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Lezione XII PATOLOGIA GENETICA 06-11-07

Come abbiamo detto la volta scorsa, le malattie da accumulo lisosomiale sono legate ad un difetto enzimatico
nella maggior parte dei casi e costituiscono il gruppo più importante di malattie genetiche legate all’alterazione
di un enzima.

Sono nella maggior parte dei casi trasmesse come carattere autosomico recessivo, e negli eterozigoti la
produzione al 50% dell’enzima normale è sufficiente a non dare manifestazioni di malattia.

Oggi inizieremo a vedere le sfingolipidosi, una malattia il cui nome è abbastanza famoso e che avrete sentito
nominare in associazione a disturbi del sistema nervoso centrale. E’ abbastanza famosa perché è stata studiata
proprio per queste manifestazioni.

In realtà è una malattia che riconosce cause diverse in cui si ha sempre accumulo di sfingomielina legata
all’alterazione di un enzima, la sfingomielinasi, codificata dal gene FNTD1.

In realtà si conoscono due varianti di questa malattia: una è divisa in due sottotipi, A e B, ed è legata alla
mutazione dell’enzima sfingomielinasi ed è una malattia da accumulo lisosomiale; il tipo C,in realtà, è una
mutazione che riguarda un altro gene (NPC1 e NPC2, nella maggior parte dei casi NPC1. Le mutazioni a carico
di NPC2 sono molto rare, non è necessario ricordarle).

Nel loro insieme presentano un’incidenza molto bassa, 1:150.000 nati, e non è una malattia da accumulo
lisosomiale, anche se in molti testi la trovate ancora inclusa in questo gruppo perché all’inizio era stata
associata in base a caratteristiche di tipo biochimico, microscopico.

Il tipo C, che non considereremo una malattia da accumulo lisosomiale, è legata all’alterazione di una proteina
codificata. Nel caso di NPC1 la proteina codificata è importante per il trasporto del colesterolo, si trova sul
versante interno della membrana citoplasmatica ed una mutazione di questa proteina altera il metabolismo del
colesterolo, portando ad un accumulo di lipidi all’interno della cellula.

Per quanto riguarda NPC2 le funzioni della proteina codificata non sono ben note, anzi molto probabilmente è
anch’essa legata al metabolismo ed al trasporto del colesterolo, in quanto si è visto che è in grado di legare il
colesterolo. La sua funzione è però ancora incerta.

Noi ci occuperemo delle malattie di tipo A e B. Anche queste sono trasmesse come caratteri autosomici
recessivi, come la maggior parte dei casi di alterazione di tipo enzimatico.

Il tipo A è quello che dà le manifestazioni più gravi. Il paziente non supera i primi anni di vita per danno multi
organo ed il decesso solitamente avviene entro tre anni. Una caratteristica particolare di questo tipo di malattia è
la splenomegalia e l’interessamento del sistema nervoso. È la forma più nota; la caratteristica di questi
bambini/neonati è di avere una milza di dimensioni estremamente voluminose, che occupa gran parte
dell’addome ed è definito come deformità addominale.

Nel complesso la sfingolipidosi di tipo A è estremamente rara nella popolazione generale, ma esiste
un’incidenza superiore negli ebrei Ashkenazi, i quali presentano un‘incidenza di malattie ad accumulo
lisosomiale stranamente elevata. Qui addirittura arriviamo a 1:40.000, che è decisamente elevato rispetto alla
popolazione generale.

Nell’insieme la malattia di tipo A è geneticamente eterogenea, ma nel 92% dei casi,quasi la totalità, è legata a
tre mutazioni di tipo puntiforme: in due casi si tratta di una mutazione missenso, mentre il terzo caso è una
delezione che provoca frame shift con la formazione di un codone di stop. In questa variante l’attività della
sfingomielinasi è pari a zero, mentre invece, nel tipo B c’è un’attività enzimatica residua.
La differenza tra il tipo A ed il tipo B non è stata fatta sulla base della genetica, ma sulla base dell’attività
enzimatica e prima ancora sulla base della clinica, perché questi pazienti avendo un’attività enzimatica residua,
resistono sino all’età adulta e presentano principalmente i segni dell’accumulo viscerale, quindi con aumento
notevole delle dimensioni di fegato e milza ed aumento delle dimensioni dei linfonodi. Anche in questo caso è
abbastanza eterogenea, sono state descritte circa 10 mutazioni responsabili della malattia, e si pensa che sia da
attribuire a questa variabilità genetica anche la variabilità delle manifestazioni cliniche. Infatti anche dal punto
di vista clinico si osservano diversi livelli d’interessamento degli organi interni.

Il tipo B non presenta una maggiore incidenza negli ebrei, diciamo che ha una diffusione molto bassa, è una
malattia molto rara e non ci sono popolazioni che presentano un’incidenza più alta.

Dal punto di vista istologico, possiamo trovare dei fagociti mononucleati, istiociti che presentano il classico
aspetto schiumoso. Al microscopio ottico appaiono come tanti vacuoli, in realtà si tratta di tanti lisosomi distesi,
ripieni della sfingomielina. Questa è una caratteristica abbastanza tipica del tipo B.

Esiste un altro tipo di sfingolipidosi, (attenzione a non confonderle perché spesso sono simili tra loro!!), detta
malattia di Gaucher. Questa è da ricordare perché è la più frequente ed è legata a mutazioni del gene che
codifica per la glucocerebrosidasi. In tutti i casi viene trasmesso come autosomico recessivo. In questo caso
l’accumulo si presenta prevalentemente nelle cellule del sistema fagocitario, macrofagi e monociti, e
l’interessamento dipenderà dalla distribuzione di queste cellule mononucleate nei diversi tessuti. La tossicità è
stata dimostrata per la linea monocitaria del sistema monocito-macrofagica, ma in questa patologia si verifica
anche danno a livello neuronale. Però non è stata dimostrata una relazione diretta tra accumulo di cerebroside e
danno neuronale, nel senso che è dubbio che i neuroni possano accumulare cerebroside in quantità tossiche. Si
pensa che l’effetto tossico sia legato più che altro all’infiltrazione di istiociti con effetto tossico secondario, però
dal punto di vista patogenetico non è chiaro.

In questo tipo di sfingolipidosi abbiamo detto che le cellule accumulano il cerebroside e assumono un aspetto
particolare: il citoplasma appare ripieno ma non appare vacuolato, come abbiamo visto, invece, nelle cellule
schiumose della linea B. Appare ripieno, e al microscopio elettronico possiamo distinguere i mitocondri distesi
e aumentati di volume. Queste cellule si chiamano cellule di Gaucher e possono essere identificate in diversi tipi
di organi, sede dell’accumulo: fegato, milza, midollo osseo, linfonodi e sistema linfatico. Ricordiamo
soprattutto i linfonodi e che non è stato dimostrato accumulo nei neuroni. Ovviamente le varie manifestazioni
cliniche dipenderanno dagli organi in cui si accumulo:

 Fegato e milza ci daranno epato e splenomegalia, con diversi livelli di disfunzione epatica a seconda dei
livelli di accumulo;

 A livello del midollo osseo potremmo avere disturbi dell’emopoiesi, potremmo avere lesioni a livello
della struttura scheletrica e linfomegalia.

La diagnosi può essere effettuata mediante misurazione dell’attività enzimatica sui leucociti da un prelievo
periferico. Il test è abbastanza semplice, l’unico problema è che la diagnosi può essere fatta solo su individui già
malati. La diagnosi dal punto di vista genetica è più complessa perché sono state descritte più di 150 mutazioni
che riguardano sempre questo gene. Quindi la diagnosi prenatale è difficile, ma non impossibile. La
prevenzione è ancora più complessa perché non è possibile identificare gli eterozigoti mediante il sistema
enzimatico, perché l’attività enzimatica negli eterozigoti è normale, tant’è che non manifestano nessun segno e
nessun sintomo di malattia. Ciò permette a questo carattere, trasmesso in modo recessivo, di diffondersi e
quindi causare una malattia che è relativamente frequente.

Dal punto di vista della classificazione, possiamo distinguere tre tipi:


TIPO I è il più frequente ed è quello che effettivamente si incontra. Nel 99% dei casi quindi abbiamo il
tipo I. Viene anche chiamata forma cronica, o forma cronica non neuropatica o forma adulta. Questo perché si
può manifestare clinicamente nel paziente a qualsiasi età, in quanto le manifestazioni possono variare di gravità
e può esserci, a seconda della mutazione, un maggiore o minore coinvolgimento di diversi organi. Quindi
possiamo avere, combinate in modo vario, l’epato e la splenomegalia, l’anemia, la leucopenia e la
piastrinopenia, che sono legate al coinvolgimento di fegato, milza e midollo osseo e poi abbiamo osteoporosi.
Ricordatevi che nel tipo I il sistema nervoso non è interessato.

Il fatto che questa sia una malattia/manifestazione relativamente controllabile, perché comunque consente agli
individui di raggiungere l’età adulta, è legata al fatto che questi pazienti hanno un’attività residua dell’enzima
glucocerebrosidasi. E quindi anche in questo caso la divisione in tipo I, II, III non è legata alla genetica, che è
eterogenea anche all’interno dei gruppi, ma si basa sulla biochimica, ossia sull’attività enzimatica, e sulle
manifestazioni di malattia (anche in questo caso principalmente la suddivisione viene fatta in base all’esordio e
alla gravità della malattia).

Anche in questo caso si ha una maggiore incidenza nelle popolazioni ebree. Questo ha fatto sorgere un dubbio:
come mai in queste popolazioni sono così frequenti le malattie da accumulo lisosomiale?

R: “è una popolazione chiusa”.

Per quale motivo principalmente mutazioni a carico di questi enzimi danno queste manifestazioni cliniche
molto simili, mentre invece dovremmo trovarci di fronte ad una genetica aberrante se così fosse, con tanti altri
difetti?Invece loro sono famosi per le malattie da accumulo. Evidentemente questo è stato favorito dal fatto che
sono tutti difetti trasmessi come caratteri autosomici recessivi.

Però cosa può farvi venire in mente il fatto che esistano tante mutazioni diverse tra loro che riguardano lo
stesso sistema?

Si è ipotizzato che potesse esserci un passaggio genetico legato, si pensa, ad una ridotta incidenza di
determinate infezioni batteriche. Però questa è solo un’ipotesi; sicuramente è determinata da una selezione e
quindi queste persone in determinate condizioni hanno probabilmente un vantaggio dovuto al fatto di avere
questa mutazione. Non è chiaro quale sia questo vantaggio, si ipotizza una ridotta incidenza di determinate
infezioni. Sicuramente è legata all’interazione del substrato genetico con l’ambiente, perché è presente soltanto
in gruppi etnici, gli ebrei, di determinate zone del centro-est d’Europa, e quindi probabilmente sono andati
incontro a determinate mutazioni ambientali che hanno favorito il manifestarsi di questo tipo di patologia.

TIPO II forma rara; si chiama acuta o neuropatica infantile. Acuta perché ha un esordio drammatico,
esordisce entro i sei mesi d’età e purtroppo porta a morte entro i due anni. Sono presenti tutti i segni
d’interessamento degli organi viscerali che abbiamo visto per il tipo I, quindi anche qui ci sarà piastrinopenia,
leucopenia,anemia, epato e splenomegalia, naturalmente non parlatemi di osteoporosi a sei mesi. Poi troverete
in qualche libro la triade:

Strabismo;

Trisma: contrattura muscolare di tipo non ciclico, quindi non alternata a fasi di rilassamento muscolare, come
accade nei brividi scuotenti, che riguarda i muscoli masticatori. È classico il trisma tetanico, che è una classica
contrattura della muscolatura masticatoria che impedisce di aprire la bocca. Lo possiamo trovare in malattie
neurologiche di diverso tipo, ma di solito è tipico del tetano.

Retroflessione del capo.


La triade è frequente nel tipo II, però la si ritrova anche in altre malattie. Quindi va bene ricordarla, ma non
permette di fare diagnosi. È legata al grave interessamento del tronco encefalico e dei nervi cranici ed è questa
la caratteristica principale del tipo II, la grave neuropatia. Questa forma presenta un esordio così precoce ed una
tale gravità perché questi pazienti non presentano un’attività residua della glucocerebrosidasi, quindi non è
determinabile un’attività enzimatica in generale. Poi in realtà anche in questo caso la genetica è eterogenea ed in
alcuni casi ci può essere un minimo di attività ma insufficiente e quindi provoca un grave accumulo di
cerebrosidi con morte del paziente.

TIPO III forma rarissima, viene chiamata subacuta o neuropatica giovanile. Giovanile perché l’esordio è
più tardivo rispetto alla neuropatica infantile e le manifestazioni cliniche sono intermedie, perché sono simili al
tipo II perché c’è l’interessamento neuronale, si ha comunque decesso del paziente in età precoce, però le
manifestazioni appaiono tardivamente ed iniziano simulando il tipo I, quindi con un (?) caratterizzato
principalmente da un interessamento viscerale. In questi pazienti in generale l’aspettativa di vita è ugualmente
estremamente ridotta, la diagnosi spesso viene fatta tardivamente, ma purtroppo una diagnosi precoce non
consente di avere una aspettativa di vita maggiore. Dal punto di vista terapeutico l’unica terapia che sembra
avere un discreto successo è quella enzimatica sostitutiva, ma questa è efficace solo in pazienti del tipo I,
pazienti in cui c’è comunque un’attività enzimatica residua. Sono state provati altri approcci : terapia genica,
trapianto di midollo (perché trapianto di midollo? Perché essendo coinvolte le cellule della serie bianca si è
pensato che con una ablazione del midollo ed successivo trapianto fosse possibile migliorare la malattia
riducendo gli accumuli a livello viscerale. Questo approccio in realtà, per ora non ha dato grandi risultati, è
ancora in fase di studio. Sicuramente l’approccio legato all’ingegneria genetica potrà dare sicuramente dei
risultati migliori.

MUCOPOLISACCARIOSI

Queste sono un gruppo di malattie e l’accumulo lisosomiale riguarda dermatansolfato, eparansolfato,


cheratansolfato e probabilmente nel vostro libro troverete anche il condroitinsolfato. Anche in questo caso il
difetto genetico è estremamente eterogeneo e può riguardare qualunque degli enzimi che sono coinvolti nella
degradazione dei mucopolisaccaridi. Si tratta di una serie di malattie estremamente eterogenee, tant’è che
esistono sette varianti maggiori e tantissime sottovarianti. Naturalmente non è necessario ricordare le
sottovarianti, ne vedremo alcuni esempi significativi.
Dal punto di vista della genetica e dell’ereditarietà, si tratta di malattie recessive. Un tipo è legato al cromosoma
X. Quindi anche qui grande variabilità genetica che dà delle manifestazioni cliniche abbastanza simili: una
caratteristica tipica di questi pazienti è un aspetto grossolano del volto, classici segni che si possono osservare in
alcune malattie anche di tipo endocrinologico, quindi con un aspetto grossolano, con gli zigomi marcati e quindi
sarebbe un fenotipo riconoscibile anche a prima vista. Poi abbiamo un’opacità corneale, una sordità di tipo
misto (come avete già visto in anatomia e fisiologia studiando gli organi di senso, la trasduzione avviene in
parte mediante un sistema meccanico, quindi attraverso la membrana timpanica, la catena di ossicini, e in parte
mediante il sistema di trasduzione di tipo elettrico, l’orecchio interno. Le sordità in generale, qualunque sia la
causa, possono riconoscere un’alterazione di una di queste vie o di entrambe. Quando facciamo un esempio di
interessamento puro del sistema di trasduzione del segnale dell’orecchio interno per esempio, può essere un
ictus che danneggia la parte neuronale; invece un esempio puro di lesione del sistema di trasduzione meccanico
è la rottura della membrana timpanica, oppure l’alterazione degli ossicini dell’orecchio medio. In questo tipo di
patologia riscontriamo entrambe le alterazioni), un difettoso accrescimento e quindi la curva di crescita del
bambino sarà alterata (la curva di crescita è monitorata dal pediatra ed è una curva in cui ad ogni età deve
corrispondere un determinato accrescimento. A prescindere dalle dimensioni assolute del bambino, la curva che
va rispettata è la pendenza della curva di crescita), poi abbiamo importanti alterazioni delle valvole cardiache
(noi abbiamo un’alterazione che interesserà soprattutto la valvola mitrale), poi abbiamo disostosi multiple, cioè
difetti di (?), epato e splenomegalia quasi sempre presenti in tutte le forme e poi un’altra caratteristica è
il deterioramento mentale progressivo,ossia il bambino sino ad una certa età acquisisce capacità che hanno
maturazione dal punto di vista ciclo-motorio, impara determinate attività e poi pian piano le perde ed è una cosa
drammatica perché si vede la progressiva perdita di capacità ormai acquisite dal bambino e allora si cerca di
fare la diagnosi il più in fretta possibile per escludere le cause che possono essere curate.

Perché questa particolare manifestazione? Perché in questo caso l’accumulo di mucopolisaccaridi è progressivo,
quindi peggiora con l’età. Per cui ciò che all’inizio non era causa di tossicità, pian piano determina una
manifestazione clinica della malattia. La manifestazione anche in questo caso dipende da dove sono accumulati
questi mucopolisaccaridi e li ritroviamo a livello dei fagociti mononucleati, delle cellule endoteliali, dei
fibroblasti e delle cellule muscolari lisce intimali, quindi un interessamento del sistema cardiovascolare. Infatti
nel loro insieme queste manifestazioni determinano interessamento del fegato, del sistema dei fagociti e la
milza, il midollo osseo per infiltrazione dei fagociti,ugualmente i linfonodi, però c’è una novità:
l’interessamento del cuore e dei vasi sanguigni per interessamento di fibroblasti, cellule endoteliali e cellule
muscolari lisce. Questa è una caratteristica da ricordare, infatti la malattia ischemica del cuore è una delle
principali cause di morte in questi pazienti. Quindi non più interessamento del sistema nervoso centrale, danno
multi organo, cioè li troviamo anche qui ma in questo caso l’accumulo è progressivo quindi questi pazienti
avrebbero una prospettiva di vita migliore se non ci fosse il problema dell’interessamento cardiovascolare.
Questi pazienti possono andare incontro ad infarti in età giovanile oppure a rotture di vasi. Di queste sindromi
io vorrei che voi ricordaste la sindrome di Hurler per la sua gravità e la sindrome di Hunter perché trasmessa
come carattere legato alla X.

D: la diagnosi genetica di certe malattie che sono evidenti e quindi in teoria non ci dovrebbe essere bisogno,
perché si fa?

R:il fatto è che all’inizio non c’è la certezza che sia una malattia genetica e poi la si vuole caratterizzare perché
si vuole dare una risposta ai genitori che poi vogliono avere un altro figlio. Prendete l’esempio della Duchenne,
in questo caso è importante la diagnosi genetica; si tratta infatti di una malattia trasmessa come carattere legato
al sesso, quindi trasmessa dalla madre a tutti i figli maschi. Vi capita una paziente con un figlio affetto da
distrofia muscolare, voi dovete fare diagnosi, perché se lei vuole avere un altro figlio deve sapere qual è il
rischio e che non potrà mai avere figli maschi. Poi nel progresso della medicina si parla di un aumento e
miglioramento delle nostre conoscenze, che avviene mediante diagnosi genetiche clinicamente inutili. Nelle
malattie da accumulo lisosomiale è importante valutare l’attività enzimatica perché è quella che ci dice che
margine ho per il mappamento. Vi ricordate? Vi avevo fatto un esempio della fenilchetonuria: li si può agire in
qualche modo, ma solo su alcune forme. Quindi la diagnosi genetica può avere un’importanza pratica oppure
può essere utile solo a migliorare le nostre conoscenze.

GLICOGENOSI

Rispetto alle malattie da accumulo lisosomiale che abbiamo visto prima, qui introduciamo una novità. Le
glicogenosi infatti sono malattie estremamente eterogenee. Le manifestazioni dipendono da dove si avrà
l’accumulo, il quale potrà essere limitato o ad alcuni organi o organo specifico,oppure può essere diffuso a tutti
gli organi. Questo dipenderà dalla distribuzione tissutale dell’enzima interessato dall’alterazione. Quindi
distribuzioni e manifestazioni dipenderanno dal difetto genetico, che può interessare qualunque enzima facente
parte della via di degradazione o sintesi del glicogeno. Esistono un gran numero di varianti,però noi le vogliamo
raggruppare in tre tipi. Anche in questo caso, come per le altre forme, l’aggregazione di tipi di malattie
omogenee viene fatta in base alla clinica più che altro; quindi l’alterazione di diversi geni e la conseguente
alterazione di diversi enzimi possono portare a malattie che vengono comunque raggruppate nella forma
epatica. Quindi queste tre forme, la forma epatica, la forma miopatica e la forma generalizzata, sono al loro
interno eterogenee sia per la genetica che per l’enzima coinvolto. Quindi a parità di gene coinvolto, quello
stesso gene può presentare mutazioni di tipo diverso e all’interno della stessa forma, quindi forma epatica ci
possono essere più geni coinvolti, quindi con diversi enzimi alterati.

Vi ho detto all’inizio che è una malattia particolare che io ho inserito tra le malattie di accumulo lisosomiale ma
che in realtà è già una malattia di transizione tra le forme lisosomiali e quelle non lisosomiali. L’unica forma
che porta all’accumulo lisosomiale è la forma generalizzata dove si ha un deficit di maltasi acida con accumulo
lisosomiale.

Vediamo un attimo la via della sintesi e del catabolismo del glicogeno. Qui abbiamo la maltasi acida
lisosomiale,che quando è mutata porta alla forma generalizzata, e poi qui abbiamo la glucosio-6-fosfatasi e la
fosforilasi che noi prenderemo come esempi tipici di glicogenosi. Qualunque di questi enzimi può essere
coinvolto, ma noi tratteremo questi. Se voi capite questi due esempi, capite il perché della distribuzione
particolare o non specifica.

FORMA EPATICA

Faremo l’esempio della glicogenosi di tipo I. E’ caratterizzata dalla mancanza della glucosio-6-fosfatasi il cui
gene si trova nel cromosoma 17. Esiste una forma più rara di glicogenosi di tipo I dovuta ad una mutazione del
cromosoma 11, però interessa la transferasi e non la fosfatasi. È una forma molto rara, basta che vi ricordiate
quella che interessa il cromosoma 17. Esistono a carico di questo gene oltre 60 mutazioni note. La maggior
parte sono mutazioni missenso. La genetica è poco conosciuta perché è difficile studiarla, bisognerebbe avere
un registro internazionale di pazienti affetti da glicogenosi di questo tipo per tenere la genetica sotto controllo e
poter fare test genetici a tutti quei pazienti che presentano l’alterazione. L’incidenza è molto dubbia, in alcuni
casi è di 1:40.000, in altri casi 1:100.000, la malattia è comunque abbastanza rara. Essendo una forma epatica,
l’alterazione determina una mancata immissione in circolo di glucosio a partire da glicogeno; quindi il quadro
clinico sarà dominato da ipoglicemia e molte manifestazioni cliniche son conseguenti all’ipoglicemia più che
all’accumulo di glicogeno. L’unico segno clinicamente evidente legato all’accumulo di glicogeno, oltre
l’epatomegalia, è la nefromegalia, ossia un aumento delle dimensioni dei reni; mentre le alterazioni del
metabolismo lipidico e della piastrinopenia sono conseguenze secondarie alle alterazioni del metabolismo degli
zuccheri, che dipendono dalla mancata messa in circolo del glucosio da parte del fegato.

FORME MIOPATICHE

Qui è interessato un enzima muscolare, la fosforilasi muscolare. L’esempio che facciamo è quello della
glicogenosi di tipo V. Il gene che codifica per questo enzima si trova sul cromosoma 11. Anche in questo caso
un gran numero di mutazioni descritte portano allo stesso quadro clinico, perché interessano lo stesso gene.
Come nelle forme epatiche la genetica è eterogenea, ma a differenza di queste altre anche la clinica è
eterogenea: ci sono pazienti che hanno come manifestazione esclusivamente una debolezza muscolare facilitata
da crampi, e ci sono pazienti che presentano una insufficienza respiratoria. Solitamente si tratta di forme molto
rare, l’incidenza è molto bassa, 1:100.000 viene descritto. Le caratteristiche principali legate all’interessamento
muscolare sono i crampi muscolari, il facile affaticamento fisico e la mioglobinuria.

FORME DIFFUSE

Devono essere considerate realmente malattie da accumulo lisosomiale, perché in questo caso il deficit riguarda
l’α-glucosidasi o maltasi acida che è l’enzima che a livello lisosomiale è in grado di degradare il glicogeno. È
una forma diffusa, portiamo come esempio la glicogenosi di tipo II, perché l’accumulo è diffuso a livello di tutti
gli organi. In questo caso il gene che codifica per la maltasi acida si trova sul cromosoma 17. Ci sono varie
forme che variano in base alla severità e in base al tipo di difetto enzimatico e quindi in base all’avere una
maggiore o minore attività enzimatica residua. Tant’è che son descritte più di cento mutazioni per lo stesso gene
e in ogni caso si potrà avere una diversa funzione enzimatica residua. La forma più severa è la glicogenosi di
tipo II infantile e si associa ad interessamento cardiaco precoce. Conduce alla morte entro i primi anni di vita,
solitamente non si supera il terzo anno di vita. L’incidenza è abbastanza bassa, 1:40.000. I segni più importanti
sono la cardiomegalia, l’ipotonia muscolare ed il deficit cardiorespiratorio, che però possiamo trovare anche
nelle forme miopatiche.

Abbiamo terminato i difetti enzimatici a trasmissione mendeliana,ricordate che quelli che abbiamo visto sono
tutti legati ad accumulo lisosomiale; non sono gli unici difetti enzimatici geneticamente trasmessi ma sono i
principali difetti enzimatici a trasmissione mendeliana in cui è interessato un gene. Ci sono altri difetti
enzimatici ereditabili legati ad un difetto enzimatico però magari interessano più geni dove la malattia è una
manifestazione legata all’interazione di più geni alterati o dove riveste un ruolo molto importante l’ambiente.

In quelli che abbiamo visto noi diciamo che l’ambiente ha una scarsa importanza,sono malattie che si
manifestano sempre quando c’è quell’alterazione.

Adesso riprendendo la tabella vista nei primi giorni continuiamo a vedere le alterazioni di un singolo gene a
trasmissione mendeliana che riguardano le proteine strutturali. Ne esistono di tanti tipi,noi ci occuperemo
principalmente di quelle che interessano il collagene. Questo perché sono le alterazioni che riguardano la
maggior parte degli organi e degli apparati, noi stiamo facendo la patologia generale e non la patologia d’organo
ed è bene attenerci alla patologia generale che riguarda più organi. E poi perché alcune molto importanti come
le mutazioni della distrofina e della spectrina che farete un po’ più specifici in neurologia e in ematologia.
Quindi è importante che conosciate perché si manifestano questo tipo di patologie e il principio lo potrete
estendere anche ad altre malattie.

Quando le alterazioni interessano le proteine costitutive del connettivo la malattia avrà delle manifestazioni che
interessano la maggior parte degli organi. Quindi il trattamento multi organo è abbastanza complesso dal punto
di vista clinico. Sono malattie molto interessanti dal punto di vista clinico. Cominciamo con la sindrome di
Marfan.

Senza dubbio avete sentito nominare la sindrome di marfan nel vostro corso di studi perché è una malattia che è
stata molto studiata. Dal punto di vista genetico troviamo subito una differenza con quello che abbiamo visto
finora: è una malattia autosomica dominante. Come mai? Perché non stiamo più parlando di enzimi dove
bastava una produzione del 50% per non dare manifestazione di malattia,in questo caso basta una produzione
anche molto inferiore(vi avevo fatto un esempio a suo tempo delle proteine implicate nella cascata coagulativa
dove un attività del 20% è sufficiente a non dare manifestazioni di malattia). Qui si tratta di proteine strutturali
quindi un deficit anche del 50% di queste proteine può determinare un’alterazione della struttura e quindi una
fragilità del tessuto che contiene la proteina mutata.

SINDROME DI MARFAN nell’80% dei casi è una malattia trasmissibile che viene trasmessa mediante
genetica autosomica dominante. Nel restante 20% dei casi,tra l’11% e il 25%, si tratta di nuove mutazioni.
Quindi nella maggior parte dei casi la malattia viene ereditata da chi? Da due genitori tra cui uno presenta la
malattia o da due genitori sani? Da due di cui uno ha la malattia!!!

L’incidenza è purtroppo alta quindi non stiamo più parlando di 1:1000000,1:100000,1:40000 che,nelle malattie
per accumulo lisosomiale,abbiamo detto essere un’incidenza discreta. Quindi molto probabilmente,a meno che
non facciate qualche particolare specializzazione che non vi porti a contatto con il paziente,incontrerete più
volte nel corso della vostra professione uno o più pazienti affetti dalla sindrome di marfan. Quindi non è raro
trovare pazienti affetti da questa sindrome. A volte può capitare che pazienti affetti dalla sindrome di marfan
non ne siano al corrente perché è una malattia che ha una grande variabilità nell’espressione clinica che è
secondaria alla grande eterogeneità genetica. È un pochino difficile caratterizzare la malattia. Le manifestazioni
cliniche principali,che quindi sono presenti anche ad un diverso grado di importanza,riguardano lo scheletro,
l’occhio, il sistema cardiovascolare, il tessuto cutaneo. In particolare ricordate il sistema cardiovascolare perché
danni a carico dei vasi e del cuore sono un importante causa di malattia in questi pazienti.

Il difetto a carico del gene interessa il cromosoma 15 ed il gene è chiamato FBN-1 e codifica per la fibrilllina 1.
Esiste anche un’alterazione a carico della fibrillina 2 ma non la citiamo perché è estremamente rara. Sono state
descritte più di 500 mutazioni del gene che danno un fenotipo malato,ma non tutte danno la sindrome di marfan.
Il gene per la fibrillina 1 può presentare diverse mutazioni producendo la proteina strutturale più o meno
alterata. In alcuni casi l’alterazione determinerà una malattia con caratteri clinici che ci permettono di
identificarla come sindrome di marfan,perché la sindrome di marfan prevede una definizione di tipo clinico e
non genetico. Le altre alterazioni danno comunque malattia ma danno delle altre malattie del connettivo che
comprendono tutti criteri per poter fare la diagnosi di sindrome di marfan. Tant’è che adesso le si vorrebbe
raggruppare sotto un unico gruppo di malattie con un altro nome tipo fibrillinosi o patologie legate
all’alterazione della fibrillina.

La fibrillina è una proteina di discrete dimensioni,possiede 60 domini e la maggior parte di questi sono domini
leganti il calcio. Dal punto di vista conformazionale ha delle similitudini con un fattore di crescita
dell’epidermide(EFG). Questa proteina è stata identificata di recente e nei libri di dieci anni fa troverete scritto
che in realtà non si conosceva la vera causa della sindrome di marfan.

La scoperta di questa mutazione ha fatto capire perché si ha un fenomeno chiamato dominante negativo,ossia
un’alterazione a livello eterozigote dà una manifestazione clinica dominante. Questo si è trovato che è legato a
due processi: uno è che quando la fibrillina viene inserita in un gruppo di miofibrille la presenza di
un’alterazione,cioè una mutazione missenso determina un deficit sul canale con facilità di disgregazione di
questo complesso. D’altro canto il prodotto del gene sano non è in grado di legarsi col prodotto del gene alterato
e quindi abbiamo il deficit che si manifesta anche in presenza di una mutazione di un solo gene. Quindi il
prodotto del gene mutato interferisce con il prodotto del gene sano determinando impossibilità ad avere una
funzione strutturale. Questa fibrillina è presente nella matrice extracellulare e contribuisce a costituire le micro
fibrille che hanno un ruolo molto importante nel conferire elasticità ai tessuti perché sembra che abbiano un
ruolo importante nella formazione dell’elastina. Quindi ciò è importante per capire perché sono coinvolti
principalmente apparato cardiovascolare e infatti l’aspettativa di vita dei pazienti per la sindrome di marfan è
legata proprio a problemi di tipo vascolare. La causa più frequente di morte è l’aneurisma dissecante
dell’aorta,interessa spesso l’arco aortico ma può anche interessare l’aorta toracica o addominale. Questa è la
causa per cui questi pazienti hanno un aspettativa di vita intorno ai quarant’anni. La diagnosi si fa spesso
nell’adulto,non nel bambino perché spesso non presenta segni;nel bambino vengono descritti in alcuni casi
ritardi nel raggiungimento delle varie tappe evolutive quindi nello sviluppo psicofisico e alcuni autori
descrivono anche un certo ritardo mentale. Però è dubbio questo infatti il ritardo mentale può essere
semplicemente legato ad un ritardo nello sviluppo motorio. Nel bambino solitamente si ha uno sviluppo
psicomotorio,raramente si può avere uno sviluppo psichico normale quando c’è un importante deficit della
funzione deambulatoria o comunque della motilità.

Caratteristiche della sindrome di marfan=

 anomalie dello scheletro:

ossa lunghe

dita lunghe e sottili tant’è che una variante viene chiamata aracnodattilia(=dita da ragno)
statura elevata per aumento di lunghezza degli arti e non del tronco(hanno un aspetto particolare,sono costituiti
principalmente da gambe e hanno tronco normale)

deformità della gabbia toracica-> pectus excavatum(sembra che i pazienti non abbiano sterno)

lassità dei legamenti,osservato principalmente a livello di articolazioni di mani e piedi tant’è che questi pazienti
possono ruotare e piegare in maniera abnorme mani e piedi,più raramente questa manifestazione può essere
messa in evidenza a livello di altre articolazioni

deformità della colonna-> cifosi e scoliosi,si ritiene che molti dei casi di deformità della colonna che si
trovavano in passato non legati a rachitismo siano legati magari a forme di sindrome di marfan,vista anche la
sua frequenza.

 Anomalie oculari:

ectopia lentis-> sublussazione e dislocazione del cristallino,quando è bilaterale è così caratteristica del marfan
che ci permette di fare diagnosi. È rarissimo osservarla in altre malattie e soprattutto è rarissimo trovarla
bilaterale. Grave miopia per aumento del diametro assiale del globo oculare,e quindi impedisce che si abbia il
fuoco sulla retina ed in più favorisce il distacco della retina, come succede anche nei pazienti che hanno una
grave miopia per altre cause.

Un’altra caratteristica è la cornea appiattita, che peggiora ulteriormente la vista in questi pazienti. Ovviamente
tutte queste manifestazioni si presentano nei casi più gravi, però come abbiamo detto prima la clinica è
estremamente eterogenea, per cui possiamo avere di pazienti non asintomatici, che hanno poche manifestazioni.

 Anomalie cardiovascolari (causa principale di morte in questi pazienti):

prolasso della mitrale;

dilatazione aneurismatica dell’aorta ascendente.

Il prolasso della mitrale è un problema, ma è la rottura dell’aorta che causa la morte.

Adesso ne vediamo un’altra sempre legata ad un difetto strutturale:

SINDROME DI EHLERS-DANLOS

In questo caso, ancor più della sindrome di marfan, troviamo una grande eterogeneità. Queste malattie sono
accomunate dalla presenza di un difetto nella sintesi o nella struttura del collagene. Questa è l’unica cosa in
comune che hanno, poi varia la genetica e variano le manifestazioni cliniche che danno, oltre che l’ereditarietà.
Infatti in questo caso ci ritroviamo davanti a malattie che sono trasmesse in modo autosomico oppure legate nel
cromosoma virtuale e, in cui, la trasmissione di queste malattie rispecchia l’eterogeneità genetica.

Prima venivano riconosciute dieci varianti della sindrome di ehlers-danlos numerate con i numeri romani,
attualmente sono state ridotte a sei. Dal punto di vista biochimico esiste un altro tipo di variabilità, infatti il
danno non riguarda sempre le stesse proteine strutturali, a volte si tratta di un deficit di sintesi, altre volte la
sintesi è normale e si ha mancata secrezione della proteina normale oppure l’alterata conversione del
procollagene o l’alterata stabilizzazione del collagene. Questo perché la struttura del collagene può essere
alterata anche da alterazioni di proteine che non entrano nella costituzione del collageno ma che sono necessarie
per la sua formazione e per la sua stabilizzazione.
vediamo le sei varianti: in cinque casi si conosce la proteina alterata, nella variante ipermobilità non è
conosciuta. Quindi le varianti sono:

 Quella plastica che include il secondo e terzo tipo della vecchia classificazione;

 Ipermobilità-tipo terzo

 Variante cifoscoliosi

 Variante aploplasia

 Variante dermatosalassi.

SEGNI CLINICI COMUNI A TUTTE LE VARIANTI (a noi interessa valutare nell’insieme le varie patologie,
poi una delle varianti avrà una prevalenza di determinate manifestazioni, ma in generale sono presenti in
tutte):

 Iperestensibilità della cutein questi pazienti sarà possibile tirare e allungare la cute facilmente; ciò non
è da fare perché questi pazienti hanno anche una grande facilità alle emorragie ed una grande friabilità
della cute per cui rischiereste di strappargli la pelle o comunque di creargli abrasioni;

 Lassità legamentosasono in grado di eseguire esercizi ginnici particolari, di girare il pollice fino a
toccare il polso e si ritiene che la maggior parte delle persone in grado di far ciò siano portatori di una
qualche variante genetica che rientra nel gruppo di malattie di Ehlers-Danlos. Molto probabilmente
questi sono pazienti da tenere sotto controllo, perché quella che sembra un’abilità in realtà può portare a
lesioni di organi interni e possibili problemi cardiovascolari, ma in termini di riparazione delle ferite.
Infatti questi pazienti, oltre ad avere facilità alle emorragie e friabilità abnorme dei tessuti, tutti hanno
una difettosa riparazione delle ferite. Questa è un’accoppiata disastrosa perché abbiamo una facilità
nell’avere lesioni a livello cutaneo ed una difficoltà nella guarigione. Vi ricordate quando avete fatto
nell’infiammazione il riparo, l’importanza della disposizione del connettivo per il riparo? Questi pazienti
hanno una scarsa deposizione di collagene, quindi hanno una scarsa retrazione della ferita, hanno ferite
che possono durare a lungo e che possono richiedere l’intervento medico. Quello che vedete
nell’esempio è una lesione a livello dell’arto inferiore: un semplice urto ha innescato un’emorragia con
la formazione di una bolla emorragica che si è aperta e la cute non è guarita spontaneamente, ha
richiesto una copertura ed un trattamento chirurgico per una banale lesione.

 Un altra alterazione riguarda la milza e le caratteristiche sfere blu di alcuni di questi pazienti, dipende
dalla variante;

 Ernie ricorrenti;

 Diverticoli gastrointestinali;

 Diverticoli delle vie urinarie sempre legati ad un difetto di deposizione del collagene. Importantissimo
ricordate che non è presente la fragilità ossea, quindi la mineralizzazione ossea in questi pazienti è
normale.

Di tutti i tipi che abbiamo visto, la più frequente è la variante cifoscoliosi. In questo caso si tratta di una
malattia autosomica recessiva ed il deficit riguarda l’enzima lisil-idrossilasi, che interviene nella fase di
sintesi del collagene, perché crea i residui di idrossilisina che sono necessari per ricreare i confini tra le
fibre. Quindi se voi non avete questa idrossilazione avete un collageno che non è in grado di interagire e di
creare fibre resistenti. Questa cosa si associa alle alterazioni importanti marcate nella colonna. È una forma
relativamente benigna, nel senso che si presentano con minore frequenza le alterazioni a livello degli organi
interni.

Adesso vediamo un esempio di alterazione di singolo gene a trasmissione mendeliana che riguarda un
recettore, ossia il recettore per le LDL, la cui mutazione determina l’ipercolesterolemia familiare. Ricordate
che la mutazione del recettore per le LDL presenta una genetica abbastanza eterogenea, però la malattia che
noi consideriamo adesso non è una ipercolesterolemia familiare ma è l’ipercolesterolemia familiare, che è il
nome della malattia; questo per evitare confusione quando farete le malattie del metabolismo, perché
esistono diversi altri tipi di ipercolesterolemia che presentano un tipo di trasmissione particolare e che
comunque sono trasmesse a livello del sottogruppo familiare ed hanno una genetica più complessa dove ha
maggiore importanza l’interazione con l’ambiente e ci sono mutazioni ad alto livello. Quella che vediamo
adesso è esclusivamente quella che riguarda il recettore per le LDL. Quindi per ipercolesterolemia familiare
intendiamo questa, gli altri tipi li vedrete in seguito e si possono associare ad altri difetti del metabolismo,si
possono associare all’iperglicerolemia, etc..

Anche questa è una malattia estremamente eterogenea ed è codificata da un’alterazione del recettore per le
LDL. Purtroppo in passato era una malattia molto più semplice, perché si conosceva meno la genetica e
sembrava un pochino più lineare, poi si è visto invece che le mutazioni che riguardano i recettori per le LDL
possono avvenire a diversi livelli, non necessariamente viene alterata esclusivamente la sintesi, ma qui
vedete un riassunto della vita del recettore delle LDL e ci possono essere mutazioni dello stesso gene che
però possono alterare diversi di questi passaggi. Attualmente sono descritte oltre 900 mutazioni che spesso
danno manifestazioni cliniche identiche. Per questo sono state raggruppate in 5 sottogruppi, che hanno
importanza clinica e didattica.

TIPO I associato a mutazioni che comportano mancata sintesi del recettore;

TIPO IIsi ha una sintesi del recettore che però non può essere trasportato al Golgi;

TIPO IIIsi ha una mutazione che consente ugualmente la produzione del recettore che
però presenta una mutazione del sito di legame per le LDL;

TIPO IVviene prodotto il recettore alterato che non è in grado di determinare l’internalizzazione

TIPO V alterazione del recettore tale per cui non riusciamo ad avere la dissociazione del recettore che poi
viene riciclato.

Quindi come vedete questa classificazione è stata fatta solo per comodità, per riunire le alterazioni in un
gruppo omogeneo.

Negli eterozigoti la proteina funziona al 50% per cui voi avrete dei livelli di colesterolo superiori alla
norma, in genere vengono definiti superiori di due volte rispetto alla norma, ma questo dipende dal tipo di
mutazione.

L’aumento del colesterolo in questa malattia dipende da due cause:

1. Ridotta clearance delle LDL plasmatiche ad opera di un recettore o mancante o alterato;

2. Aumentata sintesi per conversione delle IDL; ricordate anche le IDL è prevista una clearance
epatica mediata dallo stesso recettore per le LDL, perché anche alle IDL resta l’Apo-E e l’Apo-
B100 e quindi usano lo stesso recettore. Più IDL restano in circolo più sarà utilizzata la via di
conversione delle IDL in LDL, quindi un doppio danno.

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