Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
Sommario
Articoli di particolare
interesse
Il Primato dell’affetto
NARTH ITALIA
Un Ex-Gay Descrive il Processo di
Cambiamento: Gordon Opp
Rispettiamo il diritto di tutti gli individui di scegliere il proprio destino. NARTH è Il Potere Terapeutico della Sintonia
un'organizzazione scientifica professionale che offre speranza a coloro che lottano
con l'omosessualità indesiderata. Come organizzazione, siamo diffondere E così volete diventare un Terapeuta
Riparativo
informazioni educative, condurre e raccogliamo la ricerca scientifica, promuovere un
trattamento terapeutico efficace, e fornire riferimenti per coloro che cercano il
I miei due anni in Terapia Riparativa
nostro aiuto.
Abbandonare il Lesbismo e
NARTH difende i diritti delle persone con indesiderata attrazione omosessuale per
Confrontarsi con l’Attivismo LGBT
ricevere efficace assistenza psicologica e il diritto dei professionisti di offrire quella
cura. Accogliamo con favore la partecipazione di tutti gli individui che si uniranno a Il Paradosso dell’Auto-Accettazione
noi nel perseguimento di questi obiettivi.
L’Esperienza del Double-Loop
Potete trovare altre informazioni sul sito www.narth.com
La Cura Dei Disturbi Della….
La guarigione si verifica nei momenti in cui il cliente prova ciò che sembra
un’emozione "insopportabile" mentre, nello stesso momento, sperimenta il sostegno
del terapeuta.
Il rapporto interpersonale è, in ultima analisi, ciò che caratterizza la nostra umanità più
profonda e determina il nostro equilibrio interno. E’ per questo motivo che il trattamento
terapeutico si è allontanato dai tentativi più tradizionali di risolvere il conflitto intra-
psichico, volgendosi più nella direzione di una “regolazione degli affetti” e il terapeuta ha
la funzione di agevolare tale regolazione.
Il modello per eccellenza del contatto affettivo è il doppio anello (Double Loop), un
potente risultato terapeutico frutto del rapporto interpersonale tra paziente e terapeuta.
1
Il flusso degli affetti è determinato dall’attaccamento. I tradizionali concetti
psicodinamici come ad esempio gli "oggetti interiorizzati" costituiscono una metafora di
questo fenomeno con base biologica della trasmissione neurologica. Ciò che noi
chiamiamo "interiorizzazione dell'oggetto", ad esempio, è in realtà un corpo trattenuto
nella memoria - una risposta affettiva condizionata.
Pertanto, l'obiettivo della terapia riparativa è una "accensione" o apertura affettiva. Nella
AFT, il terapeuta cerca di mantenere una sintonia empatica per facilitare l'unificazione
degli emisferi sinistro e destro del cervello. In tal modo, egli "si intercala"
metaforicamente tra i due emisferi cerebrali del cliente.
2
sperimenta l’attenzione e il sostegno del terapeuta. In questo modo, mediante un processo
interattivo di riparazione, la sintonia del rapporto modifica la struttura neurologica del
cervello.
Nel cliente cresciuto in una famiglia narcisistica il trauma iniziale del Double Bind ha
interrotto la sintonia. Attraverso la risintonizzazione, il Double Loop ricollega il cliente
con se stesso, e quindi il sé con gli altri. La sintonia con un'altra persona riconduce ad
una maggiore sintonia con il sé.
La Terapia incentrata sull’affetto accelera velocemente l’incontro del cliente con la sua la
vita affettiva densa di paure. Il terapeuta lo incoraggia a sentire e ad esprimere le
sensazioni corporee e i sentimenti che gli provocano ansia, mentre al tempo stesso, lo
sostiene mantenendo il contatto interpersonale. La tolleranza di questa percezione, in
precedenza insopportabile, è ora possibile a causa di questo reciproco rapporto emotivo.
Attraverso l’esperienza del Double Loop il cliente impara che le emozioni dolorose non
sono intollerabili di per sé -- ma è stata, piuttosto, l’associazione di quelle emozioni con
il senso iniziale di abbandono da parte dei genitori a renderle insopportabili.
Con l'emergere del vero sé a poco a poco sperimentiamo la nascita di nuove amicizie e il
rafforzamento di vecchi e a lungo trascurati legami familiari.
3
"atterraggio morbido" (senza schiacciare i denti) - è un miracolo di intimità psichica con
"la massima complessità" del pensiero, con l'intenzione e quindi con l’azione. Stern lo
dice in modo semplice:
"Le nostre menti non sono create separatamente, sono co-create. Il nostro sistema
nervoso è pronto per interagire con il sistema nervoso di altre persone, e ciò ci
trasforma."
La Psicoterapia è una seconda opportunità per integrare la propria vita emotiva. Nel
tentativo di spiegare come funziona questa seconda opportunità terapeutica attraverso il
modello della sublime sintonia, Stern parla dell'importanza di stabilire il tempo giusto per
"procedere" – le regole non scritte del ritmo, dell'intensità, dei movimenti che
caratterizzano l’interazione tra due persone. Egli osserva inoltre l'importanza della
"regolazione del campo", che è la valutazione della ricettività dell’altro con domande
come "Ti piaccio davvero?" e "Cosa sta succedendo tra di noi in questo momento?" Egli
è particolarmente interessato a ciò che chiama "il momento presente", vale a dire al
momento in cui l'intera cornice dell'immagine si modifica per zummare sulle due persone
nel momento in cui sperimentano il momento presente, il momento in cui vivono
un’intensa "presenza esistenziale".
Questi "istanti" sono caratterizzati da un’elevata ansietà e dalla sensazione che in qualche
modo, "questo momento sia importante", nel bene o nel male, nel rapporto. L’esposizione
personale e la vulnerabilità sono una parte fondamentale di questi momenti;
un‘eccitazione, un riconoscimento reciproco ad un livello più profondo e forse un
leggero, imbarazzato sorriso testimoniano questa talvolta imbarazzante vulnerabilità ed
esposizione personale. Questi momenti, che Martin Buber chiama "momenti di incontro"
non possono essere forzati ma il terapeuta può certamente, come dice Stern, "riuscire a
cogliere tali opportunità quando queste si profilano".
La terapia incentrata sull’affetto (AFT) ci aiuta a distinguere gli affetti "on" (che
collegano) dagli affetti "off" (che scollegano). Gli affetti che “scollegano” sono l'ansia, la
paura e la vergogna. Gli affetti che “collegano” sono la fiducia, l'empatia e l'amore.
Questa fondamentale distinzione "aperto/chiuso", descritta da Fosha come il “segnale
verde” rispetto al segnale "segnale rosso" è equivalente alla risposta neurologica
simpatica e a quella parasimpatica.
4
I clienti hanno descritto questa esperienza di spostamento affettivo come:
esplosione - implosione
cuore aperto - cuore chiuso
gonfio - sgonfio
espansivo - costrittivo
La contrapposizione tra gli stati d’animo caratterizzati da vitalità e gli stati d’animo
inibitori è illustrata nel “Pike Phenomenon” - Fenomeno del Luccio - (Wolverton, 2005).
In un esperimento, un pesce luccio è posto in una vasca con alcuni pesciolini vivi. Il
luccio inizia subito a mangiare tutti i pesciolini che vede. Poi un cilindro di vetro
invisibile viene posizionato sopra il luccio, separandolo dai pesciolini. Ogni volta che il
luccio cerca di mangiare i pesciolini, colpisce il cilindro di vetro, e ciò gli provoca dolore.
Il cilindro viene poi rimosso ma il luccio, anticipando il dolore, non fa più alcun tentativo
di mangiare i pesciolini. La risposta energica (vitalità) è stata persa e sostituita con una
risposta inibita.
Il Pike Phenomenon illustra una risposta condizionata che inibisce una sana
affermazione. Nei nostri clienti l’affermazione di genere è stata inibita ed il sentimento di
vergogna anticipa tale inibizione.
A volte è utile spiegare al cliente che la sua chiusura è una reazione fisiologica del corpo.
Questa spiegazione lo aiuta a comprendere le diverse risposte del suo corpo nel momento
in cui si verificano. Lo sviluppo di questo atteggiamento di attenzione nel cliente, mentre
osserva il suo corpo (non "se stesso", ma "il suo corpo") passare alla modalità di chiusura,
lo aiuta a rafforzare la sua Identità. L’osservazione del cliente della propria risposta
corporea è simile alle istruzioni che vengono impartite ripetutamente alle persone che si
sottopongono alla Terapia di Desensibilizzazione attraverso il Movimento dell’Occhio: si
chiede al cliente di “tornare su” e poi "lasciare andare" l'immagine traumatica.
Un altro termine per descrivere il “Momento di Vergogna” è “la risposta che congela",
quella in cui la persona perde la sua vitalità somatica e il corpo diventa rigido e duro. E’
simile al concetto freudiano di dissociazione, il primo fenomeno studiato nella storia
della psicoanalisi, che si verifica quando la persona anticipa nel presente la ricorrenza di
un trauma del passato. Nella dissociazione c'è una segmentazione "delle menti", ciascuna
con un proprio "gruppo di pensieri, sentimenti e ricordi" (Jung) strettamente connessi con
il corpo. Quando la persona è "in una mente" (un ammasso di ricordi incarnati), è difficile
per lui ricordare l'altra "mente", e se l’altra mente viene ricordata - vale a dire sentita nel
corpo - allora la persona ha già lasciato la prima mente.
5
Ad esempio, quando una persona entra in un ristorante con una sensazione di fame,
sentendo il profumo del cibo, egli si trova in una "mente"; due ore più tardi, quando esce
dal ristorante dopo aver consumato la sua cena, egli si trova in una "mente" molto
diversa, ed è praticamente impossibile per lui ricatturare la totalità di quel precedente
stato di appetito ed anticipazione.
Un cliente mi ha riferito di essere partito con i suoi amici un fine settimana per una
vacanza in campeggio. Questa esperienza lo ha collocato in uno “Stato Assertivo” in cui
non riusciva a ricordare l'altra "mente", quella della tentazione omosessuale. La settimana
seguente, quando é rientrato nella “zona di vergogna” (la “mente” della tentazione
omosessuale) si é verificato l'opposto: non riusciva a ricordare lo Stato Assertivo.
Quando i clienti si trovano nello “Stato Assertivo” riescono vagamente ricordare, ma non
possono sentire intensamente, le loro attrazioni omoerotiche. Quando scivolano nella
Postura della Vergogna, non riescono a ricordare come si sentivano quando non
provavano irresistibili sentimenti omoerotici.
La vergogna, come abbiamo notato, ha, come tutti gli altri stati dell’individuo, una
funzione evolutiva di sopravvivenza. Si tratta di un potente strumento di controllo
utilizzato dal "branco" per la socializzazione e per la sopravvivenza del gruppo - e quindi
dell'individuo. (La Vergogna, va osservato, è diversa dal senso di colpa - il senso di colpa
scaturisce da un giudizio negativo sul proprio comportamento mentre la vergogna è una
risposta fisiologica basica). Alcuni ricercatori ipotizzano che questa risposta autonoma di
vergogna possa costituire la base biologica della coscienza.
Lo “stato di vergogna” richiama alla mente il lavoro del mentore di Freud, Pierre Janet,
conosciuto come il padre della dissociazione. Janet ha gettato le basi per il lavoro di
Freud sull'isteria - in cui gli eventi passati, quando si svolgono al di fuori della coscienza,
conservano ancora un'influenza sul comportamento presente. La dissociazione
rappresenta il tentativo della mente di bloccare i ricordi di un'infanzia traumatica che
ancora, a livello inconscio, vengono percepiti come fortemente minacciosi.
La terapia riparativa si concentra sul lavoro sul corpo poiché abbiamo compreso che la
6
mente inconscia tiene sepolta una "memoria del corpo" che opera senza coscienza
cognitiva. Il corpo non ci illude, ma la mente può farlo. Freud ha sintetizzato l'obiettivo
della psicoanalisi nel modo seguente "Dove era l’Id’*, lì ci sarà l’ego" (1933). Voleva
dire che la psicoanalisi sostituisce impulsi inconsci e irrazionali con la consapevolezza e
la razionalità. Possiamo rivedere questo dictum a proporre il seguente: "Dove c’è il
cambiamento somatico, lì vi sarà un nuovo significato", poiché la mente può fornirci una
nuova comprensione dei ricordi del corpo mentre questi vengono rivissuti.
Ecco un esempio: un uomo che si identifica come gay vede un maschio attraente e
sperimenta eccitazione sessuale. Il suo ragionamento è il seguente: "Sono sessualmente
attratto da lui perché sono gay. Questa attrazione é normale e naturale per me". Per
quest’uomo un maschio attraente è associato alla gratificazione sessuale ed egli crede che
tali sentimenti lo definiscano autenticamente.
E’ questa la differenza essenziale tra l'uomo che si identifica come gay e la persona con
orientamento omosessuale non-gay - il loro modo di interpretare le risposte del proprio
corpo.
Riferimenti
Fosha, Diana (2000). The Transforming Power of Affect: A Model for Accelerated
Change. N.Y.: Basic Books.
Freud, S. (1933). New introductory lectures on psychoanalysis. S.E., volume 22, p. 80.
Schore, A. (1991) "Early Superego development: The emergence of shame and
narcissistic affect regulation in the practicing period," Psychoanalysis and Contemporary
Thought, 14, 187-205.
Stern, D. (2002). "Why Do People Change in Psychotherapy?" Presentation. University
of California at Los Angeles, March 9, 2002; Continuing Education Seminars, 1023
Westholme Ave., Los Angeles, CA 90024.
Wolverton Mountain Enterprises, 2005, www.wolverton-
mountain.com/articles/pike.htm.
7
Traduzione di Patrizia
http://omosessualitaeidentita.blogspot.com/
8
PSICOLOGIA
La terapia riparativa è, per sé, to la «prova» che la terapia ripa- paradossale è che Gonzales, con
dannosa? rativa non funziona. Ovviamente, la sua testimonianza, sembra
È quello che sostengono le asso- è assurdo, dal punto di vista logi- confermare una di quelle che lui
ciazioni gay1, ripetendolo come co, affermare che un tipo di tera- chiama le «grandi bugie che por-
se fosse un fatto, una verità asso- pia «non funziona» basandosi su tano le persone verso la terapia
data e incontrovertibile, al punto un solo insuccesso7: a nessun ti- ex-gay», ossia «che non si può
da non ritenere necessario fornire po di trattamento clinico medico essere gay e cristiani».
elementi che possano fornire un o psicoterapeutico è chiesta una Un raro – se non unico – esempio
sostegno o una verifica di tale af- efficacia del cento per cento; an- di pubblicazione clinica nella
fermazione. che l’aspirina a volte non funzio- quale è possibile trovare qualche
Dovrebbe essere semplicissimo na. Inoltre, lo stesso Nicolosi af- riferimento in seguito all’affer-
trovare testimonianze o studi ferma che «questa terapia non è mazione della pericolosità della
scientifici che dimostrino, senza adatta a tutti gli omosessuali»8 e, terapia riparativa è costituito da
lasciare spiragli al dubbio, che la in un suo libro di casi clinici, ri- un capitolo10 – a dire la verità
terapia cosiddetta riparativa pro- porta – atteggiamento tanto enco- piuttosto imbarazzante per viru-
voca per sé, direttamente, dei miabile quanto poco diffuso – un lenza ideologica, ai limiti del de-
danni a chi liberamente vi si sot- caso di fallimento terapeutico9. lirio persecutorio – dedicato alla
topone. Purtroppo non è così fa- terapia cosiddetta «riparativa»
cile trovare materiale e riferi- scritto dallo psichiatra gay Paolo
menti per vagliare questa tesi. Rigliano.
Cura & fede
Tanto che, quando su You-tube2 è L’autore fa riferimento, in una
comparso un filmato3 nel quale nota, a sei lavori che dovrebbero
un ex paziente del dottor Joseph Gonzales racconta, con toni ac- dimostrare le sue affermazioni;
Nicolosi4 racconta la sua espe- corati, del fallimento della sua te- eppure, passando in rassegna gli
rienza di fallimento della terapia rapia, e conclude la sua testimo- articoli citati, si viene colti da un
riparativa, ha suscitato notevole nianza con il danno che la terapia senso di delusione.
clamore. Se questa è la norma, riparativa gli avrebbe causato:
perché tanto entusiasmo? «Ma la cosa più tragica è stata la
perdita della fede». Pur non
Pubblicazioni
avendo in sé alcuna rilevanza cli- & attivisti Gay
nica, la perdita della propria fede
Un filmato
su You Tube religiosa è senz’altro un dramma 1. Lee Beckstead, psicoterapeuta
ma, anche se non chiarisce il nes- gay, riporta11 gli esiti di due ri-
Il filmato è stato realizzato in so tra la perdita della fede e il fal- cerche da lui condotte nel corso
collaborazione con due bloggers limento della terapia riparativa, delle quali ha intervistato 50 per-
gay italiani5, e l’ex paziente è sul punto Gonzales è chiaro: è sone (45 uomini e 5 donne), ap-
Daniel Gonzales, tra i coautori stato l’esito negativo del tratta- partenenti alla comunità mormo-
del sito Ex-Gay Watch6, nato con mento a causargli la perdita della ne dello Utah, i quali si erano sot-
lo scopo di smascherare le sem- fede, non è stata la terapia ripara- toposti a terapie riparative. Se-
pre più numerose testimonianze tiva in sé. Se dovessimo negare ai condo quanto rilevato da Beck-
di persone che hanno cambiato pazienti un trattamento psicotera- stead, 20 di queste persone riferi-
orientamento sessuale. Pur es- peutico perché, in caso di even- vano un cambiamento di orienta-
sendo una unica testimonianza – tuale fallimento, si troverebbero mento sessuale da omosessuale a
e non uno studio a tappeto sui pa- ad affrontare il senso di delusio- eterosessuale. Beckstead, alla fi-
zienti del dottor Nicolosi –, per di ne, avremmo decretato la fine ne del suo articolo, fa un breve
più da parte di un attivista gay, della psicoterapia, e di qualsiasi accenno, senza citare alcun dato,
questo filmato è stato considera- altra attività di cura. La cosa ad «aumento di odio di sé, perdi-
506
ta della speranza, e paura, la qua- la semi-autorizzata esistenza del- ve»26. Lo studio era finanziato da
le ha indotto alcuni partecipanti a la “terapia riparativa” probabil- una associazione di professionisti
tentare il suicidio»12, attribuendo mente danneggia milioni di per- della salute mentale gay, la Na-
queste sensazioni negative non sone gay non sottoposte a tratta- tional Lesbian and Gay Health
tanto alla terapia riparativa in sé, mento»21; e aggiunge: «Persino Association, e da una associazio-
quanto al suo fallimento. se la “terapia riparativa” aiuta ne che si batte per la promozione
qualcuno in qualche modo, quasi di diritti gay e lesbici, la National
2. Martin Duberman è professore certamente danneggia un numero Gay and Lesbian Task Force27;
di storia presso la City University di persone molto maggiore»22. inoltre, non si può dire che il
of New York e attivista gay. Nel Escludendo che Hartmann inten- campione fosse certamente rap-
1992 ha pubblicato, con il titolo da auspicare che un numero mol- presentativo: i ricercatori recluta-
Cures: a gay man’s odyssey13, il to maggiore di persone con ten- rono i soggetti con un annuncio –
diario che ha tenuto fin da quan- denze omosessuali si sottoponga pubblicato su siti e riviste gay –,
do aveva diciassette anni. Nel alla terapia riparativa di quanti lo che recitava: «Aiutateci a docu-
2001, la rivista Journal of Gay abbiano fatto finora, evidente- mentare i danni delle terapie
and Lesbian Psychotherapy ha mente l’autore desidera fare rife- omofobiche!»28. Dopo le prime
pubblicato alcuni stralci14 del suo rimento a un non meglio definito interviste, tuttavia, i due autori si
libro di memorie. In questi brani «danno politico», «probabilmen- accorsero di qualcosa di inaspet-
Duberman narra di due tentativi te»23 arrecato dall’esistenza della tato: «...abbiamo scoperto che al-
di terapia riparativa, di diverse terapia riparativa alle battaglie cuni partecipanti che riportavano
relazioni omosessuali e di vari degli attivisti gay. Questo, tutta- la sensazione di essere stati feriti,
problemi clinici, come depressio- via, ha poco a che fare con even- riportavano anche quella di esse-
ne, ansia, epatite, herpes, non di- tuali danni direttamente inflitti a re stati aiutati»29; inoltre «Siamo
rettamente imputabili (soprattut- persone che si sono sottoposte al- stati contattati da partecipanti che
to gli ultimi due) alla terapia ri- la terapia riparativa. riportavano esclusivamente be-
parativa. nefici positivi»30. Fu così che de-
5. Quello di Richard Isay, psicoa- cisero di cambiare il titolo della
3. Douglas Haldeman, psicologo, nalista gay tra i principali riferi- ricerca con un più neutro «Cam-
è un attivista gay. Nel suo artico- menti della Gay Affirmative The- biare l’orientamento sessuale:
lo15, Haldeman sostiene – senza rapy (Gat) – che porta ad accetta- funziona?», e decisero di appro-
sentire il bisogno di dare riferi- re le tendenze omosessuali inde- fondire gli aspetti deontologici
menti che permettano di verifica- siderate come innate, «naturali» sperimentati dai pazienti nel cor-
re le sue tesi – che il fallimento e immodificabili – è il secondo so delle terapie riparative.
della terapia riparativa (e non la racconto di esperienza personale
terapia in sé), «può essere den- citato da Rigliano, dopo quello di
so»16 di conseguenze emotive, Duberman. Il suo racconto24 non Prove
per esempio «depressione, di- è particolarmente illuminante a apparenti
sfunzioni sessuali e turbamenti proposito di eventuali possibili
religiosi e spirituali»17. Nello danni causati direttamente dalla In definitiva, le referenze indica-
stesso articolo, tuttavia, l’autore terapia riparativa, ma è molto in- te dal dottor Rigliano – in parte
aggiunge: «Non tutti i soggetti teressante per capire le dinami- aneddotiche – sono ben lontane
sembrano essere stati danneggia- che soggiacenti le pulsioni omo- dal dimostrare qualsiasi eventua-
ti dalla terapia riparativa. Non è sessuali: distacco dal padre, sen- le danno causato direttamente
infrequente, infatti, che alcuni ri- so di inferiorità nei confronti di dalla terapia riparativa a coloro
portino che un tentativo riparati- altri ragazzi, bassa autostima... che vi si sottopongono.
vo fallito ha avuto un particolare, Viene spesso citato, a sostegno
indiretto effetto benefico»18; e 6. Michael Schroeder e Ariel della tesi che afferma la pericolo-
più avanti aggiunge che ciò che Shidlo hanno intervistato 150 sità della terapia riparativa, il do-
ha scritto «…non è per sostenere persone che si erano sottoposte a cumento denominato Position
che tutte le terapie riparative sia- una terapia riparativa, utilizzan- Statement on Therapies Focused
no pericolose, o che le professio- do il metodo del self-report retro- on Attempts to Change Sexual
ni della salute mentale debbano spettivo. Il titolo originale della Orientation31, dell’American Psy-
tentare di fermarle»19. ricerca era «Terapie omofobiche: chiatric Association (Apa). In
documentando il danno»25; l’o- realtà, in questo documento, si
4. Lawrence Hartmann sostiene, biettivo iniziale dei due autori era legge: «Attualmente, non ci sono
in un breve articolo20, che «molti quello – certamente non neutrale risultati scientifici scientifica-
professionisti della salute menta- – di «...documentare effetti nega- mente rigorosi che determinino
le che conosco considerano che tivi o danni delle terapie riparati- sia l’attuale efficacia che la peri-
507
colosità dei trattamenti riparati- Oltre a dimostrare la possibilità l’invito dell’American Psychia-
vi»32. Il documento si chiude con del cambiamento, Spitzer inda- tric Association, anche Jones e
queste parole: «L’Apa incoraggia gò anche possibili danni causati Yarhouse hanno voluto dare il lo-
e sostiene la ricerca da parte del dalla terapia riparativa: «Per i ro contributo verificando le affer-
National Institute of Menthal partecipanti il nostro studio, non mazioni dell’American Psycho-
Health (Nimh) e della comunità c’è evidenza di danno. Al con- logical Association39. Hanno
accademica che si occupa di ri- trario, essi riferiscono che [la te- messo a punto uno studio che
cerca per indagare ulteriormente rapia] è stata utile in molti modi fosse in grado fornire le maggio-
sui rischi e i benefici della terapia oltre al cambiamento di orienta- ri garanzie di scientificità, attra-
riparativa»33. mento in sé»36. verso un disegno sperimentale
Oltre al già citato documento del- prospettivo, longitudinale, con
La possibilità l’American Psychiatric Associa- un campione ampio e rappresen-
tion, viene spesso citato a soste- tativo della popolazione studiata
di cambiare gno della pericolosità della tera- e che utilizzasse i migliori stru-
pia riparativa anche il documento menti di misura multifattoriali.
Per rispondere a quest’appello, il dell’American Psychological As- Hanno così selezionato 98 sog-
dottor Robert Spitzer – celebre sociation, intitolato Appropriate getti (72 uomini e 26 donne) pri-
per aver deliberato, negli anni Therapeutic Responses to Sexual ma che si sottoponessero al trat-
‘70, l’eliminazione dell’omoses- Orientation37. In questo docu- tamento, per intervistarli tre vol-
sualità dal manuale diagnostico mento si legge: «Considerato che te, dopo il trattamento, dal 2000
dell’Apa – decise di intervistare l’etica, l’efficacia, i benefici e il al 2003, e utilizzando una serie di
200 persone (143 uomini e 57 potenziale danno delle terapie strumenti in grado di valutare l’i-
donne) che si erano sottoposte a che cercano di ridurre o elimina- dentificazione di sé (come etero-
terapia riparativa almeno cinque re l’orientamento omosessuale sessuale, bisessuale o eteroses-
anni prima; la maggior parte de- sono oggetto di un dibattito in at- suale), l’orientamento sessuale e
gli intervistati, che prima del trat- to nella letteratura professionale il comportamento sessuale.
tamento avevano un orientamen- e sui media popolari [...]», locu-
to esclusivamente omosessuale, zione che, di per sé, non è una
non riportavano più attrazione presa di posizione a sostegno del-
Il benessere
per lo stesso sesso34. la tesi secondo la quale la terapia confermato
Ovviamente, questo studio venne riparativa sarebbe pericolosa.
attaccato ferocemente dalla co- I soggetti hanno riportato un
munità gay, e Spitzer, che fino al- Spitzer, Jones cambiamento favorevole nel
la pubblicazione del suo lavoro, 38% dei casi, un cambiamento in
era considerato una icona da par- & Yarhouse process per il 29% e nessun cam-
te del movimento per i diritti biamento per il 33%. Jones e Yar-
omosessuali, venne additato co- Questa affermazione è corredata house hanno anche studiato
me omofobo. Certo, il suo studio da una nota con tre riferimenti eventuali danni provocati dalla
era retrospettivo anziché prospet- («Davison, 1991; Haldeman, terapia riparativa, partendo dal-
tivo, e non era longitudinale (co- 1994; Wall Street Journal, l’ipotesi sperimentale che questo
me quelli di Beckstead, Schroe- 1997»): come notano Stanton Jo- tipo di lavoro clinico sia danno-
der e Shidlo); ha esaminato un nes e Marc Yarhouse, «I riferi- so. Per rilevare i danni attesi, gli
campione auto-selezionato (an- menti inseriti nella risoluzione autori della ricerca si sono affida-
cora una volta, come hanno fatto [...] rimandano ad articoli concet- ti a uno strumento standardizzato
Schroeder e Shidlo); sono certa- tuali o d’opinione dove autori in- in grado di rilevare il disagio psi-
mente difetti in una ricerca, ma, dividuali esprimono il loro punto cologico (il Sympton Check List-
in assoluto, difficilmente aggira- di vista per concludere che tali 90-Revised); hanno verificato
bili. Tuttavia è bene ricordare che terapie causano danno, o riferi- eventuali «danni spirituali» (co-
Spitzer non aveva intenzione di scono aneddoti circa persone che me quello riportato da Gonzales)
condurre uno studio prospettivo conoscono o che hanno sentito attraverso la Spiritual Well-Being
sull’efficacia del trattamento, ma lamentarsi di essere stati danneg- Scale e la Faith Maturity Scale;
semplicemente rispondere alla giati da tali interventi. In ogni infine, hanno voluto analizzare i
domanda «Il cambiamento è pos- modo, alcuna evidenza scientifi- dati secondo la peggiore condi-
sibile?»; e anche un solo caso do- ca di qualsivoglia danno è pro- zione sperimentale connessa al-
cumentato di cambiamento con- dotta per sostenere l’affermazio- l’ipotesi: se la terapia riparativa è
futa l’affermazione secondo la ne che questi interventi causano dannosa, il livello di benessere
quale il cambiamento non è mai danno»38. del campione dovrebbe risultare
possibile35. Come Spitzer nei confronti del- più basso eliminando dall’analisi
508
dei dati i soggetti che hanno ab- natura concepita sempre secondo vita che è ampiamente dimostra-
bandonato la terapia. I risultati particolari schemi trasmessi da to essere pericoloso.
della ricerca hanno disconferma- una determinata interpretazione Rispetto agli eterosessuali, le
to completamente l’ipotesi speri- della tradizione. [...] I difensori persone con tendenze omoses-
mentale: non solo gli autori non della conversione non si limitano suali sono più facilmente sogget-
hanno riscontrato alcun danno, a presentare nella nuova forma di ti a depressione maggiore45, idea-
ma al contrario la terapia ripara- una ricerca scientifica sbagliata il zione suicidaria46, disturbo d’an-
tiva risulta correlata positiva- pensiero persecutorio di sempre, sia generalizzato, abuso di so-
mente con un incremento del be- ma rispondono a un disegno luci- stanze, disordine bordeline di
nessere generale, sia psicologico do e lungimirante. Essi vogliono personalità47, schizofrenia48, di-
che spirituale (in sintonia con gli lanciare una sfida fondamentali- sturbo narcisistico di personali-
esiti riscontrati da Spitzer). sta al pluralismo, alla diversità, al tà49. La ricerca più conosciuta
processo di liberazione dalla mo- circa la suicidalità omosessuale è
Allarme nel mondo rale monolitica, imponendo alla quella di Remafredi, che ha di-
sfera politico-legislativa di re- mostrato come i tentativi di suici-
dei gay staurare l’Ordine sacro e natura- dio nella popolazione giovanile
le. Il fine è impedire che si espri- siano più frequenti tra soggetti
Come si evince dal materiale ma, anche in sede legislativa, la omosessuali che tra eterosessua-
analizzato, non esiste alcuna evi- democrazia affettiva [sic] che og- li: tra gli uomini ha tentato di to-
denza scientifica della pericolosi- gi rappresenta il vero, nuovo gliersi la vita il 28% dei soggetti
tà della terapia riparativa. I riferi- fronte della liberazione gay e le- omosessuali rispetto al 4% dei
menti che dovrebbero dimostrare sbica – cioè, semplicemente soggetti eterosessuali, e tra le
tale pericolosità riguardano aned- umana»43. Chi volesse lasciare donne il 20% contro il 15%50.
doti riportati da delusi della tera- alle sedi appropriate il dibattito Una maggior incidenza di pen-
pia riparativa40, oppure allarmi politico-ideologico sulla «demo- sieri suicidari e tentativi di suici-
provenienti dall’ambiente gay. È crazia affettiva» e occuparsi del dio sono stati riscontrati anche
bene ricordare che il termine gay, benessere delle persone, non tra la popolazione gay e lesbica
sebbene usato impropriamente mancherà di porsi gli stessi in Italia: «...un terzo dei gay e un
per indicare tutte le persone con preoccupati interrogativi ai quali quarto delle lesbiche italiane
tendenze omosessuali, in realtà abbiamo voluto rispondere a pro- hanno pensato qualche volta a
riguarda una minoranza di que- posito della terapia riparativa in [sic] togliersi la vita e che il 6%
ste, ideologizzata41 e identificata merito a un altro tipo di terapia ha provato a farlo [...]. Mancano
con una cultura e uno stile di vi- che riguarda le persone con ten- dati che permettano un confronto
ta42. Soprattutto queste fonti denze omosessuali: la Gay Affir- rigoroso fra la popolazione omo-
sembrano intendere il presunto mative Therapy. sessuale e quella eterosessuale.
danno provocato dalla terapia ri- Ma quelli disponibili fanno pen-
parativa come «pericolosità so- Identità & norma sare che, come avviene negli Sta-
ciale», confermando così la loro ti Uniti, i tentativi di suicidio sia-
natura ideologica: «Commette- no più frequenti fra gli omoses-
remmo un grave errore se sotto- suali che fra gli eterosessuali e
valutassimo l’estremo pericolo La Gay Affirmative Therapy che le differenze siano più forti
rappresentato dalla diffusione (Gat) è guidata «dalla convinzio- nel caso dei gay che in quello
delle terapie riparative. Esse ri- ne che l’omosessualità è una con- delle lesbiche»51.
spondono a esigenze, strategie, dizione assolutamente normale e
forze e strutture diffuse refratta- naturale. Il suo obiettivo clinico Omosessualità
rie al cambiamento e, soprattutto, essenziale deve essere quello di
portatrici di valori, certezze, or- aiutare la paziente [o il paziente] & suicidio
dine, rassicurazioni, valorizza- a liberarsi il più possibile dai
zioni di sé. Tutt’altro che sprov- conflitti che interferiscono con la La lettura assiomatica che gli at-
veduti e inermi, i terapeuti che sua capacità di vivere una vita tivisti gay fanno di questi incon-
vogliono convertire gli omoses- gratificante in conciliazione con futabili dati è univoca: è colpa
suali esprimono l’opposizione la propria identità»44. dell’omofobia52.
formidabile alla modernità e alla Contrariamente a ciò che succede La ricerca scientifica sembra, pe-
democrazia affettiva [sic] di am- nei confronti della terapia ripara- rò, dimostrare altro.
pi settori della popolazione, so- tiva, nessuno denuncia il fatto Un importante studio53 ha con-
prattutto statunitense, ispirati dai che la Gat incoraggia le persone fermato il malessere psichico
valori fondamentali della fede, con tendenze omosessuali ad as- della popolazione omosessuale:
del sacro e della giustezza di una sumere una identità e uno stile di «I disturbi psichiatrici sono risul-
509
tati prevalenti tra la popolazione tono identiche differenze, con ciale nei confronti dell’omoses-
omosessualmente attiva piuttosto l’eccezione dei disturbi dell’umo- sualità è da tempo e rimane con-
che in quella eterosessualmente re, che sono stati osservati più siderevolmente più tollerante» ri-
attiva. Gli uomini omosessuali frequentemente nelle donne omo- spetto a quello di altri Stati.
hanno avuto, nell’ultimo anno, sessuali piuttosto che in quelle In altri termini, persino in un
una prevalenza maggiore di di- eterosessuali. […] I risultati sup- Paese dove la cosiddetta «omo-
sturbi dell’umore e di disturbi an- portano l’ipotesi che le persone fobia» è inesistente, le persone
siosi rispetto agli uomini etero- con comportamenti sessuali omo- con tendenze omosessuali pre-
sessuali. sessuali corrono rischi maggiori sentano un livello di benessere
per disturbi psichiatrici». considerevolmente inferiore
Gli indici Questo studio è particolarmente agli eterosessuali.
significativo perché è stato con- La ricerca è stata replicata qual-
di prevalenza dotto su un enorme numero di che anno più tardi54, e ha (nuova-
soggetti: oltre settemila (7.076), mente) evidenziato che l’omo-
Le donne omosessuali hanno tra i 18 e i 64 anni. sessualità è significativamente
avuto, nell’ultimo anno, una mag- Presenta inoltre una particolarità correlata con suicidalità e distur-
gior prevalenza di disturbi da uti- che lo rende decisamente interes- bi mentali; nuovamente, gli auto-
lizzo di sostanze rispetto alle don- sante: è stato condotto in Olanda, ri sottolineano che «persino in un
ne eterosessuali. Nel corso della Paese nel quale, per ammissione paese con un clima relativamente
vita gli indici di prevalenza riflet- degli stessi autori, «il clima so- tollerante nei confronti dell’omo-
1 Le parole «omosessuale» e gay non so- 11 A. Lee Beckstead, Understanding the 23 Ivi.
no sinonimi. Mentre la prima indica una Self-Reports of Reparative Therapy «suc- 24 Richard A. Isay, Becoming Gay: A
persona attratta in modo prevalente e sta- cesses», in «Archives of Sexual Beha- Personal Odyssey, in «Journal of Gay
bile dalle persone del proprio sesso, la vior», vol. 32, n. 5, pp. 421-423; in Jack and Lesbian Psychotherapy», vol. 5, n. 3-
parola gay indica una persona che ha fat- Drescher, Kenneth J. Zucker, Ex-gay Re- 4, 2001, pp. 51-67; in A. Shidlo, M.
to della sua inclinazione una identità so- search. Analyzing the Spitzer Study and Schroeder, J. Drescher, Sexual conver-
cio-politica, fonte di particolari diritti. I Its Relation to Science, Religion, Politics, sion therapy. Ethical, clinical and re-
gay rappresentano una minoranza, sep- and Culture, Harrington Park Press, New search perspectives, op. cit., pp. 51-67.
pur evidente e chiassosa, delle persone York (Ny) 2006, pp. 75-81. 25 M. Schroeder, A. Shidlo, Ethical Is-
cfr http://www.narth.com/index.html, con- dical Press, Binghamton (Ny) 2001, pp. 28 http://www.narth.com/docs/PhelanRe-
persone che hanno cambiato orientamen- op. cit., pp. 117-130. Psychiatrists (Copp), American Psychia-
to sessuale; per esempio http://www.you- 16 Ivi, p. 120. tric Association, Position Statement on
tube.com/watch?v=6G-nB4-XBGY, con- 17 Ivi. Therapies Focused on Attempts to Chan-
sultato il 13 luglio 2008. 18 Ivi, p. 120. ge Sexual Orientation, in «American
8 Joseph Nicolosi, Oltre l’omosessualità. 19 Ivi, p. 128. Journal of Psychiatry» n. 157, 2000, pp.
Ascolto terapeutico e trasformazione, San 20 Lawrence Hartmann, Too Flawed: Do- 1719-1721.
Paolo, Cinisello Balsamo (Mi) 2007, p. 15. n’t Publish, in «Archives of Sexual Be- 32 Ivi.
9 Cfr ivi, pp. 151-168. havior», vol. 32, n. 5, pp. 436-438; in J. 33 Ivi.
10 Paolo Rigliano, Le terapie riparative Drescher, K. J. Zucker, Ex-gay Research. 34 Robert L. Spitzer, Can Some Gay Men
tra presunzioni curative e persecuzione, Analyzing the Spitzer Study and Its Rela- and Lesbians Change Their Sexual
in P. Rigliano, Margherita Graglia (a cu- tion to Science, Religion, Politics, and Orientation? 200 Participants Reporting
ra di), Gay e lesbiche in psicoterapia, Culture, op. cit., pp. 125-129. a Change from Homosexual to Heterose-
Raffaello Cortina Editore, Milano 2006, 21 Ivi, p. 127. xual Orientation, in «Archives of Sexual
pp. 143-207. 22 Ivi. Behavior», vol. 32, n. 5, pp. 403-417; in
510
sessualità, gli uomini omosessua- tanto dal tentativo di proteggere dotta 32,1% contro 11,0%, dipendenza
li sono esposti ad un rischio sui- la popolazione omosessuale da da nicotina 64,3% contro 26,7%, abuso e
dipendenza da altre sostanze 60,7% con-
cidarlo molto più elevato rispetto eventuali rischi (la Gat, che inco- tro 44,3%).
agli uomini eterosessuali»55. raggia ad abbracciare uno stile di 46 R. Herrell, J. Goldberg, W. True, V.
In conclusione, si ribadisce che l’immutabilità (e quindi la «natu- Psychological factors associated with
non esiste, al momento, alcuna ralità») dell’omosessualità. homosexuality in males with bordeline
evidenza scientifica della perico- La denuncia della pericolosità personality disorder, in «Journal of Per-
sonality Disorder», vol. 9, n. 11, 1995,
losità della terapia riparativa, an- della terapia riparativa può quin- pp. 56-61 («È interessante notare che 3
zi: questo tipo di terapia sembra di essere rubricata come terrori- pazienti borderline omosessuali su 10 ri-
associata a un certo aumento di smo psicologico ideologicamen- feriscono anche di incesti padre-figlio»,
benessere nei soggetti che vi si te fondato, del quale le prime vit- p. 59); G. Zubenko, A. George, P. Soloff,
P. Schulz, Sexual practices among pa-
sottopongono. time sono le persone con tenden-
L’avversione nei suoi confronti ze omosessuali.
tients with borderline personality disor-
der, in «American Journal of
dimostrata da parte del movimen- Psychiatry», vol. 144, n. 6, 1987, pp.
to gay, sembra giustificata non Roberto Marchesini 748-752 («L’omosessualità era dieci vol-
te più frequente tra gli uomini e sei volte
tra le donne con disordine borderline di
personalità piuttosto che nella popolazio-
J. Drescher, K. J. Zucker, Ex-gay Re- Per sapere se le navi normalmente con- ne generale o in un gruppo di controllo
search. Analyzing the Spitzer Study and ducono in porto non è saggio chiedere la con soggetti depressi», p. 748).
Its Relation to Science, Religion, Poli- loro opinione soltanto ai naufraghi» 48 John C. Gonsiorek, The use of diagno-
tics, and Culture, op. cit., pp. 35-63. (http://www.cesnur.org/testi/naufraghi.ht stic concepts in working with gay and le-
35 Cfr S. L. Jones, M. A. Yarhouse, Ex- ml, consultato il 18/07/2008). sbian populations, in Homosexuality and
41 Cfr Marshall Kirk, Hunter Madsen, Af-
gays? A Longitudinal Study of Reli- Psychoterapy, Haworth, New York (Ny)
giously Mediated Change in Sexual ter the ball. How America will conquer 1982, pp. 9-20.
Orientation, op. cit., p. 91. its fear & hatred of Gays in the 90’s, Plu- 49 Gustav Bychowsky, The structure of
36 R. L. Spitzer, Can Some Gay Men and me, New York 1990; cfr Roberto Mar- homosexual acting out, in «Psychoanaly-
Lesbians Change Their Sexual Orienta- chesini, «After the ball»: un progetto tic Quarterly», n. 23, 1954, pp. 48-61; E.
tion? 200 Participants Reporting a «gay» dopo il baccanale, in «Cristiani- Kaplan, Homosexuality: A search for the
Change from Homosexual to Heterose- tà», n. 327, gennaio-febbraio 2005, pp. 7- ego-ideal, in «Archieves of General
xual Orientation, op. cit.; in J. Drescher, 11. Psychology», n. 16, 1967, pp. 355-358.
K. J. Zucker, Ex-gay Research. Analy- 42 Cfr S. L. Jones, M. A. Yarhouse, Ex- 50 Gary Remafredi, Risk factors for at-
zing the Spitzer Study and Its Relation to gays? A Longitudinal Study of Reli- tempted suicide in gay and bisexual
Science, Religion, Politics, and Culture, giously Mediated Change in Sexual youth, in «Pediatrics», 1991, pp. 869-
op. cit., p. 57. Orientation, op. cit., p. 32. 875.
37 http://www.apa.org/pi/lgbc/policy/ap- 43 P. Rigliano, Le terapie riparative tra 51 Marzio Barbagli, Asher Colombo,
propriate.html, consultato il 13 luglio presunzioni curative e persecuzione, in P. Omosessuali moderni. Gay e lesbiche in
2008. Rigliano, M. Graglia (a cura di), Gay e Italia, Il Mulino, Bologna 2007, pp. 61-
38 S. L. Jones, M. A. Yarhouse, Ex-gays? lesbiche in psicoterapia, op. cit., p. 201. 62. Cfr Chiara Bertone, Alessandro Ca-
44 Antonella Montano, Psicoterapia con
A Longitudinal Study of Religiously Me- siccia, Chiara Saraceno, Paola Torrioni,
diated Change in Sexual Orientation, op. clienti omosessuali, McGraw-Hill, Mila- Diversi da chi? Gay, lesbiche, transes-
cit., p. 101. no 2000, p. 137. Cfr Roberto Del Favero, suali in un’area metropolitana, Guerini e
39 Ivi. Maurizio Palomba, Identità diverse. Psi- associati, Milano 2003, pp. 195-197.
40 «Le narrative degli ex hanno un loro cologia delle omosessualità. Counselling 52 Cfr R. Marchesini, Il feticcio (omoses-
posto nello studio di qualsiasi gruppo re- e psicoterapia per gay e lesbiche, Edi- suale) dell’omofobia, in «Studi cattoli-
ligioso o sociale: a patto però – come zioni Kappa, Roma 1996. ci», n. 528, febbraio 2005, pp. 112-116.
hanno chiarito fra gli altri gli studi di Da- 45 D. Fergusson, L. Horwood, A. Beau- 53 Theo G. M. Sandfort, Ron de Graaf,
vid Bromley e di Bryan R. Wilson – di trais, Is sexual orientation related to Rob V. Bijl, Paul Schnabel, Same-Sex Se-
considerarle come narrative socialmente mental health problems and suicidality in xual Behaviour and Psychiatric Disor-
costruite da apostati il cui genere lettera- young people?, in «Archieves of General ders, «Archives of General Psychiatry»,
rio è normalmente la storia di atrocità. Psychiatry», vol. 56, n. 10, 1999, pp. vol. 58, gennaio 2001, pp. 85-91.
L’ex ha diritto al rispetto e a fare intende- 876-888. Fergusson ha dimostrato che 54 Ron de Graaf, Theo G. M. Sandfort,
re la sua voce, ma un’opera che si pre- soggetti gay, lesbiche e bisessuali hanno Margreet ten Have, Suicidality and Se-
tende scientifica dovrà mettere a con- tassi significativamente superiori, rispet- xual Orientation: Differences Between
fronto la sua narrativa con quelle di altri to al campione eterosessuale, di ideazio- Men and Women in a General Popula-
(coloro che nella comunità sono rimasti e ni suicidarie (67,9% contro 29,0%), ten- tion-Based Sample From The Nether-
si trovano bene, le persone che intessono tativi di suicidio (32,1% contro 7,1%) e, lands, «Archives of Sexual Behavior»,
con la comunità a titolo diverso relazioni tra i 14 e i 21 anni, di disordini psichia- vol. 35, n. 3, 1 giugno 2006, pp. 253-262.
sociali, gli osservatori esterni) e non pre- trici (depressione maggiore 71,4% contro 55 La ricerca ha preso in considerazione
tenderà di ricavare la verità dall’uso os- 38,2%, disturbo d’ansia generalizzata anche l’effetto interattivo della «discri-
sessivo di questo solo tipo di narrativa. 28,5% contro 12,5%, disturbo della con- minazione percepita».
511
Poterzio psicoterapia.qxp 29/09/2009 12.38 Pagina 600
PSICOLOGIA
La documentata e accurata ricer- sesso cercando di ottenere una figure genitoriali (aver cioè matu-
ca di Roberto Marchesini sulle «auto-bonifica» di tutto il mondo rato da loro che cosa vuol dire es-
terapie riparative (Studi cattolici istintivo affettivo perturbato e sere uomo o essere donna ed es-
n. 581/82: «Chi ha paura della te- talvolta denegato? sersi introiettati i rispettivi ruoli
rapia riparativa?») merita ancora l Possiamo davvero rinunciare, complementari). All’analisi gene-
uno sguardo più ampio sul signi- come fanno tanti psicoterapeuti, tica e dinamica, compresa la veri-
ficato e sui metodi delle terapie a prendere in considerazione la fica dei movimenti transferali,
riparative, ma soprattutto sulla morale, soprattutto la morale viene aggiunto un approccio di ti-
posizione del terapeuta (psicoa- sessuale? po cognitivo in cui il soggetto
nalista, psicologo o psichiatra l Siamo infine come terapeuti prende coscienza del significato
che sia) di fronte ai problemi consapevoli o no della nostra per- profondo del suo bisogno di unir-
scientifici, antropologici e morali sonale antropologia, ossia della si sessualmente a persone pari
che una tale terapia e una tale ti- nostra concezione dell’uomo e sesso. Contemporaneamente si
pologia di utenti propone. delle sue ripercussioni nel rappor- tenta di esorcizzare, nei soggetti
to con coloro che richiedono cure? di sesso maschile, i profondi sen-
Alcune timenti di inferiorità tanto verso
gli uomini quanto soprattutto ver-
so le donne, accompagnati a volte
premesse Né persuasione
né «conversione» da vere e proprie repulsioni (qua-
l Possiamo davvero imputare si a orientamento fobico con le
all’«omofobia interiorizzata» l’u- La terapia riparativa, di cui si di- conseguenti strategie di evitamen-
nica ragione di una ego-distonia scorre nell’articolo citato, per la to) sul piano fisico e intolleranza,
(o disagio che dir si voglia) rispet- gestione del disagio nei soggetti in alcuni casi, della stessa vista
to all’orientamento omosessuale? con orientamento omosessuale dei genitali femminili. Il soggetto
Così in effetti si sostiene da molte egodistonico effettivamente viene di sesso maschile gradualmente
parti anche in àmbito scientifico, praticata dagli anni ’85 circa in recede dalle classiche disposizioni
ma per molti omosessuali il loro America, promossa dallo psichia- fallocentriche e fallocratiche me-
orientamento è una inattesa sco- tra Joseph Nicolosi (Reparative diante una migliore integrazione
perta fatta ancor bambini o prea- Therapy of Male Homosexuality. tra sessualità, affettività e progetto
dolescenti che determina gli stessi A New Clinical Approach, Jason di vita. Abbandona così a poco a
sentimenti di diversità e di estra- Aronson Ed., California 1997), at- poco la famelica ricerca dei part-
neità di una malformazione fisica tuale presidente dell’Istituto Narth ner sovente sostituiti con vertigi-
o di un’incapacità sociale qualsia- (National Association for Re- nosa rapidità. Il terapeuta affronta
si (non riuscire a far ginnastica, search and Therapy of Homose- il mondo del suo paziente anche
parlare senza difetti di pronuncia, xuality) in California. L’Istituto in termini comportamentistici
venire assaliti da invincibili timi- presenta interessanti risultati di promuovendo in primo luogo l’a-
dezze, avere un tic, ritenersi di oltre mille casi di riformulazione micizia vera e «diserotizzata» con
aspetto sgradevole e naturalmente maturativa dell’orientamento ses- soggetti pari sesso e incentivando
venire derisi). suale (Joseph Nicolosi: conferen- un percorso verso l’assertività.
l Va davvero centrato il focus za del 5 giugno 2003) in un quin- Non si praticano, che io sappia,
della psicoterapia esclusivamen- quennio di trattamenti. interventi direttivi di persuasione-
te sul tema dell’omosessualità o Chiamata anche terapia ricostitu- «conversione».
non piuttosto va preso in consi- tiva, si propone di rimettere in Con metodologie relativamente
derazione tutto l’assetto della moto lo sviluppo istintivo affetti- simili in Europa lo psichiatra
personalità del soggetto che chie- vo dell’utente bloccato durante i olandese van den Aardweg affer-
de cura, i suoi sentimenti negati- primi anni di vita da mal riusciti ma di ottenere modificazioni ma-
vi verso di sé, la fobia dell’altro processi di identificazione con le turative sin dal 1985 (Gerard van
600
Poterzio psicoterapia.qxp 29/09/2009 12.38 Pagina 601
den Aardweg, Omosessualità e condizione omosessuale, se mai biamento, ossia a una riorganiz-
speranza, Edizioni Ares, Milano vi fosse ancora qualche omoses- zazione consapevole e autonoma
1999). Vien data speciale impor- suale ego-distonico in fase dubi- dell’assetto istintivo affettivo so-
tanza a un cammino verso l’af- tosa o di conflittuale ripensamen- litamente perturbato e difficil-
fermatività a partire dai comples- to. Tutto il disagio, essi sostengo- mente gestibile. Non si vede al-
si di inferiorità evidenziabili sin no, proviene dalla società omofo- cuna ragione di rinunciare a un
dall’infanzia, mentre l’identità di ba, dalle derisioni, dalle emargi- percorso maturativo di adatta-
genere viene presa in considera- nazioni e dalle colpevolizzazioni mento e, perché no?, di orienta-
zione mediante lo studio dei mo- inflitte dalla famiglia o dalla so- mento verso quell’eterosessualità
delli genitoriali introiettati. L’in- cietà. Perché cambiare? L’omo- nascosta, forse rimossa, che con-
tervento cognitivo di van den sessualità è nient’altro che una flittualmente e problematicamen-
Aardweg si allarga alla famiglia, variante normale dell’essere te sembra albergare in fondo al-
particolarmente bisognosa di so- umano, come il colore dei capel- l’animo delle persone con ten-
stegno e di chiarimenti se il sog- li, la statura, la costituzione. Vi denze omofiliche.
getto con tendenze omofiliche è sono già delle dichiarazioni in tal
ancora abitante nella casa di ori- senso dell’Apa e dell’Oms. L’af- Diritto/dovere
gine. Il peso emotivo dei genitori fermatività profilata consiste nel
e della costellazione di altri pa- coming-out, nell’uscire gioiosa- della psichiatria
renti grava pesantemente sul sog- mente allo scoperto dalla condi-
getto in terapia: avviene molto zione di clandestinità in cui so- In seguito a tali considerazioni è
spesso di riscontrare tra quelli vente vive un soggetto con ten- lecito affermare il diritto/dovere
che il linguaggio della psicoana- denze omosessuali e di protestare della psichiatria (psicoterapia, psi-
lisi chiama «oggetti interni» una il proprio diritto (outing) a essere cologia, psicoanalisi) a occuparsi
forte presenza attiva della figura riconosciuti da tutte le fasce so- del fenomeno dell’omosessualità.
materna con cui esistono impor- ciali e dalla legge. Bisogna ribadire il diritto-dovere
tanti fenomeni di identificazione Dai risultati riportati dai promo- a curare chi chiede aiuto e mani-
nel sesso maschile. Come le cure tori della Gat i soggetti dalla te- festa una sofferenza.
di Nicolosi, anche l’approccio di rapia acquistano sicurezza, auto- Infine. di quale sofferenza si trat-
van den Aardweg appare multi- nomia, libertà interiore rispetto ta? Che cosa bisogna curare se,
forme e forse ibrido, ma tuttavia alla colpa dettata dall’omofobia secondo alcuni, nessuno soffre?
capace di offrire risultati di cam- interiorizzata. La terapia ottiene Che cosa bisogna riparare se nul-
biamento: l’autore riporta su 260 dunque risultati di adattamento e la si è rotto?
casi una riformulazione in termi- di cambiamento. Il disagio del soggetto portatore
ni eterosessuali (egli parte dal Dalla disamina di queste due for- di un’inclinazione omosessuale
presupposto, tutto da verificare, me opposte di approccio terapeu- non sembra, come detto, esclusi-
ma suggestivo, che l’omosessua- tico alla condizione omosessuale vamente generato dal clima omo-
le sia un eterosessuale latente) di si possono evincere le seguenti fobo che lo circonda. Né l’ego-
2/3 dei soggetti e una stabilizza- conclusioni: distonia riguarda soltanto l’orien-
zione istintuale meglio organiz- l la condizione omosessuale ne- tamento omosessuale. Il più delle
zata nel terzo restante. cessita di un incentivo psicotera- volte la tendenza omosessuale è
peutico, se richiesto, orientato una dolorosa scoperta, non
Società verso l’affermatività, in quanto ci un’opzione o scelta di genere che
si trova di fronte a sentimenti di dir si voglia (A. Persico, Omo-
omofoba? insicurezza, inferiorità, vergogna sessualità: tra scelta e sofferen-
in un’organizzazione personolo- za, Ed. Alpes, Roma 2007). Tale
In opposizione a tali interventi gica generalmente immatura; scoperta viene vissuta inizial-
psicoterapeutici si svolge in l la condizione omosessuale mente nella sorpresa, nel nascon-
America la Gat (Gay Affirmative produce nella maggioranza silen- dimento, nel dubbio sul futuro,
Therapy). Proposta dal movi- ziosa degli omosessuali fenome- nell’introversione con connotati
mento di liberazione Gay sin dal ni di ego-distonia, che mai si ve- depressivo-rinunciatari. Si ac-
1989 (Marshall Kirk, neuropsi- rificano nella situazione eteroses- compagna all’inevitabile incer-
chiatra, e Hunter Madsen, pub- suale; tezza sulla propria identità con i
blicitario: After the ball, 1990) e l una forma di disagio psichico correlati sentimenti di inferiorità,
ben analizzata da Marchesini nel inerente in primo luogo all’iden- di inadeguatezza fisica, di inca-
saggio al quale ci si riferisce, vie- tità è innegabile e molti soggetti pacità a reggere il confronto con
ne praticata da terapeuti omoses- richiedono legittimamente un i coetanei pari sesso. Ne deriva la
suali e intende favorire i processi aiuto psicoterapeutico; ricerca di una persona simile a sé
di adattamento psicologico alla l ogni psicoterapia mira al cam- per rinforzare la propria identità
601
Poterzio psicoterapia.qxp 29/09/2009 12.38 Pagina 602
di genere. Contemporaneamente mazioni nel contrario, infine la che è nient’altro che un tabù e di-
risulta problematico e intriso di strutturazione profondamente di- venti un amorale o un immorale
emozioni negative il relazionarsi versa dell’orientamento omoses- soddisfatto. Il terapeuta insomma
con l’Altro in modo realistico suale negli uomini e nelle donne dovrebbe conoscere i princìpi
prendendolo per ciò che l’Altro nelle quali sembra prevalere una della morale senza ovviamente
in effetti è e non per ciò che il genesi traumatica del fenomeno imporli.
soggetto immagina o fantastica richiederebbero approfonditi stu- A volte la mancanza di qualsiasi
che sia rendendolo narcisistica- di oltre che la necessaria presa in commento, riflessione o analisi
mente parte di sé, a seconda dei carico terapeutico. del problema morale, soprattutto
casi, simbionte, alter-ego, com- se il terapeuta non governa anco-
plice, partner collusivo, confusi- Il problema ra bene i moti transferali e con-
vo e illusorio (come spesso av- trotransferali, viene scambiata
viene di riscontrare nei partner morale dall’utente come «autorizzazio-
omosessuali, se si ha la pazienza ne» ad agire come meglio crede
di esaminare in profondità la È inevitabile infine che non solo per il suo piacere secondo una vi-
coppia) dal quale discostarsi poi il soggetto utente, ma anche il te- sione della cura ispirata a un par-
con repentini processi di disinve- rapeuta si incontrino con il pro- ticolare individualismo emanci-
stimento affettivo. Wister e Mat- blema morale. pativo proposta oggi da molti te-
teson dopo aver esaminato 160 L’atto sessuale, qualsiasi atto ses- rapeuti, al di fuori dell’uso re-
coppie di omosessuali non ne suale, avviene in una relazione sponsabile e consapevole della li-
hanno trovata una della durata interpersonale con imprevedibili bertà che è un segno di maturità.
superiore ai 5 anni. Per Pollak ricadute emotive su entrambi i La morale non è un tabù, ma la
(1985) le unioni omosessuali non protagonisti e iscrizione di cia- garanzia di buone relazioni.
durano oltre due anni. I meccani- scuno nella storia dell’altro. In In Italia e in molti Paesi ci si rife-
smi di scissione tra affettività e quanto relazione tra due persone, risce soprattutto alla morale cri-
sessualità facilmente evidenzia- vissuta con un atto libero e co- stiana. Va chiarito una volta per
bili conducono a un eccessivo sciente, lo si voglia o no, diviene tutte che la Chiesa cattolica non
fallocentrismo con la tendenza a ipso facto oggetto di valutazione condanna l’orientamento omo-
erotizzare le situazioni (va anno- morale. sessuale e le sue pulsioni, se non
tato che uno degli obiettivi di Nonostante pareri alquanto dif- come propensione a comporta-
ogni buona psicoterapia è con- formi in tema di morale sessuale, menti contrari alla legge divina.
sentire all’utente di istituire rela- sovente il terapeuta, per seguire il Semplicemente considera offesa
zioni interpersonali sessuate, ma rigoroso criterio di astenersi dal a Dio la consumazione di un rap-
de-istintualizzate, ossia sottratte trasmettere all’utente qualsiasi porto omosessuale, così come
all’arco riflesso stimolo-risposta, forma di giudizio morale, potreb- l’adulterio, la violenza sessuale,
e inserite invece in un progetto be essere indotto egli stesso a la pedofilia, la poligamia. In par-
consapevole di vita). confondere la spiegazione con la ticolare, il rapporto omosessuale
La frequenza del collasso depres- giustificazione. La profondità è ritenuto anche contrario alla
sivo con un’alta percentuale di con cui il terapeuta può interpre- legge di natura.
tentativi di suicidio (si veda l’ar- tare la genesi dinamica di un atto
ticolo di Marchesini nel n. non esaurisce la portata e le con- Quali presupposti
581/82 di Studi cattolici, p. 509), seguenze dell’atto stesso sul sog-
spesso per abbandono del part- getto, sul partner e sul contesto in antropologici?
ner, l’ambivalenza maschile ver- cui egli vive. Si vorrebbe cioè
so il sesso femminile, alternante suggerire che ogni buon terapeu- Ecco allora la connessione con il
tra atteggiamenti effeminati, tra- ta dovrebbe conoscere i princìpi tema dei valori. Una terapia ben
vestimenti vistosi e viceversa della sua stessa morale persona- fatta dovrebbe consentire all’u-
ostentato virilismo paramilitare, le, della morale comune ed even- tente di relazionarsi in modo au-
la persistenza di una problemati- tualmente anche del sistema mo- tentico e consapevole, libera-
ca sessuale post-adolescenziale rale dei suoi pazienti. mente voluto, a quei valori che in
bisognosa di conferme, di esibi- In breve, prudentemente non do- fine aiutano l’uomo a vivere da
zioni e di rassicuranti confronti, i vrebbe ammettere che in virtù del uomo, eliminando, si capisce, i
comportamenti di eccitamento suo lavoro terapeutico un osses- falsi valori inseriti in una struttu-
euforoide collettivamente incen- sivo inibito diventi un criminale ra nevrotica.
tivati nei quali, accanto alle in- felice, un’agorafobica si trasfor- Indipendentemente dal suo per-
tenzioni provocatorie, non si ca- mi in un’allegra adulterina, in- sonale credo, lo psicoterapeuta di
pisce se prevalgano meccanismi somma che un soggetto abbando- fronte al suo paziente si trova a
di negazione piuttosto che di for- ni una morale con la convinzione dover verificare continuamente
602
Poterzio psicoterapia.qxp 29/09/2009 12.38 Pagina 603
Che cosa può aspettarsi un uomo dal processo di cambiamento? Con sincerità
disarmante, Gordon Opp descrive i successi ma anche le lezioni, a volte molto
dolorose, apprese lungo il cammino. E' intervistato dal Direttore Esecutivo di
NARTH, Joseph Nicolosi.
JN: Gordon, ti ringrazio molto per l'offerta di condividere la tua storia. Iniziamo subito a
percorrere le tappe fondamentali della tua vita. Sei stato il presidente del Credit Bureau
di Lincoln, Nebraska, per 21 anni e sei sposato da 20 anni. Stai per completare il Master
in consulenza e per qualche tempo hai gestito un gruppo di sostegno per uomini che
lottano con l'omosessualità. Quando hai pensato per la prima volta di avere un problema
con l'omosessualità?
GO: E’ stato alle scuole medie che mi sono reso conto di provare attrazione per i ragazzi
invece che per le ragazze; ciò mi ha causato moltissima ansia. Non c'era nessuno con cui
parlare in quei giorni, così lo nascondevo.
JN: A quei tempi non c’era nella tua scuola un consulente del "Progetto 10" per
affermare la tua omosessualità e per introdurti nella comunità gay.
GO: Esatto, e sono contento di questo. Almeno non sono stato spinto a pensare che non
fosse un problema. Ero cristiano, avevo fede e credevo nella moralità. Così non ho
messo in pratica i miei desideri fino all'età di 21 anni. Ci sono riuscito nei primi tre anni
di college. Poi, come per la maggior parte degli omosessuali, la mia prima esperienza
sessuale è stata incredibilmente ... è come essere stato in un deserto per due settimane
senza acqua e a un tratto giungi ad un oasi. E' estremamente coinvolgente.
Ho avuto rapporti omosessuali dai 21 ai 25 anni, tantissimi rapporti che quasi sempre
duravano una sola notte. Ho frequentato i parchi e ho avuto qualche relazione - forse tre
- che sono durate alcuni mesi. In quel periodo ero molto depresso, vivevo una specie di
doppia vita. Inoltre, non mi sono mai sentito soddisfatto o realizzato in quelle relazioni.
Dopo un pò perdevo interesse anche per uomini spesso più attraenti di me. Ma a quei
tempi non ne comprendevo le dinamiche.
GO: Il bisogno di essere accettato... di sentirsi come uno dei ragazzi ... il bisogno di
compassione e di comprensione da parte degli uomini. In effetti è interessante come…
anche adesso, mi rendo conto che i miei residui desideri omosessuali hanno poco a che
fare con il sesso. Guardando un uomo, se mi spingo fino a pensare come potrebbe essere
senza abiti indosso - in questo momento della mia vita - trovo tale pensiero disgustoso.
Desidero che si avvicini a me, che mi stringa la mano, che mi parli e mi presti un pò di
attenzione.
Ma quando ero un ragazzo non comprendevo quelle dinamiche. Oggi capisco quei
sentimenti e come d'incanto si trasformano quando li comprendi. E’ molto intrigante
osservare una persona che esegue un gioco di prestigio. Si vuole vedere più volte in
modo da poter capire come riesca a far scomparire quella cosa. Ma quando si
comprendono appieno i sentimenti - vale a dire, quando si impara che cosa c'è dietro il
trucco - scompare gran parte dell'eccitazione e l'attrazione non é più "magica".
GO: Per me l'omosessualità è questo. Guardo un uomo che trovo interessante e non
faccio nulla per dare seguito a questa attrazione perché, per così dire, "conosco il
trucco". Cioè, so in cosa consiste la fantasia. So che cosa c'è dietro l'illusione. E ho la
comprensione logica che non soddisferebbe realmente i miei bisogni. Se perseguissi un
qualsiasi tipo di rapporto sessuale, so che avrebbe soltanto un effetto negativo su di me.
Ma c’è dell’altro, però.
Nel tuo libro hai scritto che Elisabeth Moberly spiega che il bisogno insoddisfatto di
amore da parte di persone dello stesso sesso costituisce la radice del problema, ma poi
hai ampliato molto l'argomento. Hai descritto come le amicizie tra persone dello stesso
sesso servano a soddisfare tali esigenze. Ho scoperto che quando ho uno stretto rapporto
di amicizia con un uomo etero che trovo attraente, posso desessualizzare quei bisogni.
Posso appagarli in maniera soddisfacente.
JN: Moltissimi uomini mi dicono questo. Dicono che le loro attrazioni omosessuali o
fantasie diminuiscono o addirittura scompaiono.
GO: Esatto, accade proprio questo. Accade in molti casi. Il problema, però, come spiega
il Dr. Satinover in "Omosessualità e la Politica della Verità", si presenta quando si é già
entrati in uno schema di dipendenza. L'esperienza sessuale è come una droga. E’
rilassante, é anestetizzante ed é un "rimedio rapido". Ciò può rendere molto difficile
lasciare l'omosessualità. Quando sessualizziamo queste esigenze emotive, quando
impariamo a soddisfare temporaneamente tali esigenze in un modo sessuale, abbiamo in
realtà preso un bisogno normale e legittimo, datoci da Dio, e lo abbiamo soddisfatto con
una "droga".
Invece, quando riusciamo a soddisfare i nostri bisogni attraverso una relazione non
sessuale con un ragazzo, una relazione totalmente sana, non avremo quella "scossa" che
produce un incontro omosessuale. Questa è una delle cose che ho dovuto riconoscere ed
accettare; e cioè, che lo scopo di una relazione sana non é quello di generare una
"scossa".
JN: JN: È vero, perché la "scossa" é artificiale e non dura nel tempo. Inoltre, darà origine
soltanto al desiderio di un'altra "emozione" più forte con un altro partner. Stiamo
iniziando ad assistere all'ammissione di questa verità da parte di scrittori gay, almeno
indirettamente. In "Love Undetectable" Andrew Sullivan dice che non ci si può affidare
a relazioni erotiche per ottenere un amore che duri nel tempo e che gli amici sono l'unica
fonte fidata di sostegno e di affetto.
GO: La "scossa" è artificiale ma è molto coinvolgente ed è ciò che trattiene molti uomini
nella vita gay.
JN: Esattamente. Jeffrey Satinover parla dei percorsi del piacere neurologico che
vengono tracciati nel cervello - strutturalmente tracciati - e spiega che sebbene si
possano apprendere nuove fantasie da sovrapporre a quelle vecchie, nonché modi
migliori per soddisfare le esigenze emotive, tuttavia, non si potranno mai cancellare
completamente le risposte neurologiche sottostanti. È possibile definire nuovi percorsi
su quelli già esistenti. Ma molti uomini devono veramente lottare con una reale
dipendenza.
GO: Si. E purtroppo, lasciarsi coinvolgere in tale abitudine, come ho fatto io, si rivelerà
una scelta decisamente miope. Ma la cosa che mi incoraggia, pensando al cervello, é che
gran parte di esso non viene utilizzato... e che ci sono tanti altri tipi di "scosse" che una
persona può sperimentare. Veniamo intrappolati nell'idea che l'unico modo in cui
possiamo godere della vita, o sperimentare qualsiasi tipo di forte emozione, è quello
malsano a cui siamo abituati. Io cerco di incoraggiare gli uomini con cui lavoro ad
ampliare le loro prospettive. Anche se altre esperienze potrebbero non dargli le forti
emozioni a cui sono abituati, essi devono andare avanti, perseguire sani rapporti con
persone di sesso maschile e trovare anche qualcosa di diverso a cui dedicarsi con
passione.
GO: Sì. Come ho detto, ho vissuto uno stile di vita gay per circa quattro anni, fino a 25
anni, ma ero molto depresso perché per me non funzionava. Sono del Nebraska e decisi
di trasferirmi in California. Pensavo che sarebbe stato il posto migliore per vivere una
vita gay e, se questo non avesse funzionato, forse lì avrei trovato aiuto.
In California ho incontrato un pastore. Aveva sette anni più di me, sposato e con due
figli. Non conosceva il tuo libro – a quei tempi non era stato ancora scritto - lui ha
lavorato con me proprio come tu suggerisci. Nessuno di noi due sapeva che cosa stava
succedendo. Era un bell'uomo che si preoccupava per me e vedeva in me una persona
che desiderava fare la cosa giusta ma non sapeva come.
Mi ricordo che una volta nel suo ufficio mi disse: "puoi avere un’attrazione per me ma
non accadrà mai nulla perché io sono diverso". Poi aggiunse: "questo non cambia quello
che sento per te; ti voglio bene e mi prenderò cura di te". Il suo atteggiamento spense
totalmente la mia attrazione. Questo per fu l'inizio del suo aiuto. Mi recai da lui per
quasi un anno. Durante quel periodo ho incontrato la mia futura moglie e siamo diventati
molto amici. Prima di sposarmi ho voluto astenermi da qualsiasi tipo di attività sessuale
per almeno un anno.
GO: Non vi è stata alcuna attrazione sessuale fino a poco prima del nostro matrimonio.
Poi ho iniziato a pensare “tra poco mi sposerò”, così ho cominciato a vedere la mia
fidanzata in un altro modo. Sono convinto che in realtà siamo tutti eterosessuali perciò
incoraggio gli uomini a sposarsi, se sono convinto che saranno in grado di onorare il loro
impegno. Non voglio che mettano in difficoltà o deludano una donna. Ma se l'uomo
prende sul serio l'impegno e lo onora superando qualsiasi tentazione passeggera, allora
la questione é diversa. Io sono una persona piuttosto disciplinata e ciò aiuta.
GO: Nei primi anni del mio matrimonio é stata più una questione di "fare la cosa giusta".
Tuttavia, quando si trascorre tanto tempo con qualcuno, si hanno figli insieme e si vive
insieme, non si può fare a meno di imparare ad amare veramente quella persona. Oggi
amo mia moglie come la maggior parte degli uomini amano la loro mogli, se non di più.
L'esperienza sessuale può essere non esattamente come quella degli uomini che non
hanno mai lottato con l'omosessualità, ma mi soddisfa e attendo con impazienza quei
momenti. Sarei completamente devastato se perdessi mia moglie. Devo dire che ho
cambiato non solo il mio comportamento ma anche il modo di considerare me stesso. Ho
cambiato la mia identità. Mi sento molto a mio agio nel ruolo di marito, padre e adesso
anche nonno.
GO: Sì. Le mie figlie hanno 19 e 17 anni e quella di 19 anni si sposerà ad agosto. Il mio
rapporto con le mie figlie è fantastico. Ma credo che alcuni di noi, con un passato
omosessuale, pensano che forse non possono essere un buon padre per i loro figli
maschi.
JN: Sì, soprattutto una persona con moltissime preoccupazioni riguardo la propria
mascolinità.
GO: Quindi, dopo le prime due figlie femmine ho pensato "bene, il Signore mi ha dato
delle figlie, così non dovrò preoccuparmi di essere un buon padre per un figlio
maschio". Ti assicuro, amare le mie figlie é stato incredibilmente naturale per me, uno
dei più grandi piaceri della mia vita. È sempre stato così, anche quando sono diventate
adolescenti. Poi mia moglie ha voluto un terzo figlio e abbiamo avuto un maschio. E'
stata una gioia incredibile. Entrare la sera nella sua stanza, rimboccare le sue coperte,
raccontargli una storia o dargli delle pacchette sulla schiena e arruffargli i capelli, è
quasi come avere qualcuno che lo fa a me. E’ incredibilmente costruttivo - Sto
"guarendo attraverso il dare" e ne sono così grato. È come avere una seconda possibilità.
JN: JN: Stai risolvendo alcuni dei tuoi vecchi bisogni soddisfacendo quelli di qualcun
altro. Pensi che questo accada a tutti i padri.
GO: Io credo di sì, perché ognuno ha alcuni bisogni insoddisfatti che si trascina dietro
dal passato. Sono estremamente soddisfatto della mia vita. Non la cambierei con quella
di nessun altro. All'inizio, durante i primi dieci anni di matrimonio ricadevo
occasionalmente in uno stato di depressione, mi sentivo giù e avevo l'impressione che
mi stessi perdendo qualcosa, ma ormai non lotto più con la depressione da anni.
JN: Conosci qualche altro ex-gay sposato? Hai una cerchia di amici a cui appoggiarti?
GO: Per alcuni anni ho diretto un gruppo di sostegno di otto/dieci uomini. Gli uomini
andavano e venivano ma ce ne sono alcuni che si sono sposati e hanno figli, e con questi
ho un buon rapporto. Me ne viene in mente uno in particolare, il mio amico Bill, che mi
ha appena detto che sua moglie è incinta del loro secondo figlio, ed è entusiasta di
questo. Come hai scritto nel tuo libro, alcune persone che superano l'omosessualità
possono essere buoni amici e alcune di queste amicizie sono estremamente preziose; non
voglio assolutamente minimizzare ciò. Ma per quanto riguarda la guarigione ho ricevuto
molto di più da uomini etero.
GO: Si. Ci sono "uomini etero da sempre" con cui amo stare, e ciò mi aiuta molto. Poi
ce ne sono alcuni particolarmente attraenti che mi sforzo di conoscere meglio, in modo
da non sentirmi intimidito da loro e in modo da non provare quella sensazione di
debolezza, di essere "meno di" loro, che potrebbe far scattare un’attrazione indesiderata
da parte mia.
JN: Sì, esattamente. Questa é un'ottima osservazione. Le persone che stanno cercando di
superare l'omosessualità devono sapere che tu hai imparato a respingere le intimidazioni,
soprattutto con i ragazzi attraenti. Devi sforzarti di conoscerli per abbatterne il fascino.
GO: E 'davvero divertente quando lo faccio perché, come ho detto, mi costringo a farlo.
A volte mi capita di imbattermi in qualcuno - ad esempio in una riunione o in qualsiasi
altra situazione - e noto che il mio vecchio modello di comportamento sarebbe quello di
rinchiudermi in me stesso e di sentirmi inadeguato e poi di iniziare a provare un certo
tipo di interesse per loro. Si tratta di un residuo del passato – un’attrazione che scaturisce
da un vecchio modo di rapportarsi. Così, invece, cerco di conoscerli, a volte li tocco
dandogli una pacca sulla schiena, una salutare stretta di mano o qualcos'altro, a volte
cerco di irritarli solo un pochino e poi, ad un tratto, vedo le loro debolezze - "é soltanto
un uomo come tanti" - e l'attrazione é spezzata.
JN: Ciò che vedi è la loro umanità, l'elemento comune. Ti rendi conto che tu e lui siete
realmente collegati. Così spezzi quella tensione, e con essa, le fantasie.
GO: Questo era ciò che sentivo, ciò che per me è stata l’omosessualità. Era pensare…
“c'è quest’ "uomo misterioso" là fuori, come è fatto? Perché non mi sento come lui?” E
così, imparando a conoscere questi uomini un po’ più intimamente, allontano le fantasie.
JN: C’é stato un momento critico nella tua vita in cui hai avuto un’intuizione che ti ha
aiutato a comprendere quanto hai appena esposto?
GO: Sì, circa dieci anni fa stavo attraversando una crisi di mezza età - avevo circa 35,
36 anni - avevo tre figli sani, la mia azienda andava bene, avevamo una bella casa,
guidavo automobili nuove, “ce l’avevo fatta”. In quei momenti le persone si chiedono,
"ho avuto veramente tutto?" Per me la grande domanda era "beh, non ho mai veramente
sperimentato quella 'cosa' rispetto agli uomini. Mi sono perso qualcosa?"
Per me il modo per ottenere "quella cosa" era attraverso l'omosessualità, e nei primi anni
di matrimonio, per proteggere me stesso, ho affrontato i residui sentimenti omosessuali
prendendo le distanze da uomini attraenti.
Alcuni ragazzi conosciuti in passato oggi direbbero: "Sai, conoscevo Gordon, facevamo
delle cose insieme, e poi ad un tratto ci siamo semplicemente persi di vista. Non so cosa
sia successo". Beh, io so cosa è successo. Non volevo fare di loro un oggetto sessuale.
Non volevo avere quel problema, così mi sono “ritirato”, si è trattato di un distacco
difensivo.
Non mi ha affatto biasimato per i miei sentimenti. Tornando a casa abbiamo parlato
della mia lotta e siamo diventati buoni amici. Non voleva che mi distaccassi da lui.
Voleva continuare a mantenere quella connessione. Diceva: "Non lo so, io non sono uno
psicologo ma mi sembra giusto continuare a mantenere questo rapporto con te."
Aprirmi con mio cognato mi ha aiutato ad uscire dalla mia crisi. Il mio rapporto con lui
ha favorito la guarigione emotiva che già conoscevo a livello intellettuale.
GO: No, non lo direi. Ma i sentimenti sono così diversi. Vorrei spiegarlo in questo
modo, all'inizio é stato come indossare una felpa che aveva una grande "O" sul davanti.
Era ciò che ero: la felpa diceva "Omosessuale". Adesso é più o meno come avere un
biglietto da visita, piuttosto consumato e spiegazzato, infilato nel taschino della mia
camicia. Talvolta mi ritrovo ad infilare la mano nel taschino e a tirare fuori quel vecchio
biglietto, e un pò mi da fastidio, ma la vita va al di là di questo. Si tratta di un irritazione
occasionale, non più di un'ossessione. Oggi la mia vita è molto piacevole.
JN: La tua esperienza ci dice molto circa la natura del cambiamento psicologico.
Qualunque siano le difficoltà di un uomo - tossicodipendenza, bulimia, alcolismo, bassa
stima di sé - è improbabile che con il cambiamento vengano semplicemente "cancellate".
Hai operato in te un’enorme trasformazione emotiva attraverso la conoscenza e le nuove
esperienze. Ma alcuni sentimenti legati al sesso si ripresentano. Tuttavia, poiché adesso
sai che cosa significano, essi hanno perduto gran parte del loro potere.
Grazie tante Gordon per aver condiviso le tue esperienze di vita con tanta onestà e
chiarezza.
Traduzione di Patrizia
http://omosessualitaeidentita.blogspot.com
La Storia di un Ex-Omosessuale nel Mondo della Pop Music
di Roberto Marchesini
Rappresentante Internazionale NARTH - NARTH Italia
Infine, il 17 febbraio, Povia ha cantato la sua canzone in prima serata. "Luca era
gay" racconta la trasformazione di un omosessuale di nome Luca. Senza l'aiuto di
psicologi e psichiatri, egli scava dentro di sé per comprendere le radici delle sue
attrazioni omosessuali. Un padre distante ed emotivamente distaccato e una madre
soffocante, egli dice, lo hanno reso confuso riguardo la sua identità sessuale:
"cercavo negli uomini chi era mio padre, andavo con gli uomini per non tradire
mia madre". La canzone allude anche ad una superficialità nei rapporti
omosessuali: "tra amore e inganni spesso ci tradivamo". Il brano termina con
questo versetto: "questa è la mia storia, solo la mia storia. Nessuna malattia.
Nessuna guarigione. Caro papà, ti ho perdonato anche se qua non sei più tornato.
Mamma, ti penso spesso, ti voglio bene e a volte ho ancora il tuo riflesso, ma
adesso sono padre e sono innamorato dell’unica donna che io abbia mai amato".
La musica, un morbido rap con toni drammatici, sostiene un testo diretto ed onesto
che non giudica mai le persone omosessualmente orientate, per le proprie scelte di
vita personali.
La popolarità di "Luca Era Gay" ha dato coraggio e dignità alla comunità di ex-
omosessuali in Italia che, fino ad ora, era stata totalmente intimidita dagli attivisti
gay. La profondità delle intuizioni di vita reale contenute nel testo, relative
all’esperienza dell’ex omosessuale, è innegabile.
Traduzione di Patrizia
http://omosessualitaeidentita.blogspot.com
Ristampato dal bollettino NARTH, Inverno 2005
Il Dr. van den Aardweg spiega perché egli crede che le rivendicazioni di una base biologica per la
SSA (Attrazione per lo Stesso Sesso) abbiano scarso valore.
Nel 1898 l’imperatrice austriaca Elisabetta fu pugnalata a morte, a Genova, dal venticinquenne Luigi
Lucheni. L’assassino era orgoglioso del suo atto che, come lui stesso dichiarò, “vendicava la sua vita”.
Dopo alcuni turbolenti anni in prigione, nel 1910, Lucheni si impiccò. Il professor Mégevant, un tipico
rappresentante della corrente di pensiero del diciannovesimo secolo riguardo il comportamento
anormale, eseguì l’autopsia per scoprire eventuali anomalie del cervello, che si supponeva fossero alla
base della “disposizione psicopatica” dell’assassino. Non fu scoperto nulla di anormale; anche il peso
del cervello di Eni rientrava nella norma. Deluso, il professore pose la testa in un contenitore di vetro,
insieme a della formaldeide, e lo depositò nei locali dell’istituto di Medicina Legale.
Uno psicopatico neuroanatomicamente normale costituiva un enigma scientifico!
Tuttavia la spiegazione della personalità arrogante, spietata e ostile di questo criminale poteva essere a
portata di mano se si fosse prestata attenzione a ciò che egli ebbe da dire riguardo la sua storia
psicologica. Figlio illegittimo, abbandonato e vittima di violenti abusi e sfruttamenti da parte di diversi
“genitori” adottivi, le sue azioni erano guidate dalla frustrazione e dall’amarezza. Ma a quei tempi la
psicogenesi non era, per così dire, ancora stata scoperta, e la psichiatria era dominata dal postulato di
Kraepelin: le aberrazioni mentali derivano da anomalie nel cervello che, peraltro, sono ereditate. Per
quanto riguarda il comportamento criminale, la variante era la teoria di Lombroso del delinquente nato.
Esaminando attentamente le ricerche compiute sull’omosessualità negli ultimi 15-20 anni, si può
riconoscere la stessa mentalità del diciannovesimo secolo.
Il lettore non professionista, non conoscendo le regole, avrà l’impressione che non vi siano dubbi sulle
cause biologiche dell’omosessualità o che, comunque, sia stata accertata una forte predisposizione
costituzionale. Se non siete esattamente nati omosessuali, possedete in ogni caso una qualche
disposizione omosessuale biologica, che in pratica equivale a dire la stessa cosa. E se la scienza non ha
ancora scoperto le cause biologiche definitive, lo sta facendo adesso, poiché le indicazioni sperimentali
si stanno moltiplicando. Pertanto, la scienza sembrerebbe sostenere la nozione dell’omosessuale nato.
[1]
A grandi linee, questo è il messaggio convogliato dalla maggior parte degli articoli riportati nelle riviste
professionali. Quando i fattori inerenti lo sviluppo psicologico vengono presi in considerazione, essi
vengono anche immediatamente minimizzati, nel migliore dei casi, come elementi di secondaria
importanza; spesso non vengono menzionati affatto. Dunque, qual’è la verità? Per prima cosa, non è
stata dimostrata alcuna correlazione genetica, fisiologica, anatomica o neuroanatomica con
l’omosessualità. Secondo, contrariamente all’impressione data, proprio gli studi degli ultimi 15-20 anni
hanno dimostrato ancora più improbabile l’esistenza di tali correlazioni. Terzo, queste verità, o non
sono percepite o vengono di proposito ignorate, poiché la maggior parte delle pubblicazioni
accademiche sull’omosessualità sono influenzate o determinate dalla predominante ideologia gay.
La conclusione raggiunta da Perloff nel 1965, secondo la quale non era stata dimostrata l’esistenza di
alcune peculiarità ormonali negli omosessuali, è valida ancora oggi. Nel 1993 Byne e Parsons hanno
riassunto così la loro analisi specialistica degli studi compiuti sui fattori biologici dell’omosessualità,
ivi compresi gli studi sugli ormoni: “Non esiste alcuna prova ... che dimostri la fondatezza della teoria
biologica.” [2] E dopo il 1993? Nulla che somigli anche lontanamente a una prova dell’esistenza di
influenze ormonali sull’omosessualità. Tuttavia una versione “riscaldata” della teoria intersex
(Zwischenstufen) di Magnus Hirschfeld, secondo la quale i maschi omosessuali hanno un cervello
femminilizzato e le lesbiche hanno un cervello mascolinizzato dagli ormoni, continua ad essere
“servita” come se fosse fondata su realtà scientifiche. L’insufficienza o l’eccesso di ormoni androgeni
nel periodo prenatale (rispettivamente, negli uomini e nelle donne omosessuali) sono considerate
responsabili. [3] Questa opinione è, ad ogni modo, un’indifferenziata bozza programmatica più che una
teoria verificabile. Poiché, cosa si intende, per esempio, per cervello maschile “femminilizzato”?
Si intende che in alcune strutture del cervello, finora postulate, il centro del riconoscimento percettivo
del “femminile”, “l’immagine” della Gestalt femminile è stata sostituta dalla Gestalt del “maschile”?
Ciò suona piuttosto fantasioso (e che cosa ha causato allora, nel pedofilo omosessuale, la sostituzione
dell’immagine femminile con quella del “ragazzo”? E così anche per altri “orientamenti” sessuali). Il
cervello “femminilizzato” di un maschio sta ad indicare che il comportamento del ragazzo è diventato
femminile o significa, piuttosto, che la spinta aggressiva del ragazzo, ridotta a causa di una mancanza
di audacia e di spirito fisicamente combattivo, sia molto più legata all’omosessualità che alla
“femminilità”? [4] In quest’ultimo caso, la supposta anomalia del cervello non contiene nulla che
generi o inerentemente predisponga a desideri omosessuali. La ridotta aggressione maschile (e la sua
controparte: accresciuta aggressione femminile/comportamento da maschiaccio) come tratto
caratteriale (il termine attuale è “non-conformità di genere”) potrebbe quindi essere considerata, al
massimo, un fattore “che predispone in maniera indiretta”, o meglio ancora, “pseudopredisponente”. In
realtà, è l’ambiente e la visione che il ragazzo ha di se stesso che determina il ruolo che tale
temperamento avrà nella genesi dell’omosessualità. In questa variante della teoria dell’atipicità del
cervello legata alla tendenza sessuale, l’origine dell’omosessualità stessa non è spiegata; in linea di
principio essa può essere facilmente inclusa in una visione propria della psicologia dell’età evolutiva e
non giustifica certamente l’orribile nozione di “bambini gay”.
Ad ogni modo, la questione cruciale è la seguente: quali sono gli elementi di prova a favore di un
legame tra questo (o altri) tratto comportamentale e una qualsiasi irregolarità ormonale o del cervello?
Una spiegazione alternativa come ad esempio la formazione di abitudini, o una visione del proprio io
scaturita dell’educazione e da altre influenze sociali, non è certamente meno probabile. I ragazzi
“mammoni” e/o i ragazzi con padri “psicologicamente assenti” tendono ad essere, per così dire “troppo
addomesticati”, ed è stato mostrato che precisamente questi fattori inerenti il rapporto genitore-figlio
sono stati incontestabilmente associati con l’omosessualità maschile. [5]
Le “coccole” di papà, le ragazze la cui personalità non è stata molto plasmata dalla propria madre e le
ragazze con altri background defemminilizzanti, possono adottare atteggiamenti e abitudini più
mascoline o più simili a quelle di un ragazzo. Ad ogni modo, specifiche interazioni con i genitori e con
i propri coetanei sono state ampiamente dimostrate, mentre la spiegazione ormonale-neuronale ha
molto poco da offrire, se non speculazioni. Non vi è alcuna indicazione che gli omosessuali abbiano
sofferto di squilibri ormonali prima o dopo la nascita; il loro sistema ormonale è normale e in accordo
con il proprio sesso biologico.
Per quanto concerne la CAH, la maggior parte di queste donne sono eterosessuali, pertanto la supposta
mascolizzazione del cervello concernerebbe soltanto una minoranza. Se il lesbismo fosse davvero
relativamente frequente tra questi pazienti (i dati non sono conclusivi [7]), è difficile comprendere
perché ciò deporrebbe a favore di una causa o perfino una predisposizione ormonale in lesbiche sane
con un normale equilibrio ormonale e i cui genitali non sono semi-mascolinizzati come nel caso di
questi pazienti CAH. Una spiegazione psicologica per il lesbismo in ragazze con genitali “poco
femminili” e le varie esperienze traumatiche associate a tale condizione è più realistica di una
spiegazione fisiologica. Infatti, sentimenti di inferiorità femminile sono praticamente inevitabili in
ragazze che soffrono di una tale condizione ed è così che spesso inizia uno sviluppo lesbico.
Per quanto riguarda gli uomini che presentano disturbi che conducono a una deficienza o insensibilità
prenatale androgena (e che per questo alcuni credono che posseggano centri del cervello
“femminilizzati”), non è stato individuato alcun collegamento con l’omosessualità. [8] Questo è stato il
regolare esito dei primi studi sull’omosessualità in persone che effettivamente soffrono anche di alcune
aberrazioni degli ormoni o cromosomi sessuali: non diventano psicosessualmente deviati. Secondo
alcuni autori la loro sessualità può essere però piuttosto rudimentale, “infantile”, sottosviluppata, e
questo è comprensibile. [10]
Gli omosessuali hanno un rapporto di 2D:4D (dito indice: anulare) come quello tipico del sesso
opposto? E’ stato affermato che ciò “suggerisce” ormoni prenatali e formazione del cervello
sessualmente atipica. Ma il fenomeno è molto probabilmente niente di più di un peculiare manufatto,
come altri dello stesso genere, [11] per cui è meglio dimenticarlo.
In altre parole, c’è molta speculazione dilettantesca anziché seri studi scientifici. Egli spiega:
“Tentativi di dimostrare che gli uomini omosessuali hanno risposte gonatropine femminilizzate [12]
sono stati fatte diversi decenni dopo la scoperta di forti elementi di prova che suggerivano che il
meccanismo del cervello che regola la risposta negli uomini non è diverso da quello delle donne” e
“ci sono voluti 25 studi per convincere qualcuno che i livelli di testosterone in età adulta non rivelano
l’orientamento sessuale” (p. 336; vedasi anche Byne, 1997).
Fino a quando la colpevolezza di un sospettato non è stata dimostrata, esso deve essere considerato
innocente. Si può credere, a livello personale, che gli omosessuali abbiano peculiarità neuroanatomiche
e ormonali, ma scientificamente non vi è alcuna ragione per non considerarli fisicamente sani e normali
(studi sul cervello: sotto).
Nonostante i numerosi suggerimenti del contrario, gli ultimi 15 anni di rinnovata ricerca hanno
condotto persino i genetisti comportamentali, favorevoli a una spiegazione genetica dell’omosessualità,
alla conclusione che i fattori genetici per le inclinazioni omosessuali non esistono. Questo interessante
fatto non riceve l’attenzione che merita. L’altro punto degno di nota è che, in conseguenza di ciò, le
attuali speculazioni genetiche si focalizzano su fattori predisponenti di natura non sessuale. Ne risulta
un’implicita ammissione che le cause primarie e decisive sono da ricercarsi nella storia della vita della
persona. La prova indiretta di queste conclusioni è scaturita da studi compiuti su gemelli, la prova
diretta dall’esplorazione dei linkage genetici.
Abbiamo scoperto, atttraverso studi compiuti su entrambi i sessi, che anche gemelli MZ discordanti
hanno riferito di esperienze infantili piuttosto diverse… i gemelli omosessuali hanno riferito un
comportamento più “sessualmente-atipico”...
(“Un comportamento sessualmente-atipico” è il concetto di non-conformità di genere di cui si è
trattato sopra).
Perché un’osservazione come questa non ha indotto a collazionare dati dettagliati sullo sviluppo
psicologico di questi soggetti, di identica strutttura genetica, focalizzando l’attenzione sul loro rapporto
con i genitori e i coetanei e sulla loro immagine in rapporto con quella del co-gemello? Ad ogni modo,
l’osservazione di Bailey e di Pillard viene spiegata in maniera soddisfacente dalla psicologia dei
gemelli. L’immagine che un gemello ha di se stesso prende forma grazie all’intenso confronto con il
proprio co-gemello (e alle comparazioni tra i due fornite dal contesto in cui vivono; si sentono
“identici” (vogliono essere ed agire come il loro alter ego) oppure enfatizzano eccessivamente le
proprie differenze, ad esempio rispetto alla propria virilità o femminilità. [15] Terzo, l’11% dei fratelli
adottivi di maschi omosessuali risultano essere omosessuali. [16] Questa scoperta che, né la genetica né
gli ormoni perinatali possono spiegare, getta più di un dubbio sulla spiegazione genetica
dell’omosessualità di figli maschi biologici e, conseguentemente, su tutta l’ipotesi genetica.
Ad ogni modo, il numero di concordanze in campioni di volontari sembrano essere state gonfiato
poiché i gemelli omosessuali, in particolare i gemelli MZ, sono di regola eccessivamente rappresentati.
[18] Bailey et al. (2000) hanno scoperto che 3 maschi omosessuali MZ su 2, inseriti nel registro dei
gemelli australiani, sono concordanti (11%), rispetto a 0 su 16 gemelli dizigotici dello stesso sesso
(12%). Su 22 gemelle MZ, 3 (14%) erano concordanti contro l0 gemelli dizigotici su 16 dello stesso
sesso (0%) e 2 su 19 dizigotici di sesso opposto (12%). Si tratta di “dati statisticamente non
significativi a sostegno dell’importanza dei fattori genetici”, e il lettore può facilmente rendersene
conto semplicemente leggendo i numeri riportati sopra. E’ significativo, però, che in seguito si sia
tentato di spremere dai quei dati così ovvi quanta più “ereditarietà” possibile, applicando criteri più
“flessibili” per l’omosessualità (e perciò più discutibili) utilizzando una formula di “ereditarietà”.
Ed ecco!, la formula magica trasforma la sconfitta della spiegazione genetica in una vittoria. Così, da
quel momento, ciò che evidentimente “non era una prova a sostegno dei fattori genetici” può essere
venduta come prova modestamente “a favore” (Kirk et al., 2000)! Un simile trattamento di dati così
evidenti confina con ciò che i francesi chiamano “massage statistico”; in ogni caso, non è una prova
della validità del modello non-genetico rispetto a quello genetico. [19] Ciò é vero anche per
l’interpretazione che è stata data di uno studio analogo, in cui si afferma che “l’orientamento [omo]
sessuale è stato notevolmente influenzato da fattori genetici”. [20]
Anche in questo caso i semplici numeri sono più significativi di qualsiasi sofisticato calcolo basato su
un modello speculativo [21]: due uomini omosessuali MZ su 10 avevano un fratello gemello
omosessuale (20%) contro i 4 di un gruppo combinato di 28 coppie di gemelli maschi DZ e di coppie di
fratelli non-gemelli, uno dei quali era omosessuale (14%). 4 su 9 coppie di femmine MZ erano
concordanti (44%) contro le 8 di un gruppo combinato di 28 gemelle femmine DZ e di sorelle non-
gemelle, una delle quali era lesbica (29%). Ciò indica una lieve, ma non significativa dal punto di vista
statistico, preponderanza di concordanza MZ.
In un campione non casuale di gemelli che non si sono mai sposati (tratto dal Registro dei Gemelli del
Minnesota, in cui sembra sia registrata la maggior parte dei gemelli di questo Stato), Hershberger
(1997) ha scoperto coefficienti di ereditarietà moderatamente conformi alle influenze genetiche per
quanto riguarda le lesbiche ma non i maschi omosessuali. [22]
In breve, la concordanza monozigotica diminuisce con l’aumentare dei campioni rappresentativi; Nello
stesso tempo, la differenza tra concordanze MZ e DZ diventa meno convincente. [23] Ad ogni modo, la
conclusione più importante è che l’ipotesi genetica è diventata sempre meno plausibile e sembra aver
ingaggiato un’azione di retroguardia. Infatti, non esistono più teorici delle influenze genetiche che
credono nell’esistenza di un vero e proprio “gene gay”. L’opinione sul ruolo dei geni ha subito un
silenzioso ma significativo cambiamento: atualmente i geni non sono più considerati come le principali
cause che determinano l’omosessualità; al massimo vengono considerati fattori predisponenti. In breve,
le cause (a) che determinano l’omosessualità non sono ereditarie .
Perfino Hamer, l’uomo che nel 1993 ha fatto parlare di sé nei media per la sua “scoperta imminente”
del gene gay [24] ammette:
Non ci aspettiamo di trovare (in futuro) un gene che sia il medesimo in ciascun uomo gay… ma
soltanto un gene che sia in correlazione con l’orientamento sessuale. [25]
Nonostante la frase non sia stata formulata in modo del tutto chiaro, egli sembra alludere a fattori
predisponenti. Le teorie di Bailey si dirigono nella stessa direzione, dopo aver scoperto che la non
conformità di genere dell’infanzia era (fino a un certo punto) compatibile con un modello
statisticamente genetico mentre i sentimenti omosessuali non lo erano. [26] Ma anche l’argomento a
sostegno dell’origine genetica del genere è tutt’altro che solido. Non è stato lo stesso Bailey a notare
precedentemente che era proprio questo elemento di non conformità di genere a distinguere i gemelli
omosessuali da quelli eterosessuali in coppie MZ discordanti per omosessualità? [27]
Da una parte c’è stato un drastico calo degli elementi di prova prodotti della moderna ricerca sui
gemelli, mentre dall’altra, la ricerca di un linkage genetico si è fermata completamente.
La famosa scoperta di Hamer, et al., nel 1993, non ha certamente dimostrato l’esistenza di un gene
singolo, in quanto non è stato provato che il gruppo altamente selezionato di uomini omosessuali che
mostravano una moderata correlazione tra DNA markers e una regione del cromosoma X, condivideva
una particolare sequenza molecolare. [28] Pertanto il supposto fattore genetico potrebbe essere stato un
qualsiasi somiglianza caratteriale o fisica con la madre (dalla quale viene ereditato il cromosoma X).
Tutto questa indagine è stata, in fin dei conti, solo una tempesta in un bicchier d’acqua. Una successiva
ricerca analitica ha sostenuto il verdetto della famosa autorità francese del settore, Jerome Lejeune,
affermando che i difetti metodologici dell’indagine erano così consistenti che “se non fosse stato per il
fatto che questo studio riguarda l’omosessualità, non sarebbe mai stato accettato per la pubblicazione”.
[29]
Una prima replica della ricerca compiuta dallo stesso team su un piccolo gruppo, ha prodotto una
appena significativa conferma per quanto riguarda gli uomini omosessuali, non le lesbiche [30]; i
calcoli del team di ricerca furono, ad ogni modo, rifiutati da esperti in statistica. [31] E un team
canadese indipendente non è riuscito a scoprire un collegamento tra l’omosessualità maschile e il
cromosoma X in un più vasto campione. [32] Questo per quanto riguarda l’esplorazione diretta dei
geni. Prove indiziarie vengono a volte dedotte da scoperte relative alla famiglia e all’albero
genealogico. E’ noto da molto tempo che l’omosessualità si presenta in maniera relativamente più
frequente in certe famiglie ed ascendenze, ma le spiegazioni genetiche non sono plausibili in
considerazione dell’irregolare distribuzione dell’omosessualità all’interno delle famiglie: “Non
abbiamo mai trovato una singola famiglia in cui i casi di omosessualità erano distribuiti secondo lo
schema delineato da Mendel.” [33]
E questa affermazione di Hamer è perfino un understatement. Riguardo la più stretta relazione, già
citata, tra le lesbiche e le loro madri piuttosto che tra le lesbiche e le loro sorelle, [34] egli commenta:
“La percentuale era un esorbitante 33 percento, il che significava che la figlia di una lesbica aveva una
possibilità su tre di essere anch’essa lesbica. Geneticamente parlando, questo risultato era impossibile”.
[35] Psicologicamente no. [36] Molte abitudini specifiche che contribuiscono a plasmare la personalità
sono trasmesse da una generazione all’altra attraverso l’apprendimento. Ciò può spiegare vari fenomeni
familiari che le ipotesi genetiche non sono in grado di spiegare. E’ perciò arbitrario presentare un
maggiore numero di casi di omosessualità maschile tra parenti materni come prova a sostegno di
influenze genetiche, come è stato fatto in una recente pubblicazione. [37] (Fortunatamente gli autori
ammettono che è “tuttavia possibile” attribuire i loro dati a “tratti ereditati culturalmente, anziché
geneticamente”). [38]
Nel tentativo di presentare il fenomeno, da lungo tempo conosciuto [39] e recentemente ben replicato
[40], di uomini omosessuali (non di donne) che hanno, in rapporto agli uomini eterosessuali, un
maggior numero di fratelli più grandi, è stata inventata una teoria inverosimile a riprova dell’esistenza
di una causa biologica dell’omosessualità maschile.
Le madri di omosessuali maschi produrrebbero progressivamente un “anticorpo” diretto ai feti maschi
quando restano incinta di un bambino; tale anticorpo renderebbe femminile il cervello in via di
sviluppo dei giovani embrioni maschi (la teoria ha attinenza soltanto con il 15% dei maschi
omosessuali, e cioè con quelli che hanno più fratelli maggiori). [41] Meccanismi fisiologici anti-
bambino non sono comunque mai stati dimostrati, e lo status totalmente speculativo di questa teoria di
un cervello di maschio femminilizzato, è già stato descritto. Perché non provare con una spiegazione
psicologica? Già nel 1937 il professore di psichiatria Schultz ha messo in rilievo l’impatto dello status
di “bravo fratellino” (liebe Brüderchen) in mezzo a tanti fratelli più grandi, sul suo sviluppo
psicosessuale. [42]
Come il professor Mégevant un secolo fa, i ricercatori che attualmente si occupano del cervello non
sono mai stati veramente ricompensati per le loro indagini sulle anomalie nei cervelli degli
omosessuali. Per esempio, un iniziale rapporto concernente fasci di fibre inter-emisferici, più grossi
negli uomini omosessuali, non potrebbe essere replicato. [43] Né esiste una ragione convincente per
spiegare l’osservazione eccessivamente pubblicizzata di LeVay nel 1991, riguardo un nucleo
ipotalamico più piccolo (INAH3) in alcuni uomini omosessuali, deceduti a causa dell’AIDS, rispetto a
quello di utilizzatori di droghe per via endovenosa; tale osservazione è stata addotta come prova a
sostegno di un cervello femminilizzato. La causa potrebbere risiedere nelle differenze tra i gruppi e non
nella variabile omosessuale: modalità di preparazione del tessuto, durata del periodo di malattia, altre
precedenti malattie veneree o medicinali.
Uno studio di Byne et al. (2001), accolto come “prova” di un “cervello omosessuale”, [44] ha in realtà
reso tale spiegazione ancora più improbabile. In un piccolo gruppo di uomini omosessuali deceduti per
AIDS, essi hanno scoperto una tendenza a un rapporto tra volume INAH3 e peso del cervello, minore
di quello rilevabile negli uomini eterosessuali deceduti per utilizzo di droghe. La tendenza non era
statisticamente significativa e quindi incontestabile. Byne sospetta che poiché il peso del cervello degli
uomini eterosessuali con AIDS era molto minore sia rispetto al peso del cervello degli uomini
eterosessuali HIV-negative sia rispetto a quello degli omosessuali con AIDS, la tendenza
“... potrebbe riflettere le migliori cure ricevute dal gruppo di omosessuali maschi rispetto al gruppo di
maschi eterosessuali con AIDS, i quali erano tutti utilizzatori di droghe endovenose” [45].
Né esclude che il preparato istologico abbia causato la contrazione del INAH3 negli omosessuali:
Per queste ragioni egli crede che la sua seconda scoperta sia la più attendibile e la più importante: i
nuclei degli omosessuali contenevano un numero di neuroni equivalenti a quelli degli uomini
eterosessuali. Vale a dire il 60% in più di neuroni rispetto al nucleo della donna. Ciò è ancora più
interessante in quanto la INAH3 sembra esssere la sola struttura anatomica del cervello sessualmente
dimorfica. [46] In breve: nessuna prova per “li mal protesi nervi” (come le corde di una chitarra) che il
poeta Dante ascrive agli omosessuali! [47]
Conclusioni
La principale conclusione è ovvia, a patto che non si distolga lo sguardo dalle interessanti osservazioni
basate su dati di fatto, contenute nelle relazioni degli ultimi decenni e a condizione di non permettere
che il nostro sguardo venga appannato dalle interpretazioni distorte della biologia che caratterizzano
tali relazioni. Non è stato dimostrato alcun termine di correlazione fisica con l’omosessualità. Come
accade con il mostro di Loch Ness, ci sono periodiche asserzioni concernenti l’individuazione di un
fattore biologico, ma a un più accurato esame, tali asserzioni evaporano. [48] Ciò rende superflua
qualsiasi discussione sul fatto che un determinato correlato possa essere una causa, un effetto, oppure
un insignificante sottoprodotto di un’altra variabile collegata all’omosessualità.
Ma c’è dell’altro. Mentre le teorie costituzionali appaiono sempre più speculative, esse costituiscono
gli unici, consolidati termini di correlazione con l’omosessualità. Le correlazioni più forti sono state
sistematicamente scoperte in ciò che viene attualmente indicato come non-conformità di genere
nell’infanzia e nell’adolescenza: scarsa integrazione nel mondo dei ragazzi/ delle ragazze e un senso di
non appartenenza al mondo del proprio sesso. [49]
Questa sindrome è stata stabilita con campioni clinici e non, in vari paesi e in diverse generazioni.
Significativamente, è stata riconosciuta anche da autori che preferiscono credere in teorie biologiche
(Hamer, LeVay, Bailey). Altre correlazioni molto significative sono state individuate nei “difettosi”
rapporti con il genitore dello stesso sesso; infine, al terzo posto, le correlazioni individuate nel rapporto
tra il maschio omosessuale e una madre dominante/ eccessivamente protettiva e, per le donne lesbiche,
in vari fattori legati al rapporto con il padre. [50] Empiricamente, quindi, la spiegazione psicologica è
la più realistica.
Inoltre, la credenza in un contributo causale di alcune (in gran parte non specificate) variabili
biologiche, condivisa da molti professionisti che considerano fondamentalmente l’omosessualità come
un fenomeno fisiologico, è puramente ipotetica. Penso che Schultz-Hencke, uno dei corifei della
psichiatria tedesca, aveva ragione quando scrisse nel lontano 1932: L’omosessualità e ogni suo
correlato è “psicologicamente spiegabile, senza lasciare residui”.” [51] Anche le caratteristiche poco
maschili di molti ragazzi pre-omosessuali possono essere viste più come un effetto di fattori intra-
familiari, della formazione di abitudini, della considerazione che il ragazzo ha di se stesso, piuttosto
che come una questione di temperamento. [52] E parlare di “bambini gay” è certamente irresponsabile,
non solo moralmente, ma anche scientificamente. Non c’è nulla di intrinsecamente “gay” nella natura
biologica o psicologica dei bambini, nulla che spontaneamente li spingerebbe verso sentimenti
omoerotici. L’improbabilità teorica dell’esistenza di specifici correlati fisiologici per l’omosessualità
può apparire più chiaramente se vengono presi in considerazione la pedofilia omosessuale ed
eterosessuale, il trasvestitismo, l’esibizionismo ecc. (curiosamente, questo non viene mai fatto). Per
ciascuno di questi casi sono stati postulati fattori ormonali, ormonali-cerebrali o altri fattori, oppure si
crede che la causa sia “legata all’ambiente”. La prima opzione è vaga, la seconda mette in dubbio le
concause biologiche dell’omosessualità poiché, per quali motivi l’omosessualità dovrebbe essere
un’eccezione , visto che i desideri dei pedofili, ecc. hanno le stesse caratteristiche di quelli degli
omosessuali (esclusività, ossessività)?
Metodologicamente è un peccato che la maggior parte degli studi esaminati non abbiano incluso le
variabili psicologiche di cui è stata dimostrata la validità per quanto concerne la loro relazione con
l’omosessualità. E a maggior ragione, in quanto i loro risultati sono in gran parte utilizzati come
argomenti a sostegno di una teoria (biologica). Ma qual’è il valore di una teoria basata su una ricerca
che ha ignorato alcune delle più importanti variabili? In particolare i vari studi sui gemelli MZ e DZ
avrebbero potuto produrre una ricchezza di dati se approfonditi esami psicologici fossero stati condotti
sull’ambiente della loro infanzia/adolescenza, su fattori legati ai genitori e ai coetanei, alla loro
autostima ed emotività nevrotica. [53] ciò vale anche per gli studi incentrati su gruppi familiari o
dell’albero genealogico e per gli studi del fenomeno dei tanti-fratelli in un sottogruppo di maschi
omosessuali. Questa opportunità mancata indica ignoranza della psicologia dell’omosessualità oppure
riluttanza ad attribuire ad essa il credito che merita (o entrambe).
Come si spiega questo matrigno trattamento della psicologia, tipico del diciannovesimo secolo, da parte
dei professori Mégevant dei giorni nostri? Si spiega in quanto, tranne poche eccezioni, si tratta di
persone omosessuali che hanno sposato l’ideologia gay. Essi sono i Weinbergs, i LeVays, gli Hamers, i
Baileys, gli Hershbergers etc., i quali hanno ammesso apertamente che le radici biologiche
dell’omosessualita favoriscono l’accettazione sociale dell’agenda gay (ed hanno ragione). E’ nel loro
interesse avere questa forte inclinazione verso la biologia. E poiché l’ideologia gay è diventata la linea
comune nell’establishment ufficiale delle scienze umane, e anche nella maggior parte delle riviste
professionali, tutte le scoperte “sostengono” l’origine biologica e la normalità dell’omosessualità, o
almeno, la suggeriscono. La libera ricerca e il libero pensiero diventa tabù non appena sembra
minacciare la causa gay. La scienza ideologicamente distorta così prodotta e sponsorizzata induce in
errore il pubblico. A un livello più profondo, è spesso motivata non da sete di verità, ma dal desiderio
di razionalizzare o di giustificare la normalità cercata da tantissime persone che vivono uno stile di vita
sessualmente anormale.
Note Finali
1. Questa rappresentazione travisata dello stato attuale della ricerca viene imitata da molti autori che
evidentemente la accettano senza compiere un esame critico. Un esempio doloroso è l’opinione di
Serra (2004) secondo la quale esisterebbe “un coerente complesso di osservazioni che indicano con
sufficiente forza che… una componente biologica (causale) non può essere esclusa, suggerendo perfino
che essa ha un peso apprezzabile” (p. 232). Ciò equivale a suggerire l’esistenza dell’omosessuale nato,
sebbene la formulazione di Serra sia piuttosto vaga. Faccio menzione di questo esempio perché padre
Serra è un professore di genetica in pensione dell’Università Gregoriana di Roma e membro onorario
della Pontificia Accademia per la Vita. Il suo fuorviante articolo nel periodico Gesuita La Civiltà
Cattolica farà probabilmente una certa impressione in alcuni circoli Cattolici.
2. P. 228. A differenza degli autori che, privi di una solida conoscenza in questo campo, sognano
sconsideratamente “spiegazioni” fisiologiche, Byne è un’autorità nel campo della neuroanatomia
psichiatrica, Parsons nella genetica psichiatrica (entrambi dell’Istituto di Psichiatria di New York).
3. Ad esempio, Mustanski et al., 2002; Hershberger & Segal, 2004. Essi citano Meyer-Bahlburg
(2001), sebbene questo autore non abbia prodotto alcuna prova di peculiarità ormonali o del cervello
negli omosessuali, soltanto lo sviluppo psicosessuale di donne con un disturbo cromosomico (CAH
classica). Secondo alcuni (non tutti) studi, esse manifestano più inclinazioni lesbiche di altre donne;
tuttavia il loro “milieu ormonale prenatale non impone un esito lesbico o bisessuale” e “poche si
considerano lesbiche” (p. 163).
4. Dati della ricerca: van den Aardweg, 1986, cap. 15; Freund & Blanchard, 1987; Hockenberry &
Billingham, 1987.
5. Per quanto concerne la spiegazione della formazione del temperamento audace ed aggressivo tipico
del ragazzo, oppure della mancanza di esso, è istruttivo il confronto tra il comportamento di ragazzi di
famiglie operaie con quello di ragazzi cresciuti in famiglie con cultura universitaria. I ragazzi di queste
ultime famiglie sono generalmente “più delicati”, più “femminili”, se preferiamo questo termine
psicologico, meno fisicamente aggressivi. Confronta, inoltre, i ragazzi cresciuti negli slums con i
ragazzi appartenenti a famiglie del ceto medio.
6. Meyer-Bahlburg, 2001. Byne & Parsons (1993) chiariscono quanto sia poco convincente l’ipotesi di
una cervello mascolinizzato per spiegare questo fenomeno, peraltro, non dimostrato conclusivamente.
(p. 232).
10. Züblin, 1957. Curiosamente, Züblin ha osservato che la debole sessualità di questi uomini
fisicamente anomali sembra fortemente determinata dalla loro bisogno di “comportarsi come altri
uomini”. Meyer- Bahlburg (2001) indica la spinta rudimentale sessuale delle donne con CAH.
12. Gonadotropi: ormoni che operano nelle ghiandole sessuali. Risposte gonadotropine effeminate:
risposte paragonabili a quelle del ciclo fisiologico femminile.
13. Su 56 coppie MZ di maschi americani, 59 (29%) erano concordanti, contro 12 (22%) delle 54
coppie DZ (Bailey & Pillard, 1991); su 20 coppie britanniche MZ di maschi e femmine, 5 (25%) erano
concordanti, contro 3 (12%) delle 25 coppie DZ. La differenza non era significativa (King &
McDonald, 1992). Su 38 coppie MZ di maschi americani, 25 (66%) erano concordanti, contro 7 (30%)
delle 23 coppie DZ (Whitam et al., 1993). Su 71 coppie MZ di femmine americane, 34 (48%) erano
concordanti, contro 6 (16%) delle 37 coppie DZ (Bailey et al., 1993).
15. Conosco alcuni di questi casi. Il gemello omosessuale di queste coppie MZ si considerava (ed era
considerato dai suoi genitori) il più debole dei due, il cocco della mamma (l’altro, il cocco del padre).
Farber (1981) ha descritto due sorelle MZ cresciute separatamente, una lesbica, l’altra eterosessuale. In
contrasto con la sua co-gemella, la gemella lesbica aveva una relazione molto conflittuale con la madre
adottiva e un forte attaccamento con il padre adottivo, che imitava. La psicologia ci fornisce degli
indizi!
16. Bailey & Pillard, 1995, nota 30. In generale l’omosessualità sembra essere relativamente frequente
nei figli adottivi; ciò ha a che fare con la tendenza di molti di questi bambini a sentirsi esclusi (meno
preziosi) rispetto ai loro fratelli biologici.
17. Il fenomeno delle “distorsioni nell’accertamento della concordanza,” è stato la causa della
percentuale sospetta del 100% per quanto concerne la concordanza MZ (contro l’11.5% di concordanza
DZ; oppure, secondo una più ampia definizione dell’omosessualità, il 42.3% di concordanza DZ) nel
gruppo di maschi di Kallmann (1952). Le cifre di Kallmann generano alcune domande. Discepolo
favorito dello psichiatra Ernst Rüdin, la più alta autorità Nazista sugli aspetti sanitari “dell’igiene
razziale” nonché avvocato zelante della sterilizzazione forzata delle persone affette da disturbi mentali
e degli “psicopatici”,” Kallmann, come Rüdin, considerò la ricerca sui gemelli un mezzo per
migliorare le diagnosi dei familiari di persone “inferiori per razza”. Egli richiese la sterilizzazione degli
schizofrenici e di molti dei loro familiari apparentemente sani che, presumibilmente, erano portatori del
postulato gene recessivo malato, stimando che ciò rendeva necessaria la sterilizzazione di circa il 5%
della popolazione (!). Probabilmente non fu una coincidenza la sua scoperta di alti tassi di concordanza
negli schizofrenici MZ. Che cosa aveva inizialmente in mente per gli omosessuali, prima di volare
verso gli Stati Uniti? (Müller-Hill, 1984; Blondet, 1995).
18. Non è chiaro, tuttavia, in che misura possa essere rappresentativo, in quanto non possono essere
esclusi gli effetti dovuti alla “volontarietà” dei partecipanti. Soltanto circa la metà dei gemelli invitati a
prendere parte allo studio hanno effettivamente partecipato. Inoltre, il registro stesso è stato compilato
su base volontaria. Ciò significa che potrebbe contenere non più del 10-20% dei gemelli MZ e DZ
australiani (Kirk et al., 2000, note 39).
19. Le formule di ereditarietà sono statistiche che stimano la parte relativa alle varianti che potrebbero
accordarsi con un proposto modello di ereditarietà. Inoltre, essendo basate su presupposizioni
suscettibili di dibattito, i coefficienti di ereditarietà non costituiscono misurazioni dell’influenza
genetica, ma semplicemente quantificazioni del grado delle osservazioni compatibili con un postulato
modello genetico. In realtà, esse non accrescono la plausibilità dei coefficienti di ereditarietà della
personalità in quanto, secondo questi calcoli, le idee riguardanti la pena di morte, l’aborto su richiesta e
perfino una virtù come “l’umiltà” sono, per il 50%, geneticamente determinate (Excellent analyses:
Whitehead & Whitehead, 1999). Un’altra fonte di confusione scaturisce dall’utilizzo di percentuali di
concordanza “proband-wise” al posto delle usuali percentuali “pair-wise”. La formula proband
sovrastima la “reale” concordanza, producendo risultati geneticamente distorti. Formula Proband-wise:
2(++): [2(++)+-] x 100%; formula Pair-wise: (++) : N x 100%.
20. Kendler et al., 2000, p. 1843. Il campione venne da uno studio nazionale compiuto negli Stati Uniti,
ma non è rappresentativo degli omosessuali con gemelli, né può essere escluso il fattore della
volontarietà.
21. Gli autori utilizzano la formula di concordanza “proband-wise”, sovrastimando la somiglianza tra
gemelli MZ; in questo testo vengono fornite percentuali “pair-wise”.
22. In riferimento a questa “moderata concordanza” con un modello genetico, si vedano le scoperte
contraddittorie di Pattatucci and Hamer (1995), secondo le quali la più alta correlazione per quanto
concerne gli interessi lesbici non era tra le lesbiche e loro sorelle, ma tra le lesbiche e le loro madri.
Vedasi anche l’insuccesso di Hu et al. (1995) nel tentativo di scoprire un gene responsabile del
lesbismo.
23. Non possiamo escludere l’ipotesi che la concordanza MZ per l’omosessualità (e per altri aspetti)
fosse in passato più alta che ai giorni nostri. E’ possibile che i figli MZ di precedenti generazioni
venissero cresciuti e considerati come identici più di quanto accade attualmente, mentre i figli MZ delle
generazioni più recenti vengono maggiormente trattati come individui distinti, enfatizzando le loro
diversità piuttosto che le caratteristiche comuni. L’esame delle relative proporzioni tra gemelli MZ e
DZ in culture non-occidentali potrebbe aiutare a chiarire la questione.
36. La scoperta deve essere ripetuta prima di poter fare generalizzazioni. E’ certamente rilevante in
relazione al dibattito sulla cura dei figli e sull’adozione da parte di coppie lesbiche.
37. Camperio-Ciani et al., 2004. Questo è uno studio piuttosto mediocre. La “misurazione” delle
inclinazioni omosessuali dei parenti è consistita nell’opinione degli stessi omosessuali intervistati (la
tendenza auto-difensiva degli omosessuali a proiettare l’omosessualità in altri è un fenomeno che
conosciamo bene). Inoltre, gli informatori erano volontari, quindi il risultato potrebbe essere falsato.
D’altra parte, gli autori enfatizzano che soltanto il 20% delle varianze nell’orientamento sessuale dei
componenti di un albero genealogico familiare potrebbe essere spiegato dall’ipotesi genetica.
38. Ibidem, p. 2220. “Culturalmente ereditato” suona strano. Perché non: “Trasmesso da abitudini
educative e dall’istruzione”? Per esempio, gli squilibri tra ruolo maschile-femminile che chiaramente
derivano da abitudini osservabili in certe famiglie; l’eccessiva protezione materna può a volte essere
fatta risalire a diverse generazioni, per non parlare delle credenze o delle visioni del mondo che
plasmano la personalità.
40. Bogaert, 2003. Statisticamente, le probabilità che un ragazzo in certe famiglie con diversi fratelli
diventi omosessuale aumenta del 38% per ogni fratello maggiore in più. Vista la crescente rarità di
famiglie con molti fratelli, questo fattore familiare influisce in maniera molto esigua nella società
Occidentale.
41. Bogaert, 2003. Il 15% di Bogaert si accorda bene con quello di Lang, 1936, che stimava il 10-20%.
42. Gli uomini omosessuali con fratelli si sentivano spesso inferiori a loro, erano più iperprotetti e
venivano trattati con maggiore delicatezza.
44. Nel suo libro, Bailey (2003) ha frainteso una comunicazione fattagli da Byne, comprendendo che si
trattava della conferma della scoperta di LeVay. Egli scrive, euforicamente, che gli sarebbe piaciuto
investire molto denaro nella ricerca di Byne (se lo avesse avuto, naturalmente), probabilmente nella
speranza che questo scienziato scoprisse la prova biologica così ardentemente desiderata. La qualità
scientifica delle pubblicazioni di Byne indica che finanziare la sua ricerca non è una cattiva idea, ma: i
risultati farebbero la felicità di Bailey?
45. Lettera a questo autore del 20 luglio 2005. Anche la seguente citazione è tratta da questa lettera.
48. Una delle recenti “farfalle” che vivono un solo giorno: la scoperta Svedese della preferenza degli
uomini omosessuali per l’odore di un corpo effeminato. Si tratta della prova della causa genetica
dell’omosessualità o del senso dell’umorismo degli autori?
49. Un indagine sugli studi compiuti fono agli anni ‘80: van den Aardweg, 1986, tabella 13.1; per studi
più recenti: ad esempio, Bem, 1996.
50. van den Aardweg, 1986, tabelle 15.1 e 27.5; Fisher & Greenberg, 1996, p. 137.
52. L’analisi delle prove riguardanti la specifica “femminilità” o la non-aggressività in ragazzi pre-
omosessuali e le tendenze “mascoline” in alcune ragazze prelesbiche costituisce un capitolo a parte.
Qui posso semplicemente affermare la mia conclusione.
53. All’inizio del testo ho richiamato l’osservazione di Bailey secondo la quale gemelli maschi MZ
omosessualità-discordanti differivano per quanto riguarda la non conformità con il genere nel periodo
della fanciullezza.
Pubblicazioni
Bailey, J.M. The man who would be queen. Washington DC: Joseph Henry Press, 2003
Bailey, J.M. & Pillard, R.C. A genetic study of male sexual orientation. Archives of General
Psychiatry, 1991, 48, 1089-1096
Bailey, J.M. & Pillard, R.C. Genetics of human sexual orientation. Annual Review of Sex Research,
1995, 6, 126-150
Bailey, J.M. et al. Heritable factors influence sexual orientation in women. Archives of General
Psychiatry, 1993, 50, 217-223
Bailey, J.M. et al. Genetic and environmental influences on sexual orientation and its correlates in an
Australian twin sample.
Journal of Personality and Social Psychology, 2000, 78, 3, 524-536
Bem, D.J. Exotic becomes erotic: A developmental theory of sexual orientation. Psychological Review,
1996, 103, 320-335
Blondet, M. La dottrina della razza nella scienza massonica. Studi Cattolici (Milano), 1995, 408, 130-
133
Bogaert, A.F. Number of older brothers and sexual orientation. Journal of Personality and Social
Psychology, 2003, 84, 3, 644-52
Byne, W. The biological evidence challenged. Scientific American, 1994, 270, 26-31
Byne, W. Why we cannot conclude that sexual orientation is primarily a biological phenomenon.
Journal of Homosexuality, 1997, 34, 1, 73-80
Byne, W. & Parsons, B. Sexual orientation: The biological theories reappraised. Archives of General
Psychiatry, 1993, 50, 228-239
Byne, W. et al. The interstitial nuclei of the human anterior hypothalamus: An investigation of
variation with sex, sexual orientation, and HIV status. Hormones and Behavior, 2001, 40, 86-92
Camperio-Ciani, A. et al. Evidence for maternally inherited factors favoring male homosexuality and
promoting female fecundity. Proceedings of the Royal Society of London, 2004, 271, 2217-2221
Farber, S.L. Identical twins reared apart: A re-analysis. New York: Basic Books, 1981
Fisher, S. & Greenberg, R.P. Freud scientifically reappraised. New York: Wiley & Sons, 1996
Freund, K. & Blanchard, R. Feminine gender identity and physical aggressiveness in heterosexual and
homosexual pedophiles. Journal of Sex and Marital Therapy, 1987, 13, 1, 25-34
Hamer, D.H. & Copeland, P. Living with our genes. New York/London: Doubleday, 1994
Hamer, D.H. et al. A linkage between DNA markers on the X chromosome and male sexual
orientation. Science, 1993, 261, 321-327
Hershberger, S.L. A Twin Registry study of male and female sexual orientation. Journal of Sex
Research, 1997, 34, 2, 21-222
Hershberger, S.L. & Segal, N.L. The cognitive, behavioral and personality profiles of a male
monozygotic triplet set discordant for sexual orientation. Archives of Sexual Behavior, 2004, 33, 5,
497-514
Hockenberry, S.L. & Billingham, R.A. Sexual orientation and boyhood gender conformity:
Development of the boyhood gender conformity scale. Archives of Sexual Behavior, 1987, 16, 475-487
Hu, H.S. et al. Linkage between sexual orientation and chromosome Xq28 in males but not in females.
Nature Genetics, 1995, 11, 248-256
Kallmann, F.J. Comparative twin studies on the genetic aspects of male homosexuality. Journal of
Nervous and Mental Diseases, 1952, 115, 283-289
Kendler, K.S. et al. Sexual orientation in a U.S. national sample of twin and nontwin sibling pairs.
American Journal of Psychiatry, 2000, 157, 1843-1846
King, M. & McDonald, E. Homosexuals who are twins: A study of 46 probands. British Journal of
Psychiatry, 1992, 160, 407-409
Kirk, K.M. et al. Measurement models for sexual orientation in a community twin sample. Behavior
Genetics, 2000, 30, 4, 345-356
Lang, Th. Beitrag zur Frage der genetischen Bedingtheit der Homosexualität. Zeitschrift für die
gesamte Neurologie und Psychiatrie, 1936, 155, 702-713
Lasco, M.S. et al. A lack of dimorphism of sex or sexual orientation in the human anterior commissure.
Brain Research, 2002, 963, 95-98
LeVay, S. A difference in hypothalamic structure between heterosexual and homosexual men. Science,
1991, 253, 1034-1037
Meyer-Bahlburg, H.F.L. Gender and sexuality in classic congenital adrenal hyperplasia. Endocrinology
and Metabolism Clinics of North America, 2001, 30, 1, 155-171
Mustanski, B.S. et al. A critical review of recent biological research on human sexual orientation.
Annual Review of Sex Research, 2002, 12, 89-140
Pattatucci, A.M.L. & Hamer, D.H. Development and familiality of sexual orientation in females.
Behavior Genetics, 1995, 25, 407-420
Perloff, W.H. Hormones and homosexuality. In: J. Marmor (Ed.), Sexual inversion. New York: Basic
Books, 1965
Raboch, J. & Nedoma, K. Sex chromatin and sexual behavior. Psychosomatic Medicine, 1958, 20, 55-
59
Rice, G. et al. Male homosexuality : Absence of linkage to microsatellite markers at Xq28. Science,
1999, 284, 665-667
Risch, N. et al. Male sexual orientation and genetic evidence. Science, 1993, 262, 2063-2064
Serra, A. Sessualità: Scienza, sapienza, società. La Civiltà Cattolica, 2004, 155, I, 220-234
van den Aardweg, G.J.M. On the origins and treatment of homosexuality. New York: Praeger, 1986
Whitam, F.L. et al. Homosexual orientation in twins: A report on 61 pairs and three triplet sets.
Archives of Sexual Behavior, 1993, 22, 187-202
Whitehead, N.E. & Whitehead, B.K. My genes made me do it! Lafayette LA: Huntington House, 1999
Ha scritto:
Sono stato un ascoltatore di "Love Line" per alcuni anni. Ammiro le risposte
franche e dirette che lei fornisce alle persone che le telefonano per porle domande.
Tuttavia credo che il suo parere sull’omosessualità non sia del tutto esaustivo. Nel
corso degli ultimi anni ho ascoltato numerosi ascoltatori omosessuali dichiarare la
propria insoddisfazione e rappresentarle le proprie profonde incertezze riguardo la
propria sessualità.
Quando avevo 16 anni, sono diventato sessualmente attivo con un ragazzo della
mia età. Il nostro rapporto sessuale è andato avanti per due anni. Lui mi ha fatto
conoscere la pornografia e la “scena” gay. Con questo, intendo dire che incontravo
alti uomini anonimamente nei parchi e nei bagni pubblici per fare sesso. Quando
ho iniziato l’università, a 18 anni, ho creduto che la mia attività omosessuale si
sarebbe interrotta. Tuttavia le pressioni e lo stress aumentarono e i miei rapporti
sessuali anche, fino a raggiungere livelli di dipendenza. A quel punto mi sono reso
conto che il mio comportamento e l’attrazione omosessuale non erano solo una
"fase passeggera". Ho capito che ero veramente omosessuale.
Per alcuni anni ho continuato ad avere incontri sessuali anonimi con altri uomini.
Tuttavia quel modo di vivere mi provocava molte sofferenze dal punto di vista
emotivo e così ho iniziato a cercare aiuto. Non volevo essere un omosessuale o
continuare la mia attività sessuale con gli uomini.
Attraverso il corso della mia guarigione, ho avuto moltissimi contatti fisici non-
sessuali con altri uomini. Questi contatti e il fatto di poter liberare il dolore
emotivo che era chiuso dentro di me mi ha aiutato a guarire le mie ferite.
Ho provato a vivere uno stile di vita gay, ma l’ho trovato insoddisfacente e vuoto.
La guarigione non sta nella repressione delle attrazioni omosessuali, ma nel
riconoscerle per quello che sono e per quello che veramente simboleggiano.
L’ho sentita fare un collegamento, parlando con alcuni suoi ascoltatori, tra gli
abusi sessuali da loro subiti e il loro successivo comportamento omosessuale.
L’attrazione omosessuale simboleggia lo stimolo a connettersi con altri uomini e
quindi con la mascolinità. Ma due uomini che cercano la mascolinità al di fuori di
sé non possono trovarla sessualmente attraverso altri uomini. A mio giudizio, è il
motivo per cui i rapporti omosessuali, in definitiva, falliscono.
Il mio intento non è quello di colpire i gay. Ho molta empatia per gli uomini e le
donne omosessuali. La mia speranza è che più persone si rendano conto che c'è una
opzione per coloro che sono infelici della propria omosessualità e che desidaro
veramente cambiare.
Mi auguro sinceramente che leggerà questa lettera durante una delle sue
trsmissioni radio. Poiché lei ha molti ascoltatori, la sua trasmissione è un grande
luogo di incontro per la discussione. Molti dei vostri ascoltatori sono in età molto
impressionabile e si rivolgono a voi per ottenere aiuto. Vorrei incoraggiarla ad
offrire loro un’alternativa, e lasciare che indaghino su ciò che è meglio per i loro
cuori.
“Le nostre menti non sono create per restare isolate, ma sono co-create. Il
nostro sistema nervoso è pronto per imparare dai sistemi nervosi di altre
persone, che interagendo con il nostro, lo trasformano”(1)
Durante la sessione, il terapeuta valuta la ricettività del cliente con domande del tipo:
"Cosa sta realmente accadendo tra di noi in questo momento?" Il terapeuta è
particolarmente interessato a realizzare l’“adesso”, a creare con il suo cliente
un’intensa connessione emotiva nel presente. Entrambi sperimentano una sorta di
ansia e percepiscono che la loro relazione potrebbe, in qualche modo, cambiare
improvvisamente, in peggio o in meglio, proprio in quel momento.
Freud ha sintetizzato l'obiettivo della psicoanalisi nel modo seguente "Dove era
l’‘Id’*, lì ci sarà l’ego". Intendeva dire che gli impulsi irrazionali e inconsci devono
essere sostituiti con l’auto-consapevolezza (conoscenza) e la razionalità. Possiamo
modificare questo dictum e proporre il seguente: "Qualora si verifichi un mutamento
delle esperienze somatiche (corporee), vi sarà un nuovo significato". La mente potrà
allora comprendere in modo nuovo le nostre esperienze incarnate.
Ad esempio, l’uomo che si autoidentifica come gay dice: “Il mio essere gay
determina la mia eccitazione sessuale nei confronti di un maschio attraente. Questi
sentimenti sono normali e naturali per me”. Per lui, un maschio attraente è associato
alla gratificazione fisica, e si convince che tali sentimenti delineano veramente la sua
identità.
L’omosessuale non-gay, invece, pur avendo la stessa reazione somatica verso lo
stesso uomo attraente, dice qualcosa di completamente diverso: “Mi sento attratto da
quell’uomo perché egli possiede qualità mascoline che sento di non avere in me.
Questo sentimento di attrazione non determina chi sono io”. Poi si chiede “Come mi
sento in questo momento? Cos’è in me che fa scatenare questa attrazione sessuale? E
cosa posso fare per cambiare questa situazione?"
“Ma anche se la sua mente è confusa, il suo corpo, che sente la rabbia, “conosce” il
vero messaggio della comunicazione. Sente che “sta accadendo qualcosa che mi fa
sentire ... [triste, arrabbiato, deluso, ferito, sminuito, escluso, ecc], ma non riesco a
identificare esattamente il motivo per cui mi sento così”.
Gli indizi per comprendere che vi trovate in una situazione di Doppio Legame sono i
seguenti:
Quando provate sentimenti negativi dopo un’interazione ma non sapete il perché.
Quando sentite che si è verificata una sorta di ingiustizia ma non riuscite a definirla.
Quando vi sentite frustrati ma non riuscite ad individuare la contraddizione che causa
la frustrazione.
Aspettative Abituali inerenti i Rapporti Umani.
Una caratteristica insidiosa della comunicazione del Doppio Legame, che è spesso
legata alle esperienze infantili dei nostri clienti, è la seguente: quando questo tipo di
comunicazione viene ripetuto per lunghi periodi di tempo, la persona sviluppa una
ipersensibilità verso la ri-stimolazione della stessa inibizione. Essa ha imparato a
ignorare le risposte del proprio corpo (“viscere”) a qualsiasi messaggio (processo)
implicito. Ha imparato ad essere sospettosa nei confronti di qualsiasi cosa percepisce
attraverso il tono della voce, i tempi di reazione, la postura, l’espressione del viso
dell’altra persona (vale a dire, "ciò che realmente sta accadendo") rispondendo,
invece, soltanto a messaggi (contenuti) espliciti.
Esiste una tacita regola nella comunicazione del Doppio Legame: il destinatario non
può svincolarsi dalla comunicazione. Il suo ruolo è quello di partecipare al gioco. Vi
è un tabù che non permette di smascherare la contraddizione. Per una sana
reintegrazione dell’Io è necessario che il cliente impari a rifiutare di partecipare a tale
comunicazione. Alla sua mente consapevole viene ora insegnato ad entrare in
sintonia con la risposta del suo corpo così da poter valutare con precisione ciò che sta
effettivamente accadendo, nell’attimo in cui accade.
Il contrasto tra vitalità e inclinazioni inibitorie è stato illustrato da ciò che gli
psicologi comportamentalisti chiamano il “Fenomeno del Luccio”. Durante un
esperimento, un luccio viene collocato in un contenitore insieme ad alcuni pesciolini
vivi. Il luccio inizia immediatamente a mangiare tutti i pesciolini che vede. Poi un
invisibile cilindro di vetro viene posto sopra al luccio. Conseguentemente, ogni volta
che il luccio cerca di mangiare i pesciolini, urta il muso contro il cilindro, provando
dolore. Il cilindro viene poi rimosso, ma il luccio, anticipando il dolore, non fa più
alcun tentativo di mangiare i pesciolini. La risposta energica è stata perduta ed è stata
sostituita con la risposta inibitoria.
La memoria è un fenomeno psico-fisiologico. Ciò significa che non è soltanto un
fenomeno cognitivo, ma è anche somatico – è un trauma incarnato nel corpo. Una
potente esperienza terapeutica può ri-codificare le connessioni sinaptiche del sistema
della memoria (Schore, 2003).
--------------------------------------------------------------------------------
*Secondo la teoria psicoanalitica freudiana, l’Id è uno dei tre aspetti della personalità umana: E’
stato definito “la parte più profonda della psiche”. Da esso si sviluppano l’ego e il superego. L’ID è
la fonte sia degli impulsi istintivi, come l’impulso sessuale o quello aggressivo, sia dei bisogni
primitivi, che esistono fin dalla nascita. L’Id è totalmente irrazionale, funziona in base al principio
del piacere-dolore, è sempre alla ricerca di una soddisfazione immediata. I suoi processi sono
completamente inconsci nell’adulto, ma forniscono energia ai processi mentali consci. L’Id ha un
ruolo molto importante nelle espressioni umane basate su elementi non razionali, come la creazione
di un’opera d’arte. I principali metodi per smascherarne il contenuto sono, secondo Sigmund Freud,
l’analisi dei sogni e la libera associazione.
**Le origini di una mente scissa e, quindi, le origini del trauma sono da ricercarsi nello stile di
comunicazione della famiglia denominato Doppio Legame. Si tratta del comune tipo di
comunicazione della Famiglia Triadica-Narcisista, un tipo di famiglia spesso descritta dai nostri
clienti di orientamento omosessuale. La Comunicazione del Doppio Legame crea due scismi; il
primo all’interno dell’Io, e il secondo, tra l’Io e gli altri. (Per meglio comprendere la comunicazione
Doppio Legame si consiglia di leggere il post “ Joseph Nicolosi: L'Esperienza del Double-Loop”
Nota
(1) Stern, Daniel (2002) "Why Do People Change in Psychotherapy?" (1) Stern, Daniel (2002):
"Perché la gente cambiamento in Psicoterapia?" Continuing Education Seminar,
ceseminars@aol.com , Los Angeles CA. Seminario di Formazione continua, ceseminars@aol.com,
Los Angeles, CA.
Riferimenti
Schore, Alan (2003) Affect Regulation and the Repair of the Self. NY: Norton. Schore, Alan (2003)
Influenza regolamento e la riparazione del Sé. New York: Norton.
Traduzione di Patrizia
http://omosessualitaeidentita.blogspot.com/
E così volete diventare un Terapeuta Riparativo ....
Aspetti Negativi
Coloro che non sono in grado di gestire le controversie
"è meglio che lascino perdere”. Imparerete presto ad astenervi dal dire al
passeggero cordiale, seduto accanto a voi su un aereo, ciò che davvero fate
per vivere. (Potreste scoprire che questa nuova conoscenza non ha una
mentalità così aperta come sembrava in un primo momento). Idem per i
cocktail party. Alcune persone vi loderanno come un eroe moderno, mentre
altri vi accuseranno intollerantemente di intolleranza – completamente ignari
dell’intrinseca contraddizione. Preparatevi ad essere fraintesi.
Se utilizzate il termine "terapia riparativa" per descrivere il vostro approccio,
sappiate che tale termine è sia una benedizione sia una maledizione. Preso alla
lettera, il termine può sembrare offensivo (il concetto di "riparare" qualcuno,
come si farebbe con un auto), ma questo non è il suo vero significato. Il
vocabolo "riparativa" si riferisce al concetto di omosessualità come impulso a
riparare, che è in realtà una buona notizia per il cliente con sentimenti SSA
indesiderati.
Molti uomini sono stati portati a credere che i loro sentimenti di attrazione per
persone dello stesso sesso stanno a significare che sono "strani", "perversi" e
"degeneri". Ma ora, attraverso il concetto di spinta riparativa, si rendono
conto che i loro bisogni sono un normale e sano (anche se in ritardo con lo
sviluppo) tentativo di stabilire quel legame con persone dello stesso che non
hanno stabilito nella loro infanzia. La comprensione del concetto di spinta
riparativa fa si che si attenuino i sentimenti di disgusto e di vergogna che il
cliente prova nei confronti di se stesso, ed implica anche un progetto positivo
per il cambiamento, attraverso l'acquisizione di un rapporto intimo, non
sessuale, con un uomo. Tutto questo richiede molte spiegazioni, ma per molti
clienti, tali spiegazioni iniziano gradualmente a suonare come vere, in quanto
rispecchiano la loro vita.
Il cliente scopre rapidamente che il terapeuta riparativo gli offre una più
profonda accettazione di quella che aveva trovato nella comunità gay, dove
regna il tabù: "Mai chiedere perché sei gay". (Vedi la mia intervista sul sito
web NARTH con l'ex attivista gay Michael Glatze). Al contrario, nella terapia
riparativa, il cliente è incoraggiato a indagare apertamente i deficit nei legami
emotivi della sua infanzia.
Non è raro per i giovani che si interrogano sulla propria sessualità, fare marcia
indietro una o due volte prima di decidere riguardo la propria identità
sessuale.
Il giovane cliente, con il quale avete uno stretto rapporto di comprensione
oggi, può benissimo trovare conforto e sostegno in un gruppo di attivisti e
amici gay, e poi decidere di rifiutare pubblicamente voi e le vostre idee.
Aspetti Positivi
Se non vi siete ancora scoraggiati, continuate a leggere.
Vi è grande soddisfazione nel vedere per la prima volta, nel tuo studio di
consulenza, un uomo che ha alle spalle una vita di privata tortura; per anni
egli ha lottato contro la sua SSA indesiderata, senza avere idea del perché
essa lo tormenta così, o di che cosa può fare per cambiare. Come vittima della
correttezza politica, non gli è mai stata offerta un'altra prospettiva sulle origini
dei suoi sentimenti indesiderati.
Venire da voi rappresenta l'ultimo passo, e in 45 minuti, egli "sa che sapete", e
inizia ad assemblare tutti i piccoli frammenti della sua vita – la sofferenza, la
confusione, la vergogna, il dolore, l'alienazione, la solitudine – Dopodiché voi,
come terapeuti, potete entrare in mezzo a tutto ciò ed aiutarlo a riordinare i
frammenti in modo da farne scaturire il significato profondo; tale
comprensione trasformerà la sua vita. Per il terapeuta, questo lavoro richiede
una capacità di donare se stesso e di creare una squisita armonia, che lascia
esausti, ma paradossalmente euforici, alla fine della giornata.
Tutti i nomi sono stati modificati per tutelare la riservatezza. "Ben Newman" è il
webmaster del sito web "PeopleCanChange.com", una pagina web che offre molte
utili e penetranti storie di cambiamento. Direttore di pubbliche relazioni di
professione, l'autore risiede in Virginia con la sua famiglia. Può essere contattato
all’indirizzo email: ben@peoplecanchange.com.
Nel maggio del 1997, mentre mi accingevo ad iniziare la terapia riparativa per
dipendenza omosessuale, stavo attraversando un periodo di profonda crisi. Mia
moglie aveva scoperto un’altra delle mie menzogne, che raccontavo per
nascondere la mia doppia vita. Sicuramente questa sarebbe stata l'ultima goccia.
Sicuramente questa volta lei mi avrebbe lasciato e non sarebbe più tornata; avrebbe
portato con sé i nostri due bellissimi bambini. Ero totalmente in preda al panico.
La prima volta che sono entrato nell'ufficio del mio terapeuta non mi sono sentito
particolarmente a disagio; il panico che provavo per il mio matrimonio aveva
eclissato qualsiasi nervosismo per ciò che sarebbe potuto accadere durante la
terapia.
Avevo incontrato il mio nuovo terapeuta, "Matt", solo sei settimane prima,
attraverso un gruppo di self-help per uomini che lottano contro desideri
omosessuali indesiderati. Matt mi aveva colpito per due motivi: per il suo aspetto
giovanile e mascolino – i suoi occhi sembravano scrutare nella mia anima - e per
avermi raccontato che lui stesso, un tempo, aveva lottato contro desideri
omosessuali e che era riuscito a risolvere il problema. Soprattutto quest’ultimo
particolare mi diede enorme fiducia e speranza.
Avevo letto alcuni scritti di persone che affermavano genericamente "Altri sono
usciti dall’omosessualità, perciò anche tu lo puoi", ma non avevo letto mai nulla
che effettivamente identificasse questi cosiddetti ex-omosessuali, e così per anni
avevo dubitato della loro esistenza.
Matt è stato il primo vero essere umano a dirmi "Mi sentivo gay e pensavo di voler
vivere la mia vita in quel modo, ma ho trovato una via d'uscita che mi ha fatto
sentire più felice e in pace con me stesso".
Non sapevo cosa volesse dire esattamente, ma avevo fiducia che lui, più di
chiunque altro, mi avrebbe potuto aiutare a trovare il modo per uscire dal buco in
cui mi trovavo.
Ed era un buco profondo. Avevo una doppia vita. In apparenza, marito e padre
felice, cristiano praticante e professionista di successo, ma in realtà, omosessuale
sesso-dipendente e pieno di rabbia.
Dopo 14 anni di questa vita, mi ero arreso, convinto che sarei vissuto per sempre in
questo modo e sperando che la mia vita intima e la mia facciata esterna non si
sarebbero mai scontrati l’una con l’altra, distruggendo la mia vita.
Adesso, nello studio del mio terapeuta, la mia vita segreta entrava veramente in
rotta di collisione con la mia falsa facciata. Potevo vedere la mia vita in procinto di
crollare intorno a me.
Il Rifiuto dell’APA:
Non funziona e potrebbe essere dannosa
In occasione della mia prima seduta terapeutica con Matt mi è stato chiesto di
firmare un modulo per il consenso alla trattazione dei dati. E’ un atto richiesto
dalla clinica a causa delle deliberazioni dell’Associazione Psicologica Americana
volte a scoraggiare questo tipo di trattamento.
Mentre all’inizio avevo trovato esaltante avere rapporti sessuali con uomini,
adottare un’identità gay ed immergermi in uno stile di vita gay, ben presto ebbi la
sensazione che quel tipo di vita stava uccidendo il mio spirito, mi stava
allontanando dagli obiettivi che mi ero prefisso nella vita, da Dio e da scopi più
elevati.
Mi accorsi che non volevo essere un gay dichiarato, al contrario, volevo essere
affermato come uomo.
Ma durante i primi anni del mio matrimonio, incapace di trovare un aiuto
significativo nella mia lotta contro l’omosessualità che ancora sentivo forte entro di
me, ho fatto ricorso a un’orribile doppia vita. Prima di incontrare Matt, avevo
abbandonato ogni speranza di poter cambiare. Sentivo che Matt era la mia unica
speranza.
Durante la nostra prima seduta, svelai tutta la mia storia con una franchezza e un
abbandono senza precedenti per me. Mi sentivo al sicuro con Matt. Non dovevo
preoccuparmi né ottenere la sua approvazione né delle possibili conseguenze per
avergli rivelato la mia storia. Lui mi disse con franchezza: "La tua vita è un caos".
Mi sorprese la sua schiettezza, ma sapevo che era vero. "Posso aiutarti a lavorare
sui tuoi momenti di crisi”, disse, “ma se non scenderai molto più in profondità,
ritornerai al punto di partenza, ritardando solamente l’inevitabile ricaduta –
probabilmente con conseguenze persino più gravi la prossima volta”.
Ho accettato. Avevo toccato il fondo. Ero pronto a fare tutto il necessario per
riportare ordine nella mia vita. Durante le settimane seguenti, mi recavo,
praticamente correndo, nell’ufficio di Matt ogni martedì sera. Lì trovavo un luogo
che mi dava sicurezza e sollievo, un luogo dove potevo ottenere aiuto e trovare
orientamento nei labirinti bui della mia vita.
Ho parlato con Matt della sofferenza che provavo per l’intenso dolore causato a
mia moglie, gli ho parlato di come mia moglie si sentiva offesa e arrabbiata nei
miei confronti, e di quanto mi sentii sollevato quando lei, vedendo la mia
determinazione a lavorare con Matt, decise di non andarsene, almeno per il
momento.
Scoprire le ferite
Tuttavia, quando lo feci, essi reagirono con cortesia e sollecitudine. Tuttavia non
potevano tollerare questo tipo di comportamento sessuale da parte di un pastore.
Così decisero di scomunicarmi e di darmi l’opportunità di essere ribattezzato un
anno dopo, se avessi dimostrato di essere in grado di restare fedele a mia moglie.
La mia scomunicazione fu gestita in modo da non provocarmi umiliazioni. Ero
sempre il benvenuto alle riunioni e la mia condizione di “scomunicato” non era
stata resa nota ai membri della chiesa. Ciononostante, l’intera esperienza suscitò in
me un sentimento intenso di emarginazione e di vergogna. Le paratoie crollarono e
durante la terapia Matt ed io esplorammo un intera vita di rifiuto (così almeno lo
percepivo) da parte degli uomini. Durante quegli incontri piangevo e mi infuriavo.
Con mia grande sorpresa, Matt incoraggiava la piena espressione di questa rabbia;
io, invece, volevo irrigidirmi, paralizzato dalla paura e dalla vergogna. La rabbia
non è negativa? Pensavo. Non era incontrollabile? I bravi ragazzi non si infuriano.
E peggio ancora, cosa avrei potuto scoprire sotto quella paralisi? Tuttavia Matt mi
spiegò che stavo autodistruttivamente rivolgendo contro di me questi celati
sentimenti di rabbia e di vergogna e che proprio questi sentimenti mi spingevano
ad avere rapporti sessuali. La rabbia doveva essere espressa. Bisognava
riconoscergli i suoi legittimi diritti.
E così la rabbia prese a furiuscire: rabbia verso mio padre perché era stato sempre
emotivamente distante; rabbia verso Mike “il Prepotente” per avermi
costantemente messo in ridicolo alle scuole superiori; rabbia nei confronti di mia
madre per avermi fatto provare vergogna per la mia mascolinità; un dolore che
avevo portato con me per la mia intera vita e che poteva continuare ad attaccarmi
da dentro. Seguendo le indicazioni di Mike, immaginavo di reagire a tutto ciò,
espellendo i rimproveri sarcastici, gli insulti, la vergogna e l’emarginazione dal
mio cuore, dopodiché li distruggevo. Abbiamo ripetuto questo processo per mesi
fino a quando non provai più rabbia. finalmente, avendo svuotato la mia anima
ferita da un intera vita di rabbia repressa; ero finalmente pronto a “mollare” e a
perdonare.
Altre volte Matt lavorava con me sui miei cicli di dipendenza. Esploravamo in
profondità quelli che sembravano i motivi scatenanti della mia ricerca di rapporti
sessuali: stress, rabbia, paura, qualsiasi emozione sgradevole mi spingeva a cercare
sollievo tra le braccia di altri uomini. Decisi di rientrare nel gruppo “Sexaholics
Anonymous”, dove un tempo avevo iniziato a fare progressi. Mentre frequentavo
questo gruppo, e mentre con Matt ogni settimana esaminavo in profondità la mia
vita emotiva, i ciclici periodi di dipendenza iniziarono a diradarsi ed in seguito
diminuirono drammaticamente.
Entrare nel mondo degli uomini
Matt mi spiegò cos’è il distacco difensivo ed io capii che avevo sempre respinto gli
uomini per proteggere me stesso da qualsiasi sofferenza potessero infliggermi. Mi
immersi nella lettura di un libro del dottor Dr. Joseph Nicolosi, intitolato
"Reparative Therapy of Male Homosexuality" e fui stupito di trovarci la
descrizione del mio esatto profilo psicologico, caratterizzato da un distacco
difensivo.
Matt mi ha aiutato ad aprire la mente e il cuore alla possibilità di trovare uno o più
uomini eterosessuali a cui poter rivolgermi per avere aiuto e sostegno. Ero
terrorizzato, ciononostante ho avvicinato Mark, un uomo della mia chiesa, più
anziano di me di circa otto anni, e gli ho chiesto di essere il mio consigliere
spirituale. Lui ha accettato subito. Non sapeva nulla di omosessualità ma
conosceva Dio e conosceva la sofferenza, e fu più che disposto ad aiutarmi.
Parlavo con lui almeno una volta alla settimana, a volte anche di più, mettendo a
nudo la mia anima. Lo chiamavo ogni volta che ero tentato di mettere in pratica i
miei desideri. Lo chiamavo quando inciampavo e lui mi aiutava a risollevarmi.
La gioia che Matt provava per i miei successi e per la mia crescita era palpabile ed
autentica. Stavo davvero iniziando ad amare quest’uomo come un fratello, come
non mi era mai successo in tutta la mia vita.
In passato mi ero sempre irrigidito al pensiero di fare amicizia con altri uomini.
Ero convinto che gli uomini eterosessuali non avessero amici -- che addirittura non
avessero bisogno di amici. Le loro mogli o fidanzate erano sufficienti per loro. Di
sicuro mio padre non ha mai avuto amici e non andava mai da nessuna parte senza
mia madre. Riuscivo a ricordare soltanto un amico dei miei tre fratelli maggiori.
Come potevo pensare di stringere un’amicizia con uomini eterosessuali per far
fronte ai miei bisogni di affermazione e di compagnia? Avevo sempre creduto che i
soli uomini interessati alla compagnia di altri uomini fossero gay.
Matt mi indusse ad aprire gli occhi, a guardare oltre le mie radicate percezioni. Mi
disse: “La tua anima richiede una connessione con una persona di sesso maschile e
questo desiderio dell’anima ha bisogno di esprimersi in un modo o nell’altro.
Vuole venire fuori. Sopprimerlo funzionerà soltanto per un pò, dopodiché l’argine
cederà. Se non sperimenti un’autentica ed intima connessione con un uomo in
modo platonico, il tuo bisogno ti spingerà a trovare questa connessione in maniera
sessuale. In un modo o nell’altro il bisogno verrà soddisfatto”.
Queste parole risuonavano dentro di me: “in un modo o nell’altro, il bisogno verrà
soddisfatto”. Sapevo che era vero. Mi sforzai di uscire dal mio guscio. Iniziai ad
osservare più attentamente gli uomini eterosessuali. iniziai ad osservare gli uomini
che uscivano insieme a cena, che andavano insieme al cinema. Notai che durante i
party gli uomini si riuniscono in gruppi prima dell’arrivo delle donne. Notai come
si ritrovano insieme per guardare e commentare una partita alla tv, per giocare a
biliardo o per altre attività, come ad esempio riparare un’automobile.
Matt divenne il mio sostituto di padre, di fratello e la mia guida nel viaggio alla
scoperta del mondo degli uomini. A un certo punto, ricordo di aver guardato
profondamente dentro i suoi occhi scuri mentre il silenzio scendeva tra noi. Sentivo
quanto mi fidassi di lui, quanto affetto nutrissi nei suoi confronti. Sentivo quanta
gioia provava per la mia crescita. Sentivo che guardandomi negli occhi Matt mi
affermava come uomo, e per la prima volta mi resi conto: “sto assimilando la sua
mascolinità e sento che lui sta affermando la mia, e non lo sto neanche toccando né
tanto meno lo desidero sessualmente. Posso farlo attraverso gli occhi! Non ho
bisogno di farlo attraverso i miei genitali o le mie mani. Riesco a sentire il suo
amore e a connettermi con la sua mascolinità silenziosamente, senza toccarlo. Fu
un momento di gioia - un momento in cui mi sono sentito completamente maschio
e completamente affermato come uomo.
Uno dei passi più difficili per me fu quello di chiedere ad un uomo che frequentava
la mia stessa chiesa, Rob, di insegnarmi a giocare a basket. Non fu Matt a
suggerirmelo, ma la paura che provavo quando si tattava di praticare uno sport
rasentava la fobia, e qualcosa dentro di me mi diceva che dovevo affrontare questa
paura. E’ stato difficile avvicinarmi a Rob e chiedergli di insegnarmi a giocare, ma
presentarmi al campo di basket per la mia prima lezione mi gettò nel panico.
Provavo più imbarazzo per la mia inettitudine nello sport che per il mio trascorso
da omosessuale. Rivelando a Rob di non sapere assolutamente nulla di basket, mi
stavo rendendo totalmente vulnerabile.
Rob mi allenò ogni sabato mattina per diverse settimane ed io raccontavo a Matt
dei miei successi e delle mie paure. Infine, accettai di partecipare ad alcune partite;
la prima volta fui oggetto di scherno da parte dei bulli della scuola. Ma la
settimana seguente andò meglio. Una volta scrissi orgogliosamente a Matt in una
email: "riesco a fare un jump shot! Per la prima volta nella mia vita ho realizzato
un jump shot!" Matt mi rispose che era entusiasta e che poteva capirmi. Chi altri
avrebbe potuto comprendere cosa ciò potesse significare per un uomo di 36 anni?
Nel febbraio del 1999, essendo rimasto fedele a Diane per un anno e mezzo e
sentendo che ero cresciuto e guarito abbastanza da poter rinnovare il mio impegno
con lei e con la mia chiesa, fui battezzato; fu una cerimonia intima e bella. Mark,
Rob, ed altri amici della Chiesa erano lì. C’era anche Diana con le lacrime agli
occhi, raggiante di orgoglio e rasserenata dal “mio ritorno a casa”.
Il Mio Uomo
Negli ultimi mesi di terapia Matt, percependo che il mio bisogno del suo aiuto
professionale si stava esaurendo, fece in modo che tutte le questioni sospese che
richiedevano ancora il suo intervento venissero trattate fino in fondo: persistenti
sentimenti di emarginazione; offese che dovevo perdonare.
Sempre più spesso, durante le sessioni di terapia, riferivo di momenti di gioia
anziché di dolore, rabbia o paura, condividendo con lui il mio crescente senso di
identità e di potenza come uomo; gli riferivo inoltre delle nuove amicizie che stavo
costruendo e dei nuovi rischi che stavo affrontando per mettere alla prova la
sempre più grande forza interiore.
E’ QUESTO ciò che avevo sempre cercato in tutti quegli uomini e in tutti quegli
anni. QUESTO è ciò che avevo sempre desiderato – questa connessione REALE,
non quella fantastica. La Connessione con Dio. La Connessione con gli uomini. La
Connessione con la mia virilità. La Completezza dentro di me. Sentivo che il mio
cuore stava quasi esplodendo di gioia nel mio petto.
Sono uscito dall’uffico di Matt per l’ultima volta il 25 agosto 1999, dopo 27 mesi
di terapia. Ero un uomo diverso. Più felice, più sicuro. Completo. Non avevo avuto
rapporti sessuali con uomini ed ero restato fedele a mia moglie per due anni – e
così facendo avevo trovato pace e gioia.
Al termine dell’ultima seduta terapeutica, abbracciai Matt con fermezza,
sprofondando il viso nel suo petto. “Ti voglio bene”, gli dissi. “Non dimenticherò
mai ciò che hai fatto per me”. Con le lacrime agli occhi mi disse “anch’io ti voglio
bene”.
Se solo potessi restare suo amico per sempre. Ma qualcosa dentro di me mi diceva:
“L’amicizia è per sempre. Anche se non puoi essere suo amico in questa vita, lo
sarai nella prossima. Questo potente legame tra voi durerà per sempre”.
E forse la cosa ancora più importante è che da allora in poi avrei portato con me in
ogni altra relazione ciò che Matt mi aveva donato. Non avevo più bisogno di Matt
come terapeuta perché potevo finalmente avere rapporti sinceri con altre persone.
Potevo farmi degli amici. Potevo chiedere aiuto. Potevo essere vero.
E più di ogni altra cosa, riuscivo ad amare. Avevo imparato a donare e a ricevere
amore da altri uomini come se fossero fratelli, e ad avere fiducia in loro. Avevo
scoperto ciò che avevo cercato per tutta la mia vita.
Patrizia B.
http://omosessualitaeidentita.blogspot.com/
Abbandonare il Lesbismo e
Confrontarsi con l’Attivismo LGBT*
- La Mia Storia -
Ma una persona laica da dove può iniziare una tale impresa? Dove può andare per
far sentire la propria voce e la propria esperienza, e di conseguenza, esercitare una
qualche influenza su come l’omosessualità viene considerata e trattata?
Il "coming out" di Ellen, nel 1997, e il suo successivo sostegno e promozione della
Gay-Affirmative Therapy come unico trattamento salutare ed accettabile ha
profondamente influenzato le vite di molte persone di orientamento omosessuale,
non soltanto negli Stati Uniti ma in tutto il mondo. La testimonianza pubblica di
Ellen ha anche contribuito al notevole rafforzamento del movimento attivista gay e
all’intensificarsi della sua pressione politica per far bandire la Terapia riparativa e
per far riconoscere dall’APA la Terapia di Affermazione –gay quale unica modalità
di trattamento sana ed accettabile.
Ho cercato di contattare Ellen all’inizio dell’anno scrivendole una lettera
riguardante la storia della mia vita, la mia esperienza dell’omosessualità e la
terapia alla quale mi sono sottoposta. Speravo che, ricevendo e rileggendo la mia
lettera (tra migliaia di altre lettere), avremmo potuto iniziare una sorta di dialogo
su questa tematica. Purtroppo non ho mai ricevuto alcuna risposta a quella lettera.
Quindi decisi di cercare di contattarla postando un commento nel suo sito Web.
Ecco una copia del mio post:
Cara Ellen,
Ti trovo molto simpatica, generosa e piena di talento….. adoro il tuo senso
dell’umorismo e penso che tu sia sincera… ed è proprio perché ho una
grande ammirazione per te che desidero condividere alcuni pensieri con te
riguardo qualcosa di molto importante per entrambe, su cui forse ti farebbe
piacere riflettere.
Da quando avevo 18 anni ho sperimentato sentimenti omosessuali e ho
avuto diverse relazioni con persone del mio stesso sesso. Ad ogni modo,
dopo aver fatto molte ricerche e studi sull’argomento e dopo un profondo
esame di coscienza, sono giunta alla conclusione che l’omosessualità non è
normale, naturale o salutare.
Da un punto di vista totalmente biologico, mi appare piuttosto chiaro che i
nostri corpi non sono stati “naturalmente progettati” per avere rapporti
sessuali con persone del nostro stesso sesso. Voglio dire, se fossimo stati
destinati ad avere rapporti con lo stesso sesso, il nostro corpo avrebbe in sé
una conformazione naturale per poter soddisfare i desideri sessuali di
entrambi i partners.
Ma data la sua conformazione, il piacere può essere raggiunto soltanto con
mezzi artificiali –vale a dire che sia gli uomini sia le donne omosessuali
devono utilizzare delle “cose” di cui è difficile dire che siano state designate
dalla natura per i rapporti sessuali (ad esempio, ano, bocca, vibratore, peni
di gomma, mano, ecc. ecc….mi scuso di essere stata così esplicita ma
dobbiamo essere davvero onesti, affrontare la realtà della situazione e non
sorvolare sulla verità).
Il fatto è che la conformazione naturale dei nostri corpi rivela chiaramente
il loro vero scopo, e durante l’atto omosessuale è chiaro che non usiamo i
nostri corpi nel modo in cui dovrebbero essere naturalmente usati; al
contrario, ce ne serviamo in modo innaturale e per questo ciò non può
essere normale o salutare.
Qualsiasi cosa fatta contro natura non può essere giusta o sana.
Inizialmente potremmo pensare di poter “farla franca” e che tutto è “OK”,
ma come con tutte le altre cose della natura, quando queste vengono
oltraggiate, ignorate o non rispettate, prima o poi dobbiamo pagarne le
conseguenze.
Forse sta pensando: se non è “naturale” allora che cos’è che provoca
attrazione per lo stesso sesso? Mi sono molto documentata su questo e
adesso sono assolutamente convinta che si tratta di un disturbo psicologico
ed emotivo, causato in primo luogo da influenze ed esperienze sociali e
familiari della prima infanzia e dalla nostra reazione inconscia a tali
influenze (reazione che dipende in gran parte dal temperamento e dalla
personalità di ognuno)… Ed essa può essere trattata efficacemente, o
perlomeno alleviata, in quelle persone che desiderano farsi aiutareo.
Naturalmente, nel postare quel commento, non avevo idea se sarebbe mai giunto
nelle mani di Ellen, ma in ogni caso, ecco che cosa è accaduto: entro 24 ore esso
non solo è stato rimosso dal sito Web ma mi é stato proibito di inviare altri
commenti!
Ogni volta che cercavo di nuovo di postare qualcosa, appariva una pagina con la
frase “non ti è permesso di postare commenti in questo sito”!
Ho inviato quattro volte il mio commento con alcune domande aggiuntive riguardo
la loro risposta discriminatoria e intollerante al mio post, e ogni volta, il mio post è
stato rimosso.
Circa una settimana dopo, ho pensato di provare di nuovo ad inviare commenti dal
mio computer, ed ecco, per chissà quale ragione, avevano tolto il bando. Così ha
deciso di inviare una versione leggermente diversa dal mio commento originale.
Quando il mattino dopo ho controllato il sito Web, non soltanto il mio nuovo post
era sparito ma erano stati rimossi anche gli strumenti che consentivano l’invio di
commenti. Tutti le opzioni per inviare commenti/feedback erano scomparse!
Per quale ragione? Non lo so, ma anche se la bacheca dei commenti sul sito Web
di Ellen è stata chiusa, non lo è stata la mia personale ricerca!
Traduzione di Patrizia B.
http://omosessualitaeidentita.blogspot.com/
Il Paradosso dell’Auto-Accettazione
di Joseph Nicolosi, Ph.D.
" I problemi non possono essere risolti
allo stesso livello di conoscenza che li ha creati"
--Albert Einstein--
Tre Esempi
Un cliente, un ragioniere sposato di 43 anni, mi parlava di un uomo che
aveva recentemente visto in un aeroporto mentre era in viaggio di affari.
Ciò aveva risvegliato le sue fantasie sessuali e i suoi sogni. Gli chiesi di
concentrarsi su quell’immagine e di osservare attentamente le proprie
sensazioni fisiche, senza perdere il contatto con me. Mentre faceva
questo, provò un desiderio sessuale molto intenso. Ma continuando a
seguire quella fantasia, attraverso uno scenario sessuale immaginario, i
suoi sentimenti cambiarono e, inaspettatamente, sperimentò un profondo
sentimento di tristezza, di desiderio e di vuoto. Tra le lacrime, mi parlò
del suo sentimento di profonda mancanza di valore. Mi disse “Vorrei
soltanto che quell’uomo diventasse mio amico! È il genere di uomo che
ho sempre desiderato avere vicino”. Dopo quel momento di intuizione
profonda, gli tornarono alla mente ricordi vividi di abusi subìti dai suoi
coetanei, il disprezzo e il rifiuto, il senso di solitudine e di alienazione
che lo avevano reso infelice per gran parte della sua infanzia. L’uomo
dell’aeroporto rappresentava l’altro ragazzo, quello che era sempre stato
irraggiungibile - il potenziale amico che era “a un livello più alto del
mio”.
Tradotto da Patrizia
http://omosessualitaeidentita.blogspot.com/
L’Esperienza del Double-Loop
di Joseph Nicolosi, Ph.D.
"...Ogni vita vera è incontro" -- Martin Buber
Il punto centrale del processo di guarigione della teoria riparativa è l’esperienza del
Double-Loop (Doppio Anello). Durante questo processo il terapeuta, entrando in
sintonia e in empatia con il cliente, lo aiuta a risperimentare i sentimenti che hanno
diviso la sua psiche e a ricongiungersi con le parti di se a cui aveva rinunciato.
Riteniamo che tale rinuncia sia stata causata da sentimenti di vergogna consci o
inconsci.
Le origini di una mente scissa e, quindi, le origini del trauma sono da ricercarsi
nello stile di comunicazione della famiglia denominato Doppio Legame. Si tratta
del comune tipo di comunicazione della Famiglia Triadica-Narcisista, un tipo di
famiglia spesso descritta dai nostri clienti di orientamento omosessuale. La
Comunicazione del Doppio Legame crea due scismi; il primo all’interno dell’Io, e
il secondo, tra l’Io e gli altri.
Nella prima fase del trattamento, l’ansietà o il sistema di difesa del cliente
causeranno lo spostamento continuo della sua attenzione rendendogli difficile
restare collegato sia ai propri sentimenti sia al terapeuta.
Un cliente ha descritto così questa esperienza "... è come guardare un treno
passare; non faccio in tempo a raccontare i miei sentimenti che il treno è già
passato." In questi momenti critici il terapeuta può delicatamente dire al cliente
“Cerca di restare contemporaneamente in contatto con me e con i tuoi sentimenti ”.
I momenti in cui il cliente trae i più grandi benefici sono quelli in cui riesce a
provare sentimenti dolorosi sperimentando, contemporaneamente, le cure,
l’attenzione ed il sostegno del terapeuta. In questo modo, tramite questo processo
di riparazione interattiva, la loro relazione empatica altera la struttura neurologica
del cervello.
Esistono due modi per dare inizio all’esperienza del Double-Loop, che conduce al
superamento del sentimento di vergogna -- rivelare al terapeuta un Momento di
Vergogna del passato ( dell’infanzia o più recente), e (2) rivelare un Momento di
Vergogna mentre accade durante la seduta terapeutica.
Patrizia B.
http://omosessualitaeidentita.blogspot.com/
LA CURA DEI DISTURBI DELLA SESSUALITÀ
l’obiezione
Gay alla nascita? La scienza non lo prova
«L’orientamento sessuale non è una scelta».
Èla tesi dell’ormai noto manifesto della Regione Toscana, in cui è fotografato un neonato. Abbiamo
consultato al riguardo Roberto Marchesini, psicologo e psicoterapeuta, che collabora con
Iun gruppo che si chiama Chaire (www.obiettivo-chaire.it/), che sostiene persone con tendenze omosessuali
indesiderate. Secondo Marchesini «questa tesi non ha nessun fondamento scientifico». È vero, ci sono
ricercatori, essi stessi spesso gay, che hanno tentato di dimostrare l’origine biologica dell’omosessualità.
Tuttavia, «nessuno di essi è riuscito a dimostrare alcunché».
Anzi, «le ricerche di Bailey sui gemelli sono un indizio a favore dell’origine ambientale dell’omosessualità,
e tale teoria ha il sostegno di ricerche più rigorose, ad esempio quella di Bieber del 1962». Nel primo
studio di Bailey, infatti, due gemelli identici erano entrambi omosessuali solo nel 52% dei casi; dato che i
gemelli identici condividono il 100% dei geni, se la causa dell’omosessualità di questi gemelli fosse stata
genetica, essendo uno dei due omosessuale, avrebbe dovuto esserlo anche l’altro nel 100% dei casi, e
non solo nel 52% dei casi. Inoltre, quando Bailey replicò il suo studio nel 2000 (poiché il primo studio si
basava su soggetti che non erano stati scelti a caso, ma erano volontari della comunità gay), la
concordanza fu molto più bassa: dal 20 al 37,5%.
nsomma, per Marchesini, «lo slogan di questo manifesto ha lo stesso fine delle campagne per le unioni
omosessuali: non vuole rispondere a una domanda (i registri delle unioni omosessuali sono quasi vuoti),
bensì equiparare le unioni omosessuali a quelle eterosessuali, l’omosessualità all’eterosessualità».
Marchesini dice che lo scopo di Chaire «è offrire maggiore libertà alle persone con tendenze omosessuali
indesiderate, le cui idee e valori, a volte, non concordano con lo stile di vita gay». Infatti, aggiunge, «è
importante distinguere: il termine 'omosessuale' designa la persona con tendenze omosessuali, mentre il
termine 'gay' indica un’identità socio-politica, rappresentata da una minoranza, che si riconosce in uno stile
di vita, istanze e rivendicazioni».
olti potrebbero dubitare che si possa uscire dall’omosessualità, ma Marchesini garantisce: «ci sono, e
purtroppo, vengono trattati malissimo.
Alcuni ex omosessuali che conosco sono stati derisi dal Corriere e in televisione (a 'Il bivio') o aggrediti
su Radio 24 ». Di più, «gli stessi gay li trattano come dei poveri dementi a cui è stato fatto un lavaggio del
cervello». A chi insinua questo, Marchesini replica che «la proposta di Chaire non si rivolge ai gay
soddisfatti, ma alle persone con tendenze omosessuali non desiderate, che non si riconoscono come gay,
e che vivono nella sofferenza e nel nascondimento».
Insomma, «si tratta di una proposta, mai di un’imposizione, una risposta a una libera domanda. Se una
persona desidera fare questo percorso è giusto che possa intraprenderlo; impedirglielo sarebbe
Mdiscriminante».
Giacomo Samek Lodovici
http://edicola.avvenire.it/eebrowser/frame/3_0f.ver.fin.enc.arch/php-script/fullpage.ph... 02/11/2007
Intervista con Michael Glatze
M.G. Anche se quando ripenso alla mia vita nella comunità gay, c’era
sempre quella regola tacita di “ non mettere mai in dubbio i tuoi desideri
per lo stesso sesso.”
J.N. Si. Questa è una regola molto importante nella comunità gay.
J.N. Regola numero uno: “Non chiederti perché.” Le persone “lo sono e
basta.” Nessuna domanda circa il perché.
M.G. Appena ti unisci al club, questa è la prima regola. Puoi esaminare la
causa di qualsiasi altra cosa, eccetto dell’omosessualità.
J.N. Posso esplorare le ragioni del mio alcolismo, del mio eccessivo
appetito, della mia depressione – ma non della mia omosessualità.
J.N. (annuisce)
M.G. Così, quando infine mi resi conto che potevo mettere in dubbio la
mia omosessualità divenne tutto molto religioso. Iniziai a cercare la
volontà di Dio e a tentare di comprenderne il significato. Man mano che
acquisivo una maggiore conoscenza iniziai a dubitare di cose in cui avevo
creduto per tanto tempo. Avevo creduto in concetti che non avevano alcun
senso, alcun peso. E scoprii che non avevo più bisogno di crederci per
avere un senso di identità.
J.N. OK… quindi dici che quando hai iniziato a seguire la volontà di Dio
hai iniziato anche a rifiutare alcuni dei presupposti e delle credenze che si
associano all’idea che l’omosessualità riflette “ciò che sei,” nel senso più
profondo.
J.N. Quindi, a causa della tua relazione sempre più profonda con Dio hai
iniziato a sviluppare un’identità distinta, autonoma…
M.G. Ebbene, in realtà lui (Dio) lo ha fatto. Mio padre era morto a causa
di un’improvvisa malattia cardiaca ed io pensavo di aver sviluppato la
stessa malattia. Avevo una specie di panico – una reazione ipocondriaca.
Per circa un mese, mentre attendevo i risultati dei test, pensavo che stessi
per morire.
J.N. OK, quindi soffrivi di attacchi di ansietà. Eri convinto che avresti
avuto un attacco di cuore come tuo padre e questo ti riempiva di paura.
J.N. (annuisce col capo) Si dice spesso che ciò che davvero ci conduce a
Dio é la paura della nostra mortalità… vivere l’esperienza di dubitare della
nostra sopravvivenza.
M.G. E’ stato quello il momento. Non avevo più dubbi. E’ stata la fine di
una lotta intensa tra me e Dio.
M.G. Sono cresciuto in una famiglia cristiana, ma in realtà era tutto come
in una fiaba. Mio padre non era cristiano; ha indebolito ancora di più le
verità divine che hanno cercato di insegnarci. Le trasformava in una sorta
di storielle simpatiche e sciocche per festeggiare il Natale.
M.G. Si. Era cristiana, non confessionale. Ci ha portati nelle chiese Unity
dove adoravano Dio-Padre, Dio-Madre e cose simili. Era una brava donna
con il desiderio di compiacere suo marito – un uomo molto agnostico che
era stato un hippie di Berkeley negli anni ‘60.
J.N. Parlami della tua comprensione psicologica della situazione in cui ti
trovi?
M.G. Tra maschi – Ho notato che c’è sempre una differenza di potere,
che due uomini non possono giungere davvero a qualche sorta di accordo
reciproco senza che una parte domini l’altra. Ed è stato allora che ho
iniziato a rendermi conto di questo. La mia relazione con il mio partner
cominciò a finire perché eravamo letteralmente giunti in un vicolo cieco,
non volevamo più accordarci. Quando ciò è accaduto lui non sapeva cosa
fare perché era abituato alla mia sottomissione.
J.N. Qualcosa del tipo “come osi dire che sei eterosessuale!”
M.G. Si. Ma da quel momento in poi mi sono reso conto che era la
verità. Adesso dovevo capire il perché di quei desideri e da dove venivano.
J.N. In altre parole, “se sono eterosessuale, allora perché provo questa
attrazione?
M.G. Giusto.
M.G. Si.
J.N. Quindi stai dicendo che “non sei omosessuale; sei un eterosessuale
con un problema omosessuale.”
M.G. Esattamente. In questo modo ogni cosa che viene in mente non è
nulla di più di un pensiero, poi scendi sempre più in profondità fino a
quando osserverai pensieri e costrutti più grandi. Alla fine scivolano via
tutti. La stessa cosa iniziò ad accadere con i desideri per lo stesso sesso. In
quel periodo leggevo anche i tuoi articoli dove parlarvi del Falso Io. Le tue
parole mi hanno colpito molto perché erano perfettamente in linea con ciò
che avevo già iniziato a scoprire con la meditazione – che abbiamo un Io
Vero e che, per me, era l’Io che avevo già riconosciuto come l’autentico
ed autonomo Io-con-Dio.
M.G. Quando ho letto il tuo pezzo sul Falso Io e anche quando parlavi
della mascolinità e del forte desiderio di mascolinità, ho capito che era
esattamente ciò che mi era successo. Leggevo molto e cercavo di acquisire
una maggiore conoscenza, dal punto di vista politico, di tutti i concetti in
cui una volta avevo creduto. Iniziai a comprendere come la nostra cultura
avesse soffocato la mascolinità.
Già in passato avevo esaminato queste nozioni sulla mascolinità del punto
di vista prospettico del liberalismo, del socialismo e della psicologia
umanistica. Avevo capito che la mascolinità doveva essere equiparata alla
femminilità ma avevo abbracciato idee femministe. Così quando ho letto il
tuo pezzo la questione della mascolinità mi è divenuto chiaro.
J.N. Sembra che questa sia stata per te l’origine del Falso Io – un rifiuto
di rivendicare la mascolinità dentro di te. Si tratta di uno schema comune
tra gli uomini. Hanno un’immagine negativa di ciò che significa essere
maschio, si alleano con la propria madre contro il padre, e così facendo
non abbracciano mai pienamente la propria identità mascolina.
M.G. Assolutamente. Non volevo associarmi con qualcosa che potesse
fare del male ad una donna così come lo aveva fatto a mia madre.
M.G. E’ così.
M.G. E’ così.
M.G. Si, esattamente – come hai scritto nel tuo saggio. Esattamente.
J.N. Um-hmm.
J.N. Così la tua era ciò che noi chiamiamo la Classica Famiglia triadica –
dici di aver avuto una madre eccessivamente presente e un padre distante e
distaccato.
Quando penso alla mia vita, se quell’identità gay non mi fosse mai stata
offerta su un piatto, e se nella nostra società avessimo un chiaro approccio
morale verso la questione – di essa [dell’attrazione verso i maschi] mi sarei
già occupato da tempo.
J.N. Giusto.
M.G. È pazzesco. Proprio non lo capisco. Ti dirò che quando per la prima
volta ho guardato il sito NARTH, mi sono sentito in colpa. Naturalmente
ne avevo già sentito parlare – ero un’attivista e vi avevo già catalogati
insieme agli “odiosi gruppi di estrema destra.” Sapevo di voi perché
dovevo mantenermi aggiornato su tutte “le persone odiose” in giro.
Onestamente, quando cliccai su un articolo del sito NARTH, ebbi la
sensazione di violare la legge; come se non avessi dovuto leggerlo.
Riuscivo soltanto a leggere alcune parole, dopodiché dovevo fermarmi.
J.N. Quando leggi gli scritti di romanzieri gay, trovi sempre una nota di
fondamentale decadimento, ogni cosa alla fine si deteriora – le cose
semplicemente si degradano, scompaiono e muoiono. C’è un
perseguimento della bellezza della gioventù ma con una reale assenza di
trascendenza. Se leggi la vita di Oscar Wilde, per esempio, noti la stessa
cosa, quella radice pessimistica. E’ uscito un nuovo libro su Wilde scritto
da un uomo gay, che presumeresti essere un alleato di Wilde – tuttavia egli
parla di come la vita di Wilde fosse bizzarra e perversa. Sono certo che
conosci queste cose meglio di me.
J.N. Provi attrazione per lo stesso sesso adesso? Che cosa fai quando
accade?
M.G. In realtà non mi succede molto spesso. Quando sono assorto nella
meditazione e un pensiero oppure un desiderio affiora, piuttosto che
concentrarmi su di esso o perseguirlo, “lascio semplicemente che esista”
Il mio Autentico io cresce ed il Falso Io alla fine sparisce insieme a quel
desiderio.
J.N. Quindi la consideri come una lotta tra il Vero ed il Falso Io?
M.G. Si.
J.N. Così ogni volta che l’attrazione del Falso Io per persone dello
stesso sesso affiora…?
M.G. Veramente non è che lo combatti perché – forse questo viene dal
buddismo – il combatterlo implica una lotta.
J.N. Esatto.
J.N. Si.
M.G. Tanta parte di questa attrazione per lo stesso sesso è in realtà una
sorta di umiliazione. C’è anche tanta superficialità e la paura ti fa pensare
che questo è semplicemente ciò che tu sei. L’ho notato di nuovo proprio un
paio di settimane fa. Per un attimo sono stato preso dal panico e ho detto
“questa cosa la vuoi davvero,” ma è durato soltanto una frazione di
secondo. Non ho perso il controllo e non ho afferrato quel desiderio, lo
lascio andare.
J.N. Capisco.
M.G. Così, quando l’attrazione per lo stesso sesso si fa viva di nuovo, la
lascio stare, e così facendo mi sento più me stesso, nutro il mio autentico
Io.
J.N. Esattamente. Stai dicendo molte delle cose che insegno nei miei
seminari.
J.N. Quando dici “nella mente” gli uomini gay ribatteranno “è nel mio
corpo. Quando vedo un ragazzo attraente, non è la mia mente – io sento
quella scossa nel mio corpo.”
M.G. Si, diranno così. Tuttavia, quella scossa è una messaggio di Dio
che ti dice che quella cosa al di fuori di te che desideri tanto, dovresti
invece svilupparla dentro di te.
J.N. Giusto.
M.G. E’ così.
J.N. Per quanto tempo lo hai fatto? Per quanto tempo ti sei sottoposto a
questa trasformazione?
J.N. Um-hmm
M.G. Non si tratta tanto di “entrare” in questo stato, perché esso non è
diverso dal mio normale stato mentale. Esiste la percezione che la
meditazione sia uno stato ma in realtà anche questa è una falsa dualità.
Non c’è alcuna differenza tra come sono adesso e come sono quando sono
seduto in meditazione. È solo che la meditazione mi concede lo spazio per
calmare i miei pensieri e ridiventare forte, così, quando torno alla vita di
tutti i giorni, ho ancora quel punto di riferimento.
J.N. Capisco.
J.N. Si…
M.G. E una volta trasformati sono diventati parte del mio Vero Io.
J.N. OK….
J.N. Si. Non meditano sulla loro sessualità dalla tua stessa prospettiva.
J.N. Dunque, dici che porti con te, nella meditazione, quella verità
riguardo il Falso Io e l’omosessualità. Per meditazione non intendi uno
stato mentale diverso o alterato – è soltanto di una “ rivelazione della
verità”. La meditazione crea l’occasione per bloccare le distrazioni esterne
e per “giungere alla verità”, e quella verità, per te, è ispirata da Dio.
M.G. E’ proprio così. Devo dire però che l’organizzazione della
meditazione mi infastidiva perché sono anticristiani. Era una cosa che
dovevo risolvere e ho pregato molto al riguardo. Avevo la sensazione che
Dio mi stesse dicendo: “No, non smettere, ti fa bene…. prendi da questa
esperienza ciò che di buono ti può dare.
Non voglio che questo suoni come “puoi cambiare anche senza Dio”
poiché non penso che sia possibile. Non lo so, forse voi avete successo con
persone che sono senza Dio…
J.N. Abbiamo successo con persone che non sono religiose, ma in quanto
cattolico, credo che lo Spirito Santo stia operando anche nelle loro vite.
Molti uomini diventano più religiosi durante il processo terapeutico. In
quanto psicologo non rientra nel mio ruolo introdurre idee religiose, ma i
clienti stessi spesso iniziano gradualmente a ricercare la conoscenza di un
creatore man mano che crescono in umiltà e trasparenza. In realtà, la
ricettività verso un rapporto con Dio spesso sembra rientrare in un più
largo processo di maturazione emotiva.
Traduzione di Patrizia B.
http://omosessualitaeidentita.blogspot.com
L’Ex Presidente dell’APA Dr. Nicholas Cummings
Descrive il proprio Lavoro con Clienti SAS
il 20% dei clienti ha mutato orientamento sessuale; per il resto c’è stata una
riduzione dei comportamenti promiscui
Dr. C: Tra le persone che abbiamo trattato con la psicoterapia, il 67% ha ottenuto
buoni risultati. Non abbiamo tentato di riorientare nessuno verso l’eterosessualità a
meno che questo non fosse lo scopo terapeutico primario del paziente. Pertanto, Il
20% di quel 67% che ha avuto buon esito si è riorientato, mentre l’80% dello stesso
67% ha perseguito uno stile di vita gay sano e sessualmente responsabile.
Q: Un terzo dei suoi clienti non è stato aiutato per niente dalla terapia. Come
descriverebbe questi individui? Compulsivi? Ossessivi?
Dr. C: Tenendo a mente che queste percentuali non descrivono tutta la comunità
omosessuale, ma soltanto quegli individui che hanno cercato un trattamento presso di
noi, le rispondo che circa un terzo era sessualmente compulsivo, con una forte spinta
a ricercare incontri sessuali anonimi, mai soddisfatti, e costantemente ossessionati da
ciò che essi definivano la loro “dipendenza sessuale”. In questo gruppo abbiamo
rilevato un’alta incidenza di abuso di droghe; erano spesso spaventati dal pensiero di
poter avere ripetuti rapporti sessuali con lo stesso individuo. Ricordo un paziente che
pensava di avere un incontro anonimo quando l’uomo, con il quale aveva dimenticato
di avere avuto un precedente rapporto, lo chiamò con il suo nome di battesimo. Il
paziente fuggì atterrito.
D: Lei ha criticato la comunità psicologica per il ruolo che essa ha avuto nel
distorcere la ricerca sull’orientamento sessuale. Può spiegarci perché è critico nei
confronti dell’APA?
Dr. C: Per prima cosa mi lasci dire che sono stato per tutta la vita un difensore dei
diritti civili, inclusi i diritti delle lesbiche e dei gay. Sono stato io a nominare, in
qualità di presidente (1979), la prima Task Force per le questioni omosessuali, che
divenne poi una divisione dell’APA.
In quel periodo la questione si incentrava sul diritto di una persona di poter scegliere
uno stile di vita gay, mentre adesso è messa in discussione il diritto di scelta
dell’individuo di non essere gay, e questo perché la leadership dell’APA sembra aver
concluso che l’attrazione verso persone dello stesso sesso é immutabile.
La mia esperienza ha dimostrato che ci sono tanti tipi diversi di omosessuali quanti
ve ne sono di eterosessuali. Relegare l’attrazione per lo stesso sesso nel novero delle
cose non si possono cambiare – alla stregua di una minoranza oppressa, del tipo afro-
americano ed altre -- distorce la realtà. E i tentativi passati di rendere la terapia del
riorientamento sessuale “immorale”, vìola la scelta del paziente e di fatto trasforma
l’APA in un’organizzazione che determina gli scopi terapeutici.
Traduzione di Patrizia
http://omosessualitaeidentita.blogspot.com
Testimonianza di apertura del presidente di Exodus
Alan Chambers
Dibattito sul matrimonio con persone dello stesso sesso - U.C. Berkeley
(17 aprile 2004)
Mi chiamo Alan Chambers, sono Cristiano, sposato; io e mia moglie Leslie eravamo
omosessuali. Desidero chiarire che io non ho scelto di sentirmi attratto verso il mio
stesso sesso né ho volontariamente adottato un orientamento omosessuale, ma la mia
risposta ad entrambi i miei comportamenti, é stata una scelta.
Ricordo che a 18 anni mi sentivo solo ed ero alla ricerca dell'uomo "giusto". Ricordo che
desideravo moltissimo avere un uomo che mi tenesse tra le braccia, che mi proteggesse,
mi amasse e dedicasse a me la sua vita. Ricordo di aver pensato che avrei fatto qualsiasi
cosa per colmare quell'insaziabile bisogno. Feci di tutto, tranne che pregare che il mio
cavaliere si presentasse davanti alla mia porta con splendente armatura. Non avevo alcun
dubbio che il pezzo mancante al puzzle della mia vita lo avrei trovato nell'uomo dei miei
sogni.
Se il matrimonio con persone dello stesso sesso fosse stato legale nel 1990 sono certo
che anch'io lo avrei sperimentato. Ho conosciuto un uomo che desideravo sposare.
Eppure oggi, da uomo maturo, adulto e con una sobria prospettiva, mi rendo conto che
non ero alla ricerca di un uomo quanto piuttosto di una risposta, perfino di una droga,
chi mi rendesse insensibile al dolore e mi facesse sentire meglio riguardo me stesso. La
legge mi impedì di fare uno, se non molti, errori che cambiano una vita.
Recentemente Dennis Teti ha scritto in "The Weekly Standard": "lo scopo dei "Governi"
non è quello di dispensare diritti ma è quello di assicurare i diritti creati dalla natura e
dalla natura di Dio". Le leggi attuali hanno salvato la mia vita e continuano a salvare le
vite di altri giovani come me che hanno bisogno di questi limiti vitali.
Come ex-omosessuale, so che questa battaglia ha poco, se non nulla, a che fare con il
matrimonio, ma ha piuttosto che fare con un bisogno assoluto di approvazione e di
accettazione sociale. Questo esperimento con il matrimonio, promosso da alcuni, ha che
fare con il tentativo di far tacere il senso di colpa, la sofferenza e la terribile verità che
risiede dentro ogni persona lesbica e omosessuale, vale a dire che i loro desideri non
verranno mai soddisfatti nel modo in cui cercano di soddisfarli e cioè in maniera
omosessuale. L'appoggio legale e l'approvazione del matrimonio con persone dello
stesso sesso garantirà semplicemente che più vite, quelle dei ragazzi di oggi e di domani,
saranno rovinate. Viviamo già in una società veramente tollerante e la legge ci considera
uguali. La razza, la religione, il sesso, l'età o l'invalidità influenzano le nostre libertà
personali. Le leggi vigenti che proteggono il matrimonio hanno lo scopo di proteggere
un'istituzione che è stata il fondamento delle società per migliaia di anni e, soprattutto,
hanno lo scopo di proteggere i ragazzi. Una famiglia con due genitori, un uomo e una
donna, costituisce il miglior ambiente in cui far crescere la prossima generazione.
Dobbiamo fare tutto il possibile per proteggere questa unità familiare.
Lo ripeto, sono uno delle decine di migliaia di persone che hanno cambiato con successo
il proprio orientamento sessuale. Sono grato al messaggio di cambiamento e alle leggi
vigenti che hanno salvato la mia vita.
Infatti, per le donne, l' io non può iniziare ad esistere se non attraverso il rapporto
con gli altri, in primo luogo con la madre. E' perciò devastante e tragico, per
quanto riguarda lo sviluppo, che il rapporto iniziale e fondamentale della bambina
con la madre sia inesistente oppure denso di insicurezze o spaccature. Un
attaccamento instabile o incerto con la propria madre crea generalmente nella
ragazza un io instabile, insicuro e insufficientemente sviluppato, che darà origine al
sentimento di non sentirsi al sicuro nella propria pelle e nel mondo delle relazioni
umane.
Da un'analisi dei racconti di queste donne si é potuto rilevare che le interferenze e i
fallimenti nell'attaccamento alla propria madre sono tipicamente radicati in:
3) separazione accidentale;
Questa incertezza nella prima esperienza di relazione può oscurare la sua intera
vita; una vita che sarà caratterizzata da depressione, dubbi e insicurezze. Può anche
creare ostacoli ad un sano sviluppo del fondamentale senso dell'io di una ragazza
(l'io femminile, l'io dei rapporti con gli altri, l'io in quanto unico e prezioso). Il
senso del “sé”, della propria identità, é del tutto mancante oppure estremamente
fragile in una donna con tendenze omosessuali. Ed è questo senso di mancanza del
"sé" e di insicurezza che spinge queste donne a cercare il proprio sé mancante,
sicurezza e attaccamento, attraverso un rapporto emozionalmente dipendente con
persone dello stesso sesso.
senza un “io” stabile e definito, una donna non sarà in grado di formare un
attaccamento, di
connettersi o relazionarsi come ci si aspetterebbe da una donna adulta.
senza un solido attaccamento e una relazione costante, una donna non potrà
essere in
grado di stabilire un solido nucleo o senso del sé.
Non potendo risolvere questo dilemma, la donna SSA potrà soltanto sopravvivere
in un mondo vuoto e in un sé vuoto oppure sentirsi spinta verso una relazione con
un'altra donna dalla quale, al di là della sua volontà, diventerà dipendente, proprio
mentre cercherà di trovare la propria identità e indipendenza.
Il suo bisogno fondamentale, pertanto, è quello di formare un solido legame e, al
tempo stesso, di scoprire, accettare e rinsaldare il suo “io” attraverso questa
connessione o relazione.
• Creare un ambiente protetto in cui una donna possa essere autentica e possa
esporre competamente le proprie difficoltà relazionali, la propria immaturità,
manovre di difesa e il proprio sé estremamente vulnerabile e fragile
• Costruire fiducia e infine
• Stabilire un attaccamento solido e sicuro che le consenta di sviluppare e
rinsaldare il nucleo del proprio sé, la sua identità unica.
Per il terapeuta non sarà facile instaurare un’atmosfera di sicurezza con la donna
SSA se assumerà un atteggiamento analitico, interpretativo o di oggettività
distaccata. La donna non si sente al sicuro con persone non autentiche o distaccate.
Ha bisogno di qualcuno con cui connettersi che sia reale, autentico e altruista.
Attraverso il suo rapporto con il terapeuta la donna potrà confrontarsi con i suoi
atteggiamenti controproducenti, con i suoi schemi, il suo modo di relazionarsi con
gli altri, con le sue convinzioni, ed eventualnmente potrà modificarli.
Qui di seguito sono riportati alcuni stili terapeutici che contribuiscono a far sentire
la paziente in un ambiente sicuro e protetto:
Fungere da specchio è una potente tecnica che può comunicare alla donna
che voi siete "con" lei. Ciò contribuisce a creare anche un senso di sicurezza. Se
il mio cliente ha il mento abbassato mentre parla, anch'io abbasso il mio mento
in modo simile. Quando lei muove il corpo di lato e solleva il capo io le faccio
da specchio spostando il mio corpo e sollevando la testa. Quando lei guarda
fuori dalla finestra io seguo il suo sguardo, quindi ridirigo lo sguardo verso di
lei. Quando lei sorride anch'io sorrido. Quando aggrotta le ciglia io aggrottò le
ciglia con lei. Quando lei partecipa con intensità alla conversazione, anch'io
faccio altrettanto aiutandomi con le parole e con i gesti. Quando lei parla
metaforicamente per descrivere, ad esempio, il suo stato d'animo, io rispondo
utilizzando il suo stesso linguaggio metaforico. Lo scopo del terapeuta è quello
di rimanere coinvolto e sintonizzato con l'esperienza intima di ciascuna donna,
senza però smettere di valutare e di considerare attentamente il suo carattere
unico e lo stadio del suo sviluppo.
La sicurezza per molte donne SSA sta nel non sentirsi sicure. Sentirsi sicura
implica che le proprie difese possono crollare e Lei non può permettere che ciò
accada, è troppo rischioso. Sentirsi sicura potrebbe anche significare provare
altri sentimenti; sentimenti dai quali ha cercato di difendersi per tutta la sua
vita. Anche questa prospettiva può spaventarla. Così, appena un senso di
sicurezza o di fiducia inizia a svilupparsi, la donna SSA può automaticamente
reagire erigendo barriere difensive contro di esso. Tutto ciò richiede la massima
pazienza e perseveranza da parte del terapeuta.
Ci sono stati molti casi in passato in cui proprio quando mi stavo rilassando in
una confortevole sensazione di calore e di reciprocità con una cliente, venivo
bruscamente risvegliata da una risposta beffarda e sarcastica ad un mio ultimo,
sincero commento. E’ di cruciale importanza, in questi momenti, ricordare a me
stessa che fondamentalmente la mia cliente si stava sentendo al sicuro, ma che
ancora non si fidava di me a tal punto da concedersi di riposare nell'esperienza
della sicurezza. Ha bisogno di altro tempo. Devo rispondere con gentilezza e
pazienza, non con rabbia e frustrazione. Quando la donna SSA sceglie
finalmente di lasciarsi andare, forse per la prima volta nella sua vita, e di
concedersi di sentirsi al sicuro, potete stare certi che il rapporto di fiducia é
iniziato.
Costruire un rapporto di fiducia con una donna SSA non è come costruire un
rapporto con altri clienti.
Quando affrontate le manovre difensive di una donna potreste essere tentati di
credere che lei sappia già come fidarsi ma che semplicemente si stia rifiutando di
farlo. Ciò accade raramente.
È possibile infatti che la paziente con la quale state lavorando non si sia mai fidata
di nessuno, incluso Dio. Anche se per Lei è importante il rapporto con Dio, essa
crede nel suo intimo che le promesse di Dio valgano per tutti ma non per lei. Può
aver provato fiducia all'inizio del suo percorso spirituale o nel mezzo di una delle
sue relazioni emotivamente dipendenti, ma si è trattato di un sentimento di fiducia
molto fugace. Pertanto la donna SSA può essere fondamentalmente incapace di
fidarsi. Ciò significa anche che non ha mai avuto l'opportunità di sviluppare questa
capacità.
Erik Erikson, in Identity and the Life Cycle, discute la natura di un efficace
intervento terapeutico sulle persone che hanno una profonda sfiducia in se stessi e
negli altri. Egli suggerisce al terapeuta di “assumere essenzialmente il compito di
una madre che introduce un bambino all'affidabilità della vita" (p.144). Ciò
significa che dobbiamo offrire la stessa coerenza, costanza, calore, attenzione,
cura, gentilezza, pazienza, amore incondizionato e considerazione che una buona e
sana madre offrirebbe normalmente al proprio figlio. Se offriamo tutto questo con
regolarità e costanza e lo facciamo assumendo un impegno a lungo termine, il
rapporto di fiducia si svilupperà naturalmente, ma soltanto dopo che la donna SSA
avrà completamente messo alla prova la vostra costanza e il vostro impegno.
• Non costituite un pericolo, così come descritto nella discussione di cui sopra
• Potete "dare" senza pretendere nulla in cambio
• Sapete come parlarle
• Quando venite messi alla prova dalla donna SSA lo considerate un segno di
paura e di ansietà e non di meschinità e resistenza
• Siete pazienti
• Mantenete le vostre promesse
• Siete costanti nei vostri appuntamenti
• Arrivate in tempo agli appuntamenti
• Non annullate gli appuntamenti se non in casi di emergenza
• Fate sacrifici per il suo benessere
• Non oltrepassate i limiti
• Non approfittate del vostro potere
• Non usate la vostra cliente
• Siete sinceri ed autentici
• Le consentite di vedere la vostra umanità e il vostro " percorso di vita"
quando opportuno
• Vi preoccupate per lei
• Mostrate le vostre emozioni
• Chiedete scusa e riconoscete i vostri fallimenti
• Siete onesti e diretti
• Non vi spaventate anche se vi dice che é innamorata di voi o che vi odia
• Vi piace veramente la sua compagnia
• Non la umiliate e non la mettete a disagio
• Siete disposti ad impiegare tutto il tempo necessario per guadagnare la sua
fiducia
Accettazione Incondizionata
La vostra cliente potrebbe impiegare diverso tempo per riconoscere che può fidarsi
di voi. Una cosa è rendersi conto che siete persone degne di fiducia, diversa cosa
per la donna SSA è fidarsi del proprio giudizio quando pensa che siete una persona
degna di fiducia. È un passo molto importante per lei riuscire ad ammettere con se
stessa che davvero ha fiducia in voi. Ad ogni modo, una volta fatta questa semplice
(ma enorme) ammissione, la donna può iniziare a concentrarsi su altri aspetti della
propria vita non avendo più bisogno di preoccuparsi solamente della propria
sicurezza.
Siegel (1988) osserva che quando i clienti imparano ad aver fiducia nel processo
terapeutico e nel terapeuta sono poi in grado di affrontare la loro storia di
“privazioni” e di mancanza ( percepita) di appropriate cure materne (p.30)
Il compito terapeutico finale nello stadio iniziale del lavoro con una donna SSA, è
quello di stabilire il solido legame che è stato “ perduto” o che é del tutto mancato
nell’infanzia della donna. La paziente ha bisogno di un attaccamento nella sua
accezione classica: un legame affettuoso e durevole tra lei e una figura genitoriale.
A sua volta, come già detto, questo solido attaccamento le consentirà “ di
svilupparsi come individuo distinto ed autonomo” (Levy &Orlans, 1998, p. 23).
Levy and Orlans (1998, pp. 112-144), specialisti della terapia dell’attaccamento
correttivo con i ragazzi osserva che i seguenti ingredienti sono essenziali per il
processo terapeutico:
• Struttura
• Sintonia
• Empatia
• Affetto positivo
• Sostegno
• Reciprocità
• Amore
Questi sono gli stessi ingredienti necessari per stabilire un solido legame con una
donna SSA; l’ingrediente più importante è naturalmente l’amore. Subito dopo
viene l’empatia. Rivolgiamo adesso la nostra attenzione all’empatia.
A. Empatia
“La terapia migliora se il terapeuta entra in modo corretto nel mondo del
paziente. I pazienti profittano enormemente della semplice esperienza di essere
completamente visti e completamente compresi”.
Il terapeuta entra nel suo mondo grazie all’esplorazione dei sentimenti della donna
in tutta la loro intensità e al modo in cui la donna vive ed elabora questi sentimenti.
Il terapeuta non si pone sulla difensiva. Non si concentra sulle motivazioni della
rabbia di Stefanie, almeno non all’inizio.
Affinché l’empatia produca i suoi positivi effetti curativi, il terapeuta deve mettere
da parte il contro-transfert o le sue reazioni verso gli atteggiamenti, le convinzioni
e le accuse della donna. Una volta che la donna avrà sperimentato simpatia e
compassione potranno essere esplorati i motivi della sua rabbia.
“Pensi di potermi dire che cosa ti ha fatto arrabbiare la scorsa settimana?” chiede il
terapeuta.
“Penso di sì. E’stato quando parlavamo del mio rapporto con Susan. A un certo
punto hai enfatizzato il fatto che io sapessi, ancora prima di venire coinvolta nella
relazione con Susan, che probabilmente se ne sarebbe andata. Ma mentre mi dicevi
questo hai puntato il dito contro di me. Mi sono sentita come una bambina che
veniva rimproverata. Non merito questo da te.”
“Hai ragione Stephanie, non ti meriti questo. Capisco perché eri così arrabbiata con
me.”
“Mi hai ricordato mio padre. Agitava il suo dito verso di me tutto il tempo.”
“Mi dispiace davvero molto che tu abbia pensato che ti stavo rimproverando. Deve
essere stato molto difficile per te. So che se fossi stata nei tuoi panni e mi fossi
sentita rimproverata dal mio terapeuta, mi sarei sentita estremamente offesa e
arrabbiata. Grazie per avermene parlato.”
Fare una breve pausa per attendere una risposta e per un ulteriore eventuale
interazione.
“Stephanie, potresti dirmi qualcosa di più su tuo padre, di quando agitava il dito
verso di te e ti rimproverava. Ti ricordi di un episodio in particolare?” (Stephanie e
il suo terapeuta possono adesso passare, senza rischi, ad esaminare il materiale
storico che potrebbe aver scatenato la forte reazione di Stephanie).
Mentre riconosce che l’empatia implica dei rischi, Siegel (1988), dopo aver
lavorato con diverse donne SSA, concorda con l’osservazione che “attenzione,
identificazione e l’empatia sono i soli mezzi per comprendere pienamente i bisogni
infantili di persone con un problema di arresto dello sviluppo (p.43).
Se vogliamo essere in grado di giungere al nucleo dei bisogni di una donna SSA,
dovremmo rassicurarla, attraverso l’empatia, che l’accompagneremo nel suo
viaggio dentro il dolore e dentro le emozioni dei suoi bisogni più profondi. Non le
sarà consentito di fare questo viaggio da sola. Utilizzate l’empatia:
• Prima di iniziare a parlare delle sue convinzioni negative o delle sue idee
distorte
• Quando avete accidentalmente offeso la vostra cliente
• Per affrontare comportamenti difensivi
• Per confrontarsi
• Quando non sapete cosa fare
• Per rassicurarla alla fine della sessione
• Per riportare equilibrio nella conversazione (amica ed esperto).
• Conferma
• Reciprocità
• Autenticità
• Ascolto riflessivo
• Incoraggiamento
• Affermazione
• Gaiezza
Yalom (2002) osserva quanto sia comune per molti terapeuti attribuire
all’interpretazione e all’intuizione profonda molta più importanza di quanta non
venga attribuita dai clienti. Noi terapeuti sopravvalutiamo grossolanamente
“l’intellettuale caccia al tesoro”; è stato così fin dall’inizio (p. 46). La donna SSA
attribuisce valore e trae beneficio dal processo della “caccia” molto più che dalle
intuizioni profonde ottenute. Come terapeuti, dobbiamo entrare nel processo di
costruzione di un’autentica relazione con la donna SSA. Dobbiamo decidere da un
momento all’altro se sia più importante che il cliente capisca “ad esempio” perché
e in che modo ha sviluppato i suoi processi difensivi oppure se sia più importante
sperimentare, nel momento presente, un rapporto aperto, intimo e privo di difese.
Fino a quando la donna SSA non avrà sviluppato un senso di sicurezza e di fiducia,
non sarà in grado di apprezzare pienamente la nostra “sapiente saggezza”, le nostri
interpretazioni o analisi intuitive. La donna SSA è fondamentalmente alla ricerca
di qualcuno che si preoccupi per lei, che possa stare con lei in modo sincero e che
si impegni con lei a lungo termine. L’analisi e l’interpretazione sono inutili se poi
le si chiederà di continuare il suo cammino nella vita da sola. Lei sa intuitivamente
che ciò di cui ha bisogno è un rapporto, più delle informazioni o delle
interpretazioni.
Quando sarà arrivato il momento giusto per l’analisi e per l’interpretazione, sarà
comunque sempre utile tornare al qui-e-adesso, ponendo domande quali “come ti
senti mentre discutiamo della tua attrazione verso Annie?”. Si può quindi ricorrere
all’empatia per far sentire la vostra preoccupazione e compassione per lei e per
riconfermarle che è davvero ancora saldamente attaccata a voi. Dato che il nostro
scopo è quello di stabilire un attaccamento saldo e continuo con la donna SSA, i
procedimenti che implicano l’empatia e il qui-e-adesso dovrebbero essere ripresi
sia che vi troviate all’inizio, a metà pure negli stadi finali della terapia.
IV. Conclusioni
Il processo di attaccamento può essere traumatico per la donna SSA. Esso può far
crollare tutte le sue difese, paure, false convinzioni, schemi di isolamento e di
autoprotezione con i quali è sopravvissuta per la sua intera vita. Se questa è la
prima volta che il vostro cliente forma un legame, un’attaccamento, la paura di
essere ferito o di perdervi sarà immensa. Dovete perciò essere disposti ad
impegnarvi a lungo termine ancora prima di incontrarvi con loro per la prima volta.
Quando la cliente si convincerà che siete disposti ad andare ovunque lei vada –
oppure ovunque lei sia, comincerà a sentirsi confermata, accettata e
fondamentalmente al sicuro. Sulle fondamenta della fiducia può essere costruito un
solido attaccamento che le permetterà di crescere e di diventare la donna speciale
ed unica che era destinata ad essere fin dal principio. Riuscirà a colmare il vuoto
dei suoi spazi intimi e alla fine sarà in grado di entrare nel mondo di un altro senza
schemi difensivi o sentimenti di dipendenza o paura.
È questa la base per la costruzione di un’intimità sana e adulta. Ed è questo il dono
autentico e vero, il dono del legame umano che abbiamo il privilegio di offrire alle
donne che Dio conduce a noi.
Riferimenti
Erikson, E. (1980). Identity and the Life Cycle. New York: W. W. Norton & Company.
Karle, W., Woldenberg, L. & Hart, J. (1976). “Feeling therapy: Transformation in
Psychotherapy.” In V. Binder, A. Binder & B. Rimland (Eds.), Modern
Therapies (pp. 87-89). Englewood Cliffs, NJ: Prentice-Hall, Inc.
50
Levy, T. & OrLans, M. (1998). Attachment, Trauma and Healing. Washington,
D.C.: Child Welfare League of America, Inc.
Miller, J. (1991) “The Development of Women’s Sense of Self.” In Jordan, J.,
Kaplan, A., et al, (Eds.) Women’s Growth in Connection (pp. 11-26). New
York: The Guilford Press.
Siegel, E. (1988). Female Homosexuality: Choice without Volition. Hillsdale, New
Jersey: The Analytic Press.
Yalom, I. (2002) The Gift of Therapy. New York: HarperCollins Publishers.
Un metodo psicodinamico con clienti che desiderano modificare la SSA
(Attrazione per lo Stesso-Sesso)
Sette anni fa avevo presentato qui una relazione sul perchè avevo deciso di
cominciare ad occuparmi di clienti con problemi di attrazione per lo stesso-
sesso (Same Sex Attraction, SSA) che desiderano cambiare. Allora avevo
presentato la storia clinica di quattro clienti, raccontando l'inizio della loro
terapia e la speranza che avevano sperimentato mentre cominciava a
ridursi l’attrazione compulsava per lo stesso-sesso (Popper, 1995).
Paul Popper,
Oggi, un terzo della mia pratica come terapeuta a tempo pieno consiste
Ph.D.
nella attività clinica con uomini che hanno deciso di impegnarsi nella
modifica della loro attrazione per lo stesso-sesso. Desidero parlarvi di
alcuni di loro, del corso della loro terapia, di quelli che hanno realizzato una
eterosessualità completa e delle sfide che ancora affrontano.
Dopo la raccolta della storia, personale (anamnesi) presento solitamente ai miei clienti una
sinossi della loro storia inerente al probabile iter di sviluppo, basata su una interpretazione
riparativa delle loro attrazioni per lo stesso-sesso (Moberly 1983, Nicolosi 1991).
Mi sento profondamente colpito, ferito, deluso, trascurato da mio padre. So che non sono
come lui. Non voglio essere come lui (protesta). Sono diverso, inaccettabile per lui e per
tutti gli uomini. Gestire tutto questo è troppo, sono sopraffatto nel sentirmi così differente
e così solo (disperazione). Non ho bisogno di lui. Non ho bisogno di nessuno simile a lui.
Non ho bisogno degli uomini. Non ho bisogno della mascolinità (distacco).
Non mi sento a mio agio nel mio corpo, lo percepisco come un estraneo io, sono sensibile
e creativo. Odio i ragazzi forti, aggressivi, competitivi ed a loro agio. Sono attratto dai
ragazzi che sono forti, aggressivi, competitivi ed a loro agio. Nel segreto sogno le loro
mascelle quadrate, le spalle grandi, la camminata sicura, desidero,invidio quelle qualità,
vorrei essere accettato da loro, essere uno di loro, essere loro. Nel frattempo a scuola e
in strada li temo, mi sento preso in giro da loro e li sperimento come “altro da me”
rinforzando ulteriormente la mia separazione da loro e da quelle qualità in loro dalle quali
sono ambivalentemente attratto.
La storia procede su come questi meccanismi riparativi diventano erotizzati nella fase
edipica lo nelle fasi di sviluppo adolescenziale creando i dilemmi nei restanti periodi di vita
del cliente. Questi aspetti sono stati più completamente sviluppati dal dott. Satinover nel
suo articolo (1995).
Più il potenziale cliente entra in risonanza con questa lettura della sua storia, più
fortemente si identifica con “il piccolo” rimasto distaccato dal padre, migliore è la sua
prognosi potenziale verso il reale cambiamento. Per “risonanza” intendo la capacità del
cliente di regredire ad un particolare momento nella storia avvertendola come proprio sua.
A titolo illustrativo, lasciatemi raccontare una seduta iniziale con un cliente. È un giovane
un po’ impacciato, goffo, cresciuto in una famiglia con un padre fisicamente disponibile ma
emozionalmente distante e una madre ipercritica e dominante. In questa seduta, stava
descrivendo un ricordo di quando aveva cinque anni, di essere nel soggiorno assieme al
fratellino più giovane, ballando e di piroettando col padre al pianoforte. Egli rivisse quella
scena e se stesso nella mia stanza di consultazione. Si è ricordato di come a quel tempo
si fosse immaginato di indossare una gonna che si sollevava mentre piroettava,
mostrando la sua biancheria intima. Si sentiva una ragazzina.
Gli ho chiesto di immaginarsi seduto vicino a suo padre sullo sgabello del piano. Si è
descritto all'estremità dello sgabello del piano, mentre suo padre lo ignora. Si è percepito
come fastidioso e titubante. Gli ho chiesto di avvicinare il suo corpo a suo padre e di
accennare ad alcune note sul piano. Lui ha segnalato di avvertire il rifiuto da parte di suo
padre, infastidito con lui per l'interruzione. Ha preferito tornare indietro nella scena sul
pavimento continuando a ballare come una ragazzina. Più tardi, sempre nella stessa
seduta, gli ho chiesto se fosse disposto a rientrare nella scena con suo padre, ma questo
volta appoggiandosi al corpo del padre mentre stanno seduti vicino, vicendevolmente a
contatto sullo sgabello del pianoforte. Con un certo sforzo si è impegnato ad immaginarsi
seduto più vicino, e poiché si era visibilmente rilassato, gli ho chiesto di immaginare che
suo padre lo prendesse in braccio e lo lasciasse strimpellare alcune note. Abbiamo
terminato la scena immaginando suo padre che accompagnava con le sue mani le mani
del piccolo sul piano, guidandole sui tasti.
A quel punto, l'atmosfera all’intero nella stanza era cambiata. Il paziente era disteso,
sembrava stare meglio nel suo corpo, la sua voce era più profonda e più sonora. Più tardi,
egli mi segnalò spontaneamente che per alcuni momenti, essendo vicino a suo padre, si
era sentito molto più come un ragazzo che come una ragazza.
I clienti che traggono beneficio dalla terapia riparativa rivivono spesso ricordi dell’età
giovanile, memorie fortemente indicative dei periodi in cui hanno avvertito la loro
alienazione dal padre. Questi sono momenti di forza, perché sono le prime avvisaglie al
cliente del fatto che la loro separazione, il distacco dal padre sono state scatenate da
esperienze di rabbia, da ferite emotive, da desideri e da bisogni inappagati.
Sia che un cliente riviva la scena di vedere negli occhi del suo padre una mancanza totale
di comprensione nei suoi confronti all'età di cinque anni, o riviva l’accapponarsi della pelle
mentre suo padre passa vicino alla sua sedia, questi momenti si trasformano in metafore
del dolore esistito in quel rapporto.
Così come scene della prima infanzia quali il ricordo di ore spese a stirare con un ferro
da stiro accanto alla mamma mentre lei stira, l’essere cresciuto con cinque sorelle
giocando soltanto con le bambole, o essendo stato vestito come una ragazza ed esibito
dalla nonna sono metafore dolorose dell’essere stato troppo identificato con le femmine.
Nella relazione terapeutica questi clienti entrano in risonanza con la necessità di essere
finalmente richiamati da un uomo, via, lontano dalla madre, nel mondo degli uomini, in cui
sono accettati, sfidati ed incoraggiati a svilupparsi come effettivi componenti della
fratellanza maschile.
In questa fase del trattamento, i clienti cominciano a riconoscere che i loro desideri
sessualmente compulsivi per lo stesso-sesso sono basati più su un'esigenza di
mascolinità che hanno rifiutato e di cui sono tuttavia invidiosi piuttosto che su una
preferenza costituzionale per soggetti del stesso-sesso. Il seguente commento sintetizza
il lavoro di questa fase:
“Pensare che riguardi il sesso è ridicolo; riguarda piuttosto un foro aperto nel mio cuore”.
Il cliente che aveva risperimentato nel ricordo infantile la sensazione di orripilazione della
pelle all’avvicinarsi del padre alla sua sedia, ha potuto ricostruire un nuovo approccio
emozionale con suo padre dopo avere rivissuto terapeuticamente queste sensazioni, ed
avergli espresso il suo dolore e la sua collera, dopo un periodo durato un lungo anno di
dolore e recriminazione. Ciò è culminato in un sogno in cui sentì le braccia di suo padre
intorno lui, sperimentò un senso di fusione nelle sue braccia percependosi finalmente
protetto e sicuro.
A questo punto nella sua terapia, i suoi rapporti maschili sono diventati più forti, le sue
attrazioni per lo stesso-sesso sono diventate quasi minime e il mondo forma femminile ha
cominciato ad attirare la sua attenzione sempre più.
Ha cominciato a lottare con il suo timore d'avvicinamento alle femmine ed ha sperimentato
la confusione dovuta alla percezione di come la sua attrazione eterosessuale in aumento
provocasse nel contempo un blocco.
Non appena il tema del suo rapporto con la sua madre emergeva nella terapia, il paziente
è diventato sempre più impaurito, i suoi vecchi sintomi hanno cominciato a riapparire, in
modo da ha deciso gestire i suoi problemi intimi con le donne con l'aiuto di un sessuologo.
Clienti che non entrano in pieno in questa fase della terapia normalmente sperimentano
solo una riduzione transitoria della SSA e non cominciano avvertire gli impulsi
eterosessuali. Tuttavia, esistono delle eccezioni.
Un cliente giovane, dopo essere rimasto in uno stile di vita gay per parecchi anni, durante
un anno e mezzo di terapia aveva coscienziosamente modificato i suoi modi di fare
effeminati, coltivato amicizie maschili con le quale viveva assieme, faceva corse in bici,
andava in montagna, sperimentando una forte riduzione della attrazione sessuale verso di
loro. Unitosi ad un gruppo di sostegno, aveva smesso di trovarsi fuori con le sue amicizie
femminili, si era messo a lavorare sull’aspetto della necessaria separazione dalla madre
ed ha avuto un colloquio serio e soddisfacente con suo padre a proposito del tema
dell’attrazione per lo stesso sesso. La sua capacità eterosessuale si era sviluppata
completamente e mentre era fidanzato ebbe un periodo difficile nel trattenersi dall'essere
attivo sessualmente con la sua ragazza, benché l’esprimere la sessualità fuori dal
matrimonio andasse contro i suoi valori. Quando ruppe il fidanzamento, (era stato molto
coinvolto con lei) ha avvertito una perdita dolorosa, ha smesso il lavoro terapeutico iniziato
a cercare il conforto delle vecchie suoi amicizie femminili ed ha cominciato una marcia
indietro verso il suo vecchio stile di vita gay.
Era un cliente che aveva fatto la maggior parte del lavoro riparativo uscendo in gran parte
dalla posizione del “bravo ragazzo” principalmente dalla necessità di soddisfare gli altri
per evitare il conflitto. Ma non si era mai concesso di risperimentare – l’esperienza il dolore
del suo essere stato un bambino imbranato, solo, sbeffeggiato che non aveva
sperimentato il supporto di suo padre. Si è protetto dall’esperienza della disperazione del
sentirsi diverso e quindi non ha potuto mai diventare cosciente di come aveva sviluppato
la sua separazione difensiva, che lo aveva separato dagli altri uomini e dal suo terapeuta.
Si è nascosto dietro all’essere cooperativo, ancora una volta un “bravo ragazzo” ed una
volta incontrati gli sforzi e le battute d'arresto inaspettate nella sua vita, è ritornato verso le
comodità che ha conosciuto meglio, le sue amicizie femminili ed lo stile di vita gay.
La fase di Intimità
La realtà di questi problemi era rinforzata all’interno del rapporto di transfer, quando ha
cominciato sperimentare con il suo terapeuta una minore disponibilità. Quando il suo
terapeuta è andato in vacanza per una settimana, ha protestato, “mi sta lasciando solo
tutto questo tempo, ripetutamente e sempre di più”. Questa esperienza all'interno del
transfer lo ha tuttavia introdotto a sua volte nella sua consapevolezza della memoria di sè
come bambino quando la sua madre lo lasciava ripetutamente a casa della nonna talvolta
per i mesi.
Soltanto dopo avere lavorato con l'esperienza di questo senso di perdita, di abbandono
per un anno, il suo estremo ed immobilizzante timore di abbandono si ridusse e
finalmente aumentò la sua capacità di comunicare i suoi bisogni alla moglie. Inutile dirlo, i
suoi desideri per lo stesso-sesso sono diminuiti ad un livello impercettibile a questo punto
e lui ha potuto godere di un solido rapporto eterosessuale.
E’ durante questa fase della terapia che problematiche edipiche possono riemergere. Un
cliente, che stava avendo continuamente un'esperienza di depersonalizzazione ogni volta
che si sentiva emozionalmente implicato con una donna, sia sul lavoro che nella sua vita
personale, ha iniziato ad portare queste sue sfaccettature in sede di consultazione.
Mentre camminava nella stanza aveva la sensazione che i suoi occhi cominciassero a
galleggiare, il suo respiro diventava leggerissimo, la sua testa gli sembrava volata via e
aveva l'apparenza di qualcuno che stesse effettivamente galleggiando. Quando dopo un
certo periodo di tempo, abbiamo esaminato a fondo la sua esperienza, mi riferì che aveva
paura di avere emozioni sessuali in presenza del suo terapeuta, della possibilità di non
poter resistere ad afferrarlo sessualmente. Inizialmente, l’interpretazione era che questo
fosse un impulso guidato dall’attrazione per lo stesso-sesso. Tuttavia, quell'interpretazione
non era rispondente alla realtà, poiché questo cliente aveva già affrontato le pietre miliari
del lavoro riparativo ed inoltre il sintomo di assenza e di “galleggiamento” non si
riducevano in corso di consultazione o con le donne come avrebbe dovuto essere se
l’interpretazione fosse stata corretta. Mentre lottava per rimanere nella stanza e non
“galleggiare” (estraniarsi), il cliente è divenuto cosciente di un pensiero sottaciuto, e cioè
che se si fosse permesso una erezione, il suo pene avrebbe corso il pericolo di essere
danneggiato, più probabilmente da suo padre. Questo sensazione gli ha riportato alla
memoria una pletora di ricordi sulle sensazioni innescate dalla prossimità percepita come
“inappropriata “ tra sua madre e lui, e ad un ricordo specifico di quando aveva quattro
anni, e aveva risposto eroticamente (con una erezione) alla silouette delle cosce e delle
natiche di sua madre mentre lo stava vestendo.
A momento presente, questo cliente sta ancora risolvendo le sue sensibilità erotiche
contrastanti verso la sua madre, ma l'ansia di castrazione non provoca un'esperienza di
depersonalizzazione quando sta intrecciando i rapporti di maggiore prossimità con donne.
Alcuni clienti affrontano le difficoltà sia del lavoro attinente alla intimità che riparativo e le
integrano nella loro vita con relativa facilità. Un cliente di questo tipo entrò in terapia per
una relazione schiacciante e opprimente con un collega maschio. Era già stato coinvolto
nel lavoro riparativo nell'ambito di un programma di autoaiuto ma non era riuscito a
districarsi dal groviglio dei bisogni inevasi che ancora lo hanno tenevano sotto controllo.
Nel primo anno della sua terapia, si è concesso di lasciarsi coinvolgere in un rapporto di
transfert con il suo terapista. Fu in grado di arrabbiarsi poichè ha sperimentato nel suo
terapista una capacità di adeguato contenimento e ha cominciato a diventare cosciente
delle sue capacità di contribuire alla corretta distanza nel rapporto. Presto ha recuperato
ricordi dolorosi del suo rapporto con suo padre, ha riconosciuto il suo proprio ruolo nella
esclusione di suo padre cioè, la sua separazione (distacco difensivo) verso lui.
Permettendo che questa consapevolezza oltrepassasse le sue difese, ha potuto provare il
dolore per la perdita del ruolo di suo padre nella sua vita e ciò ha permesso che il suo
padre si prendesse cura di lui, e la storia si è conclusa con un abbraccio tra le lacrime
l’uno tra le braccia dell’altro. A questo punto, la sua tendenza formare legami conflittuali e
schiaccianti con altri uomini si è drammaticamente ridotta e la sua capacità eterosessuale
ha cominciato sbocciare. Si è sposato in un anno, ha lavorato duramente sulle tematiche
attinenti alla intimità, si è laureato dopo quattro anni, con la consapevolezza che il suo
timore di avere bambini e dell'essere un padre potrebbe in seguito riportarlo a rivolgersi di
nuovo alla ricerca di un aiuto terapeutico.
Sommario e conclusione
Nella fase riparativa iniziale del trattamento, il terapeuta serve principalmente da oggetto
personale per il cliente. La sua presenza, il suo incoraggiamento, consiglio e la sua fiducia
nell'esistenza di un “ragazzino” ancora in grado di unirsi alla confraternita maschile, come
era prima che il disadattamento con il padre provocasse la creazione di una barriera
difensiva contro il tutto quello che fosse identificabile come maschile, è un elemento
essenziale del processo d'inizio di cambiamento. Il cliente è sfidato a cercare i rapporti
maschili non-sessuali, a sperimentare le attività maschili più tradizionali con il proverbiale
consiglio di rimettersi in sella alla bicicletta ogni volta che cade.
Solitamente il cliente tenta di uscire dalla posizione di “bravo ragazzo” cooperativo per
timore del conflitto, per un periodo che potrebbe durare anni e può provocare alcuni
miglioramenti, spesso compresa una diminuzione significativa dell'attrazione per lo stesso
sesso.
Per la maggior parte dei uomini che superano questo processo, è la successiva fase di
integrazione riparativa che determina la riscoperta della loro capacità eterosessuale. È
soltanto con la loro disponibilità a prendere parte e risperimentare diverse volte il dolore
della disperazione che hanno sofferto da ragazzini, assieme con la collera che hanno
sperimentato, che possono buttare giù in modo esperienziale le barriere del distacco,
diventare sempre più consapevoli della potere di controllo su di loro, e scegliere
ripetutamente di non identificarsi più con questi vecchi meccanismi auto-protettivi.
Fino a che non regrediscono di nuovo alle esperienze di essere sensibili, deboli, estraniati,
diversi, effeminati, “dorky”, una vittima dei bulli, non potranno capire da che cosa si stanno
difendendo distaccandosi e non potranno scegliere se rischiare ancora di sperimentare la
stessa sensazione avvicinandosi agli uomini in modo sincero, con le loro vere esigenze
più profonde di vicinanza connessione, collegamento.
In questa fase il terapeuta si trasforma in sempre più nell'oggetto della loro esperienza di
transfert. Egli è percepito come onnipotente, come abusivo, insensibile, un bullo, cioè
“l'altro”, un maschio. Il cliente lavora con questa esperienza, nascondendosi
occasionalmente dietro la sua posizione in distacco difensivo ma anche riapparendo per
sfidare il terapista e crescere assieme a lui. Ciò provoca nel cliente una interiorizzazione
progressiva della mascolinità entro la quale non teme automaticamente l’essere curato e
l'autorità maschile ed in effetti può sempre più identificarsi in essa.
La fase di intimità della terapia riguarda le tematiche psicologiche del cliente che non
sono esclusivamente collegate alla ricongiunzione con il mondo maschile.
Le questioni edipiche, l’abbandono iniziale, sono tematiche analizzate all'interno del
rapporto di transfert con il terapeuta A questo punto la posizione del terapeuta diventa
più neutra, poiché la sua funzione ora è meno quella di “oggetti-Sè” maschile per il cliente
e più quella di un co-osservatore che aiuta il cliente ad esplorare il suo proprio psichismo.
La focalizzazione dell'esplorazione terapeutica tende ad essere più sui rapporti del cliente
con le donne ed il rapporto di transfer è maggiormente quello del rapporto del cliente con
sua madre. Questa fase assomiglia al corso della terapia con quei clienti che non portano
tematiche attinenti all'attrazione per stesso-sesso alla terapia come loro preoccupazione
principale.
Come con tutto ciò che concerne il cambiamento, particolarmente quello che riguarda
cambiamento al livello dell'organizzazione di personalità, l’umiltà è essenziale.
Quando i clienti lasciano la terapia, devono capire che la vita porterà loro una sfida in più:
un matrimonio, che potrebbe vacillare a meno che non vi dedichino attenzione e sforzi;
bambini che devono essere gradualmente distaccati dalla madre; perdita dei genitori, ecc.
Il pericolo più grande è che affrontando tali difficoltà e le vicissitudini incontrate nella vita di
tutti i giorni, si permettano di scegliere ancora, con regolarità, un distacco difensivo come
modalità per fare fronte al dolore inevitabile e al disappunto.
In una terapia orientata psicodinamicamente a lungo termine hanno l'occasione di
avvertire ripetutamente la loro tendenza scegliere la scorciatoia del ristabilimento dei loro
modelli di distacco difensivo. Con l'aiuto del terapeuta, possono identificare questa
tendenza, diventarne sempre più consapevoli ed avvertirne relativi “costi” ed affrontare la
vita dotati di un migliore preparazione per evitare il pendio sdrucciolevole di una ulteriore
concessione a questo meccanismo di distacco difensivo in avvenire.
Alfred Charles Kinsey e i suoi «rapporti»: «sesso e frode»
Nel marzo del 2005 è uscito in Italia un film dedicato alla vita del dottor Alfred C. Kinsey,
intitolato appunto Kinsey. E ora parliamo di sesso..., protagonista l’attore Liam Neeson e
regista Bill Condon, attivista gay (1), rinnovando così l’attenzione verso l’entomologo
statunitense, le sue ricerche e le sue tesi.
NOTE
(1) Cfr. Kinsey. E ora parliamo di sesso... (Kinsey. Let’s Talk About Sex) (Stati Uniti
d’America, 2004). Regista: BILL CONDON. Interpreti principali: Liam Neeson, Laura
Linney, Chris O’Donnell, Peter Sarsgaard, Timothy Hutton, John Lithgow, Tim Curry,
Oliver Platt.
(2) Cfr. JAMES H. JONES, Alfred C. Kinsey. A life, W. W. Norton Company, New York-
Londra 1997, p. 11.
(3) Ibid., p. 15.
(4) Ibid., p. 335.
(5) Cfr. <http://www.indiana.edu/~kinsey> (visitato l’8-5-2006).
(6) Cfr. ALFRED C. KINSEY, WARDELL B. POMEROY e CLYDE E. MARTIN, Sexual
behaviour in the human male, Saunders, Philadelphia 1948, trad. it. Il comportamento
sessuale dell’uomo, Bompiani, Milano 1950, con Prefazione di Cesare Luigi Musatti (1897-
1989); e A. C. KINSEY, W. B. POMEROY, C. E. MARTIN e PAUL H. GEBHARD, Sexual
behaviour in the human female, Saunders, Philadelphia 1948, trad. it. Il comportamento
sessuale della donna, Bompiani, Milano 1956.
(7) Ibid., p. 73.
(8) A. C. KINSEY, W. B. POMEROY e C. E. MARTIN, Il comportamento sessuale
dell’uomo, cit., p. 636.
(9) Cfr. JUDITH A. REISMAN e EDWARD W. NICHEL, Kinsey, sex and fraud, Dr. John H.
Court & Dr. J. Gordon Muir Editors, Lafayette 1990, pp. 20, 62, 181-183, 221.
(10) Cfr. ibid., pp. 22-23, 185 e 187.
(11) Ibid., p. 23; cfr. anche ibid., p. 187.
(12) Cfr. ibid., p. 187.
(13) Cfr. ibid., pp. 29 e 186; cfr. A. C. KINSEY, W. B. POMEROY e C. E. MARTIN, Il
comportamento sessuale dell’uomo, cit., p. 157.
(14) J. A. REISMAN e E. W. NICHEL, op. cit., p. 611.
(15) Ibid., p. 617.
(16) Cfr. ibid., pp. 20 e 187.
(17) W. B. POMEROY, Dr. Kinsey and the Institute for Sex Research, Harper and Row,
New York 1972, p. 4, cit. in J. A. REISMAN e E. W. NICHEL, Kinsey, sex and fraud, cit., p.
202.
(18) A. C. KINSEY, W. B. POMEROY e C. E. MARTIN, Il comportamento sessuale
dell’uomo, cit., p. 13.
(19) J. H. JONES, op. cit., p. 570.
(20) A. C. KINSEY, W. B. POMEROY e C. E. MARTIN, Il comportamento sessuale
dell’uomo, cit., pp. 668-669.
(21) Ibid., pp. 628-629.
(22) Ibid., p. 633.
(23) Ibid., p. 643.
(24) Ibid., p. 669.
(25) Cfr. Peek. Photographs from the Kinsey Institute, Arena Editions, Santa Fe 2000.
(26) A. C. KINSEY, W. B. POMEROY e C. E. MARTIN, P. H. GEBHARD, Il
comportamento sessuale della donna, cit., p. 117.
(27) Cit. in J. A. REISMAN e E. W. NICHEL, op. cit., p. 205, nota 13.
(28) A. C. KINSEY, W. B. POMEROY e C. E. MARTIN e P. H. GEBHARD, Il
comportamento sessuale della donna, cit., p. 123; cfr. pure JAMES H. JONES, op. cit., pp.
605-614.
(29) Cfr. A. C. KINSEY, W. B. POMEROY e C. E. MARTIN, Il comportamento sessuale
dell’uomo, cit., p. 106.
(30) Ibid., pp. 106-107.
(31) Cfr. ibid., p. 112.
(32) Cfr. J. A. REISMAN, Kinsey, Crimes & Consequences, The Institute for Media
Education, Crestwood 2000, p. 132.
(33) A. C. KINSEY, W. B. POMEROY e C. E. MARTIN, Il comportamento sessuale
dell’uomo, cit., pp. 105-106.
(34) J. A. REISMAN e E. W. NICHEL, op. cit., p. 223.
(35) Cfr. ibidem.
(36) A. C. KINSEY, W. B. POMEROY e C. E. MARTIN, Il comportamento sessuale
dell’uomo, cit., p. 90.
(37) Ibid., p. 91.
(38) Ibidem.
(39) Ibidem.
(40) Ibid., p. 110.
(41) A. C. KINSEY, W. B. POMEROY e C. E.MARTIN, Il comportamento sessuale
dell’uomo, cit., p. 107.
(42) Ibidem.
(43) Cfr. J. A. REISMAN e E. W. NICHEL, op. cit., p. 39.
(44) Cfr. A. C. KINSEY, W. B. POMEROY, C. E. MARTIN e P. H. GEBHARD, Il
comportamento sessuale della donna, cit., p. 140; cfr. pure J. A. REISMAN, Kinsey,
Crimes & Consequences, cit., p. 152.
(45) Cfr. J. A. REISMAN, op. cit., pp. 151-152.
(46) A. C. KINSEY, W. B. POMEROY e C. E. MARTIN, Il comportamento sessuale
dell’uomo, cit., p. 112.
(47) A. C. KINSEY, W. B. POMEROY, C. E. MARTIN e P. H. GEBHARD, Il
comportamento sessuale della donna, cit., pp. 159-160.
(48) Cfr. J. A. REISMAN e E. W. NICHEL, op. cit., p. 141.
(49) Cfr. il mio Storia del bimbo che qualcuno volle bimba, in il Domenicale. Settimanale di
cultura, anno 4, n. 5, 19-3-2005, pp. 1-2.
(50) Cfr. <www.danped.fpc.net/italiano/moneyit.php> (visitato l’8-5-2006).
(51 Cfr. <www.project10.org/index.html> (visitato l’8-05-2006).
(52) JOSEPH NICOLOSI e LINDA AMES NICOLOSI, Omosessualità. Una guida per i
genitori, trad. it., con Prefazione di Chiara Atzori, Sugarco, Milano 2003, pp. 136-137; cfr.
la mia recensione dell’opera, in Cristianità, anno XXXIII, n. 330-331, luglio-ottobre 2005,
pp. 46-49; cfr. pure J. A. REISMAN e E. W. NICHEL, op. cit., pp. 11 e 227.
Trattamento della omosessualità maschile:
Un approccio cognitivo-comportamentale ed interpersonale
A. Decano Byrd, Ph.D.
È difficile descrivere esattamente quali siano gli approcci terapeutici al trattamento della
omosessualità maschile, perché esistono pochi “puristi” fra noi. Anche se ciò che
facciamo è identificabile come terapia riparativa (o riorientamento), il modo in cui
realmente interveniamo può variare da un terapista all’altro. Il termine che uso più
spesso per caratterizzare il mio lavoro è “terapia affermativa di genere.„
Vorrei in primo luogo descrivere la popolazione dei pazienti che ho curato per più di 20 anni. Si tratta per lo più
di maschi di età compresa tra i 30 e i 45 anni, che hanno passato una parte significativa della loro vita nello
stile di vita gay e ne sono stati delusi. Molti descrivono questo stile di vita non insoddisfacente, improntato da
solitudine, deprimente, e soprattutto carente di rapporti significativi. Frequentemente, mi sono sentito dire
da questi uomini che l'attività omosessuale aveva per loro soprattutto un significato antidepressivo .
Prima di mettere a fuoco alcuni interventi clinici specifici, descriverò la metodologia “generale” di trattamento
che ho trovato maggiormente utile. Ho diviso il trattamento in quattro fasi. Sottolineo che queste fasi non sono
fisse ma molto adattabili e flessibili da caso a caso; tuttavia, rappresentano la scansione generale classica
della terapia. Come in tutte le psicoterapie, il paziente deve avere certo grado di motivazione iniziale, deve
arrivare a capire le origini delle sue attrazioni omosessuali e deve essere seriamente impegnato nel processo
terapeutico.
FASE I
I requisiti preliminari sopra descritti sopra sono determinanti durante la prima fase del trattamento. Durante
questa fase conduco una valutazione complessiva, che esamina la possibile coesistenza di disordini psicologici
con il desiderio di contrastare l’ omosessualità indesiderata.
Trovo di frequente riscontro varie gradazioni di narcisismo, dipendenza emotiva, isteria, ansia e depressione.
Durante questa fase va raccolta accuratamente l’anamnesi sociale e sessuale che deve diventare materia di
riflessione per il paziente oltre che per il terapeuta. Raccolgo sempre la storia sessuale nel corso della raccolta
anmnestico-sociale perché desidero che il paziente concettualizzi la sua lotta in questa prospettiva. Per molti,
questo approccio fornisce un nuovo modo di guardare ad una vecchia lotta.
Durante questa fase viene messo quindi in evidenza il funzionamento globale, sociale ed emozionale del
paziente e non ci si focalizza sull'omosessualità. Frequentemente però è in questa fase che vengono fornite
informazioni sulle origini ed il trattamento dell'omosessualità rispondendo a domande attinenti la possibilità di
cambiamento e “la cura.„ La stesura del diario comincia in questa fase ed è usata durante tutto il processo di
trattamento.
FASE II
La fase II è caratterizzata da un forte approccio comportamentale. L'obiettivo di questa fase della terapia è di
aiutare i pazienti ad organizzare e stabilizzare la loro vita. Un’ampia maggioranza di questi uomini vivono “fuori
controllo. Lo sforzo è quindi concentrato nella messa in atto di strategie comportamentali. per aiutarli a
guadagnare un certo controllo. In questa fase del trattamento, il controllo comportamentale è visto come
requisito preliminare per arrivare ad una vera modificazione del comportamento (attenzione alla distinzione tra
controllo del comportamento rispetto a modificazione dello stesso). I pazienti vengono aiutati ad identificare
degli obiettivi comportamentali concreti per migliorare socialmente, intellettualmente, spiritualmente,
emozionalmente, fisicamente e sessualmente. Gli interventi specifici includono il monitoraggio (come sta
andando), strategie di rinforzo, di distrazione, la modellizzazione, l'inibizione della risposta, strategie
paradosse.
L'individuo è rafforzato dall’autocontrollo che acquisisce gradualmente. L'instaurarsi del controllo, l'esperienza
del successo nell’autocontrollo e un certo grado di stabilità sono importanti tappe in questa fase del
trattamento.
FASE III
La fase III mette si focalizza sull'interruzione dei pattern di risveglio della pulsione omosessuale. L'enfasi
durante questa fase della terapia è di aiutare il paziente ad esplorare, interrompere e finalmente rompere i
circuiti di pulsione omosessuale. Durante questa fase del trattamento, il fuoco sposta dall’enfasi
comportamentale a quella cognitiva. Gli interventi cognitivi quali rilassamento ed l’immaginazione guidata
sono usati per aiutare i pazienti a diventare più consapevoli ed a guadagnare un maggior controllo della loro
attività cognitiva, fantasia ed emozioni.
FASE IV
Durante la fase IV del trattamento può essere usata una combinazione di metodi di terapia individuale, di
gruppo e famigliare, secondo i bisogni dei pazienti. L'enfasi durante questa fase del trattamento è abbastanza
affettiva ed interpersonale ed è incentrata nell’aiutare il pazienti a capire meglio l’importanza di impostare
modalità adeguate di rapporto interpersonale (cioè, amicizia, intimità non-sessuale con altri uomini).
Vengono esplorati e risolti in un contesto di terapia del gruppo i problemi attinenti alla difficoltà ad instaurare
intimità non sessuale, auto-stima, amore per gli altri, amore per Dio, il distacco difensivo, le distorsioni (sia
come rapporto disuguale, asimmetrico con gli altri uomini che come intensità delle relazioni), lo sviluppo di
sistemi di supporto non-erotico con gli altri uomini, la assertività, la rabbia (verso uomini e donne), la
mascolinità, il senso di colpa, la vergogna, il senso di solitudine e di abbandono.
Frequentemente, durante questa fase, introduco ogni paziente ad una coppia di sposi con la funzione di
compagni speciali. I risultati desiderati includono l'assenza di comportamento omosessuale, riduzione o
eliminazione delle attrazioni omosessuali, un senso della congruità e di pace interna che derivano
dall'integrazione e dallo sviluppo di rapporti soddisfacenti ed adeguati con uomini e donne. Gli interventi
spirituali (non religiosi) vengono usati frequentemente in questa fase (anche se possono essere impiegati
anche nelle altre fasi.)
Ora, dopo questo piccolo sommario, vorrei brevemente descrivere alcuni degli interventi accennati sopra, e in
particolare:
• Il diario
• La tracciatura delle emozioni
• La deframmentazione
• Gli interventi spirituali
Il diario
Tenere un diario è una utile modalità di aiuto per uomini con orientamento omosessuale in quanto aiuta a
chiarire i loro processi di pensiero, esprimere liberamente la loro sensibilità e in generale ad esaminare quali
sono i nodi importanti nella loro vita. Invece di lasciare ronzare i pensieri nella loro testa, i pensieri vengono
canalizzati entrando nel diario (presa di contatto).
Inizialmente, nel processo, la maggior parte di questi uomini usano il diario come modo per verificare i loro
pensieri, fantasie ed attrazioni omosessuali. Questa maggiore consapevolezza provoca frequentemente una
diminuzione delle attrazioni omosessuali. In seguito il diario si trasforma in una forma di autoaiuto poichè
attraverso il diario possono fare collegamenti, registrare le variazioni di percezione e confrontare le distorsioni.
I pazienti comprano tipicamente due taccuini. Le registrazioni sono fatte nel primo taccuino e sono date al
terapista per il commento. Cominciano quindi le annotazioni nel secondo taccuino che è scambiato con il
terapista durante la sessione seguente. Personalmente compilo per loro dei commenti ragionevolmente ampi
per la loro successiva considerazione.
Un vantaggio del diario è che non solo induce ad una maggiore partecipazione nel processo terapeutico ma
indirizza il paziente verso i nodi salienti e maggiormente significativi per quanto riguarda la sua lotta
individuale. Alla conclusione del trattamento, il paziente organizza una versione rivista del suo diario e questa
versione è poi utilizzabile come mezzo di prevenzione per una possibile ricaduta.
Questo intervento è collegato con la mappatura delle emozioni ma è più attivo. Il suo scopo è aiutare a de-
erotizzare i rapporti con individui dello stesso-sesso. Van den Aardweg parla della psicologia dell’ invidia come
centrale nella lotta degli uomini omosessuali. Gli uomini omosessuali eroticizzano quello cui non si sono
identificati. Molti degli uomini che ho avuto in cura hanno multipli partners, senza rapporti continuativi.
Sovente, l'ansia non contenuta si fissa su caratteristiche particolari e desiderate dell’altro. Questi uomini cioè
non entrano in contatto con altri uomini, eterosessuali o omosessuali, in un senso olistico, completo ma su
aspetti particolari di cui inconsciamente si sentono mancanti, e perciò attratti. Ritengo che questo sia uno dei
motivi dell’instabilità dei loro rapporti. È come se incompletezza lottasse con l'incompletezza.
Il processo del deframmentazione si occupa esattamente del problema della frammentazione della relazione
con l’altro, cioè affronta il modo incompleto di entrare in contatto con gli altri che si ritorce inevitabilmente sul
soggetto. In sintesi funziona in questo modo: in una sessione individuale, chiedo a ciascuno di mettere a
fuoco una relazione passata e il tratto caratteristico della specifica attrazione. Questa attrazione è messa a
fuoco spesso su una caratteristica o su una caratteristica particolare con cui il paziente non ha consuetudine,
che è vista come una carenza, un difetto individuale, e perciò percepita con invidia dal soggetto stesso.
Queste caratteristiche invidiate sono spesso proprio le caratteristiche percepite come maschili.
Faccio esplorare al paziente anche le altre caratteristiche, sia fisiche che di altro tipo, in modo da indurre a
riconsiderare la relazione con questo uomo in un senso olistico. Domande del tipo, “come erano le sue altre
caratteristiche fisiche?„ “Che cosa esprimeva lui come persona?„ hanno lo scopo di fare affiorare i bisogni
emozionali specialmente riferibili all’intimità affettiva.
Il bisogno di avere vicino, di sentire vicino un altro uomo può avvenire senza la sessualizzazione della
relazione con quell'uomo. Questo intervento aiuta il cliente a riequilibrare il rapporto ed a focalizzare la
reciprocità per sviluppare rapporti significativi non-erotici con uomini eterosessuali.
Interventi Spirituali
La maggior parte degli uomini che ho curato ha un senso profondo di disconnessione spirituale. Sperimentano
una alienazione da Dio. Freud indicava Dio come un'estensione della figura del padre. Questo sembra vero
riguardo al punto di vista di vista che questi uomini possiedono di Dio. Nel descrivere il loro rapporto con la
divinità molti di questi uomini descrivono un'immagine di Babbo Natale spiritualizzato Posseggono una certa
paura di Dio. Gli individui nelle posizioni di autorità, i sacerdoti o i capi ecclesiastici in queste persona
innescano reazioni di sensibilità ansiosa con risultati di paura e di separazione. Lavoro invece molto bene con
figure ecclesiastiche equilibrate in grado di fornire ottimi modelli di relazione padre/figlio, che consolidano i
la capacità di rapporto con questi uomini. Tali rapporti sono molto utili per potere trattare il tema del
perdono.
Gli interventi spirituali specifici includono:
• personalizzare il rapporto con le scritture.
• il lavoro sull’immagine di Dio che faccia percepire correttamente Dio come amore, come un padre che si
preoccupa della persona e il cui amore è incondizionato.
• Servizio ad altri. Questo intervento in modo speciale aiuta questi uomini ad imparare a dare. Spesso si
ritengono indegni di donarsi . Segnalano spesso il desiderio di sentirsi “accettabili da Dio”. (e quindi la
percezione di non esserlo, di esserne indegni). L'aiuto spirituale e i vari tipi di intervento con questi uomini li
inizia alla gioia nel percepire il processo di scoperta del vero io ed ad articolare i loro valori, a percepire il
nucleo profondo della loro preziosa identità, lo scopo di base della vita e sviluppare la loro natura spirituale col
relativo progressivo dispiegarsi. Gli interventi li aiutano a chiarirsi i loro valori più profondi, attraverso la
contemplazione la meditazione. Questi interventi inoltre permettono che questi uomini decidano e orientino i
loro valori, identificando nel presente la forza per imparare a viverli, con gradualità, da soli.
Vedersi mentre si fa il bene fa bene, e attraverso la riflessione su come ci si sente a fare il bene, aiuta a
ritenere naturale fare il bene . Molti di questi uomini segnalano, in questa prassi, di avvertire come esperienza
concreta l'amore, la gioia, la pace e quindi poi aiutano quasi “spontaneamente” altri a fare lo stesso.
Gli interventi spirituali coinvolgono temi come integrità, il rinforzo della volontà, le relazioni interpersonali e il
trovare lo scopo più grande nella vita.
È con gli interventi spirituali i che questi uomini realmente sono ancorati e ricevono la forza per risolvere le loro
lotta in quella che loro chiamano il “personale processo di guarigione”.
Cristianità n. 333, gennaio - febbraio 2006, pp. 19 - 21
Di Roberto Marchesini
Uno dei “miti” della propaganda gay afferma che gli omosessuali non possono cambiare
orientamento; ne conseguirebbe che l’unica cosa che possono fare è rassegnarsi alla
propria omosessualità e interrompere gli sforzi per opporvisi. Ogni tentativo di cambiare
orientamento, non sarebbe altro che un inutile tormento dettato da una sadica “omofobia”
travestita da benevolenza.
Peccato che le cose non stiano affatto così: gli omosessuali possono cambiare
orientamento.
Lo dimostrano l’esperienza clinica degli psicoterapeuti Nicolosi e van den Aardweg, e da
una ormai storica ricerca condotta dallo psicoanalista Irving Bieber, secondo la quale circa
il 27% dei pazienti con tendenze omosessuali sottopostisi a un trattamento psicoanalitico
aveva cambiato orientamento sessuale. Non va dimenticato il prezioso ed inaspettato
sostegno ai sostenitori della possibilità di cambiamento giunto nel 2003 da parte del prof.
Robert Spitzer della Columbia University di New York il quale, dopo aver esaminato il
percorso di cambiamento di circa 200 ex-omosessuali, ha dichiarato: "Come molti
psichiatri io pensavo che alla tendenza omosessuale si potesse solamente resistere e che
non potesse realmente cambiare l'orientamento sessuale. Ora credo che questa
convinzione sia falsa. Alcune persone con orientamento omosessuale possono cambiare
e cambiano".
La psicoterapia riparativa – ossia la psicoterapia che ha come obiettivo il ri-orientamento
sessuale - non è l’unica via di cambiamento per le persone che soffrono per un
orientamento omosessuale indesiderato: soprattutto negli Stati Uniti ci sono diversi gruppi
religiosi – per la maggior parte protestanti – che propongono un cammino spirituale e
umano che può portare a superare le ferite che hanno causato l’orientamento
omosessuale. Il più importante di questi gruppi, operante anche in Europa, è Living
Waters, fondato da Andrew Comiskey, ex omosessuale ed ora pastore protestante
coniugato.
Diverse testimonianze di cambiamento e ricerche che dimostrano la possibilità di un ri-
orientamento si possono trovare sul sito http://www.pathinfo.org/, del forum denominato
Positive Alternative sto Homosexuality - alternative positive all’omosessualità - che
raccoglie associazioni e gruppi, scientifici e pastorali, che propongono una visione
dell’omosessualità “positiva”, ossia differente a quella della rassegnazione gay.
Tra le varie testimonianza di cambiamento è disponibile sul sito del NARTH - National
Research and Therapy of Homosexuality, l’Associazione Nazionale per la Ricerca e la
Terapia dell’Omosessualità, diretta dal dott. Nicolosi, quella di Steffan che, attraverso un
percorso spirituale, ha riconquistato la sua eterosessualità: “Potrei dire che non ho avuto
un modello di padre e di uomo. Per riassumere un po', ho avuto un'infanzia poco felice,
anche se sembrava che miei genitori facessero del loro meglio. Durante l’adolescenza non
mi sentivo all'altezza d'essere un maschio: la pressione in me era intensa, tutto prendeva
proporzioni sempre più grandi, il desiderio erotico-sessuale diventava ossessivo, la
masturbazione, da anni praticata più volte al giorno come sollievo, era ancora più
immaginativa e di consolazione. Ricercavo la forza e la sicurezza in altri uomini, volevo
dagli altri quello che non possedevo! […] Non voglio dire che sono guarito, perché
vorrebbe dire ch'ero malato, e che l'omosessualità è dunque una malattia; ma piuttosto
che prima vivevo separato della mia identità, non ero mai stato confermato come uomo da
mio padre! Il processo di maturazione era bloccato. Cercavo solamente di acquistare la
mia mascolinità d'un modo sbagliato! Non ritornerei indietro nel passato e in quel falso io,
e sono contento d'avere capito cosa in me e fuori da me ha fatto sì che io abbia avuto dei
problemi d'omosessualità”.
Purtroppo, in Italia, grazie al clima terroristico creato dagli attivisti gay attorno ai tentativi di
cambiamento, le testimonianze sono ancora poche. Eppure, anche nella nostra penisola,
qualcosa comincia a muoversi, e le prime, timide testimonianze cominciano ad affiorare:
“Ho capito che l’omosessualità era come una via di fuga, una uscita d’emergenza che
potevo utilizzare quando il gioco si faceva troppo duro per le capacità che pensavo di
avere… ora non ho più pensieri omosessuali”; “Più mi relazionavo con uomini che mi
intimorivano e dai quali mi sentivo attratto, più sentivo diminuire l’attrazione nei loro
confronti… adesso i pensieri omosessuali durano un attimo e sono rarissimi…”; “Fino a
quando pensavo di non poter uscire dall’omosessualità mi sentivo completamente
dominato da essa, la percepivo costante… adesso ho capito che è una reazione ai
momenti di difficoltà e di vergogna”.
Gli attivisti gay sostengono che non esiste altra risposta possibile all’omosessualità se non
quella da loro proposta; per questo motivo attuano una vera e propria strategia terroristica
nei confronti della terapia riparativa, in modo che venga proibita, condannata e nessun
omosessuale tenti il ri-orientamento. Una delle accuse più terribili che essi muovono nei
confronti della terapia riparativa è di essere una violenza alla “vera natura” della persona,
tanto terribile da causare il suicidio. Intervistato su questo punto, il dottor Nicolosi ha
dichiarato che nessuno dei suoi pazienti ha mai nemmeno tentato il suicidio; e per quanto
riguarda la pericolosità della terapia riparativa per il benessere delle persone che vi si
sottopongono, è nuovamente il dott. Spitzer ad affermare che “Al contrario, i soggetti della
mia ricerca riferiscono che essa è stata utile a prescindere dallo stesso cambiamento di
orientamento sessuale”.
La terapia riparativa quali percentuali di successo ha? Approssimativamente, secondo le
testimonianze sia del dottor van den Aardweg che del dottor Nicolosi, 1/3 di pieno
successo (persone che hanno superato compiutamente l’omosessualità, orientandosi
stabilmente e armoniosamente verso l’eterosessualità anche con forme di legame
sessuale stabile con l’altro sesso); 1/3 di miglioramento della identità globale della
persona, con capacità di gestirsi in modo più equilibrato; infine 1/3 di “fallimento”, inteso
come persistenza nella omosessualità indesiderata (includendo anche gli abbandoni della
terapia). E’ opportuno sottolineare che queste percentuali sono pressappoco quelle di ogni
altra psicoterapia.
E le persone che si sottopongono alla terapia riparativa con successo, non avranno più
pensieri di tipo omosessuale? Non è detto. Come scriveva Freud nella sua Introduzione
alla psicoanalisi: "Se gettiamo per terra un cristallo, questo si frantuma, ma non in modo
arbitrario; si spacca secondo le sue linee di sfaldatura in pezzi i cui contorni, benché
invisibili, erano tuttavia determinati in precedenza dalla struttura". Questo significa che una
persona che ha cambiato orientamento, se sottoposta ad un forte stress, a umiliazioni, alla
fatica, a quelle situazioni, insomma, dove l’autostima può subire uno scossone, potrebbe
avere nuovamente pensieri omosessuali; ma il meccanismo consolatorio è ormai svelato,
e la persona è in grado di reagire in maniera positiva alla tentazione. Eccone una
testimonianza: “La perdita di interesse per l‘omosessualità è stata progressiva, e, anche
se tuttora ho dei momenti in cui i pensieri omosessuali si riaffacciano alla mente, riesco
subito a capire che quella tentazione sta solo cercando di colmare qualche mancanza
nella mia vita e allora io colmo questo vuoto con qualcosa d’altro, semplicemente”.
Sono possibili anche delle ricadute? Certo. Esattamente come nella terapia di qualsiasi
altro disturbo; il che non impedisce che si continui a tentare di porvi rimedio.
Come abbiamo visto, il riorientamento non è semplice, e non è garantito per tutti; è la
proposta di un cammino difficile che a volte può durare tutta la vita. Ma è possibile. E
questo significa che l’omosessualità non è uno “stato”, una “condizione”; che non è
immutabile né per sempre; e soprattutto che ci sono alternative possibili alla resa, e allo
stile di vita gay.
E’ importante chiarire un punto: il ri-orientamento è sempre una proposta, mai una
imposizione; anche perché nessuno può essere obbligato a tentare di avere nuovamente
fiducia nella propria virilità.
Il ri-orientamento è dunque una proposta di libertà, non solo intesa come libera adesione
ad un cammino o come liberazione da una tendenza non desiderata; ma anche perché
offre alle persone con tendenze omosessuali una possibilità di scelta tra l’ideologia gay e il
combattimento contro pulsioni non desiderate e percepite come estranee.
L’ideologia gay vuole invece limitare questa libertà, affermandosi come unica risposta
all’omosessualità.
Non è così: una alternativa positiva all’omosessualità è possibile.
Ricorda:
“Ad una teoria si può rispondere con un’altra teoria; ma chi può confutare una vita?”
(Evagrio Pontico, monaco del IV secolo).
“Bisogna vivere come si pensa, altrimenti si finirà per pensare come si è vissuto” (Paul
Bourget, Il demone meridiano).
Bibliografia
- Gruppo Chaire, ABC per capire l’omosessualità, Cinisello Balsamo (MI), San Paolo,
2005.
- Gerard van den Aardweg, Omosessualità e speranza, Milano, Edizioni Ares, 1995.
- Gerard van den Aardweg, Una strada per il domani, guida all’(auto) terapia
dell’omosessualità, Roma, Città Nuova, 2004.
- Joseph Nicolosi, Omosessualità maschile: un nuovo approccio, Milano, Sugarco
Edizioni, 2002.
- J. Nicolosi, L. Ames Nicolosi, Omosessualità: una guida per i genitori, Milano, Sugarco
Edizioni, 2003.
- Andrew Cominskey, Come superare le ferite sessuali e relazionali, Cinisello Balsamo,
San Paolo, 2005.
La terapia riparativa dell’omosessualità
Colloquio con Gerard J. M. van den Aardweg
Nel n. 71, datato maggio 2005, la rivista gay Pride ha pubblicato un lungo
articolo con il quale attaccava la terapia riparativa dell’omosessualità come
antiscientifica e dannosa; l’articolo era immediatamente ripreso da la
Repubblica, a firma di Natalia Aspesi (3 maggio). In seguito ai due articoli su
Pride e la Repubblica, l’onorevole Franco Grillini, presidente onorario
dell’Arcigay, ha presentato un’interrogazione parlamentare per bloccare,
tramite gli ordini professionali, la terapia riparativa. Il dott. J.M. van den
Aardweg (foto), che per le Edizioni Ares ha pubblicato il saggio Omosessualità
& speranza, ha cortesemente accettato di rispondere ad alcune domande sulla
scientificità della terapia riparativa (o terapia dell’omosessualità) e sulla
posizione dell’American Psychiatric Association, citata dall’onorevole Grillini.
La rivista gay Pride asserisce che l’associazione americana di psicologi APA dal
1973 non diagnostica più l’omosessualità come una malattia, e che anzi ne
condanna la terapia “riparativa” in quanto sarebbe antiscientifica e pericolosa. È
all’incirca quello che afferma l’Onorevole Grillini, Presidente Onorario dell’Arcigay, in
un’interpellanza al Ministro della Sanità, intesa a che l’Ordine dei Medici e l’Ordine
Nazionale degli Psicologi proibiscano ai loro membri di trattare l’omosessualità,
perché ciò sarebbe antiscientifico e comporterebbe, inoltre, discriminazione di un
cosiddetto “orientamento sessuale”.
1
psichiatri americani pensasse il contrario. Nel corso degli anni successivi questa
associazione ha concretato sempre di più questo termine, di “condizione”, che di per
sé non significa nulla, dandogli un contenuto sempre più conforme all’ideologia gay,
facendone una situazione “normale”. Ci pensi un po’ su: un’associazione di psichiatri
proclama che una “condizione” come l’omosessualità maschile, che comporta per
una quantità enorme di omosessuali praticanti una promiscuità sfrenata (centinaia di
partner nel corso di una vita!), sarebbe normale e naturale! E negli ultimi anni tende
addirittura a proclamare la normalità della pedofilia, e magari anche quella di disturbi
come il sadomasochismo. Che razza di associazione è questa? Chiaramente una
suddita del movimento gay, che intende realizzare riforme radicali della società;
un’associazione che si comporta così è ormai un gruppo di interesse politico, non è
più un’associazione di scienziati e professionisti indipendenti. Di fatto, la situazione
presenta analogie con quella della Germania degli anni Trenta del secolo scorso,
quando praticamente tutte le organizzazioni mediche e scientifiche abbracciavano
ufficialmente le teorie razziste; il che, naturalmente, di scientifico non aveva niente,
ma era solo espressione della più miserabile vigliaccheria e correttezza politica. Che
questa APA, o meglio il gruppo dei gay che ne fanno parte, e che vi detta legge in
fatto di omosessualità, presuma di dare lezioni su ciò che è o non è scientifico, è il
colmo dell’arroganza! È chiaro che per loro è scientifico solo ciò che si aggiusta alla
loro ideologia.
Corresponsabilità dell’APA
L’APA non ha “proibito” niente, e d’altra parte non ha nemmeno il potere di farlo, ma
non fa altro che “raccomandare” di astenersi “per il momento” da “tentativi di
cambiare l’orientamento sessuale di individui”. Motiva la raccomandazione con due
ragioni: “… non esistono ancora studi rigorosamente scientifici che consentano di
stabilire se i trattamenti ‘riparativi’ siano benefici o dannosi”. Vale a dire che non
sapremmo ancora niente sui risultati di terapie “riparative”, e queste potrebbero
presentare rischi per il cliente o paziente. L’APA asserisce che i resoconti disponibili
di risultati del trattamento avrebbero carattere “aneddotico”, mentre non
mancherebbero indizi di conseguenze sfavorevoli. Ma attenzione alla furbata! In
2
realtà, di resoconti su risultati del trattamento ce ne sono, e versano su un numero
molto ampio di casi, mentre è proprio su effetti sfavorevoli – psichici o di altro tipo –
della terapia che non abbiamo nemmeno l’ombra di un resoconto! Soltanto
affermazioni e allarmi infondati… emanati proprio da fonti gay. Insomma, qui si
pretende di mettere sullo stesso livello affermazioni infondate e resoconti scientifici di
ricerca. Consideri anche la sfacciataggine dell’APA: insinua che chi cerca di aiutare
le persone a controllare o a superare le loro tendenze omosessuali esercita un
influsso dannoso. E loro stessi, che fanno? Sconsigliano la terapia e, propugnando
da anni la normalità del comportamento omosessuale, legittimano l’ondata di
promiscuità omosessuale che si diffonde in tutto il mondo, provocando un danno
enorme alla salute mentale e fisica degli omosessuali da loro fuorviati, che incorrono
in malattie veneree, assuefazioni, AIDS, suicidi e via dicendo. Sull’APA pesa dal
1973 un’enorme corresponsabilità in tutto questo. Una responsabilità che ricade
anche sulle organizzazioni gay, sull’Arcigay in Italia e sull’Onorevole Grillini. È
ridicola la presunzione con cui si azzardano a denunciare come dannosi trattamenti e
altre forme di orientamento, che invece sono intesi proprio a mitigare il danno che
loro hanno contribuito ad arrecare, con il loro proselitismo gay. L’APA, comunque,
non ha affermato, ma solo insinuato, che la terapia possa presentare problemi.
L’APA non afferma nemmeno che le “terapie riparative” (che io preferisco chiamare
semplicemente “terapie”) siano di per sé antiscientifiche. Al contrario, l’APA
“incoraggia e appoggia la ricerca … per confrontare meglio i rischi della … terapia
con i risultati positivi”. Se una terapia fosse “antiscientifica”, nessuno si prenderebbe
la briga di farci ricerche. Lascio per il momento da parte la questione di che
intendano dire con terapia “antiscientifica”. Se prende, però, il testo dell’APA alla
lettera, la conclusione logica è che, per saperne di più, quello che ci vuole è proprio
fare molta più terapia. D’altra parte in tutto il mondo si fa ancora troppo poco in fatto
di terapia o di orientamento, e il clima suscitato dal movimento gay e da suoi
“compagni di strada” come l’APA non è sicuramente favorevole ad un trattamento
sistematico dell’omosessualità. Per questo, le parole con cui l’APA dice di
“incoraggiare ed appoggiare” la ricerca sulla terapia puzzano di ipocrisia. Di una cosa
possiamo essere sicuri: nessuna ricerca o resoconto di trattamento, passato al vaglio
dei pregiudizi dell’APA, ne uscirà con il marchio di “rigorosamente scientifico”.
L’ideologia gay detta il dogma che lo “orientamento” omosessuale è naturale e sano;
il corollario è che qualsiasi cambiamento è impossibile e “contro natura”.
3
Allora non ha ragione l’APA, quando afferma che non esistono “studi scientifici
rigorosi sui risultati”?
4
la fine del progresso scientifico, dato che quasi tutte le conoscenze e le ipotesi
attendibili sull’omosessualità di cui disponiamo derivano proprio dalla pratica
psicoterapeutica.
Nella loro dichiarazione del 2000 riportano in bibliografia soltanto una o due
pubblicazioni con dati pertinenti a risultati terapeutici, basati su gruppi abbastanza
ampi. Poi, però, non ne tengono conto. Per il resto la loro bibliografia contiene
resoconti personali – questi sì “aneddotici”! – di persone che hanno fatto qualche
tentativo per cambiare, ma poi hanno rinunciato; ed è proprio a questi che il
documento dell’APA presta la maggiore attenzione. È un atteggiamento parziale, ad
uso dell’ideologia gay.
Può raccontare qualcosa di concreto sulle conclusioni di studi sui risultati? Che
percentuali abbiamo di cambiamento?
5
sintomi nevrotici e psicosomatici, depressioni. C’è molto di più che la semplice
attrazione erotica per il proprio sesso. Un autentico cambiamento si deve riflettere
anche in una più forte identificazione con la propria virilità o femminilità, cioè nel
ristabilimento della fiducia in sé stessi come uomo o come donna, in una vita emotiva
più stabile ed adulta, con una riduzione dell’egocentrismo infantile e della tendenza
ad autocommiserarsi. Se l’interessato non si libera in misura sufficiente dal suo
complesso di inferiorità e dalla sua emotività nevrotica, non cambierà gran che nei
suoi sentimenti sessuali.
Premesso questo, farò menzione di alcune percentuali ricavate da due studi su
risultati. In primo luogo i risultati che io stesso ho raccolto, intervistando 100 clienti
trattati da me, alcuni anni dopo che avevano seguito un trattamento di una certa
durata; sono dati che ho pubblicato già nel 1986. Parlo, quindi, in base alla mia
esperienza, e parlo di persone che ho conosciuto bene. Tra quelli che non avevano
smesso dopo pochi mesi di seguire il metodo, il 19% ha registrato un “cambiamento
radicale” di sentimenti sessuali: con interessi eterosessuali dominanti e al massimo
pochi impulsi o associazioni di idee omosessuali sporadici, leggeri e transitori. Alcuni
di loro non avevano più provato sentimenti omosessuali negli ultimi due anni. Ho
avuto notizie di alcuni che appartengono a questo 19%, e posso dire che, a vent’anni
di distanza, la loro situazione è rimasta costante. Il 46% aveva fantasie e
comportamenti prevalentemente eterosessuali, ma sperimentava ancora
saltuariamente sentimenti chiaramente omosessuali. Il 19% constatava un più
leggero “miglioramento”, mentre per un 16% la situazione emotiva era “immutata”. Il
miglioramento dei caratteri comportamentali ed emotivi nevrotici procedeva più o
meno di pari passo con il cambiamento sessuale. Con il diminuire della nevrosi,
infatti, la persona è più libera e allegra. Questi cambiamenti si verificavano di regola,
gradualmente, dopo un certo periodo di autotrattamento. Magari qualcuno potrà
considerare deludenti questi risultati. Ma una deformazione nevrotica della
personalità non è un fatto superficiale. Da nessun trattamento delle nevrosi possiamo
aspettarci risultati facili o rapidi; lo stesso vale per i risultati dei trattamenti di fobie,
depressioni, o altre nevrosi sessuali. Voglio aggiungere che per molti omosessuali,
anche se non sono tra quelli che registrano un cambiamento “radicale”, si può già
parlare di un miglioramento notevole se solo hanno abbandonato la loro dipendenza
dal sesso. Per arrivare a questa prima meta nel cambiamento o nella guarigione ci è
voluta, spesso, un’autentica lotta.
6
Come secondo studio non posso fare a meno di menzionare quello, famoso e
violentemente attaccato dall’establishment gay, del Prof. Spitzer, del 2003. In base ai
suoi criteri più restrittivi, l’11% degli uomini omosessuali e il 37% delle donne
omosessuali esaminati era cambiato completamente sul piano sessuale, e, secondo i
suoi criteri meno restrittivi, le percentuali erano rispettivamente del 29% e del 63%.
Com’è noto, proprio Spitzer ha avuto, nel 1973, un ruolo di protagonista nel
cambiamento di definizione operato dall’APA. Adesso, invece, sostiene che bisogna
ammettere la possibilità del cambiamento. Com’era prevedibile, l’establishment gay
l’ha presa molto male!
A ben vedere, i suoi risultati non differiscono molto dai miei. Spitzer ha notato, inoltre,
un fenomeno interessante: la maggior parte dei cambiamenti più notevoli si
manifestavano nelle persone con una profonda motivazione religiosa, sorta, in certi
casi, da una conversione. È un dato di fatto sicuro; e si trattava di conversione
definitiva, dei cui benefici aveva risentito tutta la persona, non di un entusiasmo
religioso passeggero. Un’altra conclusione di Spitzer è stata il non aver trovato il
minimo indizio di danni psichici causati da trattamenti e metodi di orientamento.
Quest’accusa, infatti, è pura fantasia. È frutto del tipico vittimismo gay, con il suo
procedimento di autodrammatizzazione: dicono che la terapia è una “mutilazione
spirituale”, e altre cose del genere, e che per questo va proibita! Purtroppo questo
procedimento ha una gran efficacia propagandistica.
È quello che gli ideologi gay non fanno che ripetere, ma è un’assurdità. In Paesi
come l’Olanda e la Germania, dove ormai, da anni, possono vivere come vogliono,
gli omosessuali non hanno smesso di manifestare sintomi psicopatologici di ogni
genere, come risulta anche da una ricerca piuttosto recente dell’Università di Utrecht
(Olanda). Chi esamina l’interiorità e i precedenti di queste persone non ha dubbi sul
fatto che le cause della nevrosi risiedono nel fondo della loro personalità, non nel
mondo esterno.
Ci sono ricadute?
7
Sicuro! A volte di breve, a volte di lunga durata. Ecco perché non mi pare bene che
persone che hanno beneficiato da poco di un cambiamento si mettano subito ad
aiutare altre persone afflitte da problemi di omosessualità; come si fa – certamente
con le migliori intenzioni – in certi ambienti di ex-gay cristiani. Tutti i cambiamenti
nelle strutture emotive e comportamentali procedono per alti e bassi. Per questo i
gay hanno buon gioco a citare casi di ricaduta per dimostrare che “il cambiamento è
impossibile”. Chi dà rilievo a questi casi, senza tenere conto di quello che ci
insegnano i resoconti e le autobiografie di persone che hanno conosciuto un
cambiamento radicale, è che non si vuol togliere i paraocchi.
L’ideologia gay non fa che capovolgere la realtà. Non sono i terapeuti a discriminare,
ma proprio questi omosessuali accecati. Moltissime persone con tendenze
omosessuali, che non hanno intenzione di aderire al movimento gay e alle sue follie,
non hanno a chi affidarsi per affrontare i loro problemi. Molti vorrebbero cambiare,
ma non sanno come fare. Lo insegna l’esperienza: ogni volta che si rende noto al
8
pubblico il nome di un terapeuta che tratta l’omosessualità, questo si vede sommerso
da una valanga di richieste di orientamento e aiuto. Queste persone, che o non
hanno simpatia per l’ideologia e lo stile di vita gay, o ne sono rimaste deluse,
vengono zittite dall’establishment gay, vengono schernite se esprimono i loro
desideri, e messe alla gogna se, poi, si azzardano a rendere nota la storia del loro
cambiamento. Proprio perché l’offerta di aiuto costruttivo da parte della psichiatria e
della psicologia è scarsa o nulla, è sorto – come una necessità – il movimento degli
ex-gay. «Se tutto quello che ci sanno dire è che dobbiamo metterci a vivere da
omosessuali, dobbiamo cercare di risolvere il problema da soli». È evidente che, chi
più chi meno, i gruppi di auto-aiuto hanno un che di dilettantistico, ma in generale il
movimento ex-gay è un fenomeno molto positivo, che dà speranza. Una spina nel
fianco per il movimento gay, ma un grande sostegno per le persone coinvolte da
questa problematica. Presenta molte analogie con l’AA, l’associazione degli alcolisti
anonimi.
Anche qui devo osservare che i gay capovolgono la realtà. Proprio loro insegnano a
reprimere: a reprimere gli aspetti sani e normali che sono sempre presenti in persone
con sentimenti omosessuali, come, per esempio, sentimenti eterosessuali che
spesso si manifestano in forma attenuata, e a reprimere, in ogni caso, il buon senso,
e la voce della coscienza. D’altra parte, alcuni gruppi di ex-gay o loro capi peccano, a
mio avviso, di eccessivo carismatismo, e dovrebbero essere più realistici, perché, in
fin dei conti, il processo di cambiamento è in gran parte un training da affrontare
realisticamente, giorno per giorno; lo stesso vale, d’altra parte, per qualsiasi vittoria
su deviazioni evolutive e nevrosi. Questo non basta, però, per affermare che tutto
quello che fanno questi gruppi, ciascuno con il suo stile, sia inutile. Ci sono, peraltro,
altri gruppi, nei confronti dei quali questa mia critica non è pertinente, o lo è di meno.
Anche loro si servono delle conoscenze psicologiche sviluppate e approfondite negli
9
ultimi decenni, proprio – si noti! – nel periodo in cui l’ambiente ufficiale si è reso
sempre più repressivo nei confronti dei tentativi di cambiamento.
Tanto più che una profonda fede personale è già un fattore che dà orientamento alla
vita interiore, aiuta a risanare i propri sentimenti e conferisce speranza, allegria e
pace; tutte cose che spesso rendono molto più efficaci gli sforzi di autotrattamento.
Questo spiega perché Spitzer ha potuto osservare che il fattore “religione” ha in sé
evidenti virtù terapeutiche. Noti che Spitzer non è credente: è un ebreo libero
pensatore ed ateo. Ma è un fatto che la psiche ha una dimensione spirituale e
morale, che non può essere trascurata da una psicoterapia che voglia andare a
fondo: si tratti di deviazioni sessuali, nevrosi, delinquenza o addirittura psicosi. L’odio
nutrito dai gay ideologizzati contro l’autentico spirito cristiano è, in fin dei conti,
un’avversione alla coscienza; nel fondo del loro animo si sentono accusati, perché –
lo vogliano o no – la vita da omosessuale è un peso per la loro coscienza. Ecco il
perché della veemenza con cui sentono il bisogno di giustificarsi, sia nei confronti del
mondo esterno sia nei confronti di loro stessi.
Quanto alla repressione o alla cosiddetta “rimozione” di sentimenti omosessuali,
bisogna fare una distinzione. “Rimuovere” significa negare di avere determinati
sentimenti o motivazioni; cosa che, naturalmente, non è positiva. Ma imparare a
controllare e (come io preferisco dire) contenere coscientemente tendenze e passioni
immature, egocentriche e autodistruttive, è indispensabile per raggiungere la salute
psichica e l’equilibrio emotivo. Per molti omosessuali il sesso è un’ossessione, e
sono totalmente in balìa dei loro impulsi. Soffrono la massima privazione di libertà. È
come per l’alcolismo: quanto più si impara a contenere gli impulsi non desiderati,
tanto più libertà si conquista. Chi impara a contenersi conquista la vittoria. I
cambiamenti comportamentali ed emotivi sono il risultato di un apprendimento.
Apprendere qualcosa vuol dire smettere qualcos’altro. Ma anche qui l’obiezione
dell’ideologia gay è scontata: figurati! Dire “No” alla propria venerata omosessualità?
Non sia mai!
Come ho già detto, proprio i gay negano la libertà di scelta a chi non vuole pensare
ed agire come loro. È come nel caso dell’aborto. Il movimento abortista nega –
nonostante le sue dichiarazioni in contrario – libertà alla donna, con vari mezzi, tra i
10
quali la privazione di informazioni veritiere. Il movimento omosessuale non rispetta il
principio della libera scelta: agli enti pubblici della Sanità e ai professionisti abilitati
deve essere interdetto, secondo loro, qualsiasi “trattamento” che non sia mirato alla
“accettazione”, il che significa perversione in salsa sanitaria o psicologica. È vero
che, ogni tanto, si sente dire da omosessuali militanti che loro il principio di libera
scelta lo rispettano. Un esempio è Le Vay, il ricercatore che tempo fa riteneva di
avere riscontrato nel cervello di alcuni uomini omosessuali una caratteristica
distintiva. Quelli che la libertà di scelta in ogni caso la rispettano sono proprio il
movimento ex-gay e gli orientatori e terapeuti. Chi tratta l’omosessualità sa che non
si ottiene niente se il cliente non si rivolge a lui per sincera convinzione, e che un
elemento essenziale di qualsiasi cambiamento decisivo è la libera volontà.
11
Secondo questa ideologia bisogna arrivare ad una profonda “omosessualizzazione”
della società, vale a dire a che si consideri normale il comportamento omosessuale e
lo si promuova fin dall’infanzia. Ci sono già riusciti più di quanto la maggior parte
della gente trent’anni fa avrebbe potuto immaginare. La maggioranza della
popolazione non riesce ancora a comprendere quanto sia pericolosa l’ideologia gay.
Molti pensano che, in fondo, non sarà questo gran disastro. È un’ingenuità
paragonabile a chi negli anni Trenta del secolo scorso non si preoccupava delle
teorie razziste che dominavano in Germania: “prima o poi – si pensava – le cose si
sistemeranno”. L’ideologia gay è cieca e tiranna. Per di più viene portata avanti con
estrema energia dalla “chiesa” laicista, e viene considerata come un ariete per aprire
una breccia nel muro delle norme cosiddette tradizionali in materia di sessualità, di
“ruoli” uomo-donna, e soprattutto di matrimonio e famiglia normale. È per questo che
l’ideologia gay suona come un primo violino nell’orchestra dell’Organizzazione
mondiale della sanità (WHO) e nei diversi organismi dell’ONU e dell’UE. Questo
consapevole accoppiamento di controllo demografico e promozione
dell’omosessualità nei programmi dell’ONU e dell’UE presenta analogie ed affinità
con analoghi programmi ideati dai nazisti. Questi studiavano come ridurre
drasticamente la popolazione degli Slavi in Europa orientale, e vedevano nella
normalizzazione dell’omosessualità un’arma psicologica atta a scalzare la morale
sessuale tradizionale, portando così ad una riduzione delle nascite. Quanto più si
normalizza l’omosessualità nella vita pubblica, tanto più si relativizza la morale
sessuale. Pertanto, adesso non facciamoci illusioni: non è un fenomeno che sparirà
presto da sé, ma una strategia mondiale, ben studiata e abbondantemente
finanziata, attuata con forme più o meno sottili di coercizione. Esiste un pericolo reale
che questa ideologia, dopo aver seminato incertezza e dubbio tra le masse, le
indottrinerà e tirannizzerà sempre di più, a meno che non ci decidiamo a lanciare una
reale controffensiva. Per fare questo bisogna abbandonare l’idea falsamente
ottimista che il problema si limiti a quella minima percentuale di persone con
sentimenti omosessuali, che bisogna lasciare che decidano per conto loro come si
devono comportare nelle loro faccende private.
Un’avversione naturale
12
Riuscirà l’indottrinamento gay a cambiare il pensiero della gente su sessualità
normale ed anormale?
13
comporteranno e parleranno come il potere si aspetta da loro, dall’altra l’avversione
naturale per l’omosessualità non farà che aumentare. Sono fenomeni che già adesso
vediamo verificarsi sotto i nostri occhi, per esempio in Olanda e in Germania, dove,
secondo le illusioni di “accettazione sociale” nutrite dai gay, dovresti aspettarti che
l’indottrinamento – qui già in corso da decenni – abbia dato ormai i suoi “frutti”. Al
contrario: adesso la stessa parola homo (“omosessuale”) è diventata un insulto tra i
giovani olandesi. Non hanno più bisogno di ricorrere ai coloriti sinonimi tradizionali,
equivalenti dell’italiano “checca” e “finocchio”. Quanto più lo Stato protegge il lifestyle
gay, tanto più isolato si trova ad essere l’omosessuale nei suoi rapporti personali.
Senza contare, poi, che la comunità islamica che cresce in Europa non accetterà mai
l’indottrinamento gay, e lo considererà sempre un segno di decadenza dell’Occidente
o del Cristianesimo. Se ne sono già accorti gli omosessuali attivi di Amsterdam, che
pensavano di aver fatto di questa città la loro Mecca. Un’inchiesta piuttosto recente
tra i giovani di Monaco di Baviera e dintorni ha dimostrato che il 70% di loro vede
l’omosessualità come una cosa “non buona”. Non mancano, peraltro, inchieste
manipolate, che possono dare l’impressione erronea che una gran parte del pubblico
abbia già assunto un atteggiamento di accettazione nei confronti dell’omosessualità,
ma, se le domande si pongono correttamente, si scopre che la maggioranza continua
a considerarla anormale, e che, in realtà, quella che sembra accettazione è, invece,
indifferenza o correttezza politica. I gruppi omosessuali che hanno ottenuto il
permesso di propagare l’idea della loro normalità nelle scuole medie, hanno adottato
negli ultimi tempi la tattica di mandare come loro rappresentanti giovani uomini
omosessuali dall’aspetto virile e lesbiche dall’aspetto femminile, figure certamente
non rappresentative della media degli omosessuali e delle lesbiche; hanno capito,
infatti, che “checche” e “virago” ottengono soltanto l’effetto contrario a quello
desiderato.
Non mi azzardo a dire in che modo raggiungerà il suo apogeo questa tirannia
omosessuale che vediamo avanzare a grandi passi, ma sono sicuro che, prima o poi,
finirà. Per la semplice ragione che è troppo anormale. È meglio, però, non aspettare
con le mani in mano che si sgonfi da sé, perché, nel frattempo, il fanatismo degli
ideologi avrà provocato tanta miseria psichica e un tale caos da farci sprofondare in
uno stato di anarchia sessuale e sociale.
14
Cristianità, n. 327 gennaio-febbraio 2005, pp. 7 - 11
II. Gli attivisti gay si prefiggono una vera e propria Rivoluzione omosessualista della società?
Essi lo negano, bollando questa ipotesi come espressione di complottiamo paranoico. Un
interessante saggio, scritto ormai poco più di quindici anni fa ma ancora attuale, sembra però
confermare questa ipotesi. L’opera, intitolata After the ball. How America will conquer its fear
& hatred of Gays in the 90’s, «Dopo il ballo. Come l’America sconfiggerà la sua paura e il suo
odio verso i gay negli anni 1990» (2), è stata pubblicata nel 1989 da Marshall Kirk,
«ricercatore in neuropsichiatria, logico- matematico e poeta» (p. I), e da Hunter Madsen,
«esperto di tattiche di persuasione pubblica e social marketing» (ibidem). Il «ballo» a cui gli
autori fanno riferimento è il baccanale provocatorio e oppositivo innescato dalla Rivoluzione
gay degli anni 1970 e 1980.
Si tratta di una lettura decisamente sorprendente: nel caso non si voglia credere al complotto
o a un’efficacia magica della strategia di «persuasione pubblica» e di «social marketing»
esposta nell’opera, bisogna riconoscere agli autori un’incredibile capacità previsionale; vi si
trova infatti un’accurata descrizione degli obiettivi e dei metodi dell’attuale movimento gay.
«The gay revolution has failed», «La rivoluzione gay è fallita» (p. XV). Secondo gli autori il
movimento gay degli anni 1970 e 1980, ispirandosi al modello marxista (3), ha collezionato
una serie di fallimenti che hanno reso la comunità gay ancor più isolata e malvista dal resto
della popolazione.
Gli anni 1990 presentano tuttavia una nuova possibilità per rilanciare la Rivoluzione gay.
Cosa rende questi anni particolarmente favorevoli a essa? Gli autori lo spiegano senza
pudore: «Per quanto cinico possa sembrare, l’AIDS ci dà una possibilità, benché piccola, di
affermarci come una minoranza vittimizzata che merita legittimamente l’attenzione e la
protezione dell’America» (p. XXVII). Kirk e Madsen intendono analizzare il fallimento e
proporre strumenti concreti per sfruttare la nuova possibilità offerta dall’AIDS al movimento
gay: «Pensiamo a una strategia accurata e potente quanto quella che i gay sono accusati dai
loro nemici di perseguire — o, se preferite, a un piano altrettanto manipolatorio quanto quello
sviluppato dai nostri stessi nemici. [...] I gay devono lanciare una campagna sul larga scala —
che noi abbiamo chiamato Waging Peace campaign — per raggiungere gli eterosessuali
attraverso i media commerciali. Stiamo parlando di propaganda» (p. 160). La denominazione
della campagna è costruita sulla base di un gioco di parole, dal momento che waging war
significa «muovere guerra», e il nemico individuato è il «bigottismo antigay» (p. 134).
III. Nella prima parte dell’opera gli autori analizzano i «bottoni sbagliati » (p. 134) premuti dal
movimento gay nei due decenni precedenti.
1. «La discussione, o l’aumento della consapevolezza» (p. 136). Questa tattica non ha
funzionato, secondo Kirk e Madsen, perché fondata sul presupposto erroneo che il
pregiudizio — tale sarebbe il «bigottismo antigay» — non è una credenza che si possa
confutare argomentando, ma un sentimento da affrontare come tale.
2. «Il combattimento, o l’assalto alle barricate» (p. 140). Questa tattica ha avuto, secondo gli
autori, l’effetto di suscitare irritazione e fastidio negli eterosessuali; pertanto è da ritenersi
dannosa.
3. «Lo shock, o l’inversione di genere» (p. 144). Il riferimento in questo caso è alle marce
dell’orgoglio gay, che in genere hanno lo scopo di affermare in modo provocatorio e bizzarro
la cultura gay come «diversa». Poiché l’obiettivo è quello di cambiare la mentalità della
società, tali manifestazioni di affermazione della «diversità» sono controproducenti. Invece, si
deve «[...] per prima cosa mettere un piede nella porta, rendendosi il più simile possibile a
loro; dopo, e solamente dopo — quando l’unica tua piccola differenza è stata accettata —
puoi iniziare a imporre altre tue caratteristiche, una alla volta» (p. 146).
A queste tre tattiche gli autori ne contrappongono altre tre, tre «bottoni giusti» (p. 147) da
premere per «fermare, far deragliare o far marciare all’indietro il motore del pregiudizio»
(ibidem).
1. «La desensibilizzazione». Come tutti i meccanismi di difesa psicofisiologici, spiegano gli
autori, anche il pregiudizio antigay può diminuire con l’esposizione prolungata all’oggetto
percepito come minaccioso (4). Bisogna quindi «inondare» (p. 149) la società di messaggi
omosessuali per «desensibilizzare» (ibidem) la società stessa nei confronti della minaccia
omosessuale.
2. «Il grippaggio» (p. 150). Questa tattica consiste nel presentare messaggi che creino una
dissonanza cognitiva (5) nei bigotti antigay, per esempio mostrando a soggetti che rifiutano
l’omosessualità per motivi religiosi come l’odio e la discriminazione non siano «cristiani»;
oppure mostrando le terribili sofferenze provocate agli omosessuali dalla crudeltà omofobica
(6).
3. «La conversione» (p. 153). Con questa tecnica s’intende suscitare sentimenti uguali e
contrari rispetto a quelli del bigottismo antigay, ossia infondere nella popolazione sentimenti
positivi nei confronti degli omosessuali e negativi nei confronti dei bigotti antigay.
Gli autori indicano poi «otto principi pratici» (p. 172) per la persuasione della popolazione
tramite i mass media.
1. «Non esprimere semplicemente te stesso: comunica!» (p. 173). L’espressione di sé può
avere un effetto liberante, ma è scarsamente efficace. Molto meglio comunicare: «[...] gli
eterosessuali devono essere aiutati a credere che tu e loro parlate lo stesso linguaggio» (p.
174).
2. «Non curarti dei salvati e dei dannati: rivolgiti agli scettici» (p. 175). Gli autori individuano
tre gruppi di persone divisi in base al loro atteggiamento nei confronti del movimento gay: gli
«intransigenti» (ibidem), stimati in circa il 30/35% della popolazione, gli «amici» (ibidem),
circa il 25/30%, e gli «scettici ambivalenti» (ibidem), circa il 35/45%; questi ultimi
rappresentano il target designato: a loro bisogna dedicare gli sforzi maggiori applicando le
tecniche di desensibilizzazione con quelli meno favorevoli e di blocco e conversione con i più
favorevoli. Le altre due categorie, i «dannati» e i «salvati», vanno rispettivamente «silenziati»
(p. 176) e «mobilitati» (p. 177).
3. «Parla continuamente» (ibidem). Il metodo migliore per desensibilizzare gli «scettici
ambivalenti» sta nel «[...] parlare dell’omosessualità finché l’argomento non sia diventato
assolutamente noioso» (p. 178) (7). Inoltre, è bene dare spazio ai teologi del dissenso perché
forniscano argomenti religiosi alla campagna contro il bigottismo antigay (8).
4. «Mantieni centrato il messaggio: sei un omosessuale, non una balena» (p. 180). Gli attivisti
sono tenuti a parlare esclusivamente dell’omosessualità; associare questo messaggio ad altri
può essere controproducente per vari motivi: le organizzazioni che si battono per cause
umanitarie o ambientalistiche sono generalmente impopolari, più piccole dei gruppi gay e
solitamente si occupano di argomenti remoti ed effimeri, come — per esempio — il destino
delle balene; inoltre si rischia di confondere le idee rispetto al target. Molto meglio rimanere
centrati esclusivamente sull’omosessualità.
5. «Ritrai i gay come vittime, non come provocatori aggressivi» (p. 180). Per stimolare la
compassione i gay devono essere presentati come vittime a. delle circostanze — perciò,
dicono gli autori, «[...] sebbene l’orientamento sessuale sembri il prodotto di complesse
interazioni fra predisposizioni innate e fattori ambientali nel corso dell’infanzia e della prima
adolescenza» (p. 184) (9), l’omosessualità dev’essere presentata come innata — e b. del
pregiudizio, che dev’essere indicato come la causa di ogni loro sofferenza.
6. «Da’ ai potenziali protettori una giusta causa» (p. 187). Ossia: non bisogna chiedere
appoggio per l’omosessualità, ma contro la discriminazione.
7. «Fa’ che i gay sembrino buoni » (ibidem). I gay devono essere presentati non solo come
membri a tutti gli effetti della società, ma addirittura come «pilastri» (p. 188) di essa. Un
ottimo modo per farlo sta nel presentare una serie di personaggi storici famosi, noti per il loro
contributo all’umanità, come gay: chi mai potrebbe discriminare Leonardo da Vinci (1452-
1519)?
8. «Fa’ che gli aggressori sembrino cattivi» (p. 189). Un ottimo metodo consiste nell’accostare
gli «intransigenti », per esempio, ai nazionalsocialisti. Poiché intendono proporre agli attivisti
gay un metodo pratico, gli autori non trascurano d’inserire nella loro opera un portfolio di
manifesti pro-gay, valutati in base alla loro aderenza agli «otto princìpi pratici » (pp. 215-245).
Non mancano neppure un’attenta analisi dei mass media per la scelta dei più efficaci (pp.
200-204) e un piccolo manuale di fund raisingper il finanziamento delle campagne sui mezzi
di comunicazione sociale (pp. 262-270).
La messa in opera della «strategia » deve però affrontare un notevole ostacolo: gli stessi gay,
meglio: lo stile di vita gay. Questo stile di vita, descritto da Kirk e Madsen come amorale (p.
289), «narcisistico » (p. 297) e patologico (pp. 296- 297), rischia di rendere gli attivisti
testimonial poco credibili per il messaggio normalizzante e rassicurante che si vuole
trasmettere. A questo scopo è accluso un «Codice di autocontrollo sociale» (p. 360), che
comprende «regole» (ibidem) per le relazioni con gli eterosessuali, con altri gay e con sé
stessi. Se ancora fosse possibile stupirsi a questo punto della lettura, sarebbe il caso di farlo
di fronte a questo «codice»: proibendo una serie di condotte, esso costituisce l’ammissione
degli stessi comportamenti che si vogliono negare; per esempio, nell’elenco si trova «Non
farò sesso in pubblico» (ibidem), «Se sono un pedofilo o un masochista lo terrò nascosto e
starò lontano dalle parate del Gay Pride» (ibidem), «Non tradirò il mio compagno » (ibidem),
«Smetterò di tentare di essere perennemente un diciottenne e mi comporterò secondo la mia
età; non mi punirò perché non sono ciò che vorrei» (ibidem), «Non berrò più di due drink
alcolici al giorno; non farò assolutamente uso di droghe» (ibidem), e così via.
IV. Che dire di questa «strategia»? Ha trovato applicazione? Siamo forse nel pieno
dell’offensiva predisposta da Kirk e da Madsen? Si può osservare qualche coincidenza.
Nel 1993 l’ILGA, l’International Lesbian & Gay Association, la più importante lobby gay
mondiale, che unisce più di 400 organizzazioni di 90 paesi in tutto il mondo fra le quali
l’Arcigay — la principale organizzazione gay italiana, fondata a Bologna nel 1985 — espelle
la NAMBLA, la North American Man/Boy Love Association, associazione che ha fra i suoi
scopi la diffusione della pedofilia, dopo oltre dieci anni di stretta collaborazione e nonostante il
fatto che i rappresentanti della NAMBLA avessero collaborato alla costituzione dell’ILGA (10).
La NAMBLA protesta pubblicamente ma la posizione dell’ILGA viene «rafforzata» nel 1994 da
un emendamento del Senato degli Stati Uniti d’America, che subordina la prosecuzione dei
finanziamenti statunitensi all’ONU, l’Organizzazione delle Nazioni Unite, alla garanzia che
«nessuna agenzia affiliata alle Nazioni Unite garantisca alcuno status, accreditamento o
riconoscimento ufficiale a qualsiasi organizzazione che promuova, tolleri o cerchi la
legalizzazione della pedofilia, o che includa come consociate o membri una qualunque di tali
organizzazioni» (11). Quindi, per continuare a usufruire dei finanziamenti statunitensi, l’ONU
minaccia l’ILGA di espellerla dall’ECOSOC, l’Economic and Social Council, se avesse
mantenuto i rapporti con la NAMBLA.
E Kirk e Madsen, affrontando l’argomento delle affiliazioni controproducenti, citano proprio il
caso della NAMBLA: «[...] permettere ai difensori della legalizzazione dell’amore fra uomini e
ragazzi di partecipare alle marce del Gay Pride è, dal punto di vista delle pubbliche relazioni,
un puro disastro» (p. 146; cfr. pure pp. 146-147, 184 e 306).
Qualcosa di simile avviene anche in Italia. Il 13 luglio 1993 undici persone vengono arrestate
a Milano con l’accusa di abusi sessuali su minori; fra esse Francesco Vallini, redattore di
Babilonia. Mensile gay e lesbico — la rivista gay fondata a Milano nel 1982 — e animatore
del Gruppo P, un’associazione di pedofili. Il presidente dell’Arcigay, on. Franco Grillini, invece
di prendere le difese del redattore della maggiore testata gay italiana, dichiara: «[...] bisogna
essere masochisti, o non capire che chi rivendica politicamente la pedofilia danneggia i
movimenti di liberazione sessuale, alimentando il pregiudizio popolare contro i gay» (12).
La redazione di Babilonia. Mensile gay e lesbico risponde denunciando come puramente
strategico l’atteggiamento dell’Arcigay: «[...] siccome la pedofilia è repellente, non bisogna
difendere i gay pedofili ingiustamente accusati. Anzi, bisogna prendere le distanze, perché
esprimere solidarietà può “sporcare” l’immagine del movimento. Questa benedetta immagine
che è diventata tutto per l’Arcigay, a scapito della sostanza. L’importante è la facciata.
L’importante è apparire [...]. Ecco, il botto è scoppiato per questa ragione: perché qualcuno,
noi, ha rifiutato di accontentarsi della sola politica di “immagine” e si è ostinato a perseguire
quella dei “fatti”. Il Gruppo P è solo un pretesto: il conflitto è in realtà fra due modi di intendere
la politica dei diritti civili» (13). Dal canto loro, Kirk e Madsen prevengono anche questa
critica: «Sarà sollevata l’obiezione — e sarà sollevata spesso — che noi vorremmo
“ziotommizzare” (14) la comuni-tà gay; che stiamo cambiando uno stereotipo falso con un
altro ugualmente falso; che i nostri messaggi sono bugie; che questo [l’icona della normalità]
non è il modo in cui tutti i gay attualmente appaiono; i gay lo sanno e i bigotti lo sanno. Certo,
ovviamente, anche noi lo sappiamo. Ma non è importante se i nostri messaggi sono bugie;
non per noi, perché li stiamo usando per un effetto eticamente buono, per opporci a stereotipi
negativi che sono sempre un pochino falsi, e molto di più malvagi; non per i bigotti, perché i
messaggi avranno il loro effetto su di loro sia che ci credano sia che non ci credano» (p. 154).
Che l’Arcigay persegua un piano strategico molto simile a quello proposto da Madsen e da
Kirk è confermato da Giovanni Rossi Barilli, giornalista, scrittore e militante gay: «Nell’epoca
della tivù e del virtuale, con un crescente predominio dell’apparire sull’essere, costruirsi una
buona immagine pubblica era estremamente importante ed era un obiettivo che l’Arcigay si
mise a perseguire con determinazione. Grazie soprattutto al metodico lavoro di Franco Grillini
[...] l’associazione aveva ben presente che uno dei suoi scopi fondamentali era far parlare di
sé, avere il massimo dell’attenzione da parte dei mezzi di informazione. Per dirla con una
formula destinata a grande successo, “essere visibili”. [...]
«L’Arcigay, nella rappresentazione dei mass media, è diventata la portavoce quasi unica degli
omosessuali italiani, la massima proiezione di quello che altrove si chiama a buon diritto
comunità gay» (15). A proposito di quest’ultima considerazione di Rossi Barilli, si può
osservare che Kirk e Madsen pongono, per il perseguimento degli obiettivi prefissati, la
seguente condizione: «Vi dovrebbe essere soltanto una organizzazione gay, riconosciuta
come tale» (p. 249). È facile immaginare quali siano le conseguenze di questa scelta, per
esempio, per gli omosessuali che non condividono lo stile di vita gay i quali, infatti, pur
essendo la maggioranza, sono praticamente invisibili.
Questa strategia è stata condotta attraverso campagne mirate, scelte accuratamente.
Propongo un esempio di bruciante attualità: «Si apre un pubblico dibattito sulle unioni civili,
che sempre più diventano la questione prioritaria nell’agenda dell’Arcigay. E questo non
accade perché migliaia di coppie omo scalmanate diano l’assedio al quartier generale per
poter coronare il loro sogno d’amore. Anzi, il numero delle coppie disposte a impegnarsi per
avere il riconoscimento legale è addirittura trascurabile [...].
«Ma il punto vero è che le unioni civili sono un obiettivo simbolico formidabile. Rappresentano
infatti la legittimazione dell’identità gay e lesbica attraverso una battaglia di libertà come
quelle sul divorzio o sull’aborto, che dispone di argomenti semplici e convincenti: primo fra
tutti la proclamazione di un modello normativo di omosessualità risolto e rassicurante. Con la
torta nel forno e le tendine alle finestre, come l’ha definito una voce maligna. Il messaggio è
più o meno il seguente: i gay non sono individui soli, meschini e nevrotici, ma persone
splendide, affidabili ed equilibrate, tanto responsabili da desiderare di mettere su famiglia.
Con questo look “affettivo” non esente da rischi di perbenismo si fa appello ai sentimenti più
profondi della nazione e si vede a portata di mano il traguardo della normalità. [...] A questa
porta si bussa con discrezione, assicurando che non si vuole assolutamente il matrimonio
omosessuale: questa prospettiva fa inorridire gli stessi gay. E nemmeno si rivendica la
possibilità di adottare figli per le coppie omo, perché i tempi non sono maturi. Ci si
accontenterebbe di regolare la questione dell’eredità, della pensione, dell’affitto, della
reciproca assistenza fra i partner» (16). Kirk e Madsen, che consigliano l’utilizzo strategico
dell’argomento delle unioni gay, sottolineano il modo più efficace per presentare il messaggio:
«Noi non stiamo combattendo per sradicare la Famiglia: stiamo combattendo per il diritto a
essere Famiglia» (p. 380).
V. Che dire? È davvero folkloristico il parlare di una lobby gay? È frutto di complottismo
paranoico pensare a una strategia messa in atto dal movimento gay? Oppure After the ball.
How America will conquer its fear & hatred of Gays in the 90’s può aiutare a «distinguere i
segni dei tempi» (Mt. 16, 3)? «Dopo ogni rivoluzione — insegna Nicolás Gómez Dávila (1913-
1994) — il rivoluzionario ci avvisa che la vera rivoluzione sarà la rivoluzione di domani» (17).
E Kirk e Madsen confermano: «For, you see, the ball is over. [...] Tomorrow, the real gay
revolution begins», «Come vedi, il ballo è finito. [...] Domani inizia la vera rivoluzione gay»
(ibidem).
Roberto Marchesini
(1) Cfr. JOSEPH NICOLOSI, Omosessualità maschile: un nuovo approccio, trad. it., con
Presentazione di Chiara Atzori e Postfazione di Livio Fanzaga S.P., Sugarco, Milano 2002,
pp. 15-17 (recensione di Bruto Maria Bruti, in Cristianità, anno XXXII, n. 321, gennaio
febbraio 2004, pp. 18-22).
(2) Cfr. MARSHALL KIRK e HUNTER MADSEN, After the ball. How America will conquer its
fear & hatred of Gays in the 90’s, Plume, New York 1990. Tutte le citazioni senza rimando in
nota sono tratte da quest’opera e la loro paginazione è posta nel testo fra parentesi.
(3) Cfr. il riferimento al marxismo del movimento gay italiano, in GIANNI ROSSI BARILLI, Il
movimento gay in Italia, Feltrinelli, Milano 1999; e in MARIO MIELI, Elementi di critica
omosessuale, a cura di G. Rossi Barilli e Paola Mieli, Feltrinelli, Milano 2002.
(4) Cfr. la teoria della «desensibilizzazione sistematica», in JOSEPH WOLPE (1915-1997),
Psychotherapy by reciprocal inhibition, Stanford University Press, Stanford (California) 1958;
cfr. pure PIO SCILLIGO, La psicoterapia: Storia, modelli, orientamenti e tendenze moderne,
in Psicologia Psicoterapia e Salute, vol. 2, n. 1, Roma 1996, pp. 1-34.
(5) Cfr. LEON FESTINGER, Teoria della dissonanza cognitiva, trad. it., con Prefazione di
Gustavo Iacono, Franco Angeli, Milano 2001.
(6) Cfr. il mio Il feticcio (omosessuale) dell’omofobia, in Studi Cattolici. Mensile di studi e
attualità, anno XLIX, n. 528, Milano febbraio 2005, pp. 112-116.
(7) Cfr. Omosessualismo: nuova ondata di propaganda nei mass-media, in Corrispondenza
Romana, n. 880, Roma 27-11-2004, p. 1.
(8) Cfr., per esempio, JEANNINE GRAMICK S.S. N.D. e ROBERT NUGENTM S.D.S., Anime
gay. Gli omosessuali e la Chiesa cattolica, trad. it. a cura di Andrea Ambrogetti, Editori Riuniti,
Roma 2003; sui due autori, cfr. sui due autori, cfr. Congregazione per la Dottrina della Fede,
Notificazione riguardante Suor Jeannine Gramick, SSND, e Padre Robert Nugent, SDS.,
Roma 31 maggio 1999, in L’Osservatore Romano, Città del Vaticano 14-7-1999; cfr. pure
DOMENICO PEZZINI, Le mani del vasaio. Un figlio omosessuale: che fare?, prefazione di
Giannino Piana, Ancora, Milano 2004, su cui cfr. il mio Omosessualità, un libro equivoco per
un problema serio, ne il Timone. Mensile di informazione e formazione apologetica, anno VI,
n. 38, Fagnano Olona (Varese) dicembre 2004, p. 10.
(9) Cfr. J. NICOLOSI, Omosessualità maschile: un nuovo approccio, cit.; IDEM e LINDA
AMES NICOLOSI, Omosessualità. Una guida per i genitori, trad. it., con Presentazione di C.
Atzori, Milano, Sugarco 2003; GERARD VAN DEN AARDWEG, Omosessualità e speranza.
Terapia & guarigione nell’esperienza di uno psicologo, trad. it., con Introduzione di Paul C.
Vitz, Ares, Milano 1995; IDEM, Una strada per il domani, guida all’(auto)terapia
dell’omosessualità, trad. it., Città Nuova, Roma 2004; B. M. BRUTI, Omosessualità: vizio o
programmazione biologica?, in Cristianità, anno XXIII, n. 243- 244, luglio-agosto 1995, pp. 5-
12; e IDEM, Domande e risposte sul problema dell’omosessualità, ibid., anno XXX, n. 314,
novembre dicembre 2002, pp. 7-24.
(10) Cfr. <http://groups.google.it/groups?q=ilga+nambla&hl=it&lr=&selm
=2icgo2%24t6%40panix2.panix. com&rnum=2>, visitato il 28 febbraio 2005.
(11) Cfr. 103d Congress, 2d Session, 26 january 1994, Sec. 102. International Organizations,
Programs and Conferences, (g) Withholding of funds, in
<http://frwebgate.access.gpo.govcgibin/useftp.cgi?IPaddress=162.140.64.89&filename=h233
3enr.pdf&directory=/disk3/wais/data/103_cong_bills>, visitato il 28 febbraio 2005.
(12) FRANCO GRILLINI, Intervista a Il Giorno, cit. in G. ROSSI BARILLI, op. cit., p. 217.
(13) Via la maschera, in Babilonia. Mensile gay e lesbico, n. 115, Milano ottobre 1993, cit. in
G. ROSSI BARILLI, op. cit., p. 217.
(14) Il riferimento è al protagonista del romanzo La capanna dello zio Tom, del 1852, opera
della scrittrice statunitense Harriet Beecher Stowe (1811-1896), in cui lo zio Tom viene
descritto come uno schiavo sottomesso ai padroni, dei quali cerca d’imitare i comportamenti
al fine di soddisfarne i desideri: HARRIET BEECHER STOWE, La capanna dello zio Tom,
trad. it., con Introduzione di Vito Amoroso, Rizzoli, Milano 2001.
(15) G. ROSSI BARILLI, op. cit., pp. 161-162.
(16) Ibid., p. 212; cfr. pure TFP COMMITEE ON AMERICAN ISSUES, Defending A Higher
Law. Why We Must Resist Same-Sex «Marriage» and the Homosexual Movement, The
American Society for the Defense of Tradition, Family and Property, Spring Grove
(Pennsylvania) 2004, pp. 43-45.
(17) NICOLÁS GÓMEZ DÁVILA, In margine a un testo implicito, trad. it., a cura e con una
postfazione, Un angelo prigioniero nel tempo, di Franco Volpi, Adelphi, Milano 2001, p. 18.
Il Domenicale
19 marzo 2005
di Roberto Marchesini
La pipì in piedi
Il 3 luglio 1967 il dottor Money asportò i testicoli di "Brenda" Reimer e modellò lo scroto
dandogli la forma delle grandi labbra. Ordinò a Ron e a Janet di vestirla come una
bambina, trattarla da bambina, parlarle come si parla a una bambina. Una volta all'anno lui
avrebbe effettuato una visita di controllo. E tutto sarebbe andato bene.
Ma l'esperimento del dottor Money incontrò un ostacolo imprevisto: Brenda. Brenda (cioè
Bruce, che nulla sapeva della sua nascita) si muoveva, parlava e camminava come un
maschietto; interveniva a difendere il fratello facendo a botte con i compagni di classe;
rubava a Brian i giocattoli "da maschio" e i suoi vestiti; faceva la pipì in piedi. Le
insegnanti, preoccupate per gli atteggiamenti poco femminili di Brenda, convocavano
continuamente i genitori e, insieme a loro, facevano pressione su Brenda perché si
decidesse a comportarsi come avrebbe dovuto. Brenda, dal canto suo, tentava in ogni
modo di comportarsi come una brava bambina per far felici genitori e insegnanti; ma gli
esiti erano sconfortanti.
Nel frattempo il rendimento scolastico della bambina peggiorava; Brenda era sempre più
chiusa e taciturna. Le insegnanti cominciarono ad accennare ai genitori il timore che
Brenda fosse lesbica; suggerirono di portare la bambina da uno psicoterapeuta, per
indagare i sempre più evidenti sintomi depressivi che la bimba mostrava. Il dottor Money
consigliò invece ai genitori di girare per casa nudi e di frequentare spiagge per nudisti.
Sempre su suggerimento del dottor Money, Ron e Janet vendettero ogni cosa, lasciarono
il lavoro e andarono a vivere in un camper, in una località montana, isolata e scarsamente
abitata. Ma Brenda continuò a peggiorare. Il fratello Brian mostrava atteggiamenti
aggressivi nei confronti degli altri ragazzi; Ron cominciò a bere smodatamente. Janet
evidenziò disturbi psicologici e tentò il suicidio. Chiese il divorzio. Infine, un incendio
distrusse il camper e con esso la maggior parte delle loro cose.
I Reimer tornarono a Winnipeg nel novembre del 1976, nel tentativo di ricostruirsi una vita;
Brenda fu infine portata da uno psicoterapeuta.
Ron e Janet avevano sempre portato i bambini dal dottor Money, come concordato, una
volta all'anno. Ma i gemelli, Brenda in particolare, mostravano resistenze sempre più
violente. I genitori non capivano: il dottor Money era sempre dolce e gentile. Non potevano
immaginare ciò che accadeva nello studio mentre loro aspettavano in sala o in albergo.
Non potevano sapere che Money esercitava su Brenda e Brian violenze psicologiche, che
mostrava loro fotografie e filmini pornografici, che chiedeva loro di mimare rapporti
sessuali scattando fotografie. Intanto Money insisteva perché Brenda fosse sottoposta a
un'operazione definitiva di scavo della vagina, ma Brenda non ne voleva parlare; finse di
accettare la terapia ormonale, ma nella maggior parte dei casi riusciva a sputare le
pillole. Per nascondere il seno e i fianchi cominciò a mangiare a dismisura.
Quando Money, nel corso della visita del 1978, la fece accogliere da un transessuale,
Brenda fuggì terrorizzata e disse ai genitori che si sarebbe suicidata piuttosto che tornare
in quello studio. Da quel momento decise di smettere la commedia della brava ragazza;
rifiutò l'identità femminile e cominciò a comportarsi da maschiaccio.
Due anni più tardi Ron chiese a Brenda di accompagnarlo a prendere un gelato. Le
raccontò tutto: la circoncisione e quel che era seguito. Brenda chiese semplicemente:
«Qual era il mio nome?».
Decise di farsi amputare il seno e cominciò a farsi chiamare David. David Reimer tentò il
suicidio ingerendo un flacone di antidepressivi della madre; in seguito comprò una pistola
ed entrò nello studio del medico che, quindici anni prima, gli aveva bruciato la vita. Non lo
uccise; uscì dallo studio e gettò la pistola nel fiume. Nel 1981 si sottopose a un intervento
per la costruzione di un rudimentale pene; cominciò a farsi degli amici e a
frequentare le ragazze. Nel 1986 si sottopose a un altro intervento di ricostruzione del
pene e nel 1989 sposò Mary, una giovane donna con tre figli avuti da tre uomini diversi.
Decise di raccontare la sua storia al giornalista John Colapinto; voleva denunciare gli
esperimenti ai quali era stato sottoposto ed evitare ad altre persone le sue sofferenze.
L'esito di quell'incontro è il toccante libro As Nature Made Him: the Boy Who was
Raised as a Girl (2000), entrato fra i best seller del New York Times e insignito di vari
premi (ma mai tradotto in Italia).
Il 5 maggio 2004 David Reimer si è suicidato. E John Money è acclamato come uno dei
più autorevoli psicosessuologi americani. Ora è il portabandiera della teoria secondo la
quale la pedofilia non sarebbe sinonimo di violenza sui bambini.
Omosessualità, un libro equivoco per un problema serio
Roberto Marchesini
Le mani del vasaio – Un figlio omosessuale: che fare? di don Domenico Pezzini (Ancora,
2004) è un libro che si rivolge ai genitori che scoprono di avere un figlio con un problema
omosessuale e che cercano consiglio e sostegno. Scritto da un sacerdote e docente
universitario, avrebbe le premesse per una riflessione seria e adeguata su un tema che
sta diventando importantissimo nella vita quotidiana, anche delle comunità ecclesiali.
Invece non è così e cercherò, molto sinteticamente di spiegare perché.
Ai genitori don Pezzini risponde che se vogliono essere dei bravi genitori devono
“accogliere”, “comprendere” e “aiutare” il figlio omosessuale. Questi tre verbi sono infatti i
titoli delle tre parti in cui è diviso il libro.
Comprendere: «In questo capitolo si vorrebbe partire da qui per suggerire una serie di
tappe lungo le quali far crescere la propria “comprensione” dell’omosessualità secondo
una visione più articolata, più complessa e, alla fine, più vera» (p. 37).
Aiutare: «C’è un lungo apprendistato da fare su cosa sia un amore autentico, su cosa conti
il corpo nella relazione affettuosa, su quali siano le strategie per costruire un rapporto
solido, su come si possano superare attriti, incomprensioni, litigi. In questo ambito,
l’esperienza degli omosessuali non è diversa da quella degli eterosessuali, e qui si può
creare un utile terreno di confronto tra genitori e figli (p. 83)».
«C’è chi trova orrendo che due omosessuali abbiano rapporti omosessuali; io trovo più
orrendo che due omosessuali, liberi dai vincoli di una famiglia, vivano egoisticamente da
irresponsabili, scialacquando le loro risorse in vacanze esotiche e abiti firmati (p. 84)»
Chi crede, sulla scorta del Magistero, che l’omosessualità sia una condizione
«oggettivamente disordinata» (Catechismo della Chiesa Cattolica, 2358) ha una posizione
fondamentalista, approssimativa e offensiva della ragione, secondo don Pezzini, dalla
quale va tecnicamente guarito (per don Pezzini si tratta addirittura di una “sindrome”, cfr.
p. 28); invece chi riconosce la sostanziale bontà e la naturalità dell’omosessualità è
ovviamente persona sensata e matura.
Come risolve don Pezzini il contrasto tra le sue idee e l’insegnamento del Magistero?
Innanzitutto, secondo il sacerdote, non è vero che la Scrittura condanni l’omosessualità: si
tratta semplicemente di «valutare le testimonianze bibliche» (p. 49) e di ricondurre i passi
della Scrittura «al loro contesto storico» (ibidem). Ad esempio don Pezzini spiega che il
peccato di Sodoma (Gn 19, 1 – 11) non sarebbe l’atto omosessuale, ma «un peccato
contro l’ospitalità» (p. 50); e che san Paolo, in Rm 1, 26 – 27, non condanna gli atti
omosessuali ma… l’idolatria (p. 52).
Bibliografia
Catechismo della Chiesa Cattolica, Libreria Editrice Vaticana, 1999, 2 ed.; 2357 – 2359;
Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera sulla cura pastorale delle persone
omosessuali, 1 ottobre 1986.
Joseph. Nicolosi, Omosessualità maschile: un nuovo approccio, Milano, ed.
Sugarco,2002.
J. Nicolosi, L. Ames Nicolosi, Omosessualità - Una guida per i genitori, Milano, Sugarco,
2003.
Mario Palmaro, Omosessualità? Si può uscirne, in “Il Timone”, n. 25, maggio/giugno 2003,
pp. 43 – 45.
Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera ai Vescovi della Chiesa Cattolica sulla
collaborazione dell’uomo e della donna nella Chiesa e nel mondo, 31 maggio 2004.
Il feticcio (omosessuale) dell’omofobia
di Roberto Marchesini
1
Cfr. “Corrispondenza Romana” 865/01 del 17/07/04. Il progetto di legge n° 6582, presentato il 23
novembre 1999, primo firmatario l'allora Presidente del Consiglio Massimo D'Alema insieme al Ministro
per le Pari Opportunità Laura Balbo, affiancato dal testo unificato del 1 luglio 1999 riguardante le
"Disposizioni per la prevenzione e la repressione delle discriminazioni motivate dall'orientamento
sessuale", è stato accantonato per la caduta del governo D’Alema e la vittoria, nelle elezioni del 2001,
della Casa delle Libertà. Questi disegni di legge prevedevano sanzioni penali non solo per chiunque
esprimesse pubblicamente critiche su una qualunque perversione sessuale, ma anche per chi
partecipasse ad "associazioni, movimenti o gruppi, o presta assistenza alle loro attività" ritenute
"incitamento alla discriminazione per motivi di orientamento sessuale", che deve essere punito "per il solo
fatto della partecipazione all'assistenza, con la reclusione da sei mesi a quattro anni" (art. 2 del Testo
Unico).
2
Cfr. "ABC", 22 luglio 2004.
3
Cfr. “Avvenire”, 30 luglio 2004.
4
F. Grillini, Prefazione, in Del Favero, Palomba, Identità diverse, Roma, ed. Kappa, 1996, p. 12.
5
Giovanni Rossi Barilli, Il movimento gay in Italia, Milano, Feltrinelli, 1999, p. VIII.
6
Homophobia As a Health Hazard: Report of the Gay and Lesbian Medical Association.
7
American Psychiatric Association, Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali IV, Maqsson,
Milano, 2000. Si tratta del più diffuso manuale diagnostico, tanto da costituire uno standard per la
diagnosi dei disturbi mentali. La categoria diagnostica in questione è la F52.9 – Disturbo Sessuale Non
Altrimenti Specificato. Tale interpretazione di questa categoria è chiaramente una forzatura, in quanto il
persistente e intenso disagio è da intendersi riguardo al proprio orientamento sessuale, e non quello altri.
Il termine “omofobia” è in genere attribuito al dottor George Weinberg, che lo coniò nel
1965 per poi utilizzarlo nei sui scritti negli anni ’708. La definizione che Weinberg da nel
1972 di “omofobia” è la seguente: “La paura espressa dagli eterosessuali di stare in
presenza di omosessuali, e l’avversione che le persone omosessuali hanno nei loro
stessi confronti”.
In questa definizione il termine omofobia viene utilizzato per esprimere due concetti che
attualmente sono distinti, ossia la “omofobia” e la cosiddetta “omofobia internalizzata”.
La distinzione tra “omofobia” e “omofobia internalizzata” è in uso dal 1988, quando
Gonsiorek creò questa seconda espressione dandone la seguente definizione:
"l'incorporazione da parte di gay e lesbiche dei bias antiomosessuali prevalenti nel
mondo sociale"9; da allora il termine “omofobia” ha in genere una definizione piuttosto
vaga, riassumibile tuttavia in questo modo: “atteggiamenti, comportamenti e convinzioni
che sono discriminatorie e pregiudizievoli nei confronti dell’omosessualità”10.
8
Cfr. “NARTH Bulletin”, vol. 13, N. 2, agosto 2004, p. 20.
9
L. Pietrantoni, La gestione dello stigma antiomosessuale: omofobia internalizzata e autostima, in
"Rivista di Scienze Sessuologiche", n. 1-2, Del Cerro Editore, 1996.
10
Del Favero, Palomba, Identità diverse, op. cit., p. 200. A pagina 56 dello stesso volume possiamo
leggere un’altra definizione di “omofobia”: “Ignoranza, insensibilità, stereotipi, modo di pensare,
pregiudizi, discriminazioni e altri attributi negativi possono essere raggruppati sotto il concetto di
omofobia”. I due autori si dichiarano nel primo capitolo “professionisti” psicoterapeuti “e uomini gay” (p.
17).
11
Petty e Cacioppo, Attitudes and Persuasion: classic and contemporary approaches, Dobuque, Iowa,
Wm C. Brown, 1981, p. 7; cit. in Hewstone, Stroebe, Codol, Stephenson, Introduzione alla psicologia
sociale, Bologna, Il Mulino, 1991, p. 162. Per una esauriente riflessione sul concetto di “atteggiamento” si
veda ibidem, pp. 162 – 165.
12
G. Colombo, Manuale di Psicopatologia Generale, Padova, Cleup, 1996, p. 211.
13
American Psychiatric Association, Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali IV, op. cit.
- derealizzazione (sensazione di irrealtà) o depersonalizzazione (essere distaccati da
sé stessi)
- paura di perdere il controllo o di impazzire
- paura di morire
- parestesie (sensazioni di torpore o di formicolio)
- brividi o vampate di calore
Considerato tutto ciò, il termine “omofobia” sembra decisamente inappropriato per
designare un atteggiamento; infatti lo stesso DSM IV non riporta, tra le fobie, la
“omofobia”.
Recentemente14, un gruppo di psicologi della University of Arkansas ha sottoposto 138
persone ad una serie di test e a tre questionari per la misurazione del livello di ansia e
paura. Tra i test somministrati l’Index of Attitudes towards Homosexuals (IAH), la
Sexual Attitudes Scale, il Disgust Emotion Scale e il Padua Inventory; il primo è
considerato lo strumento che misura la “omofobia”; il secondo indaga il pensiero delle
persone nei confronti della sessualità umana; il terzo strumento aveva il compito di
misurare le risposte delle persone in termini di disgusto mentre il Padua Inventory
misura la paura di contaminazioni.
Le analisi statistiche compiute sui risultati hanno mostrato una correlazione negativa tra
gli atteggiamenti nei confronti degli omosessuali e la misura di paura e ansia; invece i
risultati del IAH erano correlati positivamente con i risultati della Sexual Attitudes Scale,
del Disgust Emotion Scale e del Padua Inventory.
In altre parole, i soggetti che mostrano punteggi elevati all’Index of Attitudes towards
Homosexuals mostrano attitudini sessuali “tradizionali”, elevati livelli di disgusto e timore
di diventare omosessuali: non paura e ansia. La “omofobia” sarebbe quindi un
atteggiamento, non una fobia. Lo stesso professor Lohr, che ha guidato la ricerca e che
da anni studia le fobie, ha commentato i risultati con queste parole: “Se il disprezzo e il
disgusto guidano l’omofobia, essa sembra più un problema morale o sociale che un
problema psicopatologico. Se cominciamo a considerare patologici gli atteggiamenti
negativi – con l’implicazione che c’è qualcosa di sbagliato dal punto di vista medico
nelle persone con pregiudizi, che essi sono in qualche modo malati nei loro
atteggiamenti –, ciò mi sembra aberrante”.
C’è una evidente e probabilmente voluta confusione tra atteggiamento e patologia, e un
utilizzo ideologico e strumentale delle categorie mediche e psichiatriche.
Si profila uno scenario fantascientifico per cui gli attivisti gay, i quali sono riusciti tramite
pressioni politiche15 a far depennare la diagnosi di omosessualità a causa dello stigma
sociale che questa poteva portare, ora cercano di stigmatizzare l’atteggiamento
“omofobo” proprio attraverso una diagnosi psicopatologica.
Come accenna il dottor van den Aardweg "Chiunque non accetti l'omosessualità come
cosa normale viene accusato di discriminazione a danno di persone diversamente
dotate, persone che sono «sostanzialmente» diverse; forse - si dice - costui discrimina
perchè egli stesso reprime la componente omosessuale della propria vita emotiva o,
peggio, perchè soffre di «omofobia», timore patologico dell'omosessualità"16. Così il
dottor Anatrella: “L’omofobia è il termine utilizzato dalle associazioni omosessuali per
designare l’atteggiamento di tutti quelli che si interrogano e criticano la volontà di
imporre alla società la banalizzazione e la normalizzazione dell’omosessualità. Secondo
questi militanti, ogni critica sociale dell’omosessualità manifesta, in coloro che la
formulano, una paura dell’omosessualità, se non addirittura persino il timore che loro
14
Olatunji, B. O., Sawchuk, C. N., Lohr, J. M., & de Jong, P. J. (in press), Disgust domains in the
prediction of contamination fear. Behaviour Research and Therapy.
15
Cfr. J. Nicolosi, Omosessualità maschile: un nuovo approccio, Milano, ed. Sugarco,2002, pp. 18 – 21.
16
G. van den Aardweg, Omosessualità e speranza, Milano, Ares, 1995, p. 16.
ispira la propria omosessualità inconsciente”17. “L’argomento più utilizzato a fini
propagandistici da associazioni omosessuali, quando si scontrano con argomentazioni
che non sono in grado di discutere né di contraddire, è quello dell’«omofobia». Questa
nozione di omofobia (utilizzata in occasione della sfilata del Gay pride del 1999) è
diventata un termine feticcio, che inibisce ogni riflessione e cerca di stigmatizzare coloro
che ritengono che, socialmente, l’omosessualità pone un problema”18.
17
T. Anatrella, voce Omosessualità e omofobia, in Lexicon, Città del vaticano, LEV, 2003, p. 686. In data
16 giugno 2003 è stata proposta una querela - presso la questura di Bologna - da Paola Dell’Orto in
Dall’Orto, nella qualità di presidente e legale rappresentante della associazione AGEDO (Associazione
Genitori di Omosessuali); il PM ha chiesto l’archiviazione in data 23 giugno 2003 dichiarando “Ma se è
incontestabile la piena liceità di tali pubblicazioni ed iniziative [da parte dell’AgeDO], stupisce invece che
la querelante non voglia riconoscere una simmetrica e pari libertà ad esponenti del mondo cattolico, di
raccogliere in un volume il loro pensiero. […] Per fortuna viviamo in un Pese libero. L’art. 21 della
Costituzione è il caposaldo di ogni dibattito culturale, anche su temi sociali e religiosi (sui quali ultimi
concorre anche la libertà garantita dall’art. 19 Cost.).
I libri, strumento essenziale della nostra civiltà e della nostra cultura per il progresso collettivo della
società ed individuale delle persone - in altri tempi e in altri luoghi venivano bruciati pubblicamente, ma
oggi non possono essere sequestrati (come già spiegato nel provvedimento citato in data 20 giugno
2003) né penalizzati.
Ritenuta quindi l’infondatezza assoluta della notizia di reato devesi richiedere immediatamente
l’archiviazione, per insussistenza dei reati ipotizzati dalla querela”. L’AgeDO ha reagito chiedendo a
simpatizzanti ed iscritti di denunciare a titolo personale la stessa pubblicazione e fornendo un fac simile
della querela.
18
T. Anatrella, voce Omosessualità e omofobia, in Lexicon, Città del vaticano, LEV, 2003, p. 691.
19
P. Rigliano, Amori senza scandalo, Milano, Feltrinelli, 2001, p. 101.
20
Ibidem, p. 129.
21
Ibidem, p. 148.
22
Ibidem, p. 156.
caratteristica citata con maggior frequenza è quella di «minaccia per i valori» (pp. 16 -
17). Tuttavia, il termine è stato esteso oltre l'originaria definizione di Weimberg e oggi si
riferisce a qualsiasi teoria che consideri l'omosessualità superiore alla e/o «più
naturale» dell'omosessualità (Morin 1977). Se consideriamo questa definizione,
qualsiasi cultura o tradizione religiosa della storia del mondo può esser considerata
omofobica. Se chiedessimo a tutti i genitori del mondo se avrebbero voluto un figlio
omosessuale, scopriremmo con certezza che siamo quasi tutti omofobici. Il termine è
stato esteso ad nauseam. Eppure, coloro che amano usare il termine non vogliono
ammettere che è piuttosto naturale rifiutare lo stile di vita omosessuale all'interno dei
propri valori, senza per questo avere una natura «fobica». Questo non significa temere
che questo stile di vita possa mettere in pericolo i vari valori, vuol dire semplicemente
non accettarlo come una via alternativa naturale e percorribile"23.
In particolare sarebbe colpa della società “omofoba” – e non dell’egodistonia provocata
dall’omosessualità - la maggior incidenza negli omosessuali di abuso di droghe e di
bevande alcooliche, di tentativi di suicidio e di prostituzione.
23
J. Nicolosi, Omosessualità maschile: un nuovo approccio, op. cit., pp. 104 - 105
24
Theo G. M. Sandfort, Ron de Graaf, Rob V. Bijl, Paul Schnabel, Same-Sex Sexual Behaviour and
Psychiatric Disorders, « Archives of General Psychiatry” vol. 58, gennaio 2001, pp. 85 – 91.
25
Va osservato che i soggetti sono stati classificati come omosessuali (2.8 % degli uomini e 1.4 % delle
donne) ed eterosessuali in base ai comportamenti sessuali riferiti avuti nell’ultimo anni. Innanzitutto non
appare corretto definire le persone come omosessuali esclusivamente in base al comportamento
sessuale, che può essere anche occasionale o episodico e non indicativo di inclinazioni omosessuali;
secondariamente queste percentuali, seppure gonfiate in tal modo, rappresentano l’ennesima smentita
delle percentuali riportate dal celebre Rapporto Kinsey (10 % della popolazione) generalmente
sbandierate dagli attivisti gay.
26
Gli autori della ricerca, nonostante gli esiti del loro lavoro, affermano di condividere quest’idea.
quali tengono di più, alcuni omosessuali possono finire nella disperazione, almeno per
brevi periodi di tempo. Non è dunque sorprendente che qualcuno di loro pensi o
addirittura tenti di togliersi la vita”27. Tuttavia la causa sembra da attribuirsi perlopiù da
frustrazioni nella vita di coppia (gelosie, infedeltà) che non alla “persecuzione
omofobica”28. Commenta il dottor Nicolosi: “Un gruppo di ricerca guidato da Gary
Remafedi ha messo a confronto un gruppo di adolescenti omosessuali e bisessuali che
hanno tentato il suicidio con un gruppo di adolescenti omosessuali, e bisessuali che non
vi hanno mai pensato. Nel 44 per cento dei casi, i soggetti attribuivano il tentativo di
suicidio a «problemi familiari, fra cui i rapporti conflittuali con i membri della famiglia, la
crisi matrimoniale dei genitori, il divorzio o l’alcolismo». A dire il vero, non è una novità il
fatto che l’omosessualità sia associabile alle disfunzioni strutturali della famiglia di
origine del soggetto.
Affermare che i tentativi di suicidio siano dovuti solo (o principalmente) ai pregiudizi
della società sembra essere una spiegazione semplicistica a un problema ben più
complesso”29.
L’omofobia è dunque solamente di un tranello verbale, uno stratagemma ideologico?
Potrebbe non essere così semplice.
Un altro recente studio30 è stato condotto con l’obiettivo di dimostrare che lo stato di
salute psicologica, l’integrazione sociale e la qualità della vita degli omosessuali è
inferiore a quella degli eterosessuali. Anche in questo caso (1.161 uomini, tra i quali 656
si sono definiti gay, e 1018 donne, tra le quali 430 si sono definite lesbiche) i risultati
hanno confermato che “Uomini gay e lesbiche presentarono un rischio psicologico
maggiore degli eterosessuali […] La quantità dei disturbi da uso di sostanze è risultato
più alto tra gli uomini gay e le lesbiche, i quali riferirono di aver fatto uso di sostanze
ricreative più frequentemente della loro corrispettivi eterosessuali. Le lesbiche rifurono
più frequentemente delle donne eterosessuali di bere alcol in modo eccessivo”. I
ricercatori, tuttavia, partendo dal presupposto (come abbiamo visto, non giustificato)
che le sofferenze degli omosessuali siano da attribuire esclusivamente alla
discriminazione e all’intolleranza della società omofoba, hanno indagato sugli atti di
bullismo subiti dai soggetti, omosessuali ed eterosessuali e sulla causa percepita di
questi. I risultati sono particolarmente stimolanti: i gay e gli eterosessuali hanno riferito
di aver subito atti di bullismo a scuola o episodi di violenza negli ultimi cinque anni in
percentuali molto simili, statisticamente non significative. Ciò che distingue i due gruppi
di soggetti è invece l’attribuzione del motivo dell’aggressione subita: “Uomini gay e
lesbiche hanno spesso attribuito la molestia o la violenza alla loro sessualità”, ossia: per
gay e lesbiche il motivo delle aggressioni subite (in numero uguale a quelle subite dagli
eterosessuali) è l’intolleranza nei confronti del loro orientamento sessuale, in altre
parole, di nuovo, la “omofobia”.
In una intervista, Joel Masure, del centro Ascolto lesbico e Gay di Parigi, a proposito
della difficoltà dell’essere omosessuali, risponde: “Se i pregiudizi persistono, essi sono,
tuttavia, meno violenti che in passato. Sebbene nell’ambiente gay e lesbico vi sia la
tendenza ad ingrandirli, a immaginare che il mondo intero sia ostile, è comunque vero
che in provincia, negli strati popolari, la situazione rimane estremamente complicata”31.
27
Barbagli, Colombo, Omosessuali moderni, Bologna, Il Mulino, 2001, p. 57.
28
G. van den Aardweg, «Matrimonio» omosessuale & affidamento a omosessuali, in “Studi cattolici”,
449/50, luglio/agosto 1998, p. 501.
29
Nicolosi, Ames Nicolosi, Omosessualità - Una guida per i genitori, Milano, Sugarco, 2002, p. 126.
30
M. King, E., McKeown, J. Warner, A. Ramsay, K. Johnson, C. Cort, L. Wright, R. Blizard, O. Davidson,
Mental Health and Quality of Life of Gay Man and Lesbians in England and Wales, “British Journal of
Psychiatry”, vol. 183, 2003, pp. 552 – 558.
31
Del Favero, Palomba, Identità diverse, op. cit., p. 49.
Tutto ciò conferma quella tendenza all’autocommiserazione, al vittimismo, al senso di
inferiorità e di persecutorietà osservato, tra gli altri, da van den Aardweg e da Nicolosi32.
La “omofobia” percepita come universale e causa di ogni ferita emotiva e psicologica
potrebbe quindi, in accordo con questi rilievi, essere una forma di proiezione sul mondo
esterno delle proprie sofferenze; la personalità narcisistica, costruita dagli omosessuali
come difesa dalla propria inadeguatezza percepita, utilizzerebbe questa proiezione
come un’arma ideologica e verbale con la quale punire tutti coloro che vengono
identificati con la causa della propria sofferenza.
Argomento in malafede
Una argomentazione simile è esposta in queste riflessioni conclusive del dottor
Anatrella: "L'omofobia è un argomento di malafede e un prodotto dell'ansietà della
psicologia omosessuale. In nome dell'omofobia, dei militanti vogliono soprattutto
colpevolizzare gli eterosessuali. Riescono del resto a raggiungere questo obiettivo e a
seminare il dubbio nella mente delle persone, come sa farlo il discorso del perverso
narcisista che lascia intendere agli altri che ne sa di più sulla loro psicologia per meglio
manipolarli. [...] Ogni critica, ogni riflessione che indica che l’omosessualità rappresenta
un serio handicap psichico nell'elaborazione sessuale, ogni discorso umoristico che
assumesse atteggiamenti derisori nei confronti dell’omosessualità, o ancora, il fatto di
ricordare che la pratica dell’omosessualità non è moralmente corretta e che la maggior
parte delle religioni la considerano come una contraddizione antropologica di valore
universale e che soltanto la relazione di coppia uomo – donna sta alla base della
società e del diritto, è giudicata come se fosse razzismo o, secondo lo slogan ormai di
moda, come fosse omofobia. Questa interpretazione psicologica non fondata traduce
una carenza del pensiero che ha di mira le persone, per loro squalificare i loro discorsi e
gli interrogativi che essi pongono.
Così lo slogan dell’omofobia viene ripreso in maniera incantatoria, emozionale, e in una
logica quasi settaria, poiché non si tratta tanto di riflettere e di sapere ciò che significa il
fatto di volere istituire una realtà sessuale, ma di esercitare una manipolazione e
un’influenza sulle menti colpevolizzandole. […] L'utilizzazione dello slogan dell'omofobia
è un effetto del linguaggio, che non rende conto della realtà. La maggior parte delle
persone sono indifferenti agli omosessuali, di più ancora in una società individualistica
dove ciascuno fa quello che vuole. [...] L'utilizzazione abusiva, da parte di dottrinari della
causa omosessuale, dell'immagine dell'omofobia, ci pone soprattutto di fronte a
un'interpretazione proiettiva. La fobia, la paura, è probabilmente più presente in coloro
che se ne servono come di una bandiera che in coloro che vengono pressi di mira dalle
parole di questi militanti. Il meccanismo abituale della fobia consiste nel far ricadere sul
mondo esterno l'angoscia che una mozione pulsionale ispira, ma che è vissuta come un
pericolo e un disappunto originati dall'esterno. Freud aveva ragione di sottolineare che è
talvolta impossibile essere intesi quando si denuncia una proiezione come una
percezione erronea. Le interpretazioni proiettive possono strappare, per un periodo,
l’adesione psicologica (che produce il fenomeno delle sette) o l’adesione politica (che
produce la dittatura dei costumi), perché offrono un sistema di riferimenti concernenti la
gestione che è assai rassicurante nella società individualistica attuale. Fin quando le
menti saranno mature per affrancarsi da questa tirannia.
La repressione intellettuale si mobilita fino a immaginare la creazione di una sanzione
penale. Si ha la pretesa, infatti, in certi ambienti associativi, se non addirittura politici, di
voler creare «un delitto di omofobia», che sarebbe sanzionato dalla legge identificando
la situazione degli omosessuali con quella di coloro che sono le vittime
32
Cfr. G. J. Nicolosi, Omosessualità maschile: un nuovo approccio, op. cit., pp. 75 – 85; van den
Aardweg, Omosessualità e speranza, op. cit., pp. 69 - 89.
dell'antisemitismo e del razzismo. Una frode intellettuale si cela dietro questa
confusione tra il razzismo e il rifiuto di porre su un piede di parità, nella società,
l'omosessualità (che non è se no una tendenza sessuale tra le altre) con le due identità
sessuali le quali, da sole, prevalgono nell'ambiente sociale"33.
33
T. Anatrella, voce Omosessualità e omofobia, in Lexicon, Città del vaticano, LEV, 2003, passim.
JOSEPH NICOLOSI e LINDA AMES NICOLOSI, Omosessualità. Una guida per
i genitori, con Presentazione di Chiara Atzori, trad. it., Sugarco, Milano
2002, pp. 240, t 18,40
Il dottor Joseph Nicolosi è uno dei punti di riferimento della terapia riparativa dell’omosessualità; è
cofondatore e direttore del NARTH, l’Associazione Nazionale per la Ricerca e la Terapia
dell’Omosessualità (cfr. <www.narth.com/>, visitato il 30-10-2005), e membro dell’APA, l’Associazione
Psicologica Americana. Ha pubblicato diversi studi sul tema dell’omosessualità (cfr. Omosessualità
maschile: un nuovo approccio, trad. it., con Presentazione di Chiara Atzori e Postfazione di Livio Fanzaga
S.P., Sugarco, Milano 2002, recensito da Bruto Maria Bruti, in Cristianità, anno XXXII, n. 321, gennaio-
febbraio 2004, pp. 18-22); esercita la professione presso la Thomas Aquinas Clinic di Encino, in California.
Nicolosi ha scritto con la moglie Linda Ames Omosessualità. Una guida per i genitori per rispondere alle
numerose domande di genitori e di educatori circa il comportamento non conforme al proprio genere che
un numero sempre maggiore di bambini mostrano; dunque, si tratta di un’opera a quattro mani, nella quale
però le parti propriamente cliniche sono del solo dottor Nicolosi, da cui l’alternanza del «noi» e dell’«io»
per indicare la paternità delle affermazioni (cfr. p. 18, nota).
L’opera si compone di una Presentazione del medico infettivologo Chiara Atzori (pp. 5-8), di una pagina
di Ringraziamenti (p. 9) e di nove capitoli, lungo i quali gli autori accompagnano genitori ed educatori alla
comprensione e alla prevenzione dell’omosessualità (pp. 11-220); l’esposizione è corredata da numerosi
esempi clinici e dall’apparato critico (pp. 221-234).
Nell’Introduzione (pp. 11-18) gli autori espongono la loro esperienza rispetto al sempre maggiore
bisogno, da parte di genitori e di educatori, di un’informazione chiara e onesta sull’omosessualità. Questa
necessità nasce non solamente dall’incremento del numero dei bambini che presentano il GID, il Gender
Identity Disorder, «Disturbo dell’Identità di Genere», ma anche dagli esiti della propaganda gay che, in
modo sempre più efficace, sta manipolando l’informazione circa l’omosessualità (cfr. il mio «After the
Ball»: un progetto «gay» dopo il baccanale, in Cristianità, anno XXXIII, n. 327, gennaio-febbraio 2005,
pp. 7-11).
I coniugi Nicolosi affermano che, al di là delle convinzioni etico-politiche di ognuno, prevenire
l’omosessualità è possibile ed è necessario perché espone le persone a una serie di rischi psico-fisici molto
seri, nei confronti dei quali gli eterosessuali sono maggiormente tutelati. Infatti gli omosessuali sono più
frequentemente soggetti a depressione maggiore, a disturbo d’ansia generalizzato, a disturbi del
comportamento, a dipendenza dalla nicotina, e ad abuso o a dipendenza da altre sostanze (cfr. David M.
Fergusson, L. John Horwood e Annette L. Beautrais, Is sexual orientation related to mental health pro-
blems and suicidality in young people?, in Archives of general psychiatry, vol. 56, n. 10, Chicago 1-10-
1999, pp. 876-880); hanno più frequentemente episodi suicidari (cfr. ibid.; Richard Herrell, Jack Goldberg,
William R. True, Visvanathan Ramakrishnan, Michael Lyons, Seth Eisen e Ming T. Tsuang, Sexual
orientation and suicidality: a co-twin control study in adult men, in Archives of general psychiatry, vol. 56,
n. 10, cit., pp. 867-874; Gerard van den Aardweg, Una strada per il domani. Guida all’(auto) terapia
dell’omosessualità, trad. it., Città Nuova, Roma 2004, pp. 62-63; e Marzio Barbagli e Asher Colombo,
Omosessuali moderni. Gay e lesbiche in Italia, il Mulino, Bologna 2001, pp. 54-58) e hanno un’aspettativa
di vita media decisamente inferiore rispetto a quella degli eterosessuali (cfr. Paul Cameron, The gay
nineties, Franklin, Adroit 1993, cit. in G. van den Aardweg, «Matrimonio» omosessuale & affidamento a
omosessuali, in Studi Cattolici. Mensile di studi e attualità, anno XLII, n. 449/50, Milano luglio-agosto
1998, pp. 499- 509, [ p. 501]).
Nell’opera è sottolineato un fatto curioso. L’attivismo gay è riuscito a espungere dai manuali diagnostici
l’omosessualità come disturbo, anche se, a dire il vero, nel Diagnostic and Statistic Manual of Mental
Disorders, versione IV-TR, (trad. it. DSM-IV-TR. Criteri diagnostici, Masson, Milano 2004), il manuale
diagnostico dell’APA, American Psychiatric Association, è presente un Disturbo Sessuale Non Altrimenti
Specificato, che può essere diagnosticato quando è riscontrabile un «persistente e intenso disagio riguardo
all’orientamento sessuale» (cfr. ibid., disturbo F52.9); si tratta, in altri termini, dell’«omosessualità egodi-
stonica» (cfr. DSM-III. Criteri diagnostici, trad. it., Masson, Milano 1983, disturbo 302. 00), ossia quella
degli omosessuali che non si riconoscono nell’identità gay. Tuttavia è singolare che nei manuali diagnostici
sia tuttora presente il Disturbo dell’Identità di Genere dei bambini, altamente predittivo di un futuro
sviluppo dell’omosessualità: «Nei bambini, l’anomalia si manifesta con uno dei seguenti sintomi: nei
maschi, affermazione che il proprio pene o i testicoli li disgustano, o che scompariranno, o affermazione
che sarebbe stato meglio non avere il pene, o avversione verso i giochi di baruffa e rifiuto dei tipici
giocattoli, giochi, e attività maschili; nelle femmine, rifiuto di urinare in posizione seduta, affermazione di
avere o che crescerà loro il pene, o affermazione di non volere che crescano le mammelle o che vengano le
mestruazioni, o marcata avversione verso l’abbigliamento femminile tradizionale» (DSM-IV-TR. Criteri
diagnostici, cit., disturbo F64.2). Secondo i Nicolosi «[...] la professione psichiatrica ha creato un’in-
congruenza di fondo, considerando i disordini dell’identità sessuale una patologia psichiatrica [nel
bambino], e il loro esito conclusivo nell’adulto (l’omosessualità) una condizione normale» (p. 186).
Nel capitolo 1, La mascolinità è una conquista (pp. 19-32), gli autori espongono brevemente le cause
relazionali dello sviluppo dell’omosessualità riprendendo e approfondendo le tesi della teologa ortodossa e
psicologa inglese Elizabeth Moberly sull’origine familiare dell’omosessualità, esposta nella sua opera
Homosexuality: A New Christian Ethic (James Clarke & Co, Cambridge 1983). Secondo i Nicolosi, le
persone omosessuali, anziché sviluppare un soddisfacente attaccamento emotivo nei confronti dei genitori
del proprio sesso, sentendosi rifiutate sviluppano invece un «distacco difensivo» (ibid., p. 6) che li protegge
da ulteriori frustrazioni. Le cause di questo mancato attaccamento possono essere le più svariate e
coinvolgono tutti gli elementi del sistema familiare; l’esito sarà «un problema di grave mancanza di
autostima e di senso di inadeguatezza sessuale» (p. 31). Il mondo maschile rappresenterà sempre un
fortissimo richiamo e una minaccia; crescendo, il desiderio affettivo assumerà una connotazione sessuale.
Secondo gli autori «il cuore della condizione omosessuale è l’autoinganno. [...] È una rivolta contro la
realtà, una ribellione contro i limiti insiti nella natura umana» (p. 22).
In questo capitolo gli autori colgono l’occasione per ribadire la differenza fra gay e omosessuali: «[...] il
termine gay ha un’accezione politica che implica un enorme bagaglio di questioni ideologiche e [...] il
termine scientifico più adatto [per indicare una persona attratta da altri dello stesso sesso] è omosessuale»
(p. 20).
Nel capitolo 2, Il bambino preomosessuale (pp. 33-55), i coniugi Nicolosi espongono in modo sintetico
ma efficace il delicato tema dell’identità e della natura della persona; cioè mostrano come la questione
relativa alla maggiore o minore naturalità dell’omosessualità non è di competenza della scienza:
«Contrariamente a quanto spesso si sente dire, la scienza ha dei limiti intrinseci: essa descrive la realtà,
può dirci “ciò che è”, ma non “ciò che dovrebbe essere”» (p. 35). Gli autori utilizzano un esempio per
chiarire il concetto: «Possiamo affermare che l’obesità è la sua [di Jack, il ragazzo dell’esempio] vera
natura? Non è più giusto dire che la sua condizione è il frutto di una combinazione di fattori biologici,
influenza familiare, influenza sociale esercitata dai suoi coetanei e una personale scelta comportamentale
(esattamente come per l’omosessualità)?» (p. 36).
«L’essere umano non è destinato all’obesità; abbiamo il dovere di rispettare le persone affette da questo
problema e sostenere la loro battaglia, ma non possiamo affermare che l’obesità è parte integrante della
loro identità.
«Questo è lo stesso comportamento da tenere nei confronti degli adolescenti confusi sulla loro identità
sessuale» (ibidem).
Secondo l’esperienza del dottor Nicolosi, i bambini confusi nella loro identità sessuale possono evitare
una futura omosessualità se le relazioni nel sistema familiare si modificano in modo da fornire loro un
modello maschile positivo al quale essi possano ispirarsi nelle sfide della vita.
Nel capitolo 3, Omosessuali si nasce? (pp. 56-66), gli autori s’impegnano nella confutazione delle teorie
secondo le quali l’omosessualità sarebbe una condizione innata. Queste teorie sono propalate dagli attivisti
gay nell’intento di convincere l’opinione pubblica che l’omosessualità sarebbe «normale», seguendo un
ragionamento di questo genere: se una persona nasce omosessuale nessuno ne ha la responsabilità, e non vi
si può fare nulla, anzi! Ogni tentativo di cambiamento sarebbe una violenza alla «vera natura» della
persona.
Tuttavia questo ragionamento sarebbe fallace anche se l’omosessualità avesse una causa genetica: per
esempio, la sindrome di Down è innata, ma nessuno la considera normale.
Le teorie innatiste dell’omosessualità si basano principalmente su due esperimenti.
Il primo è quello condotto nel 1991 dal biologo statunitense Simon Le Vay — omosessuale e attivista gay
—, il quale sezionò alcuni cadaveri fra i quali quelli di uomini presumibilmente omosessuali. Le Vay scoprì
che il terzo nucleo interstiziale dell’ipotalamo — chiamato INAH-3 — aveva dimensioni simili nelle donne
e negli omosessuali, mentre mostrava dimensioni maggiori nel caso degli uomini dei quali non era
disponibile alcuna informazione sull’orientamento sessuale. Sostanzialmente, questo ricercatore ha
confrontato l’ipotalamo di omosessuali con quello di uomini dall’orientamento sessuale sconosciuto. Oltre
a ciò va considerata la plasticità del cervello; non è possibile cioè escludere che un comportamento
omosessuale abbia un’influenza sulle parti dell’encefalo. Oltre a tutto questo, fu lo stesso Le Vay a
dichiarare: «Bisogna considerare ciò che non sono riuscito a dimostrare. Non ho provato che
l’omosessualità è genetica, né ho trovato una causa genetica dell’omosessualità. Non ho dimostrato che
omosessuali si nasce» (p. 57).
Il secondo esperimento è quello pubblicato nello stesso anno da J. Michael Bailey e Richard Pillard (cfr.
A genetic study of male sexual orientation, in Archives of general psychiatry, vol. 48, n. 12, Chicago 1-12-
1991, pp. 1089-1096). Questo studio, che secondo gli attivisti gay avrebbe dimostrato l’origine genetica
dell’omosessualità, in realtà dimostra l’esatto contrario. I due scienziati presero in esame coppie di fratelli
nelle quali almeno uno dei due aveva un orientamento omosessuale. I gemelli omozigoti — che
condividono l’identico patrimonio genetico — erano entrambi omosessuali nel 52% dei casi; è una
percentuale tutt’altro che trascurabile, ma se l’omosessualità avesse un’origine genetica la percentuale
avrebbe dovuto essere il 100%. Ma le sorprese non sono finite: i gemelli di zigoti erano entrambi
omosessuali nel 22% dei casi, mentre i fratelli non gemelli lo erano nel 9.2% dei casi. Curiosamente, nel
caso dei fratelli adottivi — che non condividono nulla del patrimonio genetico — la percentuale era del
10.5%, cioè superiore a quella dei gemelli biologici.
Nel capitolo 4, Il ruolo della famiglia (pp. 67-97), gli autori indagano sui ruoli e sulle dinamiche familiari
connesse con lo sviluppo dell’omosessualità. Emerge con evidenza come il fattore scatenante
l’omosessualità non sia solamente un padre di un certo tipo, ma la relazione fra il padre e il figlio; e quale
influenza abbia la madre su questa relazione, e quale relazione quest’ultima intrattenga con il marito e il
figlio. Pare quindi importante considerare la famiglia come un «sistema», e non solamente come la somma
d’individui; è questo una conferma e un superamento della «relazione triadica classica» (p. 74) individuata
dallo psichiatra e psicoanalista statunitense Irving Bieber (1908-1991, basata su caratteristiche individuali
dei membri della famiglia: «Siamo portati a pensare che la triade caratterizzata da un’intimità vischiosa
materna e dal distacco-ostilità paterno sia il modello “classico” più favorevole alla promozione
dell’omosessualità o di gravi problemi omosessuali nel figlio» (I. Bieber e Collaboratori, Omosessualità,
«Il Pensiero Scientifico» Editore, Roma 1977, p. 153). In questo capitolo, i coniugi Nicolosi forniscono
alcune utili indicazioni per i genitori alle prese con questo problema.
Nel capitolo 5, Amici e sentimenti (pp. 98-118), gli autori affrontano il delicato tema dei rapporti dei
bambini affetti da GID con i coetanei dello stesso sesso. I bambini affetti da GID, infatti, tendono a isolarsi
e a mantenere comportamenti solitari; eventualmente giocano e frequentano preferibilmente amici del sesso
opposto, ma difficilmente hanno amici dello stesso sesso. Questo atteggiamento, secondo i coniugi
Nicolosi, è la conseguenza dell’opinione — formatasi in famiglia — che questi bambini hanno di sé: «[...]
il bambino prova un profondo disagio in compagnia di altri uomini e non si sente all’altezza del mondo
maschile» (p. 31); secondo lo psicoterapeuta olandese Gerard van den Aardweg, inoltre, i rapporti con i
coetanei dello stesso sesso sarebbero ancora più determinanti delle relazioni familiari nel produrre un senso
d’inferiorità in riferimento al proprio genere (cfr. G. van den Aardweg, Omosessualità e speranza, trad. it.,
Ares, Milano 1995; e IDEM, Una strada per il domani, cit.). Inoltre, nello stesso capitolo, gli autori mettono
in guardia i genitori da associazioni che propagandano lo stile di vita gay sfruttando il momento di
difficoltà dei genitori, e sottolineano l’importanza dell’attività sportiva per il superamento delle difficoltà di
genere elencando gli sport che a loro parere possono aiutare a sviluppare un sano potenziale eterosessuale.
Nel capitolo 6, Verso l’adolescenza (pp. 119-155), i coniugi Nicolosi affrontano una fase importante
dello sviluppo della persona, in particolare di quella che ha difficoltà con la propria identità di genere.
Questo periodo è particolarmente delicato perché le pulsioni affettive cominciano a erotizzarsi — e quindi
comincia per il ragazzo o per la ragazza il rischio di intraprendere comportamenti pericolosi — e perché gli
adolescenti sono particolarmente sensibili al bombardamento mediatico, e la strategia gay prevede un
massiccio uso dei mass media per «[...] diffondre la convinzione che l’omosessualità debba essere
considerata una condizione normale» (p. 179). I coniugi Nicolosi, infatti, sottolineano come nel caso di
diversi adolescenti da loro incontrati l’essere omosessuale o meno sia una questione di moda, e il
parteggiare per il movimento omosessualista sia vissuto come una lotta per i diritti civili. Gli autori,
ricorrendo a ricerche e alla letteratura scientifica, dimostrano come gli adolescenti con problemi di
omosessualità siano particolarmente esposti a problemi psichiatrici o a comportamenti antisociali e
autodistruttivi, come tentativi di suicidio, fughe da casa, tossicodipendenza, alcolismo e prostituzione;
infatti, per molti omosessuali, l’adolescenza è il momento dei primi contatti con il mondo gay. Vista la
criticità dell’età adolescenziale, per i ragazzi che hanno problemi d’identità di genere, gli autori mettono in
guardia i genitori nei confronti di programmi educativi scolastici miranti a presentare l’omosessualità come
«normale» e la critica nei confronti dell’omosessualità e del mondo gay come «omofobia». Questi
programmi esistono anche in Italia: sono condotti dall’AGEDO, l’Associazione di Genitori, Parenti e
Amici di Omosessuali (cfr. <www.agedo.org/index_i.html>, visitato il 30-10-2005) e sono finanziati con
fondi pubblici. Questo capitolo è anche l’occasione per ricordare i legami fra lo sviluppo dell’omosessualità
e abusi subiti in età infantile o adolescenziale.
I coniugi Nicolosi dedicano il capitolo 7, Da maschiaccio a lesbica (pp. 156-175), a un tema spesso
dimenticato nei dibattiti e sui mass media, ossia quello dell’omosessualità femminile, cioè del lesbismo. Il
dottor Nicolosi afferma: «Credo che alle origini del lesbismo vi sia il rifiuto inconscio della propria
identità femminile. Solitamente, le donne che diventano lesbiche decidono a livello inconscio che essere
femmine è rischioso o indesiderabile. A volte perché hanno subito le molestie sessuali di un uomo, oppure
(e questo è il caso più frequente) perché si confrontano con una figura materna ai loro occhi debole o
negativa» (p. 157). Anche in questo caso vengono analizzate le dinamiche familiari, ma non vengono
taciute le responsabilità del femminismo, responsabile di diffondere un rifiuto della «ricettività» (p. 160)
definita «l’anima della femminilità» (p. 160).
Nel capitolo 8, La politica della cura (pp. 176-191), gli autori affrontano il tema delle politiche culturali
dell’omosessualità e il loro ruolo nella confusione sessuale dei giovani. Questo tema riguarda forse
l’ostacolo maggiore che i genitori incontrano nel loro cammino di comprensione e di riparazione delle
ferite dell’identità sessuale dei propri figli. Lo strumento più potente di queste politiche culturali è la
scienza; Nicolosi ribadisce che la scienza non può stabilire cosa è normale e cosa non lo è, ma deve
limitarsi a descrivere il fenomeno: «I dati scientifici forniscono una descrizione del mondo e mettono a
disposizione di tutti dei fatti utili alla comprensione della realtà in cui viviamo, ma l’essenza umana, l’i-
dentità più profonda dell’uomo, è una questione che compete alla filosofia e alla religione. La scienza può
svolgere solo una funzione descrittiva, la filosofia e la teologia forniscono una prospettiva più ampia al di
là del mondo materiale, ossia un’immagine della pienezza umana» (p. 178). Purtroppo — sostiene Nicolosi
—, il mondo della scienza è dominato da correnti ideologiche assolutamente favorevoli all’omosessualismo
(cfr. R. Marchesini [a cura di], La terapia riparativa dell’omosessualità. Colloquio con Gerard J. M. van
den Aardweg, in Studi Cattolici. Mensile di studi e attualità, anno XLIX, n. 535, Milano settembre 2005,
pp. 616-622). Un esempio chiarissimo di questa contaminazione, che talvolta si trasforma in una vera
manipolazione, è data dal celebre «10%», che corrisponderebbe alla percentuale di omosessuali presenti
nella società secondo gli studi dell’entomologo statunitense Alfred Kinsey (1894-1956); questo dato,
propalato dagli attivisti gay, non è mai stato confermato da nessun’altra ricerca, ed è frutto di una pesante
manipolazione (cfr. Judith A. Reisman ed Edward W. Eichel, Kinsey, sex and fraud. The indoctrination of
a people, Lafayette, Huntington 1990).
Nel capitolo 9, Il processo terapeutico (pp. 192-220), gli autori descrivono e trascrivono alcune sedute
terapeutiche con i genitori di bambini sessualmente confusi, ma anche quelli di adolescenti alle prese con
nuovi impulsi omosessuali, e contiene consigli educativi per i genitori per accompagnare i loro figli alla
scoperta del loro potenziale eterosessuale. Merita la trascrizione di un brano presente nell’ultima pagina di
questo capitolo: «È nostra convinzione che l’umanità debba vivere in conformità con l’ordine naturale, al
fine di realizzarsi pienamente. Noi crediamo che la complementarietà sessuale e l’eterosessualità siano il
fondamento di quest’ordine naturale. Tutte le volte che neghiamo l’importanza delle differenze sessuali,
non rispettiamo l’integrità della condizione umana» (p. 220).
Per quanto riguarda l’omosessualità, l’opera dei coniugi Nicolosi appare decisamente apprezzabile
perché risponde all’invocazione sempre più pressante di genitori e di educatori preoccupati per i
comportamenti dei bambini loro affidati; oltre a questo, è ricco di osservazioni e d’informazioni in maniera
tale da poter essere lo strumento per un primo approccio al tema dell’omosessualità per chiunque.
Eppure il testo si rivela, a una lettura approfondita, collocato sullo sfondo del più grande tema della lotta
spirituale che la nostra natura decaduta deve affrontare ogni giorno per reagire alle ferite che ognuno di noi
si porta dentro e liberare così il nostro pieno potenziale umano: «È sempre un grave errore credere che in
un dato momento della vita le nostre lotte interiori siano “concluse”; in realtà, come esseri umani siamo
estremamente vulnerabili, sia che la nostra lotta riguardi l’omosessualità che l’alcolismo, la tossi-
codipendenza, la golosità o persino l’orgoglio» (p. 152).
Roberto Marchesini
TU NON SEI TROPPO VECCHIO PER CAMBIARE!
By Don W. Prichard
Ho avuto a che fare con la lotta omosessuale da quando avevo 3 anni. Circa un anno fa, ero stanco
di andare avanti e ho deciso che ne avevo abbastanza.
Ora per la prima volta in tutta la mia vita, sono veramente felice, in pace, e finalmente ho la gioia
del Signore nel cuore. Questa è una nuova esperienza per me. Ci si sente come se ci si stesse
liberando da una maledizione che dura da tutta la vita.
Mi accorsi per la prima volta di essere attratto dalle persone del mio stesso sesso quando avevo 3
anni. A quattro fui molestato da due ragazzi più vecchi che erano miei fratelli. Mi piacque e volli
che accadesse ancora. Finalmente un po’ di attenzione dai maschi! Ero un ragazzo malato ed
effeminato, e vivevo con una perpetua ossessione per i corpi degli altri uomini, soprattutto per
uomini con grandi bicipiti.
Il rapporto con mio padre fu sempre distante, come se egli si vergognasse del suo non mascolino
figlio. Mia madre mi teneva troppo con sé. Infatti, eccetto per un periodo di 14 anni in cui io vissi
fuori dallo stato, noi vivemmo sempre insieme fino alla sua morte a 91 anni.
Né mio padre né mia madre mi dissero mai che mi amavano, e non fui mai tenuto in braccio o
baciato. Ebbi anche un rapporto molto distante con mia sorella.
Fui battezzato a 15 anni. Me lo ricordo molto bene perché trovai un prete giovane, carino e molto
attraente. Paul, un amico, mi influenzò ad andare in chiesa, ma l’esperienza di conversione non
sembrava avere nessun impatto sulla mia omosessualità adolescenziale.
Paul e gli altri miei compagni di scuola si sposarono ed ebbero figli. Io non lo feci e fui sempre
perseguitato dal sentimento di solitudine e vuotezza.
Mai durante la mia vita trovai l’attenzione e l’amore che avevo cercato. Non c’è nulla di gaio né di
allegro nello stile di vita gay. A 16 anni ebbi una relazione monogama non soddisfacente. Poi fui
celibe per 11 anni e fui orgoglioso di me stesso.
Tuttavia nel 1996 incontrai la mia nemesi, un uomo di 20 anni più giovane di me. Pensai di aver
trovato finalmente colui che mi amava. All’inizio era così, ma la relazione durò poco, circa 3 mesi e
contemporaneamente morì mia madre.
Poi fui molto malato di polmonite e il mio ex amante si trovò nei guai con un suo amico, allora gli
chiesi di prendersi cura di me ed egli acconsentì. Egli poi insistette affinché io andassi con lui alla
comunità gay di Atlanta. Ma io non volli partire. Ero già disperatamente depresso per la mia
malattia e per la recente morte di mia madre. Quando rifiutai di andare ad Atlanta egli mi rifiutò
completamente. Provai allora a prendere in mano la mia vita.
Dio misericordiosamente mi fece la grazia. Egli sapeva che avevo una storia di guarigione e
speranza da raccontare. Volevo trattare con questa lunga maledizione. Contattai un prete di Atlanta
e iniziai a vedere un terapeuta. Iniziai a frequentare un gruppo di uomini che volevano uscire dallo
stile di vita gay.
Oggi non è così tremendo andare avanti. Ci sono momenti difficili ma occasionali e sono
l’eccezione e non la regola.
La parte più importante per il recupero della mia omosessualità è stato che finalmente mi sono fatto
dei stretti amici maschi. Questa è una nuova esperienza per me. A 65 anni? Sono stato rifiutato
dagli uomini in tutta la mia vita ed è semplicemente grandioso sapere che molti uomini sono
realmente come me. Mi possono piacere anche senza un attrazione sessuale. Sto’ costruendo
salutari rapporti con uomini per i quali non ho fantasie, di cui non mi innamoro e per i quali non
provo libidine lussuriosa. Ora posso abbracciare forte un uomo senza eccitarmi.
Recentemente ero in un gruppo di preghiera e avevo di fronte un uomo. Mi comportai in modo da
non suscitare nessuna reazione sessuale. Posso dire di essere orgoglioso di me stesso e di essere
ancora umiliato? Io mi sento come “uno dei ragazzi” per la prima volta. E ho ricevuto minore
fiducia sulle mie numerose fidanzate platoniche.
1
Nella ricerca di compagni maschi, ho preso l’iniziativa. Tuttavia avevo paura del rifiuto, andavo
avanti e facevo il primo passo e non sono stato ancora rifiutato seccamente. Trovo molti
eterosessuali uomini aperti all’amicizia cristiana. Non sono molto sportivo e non lo sarò mai, ma
abbiamo già molto di cui parlare.
Un uomo macho sulla sessantina recentemente iniziò a venire alla mia congregazione. Legammo
immediatamente. Ho anche trascorso una notte con lui e sua moglie senza problemi. Nuoto
quotidianamente e siamo diventati buoni amici con vari uomini della piscina. Occasionalmente
vado anche in giro in bicicletta con uomini del mio vicinato.
Settimanalmente vado a farmi massaggiare e ho sempre preferito farmi massaggiare da una donna.
Ora mi massaggia un uomo e da parte mia non c’è nessun problema. Egli è un meraviglioso uomo
sposato, e siamo diventati buoni amici.
È meraviglioso avere un posto dove posso essere completamente onesto e in cui è possibile dare e
condividere situazioni. Avevo disperatamente bisogno di compagni uomini cristiani con cui
condividere la mia lotta. Ho cercato un gruppo di supporto come questo per 15 anni. Non guido la
notte, così un gentile giovane uomo di un’altra città mi passa a prendere per andare agli incontri di
gruppo. Io sono il nonno della riunione, ma sento di poter portare una dimensione differente a quelli
che cercano aiuto.
Il mio terapeuta/consigliere mi ha mostrato che sarà un lungo, graduale cammino che mi aiuterà ad
uscire dalla rabbia, disappunto, frustrazioni e vergogna che abitano il sentiero della perversione. La
mia è stata una vita di odio di me stesso e vergogna, ma mi sento meglio ora che quando avevo 40
anni. La mia salute emozionale e fisica non è mai stata migliore. Ho un meraviglioso posto dove
vivere con dei deliziosi vicini. Ho il più fantastico gruppo di amici che abbia mai avuto. Più
importante ancora, ho una chiesa dove sono amato e pregato e dove partecipo attivamente. Ho
rinnovato l’amicizia con due amici. Nulla di tutto ciò era possibile mentre era presente la macchia
dell’omosessualità che mi impediva di avere delle sane amicizie maschili.
Ho sempre creduto che la mia omosessualità fosse primariamente un problema di comportamento
con le donne. Tuttavia ora vedo che le mie difficoltà non erano dovute alle donne. I miei rapporti
con gli uomini sono stati bloccati per lungo tempo. Non potevo avere un’amicizia genuina con un
uomo, perché mi innamoravo sempre di lui! Alla fine ho capito il perché. Ora non ho più paura di
parlare con gli uomini. Posso anche abbracciarli senza provare pensieri sessuali. Questo è il
progresso!
Ho sempre provato a vivere una buona vita, specialmente da quando sono anziano. Ma c’è sempre
stata questa ombra dell’omosessualità che perseguitava ogni mio movimento. Grazie all’aiuto
ricevuto dai terapeuti e dai preti/ministri ex-gay, sono emozionato di conoscere che esiste una via
d’uscita, come pure molte persone che mi aiutano in questo cammino.
La lobby gay influenza molto, ed essa ha convinto l’americano medio che le nostre lotte sono
geneticamente indotte. Essi sbagliano ad affermare che non c’è speranza di cambiamento. Ho
scoperto che tu non sei mai troppo radicato in un’abitudine o troppo vecchio per cambiare e
ricominciare. È un’avventura emozionante. Unisciti a me!
2
NARTH
National Association for Research and Therapy of Homosexuality
Linee guida per sezioni territoriali e internazionali
Il Consiglio Direttivo del NARTH, nella sua riunione del 4 giugno 2005, ha adottato una risoluzione che
incoraggia la formazione di sezioni internazionali e territoriali. Le seguenti linee guida regolano la
costituzione di tali sezioni:
1. Ogni gruppo riconosciuto come sezione deve attenersi alla Dichiarazione sulla missione del NARTH
secondo la quale l’omosessualità è modificabile. Il gruppo deve inoltre sostenere gli altri obiettivi
generali stabiliti dal Consiglio Direttivo del NARTH.
2. Tutti i gruppi che desiderano il riconoscimento come sezioni del NARTH devono richiedere
l'approvazione del Consiglio Direttivo del NARTH.
3. Nella costituzione di una sezione devono intervenire come membri fondatori almeno tre persone
fisiche. Uno dei membri deve essere designato quale presidente. Generalità, indirizzi e recapiti di
tutti i membri e delle sezioni devono essere registrati presso la sede centrale del NARTH.
4. Ogni sezione deve sottoporre al Consiglio Direttivo almeno semestralmente un prospetto generale,
che terrà sempre aggiornato, delle attività e dei progetti perseguiti.
5. Ogni persona fisica che aderisce ad una sezione territoriale o internazionale deve essere membro del
NARTH. Possono entrare a far parte della sezione terapeuti, docenti e ricercatori universitari,
responsabili di associazioni o gruppi, persone interessate, persone che lottano contro un orientamento
sessuale indesiderato e loro familiari ed amici.
7. Le organizzazioni locali del NARTH non devono impegnarsi nella ricerca di fondi o nella
promozione di progetti ampi o costosi senza previa approvazione del Consiglio Direttivo centrale del
NARTH. Le organizzazioni locali possono, tuttavia, esigere un'esigua quota sociale a rimborso delle
spese postali o di altre spese ordinarie.
8. Il gruppo, in quanto sezione del NARTH, fungerà come forum educativo per lo scambio di idee sulla
terapia dell’omosessualità. Il gruppo in quanto tale non si assumerà responsabilità clinica per il
trattamento di una persona che lotta contro un orientamento omosessuale indesiderato.
9. Se una sezione ha domande da fare su una possibile iniziativa, è invitata a parlarne con i membri del
Consiglio Direttivo centrale del NARTH.
Omosessualità & normalità:
Colloquio con Joseph Nicolosi1
E' essenziale fare questa importante distinzione tra gay e omosessuali. Gli attivisti gay
vorrebbero che noi credessimo che tutti gli omosessuali sono gay. Infatti, persino la
gerarchia della Chiesa Cattolica crede che le persone omosessuali siano "gay". Noi non
crediamo che essi siano gay. La parola "gay" indica una identità socio-politica.
Omosessuale, invece, è semplicemente una descrizione di un problema psicologico, di
un orientamento sessuale.
Le persone che vengono nella nostra clinica, che cercano un aiuto, hanno un problema
omosessuale, ma rifiutano l'etichetta di gay. Non vogliono essere chiamati "gay" perché
non si riconoscono in quella identità socio-politica e con lo stile di vita gay.
Da un certo punto di vista lo è, è un movimento per i diritti umani, o per i diritti civili,
perché tutte le persone, non importa quale sia il loro orientamento sessuale, devono
godere dei loro diritti civili - comunque questo non significa che la società debba
ridefinire il matrimonio; questo è un altro argomento e va oltre lo scopo di questa
conversazione.
Noi crediamo che molti attivisti gay hanno usato la questione dei diritti civili o delle
libertà civili come un modo per opprimere persone che stanno cercando di cambiare,
persone che stanno cercando di uscire dall'omosessualità. C'è una intera popolazione di
individui che sono uscite o che stanno uscendo dall'omosessualità, e questo fatto è una
minaccia per gli attivisti gay, e gli attivisti gay stanno tentando di sopprimere e far
passare sotto silenzio questo punto di vista, questa popolazione.
Noi crediamo che ci sia della sofferenza per le persone omosessualmente orientate nella
società, perché la cultura gay è minoritaria in questa società e perché gli obiettivi sociali
del movimento gay costituiscono una minaccia per il corpo sociale perché i gay vogliono
ridefinire il matrimonio, la natura della genitorialità, e la norma sociale fondamentale
circa il sesso e il genere, perciò la società ha resistito alla normalizzazione
dell'omosessualità e alla visibilità dei gay. E riconosciamo che questo sia difficile per le
persone che si identificano come gay.
Comunque, ciò di cui non si parla è il disordine intrinseco nella condizione omosessuale.
Noi crediamo che l'omosessualità sia intrinsecamente disordinata4, e contraria alla vera
identità dell'individuo; e molti dei sintomi dei quali soffrono le persone gay e lesbiche
non sono causate dall'omofobia sociale ma perché la condizione stessa è contraria alla
loro vera natura.
Moltissimi studi mostrano che gli omosessuali sono più infelici, depressi, predisposti a
tentativi di suicidio, hanno relazioni povere, sono incapaci di sostenere relazioni a lungo
termine, hanno comportamenti autolesionistici e disadattati. Ma non si può
semplicemente dire che tutto ciò sia causato dall'omofobia della società. In parte lo è; ma
io credo che la maggior parte della sofferenza sia dovuta alla natura disordinata della
stessa omosessualità - perché contrasta la nostra natura umana.
Il cambiamento è possible?
Il cambiamento è davvero possibile. Noi vediamo sempre più individui che vogliono
farsi avanti pubblicamente e dare la loro testimonianza. Cinque anni fa sarebbe stato
molto difficile trovare un ex omosessuale che volesse esporsi, ma fortunatamente oggi
uomini e donne che erano dichiaratamente gay e lesbiche, che vivevano lo stile di vita
gay, ora vogliono discutere apertamente del loro processo di cambiamento. Molti di loro
sono sposati con bambini, e gli era stato detto che non avevano altra scelta che essere
gay, e che avevano un gene dell'omosessualità, e che dovevano imparare ad accettarlo,
ma queste persone sono state capaci di andare a fondo nelle cause della loro attrazione
verso il proprio sesso. E allora hanno scoperto che molte delle loro sofferenze erano
dovute a cause emotive. E quando questi bisogni emotivi sono stati riconosciuti
onestamente e soddisfatti in maniera sana, il loro desiderio omosessuale è diminuito.
La terapia riparativa studia davvero a fondo le tecniche che sono più efficaci nel
diminuire l'omosessualità di una persona e a sviluppare il suo potenziale eterosessuale.
Dal punto di vista teorico noi crediamo che i bisogni emozionali non soddisfatti vengano
espressi indirettamente sottoforma di sintomi, e nel caso dell'omosessualità come
attrazione omosessuale; ma che l'omosessualità non riguardi davvero il sesso, quanto
piuttosto il tentativo di acquistare soddisfazione emotiva e identificazione,
completamento, attraverso il comportamento sessuale; tentativo che però non funziona,
ed è questo il motivo per cui le persone vengono da noi.
Molti degli sviluppi teorici sono basati sulla teoria psicodinamica classica: noi usiamo
molti concetti freudiani - come è noto, Freud5 pensava che l'omosessualità fosse un
disordine dello sviluppo, e che fosse una condizione che potesse essere soggetta a
trattamento. Anche se lo stesso Freud fu un difensore dei diritti dei gay, credeva che il
trattamento dovesse essere disponibile per quelli che volevano cambiare, e noi seguiamo
la stessa linea di tradizione.
Noi usiamo anche molto della "teoria dell'attaccamento" di John Bowlby 6, di quella delle
relazioni oggettuali7 e della self-psychology8, molto popolare negli Stati Uniti. Noi
lavoriamo anche con la famiglia d'origine, aiutando il paziente a comprendere le sue
relazioni con la sua famiglia, il suo ruolo nella famiglia, e come il posto da lui occupato
nella struttura familiare lo ha condotto al fallimento nella acquisizione del proprio
genere.
1
L'intervista è stata revisionata dal dott. Nicolosi.
2
Il termine design, difficilmente traducibile, può essere reso con scopo, progetto, modello. Si tratta del concetto tomista di "natura": è l'essenza in relazione alla
funzione o attività della cosa.
3
Cfr. IRVING BIEBER e coll, Omosessualità, Roma, "Il Pensiero Scientifico" Editore, 1977.
4
Cfr. "Occorre invece precisare che la particolare inclinazione della persona omosessuale, benché non sia in sé peccato, costituisce tuttavia una tendenza, più
o meno forte, verso un comportamento intrinsecamente cattivo dal punto di vista morale. Per questo motivo l'inclinazione stessa dev'essere considerata come
oggettivamente disordinata", Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera ai vescovi della Chiesa cattolica sulla cura pastorale delle persone
omosessuali, § 3, 01/10/1986.
5
Sigmund Freud (1856 - 1939), fondatore della psicoanalisi.
6
John Bowlby (1907 - 1990), psicoanalista e psichiatra infantile, sviluppò la "teoria dell'attaccamento" sul legame affettivo tra la madre e il bambino.
7
La "teoria delle relazioni oggettuali" riguarda lo studio delle relazioni tra il soggetto e persone esterne reali, immagini e residui di relazioni con esse e del
significato di esse per il funzionamento psichico. Tra i principali interpreti di questo approccio si ricordano Melanie Klein (1882 - 1960), William Ronald
Dodds Fairnbairn (1889 -1964) e Donald Woods Winnicott (1896 - 1971).
8
Elaborata, a partire dalla psicoanalisi freudiana, da Heinz Kohut (1913 - 1981). La self-psychology (o psicologia del sé) individua in una inadeguata relazione
bambino - adulto lo sviluppo di un sé narcisistico.
NARTH
National Association for Research and Therapy of Homosexuality
Noi facciamo appello alle altre associazioni per la salute mentale perchè
cessino di affermare falsamente di disporre di “conoscenze scientifiche” che
porrebbero fine alle controversie sull’omosessualità. Al contrario, le
associazioni per la salute mentale devono lasciare spazio a diverse opinioni
sulla famiglia, sull’essenza dell’identità umana, e sul significato e sul fine della
sessualità umana.
3. Pedofilia
I nostri pazienti omosessuali riferiscono spesso di avere avuto esperienze
sessuali precoci con una persona più adulta dello stesso sesso. Esistono studi
che fanno pensare che tali esperienze siano più frequenti tra gli omosessuali
che tra gli eterosessuali: in proporzione al loro numero gli omosessuali
presenterebbero un rischio maggiore di abuso di un minore dello stesso sesso.
Gli studi non sempre sono stati in grado di determinare l’orientamento sessuale
del molestatore di un bambino dello stesso sesso (era un eterosessuale che ha
tenuto un comportamento omosessuale? Era un bisessuale? O un
omosessuale?). Inoltre, i resoconti clinici suggeriscono che una consistente
proporzione di molestie omosessuali non viene riferita agli adulti o alle autorità
legali perché il bambino si vergogna, ha paura o si ritiene che il contatto
omosessuale con una persona più grande sia stato “consensuale”.
Per queste ed altre ragioni, per il momento è difficile, sulla base delle
conoscenze tuttora disponibili, giungere ad una risposta definitiva.
4. Omofobia
5. Matrimonio omosessuale
Alla luce delle scienze sociali la forma di famiglia ideale per favorire un sano
sviluppo del bambino è il modello tradizionale di matrimonio eterosessuale.
La differenza sta nel fattore a cui si dà rilievo; e noi diamo maggiore rilievo alle
influenze psicologiche (familiari, sociali e del gruppo dei pari) mentre
l’American Psychological Association attribuisce maggiore importanza ad
influenze biologiche, e non ha mostrato interesse (anzi, piuttosto ostilità) nei
confronti della ricerca sulle influenze sociali e psicologiche.
Non esiste un “gene gay” e non esiste nessuna prova a sostegno dell’idea che
l’omosessualità sia genetica o immutabile.
Alcuni di voi ascoltatori sono operatori altri genitori, giovani, educatori. Alcuni vivono
con problemi di omosessualità personali, altri affrontano problemi terapeutici, educativi,
di informazione, di aiuto. Vorrei che nessuno ascoltando questa conversazione si sentisse
in colpa e tanto meno i genitori: lo scopo è conoscere, educarci ed educare. Dopo avere
ascoltato, dipenderà da voi decidere se quello che ho detto ha un senso anche per voi.
Una breve presentazione del nostro centro NARTH: (National Association for Research
and Therapy of Homosexuality ) : abbiamo aiutato ad uscire dalla omosessualità
soprattutto maschile indesiderata più di mille persone e seguiamo più di cento famiglie
che hanno figli con problemi di omosessualità. Nella clinica che dirigo, (S.Tommaso
d'Aquino, Encino, California), siamo in 7 psicoterapeuti, riceviamo moltissime persone
da tutti gli Stati Uniti e siamo in collegamento con altri centri che operano nello stesso
senso. Narth è una organizzazione non-profit affiancata dal centro terapeutico.
Cos'è l'omosessualità: il primo concetto che diamo al cliente/paziente che viene è che
non è un problema sessuale ma di identità di genere.L'omosessualità è solo il sintomo di
un arresto dello sviluppo della identità di genere maschile (o femminile, nel lesbismo).
I "sintomi" che i pazienti descrivono in genere al primo incontro sono un'immagine
negativa di sé, la difficoltà stabilire e a mantenere una profonda intimità che non sia
sessuale con altre persone, problemi di vergogna e molti sensi di colpa riguardo al fatto
di essere la persona che si è.
Un passo importante è quindi analizzare quali sono i 4 miti gay:
1. il 10% della popolazione è gay
2. gay si nasce,
3. se si è gay lo si è per sempre
4. l'omosessualità è normale sotto ogni aspetto.
Credere in 1+2+3+4 porta alla accettazione supina e fatalistica della propria situazione,
anche quando la si vive nella sofferenza e nella menzogna (e ciò accade in più dell'80%
dei casi).
Quale è invece la realtà?
1. solol'1-2% della popolazione sviluppa questa tendenza nelle società occidentali. Studi
seri al riguardo hanno dimostrato per l'omosessualità una bassa incidenza anche in
condizioni sociali favorenti e si è visto che il mito del 10% nasce dall'influenza del
rapporto Kinsey, che essendo omosessuale "rinforzò" le statistiche più che riportare dati
scientifici ed aggiornati.
2. gay non si nasce: nel 1991 vi fu un grande clamore alla notizia della scoperta del
"cervello gay" giustificazione biologica di uno stile di vita ma dopo 10 anni nessuno
studio ha potuto confermare questa osservazione e neanche gli attivisti gay si basano più
su questa ipotesi.
(Simon Levay: inserire breve nota bibliografica e commento critico allo studio)
3. Non si è gay per sempre: pullulano oggi tantissime storie di cambiamento che a loro
volta sono state incoraggiate e incoraggiano come testimonianza altri nello stesso
percorso.
4. Nella realtà concreta, la stragrande maggioranza delle persone con comportamento
omosessuale soffre, anche se maschera la sofferenza. Invece i mass media "politically
correct" modificano e gonfiano l'immagine dell'omosessuale, che appare sempre bello,
curato, in pace con se stesso, positivo non erotizzato né libidinoso ma anzi equilibrato.
E'invece l'eterosessuale che viene mostrato come insicuro e negativo.
Bisogna a questo punto operare una distinzione tra tolleranza ed approvazione.
La tolleranza consiste in un atteggiamento di rispetto per le scelte delle persone, se
compatibili con diritti umani e civili. Spesso è difficile orientarsi in una selva di
informazioni scollegate tra loro.
Approvazione : se ne può discutere! E' un diritto civile esprimere le proprie opinioni,
l'accordo o il disaccordo a partire dalla esperienze, letture, fede religiosa etc. Anche voi
qui presenti alla conferenza avete il diritto di approvare o disapprovare le mie regioni.
Quindi l'atteggiamento di rispetto di fronte a tutte le persone non significa approvare
tutte le loro scelte.
Gay non equivale a omosessuale
Gay è infatti una identità politica costruita attorno alla rivendicazione di una preferenza
sessuale come un diritto. I gay non parlano per tutti gli omosessuali, anzi osteggiano
quelli che vogliono uscire da questa condizione bloccando l'informazione su terapie ,
gruppi, esperienze che li metterebbero in crisi.
Omosessuale: non esiste l'omosessualità come identità di genere, siamo tutti
eterosessuali solo che, come spiego ai genitori angosciati che vengono da noi, alcuni
eterosessuali hanno problemi di omosessualità che si possono risolvere. E'una bugia
della nostra società che esistano due generi sessuali, "omo" ed "etero", anche se
paradossalmente anche alcuni capi di chiesa ci credono. E' la seconda grande menzogna
della nostra società (la prima è che l'aborto non è un omicidio).
Una barzelletta esemplificativa: due gay vedono in strada una ragazza bellissima e uno
dice all'altro" e' in momenti come questi che vorrei essere lesbica".
Tappe della identità sessuale maschile (non parliamo di quella femminile che è molto più
complessa).
Da 1 anno e mezzo a 3 anni:fase della identificazione di genere
-prima fase androgina: il bambino è ancora molto unito alla madre e ama il padre. Può
identificarsi con entrambi , non sceglie. La società lo spinge ad una scelta per esempio
nel momento della comparsa del linguaggio, imparando a parlare deve dire lei per la
mamma e lui per il papà, suo, suo, sua, etc.
-seconda fase: tentativi di mascolinità e disindentificazione dalla madre: il bambino
sente di essere maschio come il padre e cerca di avvicinarsi a lui. Se la madre lo lascia
libero ed il padre è affettuoso e lo accoglie il bimbo, amando il proprio essere maschio,
si identifica.
-ferita narcisistica e distacco difensivo: se il bimbo è particolarmente sensibile ed il
padre non lo accoglie oppure è una modello deludente, una persona che non si accetta
oppure un violento o schiacciato dalla madre e non accetta il figlio, il bambino rimane
ferito nel suo io (ferita narcisistica) e non si identifica con la mascolinità rappresentata
dal padre.
Moltissimi attivisti gay hanno una struttura psichica per cui, avendo subito questa ferita
narcisistica si sono distaccati dallo sviluppo verso la mascolinità. Chi lotta per la
liberazione politica dei gay per lo più maschera e nega la sofferenza legata alla
mancanza di identità di genere bloccando il desiderio di guarire dalla ferita
narcisistica.E' la pretesa di legittimazione della cristallizzazione nella fase androgina , e
la richiesta di imporre a tutta la società di riconoscere come questa sia "normale " e
completa. Le società primitive aiutano i maschi a disidentificarsi dalla madre e ad
entrare nella mascolinità attraverso i riti di iniziazione dove il ragazzo deve mostrare il
suo valore. La nostra società al contrario non aiuta questa fase, spesso quando padre è
indifferente o assente, non significativo come modello, e trascura il bambino che riceve
una ferita narcisistica e sta male.
Le femmine hanno meno problemi perché devono arricchire l'identificazione con la
madre e non perderla. Per questo c'è più omosessualità maschile che lesbismo (in USA
la proporzione è di 1 sola lesbica ogni 5 omosessualità maschi).
Conseguenze del distacco difensivo: il bambino"ferito" sviluppa una doppia via: si sente
attratto dagli uomini (cerca il "padre") ma allo stesso tempo ne ha paura, timore,
anticipando quel senso di rifiuto o di distanza che ha già sperimentato. I pazienti
omosessuali sono spesso pieni di vergogna e ansiosi, mai a loro agio con l'analista
proprio per il loro problema di mancata identificazione, a differenza dei pazienti
eterosessuali, che anche se con problemi sono più rilassati.
Vorrei approfondire l'importanza del padre specialmente riguardo ai due attributi di
benevolenza e forza: il bambino ha bisogno di un padre che possegga entrambe le qualità
per disidentificarsi dalla madre , non basta la bontà ma anche la forza, l'autorevolezza
accogliente che lascia il segno nel bambino. Oggi in particolare sembra mancare
soprattutto la forza (che non è machismo) nella figura maschile. Un esempio concreto:
un mio paziente alla domanda "com'era suo padre?" rispose lo adoravo, lo consideravo
un santo, era buono, scherzava, faceva il pagliaccio, ma quando mia madre lo mandava
in un angolino lui stava là e mi sono fatta l'idea che l'uomo è un essere debole". Quel
paziente non volle identificarsi con il padre. Dai dati costruiti su più di 1000 casi
possiamo tracciare una "tipica famiglia pre-omosessuale", la cosiddetta "classica triade
relazionale"
M<--------------->P
B--->F
M=Madre emozionalmente troppo dominante, con personalità forte
P=Padre tranquillo, estraneo, assente oppure ostile
B=bambino dal temperamento timido, introverso, sensibile artistico, con forte
immaginazione.
F=fratello
Relazione:
M<-->P caratterizzata da scarsa comunicazione
M<-->B relazione "speciale" (io capisco bene la mia mamma)
P<-->B antagonistico, guardingo, a disagio.
B<-->F spesso rapporto schiacciato, antagonistico)
Posso dire di non avere mai visto un paziente omosessuale uscire da questo schema, non
c'è mai quindi amore e rispetto per il padre. Se il ruolo del padre è molto importante ,
quello della madre è pure abbastanza importante nella genesi della omosessualità
maschile sia nel suo ruolo svolto come moglie, che come madre, che nella sua auto
percezione della femminilità .Una donna che si stima come donna, che come moglie ha
stima del marito, accettazione dei suoi limiti, ne cerca il consiglio, attua un importante
imprinting nei confronti della percezione primaria della mascolinità come fatto positivo
nel figlio. La moglie che critica in continuazione il marito, lo schiaccia, lo allontana o
"non lo vede" nello stesso modo ma in modo negativo influisce sulla percezione della
mascolinità della prole.Se la madre si impegna a stimare il marito per esempio asseconda
il bambino quando verso gli uno-tre anni vuole uscire dalla sua tutela e lo aiuta ad
incontrare il padre . Un esempio : verso quella età in cui la maggiore mobilità del
bambino attira il padre, lasciare che facciano giochi "da maschi" è di aiuto. Anche
prestissimo, quando il bimbo è ad esempio preso in braccio e buttato in aria dal papà che
lo riprende al volo, in quel momento in cui il padre ride ed il bimbo pur sperimentando
una forte emozione ride pure lui fidandosi del papà il padre gli comunica una
caratteristica tipicamente mascolina che cioè il pericolo può essere divertente (la madre
di solito assiste terrorizzata a questo tipo di gioco!). Vi è inoltre una fisicità diversa nel
tocco del papà rispetto all'abbraccio della mamma che è molto importante che il bambino
sperimenti. In caso di mancato "aggancio" con la mascolinità rappresentata dal padre vi è
una distorsione della percezione dell'essere maschio, sintetizzabile nell'espressione: il
padre come mistero. Il bimbo,/ragazzo/uomo dice "conosco benissimo" mia madre,
quello che passa per la sua testa, invece mio padre è un mistero, non so come la pensa,
non lo conosco sul serio
Dai 5 ai12 anni, (fase di latenza) spesso si sviluppa un tipico comportamento del
bambino preomosessuale : anche se non è detto in modo matematico che poi lo sviluppi
in senso sicuramente omosessuale, il disturbo di identità di genere nell'infanzia è
altamente predittivo (75%) di omosessualità, bisessualità o transessualismo nell'età
adulta. Questo comportamento è caratterizzato da scarse relazioni con i coetanei dello
stesso sesso, spesso si tratta di un bambino che "resta a guardare dalla finestra", cioè dal
di fuori, in qualche modo segregato in un ambito "femminile", escluso, il gioco dei
coetanei maschi, che , come il padre, sono percepiti come "mistero".Il distacco difensivo
(con l'anticipazione del rifiuto legato anche alla confusa percezione di inadeguatezza
fisica, incapacità relazionale, emotiva) inizialmente messo in atto nei confronti del padre
viene trasferito anche coi coetanei. Dalla fisicità del contatto maschile vi è un distacco
che si attua attraverso un non essere sportivo, preferire i giochi delle bambine, avere
quindi atteggiamenti da "femminuccia", il bimbo vorrebbe imitare i maschi ma si sente
debole, inadeguato, incapace, e inizia perciò ad ammirarli dall'esterno, con un inizio di
attrazione omosessuale. Nessuno in genere a questo punto avvisa i genitori perché
cerchino un aiuto, per evitare che il bambino sviluppi un falso è da cui sarà difficile
liberarsi più tardi.
Di questo percorso ho scritto in dettaglio con mia moglie nel 2002 un libro ricco di
documentazione e di esempi concreti che ha avuto una accoglienza piena di interesse
negli USA e che sarà disponibile nella traduzione italiano in autunno (Linda e Joseph
Nicolosi "Omosessualità: una guida per genitori", edizioni Sugarco, attualmente
disponibile nelle librerie).
Il "falso sé del bravo bambino" è caratterizzato da:
-Finzione (o "azione teatrale"): il bambino frustrato nella relazione spontanea e gioiosa
con il padre abbandona le espressioni genuine della sua mascolinità e sviluppa un sé
costruito con la fantasia e "recitato": recita la parte del bravo bambino. E a proposito di
"recite" vorrei riportarvi un episodio raccontatami da un paziente: da bambino a scuola
gli affidarono in una recita scolastica la parte del "padre": tornato a casa si sentì =
redarguire dalla madre che gli disse:"torna a scuola e fatti dare la parte di qualcuno che
parla". Perfetta sintesi ad esemplifica la triade familiare di cui parlavamo sopra a
proposito dell'imprinting verso la mascolinità fornito dalla famiglia!.
-Alienazione dal corpo: eccessivo pudore nella fanciullezza, spesso contrapposto a
esibizionismo nell'età adulta. Un esempio: ricorda un paziente come, non sentendo di
"possedere" il corpo maschile, da bambino non si vergognava di fare il bagno in
presenza della mamma e della zia, eppure si coprì = pieno di vergogna quando arrivò
uno zio chiamato dalla zia per sistemare un problema idraulico della vasca. Da adulto vi
è una reazione verso questo eccesso di pudore che si manifesta attraverso la ricerca di
corpi virili a compenso di questo "corpo mancante".
L'impatto dell'abuso/contatto sessuale uomo-bambino rispetto all'esito
dell'omosessualità: nella mia esperienza 1/3 dei pazienti con pulsioni omosessuali ha
subito abusi da parte di adulti o ragazzi più grandi. Particolarmente nefasto rispetto agli
esiti è l'effetto del mix vergogna per ciò che viene percepito come "anomalo", senso di
trasgressione/ richiesta di segretezza/l'eccitazione o il piacere eventualmente provato e la
sensazione di "appagamento affettivo" sperimentato grazie al fatto che spesso chi ha
compiuto il gesto sessuale ha circuito il bambino-ragazzo facendolo oggetto di
attenzioni, regalini etc che incontrano un vuoto/fame psicologici di mascolinità reali.
Chi ha subito un abuso tende a perpetrarlo a sua volta, anche come meccanismo
difensivo rispetto al senso di colpa che ne consegue. E' significativo come gli attivisti
gay in USA cercano di fare pressione per fare abbassare l'età dei cosiddetti "diritti
sessuali" per evitare l'accusa di abuso se non addirittura di pedofilia.
Nell'adolescenza dai 12 anni anni e fino all'età adulta abbiamo una fase erotica
transizionale caratterizzata da passaggi progressivi dalla sofferenza alla tensione verso
un comportamento omosessuale vero e proprio. Segue un comportamento omosessuale
spesso compulsivo che in realtà è un vero e proprio sintomo riparativo: la psichiatria
cioè considera la personalità in questa fase attraverso la metafora di una costruzione (da
riparare, se malcostruita), quindi gli atteggiamenti omosessuali sono un tentativo
inconscio di riparare le ferite dell'infanzia.
Solitamente questa è una buona notizia per il paziente:"tu stai cercando di creare il
contatto che non hai avuto nell'infanzia, con tuo padre o coi i tuoi coetanei, ma più tu lo
cerchi in un uomo buono e forte, meno lo trovi, perché questo tipo di uomo non cerca il
contatto sessuale con un altro uomo. Nel mondo omosessuale trovi persone con i tuoi
stessi problemi, alla ricerca del "simil padre", dunque la soluzione va cercata in un'altra
direzione, cioè nella riparazione/guarigione della ferita narcisistica e nel superamento
reale del distacco difensivo".
Caratteristiche associate alla omosessualità maschile sono infatti identità di genere
deficitaria legata all'arresto nello sviluppo della identità maschile, problemi ne farsi
valere che sfociano in una sessualizzazione della aggressività, distacco affettivo dagli
uomini come meccanismo di anticipazione del rifiuto esemplificato dalla instabilità dei
rapporti. Il fallimento della fedeltà nella coppia maschile è stato paradossalmente
presentato in modo esemplare da due autori , una coppia gay, (Whister e Metteson ) che
nel 1984, analizzando 160 coppie gay selezionate tra le "migliori" nel senso della
stabilità, in quanto legate da 5/10 anni, non fu in grado di trovare neppure una coppia
fedele durante il rapporto. In realtà tutti gli studi in materia concordano sull'alto tasso di
infedeltà delle coppie gay, a riprova di una natura "compulsiva" dell'agito sessuale che
travalica il senso fondante della fedeltà. Nel mondo gay la fedeltà viene liquidata e
considerata "ininfluente" rispetto alla relazione di coppia.La ricerca della mascolinità,
mai appagata, porta a sempre nuove esperienze, spiegabile in base all'impulso di cercare
il vero uomo che però non può mai essere trovato in un altro omosessuale perché un
uomo vero non fa sesso con un gay. La promiscuità e le relazioni statisticamente di
breve durate, se non addirittura fugaci, sono conseguenza di uno schema che
ossessivamente si ripete: innamoramento, delusione, infedeltà promiscuità, rottura...Un
paziente esprimeva così = il suo vissuto:"un vero uomo è quello che cerco. Ma un vero
uomo cerca il corpo di una dona, non il mio". Un altro paziente diceva di essere
ossessionato dall'immagine di atleti che aveva visto nelle docce degli spogliatoi: "vorrei
essere uno di loro o possederli" Questa confusione rivela il vero bisogno: superare
l'arresto dello sviluppo dell'identità maschile superando l'invidia e divenendo un vero
uomo. Altrimenti la persona rimane come un affamato che per sfamare la sua fame di
fronte alla vetrina di un negozio di alimentari si getta...sull'insegna!
Passi da compiere:
-identificazione dei soggetti "a rischio" : bambini, adolescenti adulti con storie o sintomi
quasi sempre purtroppo riconducibili a quelli descritti.
-attenzione alla educazione all'identità di genere e ai problemi di identificazione fin
dall'infanzia
-attenzione ai gruppi e alle dinamiche interne (a scuola, nello sport, nei luoghi di
aggregazione)
-terapia ricostituiva e corsi per terapisti, sostegno e testimonianza di chi ha superato la
pulsione/sintomo omosessuale e ha rimesso in moto lo sviluppo della sua identità
maschile.
Il bisogno di testimoni è legato al fatto che molto più di conferenze sulla "teoria" le
testimonianze personali sono quelle che più incoraggiano gli altri ad intraprendere il
cammino.
Testimonianza di Steffan
Nella prima infanzia mi ritenevo un bambino debole, avevo avuto dei problemi di salute,
problemi agli occhi e di conseguenze non potevo praticare dello sport che comunque non
mi piaceva. Con questi miei problemi mi sentivo messo da parte, diverso dagli altri.
Nel quartiere dove eravamo, con 2 dei miei vicini Christine e Jean-Marc, eravamo i più
piccoli d'un gruppo, gli altri avevano almeno 5 anni più di noi, e quando giocavamo con
loro, ci rigettavano e si approfittavano del fatto che erano più grandi.
Fino ai 4 anni, Il rapporto con mio padre era buono. Le circostanze della vita poi
diventarono difficili per lui, e spesse volte ero trattato male, era una persona autoritario.
Ero ripreso davanti a tutti, in particolare davanti ai famigliari e mi ricordo che aspettavo
da parte da mia madre o da altri un aiuto.
Spesse volte ero picchiato, mi sentivo umiliato, debole, indifeso, ero ansioso, pauroso,
insicuro di me, nella mia identità, ero complessato, mi mancava l'amore da me aspettato.
Sentivo fortemente l'ingiustizia.
Potrei dire che non ho avuto un modello di padre e di uomo.
Per riassumere un po', ho avuto un'infanzia poco felice!, anche se sembrava che miei
genitori facevano dal loro meglio.
All'adolescenza, non mi sentivo all'altezza d'essere un maschio, la pressione in me era
intensa, tutto prendeva delle proporzioni più grandi, il desiderio erotico-sessuale
diventava ossessivo, la masturbazione da anni praticata più volte al giorno come
sollievo, era ancora più immaginativa e di consolazione.
Ricercavo la forza e la sicurezza in altri uomini, volevo dagli altri quello che non
possedevo!
Alla fine degli studi, ho proseguito nella vita gay, dove finalmente ero qualcuno, dove
ero notato, piacevo, ero desiderato, le persone come me mi capivano, potevo finalmente
ricevere l'amore per sentire di meno le mie sofferenze interne.
Ma tutto era solo che amore ridotto al sesso, vivevo in un circolo vizioso per diversi
anni: sesso, sollievo passeggero, insoddisfazione, sofferenze! e di nuovo sesso e cosi via,
la mia frustrazione era alleviata dalla dipendenza sempre più intensa.
Un giorno ho realizzato che questi uomini avevano gli stessi miei problemi, in fondo
ognuno cercava di prendere dall'altro, ma tutti rimanevano senza ricevere!
Quando eravamo in società, discoteche, bar, sorrisi, gioie, battute, divertimenti. Quando
ci ritrovavamo da soli, allora per alcuni la depressione, la tristezza e sopra tutto il fatto di
dire ancora una volta non ho trovato la persona giusta! Da qualche parte, mi ero
rassegnato su questo fatto, ma d'un'altra parte ero dipendente.
Mi ricordo che quando mi guardavo nello specchio avrei voluto diventare cieco e brutto
pensando allora non avere più problemi con la dipendenza, e non sarei più piaciuto.
Per miei 30 anni, ho passato dei momenti d'esistenza veramente difficile, sia al lavoro,
che con le mie relazioni.
Ho realizzato che tutto quello che desideravo materialmente a quell'epoca c'e l'avevo,
però la mia vita non aveva senso, era una trappola, non avevo ancora combinato niente.
Qualcuno potrebbe pensare che ero frustrato con il fatto che non mi accettavo come
omosessuale, eppure per anni ho vissuto anche dei bel momenti come gay lontano dalla
mia famiglia. E potevo fare quello che volevo. Non ero felice e in pace con il fatto
d'avere una vita gay!
In questo periodo ho riscoperto Dio e la chiesa, e sopra tutto la motivazione di cambiare
vita!
Ho deciso a partecipare a dei corsi Living Waters per capire cosa era successo in me,
come mai non ho avuto la scelta di essere eterosessuale, perché ero attirato
compulsivamente verso lo stesso sesso? Settimane dopo settimane, ho fatto un lavoro su
di me nel riconoscere, raccontare le mie sofferenze passate e presenti. Ho potuto parlare
davanti a un piccolo gruppo di fiducia senza essere giudicato, sono stato ascoltato, prese
in considerazione. Ho sentito degli insegnamenti relativi alla sfera sessuale, all'identità
sia quella dell'uomo che della donna, alle nostre emozioni, sentimenti dell'infanzia.
Questi sono stati tempi difficili, ma benefici per me, qualche volte mi vergognavo
raccontando le mie storie.Volevo cambiare attitudine, atteggiamenti, modo di pensare,
sistemi di credenze.
Dovevo imparare a conoscere me stesso, ad avere un'identità che non fosse legata al
sesso con un uomo.
A vivere senza il narcisismo, cioè, la concentrazione su me stesso e miei bisogni, per
sembrare sicuro di me.
Vivere senza idolatria relazionale, cioè dare, o pensare che l'altro mi può dare solo
felicità o ciò che mi manca.
Accettare e perdonare me stesso e gli altri!
Riposizionare i pensieri che avevo verso mio padre!
Avere la volontà di vivere senza ribellione, senza modi trasgressivi!
Dare il giusto valore alle ferite morali che avevo ricevuto, e anche perdonare.
Accettare di maturare, perché questo processo era bloccato, uscire da me stesso,
cambiare e andare verso altre situazioni sconosciute da me!
Dopo questo periodo, è rinato in me il desiderio di mettere in atto i cambiamenti!, la
voglia di avere una ragazza, sposarmi, avere una famiglia, scoprire l'amicizia senza il
sesso, accettare i consigli, e rimettere in questione i miei pensieri, riconoscere quando
agisco d'un modo pauroso! Ho imparato con il tempo a stare attento ai vecchi modelli di
vita. Ho preso l'abitudine ad un nuovo modo di vivere e d'essere.
Voglio trasmettere le cose buone della vita, e sopra tutto non credere a questa bugia che
l'omosessualità è genetica!
Non infliggere delle ferite morali, verbale o fisiche come le ho ricevute nel passato!
Imparo che non sta a me a cambiare le persone e che devo avere un certo distacco sulle
circostanze e quello che mi arriva contro. Sapere vivere con dei filtri, lasciando passare
le cose buone scartando le meno buone.
Non voglio dire che sono guarito, perché vorrebbe dire ch'ero malato, e che
l'omosessualità è dunque una malattia; ma piuttosto che prima vivevo separato della mia
identità, non ero mai stato confermato come uomo da mio padre! Il processo di
maturazione era bloccato.
Cercavo solamente di acquistare la mia mascolinità d'un modo sbagliato!
Non ritornerei indietro nel passato, e nello falso io, e sono contento d'avere capito cosa
in me e fuori da me ha fatto sì = che abbia avuto dei problemi d'omosessualità.
Presentazione di Omosessualita Maschile
Questa seconda parte della conversazione di oggi è più specificamente destinata agli
operatori in campo psicologico, benché possa essere di aiuto per chiunque voglia
comprendere concretamente su cosa si basa la terapia ricostituiva.
Dal punto di vista relazionale, esistono quattro categorie di amicizie per gli uomini
omosessuali, e va chiarito che sono livelli diversi su cui lavorare in modo diverso.
1. Amicizie gay
2. Amicizie non-gay
3. Amicizie eterosessuali
4. Amicizie eterosessuali con attrazione sessuale
E' chiaro che le modalità di relazione gay non appagano la persona che chiede di fare un
percorso come quello della terapia ricostituiva , tuttavia è proprio la difficoltà ad
instaurare amicizie maschili non erotiche (non gay) a costituire il primo banco di prova,
molto prima di pensare di affrontare il capitolo delle amicizie eterosessuali e tanto più
quelle connotate sessualmente.
Tralasciamo il capitolo "amicizie gay" perché già sulla terminologia "amicizia" ci
sarebbe una serie di importanti sottolineature da fare (instabilità relazionali, disillusioni,
infedeltà, scivolamento quasi inevitabile nella erotizzazione etc) che stornerebbero
l'attenzione dal punto focale, cioè lo sviluppo delle amicizie maschili non erotiche.
Come distinguere un "falso io" dal "vero io"? Utilizzando nella seduta psicoterapica una
classica semiologia psicologica, cioè facendo emergere nel rapporto psicoterapeuta-
uomo paziente-uomo segni di maturità di genere da altri di "mascheramento" o difesa.
Ne elenco alcuni, suddividendoli per maggiore chiarezza in due gruppi: le caratteristiche
rilevabili (a) dentro se stesso e (b) nelle relazioni con gli altri
a) Segni di Vero Io (dentro se stesso)
Maschile
Adeguato, Alla pari
Sicuro, Fiducioso, Capace
Prova emozioni autentiche
Pieno di vita
Fiducia fisica
Forte, Autonomo
Accetta le imperfezioni fisiche
Attivo, Decisionale
Creativo
a) Segni di falso io, io narcisistico (dentro se stesso)
Non maschile
Sentimento di inferiorità, inadeguatezza
Insicurezza, sfiducia, sensazione di incapacità
Emotivamente "morto" o troppo emotivo
Depresso
Oppresso da goffaggine angosciosa
Controllato e manipolato dagli altri
Perfezionismo
Passività, Esitazione
Stagnante
La metodologia prevede che il terapeuta agisca opponendo al doppio laccio nel quale è
intrappolato il paziente un "doppio nodo" intra ed interpsichico: mantenendo il paziente
affettivamente centrato e operando un contenimento affettivo su di lui affrontando rabbia
ed affermazione (icona: l'uomo si deve abbracciare psichicamente lasciandosi
abbracciare dal terapeuta).
Vanno però puntualizzati alcuni aspetti : il primo è che il percorso psicoterapico non è
indolore!
Il ruolo della fatica della pena nella terapia è argomento da affrontare
La fatica della pena va chiaramente spiegata, così come la gradualità dell'avvicinamento
al nucleo del vero io mascherato dagli strati narcisistici/difensivi del falso io.
Avvicinarsi al danno del nucleo dell'io ha un effetto che richiede contenimento affettivo
ed empatia vera: solo vedendo in faccia il bambino ferito lo si può aiutare a guarire
anche se questa visione "fa male" (al paziente, ma anche al terapeuta).
Tristezza e rabbia: sono sentieri paralleli al dolore (alla pena) che vanno pure messi in
conto e spiegati, così come momenti di regressione difensiva, fuga indietro etc.
Le difese contro il dolore (la pena) che il terapeuta è chiamato ad identificare e aiutare a
focalizzare con il paziente sono le illusioni e le distorsioni.
Illusioni: una visione eccessivamente positiva non realistica del passato e del presente.
Comunemente: nuove attrazioni dal sesso uguale, il padre "abbastanza buono",
"quell'amico particolare", ricadute nell'io narcisistico e nel falso io
Distorsioni: una negativa visione non realistica. Distorsioni comuni:"Sono
irrimediabilmente carente", "Non sono abbastanza uomo", "Non sono amabile"
Rispetto alle reazioni per la fatica del dolore l'azione omosessuale come opportunità
difensiva in corso di terapia ricostituiva è caratterizzata da una ripresa di eccitazione
sessuale. L'impeto genitale, l'eccitazione, la "carica"erotica, con agito avventuroso ed
irrequieto sono reattivi a questo procedere verso gli strati profondi della persona. Non
per questo la terapia va considerata perduta, anzi.Vi possono essere alti e bassi e marce
indietro e avanti. La maturità del terapeuta e la sua supervisione- confronto con colleghi
in questo senso è piuttosto importante. Nella nostra clinica lavorano con me in 7 e la
supervisione e il confronto clinico sono costanti.
Il paziente va anche rassicurato rispetto a non preoccuparsi per eventuali "recidive" o
recrudescenze di pulsionalità omosessuale: sono normali fasi reattive e richiedono la
decisione a perseverare.
La terapia ricostituiva non è infatti "castrazione" della pulsione omosessuale (che
esploderebbe in altro modo) ma ricerca dell'identità attraverso strati di detriti e
costruzioni difensive magari consolidate da anni o magari da decenni.
Vorrei qui concludere, sapendo di avere appena accennato a molti aspetti, sottolineando
che culturalmente nel presentare la terapia ricostituiva è inutile opporsi ai gay
politicizzati che sono in genere persone intelligenti che traggono molti vantaggi dal falso
"io". Essi distruggono i tentativi per i sofferenti (i cosiddetti omosessuali distonici) in
quanto l'idea stessa di terapia metterebbe in crisi il falso sé. E' abbastanza tipico che
attivisti gay cerchino posti di comando per dettar legge, "vendicandosi" e facendo sentire
sbagliati o inferiori gli eterosessuali, distruggendo i terapisti con l'opposizione mediatica,
sociale e politica.
La vera azione di accoglienza terapeutica è ascoltare le istanze degli omosessuali
sofferenti, offrendo una possibilità di lettura alternativa del loro disagio. La terapia
ricostituiva è una possibilità che, mai coercitiva, deve potere essere conosciuta ed
eventualmente esplorata, nel rispetto della libertà di scelta rispetto al cliché obbligato
che legge la distonia come risultato obbligato della omofobia sociale interiorizzata che si
risolverà con l'accettazione e normalizzazione dell'omosessualità. Rispetto al concetto di
omofobia sociale interiorizzata, questo luogo comune è smentito dai livelli di infelicità
enormi rilevabili in città "capitali" di omosessualità accettata come S.Francisco e Los
Angeles.
Culturalmente quindi è importante formare e moltiplicare i terapisti e le possibilità di
"guarigione". Alla prova dei fatti le testimonianze fanno crollare gli impianti delle
falsità, più la gente supera il problema più facile è che cambi culturalmente l'opinione
pubblica e migliore sarà l'educazione e probabilmente la società stessa.
In USA la Chiesa ha fatto due errori opposti : non ha preso atto del problema per
"buonismo" (confondendo accettazione della persona con accettazione del
comportamento) o al contrario si è arroccata su posizioni di dura condanna ed
isolamento senza offrire strumenti di lettura psicologica e vie di uscita "terapeutiche".
Una soluzione percorribile invece è quella di molte chiese (episcopali, presbiteriani,
mormoni e per un 10%, anche della Chiesa Cattolica): farsi carico anche
economicamente della terapia delle persone che chiedono aiuto ma non hanno i mezzi (la
psicoterapia è sempre a pagamento) per liberare le persone dalla sofferenza e allargare la
base della testimonianza "dal basso" sulla verità dell'identità di genere.
Culturalmente sono estremamente carenti corsi per terapeuti e anche corsi di
antropologia che sottolineino in generale, al di là della tematica omosessuale, il ruolo
della fatica e della pena nella vita umana (l'"andare oltre").
Narth.com
Il Dott. Robert Spitzer annuncia uno studio innovativo alla Convenzione Annuale dell' APA (associazione
Psichiatri Americani). Tale studio viene quindi pubblicato nell'ottobre 2003 sulla rivista Archives of Sexual
Behaviour vol32, No5, pag 403-417. Il recapito telefonico del prof Spitzer è:
Dr.Robert Spitzer, MD
001-212-543-5524
In un rapporto diffuso il 9/5/2001 dall'Associazione Psichiatrica Americana alla convenzione annuale (APA),
lo psichiatra Dott. Robert Spitzer ha annunciato i risultati di un nuovo studio sull' omosessualità. Gli sforzi di
cambiare l'orientamento sessuale possono--- in alcuni uomini e donne-- produrre dei successi significativi.
Il coinvolgimento personale del Dott. Spitzer in questo particolare studio è storicamente significativo: Lui
era la figura principale nella decisione dell' APA del 1973 che rimosse l'omosessualità dal manuale
diagnostico ed ufficiale dei disturbi mentali. Oggi è Primario di Ricerca di Biometrica e Professore della
Psichiatria all'Università di Columbia in Città di New York.
"Contrariamente a quanto comunemente si pensa, alcuni individui estremamente motivati, usando una
varietà di sforzi di cambiamento, possono fare un cambio sostanziale di orientamento sessuale", disse
Spitzer.
"Come molti psichiatri io pensavo che alla tendenza omosessuale si potesse solamente resistere e che non
potesse realmente cambiare l' orientamento sessuale . Ora credo che questa convinzione sia falsa. Alcune
persone con orientamento omosessuale possono cambiare e cambiano", dice Spitzer.
Il Dott. Spitzer ha intervistato 200 uomini e donne che hanno esperimentato una modificazione significativa
dell'attrazione da omosessuale ad attrazione eterosessuale e mantiene questo cambiamento da almeno
cinque anni. Molti dei soggetti avevano cercato il cambiamento a causa di disillusione con un modo di
vivere promiscuo e relazioni instabili, tempestose. Molti riportarono un conflitto coi loro valori religiosi, e
molti avevano desiderato essere (o rimanere) eterosessualmente sposati . Al momento della intervista della
ricerca i tre-quarti degli uomini e la metà delle donne si erano sposati.
Una scoperta sorprendente era che il 67% degli uomini che prima raramente o mai sperimentavano
attrazione per il sesso opposto, con il lavoro psicoterapico (terapia ricostituiva) verso il cambiamento
riportavano ora una attrazione eterosessuale significativa. Anche i soggetti in cui non si modificò
l'orientamento omosessuale la psicoterapia diede risultati positivi nel comportamento questi
sperimentarono e dichiararono un miglioramento significativo in salute emotiva.
Il Dott. Spitzer mette in guardia dal vedere il cambio di orientamento in una prospettiva elusiva di
"either/or" (cioè "da così a così"). "Una migliore concettualizzzione del cambiamento è vederlo come
l'attenuazione di una pulsione omosessualità indesiderata ed un aumento del potenziale eterosessuale,
riconoscendo che, per alcuni, il cambiamento è possibile lungo un cammino continuo multi-dimensionale."
Pur essendo contro qualunque forma di trattamento coercitivo, aggiunge lo psichiatra, "io credo che
pazienti dovrebbero avere diritto ad esplorare il loro potenziale eterosessuale, nel pieno rispetto della loro
possibilità di scelta e di autodeterminazione".
Il dottor Robert Spitzer, prestigioso psichiatra presso la Columbia University, nel 1973 è stato il responsabile
dell’eliminazione dell’omosessualità dal Manuale Diagnostico dei disturbi psichiatrici redatto dall’American
Psychological Association (APA). Tuttavia nel 2003, a seguito dei numerosissimi ex omosessuali che si
sentivano (già allora) discriminati dall’APA, decise di verificare se le terapie di cui essi avevano beneficiato
potevano davvero essere utili ed efficaci.
Ed infatti pubblicò uno studio in peer-review sulla prestigiosa rivista Archives of Sexual Behavior,
riconoscendo la validità e l’efficacia di tali terapie (come hanno rilevato anche studi successivi e alle quali vi
si sono dedicati ex presidenti dell’American Psychological Association, come Robert Perloff e Nicholas
Cummings). Immediatamente è divenuto per la lobby gay un traditore e un infame, e sappiamo bene a che
livelli di vessazione sono esposti coloro che osano avere una posizione “scomoda” sull’omosessualità. Oggi,
il dott. Spitzer ha 80 anni ed è affetto da morbo di Parkinson, evidentemente non ha più voglia di
sopportare pressioni ed insulti e ha così preferito scrivere una lettera di ritrattazione, alla rivista (ripresa
anche dal “New York Times”), probabilmente sperando di poter così concludere in pace il suo cammino
terreno.
Lo psicologo olandese Gerard van den Aardweg ha rivelato i retroscena: «Qualche tempo dopo il suo
articolo del 2003 ho avuto una conversazione con lui al telefono. Gli ho chiesto se avrebbe continuato la
sua ricerca, o anche se avrebbe cercato di aiutare alcune persone con problemi di omosessualità. La sua
risposta fu irremovibile: “no”. Non avrebbe mai più toccato l’argomento, aveva deciso questo dopo i
terribili attacchi personali ricevuti dai gay militanti e dai loro sostenitori. Ci fu un’ondata di odio».
Un’esperienza traumatizzate, ha spiegato van den Aardweg, e perciò la decisione di Spitzer era
comprensibile. «Nei circoli psichiatrici e psicologici», ha aggiunto, «è già molto difficile per un
professionista sopportare l’ostilità, lo scherno e l’emarginazione» se ha giudizi negativi sull’omosessualità,
«per un eminente psichiatra come il dottor Spitzer, con il suo passato gay-friendly, questo deve essere
stato un tormento».
Spitzer ha dunque ceduto alle pressioni, in cambio della pace, tuttavia la sua ritrattazione (o meglio, la
“rivalutazione”) non cambia certamente i risultati, i quali «sono l’unica cosa che conta. Questa vicenda è in
realtà solo una questione di manipolazione mediatica, non una questione di scienza». Anche perché, i
soggetti usciti dall’omosessualità -sposati e con figli-, sono moltissimi e la realtà vale più di qualsiasi
opinione. Oltrettuto, le motivazioni usate nella sua ritrattazione «non inficiano le sue conclusioni». Lo
psicologo olandese rivela anche che «qualche anno fa, ho inviato a Spitzer una relazione su una ex-lesbica,
che dopo tanti anni era ancora completamente libera da attrazioni sessuali verso lo stesso sesso».
Naturalmente l’eminente psichiatria non rispose che aveva cambiato idea, ma «ha trovato la storia molto
interessante».
La cosa significativa, comunque, è che la rivista scientifica, “Archives of Sexual Behavior”, si è rifiutata di
ritirare il lavoro originale di Spitzer, in quanto lo studio è stato e rimane scientificamente valido. La
pubblicazione in peer-review significa infatti che la ricerca prima della pubblicazione deve passare da una
valutazione eseguita da specialisti del settore per verificarne l’idoneità. Ritrattare in seguito i risultati
significa delegittimare il lavoro di questi specialisti che hanno approvato lo studio, e minare la credibilità
della stessa rivista scientifica. Lo stesso direttore di “Archives of Sexual Behavior”, Ken Zucker ha dichiarato:
«Se Spitzer vuole presentare una lettera in cui dice che non crede più alla sua interpretazione dei propri
dati, va bene. Noi lo pubblicheremo. Ma una ritrattazione? Beh, il problema è che il cambiamento di cuore
di Spitzer circa l’interpretazione dei dati non è normalmente il genere di cosa che spinge un editor a
cancellare il risultato scientifico. In caso di dati analizzati in modo non corretto, si pubblica solitamente un
“erratum”, o è possibile ritirare un articolo, se i dati sono stati falsificati. A quanto mi risulta, Spitzer sta solo
dicendo che dieci anni dopo vuole ritrattare la sua interpretazione dei dati. Beh, probabilmente dovremmo
allora ritirare centinaia di pubblicazioni scientifiche per re-interpretarle, e noi non lo facciamo».
Lo psicologo americano Christopher H. Rosik ha commentato così queste parole: «Quello che Zucker sta
essenzialmente dicendo è che non c’è nessuna giustificazione per una ritrattazione». Ha quindi ricordato
che lo stesso Spitzer «ha confermato che stava ricevendo un elevato volume di lettere di odio e rabbia
rivolte contro di lui (Spitzer, 2003b; Vonholdt, 2000)». E infine: «Nessuna nuova scoperta scientifica è stata
scoperta per screditare la terapia di cambiamento di orientamento sessuale (SOCE). Nessun difetto
madornale metodologico è stato identificato. Gli stessi argomenti inoltrati a favore o contro lo studio di un
decennio fa, sono ancora in piedi».
Ma purtroppo su questo tema è impossibile una discussione, «le persone hanno paura di esprimere le loro
opinioni sul comportamento omosessuale, i professionisti hanno paura di dissentire dalla “saggezza”
ideologica sull’omosessualità, i politici hanno paura di dire qualcosa in pubblico che irriti la comunità gay.
L’ideologia dei gay militanti è stata imposta all’Occidente e ciò implica che la ricerca della verità circa
l’omosessualità, le sue cause e la sua mutevolezza, è quasi diventata un’attività proibita», ha concluso a sua
volta lo psichiatra Gerard van den Aardweg.
Omosessualità? Si può uscirne
Guarire si può
Il vero scoop, in termini giornalistici, è proprio questo: che dalla omosessualità è
possibile liberarsi. Non si tratta di un'affermazione teorica, o di un auspicio di natura
morale: autorevoli psicologi che da anni lavorano in questo campo possono documentare
numerose "guarigioni" di persone gay che - ovviamente senza alcun tipo di costrizione -
hanno iniziato una cura psicanalitica seria, e sono completamente usciti dal tunnel di una
personalità incompiuta. Certo, il primo passo di questo non facile cammino è
riconoscersi bisognosi di aiuto, e infrangere il luogo comune imposto dai media secondo
cui, al contrario, bisognerebbe arrendersi al fatto che omosessuali si nasce. Nulla di più
falso: innumerevoli studi hanno ormai dimostrato che l'orientamento omosessuale è
legato a una serie complessa di fatti accaduti alla persona durante l'infanzia e
l'adolescenza. Questa rivelazione dimostra che la lobby gay non solo fa del male alle
persone che afferma di voler tutelare, ma, ancor di più, induce l'opinione pubblica a
trascurare una serie di informazioni educative che potrebbero in molti casi prevenire
l'insorgere del problema. Sappiamo, ad esempio, che nel vissuto di moltissimi
omosessuali maschi adulti c'è un padre evanescente; e spessissimo c'è una famiglia
sfasciata, un divorzio. Non a caso, anche qui il miglior modo per prevenire è difendere la
famiglia, recuperando in particolare la figura di un padre affettuoso ma autorevole,
capace di dettare delle regole e dei divieti. In questo senso, i movimenti di liberazione
omosessuale sono degli acerrimi nemici della famiglia.
L'insegnamento della Chiesa
La Chiesa cattolica continua a insegnare - in perfetta fedeltà alla Sacra Scrittura e alla
Tradizione - che "gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati, contrari alla
legge naturale, e in nessun caso possono essere approvati" (Catechismo della Chiesa
cattolica, n. 2357). Il Magistero tiene distinti i comportamenti dalle tendenze: poiché la
genesi psichica dell'omosessualità rimane in gran parte inspiegabile, la semplice
presenza di tale tendenza non costituisce una colpa, e anzi le persone che si trovano in
questa condizione devono essere accolte "con rispetto, compassione, delicatezza" (n.
2358). Ma è altrettanto evidente che le persone omosessuali sono chiamate alla castità e
alla perfezione cristiana, traendo forza dalla preghiera e dalla grazia (n. 2359). Proprio
questa parte del Catechismo sembra confermare la reale possibilità di cambiamento, cui
la psicanalisi offre oggi importanti prospettive: "in questo senso - scrive Padre Livio
Fanzaga - c'è affinità di vedute tra prospettiva scientifica e pastorale della Chiesa,
scienza e morale qui procedono insieme verso un traguardo positivo di fiducia e di
speranza". Dall'omosessualità si può guarire.
Bibliografia
Joseph Nicolosi, Omosessualità maschile: un nuovo approccio, SugarCo Edizioni,
Milano 2002.
G. Van den Aardweg, Omosessualità e speranza, Ares, Milano 1985.
Catechismo della Chiesa Cattolica, Editrice Vaticana, n. 2357-2359.
The Testimony of Steffan
(in Italian)
Nella prima infanzia mi ritenevo un bambino debole, avevo avuto dei problemi di salute,
problemi agli occhi e di conseguenze non potevo praticare dello sport che comunque non
mi piaceva. Con questi miei problemi mi sentivo messo da parte, diverso dagli altri.
Nel quartiere dove eravamo, con 2 dei miei vicini Christine e Jean-Marc, eravamo i più
piccoli d'un gruppo, gli altri avevano almeno 5 anni più di noi, e quando giocavamo con
loro, ci rigettavano e si approfittavano del fatto che erano più grandi.
Fino ai 4 anni, Il rapporto con mio padre era buono. Le circostanze della vita poi
diventarono difficili per lui, e spesse volte ero trattato male, era una persona autoritario.
Ero ripreso davanti a tutti, in particolare davanti ai famigliari e mi ricordo che aspettavo
da parte da mia madre o da altri un aiuto.
Spesse volte ero picchiato, mi sentivo umiliato, debole, indifeso, ero ansioso, pauroso,
insicuro di me, nella mia identità, ero complessato, mi mancava l'amore da me aspettato.
Sentivo fortemente l'ingiustizia.
Per riassumere un po', ho avuto un'infanzia poco felice!, anche se sembrava che miei
genitori facevano dal loro meglio.
Ricercavo la forza e la sicurezza in altri uomini, volevo dagli altri quello che non
possedevo!
Alla fine degli studi, ho proseguito nella vita gay, dove finalmente ero qualcuno, dove
ero notato, piacevo, ero desiderato, le persone come me mi capivano, potevo finalmente
ricevere l'amore per sentire di meno le mie sofferenze interne.
Ma tutto era solo che amore ridotto al sesso, vivevo in un circolo vizioso per diversi
anni: sesso, sollievo passeggero, insoddisfazione, sofferenze! e di nuovo sesso e cosi via,
la mia frustrazione era alleviata dalla dipendenza sempre più intensa.
Un giorno ho realizzato che questi uomini avevano gli stessi miei problemi, in fondo
ognuno cercava di prendere dall'altro, ma tutti rimanevano senza ricevere!
Quando eravamo in società, discoteche, bar, sorrisi, gioie, battute, divertimenti. Quando
ci ritrovavamo da soli, allora per alcuni la depressione, la tristezza e sopra tutto il fatto di
dire ancora una volta non ho trovato la persona giusta!
Da qualche parte, mi ero rassegnato su questo fatto, ma d'un'altra parte ero dipendente.
Mi ricordo che quando mi guardavo nello specchio avrei voluto diventare cieco e brutto
pensando allora non avere più problemi con la dipendenza, e non sarei più piaciuto.
Per miei 30 anni, ho passato dei momenti d'esistenza veramente difficile, sia al lavoro,
che con le mie relazioni.
Ho realizzato che tutto quello che desideravo materialmente a quell'epoca c'e l'avevo,
però la mia vita non aveva senso, era una trappola, non avevo ancora combinato niente.
Qualcuno potrebbe pensare che ero frustrato con il fatto che non mi accettavo come
omosessuale, eppure per anni ho vissuto anche dei bel momenti come gay lontano dalla
mia famiglia. E potevo fare quello che volevo.
Non ero felice e in pace con il fatto d'avere una vita gay!
Ho deciso a partecipare a dei corsi Living Waters per capire cosa era successo in me,
come mai non ho avuto la scelta di essere eterosessuale, perché ero attirato
compulsivamente verso lo stesso sesso?
Questi tempi erano difficili, ma benefici per me, qualche volte mi vergognavo
raccontando le mie storie.
Dovevo imparare a conoscere me stesso, ad avere un'identità che non fosse legata al
sesso con un uomo.
Vivere senza idolatria relazionale, cioè dare, o pensare che l'altro mi può dare solo
felicità o ciò che mi manca.
Dare il giusto valore alle ferite morali che avevo ricevuto, e anche perdonare.
Voglio trasmettere le cose buone della vita, e sopra tutto non credere a questa bugia che
l'omosessualità è genetica!
Non infliggere delle ferite morali, verbale o fisiche come le ho ricevute nel passato!
Imparo che non sta a me a cambiare le persone e che devo avere un certo distacco sulle
circostanze e quello che mi arriva contro. Sapere vivere con dei filtri, lasciando passare
le cose buone scartando le meno buone.
Non voglio dire che sono guarito, perché vorrebbe dire ch'ero malato, e che
l'omosessualità è dunque una malattia; ma piuttosto che prima vivevo separato della mia
identità, non ero mai stato confermato come uomo da mio padre! Il processo di
maturazione era bloccato.
Non ritornerei indietro nel passato, e nello falso io, e sono contento d'avere capito cosa
in me e fuori da me ha fatto sì che ho abbia avuto dei problemi d'omosessualità.
OMOSESSUALITÀ MASCHILE:
UN NUOVO APPROCCIO
JOSEPH NICOLOSI
PRESENTAZIONE
Lungi dal voler essere una provocazione fine a se stessa, o peggio ancora una sfida
omofoba, vuole piuttosto tentare di colmare una lacuna. Lo stimolo a pubblicare questo
saggio americano sull'omosessualità maschile infatti è nato dall'evidenza che tra i
numerosi testi ormai disponibili in Italia sull'argomento scarseggiano vistosamente titoli
autorevoli riferibili all'esperienza, scientificamente solida e ben documentata, maturata
dalla corrente degli psicoterapeuti che applicano con successo il cosiddetto «approccio
ricostitutivo» basato sulla teoria delle relazioni oggettive e su studi empirici della
identità sessuale.L'analisi delle dinamiche familiari, il recupero della relazione con la
figura paterna, l'autoaccettazione e la rimozione dei sensi di colpa, l'autoaffermazione e
la valorizzazione dell'autostima, lo sviluppo di vincoli di amicizie non erotiche sono
elementi fondamentali di questo approccio, che prevede una relazione importante con il
terapeuta, la verbalizzazione e psicoterapia personale e di gruppo.
La elevata frequenza della distonia nella percezione della propria omosessualità è poco
conosciuta, tuttavia non può semplicemente venire nascosta per incrementare
l'accettazione sociale delle persone che sperimentano pulsioni omosessuali, andrebbero
piuttosto divulgate tutte le possibili risposte volte a risolvere questo malessere, non solo
quelle considerate alla moda.
Nella mia quotidiana pratica clinica di medico infettivologo mi sono sentita rivolgere
richieste di aiuto a riorientarsi da parte di pazienti che, avendo sperimentato e
attualizzato pulsioni e comportamenti omosessuali, non avevano tuttavia trovato
nell'outing del mondo gay (locali, circuiti associativi) risposte adeguate alla sensazione
di malessere e di infelicità che persistentemente sperimentavano.
RINGRAZIAMENTI
Da molti anni la psicoterapia degli omosessuali di sesso maschile è oggetto di studi
approfonditi. La grande novità di questo libro risiede nel tentativo di fondere diversi
elementi della ricerca clinica: lo sviluppo dell'identità sessuale maschile (Abelin 1975,
Greenacre 1957, Greenson 1968, Greenspan 1982, Kohlberg 1966, LaTorre 1979,
Mahler 1955, Moberly 1983, Money ed Ehrhardt 1972, Ross 1979, Stoller 1968),* storie
di dinamiche familiari (Bell e Weinberg 1978, Bieber et al. 1962, Green 1987, Higham
1976, Money e Russo 1979, Tyson 1985) e le tecniche di psicoterapia psicodinamica
dell'omosessualità maschile (Gershman 1953, Hadden 1966, Hamilton 1939, Hatterer
1970, Horner 1989, Masters e Johnson 1979, Nunberg 1938, Ovesey 1969, Socarides
1978, van den Aardweg 1986, Winnicott 1965).
Vorrei qui ringraziare tutti coloro che hanno partecipato alla stesura di questo libro.
Desidero esprimere la mia stima a tutto il personale del mio ufficio: Jennie Gohn,
Margaret Guiteras, Edith Joanis, Joan Multerer, Cindy Anctil, e in particolare alla mia
assistente alla ricerca Jeanne Armstrong, che ha reso possibile la realizzazione di questo
libro grazie alle interminabili ore trascorse in biblioteca.
Desidero inoltre ringraziare i membri del Comitato Consultivo della Thomas Aquinas
Clinic per il loro sostegno, il mio grande amico Jim Johnson del Beyond Rejection
Ministries per il costante incoraggiamento, nonché il dott. Jason Aronson che ha
riconosciuto il valore di queste idee e ha avuto il coraggio di pubblicarle.
Desidero ringraziare in modo del tutto particolare mia moglie Linda, che con i suoi
preziosi consigli e suggerimenti e con le sue doti di scrittrice ha saputo trasformare la
mole di pensieri frammentari in un manoscritto unitario e leggibile, nel corso dei quattro
anni che insieme abbiamo dedicato alla realizzazione di questo libro.
INTRODUZIONE
Vi sono uomini omosessuali che rifiutano l'etichetta di «gay» e tutte le implicazioni che
tale definizione comporta. Laddove il termine «omosessuale» indica un aspetto
innegabile della loro psicologia, la parola «gay» descrive uno stile di vita e dei valori che
essi non condividono. Questi uomini vivono un profondo conflitto tra i loro valori e le
loro tendenze sessuali e, sebbene il loro sviluppo personale sia costantemente ostacolato
da desideri omoerotici, si sforzano di non arrendersi a questi impulsi omosessuali, ma di
superarli.
Un'attenta analisi della letteratura specializzata rivela che i fattori genetici e ormonali
non sembrano avere un ruolo predeterminante nello sviluppo omosessuale. Tuttavia vi
possono essere alcuni fattori predisponenti che rendono alcuni ragazzi più vulnerabili e
più soggetti a un processo di identificazione sessuale incompleto.
Se analizziamo più da vicino i rapporti tra gay, possiamo osservare alcuni limiti tipici
dell'amore omosessuale. Le coppie gay sono note per la loro precarietà e instabilità. Gli
studi più recenti sono unanimi nel riconoscere l'eccessiva promiscuità e l'enfatizzazione
della sessualità dei rapporti omosessuali. In assenza dell'elemento femminile
stabilizzante, le coppie omosessuali maschili presentano serie difficoltà nella capacità di
mantenere la monogamia.
Da alcuni anni gli scrittori del Movimento di Liberazione Gay non solo si battono per
sollecitare un atteggiamento di tolleranza da parte della società, ma anche perché lo stile
di vita e la condizione omosessuale ottengano l'approvazione generale. Essi negano che
vi sia promiscuità, o la propongono come parte accettabile di un nuovo ordine sociale
necessario alla condizione omosessuale. Chi non riconosce l'uguaglianza
dell'omosessualità è considerato omofobico, cioè pieno di paure irrazionali. Gli scrittori
gay non ammettono il fatto che sia del tutto legittimo dare più valore all'eterosessualità.
Questo tipo di terapia non si pone l'obiettivo di cancellare tutti gli impulsi omosessuali,
bensì di migliorare la capacità di mettersi in relazione con gli altri uomini e di rafforzare
il processo di identificazione maschile. Grazie alla terapia ricostitutiva, molti pazienti
hanno trovato la forza di mantenere l'impegno di praticare l'astinenza sessuale, altri sono
riusciti a raggiungere l'equilibrio in una unione eterosessuale.
Parte I
ALLA RICERCA
DELLA PROPRIA IDENTITÀ SESSUALE
La mascolinità nell'uomo non è semplicemente una condizione naturale... è piuttosto una conquista.
Robert Stoller
Non riesco a pensare a un bisogno nell'infanzia forte come il bisogno di protezione del padre.
Sigmund Freud
Capitolo 1
Da alcuni anni si sente molto parlare di omosessualità e della scelta di «uscire allo
scoperto» e condurre uno stile di vita gay. «Uscire allo scoperto» significa gettarsi alle
spalle ogni sorta di timore e inganno e intraprendere finalmente la via della libertà e
dell'integrità personale.
L'omosessuale non-gay è un uomo che vive un conflitto fra il suo sistema di valori e le
sue tendenze sessuali, perché fondamentalmente egli s'identifica con lo schema di vita
eterosessuale. L'omosessuale non-gay sente che il suo progresso personale è
continuamente intralciato dall'attrazione che prova per gli individui del suo stesso sesso.
Un giovane di sedici anni è venuto un giorno nel mio studio, turbato per avere scoperto
di essere omosessuale. Per prima cosa gli spiegai che si trovava di fronte a una duplice
scelta: aderire alla Terapia affermativa gay o tentare di superare l'omosessualità.
Proseguii illustrando i casi dei pazienti in terapia con me. In un primo momento egli
sembrò perplesso, perché influenzato dall'opinione corrente secondo cui se sei
omosessuale l'unica risposta onesta è vivere apertamente la propria identità gay. Per
questo fu sorpreso di scoprire che molti uomini scelgono una via diversa.
Coloro che si rivolgono alla terapia ricostituiva non imputano la propria infelicità al
marchio che impone loro la società. Molti di loro hanno esplorato lo stile di vita gay,
compiendo un percorso che si è trasformato in una «via negativa» (in italiano nel testo),
e ne sono usciti delusi per ciò che hanno visto. La loro definizione dell'io è
profondamente legata alla vita familiare tradizionale, per questo rifiutano di rinunciare
alla propria identità sociale eterosessuale. Invece di dichiarare guerra all'ordine naturale
della società, essi decidono di impugnare le armi di una battaglia interiore. Ecco le
parole di un paziente di ventitré anni:
Ho provato questi sentimenti e questi impulsi, ma l'idea soltanto di essere gay mi sembra ridicola... è uno stile di vita
così strano, ai margini della società... è un mondo al quale non potrei appartenere.
Un altro ancora:
Per me condividere lo stile di vita omosessuale è stato come vivere una menzogna. È stata un'esperienza dolorosa che mi ha disorientato, una forza distruttiva
nella mia vita. Solo quando ho veramente cominciato a riflettere su ciò che sta dietro all'omosessualità ho iniziato a trovare pace e autoaccettazione.
È un peccato che l'omosessuale non-gay debba essere considerato quello che in realtà
non è. Secondo un'opinione diffusa, egli rimane nascosto per paura o ignoranza, ma con
un po' di tempo e un'adeguata formazione anch'egli potrebbe trovare la via della sua
liberazione. Tuttavia, non essere gay è una scelta più consapevole riguardo alla propria
identità che non quella di essere gay. Questo isolamento può rappresentare un luogo di
crescita e di autocomprensione molto dinamico, un luogo destinato a cambiare. Per
l'omosessuale non-gay, l'isolamento rappresenta una scelta e una sfida, un luogo di
fratellanza, fede e crescita -- un luogo interiore che può anche condurre alla
trascendenza.
Negli ultimi anni sono stati fatti grandi passi verso il riconoscimento degli omosessuali
nella società, e sarebbe più che ovvio estendere la stessa comprensione all'omosessuale
non-gay. Egli ha operato una valida scelta filosofica ed esistenziale, è qualcuno che,
nella pienezza della propria identità, non vuole aderire alla condizione di omosessuale,
ma cerca di superarla.