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giugno 2017
Editoriale
a Approfondimenti
Le radici dell’autodirezionalità nel DSM-5®
Aureliano Pacciolla 103
Terapie centrate sul significato: Logoterapia e Approccio narrativo.
L’attualità del pensiero di Viktor Frankl nel confronto con l’approccio
narrativo di Fabio Veglia
Isabella Deambrosis e Cristina Civilotti 125
Aggressività e violenza senza senso. Una lettura analitico-esistenziale
della violenza sulle donne (e non solo)
Domenico Bellantoni 149
r Recensioni 167
Editorial
i In-depth studies
The origins of self-directedness in DSM-5®
Aureliano Pacciolla 103
Meaning centred therapies: Logotherapy and the Narrative approach.
The modernity of Viktor Frankl’s thinking compared to the narrative
approach of Fabio Veglia
Isabella Deambrosis and Cristina Civilotti 125
Senseless aggression and violence. An analytical-existential
interpretation of violence against women (and not only women)
Domenico Bellantoni 149
r Reviews 167
101
Domenico Bellantoni
102
LE RADICI
DELL’AUTODIREZIONALITÀ
NEL DSM-5®
Aureliano Pacciolla Sommario
(Psicologo e psicoterapeuta, Scuola di
Questo articolo vuole rispondere a un recente
Psicoterapia Humanitas, Roma)
quesito: quali sono le origini del recente costrutto
dell’autodirezionalità nel DSM-5®? Questa doman-
da è stata articolata in tre punti: (1) Le ricerche
più recenti sui quattro costrutti del LPFS-BF (Level
of Personality Functioning Scale) di cui l’autodi-
rezionalità fa parte; (2) Gli strumenti e i metodi
specifici che hanno portato a isolare il costrutto
dell’autodirezionalità; (3) L’importanza clinica della
identificazione del livello di funzionamento della
personalità. Questo articolo vuole anche essere una
premessa epistemologica a una ricerca già in corso
sulle correlazioni fra l’autodirezionalità e lo scopo
nella vita (epicentro dell’Analisi esistenziale di V.
Frankl) valutato dal PIL Test. Nella conclusione si
danno delle anticipazioni su una possibile conti-
nuazione di questa ricerca pilota.
Parole chiave
DSM-5®, autodirezionalità, PIL Test, Frankl, livello
di funzionamento della personalità.
Edizioni Erickson – Trento RICERCA DI SENSO Vol. 15, n. 2, giugno 2017 (pp. 103-123) 103
a Premessa
In questo articolo, intendiamo individuare quali siano le
origini del costrutto dell’autodirezionalità che il DSM-5® indica
come una delle quattro dimensioni — insieme alla identità,
all’empatia e all’intimità — per valutare il livello di funziona-
mento della personalità.1 Il costrutto dell’autodirezionalità è
in linea a un’antropologia umanistico-esistenziale che intenda
la persona — in misura variabile — come libera e responsa-
bile di prefiggersi degli scopi che possano dare un senso alla
propria vita. In particolare, l’Analisi esistenziale di V. Frankl
pone alla base delle sue applicazioni cliniche la possibilità di
dirigere la propria vita verso significati personali e al di là dei
condizionamenti bio-socio-culturali.
Le intuizioni che Frankl ha avuto fin dagli anni Trenta, a pro-
posito del ruolo dell’autodirezionalità e la valanga di ricerche che
hanno confermato tali ipotesi, hanno finalmente avuto una con-
ferma nel DSM-5®. Tuttavia dovremmo chiederci attraverso quale
strada i ricercatori dell’APA siano arrivati all’autodirezionalità.
Questo articolo vuole rispondere a questa domanda, partendo
dalle ricerche più recenti che si sono occupate specificamente dei
quattro costrutti implicati dalla valutazione del funzionamento ge-
nerale della personalità (Hutsebaut, Feenstra e Kamphuis, 2016).
1
Autorizzazione richiesta il 3 maggio 2016 al dsm5@psych.org. «Dear Sir or Ma-
dam: I am an American psychologist and researcher who is collaborating with Dr.
Aureliano Pacciolla, a psychologist/researcher in Rome, Italy on an article about
self-directedness in DSM-5®. Unfortunately, it has been difficult for us to find
information on the research studies that were used by the DSM-5® task force on
personality disorders to support the inclusion of self-directedness in DSM-5®.
Would you be so kind as to give us the contact information of someone on the
personality disorders task force, who could speak to this? Thank you, Sincerely,
Anna (Anna Pecoraro, Psy.D., M.Ed., M.A. Director, Online MS Program in
Psychology Associate Professor, Institute for the Psychological Sciences. 2001
Jefferson Davis Highway, Suite 511. Arlington, VA 22202)».
104
2
In questo studio Verheul ha usato il SIPP–118 che consiste in 118 item organiz-
zati in Scala Likert a 4 punti, considerando gli ultimi 3 mesi e raggruppando le
risposte in 16 aspetti del funzionamento della personalità per cinque cluster di
ordini di domini più alti.
3
Il criterio A si valuta attraverso il funzionamento intrapersonale (identità e
autodirezionalità) e interpersonale (empatia e intimità). Questo modello è, per
ora, applicabile solo a disturbi di personalità schizotipico, antisociale, borderline,
narcisistico, evitante e ossessivo-compulsivo.
105
a TABELLA 1
Prima ipotesi schematica sul funzionamento della personalità
basato sulla relazione con sé stessi e con gli altri (Bender, Morey
e Skodol, 2011)
Funzionamento di Personalità
1. Spesso non so chi sono.
2. Spesso penso
Identità negativamente di me.
3. Le mie emozioni cambiano
senza il mio controllo.
Sé 4. Nella mia vita ho scopi ben
chiari e riesco a raggiungerli.
5. Spesso non comprendo i
Autodirezionalità miei stessi pensieri e le mie
La emozioni.
Personalità 6. Spesso sono molto rigido
come con me stesso.
relazione 7. Spesso ho difficoltà a
con comprendere i pensieri e i
sentimenti degli altri.
8. Spesso mi è difficile
tollerare quando gli altri
Altri Empatia hanno un’opinione diversa
dalla mia.
9. Spesso non comprendo
pienamente perché il mio
comportamento ha certi
effetti sugli altri.
10. Le mie relazioni e le mie
amicizie sono spesso di breve
durata.
11. Non c’è nessuno che mi
Intimità
sta veramente vicino.
12. Spesso non riesco
a lavorare in modo
collaborativo con gli altri.
106
cismo vs. lucidità. Oppure, uno o più dei seguenti tratti di personalità: Affettività
Ridotta, Anedonia, Angoscia di Separazione, Ansia, Convinzioni/Esperienze
Inusuali, Depressività, Disregolazione Percettiva, Distraibilità, Eccentricità,
Evitamento della Intimità, Grandiosità, Impulsività, Inganno, Insensibilità,
Irresponsabilità, Labilità Emotiva, Manipolatorietà, Ostilità, Perfezionismo Ri-
gido, Perseverazione, Ricerca di Attenzione, Ritiro, Sospettosità, Sottomissione,
Tendenza a correre rischi.
107
108
nelle relazioni; (4) Investimento emotivo nella morale; (5) Causalità sociale; (6)
Esperienza e gestione dell’aggressione; (7) Autostima; (8) Identità.
6
IL TCI è stato ideato da Robert Cloninger nel 1987. Oltre alle prime tre dimen-
sioni di personalità, per valutare i tratti temperamentali (Novelty Seeking, Harm
Avoidance e Reward Dependence), l’autore ha successivamente inserito una quarta
dimensione: la Persistence (la perseveranza nonostante la fatica e la frustrazione).
A queste, sono state aggiunte altre tre dimensioni correlate allo sviluppo del
concetto di sé per valutare i tratti caratteriali: Self-Directedness, Cooperativeness,
e Self-Trascendence.
109
a TABELLA 2
Valutazione della autodirezionalità prima del DSM-5®
L’Autodirezionalità nel TCI
Item positivi Item negativi
Responsabilità / Autocolpevolizzazione
Potrei probabilmente rea-
Di solito sono così deciso che
lizzare più di quanto faccio,
continuo a darmi da fare a
37 11 ma non vedo perché dovrei
lungo dopo che gli altri hanno
sforzarmi più di quanto è
lasciato perdere.
necessario per tirare avanti
Sono soddisfatto di quello
Lavoro di più della maggior che ho realizzato e non ho un
62 128
parte della gente. gran desiderio di fare meglio
di così.
Di solito mi impegno più a
fondo di quanto facciano gli
103
altri perché voglio fare le cose
meglio che posso. Spesso interrompo un lavoro
Sono più perfezionista della 166 se richiede più tempo di quan-
205
maggior parte delle persone. to avessi pensato.
Spesso mi impegno fino allo
218 stremo o cerco di fare di più
di quanto sia in grado di fare.
Intenzionalità / Mancanza di Scopo
Spesso mi sento vittima delle
4
circostanze.
Raramente mi capita di sen-
24 tirmi libero di scegliere quello
che voglio fare.
I miei atteggiamenti sono in
larga misura determinati da
58
influenze al di fuori del mio
controllo.
Di solito sono libero di sce-
151 86 Gli altri mi controllano troppo.
gliere quello che voglio fare.
Le circostanze spesso mi ob-
121 bligano a fare cose contro il
mio volere.
Le mie azioni sono determina-
169 te in larga misure da influenze
al di fuori del mio controllo.
Spesso la colpa dei miei pro-
198 blemi sono le altre persone e
le situazioni.
110
111
a La disciplina ad applicarmi
mi ha dato buone abitudini
che prevalgono rispetto alla Ho così tanti difetti che non
36 104
maggior parte degli impulsi mi piaccio molto.
momentanei o delle insisten-
ze altrui.
La disciplina ad applicarmi mi
Ho bisogno di molto aiuto
ha permesso di diventare bra-
90 115 degli altri per acquisire delle
vo in molte cose aiutandomi
buone abitudini.
ad avere successo.
Le buone abitudini sono di-
ventate una seconda natura Molte delle mie abitudini mi
135 per me. Sono quasi sempre 162 rendono difficile portare a
azioni automatiche e spon- termine obiettivi importanti.
tanee.
Ho bisogno di molta più ap-
Le buone abitudini mi rendo- plicazione per acquisire buone
196 no più facile fare le cose nel 184 abitudini, prima di potermi fi-
modo che voglio io. dare di me stesso in situazioni
allettanti.
Penso che le mie reazioni La mia volontà è troppo de-
naturali siano solitamente bole per vincere tentazioni
207 221
coerenti con i miei principi e molto forti anche se so che
con i miei fini ultimi. soffrirò per le conseguenze.
7
L’autodirezionalità è stata osservata in particolare dal S-SD (Self-Description Scale)
e dallo SCORS (Social Cognition and Object Relations Scale); la capacità di proporsi
degli standard ragionevoli dalla S-DS (Self-Description Scale), la direttività verso
gli scopi dal D-RS (Differentiation-Relatedness Scale), dal S-DS (Self-Description
Scale) e dallo SCORS (Social Cognition and Object Relations Scale).
112
113
TABELLA 3
Correlazioni fra la GAPD (General Assessment of Personality
Disorders) e il SIPP (Severity Indices of Personality Problems)
(Morey et al., 2011a e b)
Esempio di Scala per la Valutazione del Livello
di Patologia della Personalità
Marcate oscillazioni nell’identità e negli scopi. Senso di sé
Livello 1 frammentario e deficitario. Confini deboli fra sé e gli altri. Poca
o nessuna capacità di rapporti collaborativi.
Alienazione dagli altri e dai propri sentimenti. Aspetti della
Livello 2
personalità debolmente integrati o contraddittori.
Scarso senso di direzione e di significato nella vita. Marcata
Livello 3
instabilità nella percezione e nella valutazione degli altri.
Sentimenti di vuoto, insincerità e di mancanza di autenticità
Livello 4 nell’identità. Bassa tolleranza alla frustrazione. Forti sentimenti
di disvalore.
Alcune incertezze e indecisioni sui valori e sugli scopi. Occasio-
Livello 5
nali incertezze sulla autodirezionalità. Periodici dubbi su di sé.
114
115
a TABELLA 4
Sintomi più gravi nella relazione intra / inter-personale 9
1. Credo che non mi sia di alcun aiuto lavorare con gli altri.
2. Posso ricordarmi a fatica che tipo di persona ero alcuni mesi fa.
3. Non riesco a stringere legami con gli altri.
4. Ciò che avverto per gli altri cambia molto da un giorno all’altro.
5. A volte penso che io sia una copia falsa di me.
6. Sono preoccupato perché perderò il senso di chi veramente sono.
7. Ciò che sento per gli altri è veramente qualcosa di molto confuso.
8. Sento di andare alla deriva, senza una direzione.
9. Ho delle sensazioni molto contraddittorie verso di me.
10. Ho la sensazione che il mio vero sé sia nascosto.
9
Gli item 1, 3, 4 e 7 riguardano il rapporto interpersonale, mentre gli item 2, 5,
6, 8, 9 e 10 riguardano il rapporto intrapersonale.
116
10
Donna Bender, la prima autrice della Scala del livello di funzionamento della
personalità sta procedendo estesamente con la ricerca in vari Paesi per garantire
supporto empirico.
117
Conclusione
118
119
120
Keywords
DSM-5®, self-directedness, PIL Test, Frankl, level of personality
functioning.
CORRISPONDENZA
Aureliano Pacciolla
Scuola di Psicoterapia Humanitas
Via della Conciliazione, 22
00193 Roma
E-mail: aureliano.pacciolla@gmail.com
121
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122
123
TERAPIE CENTRATE
SUL SIGNIFICATO:
LOGOTERAPIA E
APPROCCIO NARRATIVO
L’attualità del pensiero di Viktor Frankl nel
confronto con l’approccio narrativo di Fabio Veglia
Isabella Deambrosis Sommario
(Psicologa, Alessandria)
Questo lavoro si sofferma sul confronto tra due
Cristina Civilotti
(Psicologa e psicoterapeuta, Università
sistemi psicoterapeutici finora mai analizzati in
degli Studi di Torino) parallelo, mettendo in luce aspetti di intercon-
nessione, di continuità e discontinuità. Le due
prospettive presentate sono accomunate dalla
centralità della dimensione semantica, costitutiva
della persona e fondante la realtà psicoterapeutica.
Intuirne le similitudini di fondo ha consentito di
avviare un dialogo tra due teorizzazioni che nella
loro reciproca conoscenza potrebbero trovare nuovi
spunti applicativi.
Dopo aver ripercorso le radici dell’approccio nar-
rativo di Fabio Veglia, tramite una breve disamina
del pensiero di J. Bruner, G.A. Kelly e P.D. MacLean,
la logoterapia di Viktor Emil Frankl e l’approccio
narrativo vengono messi a confronto, risaltan-
done similitudini e differenze e lasciando aperto
lo spazio a riflessioni. Una nuova trama sembra
stagliarsi all’orizzonte e questo lavoro di ricogni-
Edizioni Erickson – Trento RICERCA DI SENSO Vol. 15, n. 2, giugno 2017 (pp. 125-148) 125
Parole chiave
Significato, approccio narrativo, logoterapia, nar-
razione, temi di vita, valori frankliani, dimensione
spirituale.
Premessa
Un confronto tra due sistemi psicoterapeutici fino a ora mai
analizzati in parallelo: l’approccio narrativo di Fabio Veglia e
la logoterapia di Viktor Emil Frankl. Il punto di contatto di
queste terapie è il ruolo di centralità che entrambe riservano
alla dimensione semantica, costitutiva della persona e fondante
la realtà psicoterapeutica. Intuire questa similitudine di fondo
ha consentito di avviare un «dialogo» tra due teorizzazioni
che, nella loro reciproca conoscenza, fatta di continuità e
discontinuità, potrebbe aprire lo spazio a riflessioni e spunti
applicativi. Una nuova «trama» sembra stagliarsi all’orizzonte e
questo lavoro di ricognizione bibliografico-teorico si propone
come punto di partenza di questo cammino.
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2. L’approccio narrativo
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3.8. Incontro di un Io e di un Tu
L’amore è un punto cardine nella concezione teorica e di
vita del padre della logoterapia. Il sentimento d’amore da lui
provato per la moglie è stato uno dei fattori incisivi per la sua
sopravvivenza nei campi di concentramento (Frankl, 1946b,
pp. 73-77).
L’amore viene concepito come un Io e un Tu in intima
comunione, una dualità che esprime tutta la pienezza umana
(ibidem, 1946a, p. 159). Questo sentimento si trasforma in
una delle più belle opportunità di compimento dei valori di
esperienza. Philìa, agàpe, charitas, eros, amicizia dipingono
l’amore come «[…] attribuzione condivisa e incarnata di
significati […]» (Veglia, 1999b, p. 70). Il Tu della persona
amata assume per l’amante unicità inimitabile e dal loro in-
contro nascerà la dimensione semantica della sessualità espressa
dall’approccio narrativo. Grazie all’amore, dice la logoterapia,
si può conoscere la singolare e unica umanità di un altro essere
(Frankl, 1946a, p. 159).
L’atteggiamento amoroso di tipo fisico, psichico e spirituale,
secondo la teoria logoterapeutica, ricalca la concezione di essere
umano quale unità tripartita e riporta alla memoria la visione
del «cervello uno e trino» di MacLean (1973; 1975).
L’approccio alla sessualità proposto da Veglia (Veglia e
Pellegrini, 2003) prende in considerazione l’aspetto evolu-
zionistico della specie umana, ricordando i codici genetici e
la struttura cerebrale di cui siamo fatti. I mandati rettiliani,
limbici e neocorticali si impongono con forza nella sessualità,
dotandola di molteplici sfumature e di diverse modalità di
espressione.
Quando l’unione di un Io e di un Tu è predominante di
fisicità si avrà un atteggiamento amoroso di tipo fisico, lo
stesso che nell’approccio narrativo viene considerato in una
posizione intermedia tra la dimensione riproduttiva della ses-
142
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a Conclusioni
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145
Abstract
This work focuses on the comparison between two psychother-
apeutic perspectives which have never been analysed in parallel
before, highlighting interconnection aspects of continuity and
discontinuity. The two approaches presented here both share the
centrality of the semantic dimension, which is simultaneously
constitutive of the person and is the basis of psychotherapeutic
reality. Recognising these similarities allowed us to open a dialogue
between the two theories, which, in their mutual understanding,
may find new application ideas.
After tracing the roots of Fabio Veglia’s narrative approach,
through a brief analysis of the thinking of J. Bruner, G. A. Kelly
and P. D. MacLean, Viktor Emil Frankl’s logotherapy and the
narrative approach are compared, highlighting their similarities
and differences. A new plot stands out on the horizon and this
bibliographical and theoretical review is proposed as a starting
point for clinical and methodological suggestions.
Keywords
Meaning, narrative approach, logotherapy, narrative, life themes,
Franklian values, spiritual dimension.
CORRISPONDENZA
Cristina Civilotti
Università degli Studi di Torino
Via Po, 14
10144 Torino
E-mail: cristina.civilotti@unito.it
146
147
148
AGGRESSIVITÀ E
VIOLENZA SENZA SENSO
Una lettura analitico-esistenziale della violenza
sulle donne (e non solo)
Domenico Bellantoni Sommario
(Psicologo e psicoterapeuta, Università
Il presente contributo intende presentare un’ipotesi
Salesiana Roma)
interpretativa del drammatico fenomeno della vio-
lenza sulle donne che — piuttosto che ricondurla a
una «violenza di genere» e, quindi, paradossalmente
alla discriminazione sessuale per la quale i maschi
(o gli uomini, culturalmente intesi) sarebbero più
violenti e/o omicidi delle donne —, alla luce del
pensiero di Viktor E. Frankl, rimanda alla dinamica
secondo la quale l’individuo umano che perda il ri-
ferimento alla dimensione noetica che gli è propria,
finisca con l’aprirsi a condotte sub-umane, tipiche
delle specie animali, tra le quali vige, ad esempio,
le legge del più forte. In questo senso, l’atto vio-
lento/omicida sarebbe correlato non tanto al sesso
dell’aggressore, quanto alla sua posizione di forza
e dominanza: uomo vs. donna, uomo/donna vs.
bambino, uomo/donna vs. anziano, ecc.
Parole chiave
Violenza di genere, figlicidio, Frankl, analisi esisten-
ziale, dimensione noetica.
Edizioni Erickson – Trento RICERCA DI SENSO Vol. 15, n. 2, giugno 2017 (pp. 149-166) 149
a Introduzione
Va detto che non sempre è facile fare ricerca scientifica,
offrendo riflessioni che cerchino semplicemente di compren-
dere i fatti, le esperienze, con un approccio, da una parte
fenomenologico e induttivo, dall’altra deduttivo, senza risul-
tare condizionati, a volte addirittura ostacolati dal contesto
socio-culturale, con le sue ideologie dominanti e con le sue
pressioni, assicurate da logiche mass mediali e dai criteri del
«politicamente corretto», quando non più subdolamente legate
a visioni parziali o, addirittura, a logiche di mercato.
In tale contesto, non è semplice provare a offrire una let-
tura interpretativa più ampia e comprensiva di ciò che oggi
viene diffusamente e rigidamente ricondotto all’etichetta della
violenza di genere.
Confesso che legare il tema della «violenza» semplicisti-
camente al genere non mi piace perché, paradossalmente, lo
trovo vagamente «razzista» o se volete «sessista». Richiama,
insomma, una discriminazione sessuale, in quanto legherebbe
la violenza ai maschi in quanto maschi. Sarebbe come abbinare,
ad esempio, la violenza al colore della pelle, parlando di una
violenza «bianca», «nera» o «gialla», legata cioè al colore della
pelle e alla razza. Così come quando si parla di violenza di
genere, la si lega al sesso.
La mia posizione è che preferisco ricondurre la «violenza»
alla perdita di un senso eminentemente umano della condotta.
Viktor Frankl, in virtù della considerazione del livello spirituale
nella specie umana differenzia quest’ultima da qualsiasi altra
specie animale. L’uomo ha la possibilità — e non l’ineluttabilità
— di comportarsi, di agire in quanto essere umano, guidato
dal riferimento a valori morali e significati etici. La mia ipotesi,
proprio a partire dalla riflessione del grande psichiatra viennese,
è che la violenza, quale re-azione e ab-reazione, si manifesti
proprio allorquando l’essere umano, maschio o femmina che
sia, smette di agire a livello umano e, dimentico della sua spe-
cifica natura e del suo livello di coscienza, mette in atto agiti
di livello sub-umano (Frankl, 2001, pp. 202-203).
In tal senso, un uomo, ma anche una donna, che perdano
il riferimento alla propria dimensione spirituale finiranno
con l’agire sotto la spinta di istinti (dimensione biologica) o,
al limite, di impulsi e condizionamenti (dimensione psico-
sociologica), ad esempio, manifestando quella condotta così
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2
Riguardo alla relazione tra violenza e sesso/genere va anche sottolineato la dif-
fusione del fenomeno bullismo e, soprattutto, del cyberbullismo tra le ragazze,
coinvolte sia in qualità di vittime sia come «carnefici» e «spalleggiatrici» (Barone,
2016, pp. 28-35).
3
In tal senso, Frankl dice senza mezzi termini che «esistono soltanto due razze, e
solo queste due: la “razza degli uomini per bene”, e quella dei “poco di buono”.
Queste due “razze” sono diffuse ovunque, penetrano e s’infilano in tutti i gruppi»
(2009, p. 144).
160
4
Frankl muore nel 1997, probabilmente con l’auspicio che il secolo attuale avrebbe
visto il superamento e la ricomposizione di questa «immagine sfigurata dell’uo-
mo»; purtroppo, la piena affermazione del valore dell’umano e della sua dignità
sembra essere ancora, in tante situazioni, di là da venire.
161
a indicata da Frankl come uno dei tre pilastri della sua Analisi
esistenziale, assieme alla «libertà della volontà» e al «senso della
vita» — nella direzione di una iper-erotizzazione della realtà
e di una esclusiva affermazione individuale, ciò che sembra
«liberare» e legittimare le istanze più animali (sub-umane)
dell’essere umano.5 Ciò sembra poter avere la conseguenza di
slatentizzare quella «legge della jungla», quel «diritto del più
forte» che può essere tenuta a bada e disarmata solo dall’affer-
marsi della dimensione spirituale e delle sue capacità eminen-
temente umane: la capacità di autodistaziamento dai propri
modelli interni; la capacità di autotrascendenza, nell’orientarsi
verso il vero, il buono e il bello; l’agire secondo coscienza, nel
saper discernere cosa ha significato e cosa non ne ha, cosa è
moralmente/eticamente giusto da ciò che non lo è.
5. Conclusione
La scienza deve essere libera tanto dalle catene dei dogma-
tismi religiosi quanto da quelle ideologiche del «politicamente
corretto», guardando al fenomeno e individuando la teoria in-
terpretativa che sia in grado di spiegarlo al meglio. In tal senso,
la posizione di questo contributo è che la condotta violenta
non possa in alcun modo essere riportata semplicisticamente,
come evidenziato da Frankl, a fattori né meramente biologici,
qual è il sesso, pena il cadere in un riduzionismo biologistico,
né unicamente contestuali o culturali (genere), che impliche-
rebbe, invece, assumere un riduzionismo psico-biologistico.
La violenza pertanto andrà sempre considerata, piuttosto
che «di genere», come l’affermazione di una condotta sub-
umana, che pur condizionata, come visto, da contesti familiari
5
Recentemente, la senatrice Monica Cirinnà, sostenitrice di tutta una serie di
iniziative inerenti il tema della famiglia e dei costumi sessuali, ha definito come
una normale forma di socializzazione la messa in atto di incontri di natura
sessuale tra sconosciuti, che si tenevano all’interno di alcuni circoli dell’Associa-
zione ANDDOS (si veda la trasmissione Matrix del 21 febbraio 2017. Pur nel
rispetto dell’opinione e delle posizioni altrui riguardo la visione della persona
e della condotta umana, ho avuto modo di considerare il significato e il senso
della sessualità umana e dell’esercizio della genitalità che, a mio avviso, non può
essere ridotto semplicemente in riferimento a un riduzionistico valore ricreativo,
trascurandone la valenza procreatrice e, soprattutto, unitiva. In tal senso, fare sesso
non può essere considerata una forma di socializzazione alla stregua del ballare o
del giocare alle carte o a tennis (Bellantoni, 2015, p. 100; 2017, pp. 373-375).
162
163
Abstract
This paper intends to present a possible interpretation of the
dramatic phenomenon of violence against women that — rather
than attributes it to «gender violence» and thus, paradoxically
to sex discrimination, in which males (or men, as is culturally
understood) are more violent and / or murder women —, in the
light of the thinking of Viktor E. Frankl, refers to the dynamics by
which the human individuals who lose reference to their own
noetic dimension, end up succumbing to sub-human behaviour,
typical of animal species, such as, for example, the reigning law
of the strongest. In this sense, the violent / homicidal act is not
so much related to the sex of the aggressor, as to their strength
and dominance: man vs. woman, man / woman vs. child, man /
woman vs. the elderly, ecc.
Keywords
Gender violence, filicide, Frankl, existential analysis, noetic di-
mension.
CORRISPONDENZA
Domenico Bellantoni
Università Salesiana Roma
Piazza dell’Ateneo Salesiano, 1
00139 Roma
E-mail: bellantonid@unisal.it
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Roberto Almada
O Cansaço Dos Bons. A logoterapia como alternativa ao
desgaste profissional,
San Paolo (Brasile), Editora Cidade Nova, 2013, pp. 184
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Il musulmano e l’agnostico
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Tom W. Shakespeare, ha insegnato presso le Università di Sunderland, Leeds
e Newcastle e dal 2008 al 2013 ha lavorato per conto dell’Organizzazione
Mondiale della Sanità alla realizzazione del Rapporto mondiale sulla disa-
bilità (2011). Attualmente insegna Sociologia medica presso la University
of East Anglia.
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