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INFINITO ATTUALE

significato: un tempo che non corrisponde più al concetto di durata, di linea, di progresso e di regresso ma che instaura l'altro tempo, ovvero l'infinito
attuale, il tempo in atto, il tempo come gerundio, il tempo facendo.

Riferimento storico: Fino al 1600 lo studio dell’infinito dal punto di vista strettamente matematico restò fermo alle conoscenze acquisite dai greci, e
solo con Galileo prima e con Torricelli e Cavalieri poi, esso trovò nuova linfa vitale. In particolare essi misero in discussione il concetto di infinito
così come era stato elaborato dalla filosofia greca, basata sulla negazione dell’infinito attuale.Galileo, ancor più dei successori Cavalieri e Torricelli,
era convinto che il continuo (infinito attuale) fosse composto da infiniti indivisibili “non quanti” (tesi propriamente atomistica), infatti se un continuo
è divisibile all’infinito, esso è composto da infinite parti; ma queste infinite parti sono necessariamente “non quanti” (senza misura, quindi
indivisibili), perché una somma infinita di quanti darebbe una quantità infinita, e non un continuo finito.L’infinito in atto dunque non può non essere
pensato, e il segmento non è altro che una sua manifestazione. Galileo rimase comunque ben lungi dall’applicare alla matematica l’ammissione
dell’infinito attuale che affermava invece con forza sul piano filosofico. E precisamente, ciò avvenne a causa dei paradossi dell’infinito attuale in cui
lo stesso Galileo incappò.Egli aveva ben compreso che non si possono confrontare due quantità infinite, perché è impossibile stabilire quale sia la più
grande; da ciò nascono i paradossi più classici dell’infinito: quelli per cui una parte può essere uguale al tutto.
In particolare, le esemplificazioni di Galileo riguardano i quadrati e la ruota.Paradosso dei quadrati, riguardante l’infinito potenziale: benché i quadrati
siano solo una parte dei numeri naturali, è possibile stabilire una corrispondenza biunivoca tra N e l’insieme dei quadrati, tale che il numero dei
quadrati sia uguale al numero dei numeri naturali (cfr. fig.1). L’interpretazione del termine uguale, come vedremo con Cantor, sarà fondamentale per
la risoluzione di questi paradossi.Galileo dunque, non sapendo giungere alla soluzione di questi paradossi, si rifiutò di indagare, matematicamente,
sull’infinito, ma seppe giungere a congetture “arbitrarie e non necessarie”sulla natura dell’infinito dal punto di vista filosofico, e questo resta
indubbiamente il suo più grande merito.A riguardo dei suddetti paradossi, vanno almeno menzionati gli studi di Bernhard Bolzano, che circa 200 anni
dopo Galileo affermò che non si trattava di paradossi: tra un infinito e una sua parte infinita c’è una relazione biunivoca, e quindi uguaglianza degli
insiemi. Ma al teorema vero e proprio della corrispondenza biunivoca fra il tutto e una sua parte giungeranno (come vedremo tra poco) Dedekind e
Cantor alcuni decenni dopo.

Il paradosso degli interi e dei quadrati

Riferimento storico: È nell'opera "Nuove Scienze" che Galilei analizza da vicino i paradossi del tutto e della parte. Come tutte le opere maggiori di
Galilei, anche questa è scritta in forma di dialogo. I personaggi che compaiono sono: l'aristotelico Simplicio, il gentiluomo dilettante di scienze
Sagredo e lo "scienziato nuovo" Salviati (che rappresenta Galileo stesso). Simplicio sa bene che i numeri "quadrati" sono quelli che nascono dai
singoli numeri "in se medesimi moltiplicati". La situazione paradossale rappresentata da Galilei è la seguente:
• i quadrati sono solo una parte dei numeri;
• è possibile stabilire una corrispondenza tra l'insieme N dei numeri e quello Q dei suoi quadrati, in modo che ad ogni numero corrisponda un
solo quadrato e viceversa, e quindi, i quadrati, parte dei numeri interi, sono "tanti quanti" sono tutti i numeri!

Paradosso della ruota

Riferimento storico: Questo paradosso era già noto ai Greci, in particolare ad Aristotele. Due ruote concentriche, una più grande e una più piccola, di
cui la più grande rotola sopra una retta, toccano con i loro punti due segmenti di uguale lunghezza. Si tratta di nuovo di una corrispondenza biunivoca
tra due insiemi, il secondo dei quali è (può essere considerato) una parte dell'altro. La circonferenza più piccola è, come lunghezza, la metà di quella
più grande: è quindi possibile far corrispondere ad uno ad uno i punti di essa con quelli di metà di quella più grande. Ma se proiettiamo, dal comune
centro A, i punti della circonferenza più piccola su quelli della più grande, abbiamo una corrispondenza biunivoca tra la circonferenza più piccola e
tutta la più grande. Il paradosso sta dunque nella possibilità di stabilire una corrispondenza biunivoca tra un segmento continuo e una sua parte
propria. Galilei conclude che non è lecito con il nostro intelletto finito indagare l'infinito.

L'infinito potenziale:

Termine: Infinito potenziale


Definizione : L'infinito potenziale, per una successione di elementi, è la possibilità diprocedere sempre oltre, senza
che ci sia un elemento ultimo.
Etimologia : Infinito: dal latino finitus, cioè "limitato" con prefisso negativo in-solitamente denotato dalsimbolo,
talvolta dettolemniscata Potenziale:
dallatino"potěntia",potenza
Riferimenti storici :Aristotele dice che l’infinito esiste solo come potenza o in potenza. Infinito inpotenza è, ad
esempio, il numero, perché è possibile aggiungere a qualsivoglianumero sempre un ulteriore numero senza che si arrivi
a un numero estremo aldi là del quale non si possa più andare; infinito in potenza è anche lo spazio,perché è divisibile
all ‘infinito, in quanto il risultato della divisione è sempre unagrandezza che, come tale , è ulteriormente divisibile ;
infinito potenziale, infine,è anche il tempo, che non può esistere tutto insieme attualmente, ma si svolgee si accresce
senza fine. Aristotele nega che esista un infinito in atto.

Galilei e l'infinito

Riferimento storico: Il primo a mettere in discussione il concetto di infinito così come era stato elaborato dalla filosofia greca fu Galileo Galilei. Egli
affermò la possibilità di ridurre un continuo limitato (ad esempio un segmento) in infiniti elementi "primi" non "quanti" (cioè senza estensione)
indivisibili. Poiché infatti un segmento può essere diviso in quante parti si vuole ancora divisibili, si deve necessariamente ammettere che esso sia
composto da infinite parti, ma se queste parti sono infinite allora devono necessariamente essere "non quante", cioè prive di estensione, perché infinite
parti estese hanno un'estensione infinita, mentre il segmento ha un'estensione limitata. L'infinito in atto, allora, non può non essere pensato ed il
segmento non è altro che una sua manifestazione. Un'altra espressione dell'infinito attuale è allora la circonferenza: poiché infatti è possibile "piegare"
un segmento a formare un quadrato o un qualunque poligono regolare con un qualsivoglia numero di lati, allora piegandolo a formare un cerchio si
può benissimo dire di "aver ridotto all'atto quelle parti infinite che prima, quando era un segmento dicevamo esser di lei contenute in potenza".
Possiamo infatti "vedere" la circonferenza come un poligono con un numero infinito di lati. Galilei fu però anche il primo a rendersi conto dei
paradossi che nascevano dall'ammettere l'infinito attuale e per questo, pur affermando con forza le sue idee sul piano filosofico, preferì essere più
cauto dal punto di vista matematico, rifiutando di utilizzare gli "infiniti indivisibili non quanti" in geometria: egli elaborò infatti dei paradossi che non
riuscì a risolvere e questo lo portò ad affermare che "Queste son di quelle difficoltà che derivano dal discorrer che noi facciamo col nostro intelletto
finito intorno a gl'infiniti, dandogli quelli attributi che noi diamo alle cose finite e terminate; il che penso che sia inconveniente...".
Derivata:

Significato: Dal punto di vista geometrico, la derivata di una funzione f in un punto x0 è il valore del coefficiente angolare, cioè la tangente
trigonometrica dell'angolo formato dalla retta tangente un punto della curva di equazione y = f(x) e il semiasse positivo delle ascisse. Da ciò si può
comprendere che se la derivata è uguale a zero, la retta tangente alla curva di equazione y = f(x) risulta parallela all'asse delle ascisse, mentre se la
derivata tende a infinito, la retta tangente alla curva di equazione y = f(x) è parallela all'asse delle ordinate.

Differenziale:

Significato: In matematica, in particolare nel calcolo infinitesimale, il differenziale è definito come la variazione infinitesima di una variabile.Per una
funzione f di una sola variabile x, il differenziale df di f è definito da:

dove df/dx denota la derivata di f rispetto a x. Tale formula esplicita intuitivamente il fatto che la derivata è il limite del rapporto incrementale Δf/Δx
per Δx infinitamente piccolo.Si prenda ad esempio una funzione f : U → R derivabile (U aperto in R). La si può approssimare in un intorno di un
qualsiasi punto x0 del dominio mediante la funzione l ( x ) = f' ( x0 ) ( x - x0 ) + f ( x0 ), (il cui grafico è la retta tangente al grafico di f in ( x0, f ( x0 ) ); l è
un'applicazione affine da R in R, cioè un'applicazione lineare sulla distanza da x0 (la parte f' ( x0 ) ( x - x0 ) ), chiamata differenziale di f in x0,
composta con una traslazione ( · + f ( x0 ) ).La derivata, e più in generale le derivate direzionali, permettono di calcolare il differenziale, ma sono due
concetti da tener ben distinti. Le prime, calcolate in un punto, ci dicono di quanto varia la funzione al primo ordine lungo un determinato vettore; il
differenziale (sempre calcolato in un punto) è l'applicazione lineare che associa a quel vettore la variazione al primo ordine.

Infinitesimo:
Significato:infinitesimi sono delle entità numeriche infinitamente piccole, introdotti da Gottfried Leibniz che ne fece il fondamento del calcolo che,
per questo, fu chiamato infinitesimale.Gli infinitesimi permettono di risolvere in modo generale problemi come quello della velocità istantanea in
fisica e quello della tangente a una curva in geometria, entrambe viste come rapporto tra infinitesimi alias derivata.Anche il problema del calcolo di
aree con contorno curvilineo, ovvero dell'area sottesa al grafico di una funzione, si affronta con l'uso degli infinitesimi. L'area è infatti vista come la
somma di infinite aree infinitesime, un procedimento di somma che ebbe il nome di integrale.Gli infinitesimi davano però luogo a problemi logici e
nel XIX secolo Augustin-Louis Cauchy e Karl Weierstrass rifondarono l'analisi matematica eliminandone ogni riferimento; derivate e integrali
venivano così ad essere definiti come limiti e non come rapporti o somme di entità infinitesime.

Riferimento storico: Leibniz fonda il suo calcolo sugli infinitesimi un po' come la sua filosofia è fondata sulle monadi. Non dà però una definizione
rigorosa di questi nuovi numeri e, pur nell'uso disinvolto, egli sembra oscillare tra una concezione attuale (gli infinitesimi sono enti matematici
effettivi) e una potenziale (gli infinitesimi esprimono semplicemente un avvicinamento infinito allo zero).Due proprietà sono chiare a Leibniz e sono
alla base del suo calcolo:1. Gli infinitesimi sono minori di qualsiasi numero reale positivo eppure ancora maggiori di zero.2. Per gli infinitesimi
valgono le ordinarie regole dell'algebra.Su queste proprietà si basa il calcolo infinitesimale nella formulazione di Leibniz.

PARADOSSO:

Definizione :"una conclusione apparentemente inaccettabile, che deriva da premesse apparentemente accettabili per
mezzo di un ragionamento apparentemente accettabile" Indica una proposizione formulata in evidente contraddizione
con l'esperienza comune o con i propri principielementari della logica ma che sottoposta a rigorosa critica si dimostra valida.I
paradossi sono smagliature di assurdita' nel tessuto della conoscenza: dapprima ci fanno dubitare dellenostre credenze
e poi ci spingono a ridefinire i nostri concetti.

Etimologia :dal greco παρα (contro) eδόξα (opinione)

Riferimenti storici :Il paradosso di Russell ,formulato dalfilosofoelogico britannico Bertrand Russelltra il1901e il1902, è
una delleantinomiepiù importanti della storia della filosofia e della logicaSi tratta più propriamente di un'antinomia che
di un paradosso: un paradosso è una conclusione logica enoncontraddittoriache si scontra con il nostro modo abituale
di vedere le cose, mentre un'antinomia èuna conclusione autocontraddittoria. L'antinomia di Russell è espressa in una
versione "intuitiva"dalparadosso del barbiere,ed è basata sullo stesso ragionamento che porta alparadosso
dell'eterologicità di Grelling-NelsonIl paradosso di Russell ebbe un ruolo notevole nella cosidetta "crisi dei fondamenti"
che interessò lafisica,lamatematicae lafilosofiaall'inizio delventesimo secolo,crisi che spesso è associata al crollo delle
dottrine filosofiche di stampopositivista. In particolare, dimostrò che lateoria ingenua (o intuitiva) degli insiemidiGeorg
Cantorporta a contraddizioni. Nel tentativo risolvere l'antinomia, in modo tale da conservare la validità dell'idea (alla
base dellogicismo) per cui la matematica può essere fondatacompletamente dalla logica, Russell sviluppò in
collaborazione conAlfred North Whiteheadlateoria dei tipi, esposta nel loro libro
Principia Mathematica.I paradossi di Zenone ci sono stati tramandati attraverso la citazione che ne
faAristotelenellasua Fisica
.Zenone di Elea, discepolo ed amico diParmenide, per sostenere l'idea del maestro, che la realtà è costituita da un
Essere unico e immutabile, propose alcuniparadossiche dimostrano, a rigor dilogica, l'impossibilità della molteplicità e
del moto, nonostante le apparenze della vita quotidiana.Le argomentazioni di Zenone costituiscono forse i primi esempi
del metodo di dimostrazione notocome
reductio ad absurdum o dimostrazione per assurdo.Sono anche considerate un primo esempio delmetodo dialettico,
usato in seguito daisofistie daSocrate. Oggi non si attribuisce valore fisico alle argomentazioni di Zenone, ma la loro
influenza è stata moltoimportante nella storia del pensiero filosofico e matematico.I paradossi di Zenone restano anche
un utile esercizio di logica, per riflettere sulla modalità di costruzionedei ragionamenti umani. Si ricordano due
paradossi contro ilpluralismoe quattro contro il movimento.

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