte dalla deformazione a freddo.
Questo trattamento termico è condotto a temperature al di sotto dei punti critici (circa 600-700 °C per gli
acciai da costruzione), con lo scopo di generare nuovi grani in un materiale precedentemente incrudito,
senza cambiamento di fase. Durante la permanenza in forno i punti tensionati sono instabili e diventano i siti
di nucleazione dei nuovi grani (fase di riassestamento); successivamente si ha un accrescimento dei grani, fino
a quando i nuovi bordi grano vengono in contatto; a questo punto la ricristallizzazione è finita (un ulteriore
mantenimento in forno è sconsigliato perchè provoca l’ingrossamento del grano con conseguente diminuzione
della resistenza meccanica del materiale).
Il raffreddamento finale deve essere lento (sotto campana) fino a 300 °C; poi si può scaricare in aria il materiale
perché raggiunga la temperatura ambiente. Il rapporto di riduzione subito dal materiale incide sulla determina-
zione della temperatura di ricristallizzazione, sul tempo di permanenza in forno e sulla struttura finale. Alti rap-
porti di riduzione determinano temperature e tempi di ricristallizzazione più bassi e una struttura a grana fine.
Tensioni residue
Duttilità
Tempo
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Forno Tre Valli Acciai da ricottura in atmosfera protetta
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Trafilatura (+C trafilato a freddo)
La trafilatura è un’operazione di deformazione plastica a freddo, in cui il materiale laminato a caldo, in barre o
in rotoli, dopo decapaggio chimico o meccanico per l’eliminazione dello strato di ossido superficiale, è forzato a
passare attraverso un utensile calibrato detto filiera, mediante una forza di tiro. La filiera ha una sezione inferiore
a quella del materiale di partenza, quindi la forza di tiro deve superare il carico di snervamento del materiale sen-
za arrivare a rottura, in modo da deformarlo in maniera permanente, dopo l’uscita della filiera, alla forma e alla
dimensione imposte dalla filiera stessa. La trafilatura, di norma, si esegue a temperatura ambiente, ma nel caso di
acciai ad alta durezza (es. acciai rapidi) è effettuata a caldo, alla temperatura di circa 300 °C. In alcuni casi si trafila
a caldo anche per conferire al materiale delle proprietà specifiche.
Raggio d’invito Smusso di entrata
Cono di lubrificazione
Raggio di congiunzione Montatura
Cono di lavoro
Raccordo di lavoro Nocciolo
Parte di calibrazione
Raccordo di uscita
Smussi
A differenza delle lavorazioni con asportazione di truciolo (fresatura, tornitura, ecc.) che comportano un
significativo calo di peso per ottenere le dimensioni desiderate, in trafilatura la perdita di peso é minima e
riguarda solamente le intestature dei fine barra, lo sfrido per le punte di “infilaggio” e la parte di ossido
superficiale eliminata dal grezzo di partenza mediante sabbiatura; di conseguenza la diminuzione di sezione
da laminato a trafilato comporta un allungamento, in direzione del senso di trafilatura.
Lo schema seguente mostra di quanto si allunga il materiale in funzione della riduzione di sezione ricevuta.
Calcolo per Tondi / Esagoni Calcolo per Piatti / Quadri
Laminato dimensioni in mm trafilato Laminato dimensioni in mm trafilato
diametro lunghezza diametro/chiave altezza spessore lunghezza altezza spessore
52 11500 50 47 47 5600 45 45
Lunghezza trafilato Lunghezza trafilato
12438 6109
Rapporto di riduzione Rapporto di riduzione
7,5% 8,3%
La trafilatura consente di ottenere un prodotto finito con tolleranze dimensionali ristrette (h11, h9), superfici
uniformi, assenza di ossidi, ovalizzazioni limitate, spessori calibrati, buone rugosità (Ra 1,6 - 3,2 µ) e ottima
rettilineità 1,5 -1‰. Tutte queste caratteristiche restano stabili e uniformi per l’intera quantità di una determinata
sezione messa in produzione.
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Il prodotto trafilato abitualmente è commercializzato senza trattamenti termici, ma può essere ricotto, normalizzato,
disteso e anche bonificato prima o dopo trafilatura. è sottinteso che i trattamenti termici eseguiti sul prodotto dopo
trafilatura devono essere fatti in forni ad atmosfera controllata, al fine di evitare formazione di ossido e decarburazio-
ne. Per evitare che la superficie del trafilato sia attaccata dagli agenti atmosferici o da ossidazioni, deve essere pro-
tetta con appositi oli minerali. In casi particolari o spedizioni via mare vanno anche previsti imballaggi particolari.
Filiera piatto smussato Filiera per profilo speciale Filiera per esagono
Snervamento
Contrazione
Allungamento
Rapporto di riduzione
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Rotture nel processo di Trafilatura e difetti nel trafilato
La qualità del laminato a caldo di partenza e i parametri di lavoro (la scelta del corretto rapporto di riduzione,
la forza di tiro, la lubrificazione, ecc.) acquisiscono fondamentale importanza all’interno di un corretto processo
di trafilatura.
Nel laminato a caldo possono esistere dei difetti derivanti dal processo di produzione e laminazione dell’ac-
ciaio in grado di indurre rotture durante la trafilatura.
Oltre ai difetti intrinsechi del laminato, altre imperfezioni dovute al processo di trafilatura
possono riscontrarsi nel trafilato, quali:
• Distorsioni (che si possono verificare a distanza di tempo o quando sottoposte a lavorazioni di finitura
alle macchine utensili e di rettifica) dovute alle tensioni interne residue generate durante la deformazione
plastica non omogenea.
• Cricche interne causate dall’angolo di riduzione della filiera, dall’eccessiva riduzione di passo, dall’ecces-
sivo attrito oppure esaltate dalla presenza d’inclusioni non metalliche.
• Errori di geometria dovuti a errato posizionamento della filiera o a usura della stessa.
• Difetti superficiali come ripiegature, spesso conseguenza di un’impropria selezione dei parametri di pro-
cesso, come la velocità di stiratura o l’inadeguata lubrificazione.
• Rigature longitudinali e continue, causate dalla presenza d’impurità o materiali molto resistenti incollati nell’in-
gresso della filiera (rigature dovute al contatto occasionale sono definite come danneggiamenti meccanici).
Per evitare questi inconvenienti è bene controllare tutti parametri di fabbricazione, i rulli pre-raddrizzatori,
quelli guida, le filiere, i dispositivi di tiro, ecc.
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Evoluzione storica delle macchine di tiro
Il sistema di tiro continuo è in funzione da oltre cinquant’anni, azionando alternativamente, mediante cam-
me, due carrelli dotati di morse di serraggio. Questo sistema si è evoluto nel tempo per poter soddisfare le
sempre maggiori esigenze di produttività.
Negli anni ‘60 e ‘70 l’unità di tiro con sistema “mano-mano” era provvista di camme a una sola pista e un
pistone assicurava il ritorno delle morse di tiro; la chiusura delle stesse era a comando pneumatico e velocità
massima raggirava intorno ai 60-80 m/min.
A partire dagli anni ‘80 e ‘90 si sviluppa un sistema di trazione con camme a due piste che permette con-
temporaneamente il comando di tiro e di ritorno; la chiusura delle morse è a comando idraulico e consente
un serraggio più sostenuto; la velocità massima passa a 120 m/min.
Dopo gli anni ‘90 il sistema di tiro con carrelli e morse pare aver fatto la sua epoca. I complicati meccanismi,
sempre in movimento, portano a continui interventi di manutenzione che causano fermi macchina, conse-
guente perdita di produttività e costi inaccettabili. Nello stesso periodo le acciaierie iniziano a produrre rotoli
laminati con pesi superiori a 3000 Kg e sul mercato si possono reperire filiere, lubrificanti e sistemi di taglio
più evoluti che consentono di creare trafilatrici con maggiori velocità di lavoro.
Ha così inizio la tecnica di tiro a due cingoli contrapposti, a comando idraulico. Con questo sistema il tiro
diventa continuo e più veloce, fino a 300 m/min. Il limite di 170 m/min della 15 ton. CDTMF Trafilix è dettato
dalle attrezzature (taglio, lubrificanti, filiere) che non riescono a competere con la potenza della recente
unità di tiro.
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Flusso Trafilati Trafilix - trafil czech
Confezionamento e Spedizione
Trafilatura
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Pelatura (+SH pelato-rullato)
Con il termine pelatura (sinonimo di tornitura) si intende l’asportazione dello strato superficiale di barre
tonde per mezzo di macchine dotate di teste a pelare. Queste teste sono munite di più taglienti (normal-
mente quattro utensili) che ruotano in senso circonferenziale e in sostanza “sbucciano” le barre laminate.
Le barre sono fatte avanzare e la loro tenuta in linea è assicurata da rulli o altri dispositivi appropriati. Le
pelatrici, solitamente, oltre alla testa a pelare sono dotate a valle anche di una stazione a rullare che prov-
vede alla rullatura e alla conseguente lisciatura/raddrizzatura della barra. Questa lavorazione, in teoria, può
realizzare una superficie esente da difetti e assicura assenza di decarburazione. In questo modo il prodotto
può essere idoneo a sopportare trattamenti termici indurenti o trattamenti galvanici.
Il laminato per pelatura non deve avere rettilineità maggiore del 2‰ e il prodotto ottenuto ha la stessa
rettilineità di partenza, portata a 1‰ con successiva rullatura.
La rugosità che si ottiene delle barre con la solo pelatura è Ra 3,2 µm; dopo rullatura è Ra 0,8 µm.
Le principali destinazioni del prodotto sono la vendita al commercio o la rettifica.
Il calo peso di questa lavorazione è sempre importante e non deve essere dimenticata la variabile del dia-
metro di partenza per quantificare i costi.
Esempio di percentuali di calo
asportando mm 1 2 3 4 5
si ha un calo % % % % %
per ricavare Ø 28 7 13 19 24 28
“ Ø 30 7 13 18 23 27
“ Ø 32 6 12 17 21 26
“ Ø 35 6 11 16 20 24
… … … … … … …
“ Ø 90 3 5 7 9 11
“ Ø 95 3 5 7 8 10
“ Ø 100 2 4 6 8 10
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Si usano barre pelate quando:
1) Per alcune zone della barra non sono previste ulteriori lavorazioni meccaniche ed è necessaria una tolle-
ranza ristretta.
2) è prescritta l’assenza di decarburazione e di rilevanti difetti superficiali.
3) Sono previsti severi controlli superficiali (es. magnetoscopici).
4) Si vuole partire da un diametro certo per le successive lavorazioni meccaniche.
Testa a pelare Il tondo è stato fatto retrocedere Pre-raddrizzatura dopo pelatura Rullatura
per evidenziare la superficie
fra grezzo e pelato
Surriscaldo
Surriscaldo da utensile in fase di pelatura: la parte scura denota che il materiale ha raggiunto la temperatura
di circa 300 °C. La velocità di sgrossatura e avanzamento erano state programmate per lavorare del mate-
riale bonificato secondo EN 10083 con durezze HRC 28 - 36, ma la durezza del materiale è risultata invece
di 48 HRC (nel gergo: stato di tutta tempra) e il fatto ha creato l’imprevisto.
Un successivo rinvenimento ha riportato il materiale alla resistenza meccanica prevista per la dimensione e
il tipo di acciaio considerato.
Altro caso simile può verificarsi quando le barre, temprate a induzione, non vengono intestate sulla zone termi-
nali (30-40 mm). Quest’ultime presentano durezze eccessivamente alte rispetto al resto del materiale a causa del
drastico raffreddamento delle estremità che mostrano maggiore superficie di esposizione allo sbalzo termico.
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Rettifica (+sl materiale rettificato)
Nell’operazione di rettifica, lo stato superficiale di una barra di sezione tonda non è asportato mediante utensili
da taglio, ma rimosso con delle mole. Questa lavorazione, a volte, sostituisce la pelatura per barre di piccole
dimensioni, come per gli acciai per molle Ø 8 - Ø 15 mm che sono sgrossati di rettifica.
L’operazione di rettifica non comporta alterazioni delle caratteristiche meccaniche dell’acciaio se è condotta
correttamente senza surriscaldamenti.
La differenza tra barre pelate/rettificate e barre trafilate/rettificate è che queste ultime avranno le caratteri-
stiche meccaniche tipiche del trafilato e le prime avranno quelle tipiche del laminato.
La rettifica permette di ottenere una superficie migliore di quella realizzata con l’operazione di trafilatura e
pelatura mediante l’impiego di mole a grana diversa.
Per lavorazioni che richiedono notevoli asportazioni di materiale o devono essere effettuate su acciai a ele-
vata durezza, si consigliano mole tenere; se invece si devono eseguire operazioni di rettifica con tolleranze
di forma e dimensione molto ristrette è meglio utilizzare mole dure che conservano a lungo la forma e le
dimensioni (rinunciando però ad una rapida asportazione del sovrametallo).
Le tolleranze dimensionali sono molto ristrette h8 - h7 - h6 secondo ISO 286-2; la rugosità, misurata longi-
tudinalmente per mezzo di rugosimetri, è assai bassa e pari a Ra normale 0,8 μm e Ra ristretta 0,6 μm.
La profondità massima di decarburazione deve essere definita in fase di ordine perché si riflette sui cicli di
allestimento. In special modo, per misure medio piccole ricavate dal trafilato/rettificato, potrebbe essere
ancora presente traccia di decarburazione mentre, per pelati/rettificati, questo rischio non esiste (essendo
stata la decarburazione già asportata in fase di pelatura).
Per fabbricare del buon prodotto rettificato è fondamentale che gli operatori alle macchine osservino scru-
polosamente le istruzioni date su: misure, velocità, rugosità, aspetto visivo, refrigerazione, ecc.
Altri accorgimenti sui quali va posta attenzione sono il ritiro e l’aumento di volume del materiale, dovuti alle
variazioni di temperatura dell’acciaio: per esempio, quando il rettificato si raffredda alle basse temperature
diminuisce di diametro e quando si riscalda aumenta di diametro.
Il prodotto rettificato deve essere protetto con molta cura e molta attenzione va riservata alla movimenta-
zione e allo stoccaggio.
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Considerazioni commerciali
è necessario ricordare che per i rettificati esistono livelli di prezzo per gli extra-dimensionali, in funzione delle
tolleranze h10 - h8 - h7 - h6. Queste diversità, che economicamente hanno una fondamentale importanza,
sono da imputare a differenti costi di produzione. è facilmente intuibile che il costo e i rischi di produrre
materiale in tolleranza h6 sono assai diversi da quelli affrontati nella produzione in tolleranza h10.
Centro di Rettifica in Tre Valli Acciai La stabilità dimensionale è Mole diametro 600 mm
mantenuta mediante lettori laser
Cricche da rettifica
Sono generate da un’azione combinata di tensioni impresse dal trattamento termico d’indurimento e dalla
rettifica. In fase di rettifica, il calore generato dalle mole può provocare la dilatazione del materiale: se la di-
latazione supera il valore di allungamento dell’acciaio, immancabilmente si manifestano delle rotture. Più la
resistenza meccanica del materiale è alta, minore è il suo allungamento e maggiori sono le tensioni in gioco.
Il materiale esterno si dilata e va in trazione mentre gli strati freddi sottostanti esercitano un’azione opposta.
Quando la forza di trazione supera il carico di rottura massimo del materiale, si formano delle cricche sotto
pelle in grado di generare delle squame che tendono a sollevarsi rispetto al loro piano iniziale.
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Il fenomeno può essere accentuato anche dal liquido di raffreddamento. Quando la superficie è eccessi-
vamente riscaldata dalla mola, l’acqua emulsionata può provocare una tempra molto drastica in grado
di indurre altre tensioni ed esaltare le micro cricche precedentemente innescate dalla rettifica. Il lavoro di
distacco del materiale genera calore in modo proporzionale alla resistenza del materiale moltiplicata per
l’area di lavoro al taglio, più l’area e il volume di deformazione per ricalcatura plastica dovuta alle mole.
Altri fattori in grado di causare difetti sono: mole troppo dure, passate troppo profonde e mole non ravvivate.
L’operazione di rettifica può causare un rinvenimento superficiale, questo abbassa la resistenza meccanica
dell’acciaio permettendo di liberare tensioni in grado di spaccare il materiale.
Acciaieria
Laminatoio
Barre rettificate
Raddrizzatrice
Pelatrice
Rettifica
Rullatrice di precisione
Barre rullate Controlli non distruttivi
EC MT UT CC CA
Barre pelate
Barre grezze
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Trattamenti GALVANICI
Le finalità di un rivestimento galvanico su un prodotto lavorato a freddo sono principalmente l’incremento della
resistenza a corrosione e l’aspetto lucido.
I trattamenti galvanici sono tecniche di rivestimento che sfruttando l’elettrolisi, decomposizione chimica basata sul
passaggio di corrente elettrica da anodo (ingresso corrente) a catodo (elettrodo a potenziale negativo) attraverso
una soluzione elettrolitica. La soluzione elettrolitica (rame, alpaca, nichel, argento, oro, palladio, rutenio ecc.) è
contenuta in vasche realizzate in materiale polimerico inerte oppure con una struttura metallica rivestito interna-
mente con lo stesso materiale polimerico inerte, portante sui due fianchi più lunghi gli anodi. Gli anodi possono
essere attivi e ossidarsi durante l’elettrolisi, fornendo ioni dello stesso tipo di quelli che si vanno depositando al ca-
todo, oppure possono essere di tipo inerte (titanio, titanio-platino, ecc.) e fungere solo da supporto per lo scambio
elettronico alla loro superficie, non partecipando alla reazione anodica. Quando gli anodi sono del tipo solubile,
vengono attivati appositi filtri che evitano il passaggio e il deposito di eventuali particelle sul catodo.
La barra catodica sulla quale sono fissati i pezzi da trattare viene collocata sopra la vasca, in posizione centrale
rispetto agli anodi, e può avere un movimento longitudinale; i relativi telai sono normalmente in ottone con ganci
di acciaio armonico. La superficie anodica generalmente è almeno il doppio di quella catodica.
A Raddrizzatore
B Soluzione chimica
C Materiale da cromare
D Anodo
Quando l’operazione è condotta a caldo, le vasche sono dotate di sistemi di riscaldamento a vapore tramite
serpentine in titanio per evitare la corrosione (nei piccoli impianti si usa energia elettrica utilizzando resistenze
protette in ceramica o teflon); la temperatura è controllata e regolata da appositi termostati; la soluzione è agitata
mediante pompe con portata oraria 10-20 volte il contenuto delle vasche, alle quali è applicato un sistema filtrante
che asporta eventuali particelle provenienti dai pezzi da trattare o dagli anodi. Altri strumenti a corredo delle va-
sche sono i sensori di livello e i rispettivi dosatori che comprendono anche quelli per i brillantanti. La tensione cui
si opera arriva a 6-8 V e la corrente alternata viene trasformata in continua, per rendere l’onda di corrente il più
lineare possibile. I manufatti da rivestire devono avere ottime finiture superficiali e assenza d’imperfezioni dovute
a difetti di materiale o di lavorazioni meccaniche. Perché non si verifichi corrosione, i depositi non devono essere
porosi (per evitare trasmissione elettrolitica fra due strati non confinanti). La porosità e, a volte, le cricche che sono
congenite nei rivestimenti, possono essere limitate sfruttando lo spessore del deposito.
25
CROMATURA
In molte produzioni di parti meccaniche per usi gravosi, si usa proteggere la superficie dei manufatti me-
diante cromatura galvanica. Gli steli per cilindri, barre di scorrimento, comandi pneumatici/oleodinamici,
colonne presse, ecc. possono essere realizzati in maniera più economica lavorando barre già cromate, piut-
tosto che cromare i singoli elementi dopo lavorazione meccanica. Il processo di cromatura è del tipo elet-
trolitico e normalmente ricopre una superficie metallica mediante immersione in una vasca contenente una
soluzione di acido cromico. Lo spessore dello strato di cromo e solitamente compreso tra 0,015 e 0,040 mm
fino a ipotetici 0,7-0,8 mm. Un deposito di alcuni decimi è sconsigliato per il basso rendimento dei bagni e
per l’aumento della fragilità in presenza di urti. Prima della cromatura la superficie del metallo deve avere
un’ottima finitura con rugosità Ra max 0,4 μm. Alla cromatura segue una eventuale distensione dello strato
cromato più una lucidatura/lappatura della superficie.
Cromatura tradizionale a immersione
Le barre vengono fissate a un telaio e immerse nella vasca. Il telaio è collegato al polo negativo, mentre nella
vasca sono disposti degli “elettrodi” (anodi) collegati al polo positivo. In questo modo l’energia elettrica si
trasforma in energia chimica (l’energia elettrica fa decorrere la reazione chimica che altrimenti non avverrebbe
spontaneamente). Questa tecnologia tradizionale crea purtroppo problemi di inquinamento, sia per smalti-
menti che per vapori dovuti alla temperatura dei bagni. Il recupero delle barre produce gocciolamenti di acido
cromico e le grandi vasche richiedono la non facile gestione di migliaia di litri di soluzioni contaminanti.
Cromatura in continuo
Le barre entrano in vasca una dietro l’altra in orizzontale. La perdita di corrente è notevolmente inferiore rispet-
to al metodo sopra descritto. Il movimento di avanzamento, comprendente anche la rotazione della barra, porta
a ottenere lo stesso spessore di cromo su tutta la superficie del materiale. La ridotta distanza fra anodo e barra
permette d’incrementare il rendimento elettrico del processo. La vasca è abbastanza piccola e contenendo
limitate soluzioni chimiche produce meno vapori, facilmente convogliati in cappe aspiranti. La quasi completa
automazione del processo permette inoltre maggior produttività, ripetibilità e qualità del prodotto.
26
Zincatura
Processo di rivestimento di un manufatto di acciaio con uno strato di zinco per migliorarne la resistenza alla
corrosione.
L’utilizzo dello zinco come elemento protettivo per l’acciaio è dovuto alle sue ottime proprietà,quali: ottima
aderenza al substrato, impermeabilità, resistenza all’abrasione e attacco chimico; in caso di danneggiamen-
to del rivestimento, la corrosione avviene per lo zinco e non nell’acciaio.
Tra i vari metodi per depositare lo strato di zinco i più comuni sono:
1) Zincatura a Caldo - Processo di deposizione dello zinco sul metallo base ottenuto per immersione a caldo.
2) Zincatura Elettrolitica - Processo di deposizione dello zinco sul metallo base ottenuto per elettro-deposizione.
Con la zincatura a caldo si intende generalmente l’immersione in zinco fuso mediamente alla temperatura di 455 °C;
in questa fase lo zinco, oltre a ricoprire l’acciaio, entra anche in lega nello strato superficiale, conferendo resistenza
meccanica e il giusto ancoraggio al materiale trattato.
Il processo può essere suddiviso nelle seguenti fasi, separate una dall’altra:
• decapaggio e sgrassaggio ottenuti con HCl e tensioattivi a temperatura ambiente;
• flussaggio con immersione in soluzione di ammonio cloruro e zinco cloruro;
• zincatura, immersione, previo preriscaldo a 100 °C in vasca di zinco fuso a 455 °C per un tempo che varia da
1.5 a 5 min (per sagome complesse l’immersione può richiedere anche tempi oltre 10 min).
La zincatura a caldo si esegue generalmente su acciai al carbonio, acciai debolmente o medio legati sulla ghisa
grigia e su quella malleabile. Questo trattamento di ricopertura non è generalmente adatto per acciai a zolfo
controllato, risolforati e al piombo.
27
Fattori che maggiormente influiscono sulla zincatura a caldo
L’acciaio è costituito principalmente da ferro e carbonio con presenza più o meno desiderata di altri elemen-
ti, classificati come impurezze o leganti.
Differenti composizioni chimiche possono dar luogo a reazioni diverse durante la diffusione dello zinco nello
stato superficiale dei prodotti; si potranno pertanto notare strati di rivestimenti disomogenei per colorazione,
spessore e aderenza. Elementi come il silicio, il carbonio e il fosforo tendono ad aumentare lo spessore dello
strato di lega Fe/Zn, dando origine a superfici quasi brillanti.
Il maggior spessore di zinco non è sempre indice di buon rivestimento e in alcuni casi gli strati possono essere
composti di sola lega ferro-zinco senza il necessario strato esterno di zinco puro. Sottili rivestimenti (~ 0.08
mm) sono in genere più aderenti e plastici pertanto meglio predisposti a piegatura; quelli più consistenti (~
0.20 mm) sono più alti di durezza e fragili, di conseguenza meno adatti a sostenere urti e vibrazioni.
0.25
0.24
0.22 452 °C
0.20 440°C
431 °C
0.18
0.14
0.12
0.10
0.08
0.06
0.04
0.02
0
0 0.05 0.10 0.15 0.20 0.25 0.30 0.35 0.40 0.45
Contenuto di silicio %
Alcune sperimentazioni hanno comunque evidenziato gli effetti che può apportare il silicio durante questo processo.
Come si può notare dal grafico sopra riportato, le percentuali di silicio da 0,03 a 0,12% e superiore a 0,3%
sono in grado di provocare una consistente reazione ferro-zinco che porta a maggiori spessori di deposito
ma anche a una minore aderenza dello stesso. L’effetto combinato silicio-fosforo può influenzare il pro-
cesso e per meglio governarlo si possono considerare i seguenti aspetti.
1) Formula utile: Si + 2,5 P max 0,09% per prodotti laminati e Si + 2,5 P max 0,04% per prodotti deformati
a freddo.
2) Mantenere la percentuale di silicio sotto lo 0,25%.
Il carbonio presente nell’acciaio in quantità limitate (0.10 - 0,18%) non influisce molto sullo strato della
zincatura, ma in percentuali superiori allo 0.35 è in grado di accelerare la reazione ferro-zinco con conse-
guente aumento di spessore.
Lo zolfo in quantità superiori allo 0.20% può velocizzare la reazione di zincatura tanto da dar vita a un ini-
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zio di corrosione dell’acciaio sottoposto a ricopertura. Cromo, manganese, nichel, niobio, titanio e vanadio,
presenti nell’acciaio sotto forma di elementi residui, hanno effetto simile a quello dello zolfo.
Da esperienze nel campo è stato notato che il materiale calmato con alluminio permette una maggiore
aderenza e un più preciso controllo dello spessore del riporto.
Altro fattore importante per una corretta zincatura è quello di contenere la tendenza a infragilimento da
invecchiamento dell’acciaio.
La predisposizione dell’acciaio all’invecchiamento e il conseguente rischio d’infragilimento sono principal-
mente causati dal contenuto di azoto nell’acciaio che, a sua volta, dipende in larga misura dal processo di
fabbricazione e dal tasso d’incrudimento subito durante la deformazione plastica a freddo.
L’infragilimento per invecchiamento è un fenomeno metallurgico che colpisce qualsiasi tipo di acciaio.
In base all’entità della deformazione a freddo, la resistenza Rm dell’acciaio aumenta, mentre la duttilità (Allun-
gamento %) e la tenacità (resilienza Kv) diminuiscono. Va considerato che ogni 1% di deformazione a freddo
farà diminuire di 3 °C la temperatura di transizione (una riduzione del 12% farà calare la transizione di 36 °C).
Per meglio spiegare: se un acciaio ha il suo punto di transizione a -20 °C (perdita brusca di tenacità solita-
mente misurata in J con resilienze Kv), una riduzione del 12% farà avvenire il fenomeno a +16 °C.
Per ridurre il rischio d’infragilimento va impiegato un acciaio non suscettibile a invecchiamento, quindi un
acciaio con aggiunte di V (vanadio), Nb (niobio) e Ti (titanio), i quali fissando l’azoto sono in grado di con-
trastare la tensione da indurimento per invecchiamento; oppure acciai calmati con alluminio (prassi comune
nelle moderne acciaierie).
Il rapporto di riduzione per deformazione a freddo deve essere mantenuto il più basso possibile; qualora
questa condizione non possa essere soddisfatta, va applicato un trattamento termico di distensione prima
di procedere a successivo decapaggio e zincatura a caldo.
Anche la finitura superficiale può incidere in maniera considerevole sullo spessore del deposito.
Se il prodotto da rivestire è molto ruvido (es. pezzi sabbiati con rugosità Ra 3.2 µm), la superficie annetterà
una maggiore quantità di zinco fuso anche nell’ordine del 20% in più rispetto a un materiale con rugosità
Ra 1.6 µm, con conseguente aumento dello strato di zinco e del costo dell’operazione.
La superficie dei pezzi deve essere molto pulita ed esente da difetti tipo micro-cavità, rigature, ecc. perché la
zincatura, non avendo un effetto coprente, non maschererà, anzi, evidenzierà gran parte dei difetti di base.
Alcuni difetti come le sfogliature possono non evidenziarsi in fase di decapaggio, ma certamente saranno
visibili durante la zincatura. Anche macchie di olio, vernice e grasso influiscono negativamente sull’aspetto
finale del trattamento di zincatura.
Per la pulitura può essere necessaria anche la bruciatura dei composti aggrappati alla superficie perché
sviluppano gas durante la zincatura e ne impediscono l’adesione. Asportare le scorie di saldatura con scal-
pellatura o sabbiatura, perché resistono agli acidi; proteggere il filetto maschio con nastro isolante telato
(non plastico) che potrà essere agevolmente asportato mediante spazzolatura metallica a fine zincatura; per
le filettature femmine, impiegare del normale stucco sigillante per vetri o spine di legno.
29
30
CONTROLLI DELLE Caratteristiche del materiale
Analisi chimica di colata
La composizione chimica di colata è in genere quella fornita dai produttori dell’acciaio e deve essere sempre
conforme alle prescrizioni delle normative di riferimento.
Prova di Trazione
Questa prova distruttiva è da considerarsi la più diffusa e versatile, poiché permette di misurare contempora-
neamente le caratteristiche di resistenza e di duttilità. I valori ricavabili sono: Snervamento (Rp0.2 / ReH), Rot-
tura (Rm / R), Allungamento (A%), Contrazione (C% / Z%). La prova va definita in fase di ordine e gli addetti
alla produzione devono prelevare i campioni in base alle indicazioni riportate sulla scheda di lavoro.
Norma di riferimento: EN 10002-5.
rottura N/mm2
acciaio bonificato
rame
allungamento
Macchina per prove di trazione Diagrammi di carico ricavati dalla macchina di trazione
Durezza
La durezza H (Hardness) è la resistenza che la superficie di un materiale oppone alla sua penetrazione.
I vantaggi della prova di durezza si possono enunciare in: facilità e rapidità di esecuzione; economicità, sia
per i bassi costi delle macchine che nella preparazione della stessa.
Questa prova può dare un’indicazione sulla resistenza meccanica, convertendo i valori ottenuti in resistenza
a trazione, attraverso tabelle ufficiali (es. ASTM A 370) costruite in base a comparazioni.
Norme di riferimento: UNI EN ISO 6506, UNI EN 6508.
31
Prova di resilienza
Questa prova è denominata distruttiva perché porta a rottura i provini e si esegue a temperatura ambiente,
ma anche a basse e alte temperature.
Il compito principale di questa verifica è quello di determinare il grado di tenacità (resistenza agli urti) di
un acciaio. La forza espressa in J (Joule) è rapportata alla sezione resistente del provino preventivamente
intagliato. Altri dati ricavabili sono le curve di transizione duttile-fragile (rottura di provini a -10 °C, -20°C,
-30 °C, -60 °C, -180 °C per stabilire quando l’acciaio diventa fragile) e le simulazioni sull’invecchiamento
(provini pressati al 10% della sezione e distesi a 300 °C).
Per i trafilati, i valori minimi di resilienza non sono previsti dalle norme e non vengono garantiti.
Norme di riferimento: EN 10045-1 e ASTM A 370.
5
6
8 Legenda
7 1. Fondazione 7. Indice della scala J
9 2. Incastellatura 8. Supporti del pendolo
10
3. Appoggi 9. Asta del pendolo
11
4. Provetta 10. Mazza
4
2 5. Scala Joule (forza-lavoro) 11. Tagliente del coltello
3
6. Asse di rotazione
1
Prova di temprabilità
La prova di temprabilità, comunemente detta Jominy, si utilizzata per determinare l’attitudine di un acciaio
all’indurimento mediante tempra; da questa prova si ottiene una curva durezza-distanza. In pratica, si utiliz-
za per avere preventivamente l’informazione della durezza sui pezzi che saranno temprati a posteriore con
tecniche industriali. La prova è condotta su un provino, ricavato da un prodotto di una determinata colata,
sottoposto al riscaldo in apposito forno fino alla temperatura d’austenitizzazione (temperatura alla quale,
durante il riscaldo, la struttura dell’acciaio si trasforma in austenite). Segue un raffreddamento mediante
spruzzo d’acqua, con una propagazione controllata lungo l’asse. Dall’estremità temprata viene eseguita
poi una serie di durezze (HRC) con inizio a 1 mm e normalmente fino a 50 mm, al fine di ottenere la curva
(banda) decrescente. Norma di riferimento: EN ISO 642.
100 mm 25 mm mm
0 11 25 35 50 60 80 100
12,5 mm H2 O 20 °C
HRC
32
Prova di piega
Con questa prova non si determinano valori meccanici, ma si esamina il comportamento del materiale sotto sforzo.
Normalmente è eseguita a temperatura ambiente, con angoli da concordare in fase di ordinazione. Serve per stabi-
lire la bontà o meno del materiale sottoposto una deformazione plastica. Il materiale va piegato senza inversione
del senso di flessione fino all’ottenimento dell’angolo prestabilito (90°-180°). La forza di piegamento deve essere
applicata lentamente, in modo da non ostacolare lo scorrimento plastico del materiale. Dopo piega, si devono
esaminare i lembi e la faccia esterna della parte piegata. Il materiale risulterà conforme se non si noteranno spac-
cature, microstrappi o difetti concordati in fase di ordine (spesso al trafilato viene richiesta questa caratteristica).
Ricordiamo che è buona norma partire da un laminato ricotto, prima della trafilatura, per avere buoni risultati.
Se sul trafilato si manifestano rotture, in fase di piega, sono utili delle distensioni o ricotture in bianco che non
danneggeranno lo stato superficiale e permetteranno di avere buona predisposizione verso questa prova.
Norma di riferimento: UNI 564.
Analisi metallografica
L’analisi metallografica eseguita in modo corretto al microscopio ottico, permette di valutare la microstrut-
tura e la presenza di difetti all’interno del materiale (inclusioni, composti intermetallici, cricche, ecc.) che a
occhio nudo è impossibile effettuare.
Microscopio ottico
33
Le norme di riferimento UNI 3245 e ASTM E 112 descrivono i metodi di valutazione e danno indicazioni
mediante immagini tipo per la valutazione delle varie grandezze.
Decarburazione superficiale
La decarburazione dipende dal coefficiente di diffusione del carbonio nell’acciaio. Il carbonio, combinandosi
con l’ossigeno dell’atmosfera dei forni o dell’aria tende ad uscire dallo strato superficiale del materiale.
La decarburazione si manifesta come scomparsa del carbonio nello strato superficiale rispetto alla struttura
sottostante inalterata, visibile al microscopio ottico con una banda più chiara nello strato superficiale. La
34
decarburazione può essere determinata anche analiticamente; in superficie sarà evidenziata una bassa per-
centuale di carbonio rispetto all’interno. Per questa ragione, quando si devono determinare delle analisi di
prodotto, è buona norma asportare almeno 1-2 mm di materiale e poi procedere con la prova. Altro effetto
causato dalla decarburazione è l’abbassamento della durezza superficiale. Anche in questo caso si dovranno
asportare 1-2 mm per avere un valore attendibile.
Norma di riferimento: UNI 4839.
Bandeggio
Le caratteristiche micro-strutturali dei materiali possono incidere notevolmente sull’esito della lavorazione
mediante macchine utensile e, nel peggiore dei casi, comprometterla.
La struttura che più frequentemente causa problemi è quella a “bande” Ferrite-Perlite, perché le due parti
presentano durezze assai diverse e le macchine a controllo numerico ne risentono. Alcuni trattamenti termici
eseguiti ad alte temperature (normalizzazione, ricottura globulare, ecc.) possono attenuare il problema.
35
36
TERMINOLOGIA
Allungamento A%
Esprime l’allungamento subito dal materiale quando è portato a rottura con la prova di trazione. è un dato che può
dare ai progettisti la segnalazione di quanto l’acciaio si può allungare prima di andare a rottura.
Amagnetico
Si dice di un acciaio che presenta comportamenti ferromagnetici e che può essere smagnetizzato con op-
portuno trattamento termico, consistente nel superamento del punto critico del magnetismo (769 °C), nella
permanenza sopra tale punto per un adeguato periodo, nel raffreddamento solitamente all’aria o in forno.
Anisotropia
La forma di un cristallo è differente nelle diverse direzioni così come le proprietà fisiche (indice di rifrazione,
conducibilità elettrica, conducibilità termica, proprietà meccaniche, magnetiche, ecc.) che variano a seconda
della direzione considerata.
Anisotropo
Le proprietà fisiche specifiche all’interno di un materiale hanno valori diversi nelle varie direzioni.
Calore specifico
Quantità di calore necessaria per innalzare la temperatura di un’unità di massa di 1 °C.
Il calore specifico a 20 °C degli acciai ferritici e martensitici è leggermente inferiore a quello degli austenitici,
ma cresce più rapidamente con l’aumentare della temperatura.
Campo Magnetico
Campo di forza che si sviluppa attorno a un magnete o a un circuito percorso da corrente elettrica. Viene
indicato con H e si misura in Ampere/metro.
Carico di rottura Rm-R
Carico unitario di rottura determinato con provette proporzionali di trazione, si esprime in N/mm².
Fenomeno che avviene in un solido soggetto a un sistema di sollecitazioni quando si ha il cedimento dei lega-
mi interni di coesione molecolare. Impiegato dai progettisti per il dimensionamento delle strutture portanti.
37
Carico di snervamento Rp0.2
Carico unitario di scostamento della proporzionalità, comunemente impiegato come snervamento allo 0,2%.
Il valore è dedotto dalla prova di trazione, si esprime in N/mm² e serve ai progettisti per determinare le
sezioni e il margine di sicurezza da adottare nelle strutture che compongono una determinata costruzione.
Conduttività
Proprietà dei materiali di trasmettere il calore o l’energia sonora o la corrente elettrica.
Simbolo: Siemens • m/mm2.
Conducibilità termica
La conducibilità termica è la misura in W / (m • K) dell’attitudine di un corpo a trasmettere il calore; dipende
solo dalla natura del materiale e non dalla sua forma.
Questa proprietà è molto più alta negli acciai al carbonio ~ 50 W / (m • K) e legati ~ 40 W / (m • K); si
abbassa a ~ 30 W / (m • K) negli acciai inossidabili al 15% di cromo e scende a ~ 15 W / (m • K) in quelli
contenenti nichel e molibdeno.
La conducibilità termica aumenta in proporzione al riscaldamento del pezzo ed è un parametro utilizzato nei
trattamenti termici per definire la velocità di riscaldo.
Coefficiente di temperatura
Delinea la variazione delle proprietà magnetiche al variare della temperatura. Abitualmente si esprime in
% di variazione della regione per ciascun grado di temperatura.
Coercimetro
Apparecchiatura automatica che permette di misurare la forza coercitiva di campioni di acciaio di qualsiasi
forma regolare o irregolare e di particolari lavorati a disegno o assemblati con altri materiali.
Norme comunemente usate per i controlli: ASTM 341 o IEC 404-7.
Coercitività
è il campo magnetico, espresso con Hc, necessario per ridurre l’induzione B o la magnetizzazione M al
valore zero. Solitamente si misura in Oersted oppure in Ampere/metro. Serve per misurare, in un materiale
magnetizzato, la resistenza alla smagnetizzazione.
Conduttività
Proprietà dei materiali di trasmettere il calore o l’energia sonora o la corrente elettrica. Grandezza fisica
corrispondente all’inverso della resistività.
38
Curva di Isteresi
Rappresentazione grafica della curva ottenuta misurando l’induzione B (aria + materiale) o la magnetizza-
zione M in presenza di un campo magnetico H. Descrive un ciclo completo tra i limiti definiti per l’induzione
o la magnetizzazione di saturazione dal primo al terzo quadrante.
1.8
B (Tesla)
Br
1.2
0.6
Hc
0
1.7
-1.2 1.2
0.5
0.3
-1.8
39
I valori della densità sono riportati nelle schede tecniche.
Acciaio 42CrMo4 (1,80 • 1,80 • 7,85 • 15,00) = Kg 381,51
Acciaio 1.4006 (1,80 • 1,80 • 7,70 • 15,00) = Kg 374,22
Acciaio 1.4567 (1,80 • 1,80 • 8,027 • 15,00) = Kg 390,11
Densità di flusso
Definisce il campo d’induzione come numero di linee di forza per unità di area.
Dielettrico
Sostanza isolante entro la quale si può produrre un campo elettrostatico con accumulo di energia. Ha la
funzione di separare parti a potenziale diverso e di obbligare la corrente a seguire determinati percorsi.
Durezza
Caratteristica dipendente dalle forze di coesione molecolare. È espressa mediante varie grandezze (HB, HRC,
HV, ecc.) contenute in tavole empiriche, fra le quali esiste solo una certa correlazione, tutte in rapporto con
il carico di rottura a trazione.
Espansione termica
L’espansione o dilatazione termica è il fenomeno fisico che si manifesta quando il materiale aumenta di volu-
me, in risposta all’aumento di temperatura durante un trattamento termico, in esercizio o in fase di saldatura.
Il valore può essere determinato mediante dilatometri o preso come riferimento indicativo dalle schede
tecniche contenute nel volume Progettare con gli acciai del Gruppo Lucefin.
Questo dato entra nel calcolo della formula atta a stabilire la dilatazione teorica lineare e volumetrica in milli-
metri che un acciaio subirà quando riscaldato a temperature fra 20 e 100 °C, 20 e 200 °C, 20 e 300 °C, ecc.
Lo = Lunghezza iniziale della barra o del pezzo in millimetri
ro = Raggio iniziale in millimetri
E = Costante riportata nelle schede tecniche (es. come valore di 10-6 • K-1 pari a 10.4 inserire 0,0000104)
Δt = Differenza di temperatura tra quella di riscaldo del pezzo e quella dell’ambiente
L = Lunghezza in millimetri dopo riscaldo a °C...
V = Volume in mm 3 dopo riscaldo
Dilatazione lineare L = Lo • (1 + (E • Δt))
Dilatazione volumetrica V = 3,14 • r2 • Lo • (1 + (2 • E • Δt)) • (1 + (E • Δt)
Flusso
Numero di linee magnetiche di forza misurato in Gauss o Tesla. Le linee possono essere visualizzate utiliz-
zando delle polveri di ferro a secco o a umido.
40
Ferriti
Materiali non metallici costituiti da ossidi di ferro e da un metallo bivalente (Mg, Mn, Zn, Cu, ecc.) e assimi-
labili ai materiali ceramici per durezza e fragilità. Hanno conducibilità molto bassa pertanto sono adatti alla
realizzazione di nuclei ferromagnetici per applicazioni in alta frequenza (5 - 500 kHz). Le ferriti più comuni
sono del tipo Mn-Zn, Ni-Zn, Mg-Mn.
Flussometro
Strumento che serve a misurare una variazione di flusso d’induzione magnetica.
Forza coercitiva
Forza demagnetizzante necessaria per ridurre l’induzione B al valore zero dopo aver portato il materiale a
saturazione. Si misura in Oersted oppure in A/m e KA/m. Simbolo: Hc.
Forza coercitiva intrinseca
Misura la resistenza di un materiale magnetico rispetto ad una forza demagnetizzante e indica il suo grado
di stabilità alle alte temperature. Simbolo: Hci.
Gauss
Unità di misura dell’induzione magnetica nel sistema CGS elettromagnetico. Indica le linee di flusso per cm2.
Gaussometro
Apparecchio usato per misurare il valore istantaneo dell’induzione magnetica e del magnetismo residuo.
41
Isotropo
Si dice di un corpo le cui proprietà fisiche sono identiche in tutte le direzioni. Nel campo dei materiali me-
tallici l’orientamento magnetico delle particelle non ha una direzione preferenziale e questo consente di
magnetizzarli in tutte le direzioni.
Isteresi
Fenomeno caratteristico delle sostanze ferromagnetiche, nelle quali l’intensità di magnetizzazione non di-
pende univocamente dal valore del campo magnetico cui sono sottoposte, ma anche dalla precedente evo-
luzione già subita entro il campo magnetico. è definita anche come la capacità di un materiale magnetico di
conservare la sua forza magnetica in presenza di un’energia di smagnetizzazione.
Magnete
Corpo ferromagnetico magnetizzato in modo artificiale o naturale. Solo alcuni tipi di sostanze sono in grado
di acquistare, con opportuni trattamenti, una soddisfacente magnetizzazione permanente.
Magnetismo residuo
Dopo esser venuti in contatto con un campo magnetico (tipicamente magneti di sollevamento, processi indut-
tivi, ecc.), i materiali in acciaio possono trattenere del magnetismo nella loro struttura, definito “magnetismo
residuo”. L’intensità del magnetismo residuo dipende da diversi fattori, tra i più importanti: composizione
chimica, intensità dell’origine del campo magnetico, temperatura del materiale.
Magnetizzazione
Momento magnetico per unità di volume. Si misura in Ampere/metro.
Magnetostrizione
Questo fenomeno può comportare dei cambiamenti dimensionali in presenza di magnetizzazione.
Massimo prodotto di energia
Nella curva d’isteresi è rappresentato dal punto di massimo prodotto tra la forza magnetizzante H e l’indu-
zione B. Si definisce anche come l’energia che un materiale magnetico può trasferire a un circuito magnetico
esterno agendo in un punto della curva di smagnetizzazione. Simbolo: BH max.
Materiali antiferromagnetici
Nei materiali antiferromagnetici le strutture magnetiche a e b sono esattamente uguali ma opposte, creando
così un annullamento dei momenti magnetici e una magnetizzazione nulla.
L’ematite è il materiale antiferromagnetico per eccellenza.
42
Materiali diamagnetici
Si dice di sostanze la cui magnetizzazione indotta avviene in senso contrario a quella del campo induttore.
Sono composti di atomi privi di un momento magnetico in quanto disposti in orbitali completi senza elet-
troni spaiati. Questo porta a una repulsione in presenza di campo magnetico. Si genera, in altre parole,
una magnetizzazione negativa, esattamente l’opposto di ciò che accade nei materiali ferromagnetici. Tra i
materiali diamagnetici troviamo il quarzo, la calcite, l’acqua e le sostanze organiche.
Materiali ferromagnetici
Una delle caratteristiche principali dei materiali ferromagnetici è la presenza di una magnetizzazione spon-
tanea che esiste in assenza di un campo magnetico e che può essere aumentata fino a raggiungere la
magnetizzazione di saturazione. La saturazione avviene ad alte temperature e a moderati campi magnetici.
In particolare, ogni materiale ferromagnetico a una temperatura detta t. di Curie, diversa da materiale a ma-
teriale, perde la disposizione ordinata degli elettroni e assume un comportamento paramagnetico. Inoltre, i
materiali ferromagnetici possono trattenere una memoria della magnetizzazione a cui sono stati sottoposti
in passato. Gli elementi ferromagnetici per eccellenza sono il ferro, il nichel e il cobalto. Fanno parte di que-
sta categoria gli acciai inossidabili ferritici, martensitici e duplex.
Materiali paramagnetici
Sono costituiti da atomi e ioni con elettroni spaiati e orbitali incompleti. Mostrano un momento magnetico
netto e in presenza di campo magnetico sono in grado di magnetizzarsi. Si tratta però di una magnetizza-
zione debole, che svanisce non appena il campo magnetico viene allontanato. Tra i materiali paramagnetici
troviamo l’ossigeno liquido, l’alluminio, la biotite, la pirite e la siderite. Appartengono a questa categoria gli
acciai inossidabili austenitici (a struttura austenitica molto stabile).
Maxwell
Unità di misura del flusso prodotto da un campo magnetico d’intensità unitaria nel sistema CGS relativo a una su-
perficie di area di 1 cm²; un Maxwell vale 10-8 Weber ed equivale a una linea di flusso magnetico. Simbolo: Mx.
Modulo elastico
Caratteristica di un materiale che esprime il rapporto tra tensione e deformazione, nel caso di condizioni
di carico monoassiale e in caso di comportamento del materiale di tipo “elastico”. è usato dai progettisti
per la verifica degli sforzi flessionali, sotto sollecitazione in esercizio, al fine di stabilire il carico massimo
applicabile a una costruzione. Nelle schede tecniche sono riportati i moduli elastici longitudinali tipici di ogni
acciaio e le varie temperature alle quali può trovarsi a dover lavorare un prodotto in acciaio.
m = 1/coefficiente di Poisson (il coefficiente di Poisson è riportato su alcune schede tecniche del volume Acciai
inossidabili - Gruppo Lucefin © 2011).
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E = Modulo elastico longitudinale G = Modulo elastico tangenziale
Il risultato si esprime in GPa (GigaPascal). E = G / (m / 2 • (m + 1)) G = (m / (2 • (m + 1)) • E
Momento magnetico
Si misura in Am2 (Ampere per metro quadro).
Permeabilità (μo)
è la facilità di propagazione del flusso magnetico nel vuoto: μo = 1,26 • 10-6 • H/m
μr < 1 Materiali diamagnetici (il campo magnetico viene indebolito all’interno del materiale)
μr > 1 Materiali paramagnetici (il campo viene rafforzato all’interno del materiale)
μr >> 1 Materiali ferromagnetici e ferrimagnetici (il campo viene molto rafforzato all’interno del materiale)
Permeabilità iniziale
è il rapporto tra il campo B e il campo H misurato quando quello H tende a zero. Più utile risulta la permea-
bilità relativa o il quoziente prodotto da permeabilità del materiale e permeabilità dello spazio vuoto (aria).
Si usa per indicare i deboli acciai ferromagnetici impiegati per allestire i nuclei dei trasformatori.
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(la calamita li attrae) quando sono a temperatura ambiente e cedono questa caratteristica quando sono
scaldati sopra i 769 °C. Gli acciai austenitici sono classificati come non magnetici e la loro permeabilità è
nell’ordine di 1,02 µr. Possono magnetizzarsi leggermente in trafilatura a freddo, ma una successiva ricristal-
lizzazione ristabilisce lo stato di amagnetismo.
Permeametro
Apparecchiatura in grado di realizzare cicli d’isteresi e misure di magnetizzazione di acciai magnetici dolci
(es. inossidabili per elettrovalvole e nuclei). Agisce con modalità completamente automatica e può determi-
nare i seguenti parametri: Br, Hc, Bsat, Jsat, µmax. Norme comunemente usate per i controlli: ASTM 341
oppure IEC 404-4 per provini rettilinei o barre.
Polarizzazione magnetica
Fenomeno per cui una sostanza immersa in un campo magnetico orienta i momenti magnetici dei suoi atomi
in modo da magnetizzarsi per induzione. Termine in generale usato per indicare un’alterazione delle condi-
zioni fisiche di un mezzo in cui alcuni fenomeni, precedentemente isotropi, assumono un carattere vettoriale.
Resilienza
Indica la tenacità del materiale quando è sottoposto a urti violenti. La resistenza espressa in J (lavoro - ener-
gia) si determina mediante la rottura di provini preintagliati e comunemente del tipo Kv. Anche questo valore
indica la predisposizione o meno di un acciaio a essere sottoposto a determinati impieghi.
Resistività elettrica
Resistenza di un tratto di conduttore di lunghezza unitaria e sezione di area unitaria, si misura in Ω •
mm2/m. La resistività di un conduttore dipende dalla sua natura, dalla temperatura e, in alcuni casi partico-
lari, dall’intensità del campo magnetico entro il quale si trova. La resistività si annulla allo zero assoluto e
aumenta del 6% circa ogni 100 °C quando il materiale è riscaldato. L’aumento della resistività del materiale
si può ottenere modificando la composizione del materiale (es. aumentando il tenore di silicio a 4-4,5%).
Rimanenza magnetica
Rappresenta la magnetizzazione rimanente quando il campo applicato è zero. Graficamente è l’intersezione
della curva con l’asse delle ordinate. Simbolo: Mr.
Saturazione
Fenomeno per cui, in una sostanza ferromagnetica posta in un campo magnetico sufficientemente intenso,
la magnetizzazione rimane praticamente costante rispetto a ogni ulteriore aumento dell’intensità del campo
magnetico.
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Scorrimento viscoso (Creep)
Processo di deformazione a sollecitazione costante, per temperature elevate. Il provino viene sottoposto,
mediante strumentazioni di laboratorio, per un certo numero di ore a un determinato carico costante e
temperatura costante. I risultati che si ottengono simulano il comportamento dell’acciaio nel tempo.
Smagnetizzazione
Questa forza magnetica indesiderata (nei manufatti destinati a rettifica, lappatura, trattamenti galvanici,
ecc.), attrae la limatura o la polvere di ferro e dà luogo a inaccettabili finiture superficiali. Può essere diminu-
ita o eliminata portando l’acciaio a una temperatura superiore a 769 °C oppure facendolo passare in tunnel
smagnetizzatori. Altro metodo abbastanza efficace è il trattamento termico di distensione con permanenze
molto lunghe.
Solenoide
Bobina di filo elettrico avvolto in uno o più strati, a spire molto accostate su un supporto per lo più cilindrico,
di lunghezza molto grande rispetto al diametro delle spire.
Temperatura di Curie
Temperatura di trasformazione dei materiali metallici da ferromagnetici a paramagnetici. Generalmente questa
temperatura dipende dalla composizione chimica dell’acciaio; una volta che il materiale la raggiunge, perde tut-
te le proprietà magnetiche permanenti e non è più in grado di ritenere il magnetismo. Simbolo: Tc = 769 °C.
Temperatura massima di esercizio
Temperatura massima di esposizione alla quale un materiale può resistere senza che intervengano modifi-
che delle proprietà strutturali o meccaniche.
Tesla
Unità di densità del flusso magnetico: 1 T = 10000 Gauss.
Viscosità magnetica
Descrive il ritardo nella variazione di magnetizzazione in un materiale ferromagnetico quando il campo
magnetico esterno cambia bruscamente d’intensità.
Weber
Unità di misura del flusso magnetico equivalente al flusso magnetico che, attraversando una singola spira, vi
induce una forza elettromotrice di 1 volt quando viene ridotto a zero in 1 secondo. 1 Weber = 10-8 Maxwell.
Simbolo: Wb.
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47
Dimensioni e Tolleranze per prodotti di acciaio Finiti a
Freddo EN 10278
contenuto di carbonio max 0,20% contenuto di carbonio > 0,20%
PIATTI tolleranze Dimensionali
e acciai automatici a basso C% e tutti gli altri acciai
larghezza deviazione ammessa
mm mm mm mm
< 18 +0 - 0,11
> 18 < 30 +0 - 0,13
> 30 < 50 +0 - 0,16
> 50 < 80 +0 - 0,19
> 80 < 100 +0 - 0,22
> 100 < 150 + 0,50 - 0,50
> 150 < 200 + 1,00 - 1,00
> 200 < 300 + 2,00 - 2,00
> 300 < 400 + 2,50 - 2,50
tolleranze di Rettilineità
PIATTI deviazione massima per
acciai
C% < 0,25 inox, cuscinetti, larghezza w spessore t
C% < 0,25
larghezza mm legati bonificati utensili
mm/m mm/m mm/m
1,5 1,5 1,5 w w = larghezza
< 120
1,5 2,0 2,0 t t = spessore
> 120 1,5 2,0 2,0 w
w / t < 10 2,0 2,5 2,5 t w/t = rapporto
> 120 2,0 2,5 2,5 w
w / t > 10 2,5 3,0 3,0 t
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Qualità superficiale Laminati a Caldo
Allo stato attuale, per la vergella laminata in rotoli, solo pochi fornitori possono fare dei controlli superficiali perchè
la velocità di laminazione a caldo e le alte temperature non consentono una verifica attendibile sulle difettosità prima
dell’avvolgimento finale.
Per le barre laminate la situazione migliora in considerazione del fatto che la profondità del difetto, proporzionalmente
ai rotoli, incide meno e inoltre esistono possibilità di controllo più affidabili.
Al momento dell’ordinazione del grezzo si dovrà pertanto fissare una classe di accettazione e successivamente, in fase
di sabbiatura prima della trafilatura, verificarne la conformità.
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Qualità superficiale Lavorati a freddo
Considerato che i difetti superficiali non possono essere eliminati senza asportazione di materiale, il prodot-
to tecnicamente esente da difettosità di superficie sarà soltanto il pelato rullato e/o rettificato.
Nel trafilato, invece, ritroveremo tutti i difetti presenti sulla superficie decalaminata dei prodotti di partenza.
Questi, saranno di forma più allungata e, a volte, leggermente ridotti in profondità, ma saranno più evidenti
per il miglior aspetto superficiale del trafilato.
Nel caso in cui l’ordine non riporti esigenze particolari, la classe di fornitura è la 1, quella meno severa.
1)
d = Diametro nominale della barra e larghezza in chiave dei quadri e degli esagoni
2)
+ indica che la forma di prodotto è disponibile nelle corrispondenti classi
- indica che la forma di prodotto non è disponibile nelle corrispondenti classi
3)
La profondità massima dei difetti si riferisce alla rispettiva sezione (larghezza o spessore)
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Tolleranze Dimensionali per Barre Finite a Freddo
estratto da ASTM A 108-07 TAB. A 1.1
contenuto contenuto
Barre di carbonio di carbonio
in acciaio max 0,28 % oltre 0,28 %
o minore fino a 0,55% incluso
sezione tolleranze tolleranze
pollici mm pollici mm pollici mm
< 3/4 < 19,05 - 0,003 0,076 - 0,004 0,102
> 3/4 < 1-1/2 > 19,05 < 38,10 - 0,004 0,102 - 0,005 0,127
PIATTI
> 1-1/2 < 3 > 38,10 < 76,20 - 0,005 0,127 - 0,006 0,152
>3 <4 > 76,20 < 101,6 - 0,006 0,152 - 0,008 0,203
>4 <6 > 101,6 < 152,4 - 0,008 0,203 - 0,010 0,254
>6 > 152,4 - 0,013 0,330 - 0,015 0,381
> 1-1/2 < 2-1/2 > 38,10 < 63,50 - 0,004 0,102 - 0,006 0,152
> 2-1/2 < 4 > 63,50 < 101,6 - 0,006 0,152 - 0,008 0,203
>4 <5 > 101,6 < 127,0 - 0,010 0,254 \ \
>5 <6 > 127,0 < 152,4 - 0,014 0,356 \ \
> 3/4 < 1-1/2 > 19,05 < 38,10 - 0,003 0,076 - 0,004 0,102
> 1-1/2 < 2-1/2 > 38,10 < 63,50 - 0,004 0,102 - 0,005 0,127
> 2-1/2 < 3-1/8 > 63,50 < 79,375 - 0,005 0,127 - 0,006 0,152
> 3-1/8 < 4 > 79,37 < 101,60 - 0,005 0,127 - 0,006 0,152
> 2-1/2 <4 > 63,50 < 101,6 - 0,004 0,102 - 0,005 0,127
>4 <6 > 101,6 < 152,4 - 0,005 0,127 - 0,006 0,152
>6 <8 > 152,4 < 203,2 - 0,006 0,152 - 0,007 0,178
>8 <9 <9 > 203,2 < 228,6 - 0,007 0,178 - 0,008 0,203
Le tolleranze sono normalmente richieste in meno, quando sono ordinate in più o meno, la somma deve
essere equivalente a quanto concordato (es. +0,10 oppure + 0,05 mm).
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Tolleranze di Rettilineità per Barre Finite a Freddo
estratto da ASTM A 108 - 07 Tab. A 1.4
a) b)
Tolleranze di rettilineità (mm max di deviazione) in qualsiasi parte di 3048 mm della barra
Tutti i gradi bonificati o normalizzati e rinvenuti per HB 302 max prima della finitura a freddo e tutti i gradi
distesi o ricotti dopo finitura a freddo.
Le tolleranze di rettilineità non sono applicabili per le barre con durezza HB oltre 302.
a)
Le tolleranze si basano sul seguente metodo di misurazione della rettilineità: si dispone una barra su un
piano di riscontro orizzontale oppure si impiega una riga e si misura l’arco con degli spessimetri.
b)
è noto che la rettilineità è una qualità deteriorabile in caso di maltrattamento. Il mantenimento della ret-
tilineità nelle barre finite a freddo richiede la massima cura nei passaggi successivi. A volte, sono richieste
tolleranze specifiche per acciai al carbonio o legati; in questo caso, l’acquirente informa il fornitore sulle
tolleranze richieste e sul metodo di controllo da usare.
Costruito con tre passi di trafilatura Costruito con due passi di trafilatura Costruito con un passo di trafilatura
Prodotti di alto livello tecnologico fabbricati con cura artigianale su solida cultura industriale
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Trafilati per chiavette - Tolleranze DIN 6880
DIMENSIONE mm B R
bxb h9 min max
4x4 0,16 0.25
5x5 -0.030
6x6
0.25 0.40
7x7
8x8 -0.036
10 x 10
Quadri
12 x 12
14 x 14 0.40 0.60
-0.043
16 x 16
18 x 18
20 x 20
0.60 0.80
22 x 22 -0.052
25 x 25
30 x 30
a richiesta
40 x 40 -0.062
50 x 50
DIMENSIONE mm B H R
bxh h9 h9 h11 min max
8x7 .. -0.090 0.25 0.40
10 x 6 -0.036
10 x 8 -0.036 ..
12 x 10
14 x 6 0.40 0.60
14 x 9 -0.043 .. -0.090
16 x 10
18 x 11
20 x 10
20 x 12
-0.110
22 x 14
24 x 18
-0.052
25 x 14 0.06 0.80
28 x 6 -0.075
28 x 16
Piatti
30 x 16
32 x 18
36 x 20
40 x 22 -0.130
45 x 25
50 x 16 -0.062 ..
1 1.2
50 x 25
50 x 28
50 x 32
50 x 40
56 x 32
60 x 30
60 x 40 1.6 2
63 x 32 -0.074 -0.160
70 x 36
80 x 20
80 x 40
2.5 3
100 x 50
-0.087
120 x 50
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Agosto 2011
Lucefin S.p.A.
I-25040 Esine (Brescia) Italy
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