ATTENZIONE/IPERATTIVITÀ
(DDAI):
LA FAMIGLIA”
Indice
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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(ddai):La famiglia
Gli errori più frequenti commessi dai genitori nella gestione del comportamento dei loro
figli con DDAI sono:
pochi apprezzamenti per i comportamenti positivi del bambino(i bambini hanno più
reazioni positive e costruttive quando vengono lodati e premiati, rispetto a quando
vengono ignorati o puniti);
poca fermezza o coerenza nel far rispettare le regole (è inutile minacciare una
punizione quando il comportamento problematico si manifesta, cedendo però nel
momento in cui diventa difficile da gestire. Il messaggio che arriverà al bambino sarà
il seguente:”Mamma ora mi dice di no, ma se insisto prima o poi cederà!”)
altalenante strategie educative di gestione dei comportamenti inadeguati e
problematici (le punizioni devono essere date in modo sistematico, ogni qual volta il
comportamento si ripeta);
discordanza tra i modelli educativi della madre e del padre (la mancanza di coerenza
porta il bambino sia a rivolgersi al genitore più permissivo, impedendo di
conseguenza la modificazione del comportamento inadeguato,sia a vedere i genitori
come quello buono e quello cattivo);
tendenza ad urlare e sbraitare quando il bambino fa qualcosa che non va (per molti
bambini ricevere attenzioni quando si stanno comportando male è molto meglio che
non ricevere alcuna attenzione. Sgridare un bambino quando fa qualcosa di
indesiderato facilita il ripresentarsi del comportamento problematico poiché il
bambino è stato rinforzato dall’aver ricevuto l’attenzione dal genitore);
tendenza a lasciar passare troppo tempo prima di intervenire sul comportamento
inadeguato.
Un intervento efficace prevede un inserimento immediato, in un tempo compreso tra i 5 e i
10 secondi dalla manifestazione del comportamento e deve rispettare le seguenti fasi:
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Viola D., I disturbi del comportamento nei bambini. Iperattività , comportamento dirompente, rabbia e aggressività,
UNI Service, Trento 2010, p. 42.
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Savarese G., Iperattività e gestione delle emozioni. Percorsi educativio-didattici e motorio-sportivi, Franco Angeli,
Milano 2009, p. 49.
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3
Scheriani C., Bambini sopra le righe” Bambini affetti da Disturbo da deficit di attenzione/iperattività, ,Armando
Editore , Roma 2007, p. 45.
4
Cfr ,Vio C., Marzocchi G.M., Offredi F., Il bambino con deficit di attenzione/iperattività, Erickson, Trento 1999, p.
40.
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strategie educative: sono opportune per madri e padri che non sono abituati ad affrontare situazioni
nuove e complesse; così come per coloro che non si sentono a proprio agio a parlare apertamente
delle difficoltà del proprio figlio e della propria famiglia.
D’altro canto, gli incontri di gruppo si rivelano molto efficaci nell’alleviare il senso di
frustrazione di isolamento che spesso vivono i genitori di questi bambini particolari e problematici,
permettendo loro di constatare che i loro problemi sono comuni ad altre famiglie, di condividere le
difficoltà e i tentativi di intervento.6
Durante gli incontri di gruppo accade frequentemente che tra genitori emergano proposte
educative che possono essere di reciproco aiuto, in quanto la pratica quotidiana di una madre
consente di acquisire delle strategie che il terapeuta, nel proprio ambulatorio, non riesce ad
individuare con sufficiente precisione. Per quanto concerne la partecipazione agli incontri, è
auspicabile la presenza di entrambi i genitori, o quanto meno che vi sia comprensione e supporto da
parte del genitore assente nel cooperare alla fattiva applicazione delle proposte nell’ambiente
domestico.
Uno dei motivi che hanno contribuito al successo del Parent Training è l’efficacia, più volte
dimostrata, dell’apprendimento dei comportamenti per imitazione; se il modello proposto al
bambino è apprezzato e affettuoso è più probabile che venga imitato; se al contrario esso manifesta
atteggiamenti negativi nei confronti del bambino, allora perde ogni potere educativo, oltre a
produrre una serie di conseguenze negative.
I più efficaci training per genitori sono quelli che comprendono l’insegnamento a
incrementare il numero di interazioni positivi con il figlio, dispensare rinforzi sociali o materiali in
risposta a comportamenti positivi del bambino, ignorare i comportamenti lievemente negativi,
aumentare la collaborazione dei figli usando comandi più diretti, precisi e semplici, prendere
coerenti provvedimenti per i comportamenti inappropriati del bambino.
L’intervento terapeutico proposto dallo studioso che lo ha ideato (Hanf) è articolato in due
stadi: nel primo stadio si insegna ai genitori a prestare adeguate attenzioni al figlio quando
manifesta autocontrollo o comportamenti positivi, e nello stesso tempo ad ignorare i comportamenti
lievemente disturbanti. Nel secondo stadio si introduce l’uso del timeout, una tecnica punitiva per
ridurre i comportamenti inadeguati.7
6
Cfr ,Vio C., Marzocchi G.M., Offredi F., op.cit., p.6.
7
Ivi, p. 42
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Essere genitori di bambini affetti da DDAI significa avere a che fare con un disturbo che,
pure avendo implicazioni di tipo biologico- funzionale, si sviluppa e si manifesta in modo
sostanzialmente diverso in base all’ambiente educativo e ai sistemi relazionali con cui interagisce.
Da qui l’ esigenza dei genitori di imparare a gestire il figlio, attraverso tecniche comportamentali e
la predisposizione di un ambiente domestico che ne favoriscono la riflessività e l’ autoregolazione.
A trarre beneficio dal parent training, sono sia il bambino, facilitato e sostenuto nel cammino
attraverso il superamento delle proprie difficoltà , sia con i genitori, dotati di metodi efficaci di
gestione delle situazioni problematiche e dello stress emotivo, in pratica l’intero nucleo familiare
che così può tornare a sperimentare dopo lungo tempo un clima di serenità e di fiducia,
fondamentali per recuperare le relazioni compromesse e impegnarsi in modo sinergico verso
obiettivi comuni, supportandosi gli uni gli altri.
A questo proposito il prof. Russel Barkley , noto studioso di DDAI che da oltre vent’anni si
è dedicato con impegno allo studio di questo disturbo, suggerisce 10 principi guida che i genitori di
un bambino con deficit di attenzione/iperattività dovrebbero osservare nella gestione quotidiana del
proprio figlio.9
Tali principi rappresentano un condensato di parent trainig e di terapia comportamentale
molto efficace, ragion per cui lo studioso stesso suggerisce di fissarli in luoghi ben visibili (per
esempio sullo specchio del bagno, sulla porta del frigorifero, su una parete dell’ufficio ecc.), così da
poter dare un’ occhiata e ricordarli durante il giorno. Nello specifico, essi sono di quelli di seguito e
numerati.
8
Ivi, p. 46-47
9
Sito internet: htt://aifa.it/.
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partendo dal presupposto che il bambino DDAI riceve già abbastanza punizioni e
umiliazioni da coloro che non comprendono il suo disturbo.10
5. Sforzarsi di raggiungere la coerenza. E’ importante che i genitori cerchino di essere
coerenti con il figlio, evitando di non contraddirsi nel tempo e di scoraggiarsi troppo presto
nelle situazioni difficili. Devono tentare, inoltre, di rispondere sempre allo stesso modo
anche in contesti diversi, accertandosi di stare usando entrambi gli stessi metodi e criteri.
Essere imprevedibili o variare l’impostazione delle regole, di fatto genera molta confusione
nel bambino che già ha difficoltà a pensare e pianificare i propri comportamenti e reazioni.
6. Azioni più tosto che parole. Le carenze nell’ autocontrollo e nelle funzioni esecutive
rendono abbastanza arduo a questi bambini concretizzare le raccomandazioni orali, per
questo risultano molto più efficaci conseguenze e feedback concreti.
7. Prevedere le situazioni problematiche. Il genitore potrà preservarsi dall’angoscia
anticipando le situazioni problematiche,considerando prima del tempo il modo migliore per
affrontarle, sviluppando un piano di azione da condividere con il figlio e quindi seguendolo
passo passo.
8. Assumere la prospettiva di dover affrontare una disabilità. Di fronte alla difficoltà di
gestire il comportamento del bambino, i genitori posso perdere di vista le reali difficoltà
provate dal figlio: si sentono arrabbiati, irritati, imbarazzati o frustati quando i loro tentativi
iniziali non sembrano funzionare. Rischiano inevitabilmente di fare paragoni con i fratelli o
con altri bambini. Una modalità per rimanere tranquilli in circostanze difficili consiste nel
provare a mantenere una certa distanza psicologica dai problemi del bambino, ponendosi
come un estraneo che valuta la situazione per ciò che realmente rappresenta. Questo
permette di rispondere in modo più ragionevole, gentile e razionale rispetto a quanto si
sarebbe fatto lasciandosi turbare dai problemi del figlio. Naturalmente ciò è molto difficile
e quindi, può essere utile a se stessi ricordare la disabilità del bambino ogni
giorno,specialmente, quando si sta provando ad affrontare un comportamento distruttivo.
9. Non personalizzare il disturbo. I genitori non devono mai permettere che il loro senso di
autostima e di dignità personale risultino intaccati. E’ importante cercare sempre di
mantenere,per quanto possibile, una certa distanza psicologica dai problemi del figlio.
Mantenere la calma è un fattore essenziale,e per questo motivo diventa necessario
10
Ibidem.
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I genitori, però, nel loro gravoso impegno possono essere sostenuti e aiutati non solo dalla
scienza medica e psicologica ma anche da coloro che sono costretti a percorrere la loro stessa
strada. In Italia, infatti, negli anni sono nati i cosiddetti gruppi di mutuo-aiuto, costituiti da pari che
si uniscono per assicurarsi reciproca assistenza nel soddisfare i bisogni comuni, per superare un
comune handicap o un problema di vita oppure per impegnarsi a produrre desiderati cambiamenti
personali o sociali. Tali gruppi possono rappresentare quell’anello di forza molto efficace nella
politica di aiuto e di sostegno per i bambini e le famigli con problematiche complesse, laddove resta
fondamentale non dimenticarsi che dietro a ogni bambino c’è e deve esistere una famiglia forte alla
quale bisogna dedicare ogni sforzo perché si senta sorretta. L’esperienza della condivisione del
dolore, del donare un po’ del proprio tempo per sostenere i momenti di sconforto che altri genitori
vivono,permette di non percepirsi più come “ i soli” ad affrontare certe situazioni e permettere di
ridimensionare i propri problemi alla luce di quelli altrui.12
In Italia sono nate circa un ventennio fa due importanti organizzazioni: L’AIFA
(Associazione Italiana Famiglie ADHD) e l’AIDAI (Associazione Italiana Disturbi di Attenzione e
Iperattività),con finalità di solidarietà sociale, di istruzione e divulgazione scientifica di questa
patologia. L’AIDAI, per esempio, si prefigge attraverso la propria attività di fornire informazioni
11
Ibidem.
12
D’Errico R., Aiello E., Vorrei scappare in un deserto e gridare…Guida pratica all’ADHD attraverso le storie di tutti i
giorni di bambini iperattivo e disattenti, De Nicola Napoli 2002, p. 86.
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precise ed efficaci a tutti coloro che sono coinvolti nel disturbo, di mantenere contatti tra famiglie,
scuole, servizi sociosanitari e università interessati a esso;organizzare congressi e incontri
informativi e culturali per operatori scolastici e sanitari interessati in collaborazione con istituti
pubblici e privati.13
L’AIFA, invece, nata per opera dei dottori D’Errico e Aiello, avendo anch’essi figli affetti
da questo disturbo, si propone di creare una rete di genitori disponibili all’ascolto e all’aiuto
reciproco, di coordinare e favorire i contatti tra famiglie con i medesimi problemi.
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Bibliografia
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