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Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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1 L’efficienza Visiva
L’efficienza visiva, così come definita da Barraga, si riferisce ad una varietà di capacità
visive che includono: i movimenti dell’occhio, l’adattamento all’ambiente fisico, il grado di risposta
agli stimoli visivi e la codificazione delle informazioni in modo rapido ed efficace. La definizione
data da Barraga, in riferimento al bambino minorato della vista, è quella che vede tale bambino
quale soggetto le cui minorazioni visive limitano il suo apprendimento ed in genere i suoi progressi,
a meno che non vengano effettuati degli adattamenti tali da rendere le sue esperienze di
adeguati ambienti d’apprendimento. L’idea di base che caratterizza la nozione di efficienza visiva è
che i bambini imparano a vedere meglio se sfruttano ed utilizzano attivamente le capacità visive di
cui dispongono. In riferimento ai minorati della vista, questo significa che si dovrebbero dare loro
efficacemente il grado di visibilità residuo. I bambini che presentano un basso grado di visibilità,
raccogliere informazioni utili dall’ambiente visivo; al contrario, se ben stimolati e addestrati, esse
possono avere chiare impressioni che in precedenza si presentavano non distinte ed incerte.
enfatizzare l’uso di un tipo di addestramento ben strutturato ed efficace che faccia sì che il minorato
Associato all’idea di efficienza visiva è il concetto di vista funzionale; tale concetto riguarda
i modi in cui i bambini usano la vista, piuttosto che le loro limitazioni visive e fisiche.
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quanto esso è devoluto alla funzione visiva, sia in tutte le sue singolari parti, poiché le alterazioni di
queste possono condurre direttamente o indirettamente alla menomazione della funzione visiva.
Le alterazioni possono pertanto dividersi in due grandi gruppi, a seconda cioè che
colpiscono gli organi essenziali della visione (globo oculare, nervo ottico e vie ottiche fino alle aree
visive della corteccia, in rapporto con la maggior parte dell’encefalo), ovvero colpiscono gli organi
annessi (orbita, palpebre, congiuntiva, ghiandole e vie lacrimali, muscoli motori, vasi e nervi
senza peraltro che si possa stabilire un limite netto tra l’uno e l’altro gruppo.
Anche nel campo della patologia dell’apparato visivo bisogna distinguere alterazioni di tre
tipi:
Da difettoso sviluppo;
Da traumi;
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Un difetto di sviluppo in una parte qualsiasi dell’apparato visivo, può riconoscere varie
cause, un traumatismo o una malattia materna durante il concepimento (si può ricordare a questo
riguardo il reperto di cataratta congenita in bambini nati da madri che abbiano sofferto nei primi
mesi di gravidanza di rubeola), fattori quindi perfettamente accertabili, accanto a fattori di oscura
spiegazione. Comunque le cause delle più svariate alterazioni di singoli organi dell’apparato visivo
possono distinguersi in due grandi categorie: cause locali e cause generali. Talora lo stesso fattore
morbigeno può agire localmente come avviene per un sifiloma delle palpebre e della congiuntiva, o
può agire per via interna, cioè sanguigna, come nella cheratite parenchiomatosa, nelle iriditi, nelle
In sostanza una patologia oculare non può essere scissa dalla patologia generale, perché un
grande numero di malattie oculari deriva da malattie dell’intero organismo o di organi che non sono
congiuntivale con ghiandole annesse, cute palpebrale con annesse ghiandole e peli;
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Il meccanismo dello sviluppo embrionale dell’intero globo oculare è molto complesso e, ove
intervengono fattori che determinano un arresto dei processi evolutivi, ovvero una deviazione della
norma a carico delle singole parti che costituiscono l’intero globo, nei vari periodi della vita
embrionale, si determinano anomalie anatomiche svariate con ripercussioni più o meno gravi sul
In relazione allo sviluppo di tutti gli altri organi che intervengono in periodo successivo
In rari casi può osservarsi alla nascita una completa mancanza del globo oculare per
moncone informe nel cui interno l’esame microscopico permette di riconoscere qualche accenno di
struttura. In alcuni casi si può avere un microftalmo: il globo può risultare cioè più piccolo del
normale, ma con tutti i suoi sostituenti ben riconoscibili; più spesso però in tali condizioni l’occhio
unico abbozzo oculare, situato in corrispondenza della radice nasale; di solito a questa grave
malformazione oculare sono connesse svariate malformazioni, che determinano un vero stato di
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Il significato che assumono le malformazioni oculari, ancora oggi non è ben chiaro poiché le
cause che conducono ad arresti e deviazioni di sviluppo si possono riportare a fattori svariati e
complessi.
Per alcune di esse è chiaro l’intervento dei fattori di ereditarietà e di consanguineità, fatto
dimostrato anche dalla possibilità che queste anomalie si presentino in diverse membri della stessa
famiglia.
Per altra causa può essere risposta in malattie infettive che abbiano colpito la madre durante
Il globo oculare come l’intero apparato visivo è esposto ai traumi più svariati, col risultato
che possono derivarne menomazioni più o meno gravi della funzione visiva, sino alla cecità mono e
binoculare.
I traumi possono danneggiare la funzione visiva sia per lesioni dirette sia per lesioni
indirette. Così la frattura del cranio per gravi contusioni, le ferite da arma da fuoco possono agire
sulle vie ottiche e addirittura sulla corteccia visiva producendo alterazioni (da schiacciamento delle
parti ossee, da scontinuità dirette da versamenti emorragici, da alterazioni del circolo sanguigno).
Allo stesso modo violente scosse dell’intero corpo (cadute sugli arti inferiori o sul torace) possono
traumi possono determinare lesioni simultanee in parecchi organi e pertanto devono essere
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considerati nella loro complessa azione, sia in rapporto alla sede, sia in rapporto alla natura delle
lesioni stesse.
trauma, bisogna ricordare che il complesso di segni e sintomi in un occhio più o meno gravemente
contuso costituiscono una caratteristica sindrome che può essere così distinta:
- Emorragia sottocongiuntivale;
- Ipoema;
- Cataratta
- Emorragie retiniche;
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- Contusione, lacerazione del nervo ottico, emorragie della guaina del nervo ottico;
1
Enciclopedia medica per tutti, Istituto Geografico De Agostini, Novara, Vol. Inf- Pal
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Golfrey Stevens, nel suo studio sulla “Taxnomy in Speciale Education for Children with
Body Disorders” (Tassonomia nell’educazione speciale dei bambini con difficoltà fisiche); utilizzò
il termine minorazione per intendere qualsiasi deviazione dalla normalità. Pertanto, il termine
minorazione fu interpretato da molti per intendere una difficoltà a livello del tessuto.
Una minorazione visiva, dunque, starebbe ad indicare una causa organica dell’handicap. Per
esempio, la cataratta sarebbe una minorazione; un diminuito grado di visibilità sarebbe una
difficoltà o handicap e, pertanto, sarebbe corretto riferirsi a quegli individui aventi minorazioni
visive.
Nei recenti anni, il termine minorazione visiva ha assunto un significato più vasto. In molti
casi esso denota una mancanza visiva, oltre che una cecità totale, pertanto, si parla di “cieco” e di
“minorato della vista” per distinguere il soggetto funzionalmente cieco da quello avente un restante
grado di visibilità. È comune, anche da parte degli esperti nel campo, riferirsi ad un individuo con
minorazione visiva come ad un soggetto avente una mancanza accertata in una delle qualsiasi
funzioni visive: l’acutezza visiva, il campo visivo, la visione del colore, la visione binoculare.
“L’influenza della minorazione della vista a livello di insufficienza o inefficienza totale non
deve considerarsi sul piano della quantità dei dati che permette di apprendere ed elaborare, quanto
sul piano della qualità degli stessi. Sarebbe un grave errore con conseguenze negative sul piano
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didattico, ritenere che l’alunno non vedente sia stimolato da una minore quantità di dati sensoriali,
Il dato sensoriale elaborato in assenza della funzione visiva si struttura come una realtà
percettiva differenziata, con specifiche tendenze nei confronti dell’elaborazione dell’atto percettivo
e nella strutturazione delle rappresentazioni della realtà circostante. Quindi la minorazione della
vista incide sul processo di apprendimento per una specifica caratteristica della struttura delle
“La globalità, che caratterizza la sincresi visiva nel suo primo momento di strutturazione dei
dati sensoriali è presente anche alla sincresi tattile, sia pure in modo diverso come diversa è la
Interdipendenza sensoriale;
Autonomia sensoriale;
Parallelismo sensoriale
L’adesione ad una delle tre scuole, che prospettano ciascuna una propria ipotesi scientifica
sulla natura della sensazione, sull’origine delle forme, rinvia ad una scienza pedagogica con precise
posto in continua condizione di vicarianza, senza che il processo di apprendimento nel fanciullo che
non vede riesca a colmare il divario esistente nei confronti di quella che viene assunta come
2
Ceppi E., L’educazione dei minorati della vista, Armando, Roma 1968, p. 62
3
Gioberti R., Bambini in difficoltà nella famiglia e nella scuola, Marino Fabbri Editore, Roma 1979, p. 93.
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La seconda ipotesi conduce ad una metodologia che dovrà far ricorso a tecniche didattiche
un ambiente “speciale”, sulla base di questa seconda ipotesi si dovrebbe escludere la possibilità di
portare avanti il processo di integrazione dell’alunno che non vede, in una classe ordinaria, proprio
per l’inconciliabilità dei processi di strutturazione del mondo percettivo e rappresentativo che
La terza ipotesi sul piano pratico porta a ritenere possibile non solo un adeguato processo di
integrazione del fanciullo che non vede nella classe ordinaria, ma anche la successiva
partecipazione del soggetto privo della vista, alla società di tutti con la certezza che nei diversi
momenti della crescita la sua personalità ha seguito tappe caratteristiche della persona umana. Ciò
non toglie la necessità di fare costantemente ricorso ai concetti pedagogici e ad una didattica
didattici comunemente adottati sulla base e sul rispetto dell’individualizzazione dell’ intervento
Un insegnante che debba programmare occasioni di apprendimento per alunni minorati della
vista, deve avere almeno delle nozioni teoriche su detta influenza, anche se soltanto la pratica
dell’insegnamento ed il frequente e costante contratto con l’alunno disabile sono le migliori fonti di
4
Ibidem.
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Un ruolo importante viene giocato dalla famiglia che deve essere adeguatamente informata
sulle conseguenze del grado e del tipo di minorazione del figlio, affinché possa cooperare
(intervento diretto) con gli specialisti e sostenere (intervento indiretto) emotivamente il paziente.
Certo non è facile, né semplice, per i genitori superare lo stress dovuto alla scoperta della
minorazione del figlio, non cadere nei meccanismi di difesa psicologica come la negazione e la
razionalizzazione, non lasciarsi sopraffare dall’angoscia, dalla confusione, dalla rabbia, dalla non
accettazione, o da una accettazione eccessiva o passiva. Il clima familiare risente di quel senso di
tensione e che incessantemente provano sia la madre, perché non riesce ad intessere con il bambino
una rete di rapporti gratificanti e significativi, sia il piccolo, che a sua volta, non riesce a
comunicare con la madre e ad esprimere se stesso. Si altera in al modo, o viene del tutto a mancare,
Il piccolo minorato visivo rischia così l’apatia e l’emarginazione in seno alla stessa famiglia,
mentre la famiglia viene meno al proprio ruolo di guida e di sostegno affettivo e psicologico.
Tale emarginazione può determinare l’involuzione anziché l’evoluzione della personalità del
difettosi visivi;
ipovedenti;
non vedenti.
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Tra i difettosi visivi rientrano i miopi o operati di cataratta, non presentano in genere
che, poiché diversa da quella che il soggetto ha elaborato nella costruzione dello schema corporeo,
all’apprendimento scolastico gli ipovedenti sono distinti dal Ceppi in tre sottogruppi:
efficienti visivi (acutezza visiva non inferiore ad un decimo in entrambi gli occhi);
subefficienti visivi (acutezza visiva che non supera un decimo di residuo visivo o presenta
visione tubolare);
inefficienti visivi ( soggetti per i quali è necessario usare una metodologia prevista per i non
nel proprio stato fisico come condizione di una inferiorità che mira a nascondere si aa se
La consapevolezza dei propri limiti è il punto di partenza per l’educazione della funzione
visiva perché è “educazione a guardare a scoprire il volto delle cose che appaiono…sfumate dalla
il bambino deve saper cogliere anche visivamente il tutto particolare, ricostruendo con l’immagine
ciò che riesce a percepire con l’occhio”5, utilizzando anche i sensi residui.
5
Ibidem.
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I non vedenti sono quei soggetti che vivono nel buio assoluto, privi della percezione luce-
ombra.
A tal proposito di tali alunni Ceppi ribadisce uno dei concetti basilari nel campo
dell’educazione dei non vedenti e cioè che, se è vero che la cecità condiziona ed influenza
l’apprendimento, è anche vero che tale condizionamento opera a livello di modalità e tempi di
apprendimento.
Pertanto gli obiettivi da formulare per gli alunni non vedenti sono gli obiettivi usualmente
formulati per alunni normodotati; ciò che cambia e che si rivela determinante al fine
dell’apprendimento è la metodologia.
Alla luce dei più aggiornati studi psicopedagogici e di anni di esperienza il Ceppi afferma
che l’apprendimento, affinché sia significativo per il non vedente, deve passare attraverso tre
momenti:
ricezione attiva;
Il primo momento ha per il non vedente valore di stimolo: infatti il bambino non vedente
dopo il primo impatto con la realtà tende a cadere nella passività proprio per la mancanza di quelle
adeguato dell’educatore che può evitare ciò, fornendo al non vedente, attraverso la verbalizzazione
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Per il non vedente, “la ricezione dello stimolo verbale è il presupposto dell’azione che si
Nella fase ricettiva l’educatore deve aiutare il bambino non vedente ad entrare in contatto
con l’ambiente che lo circonda e lo deve stimolare e preparare al secondo momento dell’iter di
Quando il piccolo non vedente si mostra incuriosito da un rumore nuovo diverso dal solito,
l’educatore non deve limitarsi ad una risposta di tipo nominale ma deve dare una risposta di tipo
rappresentativo.
In tal modo susciterà nel bambino una catena di stimoli; lo guiderà alla scoperta attraverso
l’osservazione tattile o acustica della forma, della qualità, della funzione, dell’uso della fonte del
rumore.
Così facendo fornirà al bambino non vedente gli spunti per la costruzione immaginativa
della realtà; gli stuzzicherà la curiosità finché egli stesso, udito un rumore, spontaneamente ne
ricercherà la fonte. È questa appunto la terza fase del processo di apprendimento, quella della
scoperta autogestita, diretta, che vedrà il bambino non vedente non più nel ruolo di uditore ma di
attore. A questi aspetti, si aggiunge l’importanza che si deve attribuire alla fase della ricezione
passiva, ovvero che si pone tra 0 e 3 anni, caratterizzata dallo sviluppo dell’intelligenza senso-
motoria ed è, come ha sottolineato J. Piaget, di non trascurabile importanza al fine dello sviluppo
“In questa fase, preponderante è il ruolo della famiglia ed in particolare della madre. Se essa
soggiace a quei meccanismi di difesa psicologica, o rifiuta il bambino, sottrae tempo prezioso
6
Ceppi E., Monorazione della vista e apprendimento, SAAS, Roma 1982.
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all’intervento riabilitativo, in quanto non offre al piccolo tutte quelle stimolazioni di cui ha bisogno.
Infatti, gli stimoli, pur essendo recepiti passivamente, sono dal bambino incamerati, memorizzati,
selezionati, quale sostrato del successivo momento di ricezione attiva. Pertanto, se una carenza di
stimolazioni durante tale periodo può comportare gravi conseguenze ad un bambino normodotato,
riteniamo che, a maggior ragione, un bambino già carente o privo dell’efferenza sensoriale visiva,
ne abbia a soffrire. Il bambino minorato visivo dovrebbe, invece, secondo noi, ricevere una
pluralità di stimoli che, come la mancata ricezione di stimoli sonori determina nel sordo
l’instaurarsi delle prime lacune che con il tempi si approfondiscono e si riflettono nel processo di
rielaborazione mentale con conseguente rallentamento del processo di rielaborazione mentale con
conseguente rallentamento del processo maturativo, così anche il non vedente privato di adeguate
stimolazioni, non compie le necessarie esperienze maturative, non si sente motivato ad apprendere
per cui si chiude in se stesso, con gravi ripercussioni sulla sua attività mentale e psichica7.
Quindi alla luce di ciò appare pertanto evidente quanto siano preziosi gli interventi
diagnostici e riabilitativi precoci, che non trascuri il periodo 0-3 anni, ed un’adeguata informazione
e collaborazione della famiglia al fine di un armonico sviluppo cognitivo ed affettivo del bambino
non vedente.
7
De Filippis, Il bambino da 0 a 3 anni, in “ Sentiamo”, n° 3, aprile 1971.
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4 Intervento educativo
IDONEE AL RAGGIUNGIMENTO DEGLI OBIETTIVI. Nel nostro caso “la più importante
preoccupazione dell’insegnante dovrà essere quella di sviluppare nel bambino che non vede un
capacità di orientamento assumendo questo termine come capacità di mediazione tra sé e la realtà
circostante. Per l’attuazione di questa fase dell’intervento educativo, si pone come momento
didattico fondamentale la conoscenza di sé nei suoi gradi successivi che, partendo dalla conoscenza
del proprio corpo mediante un costante processo di distinzione, giunge alla conoscenza dell’io nel
Ma la conoscenza di sé, del processo di distinzione che accompagna la crescita del bambino,
non può prescindere dalla coscienza del di tutto ciò che è fuori di sé. “Affinché si instauri la
coscienza del fuori di sé è indispensabile porre in atto un processo cognitivo graduale e ordinato,
che tenga conto delle specifiche caratteristiche e della natura dei mezzi sensoriali a disposizione del
8
Gioberti R., Bambini in difficoltà nella famiglia e nella scuola, M. Fabbri editore, Roma 1979.
9
Ibidem.
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poiché si rischierebbe di interpretare la normalizzazione come lo sforzo di ottenere da certi sensi ciò
individualizzato, può essere generalizzata all’alunno in quanto tale, fondandosi prevalentemente sul
principio del decondizionamento. Il compito della scuola resta quello di decondizionare, cioè
della vista e presuppone una coscienza della minorazione, delle sue conseguenze sul processo di
Ciascun intervento didattico presuppone una specificità che deve essere costantemente
rapportata alle condizioni dell’alunno, alla natura obiettiva dell’intervento e alle condizioni in cui
principali aspetti didattici che caratterizzano l’apprendimento del fanciullo non vedente.
l’analisi del comportamento motorio: percettivo, immaginativo ed espressivo del bambino non
10
Gioberti R, op. cit.
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Scrittura in Braille
a) Entro il casellino;
d) Spazio interlineare;
a) Lateralizzazione;
c) coordinazione bimanuale.
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Lettura in Braille
b) Sensibilità tattile;
c) Percezione aptica;
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a) rappresentazione della lettura: globale, analitica, con variazione delle sitanze interpunto;
c) dotazione di vocabolario;
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e) con precedente esplorazione della singola parola e del gruppo di parole e successiva
ripetizione verbale;
Così la scrittura e la lettura in Braille non sono considerate soltanto come momenti
globali risultanze di una comprensiva maturazione della personalità del fanciullo non vedente,
maturazione che coinvolge il suo sviluppo percettivo-motorio e la sua stessa attività effettiva.
b) esplorazione casuale;
c) esplorazione metodica;
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c) Plasmazione di sostanze ( impasto senza forma, con forma approssimativa, con forma
c) Riduzione dimensionale;
scenica;
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e) Espressione e atteggiamento;
eliminazione della parti superflue, con appiattimento sullo sfondo di forme costruite in
tondo);
f) capacità di auto-rappresentazione.
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Disegno in Rilievo
c) segno indotto con sostanze diverse (cordoncino, fil di ferro, asticelle, ecc.)
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c) Con schematizzazione;
c) Riproduzione fantastica;
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e) Fissazione della forma grafica: per confini, per strutture, per elementi grafici;
Sviluppo logico-matematico
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a) Unità e molteplicità;
b) Acquisizione delle strutture fondamentali, riconoscimento delle stesse nelle cose e negli
ambienti;
d) Comparazione delle forme simili: per grandezza, per collocazione, per analogia;
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e) Confronto delle forme diverse per la valutazione della quantità dello spazio e della
uguaglianza e disuguaglianza;
dell’unità;
all’unità;
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Altrettanto si può dire dell’indagine sugli aspetti caratteristici della lettura in rilievo, della
Ogni volta seconda la opinione della Gioberti intende riferirsi il commento didattico allo
sviluppo complessivo dell’alunno, nel principio dell’integralità dell’intervento educativo, che non
prescinda dal principio dell’individualizzazione. Ogni volta viene proposta per aspetti generali
articolati nei diversi momenti dello sviluppo e ciascun aspetto costituisce il momento didattico
dell’apprendimento scolastico.
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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Bibliografia
Ceppi E., L’educazione dei minorati della vista, Armando, Roma 1968.
Enciclopedia medica per tutti, Istituto Geografico De Agostini, Novara, Vol. Inf- Pal.
Gioberti R., Bambini in difficoltà nella famiglia e nella scuola, Marino Fabbri Editore,
Roma 1979.
Vitale C., I percorsi dell’educazione Speciale. Teoria e Prassi nella scuola dell’Autonomia,
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