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TSLF 2 10 Dicembre 2020

Principali formulazioni per ottenere un assorbimento transdermico del p.a.

Si è passato dagli impiastri medicati che fondamentalmente costituiti da una semplice benda di tessuto o
anche dei fanghi che permettevano di riscaldare l ‘area direttamente interessata. Si è poi arrivati alla
formulazione dei cerotti transdermici , che possono essere matriciali o reservoir a seconda del sistema che
controlla il rilascio del p.a. Nei reservoir abbiamo un nucleo e una membrana polimerica che controlla il
rilascio del principio attivo, nei matriciali abbiamo una matrice polimerica che controlla il rilascio del
principio attivo finemente disperso in essa. Nel cerotto transdermico ci sono 3 parti principali: il supporto
(tessuto non tessuto con una certa permeabilità/occlusione che supporta e influenza la formulazione a
rilascio modificato e impedisce il rilascio del p.a. verso l’esterno), lo strato della formulazione, e infine il
“liner” (la pellicola protettiva che protegge la parte adesiva); l’ adesivo di quest ultimo si trova o come
strato assestante, (ovvero al di sotto della membrana polimerica che controlla il rilascio di p.a. nei sistemi
reservoir), e deve permettere l’ adesione del cerotto alla pelle senza influenzare il rilascio del p.a. ,oppure
potrebbe essere presente solo a contatto con il tessuto non tessuto che funge da supporto (essendo già la
matrice stessa autoassestante).

Questi sistemi rilasciano il p.a. per diffusione, che deve poi permeare lo strato corneo e raggiungere i vasi
sanguigni presenti nel derma, attingendo alla circolazione sistemica. I Matriciali sono più flessibili ed
economici degli altri.
Per rendere i sistemi più flessibili è stata preparato un sistema (utilizzato anche come cerotto
automedicato) in cui il p.a. è posizionato su una sottile matrice autoadesiva.

Il foglietto illustrativo di questo tipo di medicinale presenta tutto il genere di informazioni che il paziente
deve seguire e il farmacista deve conoscere per dare le giuste informazioni. Prima di tutto viene settata
l’area in cui il cerotto va applicato ( dato che secondo essa c’ è una diversa velocità di rilascio e soprattutto
di permeazione del p.a. perché lo spessore dello strato corneo è diverso in varie parti dell’organismo)
ricordando che la presenza di peli aumenta la quantità di p.a. che passa negli annessi cutanei, aumentando
la biodisponibilità.

Alcuni cerotti venduti presentano un copri cerotto che se non è presente non può essere sostituito ne per
idea del farmacista ne di nessun altro, dato che un altro supporto aggiunto potrebbe determinare un
effetto occlusivo determinando un maggiore passaggio del p.a. nella cute. E’ necessario tener conto che la
biodisponibilità può essere diverso a seconda dello stato fisiopatologico della pelle; per questo motivo
bisogna stare attenti a proporre al paziente di pulire la pelle con disinfettanti, ecc. prima dell’ applicazione
del cerotto. Può essere fatto solo se indicato dalla ditta produttrice perché una rimozione del film lipidico
della cute può modificare la struttura della pelle e determinare un maggior passaggio del p.a.

Dobbiamo anche tener conto dell’alternanza delle stagioni e della temperatura esterna ( con una maggiore
permeabilità nel periodo estivo), ciò soprattutto per pazienti oncologici per la terapia del dolore con effetti
collaterali soprattutto nei mesi più caldi.

I primi cerotti innovativi sono stati quelli ionoforetici, che sono utilizzati per la veicolazione di farmaci
anestetici o antidolorifici. Questi sfruttano la corrente ionoforetica per aumentare la permeazione del
farmaco sulla pelle. Ci sono due elettrodi e nell’interno una batteria. Il p.a. viene localizzato in
corrispondenza dell’ elettrodo avente la stessa carica, questo perché all’attivazione del cerotto si ha una
repulsione del farmaco dall’ elettrodo avente la stessa carica. Il p.a. viene invece attratto dall’elettrodo di
carica opposta. Si ha quindi un flusso di p.a. legato alla carica elettrica, che attraversa il derma
raggiungendo i vasi sanguigni presenti.
Negli stati uniti sono già presenti “dose (??????????) pump. All’interno è presente un Hydrogel che viene
dosato da un opportuna valvola del sistema. Nel momento in cui il paziente preme sul tasto erogatore
fuoriesce una quantità (opportunamente dosata) di formulazione che deve essere applicata sulla cute. Al
contatto con la pelle si ha un film sottile che rilascia in maniera controllata il p.a.
Negli USA è presente praticamente l’ analogo dei cerotti transdermici contenenti ormoni femminili . Queste
nuove formulazioni risultano essere la nuova frontiera perché molto vantaggiose. Infatti questo film che si
forma a contatto con la pelle risulta essere sottilissimo, e il paziente non sente di averlo addosso. Viene
perciò aumentata quella che è la compliance del paziente verso questa terapia, diversamente dal cerotto
( sentito dal paziente e che provoca alcuni impedimenti durante il movimento. Sono come dei sistemi (per
fare un esempio) simili ai deodoranti per WC, dove ci sono dei dosatori che premuti formano una saponetta
che rilascia lentamente il prodotto. Qui invece si preme sulla cute, si rilascia la quantià di p.a.
standardizzata; si formano degli Hydrogel solubilizzati in etanolo, che poi evapora, rilasciando nella cute un
film sottilissimo quasi impercettibile.

I nuovi patch sono ad esempio quelli con i microaghi. Questo sistema è già applicato in cosmetica, con
trattamenti antirughe, ad esempio per il contorno occhi o per altre aree con rughe in evidenza. Questi
microaghi si inseriscono all’interno dello strato corneo senza dare dolorabilità portando il p.a.
nell’epidermide. In caso farmaceutico il p.a. può essere rilasciato, oltre che nel sito precedentemente
citato, anche nella prima parte del derma , avendo un rilascio più controllato ed evitando una variabilità
indotta dalla barriera dello strato corneo.

E’ sempre importante informare il paziente sul corretto utilizzo.

Il cerotto transdermico, non può essere tagliato, per regolare il dosaggio a differenza dei cerotti medicati
dove è possibile (Bertelli o contenenti capsaicina o FANS). Ad esempio nel caso di un taglio nei matriciali la
parte finale sarà esposta al solvente (come acqua durante le docce) non avendo più lo strato protettivo
“tessuto non tessuto”; è ancora più importante mai tagliare i sitemi resevoir perché si rischia che fuoriesca
il contenuto e la membrana non può controllare il rilascio di p.a.

Bisogna evitare di ri-applicare il cerotto nella stessa area per evitare fenomeni di accumulo con probabile
sviluppo di fenomeni tossici.
Per tutto ciò va dato sempre uno sguardo attento al foglietto illustrativo.

Forme Farmaceutiche inalatorie

FORME FARMACEUTICHE PRESSURIZZATE


Secondo la FU XII Ed., nel loro capitolo dedicato, queste sono delle forme farmaceutiche confezionate in
contenitori pressurizzati tenuti sottopressione da un gas. Essi possono contenere uno o + p.a.

Il tipo di preparazione rilasciata da questi contenitori può essere classificata in aerosol e schiuma.

Comunemente l’ aerosol è riferito alle preparazioni per inalazioni, ma nella FU questo termine è definito
come la dispersione di particelle solide o liquide (di dimensioni appropriate alla via di somministrazione) in
un gas.

Le formulazioni rilasciate da contenitori pressurizzati possono essere oltre che aerosol, delle schiume,
intendendo per esse un gas disperso in un liquido.

Questi tipi di sistemi vengono ampiamente utilizzati perché molto facili da applicare, per cui vengono
ampiamente utilizzati per l’applicazione cutanea di principi attivi, ma anche mucosale (nasale inalatoria e
auricolare). Le forme farmaceutiche pressurizzate sono generalmente molto accettate dal paziente perché
facili da tenere sempre con se (come il sistema pressurizzato per situazioni di emergenza per gli asmatici).
Sono preparazioni che rimangono stabili nel tempo perché sono protetti dall’aria e dall’ ossigeno. Non si ha
in nessun modo ingresso di aria e contaminanti microbiologici, essendo essi dei sistemi saldati, privi di
possibilità di contaminazione dall’ esterno. I contenitori pressurizzati sono spesso forniti di una valvola
dosatrice per cui si ha una uniformità e correttezza nel dosaggio finchè si mantiene costante il quantitativo
di gas all’ interno.

E’ molto utilizzato per la veicolazione di principi attivi da applicare sulla cute perché permette di applicare il
medicinale senza dover manipolare la preparazione. Infatti viene utilizzato per la disinfezione di ferite o per
il trattamento di ustioni; infatti si può applicare la sorvolazione sulla cute ustionata senza dare dolorabilità
mentre si usa una preparazione semisolida per applicazione cutanea.

Si possono porre all’interno del contenitore pressurizzato delle formulazioni sterili e la sterilità viene
mantenuta per tutto il periodo di utilizzo del preparato. L’ evaporazione del gas propellente da
generalmente un effetto rinfrescante sulla cute e le mucose, e anche questo è un effetto molto apprezzato
dal paziente (soprattutto per un irritazione cutanea o una ustione).

Oltre che i vantaggi ci sono anche dei svantaggi: queste forme farmaceutiche sono molto costose perché
richiedono un impianto particolare per il confezionamento di questa preparazione per introdurre all’
interno del contenitore il gas propellente. Possono essere inoltre utilizzati in maniera scorretta per cui le
forme farmaceutiche pressurizzate che non hanno le valvole dosatrice vengono date in maniera erronea,
dato che il paziente è portato a continuare a premere sulla valvola dosatrice facendo uscire gran parte del
contenuto. Bisogna stare attenti nella manipolazione e nello stoccaggio di forme farmaceutiche
pressurizzate perché ovviamente contengono all’interno dei gas che essendo infiammabili possono portare
al pericolo dell’ esplosione del contenitore pressurizzato.

All’interno dei contenitori pressurizzati possono essere inserite delle soluzioni o emulsioni contenenti uno o
+ p.a. Generalmente la soluzione/emulsione/sospensione presenta ovviamente la presenza del gas
propellente. Se questo è un gas liquefatto, il gas allo stato liquido può essere un componente della
preparazione andando a solubilizzare il p.a. (nel caso di una sospensione può costituire il disperdente, nel
caso delle emulsioni la fase disperdente). Ovviamente il gas (solo una certa quota per la legge dei gas) sarà
sempre all’ interno del contenitore allo stato gassoso. Per cui all’ interno del contenitore avremo una forma
farmaceutica liquida e un gas propellente la cui frazione dipende dalla tensione di vapore e dallo spazio
che può aver libero il gas all’ interno del contenitore. Per questi motivi si parla spesso o di gas bifasici (p.a.+
gas propellente) o trifasici (disperdente+ solido+ gas propellente).

Continuando a leggere la FU XII ed. queste tipe di preparazioni possono essere destinate all’ applicazione
locale su pelle, sulle mucose di diversi orifizi del corpo o destinati ad inalazione. Per questo motivo ce ne
sono tante diverse sulla FU: per esempio nel capitolo relativo alle preparazioni per inalazione, o nelle
preparazioni liquide per applicazioni cutanee, o è polveri per applicazione cutanea, o per preparazioni
nasali, o in quelle auricolari, oltre che nelle schiume per preparazione rettale.

I sistemi per inalazione consistono di una preparazione contenente il p.a. messa all’interno di un
contenitore pressurizzato, con la valvola erogatrice sostituita da un apposito boccaglio, per una facile
applicazione nella bocca di questo sistema, per fare in modo che l’aerosol raggiunga il polmone per
applicare la sua azione. Vengono utilizzati normalmente per la veicolazione di bronco dilatatori, FANS,
antiallergici o antivirali; vengono inoltre utilizzati per la veicolazione di preparazioni liquide per applicazione
cutanea . Le varie preparazioni liquide destinate a quest’ultima applicazione possono essere confezionati in
recipienti pressurizzati.

Nell’ ambito della monografia per le schiume cutanee sono dei grandi volumi di gas disperse in un liquido
che normalmente contiene uno o più p.a. , oltre che un tensioattivo che deve essere “schiumoso”
facilitando la formazione della schiuma. La schiuma si forma quando viene erogata a contatto con la cute. Il
contenitore pressurizzato è sempre costituito da una valvola erogatrice (che può essere una valvola a
erogazione continua o una dosatrice) e poi da un tasto a pressione, C’è anche l’erogatore che è provvisto di
un opportuno beccuccio adatto.

Anche le polveri per applicazione cutanea possono essere confezionate in contenitori pressurizzati. Sarà
controllata e definita la dimensione delle particelle che devono formarsi a contatto con la pelle. La
granulometria è fondamentale nelle polveri ad applicazione cutanea per evitare dolorabilità o abrasione
sulla cute .

I principi attivi veicolati in preparazioni pressurizzati per applicazione cutanea sono ad esempio gli aerosol
anestetici locali ( se ad esempio deve essere anestetizzata un area della cute da trattare). Un altro esempio
sono preparazioni per la disinfezione di ferite con una piccola quantità di disinfettante (il getto del gas è
molto utile con le ferite sporche perché ripulisce). Altri ancora sono preparazioni antifunginee,
antibatteriche , e antiinfiammatorie. Ci sono inoltre come dispositivi medici i cosiddetti cerotti spry.
I vantaggi sono che si tratta di formulazioni molto convenienti e inoltre non è necessario toccare la pelle per
la preparazione, oltre al fatto che anche su cute lesa mantengono la sterilità in tutto il periodo di validità,
senza nessuna possibilità di contaminazione (a differenza di tutti i preparati semisolidi ad applicazione
cutanea).

Le preparazioni nasali possono essere somministrate come spry semplici o pressurizzati. Nel caso delle
preparazioni nasali ci sono i cosiddetti congestionanti che hanno come p.a. gli antiallergici, ma anche
soluzione ipertoniche e isotoniche per una decongestione naturale.

Anche le preparazioni auricolari possono essere in confezioni pressurizzate. Esse vengono veicolate con
questa preparazione soprattutto per la pulizia del condotto uditivo. Un esempio sono le preparazioni
farmaceutiche pressurizzate destinate al tratto uditivo con un particolare tasto erogatore che deve evitare
di essere introdotto del tutto (con una parte più grande) e rimanere solo nella parte più esterna. E’ possibile
anche che ci sia un particolare adattatore con una certa lunghezza del tasto erogatore, per ridurre la
pressione che il gas propellente può esercitare sul timpano.

Per la FU XII Ed. le preparazioni pressurizzate sono soluzioni/sospensioni/emulsioni confezionate all’interno


di un contenitore pressurizzato, con la pressione data da un gas propellente. I gas propellenti sono o gas
liquefatti sotto pressione o compressi o dei liquidi a basso punto di ebollizione. Un esempio dei primi sono
gli idrocarburi fluorurati (come gli idrofluorocarburi, gli idrofluoro alcani) o gli idrocarburi a basso PM come
il propano e il butano. Un esempio tra i secondi e l’anidride carbonica o il protossido di azoto.

I gas propellenti possono essere usati da soli o in miscela per ottenere un rilascio o una pressione
necessaria per ottenere il rilascio della preparazione dalla soluzione di adatte dimensioni. Nella scelta deve
essere considerato prima di tutto che il propellente deve avere tossicità nulla o trascurabile con una buona
tensione di vapore, inerzia chimica,e una non-reattività con la formulazione posta all’interno. Non deve
inoltre andare incontro a esplosione o essere facilmente infiammabile. Non dovrebbe avere odori o sapori
sgradevoli, oltre che un buon potere solvente nei confronti dei principi attivi. Quelli maggiormente scelti
sono, per quanto possibile, quelli a basso costo.

Generalmente si utilizzano i gas liquefatti, ma per alcune preparazioni vengono anche utilizzati i gas
compressi (vuoto ,protossido di azoto, CO2) perché hanno una bassa tossicità un alta purezza e un basso
costo,e generalmente a parte l’anidride carbonica non danno grandi danni all’ambiente. Tuttavia
utilizzando uno di questi non si ha la stessa efficienza di nebulizzazione durante tutto il periodo di validità di
quel medicinale. Infatti via via che il gas compresso fuoriesce dal medicinale si ha una minore tensione di
vapore, perciò una quota del p.a. potrebbe rimanere all’interno del contenitore senza essere erogato.
per questi motivi sono più utilizzati i gas liquefatti; non molto gli idrocarburi non alogenati a causa della loro
infiammabilità (es. propano e butano). Essi hanno inoltre un odore molto sgradevole e perciò non sono
molto accettati dal paziente, nonostante abbiano un basso costo e buone proprietà solvente.
I più utilizzati sono i cosiddetti idrocarburi alogenati (gli idrofluoro alcani o idrofluoro carburi). Un tempo
venivano usati i CFC, ma ora dopo il protocollo di Montreal (1987) sono stati abbandonati perché vietati
dato che troppo dannosi per l’ambiente. Il loro utilizzo però è durato fino al 2005 per il trattamento di asma
e Broncopneumopatia cronica ostruttiva.

Gli idrofluoro alcani hanno un elevata stabilità e purezza, una bassa tossicità, e non danno nessun effetto
sull’ozono, nonostante contribuiscono all’effetto serra.

In commercio gli idrofluoro alcani sono indicati con una sigla , generalmente HFA con un numero subito
dopo, che risulta essere la nomenclatura di questi prodotti. I numeri risultano indicare la quantità di atomi
di idrogeno e fluoro presenti nella molecola.
e’ stato un problema introdurre questi gas inizialmente nell’industria farmaceutica perché si andava a
inserire come gas propellente un diverso diametro di particelle di p.a., ottenendo una diversa disposizione
di esso a livello polmonare. In uno studio dove il beclometasone è stato usato assieme ai CFC o agli HFA e il
confronto ha dimostrato che passando dai primi ai secondi si otteneva una deposizione quasi completa del
p.a. in tutta l’ area polmonare, con una minore distribuzione sempre del p.a. nel tratto della bocca.

C’ è stato inoltre un problema di riconoscimento, dato che la sostituzione dava al paziente una sostituzione
di calore (il CFC evaporando dava invece un senso di freschezza). Il paziente vedeva poi una nebbia meno
densa ed era perciò preoccupato di non stare assumendo il dosaggio necessario. Anche il gusto era diverso.
Però la minore pericolosità in entrambi i campi alla lunga ha prevalso e i pazienti si sono adattati al
cambiamento.

I contenitori pressurizzati sono ermetici secondo la FU XII Ed. ( perciò nessuno scambio tra interno ed
esterno) e devono essere costituiti da un materiale che resista alla pressione esercitata dal gas. Sono
generalmente costituiti di vetro, metallo, plastica, o un mix di questi. Quelli metallici il + delle volte sono
costituiti dal alluminio essendo questo un materiale leggero e malleabile per cui si riesce a dare la forma
necessaria a quel contenitore. Sono anche resistenti alla rottura e sono sufficientemente inerti. Se è
necessario aumentare l’inerzia dell’ alluminio, le pareti interne del contenitore possono essere costitutie da
materiale plastico

Possono essere costituiti da materiali vetrosi, che però devono essere per forza (secondo FU XII Ed.) essere
rivestiti esternamente con un film plastico, per evitare che in seguito a dilatazione e rottura i frammenti di
vetro possono creare danno in vari modi. Questo film limita tutto, facendo rompere il contenitore al
massimo in pochissimi pezzi. Il vantaggio è che il paziente può vedere il contenuto all’interno del
contenitore di vetro. Tuttavia l’ alluminio è preferito.

Per permettere al paziente di vedere se all’interno del contenitore ci sono ancora rimaste delle dosi,
attualmente alcuni contenitori di alluminio contengono un particolare tappo che mostra attraverso una
finestrella le dosi residue. Via via che si preme sul tasto erogatore la rotella gira mostrando sempre il
residuo interno, in modo simile ai dispenser per le polveri inalatorie.

All’ interno del contenitore viene posto un tubicino per il prelievo della soluzione che è collegato alla
valvola. Questa nelle preparazioni farmaceutiche pressurizzate può essere a erogazione continua (molto
presente in cosmetici o polveri ad applicazione cutanea) oppure può essere con la valvola dosatrice che a
ogni pressione rilascia una quantità definita di formulazione e p.a.
Le valvole possono essere di diversi materiali ( generalmente plastici) che devono essere compatibili con la
formulazione all’interno del contenitore. La valvola dosatrice ha una camera nel quale viene posizionata la
formulazione che viene rilasciata ad ogni pressione. Il pescante permette la fuoriuscita della formulazione.
La valvola è sempre collegata al tasto erogatore. Può avere diverse geometrie a seconda della via di
somministrazione a cui è destinata. Esiste il tasto erogatore per aerosol, quello con annesso l’abbassalingua
(può aiutare per nebulizzare nel retro della cavità buccale), quelli con l’opportuna nasello (per
l’introduzione della cavità nasale). Esiste anche il boccaglio come tasto erogatore per preparazioni
pressurizzate per inalazione. Il sistema per erogazione della schiuma prevede un tasto di erogazione piatto.

Nel caso di preparazioni per inalazione oltre al boccaglio abbiamo un opportuno adattatore dove viene
inserito e posizionato il contenitore pressurizzato che permetterà la fuoriuscita della preparazione. Per
questi tipi di preparazione la valvola è una valvola dosatrice, perché infatti il volume introdotto è quello
rilasciato.

Una volta confezionato (posizionando la valvola nel contenitore dove è posizionato il giusto tasto
erogatore) i contenitori pressurizzati devono essere etichettati, e deve essere qui opportunatamente
indicato il metodo di utilizzo di questa preparazione, oltre che qualsiasi precauzione come le modalità di
conservazione; deve essere indicato se sono presenti all’interno dei gas infiammabili, oltre che ,nel caso sia
presente una valvola dosatrice , la quantità di p.a. erogato a ogni pressione della valvola.

Diversamente dalle forme farmaceutiche convenzionali già studiate, nel caso delle forme farmaceutiche
pressurizzate la FU XII Ed. non prevede nessun saggio obbligatorio ma rimanda alle monografie delle varie
preparazioni, che vanno riguardate nello specifico (es. per inalazione, per applicazione cutanea, per via
nasale, per via auricolare,..).
Nel caso delle preparazioni pressurizzate con dosatore per inalazione, bisogna controllare l’uniformità di
dose rilasciata. Questo va fatto nel senso che chi ha preparato quella formulazione deve verificare che
realmente a ogni pressione sulla valvola dosatrice venga rilasciato sempre quel quantitativo della forma
farmaceutica per quantitativo di p.a.

Per le preparazioni per inalazione è fondamentale la granulometria delle goccioline o delle particelle solide
che vengono rilasciate , perché a seconda della dimensione si ha una diversa deposizione; si ha anche una
diversa aerodinamicità delle particelle che può portare a un raggiungimento di alcune aree del polmone,
ma soprattutto se troppo piccole si può avere l’esalazione delle particelle. Perciò il diametro particellare va
opportunatamente controllato prima della immissione in commercio della preparazione.

E’ anche necessario controllare quante erogazioni possono essere fatte con quella valvola inserita nel
dispositivo.

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