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e

on
Indice

ni

uzi
1 PROPRIETÀ DEI FLUIDI
ani
1.1 Proprietà fisiche dei fluidi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
3
3
1.1.1 densità e peso specifico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4

od
1.1.2 sforzi normali e sforzi tangenziali . . . . . . . . . . . . . 4
1.1.3 viscosità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5
1.1.4 viscosità dinamica e viscosità cinematica . . . . . . . . . 9
m
1.1.5 dipendenza della viscosità dalla temperatura . . . . . . . 10
1.1.6 fluidi non newtoniani . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10
ipr
1.1.7 viscosità dipendente dal tempo . . . . . . .
1.1.8 viscoelasticità . . . . . . . . . . . . . . . . .
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
12
13
Ar

1.1.9 fluido perfetto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13


1.2 proprietà fisiche di alcuni fluidi . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14
ar
2 STATICA DEI FLUIDI 15
2.1 Principio di Pascal . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15
2.2 Comprimibilità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16
A.

2.3 Legge idrostatica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19


2.3.1 legge idrostatica per i fluidi incomprimibili . . . . . . . . 20
ta l

2.3.2 misure piezometriche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23


2.4 Tensione superficiale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25
2.4.1 legge di Jurin . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27
2.5 Distribuzione delle pressioni in un fluido comprimibile . . . . . . 29
2.6 Spinta idrostatica sulle superfici . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31
2.6.1 spinta su superfici piane . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31
eta

2.6.2 centro di spinta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32


2.6.3 spinta su una superficie curva . . . . . . . . . . . . . . . 36
2.6.4 spinta di Archimede . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 38
2.6.5 metodo dell’equilibrio globale . . . . . . . . . . . . . . . 39
Vi

1
2 A.Armanini Mecc.Fluidi I 05/06 Università di Trento - Feb.2006

e
2.7 Galleggiamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 42
2.7.1 stabilità di un corpo galleggiante . . . . . . . . . . . . . 43

on
ni

uzi
ani

od
m

ipr
Ar

ar
A.

ta l
eta
Vi
e
on
Capitolo 1

ni

uzi
PROPRIETÀ DEI FLUIDI ani

od
1.1 Proprietà fisiche dei fluidi
Si suole classificare i corpi fisici in categorie fondamentali a seconda di come si
m
deformano sotto l’azione di forze applicate.

ipr
A parte il corpo rigido, che per definizione non può deformarsi, le categorie
estreme principali della materia sono:
Ar

– i solidi elastici che possiedono una propria forma e che reagiscono elas-
ticamente alle sollecitazioni e che quindi possono essere deformati (in
ar
maniera modesta), per cui, cessata la sollecitazione, ritornano alla con-
figurazione iniziale;
A.

– i fluidi (liquidi e gassosi) che hanno la forma di volta in volta deter-


minata dal sistema di forze applicate: reagiscono elasticamente solo alla
ta l

forze di compressione, ma che scorrono, ossia si deformano continuamente


sotto l’azione delle forze applicate.

Una categoria intermedia è costituita dalle sostanze plastiche, che si lasciano


deformare poco come il solido elastico, ma che a differenza di queste una volta
deformate non riassumono la posizione originaria.
eta

La distinzione tra solidi e fluidi è essenzialmente molecolare:

– nei solidi la disposizione delle molecole resta pressochè invariata durante


la deformazione;
Vi

3
4 A.Armanini Mecc.Fluidi I 05/06 Università di Trento - Feb.2006

e
– nei liquidi la disposizione delle molecole è disordinata ma mantiene pres-
sochè costante la distanza (ossia il volume);

on
– nei gas non si mantiene neanche la distanza tra le molecole. I gas tendono
perciò ad occupare il massimo volume possibile

ni
Nello studio della meccanica, la materia viene concepita come un continuo,

uzi
e le sue proprietà come funzione continue dello spazio e del tempo nel senso
matematico della nozione.
ani
1.1.1 densità e peso specifico

od
Si definisce densità, ρ, di un fluido la massa di un elemento infinitesimo δ∀ di
volume fluido:
m
δM

ipr ρ = lim
δ∀→0 δ∀
Si definisce peso specifico, γ, il peso di un elemento infinitesimo, δ∀, di
(1.1)
Ar

volume fluido :

δG
ar
γ = lim (1.2)
δ∀→0 δ∀

Il peso specifico dipende dall’accelerazione di gravità:


A.

δG = g δM γ=g ρ
ta l

1.1.2 sforzi normali e sforzi tangenziali


Si consideri una superficie Σ qualunque all’interno di un fluido (a contatto con
il fluido) (la superficie può essere completamente immersa sulle due facce op-
pure una superficie solida oppure una superficie si separazione tra due fluidi).
eta

Si consideri un’areola molto piccola di superficie δA tutta contenuta nella su-


perficie Σ e la forza δ F esercita dal fluido su di essa. Sia n la direzione normale
all’areola δA e sia t la direzione tangente a δA nel piano (n, δ F ) e siano quindi
δFn e δFt le componenti di δ F nelle direzioni n e t.
Vi
A.Armanini- Mecc.Fluidi II 05/06 Università di Trento - Feb.2006 5

e
δ Fn
δF

on
δA Σ
t
δ Ft
n

ni

uzi
sforzo normale
ani σ = lim
δFn
δA→0 δA

od
δFt
sforzo tangenziale τ = lim
δA→0 δA
m
Lo sforzo normale σ e lo sforzo tangenziale τ sono perciò funzioni dell’orienta-
mento della superficie.
ipr
Nello studio della dinamica dei solidi si assume lo sforzo normale positivo
Ar

quando è di trazione. Si dimostreà più avanti che, almeno nella statica dei
fluidi, lo sforzo normale non dipende, invece, dall’orientamento della relativa
superficie ed è chiamato pressione. Poichè i fluidi, a differenza dei solidi, non
resistono a trazione, la pressione è assunta positiva quando è di compressione.
ar
Sforzi normali e sforzi tangenziali si misurano quindi in [N m−2 ]. Per le
pressioni, tuttavia, sono spesso impiegate anche altre unità di misura:
A.

pascal 1 pa = 1 N/m2
bar 1 bar = 100 000 pa = 105 N/m2
ta l

millibar 1 mbar = 100 pa = 100 N/m2


atmosfera 1 atm = 1013 200 pa = 1.0135 bar = 1.0135 105 N/m2

1.1.3 viscosità
Siano dati due piani paralleli posti ad un distanza δ y molto piccola, e che
eta

l’intercapedine sia riempita di un liquido, ad esempio acqua. Si supponga che


il piano superiore si sposti parallelamente al piano inferiore con una velocità
costante δv sufficientemente piccola in modo che il moto avvenga senza mesco-
lamento del fluido.
Vi
6 A.Armanini Mecc.Fluidi I 05/06 Università di Trento - Feb.2006

e
on
Α

δV
F
δF t
δy

ni

uzi
ani
L’esperienza mostra che la forza F, necessaria a spostare il piano, è pro-
porzionale a:

od
– l’area A di contatto;
– la velocità δV ;
m
ed inversamente proporzionale a:

ipr
– la distanza δy
Ar

Cioè:
δV
F = µA (1.3)
ar
δy
µ è la costante di proporzionalità.
Lo sforzo medio che agisce sulla unità di superficie risulta quindi:
A.

F δV
τ= =µ (1.4)
ta l

A δy
Lo stesso ragionamento può essere ripetuto per il fluido compreso tra ogni
coppia di piani paralleli ai piani esterni, posti quindi anche ad una distanza
minore. Facendo tendere in questo caso la distanza δy → 0 si ha:
∂v
τ =µ (1.5)
∂y
eta

Se µ è indipendente dalla forza e dalla velocità allora il fluido è detto


newtoniano e la grandezza µ è detta viscosità del fluido, µ è funzione solo
della temperatura e della pressione.
Vi
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e
velocità di deformazione angolare
Si consideri ora un rettangolo nel piano perpendicolare ai due piani ed allineato

on
con la forza F. I segmenti A B e C D sono cioè paralleli ad F .
∂v
v+ dy C
∂y C' D D'

ni

uzi
δV
δF t
δy δy δθ

v
ani
Α Α' Β B'

od
Nell’intervallo di tempo δt il punto A si è spostato in A’, il punto B in B’.
m
Il punto C si è spostato in C’, il punto D in D’, per cui si ottiene:
 

ipr
C C − A A = v +
∂v
∂y
dy − v δt =
∂v
∂y
δy δt
Ar

ma poichè:
C C − A A
δθ =
δy
ar
si ha:
∂v
C C − A A = δθ δy = δy δt
A.

∂y
da cui:
ta l

∂v
δθ = δt
∂y
ossia:
δθ ∂v ∂θ
= =
δt ∂y ∂t
eta

La legge di Newton può anche essere scritta:


∂θ
τ =µ (1.6)
∂t
Vi
8 A.Armanini Mecc.Fluidi I 05/06 Università di Trento - Feb.2006

e
viscosimetro rotante
La legge reologica scritta nella forma (1.6) è di norma utilizzata per misurare la

on
viscosità in viscosimetri rotanti (MacMichael), basato sul seguente principio di
funzionamento. Il fluido viene posto nell’intercapedine tra due cilindri coassiali
di raggio sufficientemente grande, uno dei quali, di solito quello esterno, viene
fatto ruotare con velocità costante ω. Viene contemporaneamente misurato

ni

uzi
il momento trasmesso dal primo cilindro al secondo attraverso il fluido posto
nell’intercapedine, messo in movimento dal cilindro esterno.

ani M

od
b
Ri
C'
m
ω δt
δθ
C
h

iprb Ri

ω ω δt =
C C' C C'
Ar

δθ =
Ri + b b

Fig.1.1 Principio di funzionamento del viscosimetro rotante


ar
A.

In questo caso si misura direttamente la velocità di rotazione ω del cilindro


interno, e il momento rotante M . Si può facilmente verificare che la velocità di
ta l

rotazione ω è legata alla velocità di deformazione ∂θ/∂t dalla seguente relazione


∂θ/∂t = ω(Ri /b + 1).
Lo sforzo tangenziale si ricava dalla misura del momento flettente trasmesso
dal cilindro esterno a quello interno attraverso la superfice di contatto, 2π Ri h,
per cui si ha:
eta

M 1
τ= (1.7)
Ri 2πRi h
In questa maniera si ha una serie di coppie di valori (τ, ∂θ/∂t), che, riportati
in un grafico, danno per regressione lineare il valore della viscosità.
Vi
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e
τ

on
fluido newtoniano

ni

uzi
fl.perfetto

∂v ∂ϑ
=

Fig.1.2
ani
Legge reologica per fluidi newtoniani
∂y ∂t

od
viscosimetri a goccia
m
La viscosità può essere misurata anche con strumenti più semplici. Tra questi

ipr
sono da ricordare i viscosimetri basati sulla misura del tempo di vuotamento di
un serbatoio contenete il liquido in esame, che defluisce attraverso un orifizio
(viscosimetro di Saybolt) o un tubicino capillare (viscosimetro di Ostwald). In
Ar

questi casi il tempo di vuotamento è proporzionale alla viscosità del liquido. La


viscosità viene quindi determinata per confronto con il tempo di vuotamento
di un liquido di riferimento di cui si conosce la viscosità.
ar
1.1.4 viscosità dinamica e viscosità cinematica
A.

Dalla relazione (1.5) di Newton, si ricavano facilmente le dimensioni della vis-


cosità:
ta l

 
F 1 −2
[µ] = 2
    = [F L T ] (1.8)
L L 1
T L
L’unità di misura in [M KS] è quindi N s /m2 o kg/ms. Spesso viene
tuttavia usato il Poise [P ]:
eta

1 P = 1 g/cm s
Oltre alla viscosità definita dalla legge di Newton, vine spesso usato nella
meccanica dei fluidi il rapporto tra viscosità e densità di un fluido. Questo rap-
porto è chiamato viscosità cinematica e di solito viene indicato con la lettera
Vi
10 A.Armanini Mecc.Fluidi I 05/06 Università di Trento - Feb.2006

e
greca ν. In questo caso la viscosità definita dalla legge di Newton viene chia-
mata viscosità dinamica. È facile verificare che la dimensione della viscosità

on
cinematica à:
[µ] L2
[ν] = =
[ρ] T
In [M KS] la viscosità cinematica si misura in [m2 /s]. Molto spesso viene

ni
utilizzato anche il cm2 /s, unità di misura chiamata stoke ed indicata con il

uzi
simbolo St.

1.1.5
ani
dipendenza della viscosità dalla temperatura
La viscosità dinamica e quella cinematica dipendono invece dalla temperatura.

od
In genere nei liquidi la viscosità (dinamica) diminuisce con la temperatura.
Nei gas aumenta. La differenza è dovuta ai diversi meccanismi molecolari che
generano la viscosità. Nei liquidi essa è prodotta dalle forze di attrazione mole-
colare. Queste forze diventano sempre più deboli al crescere della temperatura
m
e di conseguenza ne diminuisce la viscosità.

ipr
Nei gas invece la viscosità è generata dallo scambio di quantità di moto
prodotto dall’agitazione delle particelle di gas, che aumenta al crescere della
Ar

temperatura. Questo meccanismo fa crescere la viscosità all’aumentare della


temperatura.
ar
1.1.6 fluidi non newtoniani
Nel fluido non-newtoniano il rapporto tra lo sforzo tangenziale τ e il gradiente
∂v
A.

delle velocità non è costante, ma è funzione dello sforzo τ (oppure della


∂y
∂v
ta l

velocità di deformazione ).
∂y
∂v
τ = µa (1.9)
∂y
I fluidi non newtoniani si dividono a loro volta in due grandi categorie:
∂v
1. quelli per cui la µa cresce con : la resistenza aumenta: dilatanti
eta

∂y
∂v
2. quelli per cui la µa diminuisce con : la resistenza diminuisce: pseudo-
∂y
plastici
Vi
A.Armanini- Mecc.Fluidi II 05/06 Università di Trento - Feb.2006 11

e
Per questi fluidi è stato proposto un modello reologico detto modello di
Ostwald, nel quale la legge reologica è espressa da una legge di potenza:

on
∂v n−1 ∂v
τ = κ| | (1.10)
∂y ∂y

ni

uzi
τ
n>1
n=1
ani dilatante newtoniano

n<1
pseudoplastico

od
∂u ∂θ
=
m
∂y ∂t

Fig.1.3 ipr
Legge reologica per fluidi non-newtoniani
Ar

per i fluidi dilatanti, la viscosità cresce con lo sforzo:


ar
n>1
appartengono a questa categoria le miscele di acqua e sabbia con vuoti. Per
A.

sforzo nullo la legge di Ostwald dà viscosità apparente nulla.


ta l

Per i fluidi pseudoplastici la viscosità decresce con lo sforzo:

n<1
sono pseudoplastici emulsioni; polimeri ad alta densità, miscele di acqua ed
argilla, acqua e cemento, il latte nei quali le catene polimeriche si rompono
sotto sforzo; sangue animale (Casson). In questo caso la legge di Ostwald
eta

porta all’anomalia che a sforzo nullo la viscosità apparente tende all’infinito.


Esistono poi i fluidi plastici (di Bingham), per i quali è necessario che lo
sforzo tangenziale superi un valore critico τc di soglia per poter avere defor-
mazione. Se lo sforzo resta al di sotto del quale non c’è alcuna deformazione.
Vi
12 A.Armanini Mecc.Fluidi I 05/06 Università di Trento - Feb.2006

e
τ

on
ni

uzi
∂u ∂θ
=
ani ∂y ∂t

Fig.1.4 Legge reologica per fluidi plastici

od
∂v
τ = τc + µ (1.11)
∂y
m
µ è detta viscosità plastica (argilla, dentifricio, alcune vernici). Esistono

ipr
fluidi plastici (di Bingham) dilatanti e pseudoplastici.
Ar

1.1.7 viscosità dipendente dal tempo


ar
τ

fl. reopetico
A.

ta l

fl. pseudoplastico

Fig.1.5 Fluidi con viscosità dipendente dal tempo


eta

Nelle sostanze reopeptiche si consolida il legame molecolare. Nelle sostanze


tixotropiche (paste alimentari) nel tempo il legame molecolare si riduce di in-
tensità.
Vi
A.Armanini- Mecc.Fluidi II 05/06 Università di Trento - Feb.2006 13

e
1.1.8 viscoelasticità
Accanto agli sforzi tangenziali si manifestano anche sforzi normali.

on
1 ∂τ
σ= (1.12)
G ∂t
G è il modulo di Young.

ni

uzi
ani V
Α
F
δ

od
σ
τ
m

Fig.1.6 ipr
Nel moto tra due piani paralleli (viscosimetro) di un fluido visco-
Ar

elastico lo sforzo tangenziale induce anche uno sforzo in di-


rezione normale ad esso
ar
La distinzione tra le diverse tipologie di fluidi è ovviamente schematica, in
maniera più rigorosa un fluido verrà definito attraverso la sua legge reologica.
schema delle diverse tipologie della materia
A.

fl. perfetto viscosi visco-elastici elasto-viscosi elastici corpo rigido


ta l

(Pascal) (Hooke)

Corpi plastici

1.1.9 fluido perfetto


Sono detti perfetti quei fluidi nei quali gli sforzi tangenziali sono nulli; nei
eta

quali possono esistere solo di sforzi normali.


Sono perciò da ritenersi perfetti tutti i fluidi inviscidi µ = 0 e tutti i fluidi
∂v
in quiete = 0.
∂y
Vi
14 A.Armanini Mecc.Fluidi I 05/06 Università di Trento - Feb.2006

e
1.2 proprietà fisiche di alcuni fluidi

on
ρ γ µ ν

ni

uzi
kg N Ns m2
acqua 103 9.8 103 1.01 10−3 1.01 10−6
m3 m3 m2 s
θ = 20◦ ani kp s2 kp kp s m2
103 103 1.03 10−4 1.01 10−6

od
m4 m3 m2 s

m2
m
kg N Ns
aria 1.2 11.76 1.81 10−5 15. 10−6
m3 m3 m2 s

ipr kp s2 kp
1.85 10−6
kp s
15. 10−6
m2
Ar

0.123 1.2
m4 m3 m2 s
ar
kg N Ns −6 m2
olio 900 3 8820 3 0.477 2 530. 10
m m m s
SAE 3◦
A.

kp s2 kp kp s m2
4.87 10−2 530. 10−6
ta l

91.84 900.
m4 m3 m2 s

νaria  νacqua ma µaria  µacqua


eta
Vi
e
on
Capitolo 2

ni

uzi
STATICA DEI FLUIDI ani

od
2.1 Principio di Pascal
In un fluido in quiete, lo sforzo normale si trasmette inalterato in tutte le
m
direzioni.
Essendo il fluido in quiete tutte le componenti della velocità sono nulle, per
ipr
cui se il fluido è newtoniano (o comunque manca di valore di sforzo di soglia)
sono nulli tutti gli sforzi tangenziali.
Ar

Si faccia riferimento ad un parallelepipedo a sezione triangolare con due


facce perpendicolari e di profondità unitaria, si assuma un sistema cartesiano
di riferimento con le facce parallele ai cateti:
ar
y
A.

σl δ y = δ l cos α
σx α δ x = δ l sinα
ta l

α
δy δl

δx x
eta

σy

 
Dall’equilibrio alla traslazione dell’elemento si ha: Fx = 0 e Fy = 0.
Vi

15
16 A.Armanini Mecc.Fluidi I 05/06 Università di Trento - Feb.2006

e

Fx = −σx δy + σl δl cos α

on
La forza peso è proporzionale al volume e cioè a δx δy, un infinitesimo di
ordine superiore quindi trascurabile.
In definitiva si ha:

ni

uzi

Fx = −σx δy + σl δl cos α = 0

e analogamente: ani 
Fy = −σy δx + σl δl sin α = 0

od
da cui, dopo aver sostituito, si ha:
m
−σx δy + σl δy = 0
−σy δx + σl δx = 0

da cui: ipr
Ar

σx = σy = σl = −p
ar
Nell’idrostatica lo sforzo normale è cioè indipendente dall’orientazione della
superficie e viene chiamato pressione. Poichè i fluidi non resistono a trazione,
nella meccanica dei fluidi la pressione si assume positiva quando è di compres-
A.

sione.
Il principio di Pascal può essere esteso anche al fluido perfetto non in quiete,
ta l

ossia in movimento. In questo caso infatti è sufficiente aggiungere al bilancio


delle forze anche la forza di inerzia, che essendo tuttavia una forza di massa è,
come il peso, proporzionale a δx δy e quindi un infinitesimo di ordine superiore
e come tale si può trascurare.

2.2 Comprimibilità
eta

La legge di comprimibilità è la legge che lega gli sforzi normali alle defor-
mazioni nel caso di compressione del fluido.
La legge che si assume è la legge elastica di Hooke:
Vi
A.Armanini- Mecc.Fluidi II 05/06 Università di Trento - Feb.2006 17

e
σ=E  (2.1)

on
che lega lo sforzo normale σ alla deformazione del mezzo . il parametro E è
detto modulo di elasticità ed è una proprietà del mezzo.
Si faccia allora riferimento ad una volume fluido ∀ inserito in un cilindro e
sollecitato a compressione da un pistone.

ni

uzi
δF = A δp
ani

od

m

ipr
La forza δF comprime il fluido esercitando su di esso una pressione δp,
Ar

che, se il volume ∀ è di dimensioni sufficientemente piccole, si può immaginare


distribuita uniformemente nel fluido, in mod che δF = A δP . Assumendo che
il fluido si comporti come un corpo elastico, la legge di Hooke si scrive:
ar
−δp = E  (2.2)
dove:
A.

δF = δp A è la forza di compressione applicata allo stantuffo, capace


di provocare una variazione di volume δ∀
ta l

δ∀
= è la deformazione di volume;

E è il modulo di elasticità del fluido;
δp è la pressione esrcitata sulla superficie dello stantuffo .
   
F F
[p] = ; [] = [0] ⇒ [E] =
L2 L2
eta

Per cui la (2.2), si scrive:


δ∀
dp = − E (2.3)

Vi
18 A.Armanini Mecc.Fluidi I 05/06 Università di Trento - Feb.2006

e
Conviene scrivere la relazione (2.3) in funzione dell densità del fluido,
dal momento che si conserva la massa durante l’azione di compressione:

on
m = ρ∀
dm = d(ρ∀) = dρ ∀ + ρ d∀
dρ d∀

ni
= −

uzi
ρ ∀
(2.4)

e quindi:
ani  

od

−dp = E −
ρ
e  

m
dp = E (2.5)
ρ

ipr
Ar

nei liquidi si ha: E  cost (2.6)


nei gas si ha: E = f ct(p) (2.7)
ar
Per integrare nel caso di gas la (2.5) e la (2.7), bisogna conoscere la relazione
che lega pressione e volume durante la trasformazione (legge termodinam-
ica). Per i gas perfetti si può adottare la legge di stato di Boyle-Mariotte (o
A.

di Gay-Lusach):
ta l

p∀ = n R T

dove ∀ è il volume per unità di peso e T è la temperatura assoluta, R è una


costante propria del gas in esame. Se la trasformazione è isotermica (T =
cost), si ha:
eta

p∀ = cost

Se la trasformazione è adiabatica (o isentropica) si può scrivere invece:

p∀k = cost (2.8)


Vi
A.Armanini- Mecc.Fluidi II 05/06 Università di Trento - Feb.2006 19

cp

e
con k = ; dove cp e c∀ sono i calori specifici a pressione e volume costante.
c∀
Per i gas biatomici k = 1.4. In genere quindi, k potrà variare tra 1 e 1.4.

on
Differenziando la (2.8) si ottiene:

dp∀k + k p∀k−1 d∀ = 0

ni

uzi
dp d∀
= −k
p ∀
d∀
ani dp = −k p (2.9)

Confrontando (2.9) con (2.3) si ottiene:

od
E=k p (2.10)
m
2.3 Legge idrostatica

ipr
Si consideri un campo fluido in quiete e l’asse verticale h positivo secondo la
verticale ascendente. Si consideri un asse x disposto comunque rispetto ad h.
Ar

Si consideri un cilindretto di sezione δA e lunghezza δx. Si faccia ora il bilancio


delle forze in direzione x.
τ =0
ar
∂h h
δx cosα =
α δh ∂x
A.

g
ta l

δx
x
∂p
p+ δx p
∂x
α
γ δ Aδ x
δA
eta

∂p
p δA − (p + δx) δA − γ δA δx cos α = 0
∂x
Vi
20 A.Armanini Mecc.Fluidi I 05/06 Università di Trento - Feb.2006

e
∂p
− δx δA − γ δA δx cos α = 0
∂x
∂p ∂h

on
− δx − γ δx = 0
∂x ∂x

Passando agli infinitesimi si ha perciò:

ni

uzi
∂p ∂h
− dx − γ dx = 0
∂x ∂x

Si può ora ripetere lo stesso bilancio lungo due assi y e z perpendicolari


ani
all’asse x e perpendicolari tra loro secondo la regola del cavatappi. Si otterrà
analogamente:

od
∂p ∂h
− dy − γ dy = 0
m
∂y ∂y
∂p ∂h
− dz − γ
ipr ∂z ∂z
dz = 0
Ar

In definitiva so ha:

dp + γ(h) dh = 0 (2.11)
ar
Si deve ora distinguere tra:
A.

– fluidi incomprimibile γ = cost


ta l

– fluidi comprimibili: γ = γ(h, p)

2.3.1 legge idrostatica per i fluidi incomprimibili


eta

Se γ = cost (fluido incomprimibile), la (2.11) può essere integrata, dando


luogo alla seguente forma della legge idrostatica:

p + γ h = cost (2.12)
Vi
A.Armanini- Mecc.Fluidi II 05/06 Università di Trento - Feb.2006 21

e
superfici isobare

on
pa

ni

uzi
ho
h
ani

od
m
Se h = cost si ha p = cost: le superfici orizzontali sono isobariche.

ipr
Ar

vasi comunicanti

pa pa
ar
ho
ho γ
A.

h
ta l

Se un recipiente è composto da due superfici libere il liquido si dispone alla


stessa quota sui due bracci. Si ponga attenzione al fatto che la condizione di
eta

quite deve essere verificata in senso stretto: si pensi ad esempio a due recipienti
comunicanti attraverso un foro di piccole dimensioni ed inizialmente a livelli
diversi: La condizione di equilibrio statico si può raggiungere dopo un intervallo
di tempo anche assai lungo.
Vi
22 A.Armanini Mecc.Fluidi I 05/06 Università di Trento - Feb.2006

e
pressioni relative e pressioni assolute
La costante può essere determinata nota che sia la pressione in un punto (o

on
piano orizzontale).

p − po = γ(ho − h) (2.13)
Si può assumere convenzionalmente nulla la pressione di riferimento po ,

ni

uzi
in particolare se essa coincide con la pressione atmosferica. Si parla allora
di pressione relativa, intendendo come assoluta la pressione che era stata
precedentemente definita. Per la pressione relativa la relazione diviene:
ani p = γ(ho − h)
In questo caso una pressione inferiore a 0 significa semplicemente che la

od
pressione è inferiore alla pressione atmosferica:
– la pressione relativa può essere negativa
m
– la pressione assoluta non può essere negativa

ipr
rappresentazione della distribuzione delle pressioni
Ar

Se si assume un asse verticale z con origine sul pelo libero e rivolto verso il
basso, la legge idrostatica può essere riscritta come:
p = γ (ho − h) = γz
ar
Si osservi che essendo la legge idrostatica per i fluidi incomprimibile una
legge lineare, vale il principio della sovrapposizione degli effetti. In altre parole,
ad esempio, la pressione atmosferica pa che si manifesta sulla superficie libera,
A.

si trasmette inalterata attraverso il fluido sottostante e si esercita sul fondo. A


ta l

questa va sommata in ogni punto la pressione dovuta al fluido sottostante, che


è pari la peso della colonna di liquido sovrastante.

h*
pa pa
ho
z z
eta

ho ho p γ h
h γ p a + γz h γ
Vi
A.Armanini- Mecc.Fluidi II 05/06 Università di Trento - Feb.2006 23

e
Fig.2.7 Distribuzione delle pressioni assolute sulla parete verticale del
serbatoio (sinistra) e delle pressioni relative (destra)

on
esempio di liquidi non miscibili sovrapposti.

ni

uzi
ani pa pa

h1 γ1 pa+γ1h1

od
h2 γ2
pa+γ1h1+γ2h2
m

2.3.2
ipr
misure piezometriche
Ar

piezometri assoluti
ar
pa

pa
A.

h1 γ1
pA = pa + γ1 h1 + γ2 h2
ta l

h
h2 γ2 p A = p a + γ 2 h

A A'
eta

Fig.2.8 Piezometro assoluto, per la misura della pressione in un liquido


Vi
24 A.Armanini Mecc.Fluidi I 05/06 Università di Trento - Feb.2006

e
on
pa
psx = pA + γA h1
γA
pdx = pa + γaux h2

ni

uzi
pA = pa + γaux h2 − γA h1
A h2
h1
ani sx dx γ aux

od
Fig.2.9 Piezometro assoluto per misure in gas con liquido ausiliario
m
piezometri differenziali

ipr
Ar

B
pB
γA
h2 psx = pA + γA h1
ar
A
pA A γB pdx = pB + γB h2 + ∆h γaux
h1 ∆h
A.

γ aux
sx dx
ta l

Fig.2.10 Piezometro differenziale con liquido ausiliario

sottraendo membro a membro, si ottiene:


eta

pA − pB = γB h2 − γA h1 + ∆h γaux (2.14)
Se il punto A e il punto B si trovano alla stessa quota, allora h1 = ∆h + h2 .
Si ha quindi:
Vi
A.Armanini- Mecc.Fluidi II 05/06 Università di Trento - Feb.2006 25

e
pA − pB = −γA (∆h + h2 ) + γB h2 + ∆h γaux

on
= ∆h(γaux − γA ) + h2 (γB − γA )
(2.15)

ni
Se inoltre γA = γB , si ottiene:

uzi
pA − pB = ∆h(γaux − γA ) (2.16)
ani
Scegliendo opportunamente il peso specifico del liquido ausiliario γaux si
può ottenere un effetto amplificante o riducente sulla lettura del piezometro.

od
2.4 Tensione superficiale
m
Sulla superficie di separazione tra due fluidi non miscibili, oppure tra liquido e
solido o gas e solido si manifestano delle forze di superficie.

ipr
Ar

δs
ar
Tδ s
Tδ s
Tδ s
A.

Tδ s
ta l

La forza T è una forza per unità di lunghezza [F L−1 ] è detta tensione


superficiale.
eta

La forza è tangente alla superficie, perciò se la superficie è piana essa è


difficilmente apprezzabile. Se la superficie è invece curva la tensione superficiale
comporta una componente in direzione radiale e quindi contribuisce al bilancio
delle pressioni.
Vi
26 A.Armanini Mecc.Fluidi I 05/06 Università di Trento - Feb.2006

e
T δ s1 sezione nel piano (ds 2 )
δ s2

on
T δ s2 δ s2
δ s1 T δ s1
T δ s2 T δ s1
dN 2
R2

ni
R1 R2

uzi
T δ s1

δθ 2
ani

od
δθ2
dN2 = 2 T δs1 sin
m
2
δθ1

ipr dN1 = 2 T δs2 sin


2
Ar

ma:

δθ2 δθ2 δs2


sin  =
ar
2 2 2 R2
A.

 
δs1 δs2 δs1 δs2
dN1 + dN2 = dN = 2 T +
ta l

2 R2 2 R1
|
 
δs1 δs2 1 1
= 2T + (2.17)
2 R2 R1
eta

 
dN 1 1
pT = =T + (2.18)
δs1 δs2 R1 R2

La (2.18) è detta formula di Laplace per la tensione superficiale.


Vi
A.Armanini- Mecc.Fluidi II 05/06 Università di Trento - Feb.2006 27

e
2.4.1 legge di Jurin

on
Uno degli effetti più importanti vetro 3
della tensione superficiale è rap- aria T3−1 1
presentato dall’alterazione della
T2 − 3
quota del menisco nei piezometri. T1− 2 2
acqua

ni
A seconda infatti che il liqui-

uzi
do bagni (come nel caso di ac- aria/acqua
vetro 1
qua/aria/vetro) la parete, oppure 3
non la bagni (come nel caso di
ani T3−1
acqua o aria/mercurio/vetro) si T1− 2
può avere un aumento oppure una T2 − 3 2
mercurio
riduzione della quota del menisco.

od
L’effetto di risalita o abbassamento capillare si può valutare applicando
l’equilibrio idrostatico tra un punto A sulla superficie di separazione tra i due
m
fluidi all’esterno al tubicino ed un punto A , posto alla stessa quota di A, ma
all’interno del tubicino, come indicato nella figura successiva, tendo conto però

ipr
della risalita capillare attraverso l’equazione di Laplace.
Ar

po

po R
θ
ar
θ zm
γo
A.

A A' γm
ta l

Lungo la linea orizzontale (isobara) A A, si ha infatti:


eta

pA = po + γo zm
pA = po + γm zm − pT
Vi
28 A.Armanini Mecc.Fluidi I 05/06 Università di Trento - Feb.2006

e
e quindi:

on
po + γo zm = po + γm zm − pT
γo zm = γm zm − pT
pT
zm =
γm − γo

ni

uzi
Dalla eq. di Laplace, posto R1 = R2 = R, si ottiene:
2
pT = T (2.19)

e quindi:
ani R

od
2 1
zm = T (2.20)
R γm − γo
Di solito al posto del raggio di curvatura si usa l’angolo sul menisco θ:
m
d1

ipr cos θ =
2R
(2.21)
Ar

ed in definitiva:

4T cos θ
zm = (2.22)
d(γm − γo )
ar
Esempio: acqua-aria-vetro:

T = 77.46 10−3 N/m


A.

θ =0
γm = 9. 806N/m3
ta l

γo = 12.06N/m3

Si ha:

31 10−6
zm = [m] (2.23)
eta

d
oppure in [cm]:
0.31
zm = [cm] Jurin(1718) (2.24)
d
Vi
A.Armanini- Mecc.Fluidi II 05/06 Università di Trento - Feb.2006 29

e
analogamente per mercurio - aria/acqua - vetro:
0.14

on
zm = [cm] (2.25)
d

2.5 Distribuzione delle pressioni in un fluido

ni
comprimibile

uzi
Bisogna accoppiare la legge idrostatica in forma differenziale:
ani dp + γ(p, h)dh = 0 (2.26)
con l’equazione di stato dei gas, che per i gas perfetti, tendo conto che m =

od
ρ/∀ol , si scrive:

p ∀ol = nRT
m
m
p = nRT

ipr ρ

Nell’ ipotesi che il sistema si mantenga a temperatura costante (trasfor-


Ar

mazione isoterma) (T = cost), si ha:


ar
p po
= cost =
ρ γo
γo
γ = p (2.27)
A.

po

che, sostituita nella ( 2.26), da :


ta l

γo
dp = −p dh
po
dp γo
= − dh
p po
eta

γo
ln p = − h + cost2
po
γo
p − (h − ho )
= e po
po
Vi
30 A.Armanini Mecc.Fluidi I 05/06 Università di Trento - Feb.2006

e
posto : p = po per ho = 0, si ha:
γo
− (h − ho )

on
p = po e po (2.28)
Se si fosse fatta l’ipotesi di incomprimibilità, con γ = cost = γo , e quindi
con la legge:

ni

uzi
p = p o − γo h (2.29)

ani 30.000

25.000 isotermica
idrostatica

od
20.000
h [m]

15.000

10.000
m
5.000

ipr 0
0,0 0,2 0,4 0,6 0,8 p/po 1,0
Ar

Si avrebbe avuto p = 0 alla quota hzero :


ar
0 = po − γo hzero
po 10 332
A.

hzero = = = 8 427 m
γo 1.226
ta l
eta
Vi
A.Armanini- Mecc.Fluidi II 05/06 Università di Trento - Feb.2006 31

e
2.6 Spinta idrostatica sulle superfici
1

on
2.6.1 spinta su superfici piane
Sia data una superficie piana immersa in un liquido.

ni

uzi
ani x
α z y
dF

od
dA
A z = y sinα
m
y

ipr
Ar

la direzione x è la traccia del pelo libero;


la direzione y è la direzione normale
perciò la superficie appartiene al piano x, y
ar
Sia α l’angolo che tale piano forma con l’orizzontale.
Su un elemento di area dA agisce la pressione p = γ z, dove z è la profondità
A.

del punto rappresentativo della areola dA. Per cui la forza che agisce su dA è:
ta l

dF = p dA = γ z dA

Ricordando che
z = y sin α
si ha:
dF = p dA = γ y sin α dA
eta

1
È disponibile il codice “Idraulica.exe” per la visualizzazione tridimensionale e per la
risoluzione di problemi di idrostatica su superfici semplici. Il setup del codice si trova nella
directory \\dell2300\P ublic\P C\Corsi\Idraulica\Setup\setup.exe che installa il codice su
qualsiasi PC in rete di facoltà.
Vi
32 A.Armanini Mecc.Fluidi I 05/06 Università di Trento - Feb.2006

e
La spinta totale vale:

on
F= dF = γ y sin α dA = γ sin α y dA
A A A

Dalla definizione di baricentro, si ha:


1
yG = y dA

ni
A A

uzi
per cui la spinta risulta:
ani F = γ sin α y G A = γ zG A = pG A (2.30)
La spinta idrostatica su una superficie piana è uguale all’area della super-
ficie per la pressione nel baricentro.

od
2.6.2 centro di spinta
m
Il punto di applicazione della forza F è detto centro di spinta, la sua coor-

ipr
dinata y è indicato con y c , e si può calcolare facendo l’equilibrio dei momenti
delle forze elementari rispetto all’asse x.
Ar

dM = y dF = y γ y sin α dA
|
ar
= γ y 2 sin α dA

Il momento risultante si ottiene integrando i momenti elementari sull’area


A.

A

ta l

2
M= γ y sin α dA = γ sin α y 2 dA (2.31)
A A
Dalla definizione di momento di inerzia rispetto all’asse x si ha:

y 2 dA = Ix
A
eta

e quindi:

M = γ sin α Ix

questo momento deve essere equivalente al momento della forza risultante:


Vi
A.Armanini- Mecc.Fluidi II 05/06 Università di Trento - Feb.2006 33

e
on
M = F y c = γ sin α y G A y c

che, confrontata con la precedente dà:

ni

uzi
γ sin α y G A y c = γ sin α Ix
y G A y c = Ix
ani yc =
Ix
A yG

od
Si può applicare il teorema di Steiner:
Ix = IG + A y 2G , ottenendo:
m

ipr
yc =
IG + A y 2G
A yG
= yG +
IG
A yG
(2.32)
Ar

ar
Analogamente si può procedere per trovare la coordinata xc del centro di
spinta, facendo questa volta il bilancio dei momenti rispetto all’asse y. Si oterrà
quindi:
A.

Ixy
ta l

xc = (2.33)
A yG

Ixy è il momento centrifugo dell’area A rispetto agli assi x,ed y.

Se l’asse y passa per il baricentro e la superficie è simmetrica rispetto a tale


eta

asse, allora Ixy = 0, per cui baricentro e centro di spinta giacciono sull’asse y .
Stesso risultato si ottiene se y un asse principale d’inerzia.
Se la superficie è rettangolare, con le basi b orizzontali e poste alla quota
z1 e z2 :
Vi
34 A.Armanini Mecc.Fluidi I 05/06 Università di Trento - Feb.2006

e
α z1

on
b
z2

ni

uzi
si ha:
ani

od
(z2 − z1 )
A = b
sin α
m
(z2 + z1 )
zG =
2

ipr yG =
(z2 + z1 )
2 sin α
Ar

 
1 z2 − z1 3
IG = b
12 sin α
ar
(z2 + z1 ) (z2 − z1 ) 1 z22 − z12
F = γ zG A = γ b= γb
2 sin α 2 sin α
A.

e:
ta l

IG
yc = yG +
A yG
|
 
1 z2 − z1 3
(z2 + z1 ) b
= + 12 sin α
2 sin α (z2 − z1 ) (z2 + z1 )
eta

b
sin α 2 sin α
|
 
1 z2 + z1 1 z2 − z1 3 sin2 α
= +
2 sin α 6 sin α z22 − z12
Vi
A.Armanini- Mecc.Fluidi II 05/06 Università di Trento - Feb.2006 35

e
|
2 1 (z23 − z13 )
=

on
3 sin α (z22 − z12 )

Nel caso di superficie emergente (z1 = 0) e verticale (α = π/2),

ni

uzi
2
yc = z
ani 3 z

od
b
m
si ha:

ipr
Ar

1
F = γ b z2
2
2
yc = z
3
ar
volume del solido delle pressioni
A.

baricentro del solido delle pressioni


ta l
eta
Vi
36 A.Armanini Mecc.Fluidi I 05/06 Università di Trento - Feb.2006

e
2.6.3 spinta su una superficie curva

on
n α
x
dAz

ni

uzi
y
dAx dF
ani dA

od
z
m

ipr
Sia (x, y) il piano orizzontale della superficie libera, (z) l’asse verticale ori-
Ar

entato verso il basso, verticale discendente. La spinta su una areola elementare


dA, risulta:
ar
dF = p dA = γ z dA (2.34)
se si indicano con (α, β, θ) gli angoli fra la normale orientata alla superficie
e i rispettivi assi coordinati, si ottengono le seguenti componenti della forza
A.

elementare dF :
ta l

dFx = dF cos α
dFy = dF cos β
dFz = dF cos θ
ossia :
eta

dFx = γ z dA cos α = γ z dAx


dFy = γ z dA cos β = γ z dAy
dFz = γ z dA cos θ = γ z dAz
Vi
A.Armanini- Mecc.Fluidi II 05/06 Università di Trento - Feb.2006 37

e
Integrando sulle proiezioni delle superfici, si ottiene:

on
Fx = γ z dAx = (zG )Ax γ Ax
Ax

Fy = γ z dAy = (zG )Ay γ Ay
Ay

ni

uzi
Fz = γ z dAz = γ∀z
Az

Le 2 componenti orizzontali Fx ed Fy sono equivalenti alle spinte sulle

(y, z).
ani
superfici piane di proiezione della superficie curva sui piani verticali (x, z) e

La componente Fz rappresenta il peso del volume sovrastante la superficie:

od
tale forza verticale è verso il basso se il volume sovrastante è reale, verso l’alto
se il volume sovrastante è virtuale
m

ipr
Ar

B
C
B
ar
A
B
A
A.

ta l

Fig.2.11 Esempio di volume virtuale, relativo alla superficie AA − BB

Le tre forze sono riducibili ad una sola se sono concorrenti in un punto.


Mentre in genere si possono ridurre ad una forza + un momento.
eta
Vi
38 A.Armanini Mecc.Fluidi I 05/06 Università di Trento - Feb.2006

e
2.6.4 spinta di Archimede
Sia dato un corpo di volume ∀ completamente immerso in un fluido di peso

on
specifico γ:

x
dA γ

ni

uzi
y
zs
ani
dAx
dFx dFx

od
zi
z
m

ipr
Ar

Si consideri un cilindretto di sezione infinitesima ad asse orizzontale, ad


esempio parallela all’asse x, che attraversi il solido. Le superfici di intersezione
tra il cilindretto ed il solido sono formate da due superfici di uguale proiezione
ar
nel pino (y, z) cimentate ciascuna da una forza dFx di segno opposto e quindi di
risultante nulla. Un ragionamento analogo si può fare nella direzione orizzontale
(y).
A.

Se ne deduce che la componente orizzontale della spinta è nulla, vale a


dire la spinta risultante avrà direzione verticale.
ta l

Si consideri ora un cilindretto analogo ma di direzione verticale z. Anche in


questo caso ci saranno due intersezioni, rispettivamente alle quote (zs ) e (zi ).
η = zi − zs rappresenta quindi la distanza tra due punti della superficie del
solido allineati lungo una verticale. La risultante della spinta elementare lungo
le due intersezioni sarà quindi:

dFz = γ zs dAz − γ zi dAz = γ dAz η


eta

(2.35)
Integrando su tutto il volume l’eq.(2.35) si ottiene:

Fz = γ η dAz = γ ∀
Az
Vi
A.Armanini- Mecc.Fluidi II 05/06 Università di Trento - Feb.2006 39

e
La spinta sul corpo risulta verticale e pari al peso del volume di liquido
spostato.

on
paradosso di Stevino

ni

uzi
h
ani

od
m
Fig.2.12
ipr
Paradosso di Stevino: nei tre recipienti, aventi fondo dimensione
uguale, la spinta sul fondo è la stessa, indipendentemente dal
Ar

volume di liquido contenuto, se l’altezza del liquido è pure la


stessa.
ar
A.

2.6.5 metodo dell’equilibrio globale


ta l

Se si isola un volume definito dal restante fluido in quanto volume delimitato


da pareti reali o ideali, si può scrivere l’equilibrio alla traslazione del volume
fluido, nel seguente modo:


G+ p dA = 0
eta

Ac

essendo G il peso, Ac la superficie che delimita il volume (superficie di controllo)


e p la pressione.
Vi
40 A.Armanini Mecc.Fluidi I 05/06 Università di Trento - Feb.2006

e
on
R R
S1
G

ni

uzi
ani S2

Fig.2.13 Metodo dell’equilibrio globale per calcolare la spinta su di una


superficie.

od
Questo modo è utile quando si deve calcolare la spinta su una superficie
m
multiforme; allora conviene calcolare il volume (peso G) e la spinta su una
superficie più semplice, lasciando alla differenza vettoriale tra questi due la

ipr
spinta sulla superficie complicata.
Ar

Ad esempio il metodo può essere utilizzato per calcolare la tensione sulle


pareti di un tubo cilindrico soggetto alla pressione di un fluido al suo interno.
Si consideri pertanto la porzione di fluido contenuta in ciascuna metà di
ar
condotta ottenuta tracciando una line di divisione passante per il centro. Ogni
metà è in equilibrio, pertanto la somma vettoriale delle forze applicatevi deve
essere nulla.
A.

ta l

s
p

σ
s
D
eta

N N
N =σs
Vi
A.Armanini- Mecc.Fluidi II 05/06 Università di Trento - Feb.2006 41

e
Tralasciando il peso, immaginando cioè un gas oppure anche che la sezione
in esame sia orizzontale, le forze applicate su ciascuna metà sono date dall’a-

on
zione della condotta S e la spinta esercitata dal rimanente fluido sulla sezione
diametrale.
In particolare quest’ultima risulta essere pari alla pressione p per l’area
D × 1:

ni

uzi
pD = S (2.36)

A sua volta anche la metà della condotta, che contiene la metà del fluido,
ani
risulta essere in equilibrio. Cioè la somma vettoriale delle forze ad essa applicate
è nulla. Le forze agenti su ciascuna metà sono date dalla spinta del fluido pari
a −S e dalle due forze −N trasmesse dall’altra metà della condotta attraverso

od
il suo spessore s.

S = 2N (2.37)
m

ipr
L’azione N esercitata attraverso lo spessore s può essere calcolata con-
siderando la condotta elastica e soggetta ad uno sforzo di trazione distribuito
Ar

uniformemente su tutto il suo spessore:

N =σ s (2.38)
ar
ossia sostituendo:
A.

pD = 2N = 2σs (2.39)
ta l

e quindi:

D
σ=p (2.40)
2s
La formula (2.40) e è nota come formula di Mariotte (1679). Essa viene
utilizzata per dimensionare lo spessore delle condotte o dei serbatoi cilindrici
eta

in pressione. La formula di Mariotte è applicabile solo quando lo spessore


della condotta o del serbatoio sia sufficientemente piccolo rispetto al diametro,
altrimenti l’ipotesi che lo sforzo normale σ sia uniformemente distribuito viene
a cedere.
Vi
42 A.Armanini Mecc.Fluidi I 05/06 Università di Trento - Feb.2006

e
2.7 Galleggiamento
Un corpo immerso in un liquido in quiete è soggetto al peso proprio alla spinta

on
di Archimede e ad eventuali forze di vincolo.
Se si rimuovono i vincoli, l’azione com-
binata della spinta di Archimede S e
del peso W tenderà a spostare il corpo

ni

uzi
verso l’alto o verso il basso e o a ruo-
tarlo. Se il peso del corpo prevale
rispetto alla spinta (|W | > |S|), il
ani
corpo si porterà verso il basso e, se non
cambia la densità del fluido o il volume
del corpo, esso tenderà raggiungere il
S
W

od
fondo del recipiente e ad adagiarvisi. A
questo punto la reazione del fondo bi-
lancia il deficit tra il peso e la spinta di
m
Archimede.
Se la forza peso e la spinta si equivalgono, il copro ruotrà fintanto che le due

ipr
forze saranno allineate lungo la stessa verticale. In questa situazione il corpo
si dispone in una posizione di equilibrio indifferente. (A sinistra nella figura
Ar

successiva).

S'
ar
S W
A.

ta l

W
eta

Se invece la spinta prevale rispetto al peso (|S| > |W |), il corpo tenderà a
risalire verso la superficie fino ad emergere. Esso riduce cosı̀ il proprio volume
Vi
A.Armanini- Mecc.Fluidi II 05/06 Università di Trento - Feb.2006 43

e
immerso fintanto che la corrispondente spinta di Archimede eguaglia il peso.
In questa condizione il corpo galleggia. (A destra nella figura precedente).

on
2.7.1 stabilità di un corpo galleggiante
Il principio del galleggiamento è ovviamente alla base del funzionamento dei

ni
natanti. È particolarmente importante allora che il natante riesca a mante-

uzi
nersi in superficie qualora qualche forza esterna o interna ne cambi l’assetto.
Questa condizione è tuttaltro che scontata perchè, essendo il natante general-
mente cavo, una abbassamento o una rotazione eccessivi potrebbe portare il
ani
bordo del galleggiante al di sotto della superficie libera fino a farlo imbar-
care acqua, aumentandone il peso e quindi determinarne il capovolgimento o
l’affondamento. È particolarmente importante quindi conoscere le condizioni

od
di sabilità di un natante.
Si considera per ragioni ovvie la stabilità rispetto ad una rotazione rispetto
ad un asse longitudinale del natante stesso.
m
x

ipr dx ϑ
Ar

S O S
ar
G G
e
C dm
C C'
e
A.

W
x'
ta l

Si consideri un natante simmetrico rispetto ad un asse verticale, con i pesi


anche disposti simmetricamente in modo che il peso del natante e la spinta
siano forze uguali e contrarie allineate lungo la stessa verticale (asse di galleg-
giamento).
eta

La spinta è data dal volume immerso del natante (volume di carena) molti-
plicato per il peso specifico dell’acqua:

W = γ∀ = S (2.41)
Vi
44 A.Armanini Mecc.Fluidi I 05/06 Università di Trento - Feb.2006

e
Si consideri ora una piccola rotazione θ del natante, che avvenga senza
spostamenti verticali, ossia senza variare il volume di carena. Sia O il punto in

on
cui l’asse di rotazione longitudinale interseca l’asse di galleggiamento.
Nella posizione ruotata dunque i volume non cambiano pertanto non cam-
biano neanche i moduli della forza peso e della spinta. Mentre però, se la
distribuzione dei carichi non viene alterata durante l’oscillazione, il punto di
applicazione della forza peso si muove rigidamente con il natante e quindi con-

ni

uzi
tinua ad appartenere all’asse di simmetria, il punto di applicazione della spinta
si sposta, a causa del cambiato assetto del volume immerso, e si porta in una
posizione C  opposta rispetto al verso di rotazione: ne nasce cosı̀ una coppia che
ani
tenderà a far ruotare ancora il natante. La condizione di stabilità del natante
richiede che la coppia tenda a far ruotare il natante nel verso opposto a quello
iniziale, ossia che tenda a riportarlo verso la condizione di equilibrio.

od
Perchè questo avvenga, è necessario che la retta verticale di prolungamento
della spinta nella posizione squilibrata intersechi l’asse di galleggiamento in un
punto M più basso della posizione del baricentro G. Questa condizione deve
m
essere verificata per tutte le oscillazioni del natante. Si osservi che il punto di
intersezione tende ad abbassarsi al diminuire dell’angolo di rotazione, tendendo

ipr
alla posizione limite M , che viene chiamata metacentro. La posizione del
metacentro può essere calcolata, considerando che nella posizione inclinata, la
Ar

parte che viene immersa e quella che emerge possono essere considerate come
due cunei equivalenti, per l’ipotesi di simmetria del natante.
Il momento che tende a riequilibrare il natante è dato dalla coppia formata
ar
dalla forza peso e dalla spinta nella nuova posizione C  :

Meq = S x = γ∀x = γ∀CM sin θ (2.42)


A.

dove ∀ rappresenta il volume di carena del natante.


ta l

Questo momento può essere calcolato anche come effetto indotto dallo
spostamento dei due cunei. Si consideri ora un elemento di superficie formato
da una porzione di corona circolare come nella figura, la cui area, se l’angolo θ
è sufficientemente piccolo, risulta pari a x θ dx, dove x è la distanza dal punto
O. La spinta elementare creata dall’emersione o dall’immersione del volume
corrispondente di profondità unitaria sarà:
eta

dF = γ x θ dx (2.43)

mentre il corrispondente momento risulterà essere:


Vi
A.Armanini- Mecc.Fluidi II 05/06 Università di Trento - Feb.2006 45

e
dM = xdF = γ θ x2 dx (2.44)

on
Integrando sulle due aree dei cunei si ha:

2
M= dM = γθx dx = γθ x2 dx (2.45)
Ag B Ag

ni
L’integrale a destra rappresenta il momento di inerzia (IAg = Ag x2 dx)

uzi
dell’area della superficie di galleggiamento Ag rispetto al’asse di galleggiamento.
Esso è ovviamente equivalente al momento calcolato con l’espressione (2.42),
ossia: aniγθIAg = γ∀CM sin θ (2.46)

od
Se l’angolo θ è sufficientemente piccolo risulta (sin θ  θ), e quindi:
γθIAg IAg
CM = = (2.47)
γ∀θ ∀
m
La distanza CM può essere espressa come somma del segmento GM = dm

ipr
(distanza metacentrica) e del segmento e = CG, distanza tra baricentro e
centro di spinta (o centro di carena).
Ar

IAg
dm = CM − e = −e (2.48)

ar
La condizione di stabilità è data da (dm > 0).
Mentre sia il volume di carena sia il momento di inerzia della sezione di
carena sono facilmente calcolabili, risulta più difficile la determinazione del
A.

segmento e, poichè esso è notevolmente influenzato oltre che dalla forma e


dalla struttura del natante anche dalla dislocazione dei carichi della nave. Il
ta l

problema diviene ancora più complicato se il carico è composto da fluidi a


superficie libera, come nelle navi cisterna, essendo questa soggetta a sua volta
ad oscillazioni.
eta
Vi
e
on
Indice

ni

uzi
ani
3 CINEMATICA DEI CAMPI FLUIDI
3.1 I metodi della cinematica dei campi fluidi . . . . . . . . . . . .
49
49
3.1.1 metodo lagrangiano e traiettorie . . . . . . . . . . . . . 49

od
3.1.2 metodo euleriano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 50
3.1.3 linea di corrente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51
3.1.4 tubo di flusso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51
m
3.1.5 filetto di fumo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 52
3.2 Portata di massa e di volume . . . . . . . . . . . . . . . . . . 52

ipr
3.3 Accelerazione euleriana in un sistema cartesiano . . . . . . . .
3.4 Terna intrinseca ed accelerazione rispetto ad una terna intrinseca
54
57
Ar

3.5 Teorema di Reynolds o teorema del trasporto . . . . . . . . . 60


3.5.1 conservazione della massa . . . . . . . . . . . . . . . . 64
3.5.2 equazione di continuità in forma differenziale . . . . . . 67
ar
3.6 Traslazione, rotazione e deformazione di un elemento fluido . . 69
3.6.1 traslazione uniforme . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 69
3.6.2 deformazione lineare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 70
A.

3.6.3 rotazione e deformazione angolare . . . . . . . . . . . . 71


3.6.4 rotazione rigida . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 72
ta l

3.6.5 deformazione angolare . . . . . . . . . . . . . . . . . . 72


3.6.6 estensione 3D . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 73
eta

47
Vi
48 A.Armanini Mecc.Fluidi I 05/06 Università di Trento - Mar.2006

e
on
ni

uzi
ani

od
m

ipr
Ar

ar
A.

ta l
eta
Vi
e
on
Capitolo 3

ni

uzi
CINEMATICA DEI CAMPI ani
FLUIDI

od
3.1 I metodi della cinematica dei campi fluidi
m
La cinematica dei fluidi studia il moto dei fluidi senza prendere in conside-

ipr
razione le forze e descrive quindi solo le variabili cinematiche: spostamenti,
velocità, accelerazioni, deformazioni, etc. Ne vengono di seguito richiamate
Ar

le definizioni, senza indugiare sugli aspetti teorici che vengono meglio definiti
in altre parti della fisica.
ar
3.1.1 metodo lagrangiano e traiettorie
Nel Metodo lagrangiano viene descritta la posizione della singola particella
A.

nel suo evolversi nel tempo.


ta l

y
˙
˙(x,y,z)˙
(t) z
˙
˙
(t2)
(t1)
(to
˙ x

) ˙ (xo,yo,zo)
eta

Fig.3.1 Metodo lagrangiano: viene descritta la posizione della singola


particella nel suo evolversi nel tempo

49
Vi
50 A.Armanini Mecc.Fluidi I 05/06 Università di Trento - Mar.2006

e
La linea descritta da una particella viene chiamata traiettoria e viene
individuata dalla posizione iniziale della particella (t = to ). Le equazioni

on
(parametriche) della traiettoria sono dunque:


 x = x(xo , yo , zo , t)
y = y(xo , yo , zo , t) (3.1)


z = z(xo , yo , zo , t)

ni

uzi
Le traiettorie sono ∞3 .

3.1.2
ani
metodo euleriano
Il metodo lagrangiano risulta alquanto inadeguato nell’analisi dei campi fluidi

od
in quanto ogni particella tende a muoversi in maniera diversa dalle particelle
limitrofe; per convincersene basta pensare ad un processo di mescolamento,
in cui un tracciante si disperde rapidamente in tutto il campo.
m
In questa situazione è più conveniente cercare di scrivere come si evolve

ipr
la velocità in un singolo punto. È questo il metodo euleriano. Sia dato
in un punto il vettore velocità − →
u di componenti (ux , uy , uz ), le variabili
Ar

euleriane, sono quindi:




 ux = ux (t, x, y, z)
uy = uy (t, x, y, z) (3.2)
ar


uz = uz (t, x, y, z)
A.

y
ta l

u( t 2 ) z
u( t1 )

u( t o )
P
˙ x
eta

Fig.3.2 Metodo euleriano: le variabili euleriana sono rappresentata dal


valore delle componenti del vettore velocità in un punto
Vi
A.Armanini- Mecc.Fluidi II 05/06 Università di Trento - Mar.2006 51

e
3.1.3 linea di corrente
All’istante generico t si può quindi individuare in ogni punto un vettore

on
velocità, rappresentato dal valore della velocità della particella fluida che si
trova a passare in quel punto nell’istante considerato.
Viene definita linea di corrente la linea tangente in ogni punto al vettore
velocità.

ni

uzi
u y
ani u z

Ú x

od
u
m
Fig.3.3
ipr
Metodo euleriano: linea di corrente
Ar

L’equazione della linea di corrente è quindi data da:

dx dy dz
ar
= = = dt (3.3)
ux uy uz
L’eq.(3.3) rappresenta la condizione di parallelismo tra il vettore velocità
A.

euleriana di componenti (ux , uy , uz ) e il segmento ds di linea di corrente, di


componenti (dx, dy, dz). La rel. (3.3) rappresenta anche la relazione tra la
ta l

traiettoria e la linea di corrente.


Le linee di corrente sono ∞2 .
Nel moto permanente, nel quale ciè la variabile euleriana velocità è
indipendente dal tempo (possono tuttavia essere funzione dello spazio), linee
di corrente e traiettorie coincidono.
eta

3.1.4 tubo di flusso


Sia assegnata una curva chiusa γ in un campo fluido, si consideri l’insieme
delle linee di corrente che passano per i punti della linea γ.
Vi
52 A.Armanini Mecc.Fluidi I 05/06 Università di Trento - Mar.2006

e
on
A

ni

uzi
γ

Fig.3.4
ani
Metodo euleriano: linea di corrente

od
La superficie cosı̀ ottenuta si chiama tubo di flusso. Se la curva de-
m
limita un’area di sezione infinitesima, il tubo di flusso è chiamato filetto di
corrente.
ipr
Ar

3.1.5 filetto di fumo


1
Il filetto di fumo relativo ad un punto P è il luogo dei punti raggiunti in
ar
un certo istante delle particelle che negli istanti precedenti erano passato per
il punto P .
A.

3.2 Portata di massa e di volume


ta l

Si consideri una porzione infinitesima dA attorno ad un punto P di una


superficie A. Si consideri il vettore euleriano velocità −

u nel punto P . Il
volume fluido che attraversa la superficie dA nel intervallo di tempo δt, è
data da (vedi figura):
eta

δ∀ = dA un δt (3.4)

1
non svolto nell’a.a. 2003-04
Vi
A.Armanini- Mecc.Fluidi II 05/06 Università di Trento - Mar.2006 53

e
u

on
A JG unδ t uδt
dA
G
n

ni

uzi
γ
ani
per cui il volume che transita nell’unità di tempo, attraverso la superficie

od
elementare dA si ottiene per come limite per (δt → 0) del rapporto δ∀/δt ed
è chiamato portata di volume o semplicemente portata:
m
δ∀ d∀
dQ = lim = = un dA (3.5)
δt→0 δt dt

ipr −→
Conviene definire il vettore dA, come un vettore perpendicolare all’areola
Ar

dA e di modulo dA, positivo quando è orientato verso l’esterno. Si noti che


invece il versore normale n ad una curva chiusa è positivo quando è rivolto
verso l’interno.
ar
−→
dQ = −

u · dA (3.6)
La portata relativa all’area finita A è quindi:
A.

 

→ −→
Q= dQ = u · dA (3.7)
ta l

A A

In maniera del tutto analoga si può definire la portata di massa che at-
traversa l’area dA:

δm ρδ∀ δ∀
dG = lim = lim =ρ = ρun dA (3.8)
δt→0 δt δt→0 δt δt
eta

e la portata di massa totale:


 
−→
G= dG = ρ−

u · dA (3.9)
A a
Vi
54 A.Armanini Mecc.Fluidi I 05/06 Università di Trento - Mar.2006

e
3.3 Accelerazione euleriana in un sistema carte-
siano

on
Le componenti del vettore di velocità rispetto ad una terna cartesiana sono:


→ →
− →
− →

u = ux i + uy j + uz k

ni

uzi
con
dx
ux =
ani dt
dy
uy =
dt
dz

od
uz =
dt
e in generale


u = −→
u (t, x, y, z) (3.10)
m
Il vettore accelerazione è definito come il vettore che si ottiene derivando

ipr
il vettore velocità rispetto al tempo:

d−

Ar


→ u
a = (3.11)
dt
le cui componenti rispetto ad una terna cartesiana sono:
ar

→ →
− →
− →

a = ax i + a y j + a z k (3.12)
si ha perciò:
A.


→ d−
→u ∂−
→u ∂−

u dx ∂ − →
u dy ∂ − →
u dz
ta l

a = = + + +
dt ∂t ∂x dt ∂y dt ∂z dt


∂u →

∂u →

∂u ∂u→

= + ux + uy + uz
∂t ∂x ∂y ∂z
ma:
eta

∂−
→u → ∂ux −
− → ∂uy − → ∂uz
= i + j + k
∂t ∂t ∂t ∂t
∂−
→u − ∂ux →
→ − ∂uy → − ∂uz
= i + j + k
∂x ∂x ∂x ∂x
Vi
A.Armanini- Mecc.Fluidi II 05/06 Università di Trento - Mar.2006 55

∂−→ → ∂ux −
− → ∂uy − → ∂uz

e
u
= i + j + k
∂y ∂y ∂y ∂y

− − ∂ux →
→ − ∂uy → − ∂uz

on
∂u
= i + j + k (3.13)
∂z ∂z ∂z ∂z
sostituendo si ottiene:

ni

→ −  ∂ux
→ ∂ux ∂ux ∂ux 

uzi
a = i + ux + uy + uz
∂t ∂x ∂y ∂z
− 
→ ∂uy ∂uy ∂uy ∂uy 
+j + ux + uy + uz
∂t ∂x ∂y ∂z
+k
− 
ani
→ ∂uz
∂t
+ ux
∂uz
∂x
+ uy
∂uz
∂y
+ uz
∂uz 
∂z
(3.14)

od
ossia:

∂ux ∂ux ∂ux ∂ux


m
ax = + ux + uy + uz
∂t ∂x ∂y ∂z
ay
ipr=
∂uy
∂t
+ ux
∂uy
∂x
+ uy
∂uy
∂y
+ uz
∂uy
∂z
Ar

∂uz ∂uz ∂uz ∂uz


az = + ux + uy + uz (3.15)
∂t ∂x ∂y ∂z
ossia:2
ar
∂ui ∂ui
ai = + uj (3.16)
∂t ∂xj
A.

∂ui
– la è chiamata componente componente locale o temporale dell’accelerazione
ta l

∂t
∂ui
– il termine uj rappresenta invece la componente convettiva o spaziale
∂xj
Il moto è permanente quando la velocità euleriana è indipendente dal
tempo, in questo caso la componente locale o temporale dell’accelerazione
eta

è nulla. In caso contrario il moto viene detto vario. Il moto dunque può
essere accelerato o ritardato anche nel moto permanente a seconda che la
componente convettiva dell’accelerazione sia positiva o negativa.
2
vedi Nota a pagina successiva
Vi
56 A.Armanini Mecc.Fluidi I 05/06 Università di Trento - Mar.2006

e
Nota:
Si può ovviamente introdurre subito la notazione tensoriale (o indiciale) già nella definizione
della velocità:

on
Componenti del vettore di velocità rispetto ad una terna cartesiana:



u = ui −

ei

ni

uzi
con
dxi
ui =
dt
e in generale

− = →

dove −

ani
e i sono i versori della terna.
u u (t, xj ) (3.17)

Definito quindi il vettore accelerazione come:

od

→ d−
→u
a =
dt
m
di componenti rispetto ad una terna cartesiana:



a = ai −

ei
si ha che: ipr (3.18)
Ar


→ d−
→u ∂−
→u ∂−

u dxj
a = = +
dt ∂t ∂xj dt
∂−
→u ∂−

u
ar
= + uj
∂t ∂xj
ma:
A.

∂−
→u ∂ui
= −

ei
∂t ∂t
ta l

∂−
→u →
− ∂ui
= ei (3.19)
∂xj ∂xj
sostituendo si ottiene:

 ∂u ∂ui 


a =−

ei
i
+ uj (3.20)
∂t ∂xj
eta

∂ui ∂ui
ai = + uj (3.21)
∂t ∂xj
Vi
A.Armanini- Mecc.Fluidi II 05/06 Università di Trento - Mar.2006 57

e
3.4 Terna intrinseca ed accelerazione rispetto
ad una terna intrinseca

on
Definizione di terna intrinseca:
coordinata versore definizione
s →
−es tangente alla linea di corrente

ni

uzi
n en normale (positiva verso l’interno) alla linea di corrente
m →

em binormale alla linea di corrente
La terna intrinseca varia da punto a punto e nel tempo
ani

od
s
m

em
m

es

ipr e→n
Ar

n
ar
Componenti del vettore velocità rispetto alla terna intrinseca:
A.

u = us −

→ →e s + un −

e n + um −

em
ta l

ds
us =
dt
um = u n = 0

In generale:



u =−

eta

u (t, s, n, m, ) (3.22)
Componenti del vettore accelerazione rispetto alla terna intrinseca:



a = as −

e s + an −

e n + am −

em (3.23)
Vi
58 A.Armanini Mecc.Fluidi I 05/06 Università di Trento - Mar.2006

e
ma:

d−

on

→ u
a =
dt
∂−
→u ∂−

u ds ∂ −→
u dn ∂ −→
u dm
= + + +
∂t ∂s dt ∂n dt ∂m dt
∂−
→ ∂−

ni
u u

uzi
= + us
∂t ∂s
ma:

∂−
→ ∂us −
→ ∂−

ani u
∂s
=
∂s
es −
=→
es
∂us
∂s
+ us
es
∂s
(3.24)

od
G G
es δs es
→ G
δ es
m
s
G
δ es G δs
G = en

ipr R
es R
Ar

ar
δ−
→ |es | −
A.

δes δs es − 1
ma: = ⇒ =→
en =→
en .
|es | R δs R R
ta l

In definitiva:

∂−→
u ∂us − us
=− →
es +→ en (3.25)
∂s ∂s R
Analogamente per la derivata temporale del versore →

e s:

∂−
→ ∂−

eta

u ∂us es
=− →es + us (3.26)
∂t ∂t ∂t
Considerando nel tempo dt una rotazione δθ nel piano osculatore e una
rotazione δω nel piano normale al piano osculatore:
Vi
A.Armanini- Mecc.Fluidi II 05/06 Università di Trento - Mar.2006 59

e
G
es ( t )

on
G
δ es s
G
es ( t + δ t ) G
δ es G
G = enδθ
es

ni

uzi
δθ
ani

od
δ−

es ∂−
→es ∂θ − ∂ω →
ma: = δθ−

en ⇒ = →
en+ −
e m.
|es | ∂t ∂t ∂t
m
N.B. Nella letteratura si trova spesso indicato:

ipr us
∂−
→es
=
∂un −

es+
∂um →

em
Ar

∂t ∂t ∂t

In definitiva:
ar
∂us ∂us
as = + us
∂t ∂s
A.

∂θ u2s ∂un u2s


an = us + = +
∂t R ∂t R
ta l

∂ω ∂um
am = us = (3.27)
∂t ∂t
Quando la componente longitudinale dell’accelerazione è nulla (as = 0)
il moto si è uniforme. Se invece sono nulle le altre due componenti (an =
am = 0) il moto è rettilineo.
eta
Vi
60 A.Armanini Mecc.Fluidi I 05/06 Università di Trento - Mar.2006

e
3.5 Teorema di Reynolds o teorema del tras-
porto

on
Rappresenta la trasposizione della visione euleriana alla dinamica e si ap-
plica ai teoremi di conservazione.

ni

uzi
visione lagrangiana della dinamica
sistema − un sistema è rappresentato da una quantità iden-
ani tificabile di materia dotata di una massa fissata.

− il concetto corrisponde a quello di sistema chiuso


in termodinamica.

od
− un sistema può cambiare di forma, di posizione,
di proprietà cinematiche e termodinamiche.
m
− ma deve contenere sempre la stessa materia.
ipr
Ar

ar
A.

ta l

sistema
v
eta

Fig.3.5 Esempio di sistema. Il cilindro contiene del gas mentre viene


compresso o espanso
Vi
A.Armanini- Mecc.Fluidi II 05/06 Università di Trento - Mar.2006 61

e
visione euleriana della dinamica

− il volume di controllo è una porzione di spazio che

on
volume di
controllo rimane invariata nel tempo, occupata e attraver-
e sata da fluido e delimitata da una superficie chiusa
superficie detta superficie di controllo;
di controllo

ni
− il volume di controllo non muta nel tempo.

uzi
∀ou
ani

od
∀c
∀ in sistema al
tempo t + dt
v
m

ipr sistema al
tempo t
Ar

Si consideri allora un sistema che al tempo t occupa il volume ∀ ed è


ar
delimitato dalla superficie Σ. Si consideri una proprietà B del sistema in
questione, sia b la stessa propietà per unità di massa:
A.


B = bρ d∀
ta l

sistema
dB
b =
dm
La porzione di spazio occupata dal sistema al tempo t coincide con il
volume di controllo.
Al tempo t+δt il sistema si è spostato ed è cambiata la sua forma lo spazio
eta

occupato, e in generale può essere cambiata la proprietà B del sistema:



dB Bt+δt − Bt
= lim (3.28)
dt δt→0 δt
sist
Vi
62 A.Armanini Mecc.Fluidi I 05/06 Università di Trento - Mar.2006

e
La regione dello spazio ∀t occupata dal sistema al tempo t, può essere
scomposta in due parti:

on
– il volume ∀c che il sistema continua ad occupare anche nel tempo t + δt;
– il volume ∀in che il sistema occupava al tempo t ma non occupa più al
tempo t + δt:

ni

uzi
∀t = ∀in + ∀c
ani Bt = Btin + Btc
 t  t
  
   
Bt =  bρ d∀ +  bρ d∀ (3.29)

od
∀in ∀c

Analogamente la porzione di spazio ∀t+δt occupata dal sistema al tempo t+δt,


può essere scomposta in due parti:
m
– il volume ∀c che il sistema occupava anche al tempo t;
ipr
– il volume ∀ou che il sistema occupa al tempo t+δt ma che non occupava
Ar

al tempo t.

∀t+δt = ∀c + ∀ou
ar
Bt+δt = Bt+δt
c + Bt+δt
ou
 t+δt  t+δt
  
Bt+δt =  bρ d∀ + bρ d∀
A.

    (3.30)
∀ou ∀c
ta l

Sostituendo quindi (3.29) e (3.30) nella derivata (3.28), si ottiene:



dB
=
dt sist
 t+δt  t+δt  t  t
     

bρ d∀ 
bρ d∀ − bρ d∀ 
bρ d∀
eta

  +   −  
∀ou ∀c ∀in ∀c
lim
δt→0 δt
(3.31)
Vi
A.Armanini- Mecc.Fluidi II 05/06 Università di Trento - Mar.2006 63

e
La derivata (3.31) può essere riscritta separando il limite della somma in
due limiti:

on
 t+δt  t
 

  bρ d∀
 −
 bρ d∀

dB ∀c ∀c

ni
= lim

uzi
dt δt→0 δt
sist
 t+δt  t
   

ani  bρ d∀


 bρ d∀

∀ou ∀in
+ lim − lim (3.32)
δt→0 δt δt→0 δt

od
Il primo limite della (3.32) rappresenta la variazione di B all’interno del
volume ∀c . Quando δt → 0, la regione di spazio ∀c coincide con il volume
di controllo (fisso nello spazio). Essa è la derivata parziale rispetto al tempo
m
fatta sul volume di controllo:



ipr t+δt

bρ d∀ −


t

bρ d∀
Ar

   
∀c ∀c ∂  
lim = bρ d∀ (3.33)
δt→0 δt ∂t
V.C.
ar
Nel secondo termine della (3.32):
 t+δt
 
A.


 bρ d∀
 (3.34)
ta l

∀ou

rappresenta la quantità della grandezza B uscita dal volume di controllo


durante l’intervallo δt, e il rapporto:
 t+δt
 

 bρ d∀

eta

∀ou
(3.35)
δt
la stessa nell’unità di tempo. Nel limite δt → 0, questo è perciò il flusso di
B uscito dalla superficie di controllo. Analogamente l’ultimo termine della
Vi
64 A.Armanini Mecc.Fluidi I 05/06 Università di Trento - Mar.2006

e
(3.32) rappresenta il flusso di B entrato nel volume di controllo nello stesso
intervallo di tempo. Questo flusso può essere riscritto nella maniera seguente.
−→

on
Sia dA una porzione infinitesima della superficie di controllo, il dA è un
−→
vettore normale alla superficie dA positivo verso l’esterno. Allora ρ− →
u · dA
−→
rappresenta la massa uscente nell’unità di tempo e (bρ− →u · dA) rappresenta
il flusso di B attraverso la superficie dA per unità di area. Integrandolo su
tutta la superficie di controllo si ha:

ni

uzi
 t+δt  t
   

ani  bρ d∀


 bρ d∀


−→
bρ−
→ ∀ou in ∀
u · dA = lim − lim (3.36)
Σ δt→0 δt δt→0 δt

od
In definitiva la derivata di B per un sistema, si scrive riferita al volume
di controllo:

dB ∂   
−→
bρ d∀ + bρ−

m
= u · dA (3.37)
dt sist
∂t Σ
V.C.

ipr
La relazione espressa dalla (3.37) è detta Teorema di Reynolds o del
trasporto.
Ar

3.5.1 conservazione della massa


ar
Applicando il teorema di Reynolds alla conservazione della massa, si ha che
in assenza di effetti nucleari o di relatività, la massa di un sistema si conserva:

A.

dM
=0 (3.38)
dt sis
ta l

∀c
eta

v
Σ

Fig.3.6 Bilancio di massa rispetto ad un volume di controllo


Vi
A.Armanini- Mecc.Fluidi II 05/06 Università di Trento - Mar.2006 65

e
Allora, con riferimento ad un volume di controllo, si applica il teorema di
Reynolds con b = 1:

on
 
∂ −→
0= ρ d∀ + ρ−

u · dA (3.39)
∂t Σ  
V.C.
   II
I

ni

uzi
L’equazione (3.39) è detta equazione di continuità. Il termine I rappre-
senta la variazione di massa all’interno del volume di controllo; il termine II
ani
rappresenta il flusso netto di massa attraverso la superficie di controllo.
Per i moti stazionari la derivata temporale si annulla, per cui:

od

−→
0= ρ−

u · dA (3.40)
Σ
m
Vale a dire che il flusso netto di massa attraverso la superficie di controllo è
nullo.
ipr
Allo stesso risultato si giunge anche per fluidi comprimibili.
Ar

ar
applicazione al tubo di flusso

Se il moto non è stazionario, la sezione trasversale di un tubo di flusso si


A.

può modificare nel tempo. Questo significa che una porzione del tubo non
può essere assunta come volume di controllo. È invece molto utile scrivere
ta l

l’equazione di continuità per un tubo di flusso. Il problema può essere risolto


facendo riferimento ad una porzione di tubo di flusso di lunghezza infinitesima
e delimitato da due sezioni normali al flusso. Si considera in questo caso
un volume di controllo (fisso nel tempo) formato da un parallelepipedo che
contenga la porzione di tubo di flusso, come indicato nella figura seguente,
immaginando che il volume compreso tra il parallelepipedo ed il tubo di flusso
eta

sia riempito di fluido di densità nulla. È chiaro che i termini di variazione


di massa relativi a questo fluido sono nulli, per cui la variazione di massa
all’interno del parallelepipedo coincide con la variazione di massa del tubo di
flusso.
Vi
66 A.Armanini Mecc.Fluidi I 05/06 Università di Trento - Mar.2006

e
∂G
G+ ds
∂s

on
A

ni
G = ∫ρu•d A

uzi
ds
A

Fig.3.7
ani
Bilancio di massa rispetto ad un tubo di flusso

od
  
m
∂ ∂
I = ρ d∀ = ρdA ds
∂t ∂t A

ipr II =

G+
∂G
V.C.

ds − G =
∂G
ds

Ar

∂s ∂s

e quindi:
 
ar
∂ ∂G
ρdA ds + ds = 0 (3.41)
∂t A ∂s
∂  ∂  − −→
ρ→
A.

ρdA + u · dA = 0 (3.42)
∂t A ∂s A
ta l

Per fluidi incomprimibili ρ = cost, si ha:

∂  ∂  −→ −→
dA + u · dA = 0
∂t A ∂s A
∂A ∂Q
+ =0
∂t ∂s
eta

Nei moti permanenti (o nei condotti indeformabili)

Q = cost
Vi
A.Armanini- Mecc.Fluidi II 05/06 Università di Trento - Mar.2006 67

e
3.5.2 equazione di continuità in forma differenziale
Si assuma una terna cartesiana e si consideri un parallelepipedo elementare

on
di lati dx, dy, dz, come nella figura:

ni

uzi
y z
dz
 ∂ρu x 
 ρu x + dx (dy dz )
-(ρu x )(dy dz )  ∂x 

dy
ani

od
dx x
m
Fig.3.8
ipr
Bilancio di massa rispetto ad parallelepipedo elementare
Ar

Il bilancio di massa rispetto la volume di controllo:


 
∂ −→
0= ρ d∀ + ρ−

u · dA (3.43)
ar
∂t Σ  
V.C.
   II
I
Con riferimento al volume di controllo ∀ = dx dy dz, il primo termine
A.

diviene:
ta l


(ρ dx dy dz)
I= (3.44)
∂t
Il secondo termine può essere calcolato, valutando i flussi attraverso ogni
coppia di facce contrapposte; ad esempio con riferimento alle facce perpen-
dicolari all’asse x:
eta

∂ρ ux ∂ρ ux
IIx = −ρ ux dy dz + (ρ ux + dx) dy dz = dx dy dz (3.45)
∂x ∂x
Analogamente per le altre due coppie di facce.
Vi
68 A.Armanini Mecc.Fluidi I 05/06 Università di Trento - Mar.2006

e
In totale quindi il flusso netto attraverso la superficie di controllo risulta:
∂ρ ux ∂ρ uy ∂ρ uz

on
II = dx dy dz + dx dy dz + dx dy dz (3.46)
∂x ∂y ∂z
Il bilancio totale, dopo aver diviso per il volume dx dy dz, si scrive:
∂ρ ∂ρ ux ∂ρ uy ∂ρ uz

ni
0= + + + (3.47)

uzi
∂t ∂x ∂y ∂z
Oppure secondo la notazione indiciale:
ani ∂ρ ∂ρ ui
+ =0 (3.48)
∂t ∂xi
o quella vettoriale:

od
∂ρ
+ div(ρ−

u) = 0 (3.49)
∂t
m
Per i fluidi incomprimibili il primo termine si annulla e la eq.(3.49) diviene:

ipr div(−

u) = 0 (3.50)
Ar

∂ui
=0 (3.51)
∂xi
ar
A.

ta l
eta
Vi
A.Armanini- Mecc.Fluidi II 05/06 Università di Trento - Mar.2006 69

e
3.6 Traslazione, rotazione e deformazione di
un elemento fluido

on
Per semplicità espositiva, conviene fare riferimento ad un campo di moto 2D
(x, y), ed estendere successivamente i risultati ad un campo 3D.

ni

uzi
Si consideri quindi un elemento rettangolare con i lati dx e dy paralleli
rispettivamente agli assi x ed y. Le componenti del vettore velocità nei vertici
del rettangolo risultano come in figura:
ani

od
m
y
∂u y ∂u
∂u
u y + y dy
∂y ipr uy +
∂y
dy + y dx
∂x
Ar

C ∂u x D ∂u x ∂u
ux + dy dFt ux + dx + x dy
∂y ∂x ∂y
dy
ar
∂u y
uy uy + dx
∂x
x
A.

A ux dx B ∂u x
ux + dx
∂x
ta l

3.6.1 traslazione uniforme


eta

Si consideri inizialmente il caso in cui tutti i vertici del rettangolo hanno la


stessa velocità, come nella figura successiva.
Vi
70 A.Armanini Mecc.Fluidi I 05/06 Università di Trento - Mar.2006

e
y
C' D'

on
C
D
dFt
dy

ni

uzi
A' B'

B x
ani A dx

od
Si tratta cioè di un moto di traslazione semplice, in questo caso le derivate
parziali delle diverse componenti della velocità sono nulli:

∂ ∂
m
= =0
∂x ∂y

3.6.2 ipr
deformazione lineare
Ar

Si consideri ora il caso in cui i punti A e B si spostano rimanendo allineati su


una retta parallela all’asse x ed altrettanto accada per i punti C e D ed inoltre
che i punti A e C rimangano allineati su una retta parallela all’asse y. Per
ar
comodità si considera il moto rispetto al punto A, che nella rappresentazione
viene dunque trattato come se fosse fermo.
A.

y
ta l

C' D'
D
C
dFt
dy
eta

A' B'
B x
A dx
Vi
A.Armanini- Mecc.Fluidi II 05/06 Università di Trento - Mar.2006 71

e
Questo accade quando le componenti uy delle velocità nei punti A e B
sono le stesse ed analogamente per le componenti ux di velocità nei punti A

on
e C:

∂uy
(uy )A = (uy )B ⇒ =0
∂x

ni
∂ux

uzi
(ux )A = (ux )C ⇒ =0
∂y

Dalla condizione di incomprimibilità (equazione di continuità) si ha inoltre:


ani ∂ux ∂uy
+ =0

od
∂x ∂y

∂ux ∂uy
e rappresentano la velocità di deformazione lineare.
∂x ∂y
m
3.6.3
ipr
rotazione e deformazione angolare
Ar

Si consideri ora il caso generale che i punti si spostino senza parallelismi


particolari, considerando ancora il moto rispetto al punto A.
ar
y
δβ dy D'
A.

C' C
D
ta l

dy dFt
B'
δβ A'
δα δα dx

A dx B x
eta

Se gli angoli δα e δβ sono sufficientemente piccoli, e se (dx → 0) e (dy →


0) si ha:
Vi
72 A.Armanini Mecc.Fluidi I 05/06 Università di Trento - Mar.2006

e

∂uy 1 ∂uy

on
δα = uy + dx − uy δt = δt
∂x dx ∂x

∂ux 1 ∂ux
δβ = −(ux + dy) + ux δt = − δt
∂y dy ∂y

ni

uzi
Con riferimento alla figura precedente, l’angolo medio tra δα e δβ rapp-
resenta la rotazione angolare media dell’elemento rettangolare.
La differenza (δα−δβ) tra i due angoli rappresenta invece la deformazione
ani
angolare dell’elemento rettangolare elementare.

od
3.6.4 rotazione rigida
Il contributo alla rotazione media dell’elemento è dunque data da:
m

δα + δβ ∂uy ∂ux δt
= −

ipr 2 ∂x ∂y 2
Ar

e quindi la velocità di velocità di rotazione angolare risulta:



1 δα + δβ 1 ∂uy ∂ux
ωz = lim = −
ar
δt→0 2 δt 2 ∂x ∂y

3.6.5 deformazione angolare


A.

La deformazione angolare media è invece rappresentata dalla differenza


ta l

tra i due angoli δα e δβ, dove per analogia con la definizione precedente si
conviene di inserire il divisore 2:

δα − δβ ∂uy ∂ux δt
= +
2 ∂x ∂y 2
eta

per cui la velocità di deformazione angolare risulta:



1 δα − δβ 1 ∂uy ∂ux
ζ = lim = +
δt→0 2 δt 2 ∂x ∂y
Vi
A.Armanini- Mecc.Fluidi II 05/06 Università di Trento - Mar.2006 73

e
3.6.6 estensione 3D
Considerando ora le possibili deformazioni elementari di un parallelepipedo di

on
lati di lunghezza infinitesima, in stretta analogia con il caso 2D, si definiscono:
la velocità di deformazione lineare:
∂ux ∂uy ∂uz
; ; (3.52)

ni
∂x ∂y ∂z

uzi
la velocità di rotazione


ani
ωx =
1 ∂uz ∂uy
2 ∂y

∂z


od
1 ∂ux ∂uz
ωy = −
2 ∂z ∂x

1 ∂uy ∂ux

m
ωz =
2 ∂x ∂y

ipr
la velocità di deformazione angolare
Ar


1 ∂uz ∂uy
ξ = +
2 ∂y ∂z

ar
1 ∂ux ∂uz
η = +
2 ∂z ∂x

1 ∂uy ∂ux
A.

ζ = +
2 ∂x ∂y
ta l

Si può inoltre definire il vettore vorticità

= (ωx , ωy , ωz )
ω

 
 i j k 

=  ∂ ∂ ∂ 
eta

2ω U
= rot 
 ∂x ∂y ∂z 
 ux uy uz 

nonchè i seguenti tensori


Vi
74 A.Armanini Mecc.Fluidi I 05/06 Università di Trento - Mar.2006

e
– tensore velocità di deformazione:

1 ∂ui ∂uj

on
Dij = ( + )
2 ∂xj ∂xi

– tensore rotazione:

ni

uzi
1 ∂ui ∂uj
rij = ( − )
2 ∂xj ∂xi
ani
Le componenti del vettore vorticità sono legate agli elementi del tensore
rotazione dalla seguente relazione:

od
ωi = εi,j,k rkj
m

ipr
Ar

ar
A.

ta l
eta
Vi
e
on
Indice

ni

uzi
4 DINAMICA DEI FLUIDI
ani
4.1 Equazioni indefinite della dinamica dei fluidi . . . . . . . . . . . 75
75

4.1.1 fluidi newtoniani . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 80

od
4.1.2 equazioni di Navier-Stokes . . . . . . . . . . . . . . . . . 84
4.2 equazioni di Navier-Stokes in forma adimensionale . . . . . . . . 85
4.2.1 esempi di similitudine idrodinamica . . . . . . . . . . . . 87
m
4.2.2 equazioni di Navier Stokes per Re → ∞ e per Re → 0 . . 87
4.3 Appendice: traccia della dimostrazione della relazione reologica

ipr
di Stokes per i fluidi newtoniani . . . . . . . . . . . . . . . . . . 88
4.4 Dinamica dei fluidi perfetti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 92
Ar

4.4.1 equazioni di Eulero in coordinate intrinseche . . . . . . . 92


4.4.2 linea geodetica, piezometrica e dell’energia . . . . . . . . 94
4.4.3 seconda equazione di Eulero per i fluidi incomprimibili . 94
ar
4.4.4 teorema di Bernoulli per moti irrotazionali . . . . . . . . 95
4.4.5 Vortice di Rankine . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 96
4.5 teorema di Bernoulli per i fluidi comprimibili . . . . . . . . . . . 100
A.

4.6 Teorema della divergenza applicato alle equazioni di conservazione


101
ta l
eta
Vi

73
74 A.Armanini Mecc.Fluidi I 05/06 Università di Trento - Mar.2006

e
on
ni

uzi
ani

od
m

ipr
Ar

ar
A.

ta l
eta
Vi
e
on
Capitolo 4

ni

uzi
DINAMICA DEI FLUIDI ani

od
4.1 Equazioni indefinite della dinamica dei flu-
idi
m
Sia assegnato l’asse verticale h, positivo secondo la verticale ascendente.

ipr
Rispetto ad una terna cartesiana (x,y,z) si consideri un parallelepipedo di
lati (dx, dy, dz), che definisce un volume di controllo al quale si applica il
Ar

principio di conservazione della quantità di moto:

z
y
ar
dz
A.

dy
ta l

dx x

−
→ ∂  
−→
ρ−
→ ρ−
→u (−

eta

Fe = u d∀ + u · dA) (4.1)
∂t ∀c Σc
∀c = (dx dy dz) è il volume di controllo e Σc la relativa superficie.
variazioni della quantità di moto :
Vi

75
76 A.Armanini Mecc.Fluidi I 05/06 Università di Trento - Mar.2006

e
I variazione della quantità di moto all’interno del volume di con-
trollo:

on
∂  ∂ →
− →
− →

ρ−

u d∀ = ρ (dx dy dz)(ux i + uy j + uz k ) (4.2)
∂t ∀c ∂t
II flusso di quantità di moto attraverso la superficie di controllo:

ni

uzi
1 con riferimento alla direzione (x):
1.1 attraverso le superfici perpendicolari all’asse (x):
ani y z

od
dz
 ∂ρ u x u x 
 ρ ux ux + dx  (dy dz )
 ∂x 
(ρux )(− ux dy dz )
m
dy

ipr x
Ar

dx

Flusso netto:

= −ρ ux (ux dy dz) + (ρ ux (ux dy dz) + ∂x
(ρ ux (ux dy dz)) dx
ar

= (ρ ux ux ) dxdy dz
∂x
A.

1.2 attraverso le superfici (dx dz):


z
ta l

y
 ∂ρ u x u y 
 ρ ux u y + dy  (dx dz )
 ∂y 
dz

( ρ ux ) (− u y dx dz )
eta

dy

dx x
Vi
A.Armanini- Mecc.Fluidi II 05/06 Università di Trento - Mar.2006 77

e
Flusso netto:

= −ρ ux (uy dx dz) + (ρ ux (uy dx dz) + ∂y
(ρ ux (uy dx dz)) dy

on

= (ρ ux uy ) dxdy dz
∂y
1.3 attraverso le superfici (dx dy):

ni

uzi
z
y

 ∂ρ ux uz 
ani  ρ ux uz + dz  (dx dy )
dz  ∂z 

od
dy (ρ ux ) (− uz dx dy )
m
dx x

Flusso netto:
ipr
= −ρ ux (uz dx dy) + (ρ ux (uz dx dy) + ∂
∂z
(ρ ux (uz dx dy)) dz
Ar


= (ρ ux uz ) dxdy dz
∂z
In definitiva il flusso netto di quantità di moto nella direzione (x) risulta:
ar
 

→ ∂ ∂ ∂
A.

i (ρ ux ux ) dx dy dz + (ρ ux uy ) dx dy dz + (ρ ux uz ) dx dy dz
∂x ∂y ∂z
ta l

2 Procedendo analogamente per il


flusso di quantità di moto nella direzione y, si ottiene:
 

→ ∂ ∂ ∂
j (ρ uy ux ) + (ρ uy uy ) + (ρ uy uz ) dx dy dz
∂x ∂y ∂z
eta

3 Flusso di quantità di moto nella direzione z:


 

→ ∂ ∂ ∂
k (ρ uz ux ) + (ρ uz uy ) + (ρ uz uz ) dx dy dz
∂x ∂y ∂z
Vi
78 A.Armanini Mecc.Fluidi I 05/06 Università di Trento - Mar.2006

e
III Analisi delle Forze
∂h −
→ ∂h → − ∂h −

on
III.a Forza peso: ρ (−g) (dx dy dz)( i + j + k)
∂x ∂y ∂z

ni
x ∂h

uzi
cos α =
∂x
dh
α
dx
ani

od
III.b forze di superficie


Sia fxi la forza di superficie relativa alla superficie normale all’asse xi .
m
Questa potrà essere scomposta nelle sue componenti lungo i tre assi coor-

− −
→ →
− →

dinanti. Ad esempio: fx = fxx i + fxy j + fxz k è la forza relativa alle

ipr
superfici (dy dz) normali all’asse x. fxx è dunque il modulo della compo-


nente parallela all’asse x della fx .
Ar

Si considerino allora le due facce del parallelepipedo normali all’asse x:


ar
z
y
A.

f x (dy dz ) dz
ta l

dy  ∂f 
 f x + x dx  (dydz )
 ∂x 
 
x
dx
eta

La risultante delle forze di superficie relativa alle superfici in questione è




allora ∂ fx dx (dy dz), che proiettata nelle tre direzioni degli assi da:
∂x
Vi
A.Armanini- Mecc.Fluidi II 05/06 Università di Trento - Mar.2006 79

e


∂ fx ∂fxx −
→ ∂fxy →
− ∂fxz −

dx (dy dz) = ( i + j + k )(dx dy dz)

on
∂x ∂x ∂x ∂x

Procedendo analogamente per le altre due coppie di facce si ottiene:



ni
∂ fy ∂fyx − → ∂fyz −
→ ∂fyy − →

uzi
dy (dx dz) = ( i + j + k )(dx dy dz)
∂y ∂y ∂y ∂y

e
ani

od


∂ fz ∂fzx − → ∂fzz −
→ ∂fzy − →
dz (dx dy) = ( i + j + k )(dx dy dz)
∂z ∂z ∂z ∂z
m
In definitiva il bilancio di quantità di moto nella direzione x è il seguente:

ipr
Ar

∂ ∂ ∂ ∂
(ρ ux ) + (ρ ux ux ) + (ρ ux uy ) + (ρ ux uz )
∂t ∂x ∂y ∂z
∂h ∂fxx ∂fyx ∂fzx
= −ρ g + + + (4.3)
ar
∂x ∂x ∂y ∂z
A.

ta l

e analogamente lungo le altre due direzioni.

Si noti che:

 
 f fxy fxz 
 xx 
 
eta

fij =  fyx fyy fyz 



 fzx fzy fzz 

rappresenta il tensore delle forze di superficie.


Vi
80 A.Armanini Mecc.Fluidi I 05/06 Università di Trento - Mar.2006

e
In definitiva si può scrivere:
∂ ∂ ∂h ∂fji

on
(ρ ui ) + (ρ ui uj ) = −ρ g + (4.4)
∂t ∂xj ∂xi ∂xj
Le (4.4) devono essere accoppiate alla equazione di continuità:
∂ρ ∂ρ ui

ni
+ =0 (4.5)

uzi
∂t ∂xi

Le (4.4) e (4.5) sono dette equazioni indefinite della dinamica dei


ani
fluidi. Per poter integrare le (4.4) bisogna definire le equazioni di stato e le
equazioni reologiche. La definizione di queste leggi rappresenta un problema
di chiusura delle equazioni indefinite.

od
I due termini a sinistra delle (4.4) rappresentano le forze di inerzia e sono
equivalenti, a meno della densità, ai termini delle accelerazioni già scritte nel
capitolo della cinematica. 1
m
In effetti si sarebbe potuto pervenire allo stesso risultato, considerando le
forze di inerzia come forze esterne e nulla la variazione di quantità di moto .

4.1.1 ipr fluidi newtoniani


Ar

Per poter integrare le equazioni della dinamica bisogna conoscere la legge reo-
logica, vale a dire una relazione che leghi le forze di superficie con i gradienti
ar
del vettore velocità. Più in generale una legge del tipo:
 
T = f ct D
A.

1
I termini a destra della (4.4) possono essere rimaneggiati come segue:
ta l

∂ ∂
(ρ ui ) + (ρ ui uj )
∂t ∂xj
∂ρ ∂ui ∂ui ∂ρ uj
= ui + ρ + ρ uj + ui
∂t ∂t ∂xj ∂xj
∂ui ∂ui ∂ρ ∂ρ uj
= ρ( + uj ) + ui ( + ) (4.6)
∂t ∂xj ∂t ∂xj
eta

la quale, in virtù della (4.5), si può anche scrivere:


∂ui ∂ui
= ρ( + uj )
∂t ∂xj
Vi
A.Armanini- Mecc.Fluidi II 05/06 Università di Trento - Mar.2006 81

e
che leghi il tensore delle forze di superficie T(fij ) con il tensore D(Dij ) delle
velocità di deformazione, già definito come:

on
1 ∂uj ∂ui
Dij = ( + )
2 ∂xi ∂xj

La legge cercata è la legge reologica che definisce la tipologia del fluido

ni
considerato. Il fluido che verrà di seguito preso in considerazione è il fluido

uzi
newtoniano, già definito con riferimento ad uno stato di deformazione semplice
come quello che si ha nel moto fluido tra due piano indefiniti paralleli. In quel
caso si era posto, con riferimento alla simbologia qui adottata, (τxy = µ ∂u
ani ∂y
x
). Si
tratta perciò di estendere al relazione di Newton ad uno stato di deformazione
del tutto generale.

od
Si definisce fluido newtoniano un fluido la cui legge reologica è di tipo
lineare, vale a dire che la relazione tra tensore degli sforzi T(fij ) e il tensore
delle velocità di deformazione D(Dij ) è di tipo lineare. In altre parole, ogni
elemento del tensore T è esprimibile come combinazione lineare di tutti gli
m
elementi del tensore D:

ipr
fij = (a0 )ij + aijkl Dkl (i = 1, 3 j = 1, 3) (4.7)
Ar

La legge reologica (4.7) deve:


ar
1. valere anche per l’idrostatica e quindi, quando D ≡ 0, deve, in base alla
legge di Pascal, ridursi alla forma:
A.

fij = −pδij (4.8)


ta l

dove δij è l’operatore di Kroneker: (δ = 1) per i = j e (δ = 0) per i = j.


La (4.8) può essere scritta anche in forma di relazione tra i tensori:

T = −p I
eta

dove I è il tensore unitario diagonale: ( ikk = 1 e ikl = 0 per k = l)

2. deve essere indipendente dall’orientamento degli assi


(condizione di isotropia)
Vi
82 A.Armanini Mecc.Fluidi I 05/06 Università di Trento - Mar.2006

e
Imponendo la prima condizione nella (4.7) risulta:

on
(a0 )ij = −p (4.9)
Le conseguenze della seconda condizione sono che permutando gli assi
le proprietà reologiche non devono cambiare, ossia i coefficienti della (4.7)
devono rimanere costanti. Procedendo con una successione di cambiamenti

ni
dell’orientazione degli assi si dimostra (vedi appendice) che:

uzi
– Per gli sforzi tangenziali (i = j nella 4.7)
ani fij = fji (4.10)

od
e quindi dall’esperienza di Newton si ha che:

fij = 2µDij (1 − δij ) (4.11)


m
dove µ è la viscosità dinamica come era stata definita dalla legge di Newton

ipr
– Relativamente agli sforzi normali (i = j nella 4.7) si dimostra che se si
Ar

assume un riferimento in modo che il tensore D sia diagonale, (Dij = 0 per


i = j), allora anche T è diagonale, cioè, per ogni singolo elemento fii del
tensore, si ha:
ar
fii = −p + aij Djj (4.12)
A.

In questo caso cambiando a rotazione gli orientamenti degli assi si dimostra


che:
ta l

aii = a11 = a22 = a33 = cost1


aij = a12 = a13 = a23 = . . . = cost2 per i = j
(4.13)
eta

La seconda costante cost2 viene di solito indicata con la lettera µ .

cost2 = µ
Vi
A.Armanini- Mecc.Fluidi II 05/06 Università di Trento - Mar.2006 83

e
è chiamata il coefficiente di viscosità semplice, oppure 2◦ coefficiente di vis-
cosità dinamica.

on
Per la prima costante si dimostra inoltre (vedi appendice) che:

cost1 = 2µ + µ (4.14)

Cioè per i termini diagonali si ha:

ni

uzi
fii = −p + (2µ + µ )Dii + µ Djj per jj = ii
= −p + 2µDii + µ div−

ani u (4.15)

In definitiva si può scrivere:

od
fij = −p δij + 2µ Dij + µ δij div−

u (4.16)
m
oppure in forma più compatta :

T = (−p + µ div−

ipr u )I + 2µ D (4.17)
La relazione (4.16) era stata ricavata da Stokes nel 1845. µ è una grandezza
Ar

analoga alla costante di Lamè della teoria dell’elasticità. Dalla eq.(4.17) si vede
che questo parametro è associato alla variazione di volume dell’elemento fluido
per cui in inglese è chiamata anche bulk viscosity. Stokes stesso, immaginando
ar
uno stato di espansione con simmetria sferica del fluido isotropo, osservò che
sommando i tre termini degli sforzi normali diversi da zero si ottiene:
3
A.

 2
− τii = p = p − (µ + µ) div−

u (4.18)
1 3
ta l

p rappresenta dunque la pressione media, che dalla (4.18) risulta essere, in un


fluido che si deforma, diversa dalla pressione termodinamica p. Questa
differenza è raramente importante [White, 1991] 2 poichè il termine div− →
u è
generalmente molto piccolo. Il significato fisico della relazione (4.18) è stato
oggetto di un dibattito che si è protratto per più di un secolo. Stokes originar-
iamente propose di porre:
eta

2
µ + µ = 0
3
2
Withe,F.M., Viscous fluid flow, McGraw-Hill, 1991
Vi
84 A.Armanini Mecc.Fluidi I 05/06 Università di Trento - Mar.2006

e
in modo da rendere coincidenti le due definizioni di pressione. L’evidenza fisica
sulle attenuazione delle onde acustiche direbbe tuttavia che µ è invece positiva.

on
Secondo l’ipotesi di Stokes la relazione costitutiva diverrebbe:
1
T = −pI + 2µ(D − div−

u I) (4.19)
3
La relazione (4.19) era stata proposta originariamente da de Saint-Venant

ni

uzi
(1843) e successivamente rielaborata da Stokes (1845) sulla base di equazioni
elaborate precedentemente da Navier (1822).
Se come nel seguito le equazioni verranno impiegate in moti in cui le vari-

per buona.
ani
azioni di volume sono comunque lente, l’ipotesi di Stokes può essere accettata

Per i fluidi incomprimibili infine il termine relativo alla µ non dà alcun
contributo, essendo div−→

od
u = 0, si ottiene cosı̀:

T = −pI + 2µ D (4.20)
m
4.1.2 equazioni di Navier-Stokes
ipr
Ar

Sostituendo quindi la (4.20) nel bilancio della quantità di moto (equazione 4.4),
si ottiene:

 
ar
∂ ∂ ∂h ∂p ∂ 1 ∂ui ∂uj
ρ (ui ) + uj (ui ) = −ρ g − + 2µ ( + )
∂t ∂xj ∂xi ∂xi ∂xj 2 ∂xj ∂xi
∂ ∂ ∂ui ∂ ∂uj
A.

= − (p + γ h) + µ +µ
∂xi ∂xj ∂xj ∂xj ∂xi
ta l

∂ ∂ ∂ui ∂ ∂uj
= − (p + γ h) + µ ( )+µ
∂xi ∂xj ∂xj ∂xi ∂xj
∂ ∂ ∂ui
= − (p + γ h) + µ ( ) (4.21)
∂xi ∂xj ∂xj

che rappresentano le equazioni di Navier-Stokes.


eta

Il termine di sinistra rappresenta la forza di inerzia per unità di volume, il


primo termine a destra del segno di uguale la forza di pressione e la forza di
gravità il secondo termine a sinistra il contributo delle forze viscose.
Vi
A.Armanini- Mecc.Fluidi II 05/06 Università di Trento - Mar.2006 85

e
4.2 equazioni di Navier-Stokes in forma adi-
mensionale

on
Si assumano le seguenti grandezze di riferimento:

Lo Uo

ni

uzi
Le due grandezze sono ciè delle grandezze caratteristiche del campo fluido
che si sta studiando: per campi naturali ed esempio Lo potrà essere una dimen-
sione caratteristica del contorno, come la larghezza di un corso d’acqua nel caso
ani
si stia indagando un fenomeno un fenomeno di questo genere o il diametro di
una tubazione nel caso che si studi ad esempio il moto di un fluido all’interno
di una tubazione. Analogamente si procede per Uo . Le due grandezze sono

od
dette grandezze scala, o scale rispettivamente delle lunghezze e delle velocità.
xi
Si possono allora definire le seguenti variabili adimensionali: x i = coor-
Lo
ui
m
dinata adimensionale e u i = componenti adimensionali della velocità.
Uo
Si divida allora ciascun membro della equazione di conservazione della massa
per
ipr
Ar

Uo
Lo
Si ottiene cosı̀:
ar
∂ui Lo ∂ u i
= =0 (4.22)
∂xi Uo ∂ x i
A.

Si procede in maniera analoga per le equazioni di Navier Stokes (4.21,


dividendone ciascun membro per:
ta l

ρ Uo2
Lo
Si ottiene quindi:
eta

∂ui Lo ∂ui Lo ∂ Lo ∂ ∂ui Lo


2
+ uj 2
=− (p + γ h) 2
+µ ( )
∂t Uo ∂xj Uo ∂xi ρ Uo ∂xj ∂xj ρ Uo2
L o ∂ ui uj ∂ ui
( )+ Lo
Uo ∂t Uo Uo ∂xj Uo
Vi
86 A.Armanini Mecc.Fluidi I 05/06 Università di Trento - Mar.2006
 

e
∂ po p Lo gρ h µ 2 ∂ ∂ ui
= −Lo + + L o ( ( ))
∂xi po ρ Uo2 Lo ρ Uo2 ρUo Lo ∂xj ∂xj Uo
 

on
∂ ∂ ∂ p po h gLo µ ∂ ∂ u i

(u i ) + u j (u i ) = − 2
+ 2
+ ( )
∂t ∂ x j ∂ x i po ρ Uo Lo Uo ρUo Lo ∂ x j ∂ x j
 
∂ u i ∂ u i ∂ 1 1 ∂ ∂ u i
+ u j = − u+h
pE + ( ) (4.23)
∂ t ∂ x j ∂ x i F2r Re ∂ x j ∂ x j

ni

uzi
nella quale si è posto:
ani tUo
t = gruppo cinematico
Lo
h
h= (4.24)

od
Lo
p
p =
po
m
Uo
Fr = √ N umero di F roude

ipr Eu =
gLo
po
ρ Uo2
N umero di Eulero (4.25)
Ar

ρUo Lo
Re = N umero di Reynolds
µ
ar
Significato fisico dei numeri:

Uo Uo2
ρL3o 2
A.

f orze di inerzia t = Lo = Uo
Fr2 = = (4.26)
f orze di gravità gρL3o g gLo
ta l

Uo Uo2
ρL3o ρL2o
1 f orze di inerzia t = Lo ρUo2
= = = (4.27)
Eu f orze di pressione po L2o po po
eta

Uo Uo2
ρL3o ρL3o
f orze di inerzia t = Lo ρL2o Uo2 ρLo Uo
Re = = = = (4.28)
f orze viscose τ L2o Uo µ Uo Lo µ
µ L2o
Lo
Vi
A.Armanini- Mecc.Fluidi II 05/06 Università di Trento - Mar.2006 87

e
4.2.1 esempi di similitudine idrodinamica
4.2.2 equazioni di Navier Stokes per Re → ∞ e per Re →

on
0
Dalla (4.23) si può osservare che quando (Re → 0), il termine a destra dell’e-
quazione tende a divenire ∞. In questo caso il primo membro della (4.23), che

ni
rappresenta le forze di inerzia, può essere trascurato. L’equazione che ne deriva

uzi
diventa lineare. Questa forma semplificata dell’equazione di Navier Stokes è
impiegata per studiare i moti di lento scorrimento, dominati dalle forze viscose
e nei quali le forze di inerzia possono essere trascurate.
ani
Se invece nella (4.23) si fà tendere (Re → ∞), allora il termine viscoso
diviene trascurabile. Come si vedrà più avanti, il moto di un fluido reale diviene

od
in queste condizioni instabile ed è caratterizzato dall’insorgere della turbolenza.
È tuttavia assi utile sia dal punto di vista teorico che applicativo studiare
un fluido completamente privo di viscosità. Questo fluido è, come già detto,
chiamato fluido perfetto. Esso non è presente in natura, ance se alcuni com-
m
portamenti del fluido reale possono essere interpretati da un punto di vista

ipr
matematico nell’ipotesi di fluido perfetto.
Ar

ar
A.

ta l
eta
Vi
88 A.Armanini Mecc.Fluidi I 05/06 Università di Trento - Mar.2006

e
4.3 Appendice: traccia della dimostrazione del-
la relazione reologica di Stokes per i fluidi

on
newtoniani
I teorema

ni
Se si assume un riferimento in modo che D sia diagonale, (Dij = 0 per

uzi
i = j), allora anche T è diagonale.

dimostrazione
ani
Si operi una rotazione rigida degli assi in modo da ottenere una nuova terna
(x
y
z
), in modo che sia:

od
x
= x
m
y
= −y
z
= −z
ipr (4.29)

allora, anche rispetto al nuovo sistema di riferimento, D è diagonale; infatti:


Ar

∂u
x ∂ux
D
x
x = = = Dxx
∂ x
∂x
ar
∂u
y ∂(−uy )
D
y
y = = = Dyy
∂ y
∂(−y)
A.

∂u
z ∂(−uz )
D
z
z = = = Dzz (4.30)
∂ z
∂(−z)
ta l

Per quanto riguarda il tensore degli sforzi, essendo cambiata solo l’orientazione
dell’asse y, e non quello dell’asse x, risulta invece:

f
x
y = −fxy (4.31)

ma deve essere anche:


eta

 
fxy = f uct (Dxx , Dyy , Dzz ) e f
x
y = f cf D
x
x , D
y
y , D
z
z = fxy (4.32)

Per soddisfare (4.31) e (4.32) si ha che deve essere necessariamente:


Vi
A.Armanini- Mecc.Fluidi II 05/06 Università di Trento - Mar.2006 89

e
f
x
y = fxy

on
perciò, in base alla (4.31), risulta fxy = 0.
Lo stesso ragionamento si può ripetere per gli altri elementi non diagonali
del tensore T. 3 Ossia: T è diagonale

ni

uzi
C.V.D.
In definitiva si è ottenuto:
ani
fxx = −p + a11 Dxx + a12 Dyy + a13 Dzz

od
fyy = −p + a21 Dxx + a22 Dyy + a23 Dzz
m
fzz = −p + a31 Dxx + a32 Dyy + a33 Dzz

ipr (4.33)
Ar

Anche la (4.33) deve essere indipendente dagli assi; questa volta si ruotano
gli assi scambiandoli tra di loro:
ar
x
= y
A.

y
= z
z
= x
ta l

(4.34)

Sicchè la (4.33) diviene:

3
per i termini del tipo: fzx e fyx , è possibile osservare che quando si cambia l’orientazione
eta

dell’asse relativo al primo pedice cambia la posizione reciproca delle due superfici parallele
e quindi cambia il verso della forza considerata; quando si cambia l’orientazione dell’asse
relativo al secondo pedice si cambia il segno della componente. Per cui è sempre: f
y

x
= −fyx .
Nel caso fyz e fzy è meno immediato che sia: f
y

z
= −fyz . In questo caso basta considerare
una rotazione che tenga fisso (z) e inverta (x) ed (y).
Vi
90 A.Armanini Mecc.Fluidi I 05/06 Università di Trento - Mar.2006

e
f
x
x = −p + a11 D
x
x + a12 D
y
y + a13 D
z
z

on
yy yy zz xx

f
y
y = −p + a21 D
x
x + a22 D
y
y + a23 D
z
z
zz yy zz xx

ni

uzi
f
z
z = −p + a31 D
x
x + a32 D
y
y + a33 D
z
z
xx yy zz xx
ani
Deve essere quindi:

od
a11 = a22 = a33
a12 = a31 = a23
m
a13 = a32 = a21 (4.35)

ipr
Cambiando ora la rotazione degli assi, nella seguente maniera:
Ar

x
= y
y
= x
ar
z
= z (4.36)

sicchè la (4.33) diviene:


A.

f
x
x = −p + a11 D
x
x + a12 D
y
y + a13 D
z
z
ta l

yy yy xx

f
y
y = −p + a21 D
x
x + a22 D
y
y + a23 D
z
z
xx yy xx

f
z
z = −p + a31 D
x
x + a32 D
y
y + a33 D
z
z
eta

yy zz

da cui si ottiene:
a12 = a21 (4.37)
Vi
A.Armanini- Mecc.Fluidi II 05/06 Università di Trento - Mar.2006 91

e
In definitiva si ha:

on
a11 = a22 = a33 = 2 µ + µ
a12 = a13 = a23 = · · · = µ (4.38)
Sostituendo (4.38) in (4.33) si ha:

ni

uzi
fxx = −p + (2 µ + µ )Dxx + µ Dyy + µ Dzz

fyy = −p + µ Dxx + (2 µ + µ )Dyy + µ Dzz


ani
fzz = −p + µ Dxx + µ Dyy + (2 µ + µ ) Dzz
(4.39)

od
Raccogliendo si ottiene:

fxx = −p + 2 µ Dxx + µ (Dxx + Dyy + Dzz )


m

ipr
fyy = −p + 2 µ Dyy + µ (Dxx + Dyy + Dzz )

fzz = −p + 2 µ Dzz + µ (Dxx + Dyy + Dzz )


(4.40)
Ar

Per quanto riguarda i termini non-diagonali, è facile vedere che la con-


dizione di linearità porta a:
ar
fij ∝ Dij
e che i coefficienti della (4.7) sono tutti tra loro uguali. Basta infatti cambiare
A.

il verso dell’asse j perchè possa essere esclusa la dipendenza dagli altri elementi
del tensore D 4 .
ta l

L’esperienza di Newton, relativa al moto tra due piani paralleli, porta perciò
a scrivere:
fij = 2µDij
La relazione reologica può essere scritta nella seguente forma compatta:
eta

T = (−p + µ div−

u )I + 2µ D (4.41)
4
ruotando gli assi, è facile vedere che il coefficiente è lo stesso per tutti i termini, forse non
è altrettanto immediato dimostrare che il coefficiente sia lo stesso degli elementi diagonali
Vi
92 A.Armanini Mecc.Fluidi I 05/06 Università di Trento - Mar.2006

e
4.4 Dinamica dei fluidi perfetti
Le equazioni che governano il fluido perfetto sono quindi le equazioni di

on
Navier Stokes nelle quali vengono cassati i termini viscosi, essendo (µ = 0).

 
∂ ∂ui ∂p ∂h
ρ ui + uj =− − gρ

ni
∂t ∂xj ∂xi ∂xi

uzi
(4.42)
∂ρ ∂
+ (ρui ) = 0
ani ∂t ∂xi
le (4.42) sono valide anche per il fluido comprimibile, mancando sia la viscosità
che il coefficiente di viscosità semplice.
Le (4.42) sono chiamate equazioni di Eulero in coordinate cartesiane

od
(L.Euler, 1755), essendo state ricavate in maniera indipendente e prima delle
equazioni di Navier Stokes.
m
4.4.1 equazioni di Eulero in coordinate intrinseche

ipr
Le equazioni di Eulero possono essere utilmente scritte in coordinate in-
trinseche. Si ricavano per analogia con le (4.42), ricordando che i primi due
Ar

termini rappresentano la forza di inerzia per unità di volume e il terzo e quarto


rispettivamente il contributo delle forze di pressione e di gravità nella direzione
generica considerata:
ar
 
∂us ∂us ∂p ∂h
ρ + us = − − gρ (4.43)
A.

∂t ∂s ∂s ∂s
 
∂θ u2 ∂p ∂h
us + s = − − gρ
ta l

ρ (4.44)
∂t R ∂n ∂n
 
∂ω ∂p ∂h
ρ us = − − gρ (4.45)
∂t ∂m ∂m
dove θ ed ω sono gli angoli di rotazione della linea di corrente nel piano oscu-
latore e nel piano ad esso normale.
eta

Se si divide per ρ la prima delle equazioni di Eulero (4.43), si ha:

∂us ∂ u2s 1 ∂p ∂h
+ =− −g
∂t ∂s 2 ρ ∂s ∂s
Vi
A.Armanini- Mecc.Fluidi II 05/06 Università di Trento - Mar.2006 93
 
u2s

e
∂us ∂ 1 ∂p
+ + gh + =0 (4.46)
∂t ∂s 2 ρ ∂s

on
Nella ipotesi di moto permanente la (4.46) diviene:
 
∂ u2s 1 ∂p
+ gh + =0 (4.47)
∂s 2 ρ ∂s

ni

uzi
Nell’ipotesi di fluido incomprimibile (ρ = cost) integrando lungo s, si ot-
tiene:
ani
p
ρ
+ gh +
u2
2
= cost1

od
p u2
+h+ = cost2
γ 2g

teorema di Bernoulli (D.Bernoulli, 1738): per un fluido perfetto incomprimi-


m
bile in moto permanente, è costante in ciascun punto della linea di corrente (che,

ipr
essendo il moto permanente, coincide con la traiettoria) la somma dell’altezza
2
geodetica h, della altezza cinematica u2g e del termine di pressione p/γ.
Ar

Il teorema di Bernoulli viene spesso derivato da un bilancio energetico. Per


questa ragione spesso a ciascun termine del trinomio viene associato un signi-
ficato energetico. I termini h e u2 /2g rappresentano rispettivamente l’energia
potenziale e l’energia cinetica per unità di peso. Il termine p/γ rappresenta
ar
invece il lavoro delle forze di pressione.
A.

ta l
eta
Vi
94 A.Armanini Mecc.Fluidi I 05/06 Università di Trento - Mar.2006

e
4.4.2 linea geodetica, piezometrica e dell’energia
L.E.

on
u2
2g
L.p. u2
2g

p
h γ

ni

uzi
h
L.g.

Fig.4.1
ani
Esempio linea geodetica (L.g.), linea piezometrica (L.p.) e di

od
linea dell’energia (L.E.)
La somma del termine di pressione e dell’altezza geodetica viene chiamata
quota piezometrica:
m
p
h∗ = +h (4.48)
ipr γ
Analogamente si definisce la linea piezometrica.
Ar

4.4.3 seconda equazione di Eulero per i fluidi incom-


primibili
ar
Sempre nell’ipotesi di fluido incomprimibile e moto permanente, la seconda
equazione di Eulero in coordinare intrinseche (4.44), si ha :
A.

u2s ∂p ∂h
ρ =− − gρ (4.49)
ta l

R ∂n ∂n
Utilizzando l’ipotesi di incomprimibilità, si ha:

∂ u2
(p + γh) = −ρ s (4.50)
∂n R
Nei moti (quasi-)rettilinei R → ∞, si ha:
eta


(p + γh) = 0 (4.51)
∂n
Nei moti (quasi-)rettilinei la distribuzione delle pressioni è di tipo idrosta-
tico.
Vi
A.Armanini- Mecc.Fluidi II 05/06 Università di Trento - Mar.2006 95

e
A

on
B
p
γ

ni
γ

uzi
B

Fig.4.2 Esempio di distribuzione idrostatica (sezione A-A) e dis-


ani
tribuzione non idrostatica (sezione B-B) lungo la normale

od
4.4.4 teorema di Bernoulli per moti irrotazionali
Ripartendo dalle equazioni di Eulero in coordinate cartesiane (4.42):
m
 
∂ui ∂ui ∂p ∂h
=− − gρ
ipr
ρ

∂ρ
∂t
+ uj


∂xj ∂xi ∂xi
Ar

+ (ρui ) = 0 (4.52)
∂t ∂xi
e accoppiandole con la condizione di irrotazionalità:
ar
 
∂ui ∂uj
− =0 (4.53)
∂xj ∂xi
A.

Utilizzando sempre la condizione di incomprimibilità, si ha:

 
ta l

∂ui ∂uj ∂ p
+ uj =− +gh (4.54)
∂t ∂xi ∂xi ρ
 
∂ui ∂ uj uj ∂ p
+ =− +gh (4.55)
∂t ∂xi 2 ∂xi ρ
In moto permanente:
eta

 
∂ uj uj p
+ +gh = 0 (4.56)
∂xi 2 ρ
Il trinomio di Bernoulli si mantiene costante in tutti il campo di moto.
Vi
96 A.Armanini Mecc.Fluidi I 05/06 Università di Trento - Mar.2006

e
4.4.5 Vortice di Rankine
Si assuma un moto vorticale (linee di corrente di tipo circolare) e che il moto

on
sia irrotazionale, allora è possibile applicare l’equazione di Eulero lungo la
normale:

 
u2

ni
∂ p
+h =−

uzi
(4.57)
∂n γ gR

ani s

od
R
m

ipr
Ar

Essendo il campo irrotazionale si può applicare anche il teorema di Bernoulli


ar
lungo ogni direzione, ed in particolare lungo la direzione normale n:

 
∂ p u2
A.

+h+
∂n γ 2g
 
ta l

∂ p ∂ u2
+h =− (4.58)
∂n γ ∂n 2 g

La (4.58) va confrontata con la seconda equazione di Eulero (4.57), da cui si


ottiene:
eta

u2 ∂ u2
=
gR ∂n 2 g
2
u ∂ u2
=
gR ∂n 2 g
Vi
A.Armanini- Mecc.Fluidi II 05/06 Università di Trento - Mar.2006 97

u2 ∂ u2

e
∂ u
=− = −u
gR ∂R 2 g ∂R g

on
u ∂u
=−
R ∂R
dR du
=−
R u
ln R = − ln u + cost1

ni

uzi
ln(Ru) = cost1
uR = cost = c2
ani
Secondo la (4.59) quando (R → 0), si ha che (u → ∞), questo significa che
l’ipotesi di irrotazionalià viene a cadere quando (R → 0). Il fatto che la velocità

od
tenda a divenire grande (tenda ad infinito) risulta ancora più problematico se
visto in termini di pressione perchè in base al teorema di Bernoulli, la pressione
tenderebbe a −∞.
m
Si deve fare allora l’ipotesi di campo rotazionale con rotazione rigida:

ipr ω = cost =
u
R
(4.59)
Ar

Si applica comunque la seconda equazione di Eulero:


ar
∂ u2
(p + γ h) = −ρ
∂n   R
∂ p u2
A.

+h =−
∂n γ gR
 
ta l

∂ p R2 R
+ h = −ω 2 = −ω 2
∂n γ gR g
 
∂ p R
− + h = −ω 2
∂R γ g
 
p ω2
d +h = RdR
eta

γ g
 
p ω2 2
+h = R + c3
γ 2g
(4.60)
Vi
98 A.Armanini Mecc.Fluidi I 05/06 Università di Trento - Mar.2006

e
Applicazione al vortice a superficie libera
Sulla superficie libera p = 0 e hs.l. = Y

on
– parte esterna irrotazionale:

p u2 1
= Y + c22

ni
+h+ = Y∞
2g R2

uzi
γ 2g
1
Y = Y∞ − c22
2g R2
ani R
(4.61)

od
m
Y Y∞

ipr
Ar

– parte interna rotazionale


ar
 
p ω2 2 ω2 2
+h =Y = R + c3 = R + Yc
γ 2g 2g
A.

ω2
Y = Yc + R 2 (4.62)
2g
ta l

R
eta

Y∞
Y
Yc
Vi
A.Armanini- Mecc.Fluidi II 05/06 Università di Trento - Mar.2006 99

e
– I due regimi si incontrano in un punto intermedio dove i peli liberi, le velocità
(e di conseguenza le energie) coincidono:

on
1 ω2 2
Y∞ − c22 = Y c + R
2g Ri2 2g i
c2
ω Ri =

ni
Ri

uzi

g(Y∞ − Yc )
Ri =
ω
anie
c2 = ωRi2 (4.63)
Andamento dell’Energia

od
Si noti che non si tratta di una della linea dell’energia nel senso definito
in occasione del teorema di Bernoulli, in quanto è una linea perpendicolare alle
linee di corrente.
m
– zona esterna irrotazionale

ipr
– zona interna rotazionale
E = Y∞ = cost (4.64)
Ar

u2 ω2 2 ω2 2 ω 2 R2
E=Y + = Yc + R + R = Yc + (4.65)
2g 2g 2g g
ar
u
A.

R
ta l

Ri

u2
Y∞
eta

2g

Yc Y
Vi
100 A.Armanini Mecc.Fluidi I 05/06 Università di Trento - Mar.2006

e
4.5 teorema di Bernoulli per i fluidi comprimi-
bili

on
non fare
Nella ipotesi di moto permanente, integrando lungo s, si ottiene:
 2  
u22 − u21

ni
dp
+ g(h2 − h1 ) +

uzi
= cost (4.66)
1 ρ 2
u2
Per fluidi leggeri gh  , si ha:
2
ani  2
dp
+

u22 − u21

= cost (4.67)
1 ρ 2

od
che va accoppiata con l’equazione di stato del gas.
m

ipr
Ar

ar
A.

ta l
eta
Vi
A.Armanini- Mecc.Fluidi II 05/06 Università di Trento - Mar.2006 101

e
4.6 Teorema della divergenza applicato alle equazioni
di conservazione

on
Si tratta di riscrivere il teorema della divergenza per un vettore, per esprimere
una relazione del tipo:
−
→ ∂  
−→
ρ−
→ ρ−

u (−

ni
Fe = u d∀ + u · dA) (4.68)

uzi
∂t ∀c Σc

solo con riferimento al volume di controllo.


Dal teorema della divergenza si ha:
ani
 
− −
→ →

F ·→
n dΣ = ∇ · F d∀ (4.69)
Σc ∀c

od
nella quale −→
n è un vettore unitario orientato come la normale esterna. È
legittimo inserire uno scalare ρb in entrambi gli integrali di (4.69):
 
− →
→ →

m
(ρ b F ) · −
n dΣ = (ρ b) ∇ · F d∀ (4.70)
Σc ∀c

ipr
In tutta generalità, la (4.70) è valida anche quando (ρ b) è la componente di un
vettore: si possono allora scrivere 3 equazioni (4.70) per ognuna delle compo-
Ar

nenti del vettore, moltiplicare le 3 equazioni per il versore e sommare, si ottiene


cioè:
 
−→ − → → −→ →

(ρ b)( F · −
ar
n )dΣ = ρ b (∇ · F ) d∀ (4.71)
Σc ∀c
→ →

Ottenendo per l’eq. (4.68), nella quale ( F = −
u ):
A.

−
→ ∂  −


ρ−

u (∇ · −

ta l

Fe = ρ u d∀ + u ) d∀
∂t ∀c ∀c



= (ρ −

u ) + ρ−
→u (∇ · −

u ) d∀ (4.72)
∀c ∂t

Analogamente si procede per i tensori. In teorema della divergenza in questo


caso si scrive:
eta

 
∂Fj
Fj nj dΣ = d∀ (4.73)
Σc ∀c ∂xj
che, moltiplicato per ρ ui , da
Vi
102 A.Armanini Mecc.Fluidi I 05/06 Università di Trento - Mar.2006

e
 
∂Fj
ρ ui Fj nj dΣ = ρ ui d∀ (4.74)
∂xj

on
Σc ∀c

Per la quantità di moto (Fj = uj ):


 
∂uj
ρ ui uj nj dΣ = ρ ui d∀ (4.75)
Σc ∀c ∂xj

ni

uzi
Che applicato al parallelepipedo di lati infinitesimi (dxi dxj dxk ), porge:
 
∂uj
ani ρ ui (uj dxi dxk ) = ρ ui dxi dxj dxk (4.76)
Σc ∀c ∂xj
che sostituita in (4.68) da:
 

od
 ∂ ∂uj
(Fe )i = ρ ui + ρ ui dxi dxj dxk (4.77)
∂t ∂xj
m

ipr
Ar

ar
A.

ta l
eta
Vi
Impress Tryout

ne
zio
i
nin
Indice

odu
14 FORONOMIA
a
14.1 Contrazione di vena . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
267
267
rm
14.2 Coefficiente di contrazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 268
14.3 Luce di fondo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 270

ipr
14.4 Luce piccola in parete verticale . . . . . .
14.5 Luce grande in parete verticale . . . . . .
14.6 Luce a stramazzo . . . . . . . . . . . . . .
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
271
272
274
.A

14.6.1 stramazzi normalizzati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 276


14.6.2 stramazzo con contrazione laterale . . . . . . . . . . . . 278
14.6.3 stramazzo triangolare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 279
la r
14.6.4 stramazzo trapezio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 280
14.7 Luce a battente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 280
14.8 Profili di sfioro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 282
f. A

14.9 Configurazione dei getti liquidi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 284


tata
pro
Vie

265
Impress Tryout

ne
266 A.Armanini Mecc.Fluidi II 03/04 Università di Trento - Nov.2003

zio
i
nin
odu
a
rm
ipr
.A
la r
f. A
tata
pro
Vie
Impress Tryout

ne
zio
i
nin
Capitolo 14

odu
FORONOMIA
a
rm
14.1 Contrazione di vena

ipr
Il fenomeno della contrazione della vena, ’vena contracta’, si osserva quando
un getto esce da una luce.
.A

deflusso in assenza di gravità deflusso con effetto della gravità


la r
f. A
tata
pro
Vie

Fig.14.1 Contrazione della vena di un getto in assenza di gravità e con-


trazione di vena per un getto soggetto all’azione della gravità.

267
Impress Tryout

ne
268 A.Armanini Mecc.Fluidi II 03/04 Università di Trento - Nov.2003

La spiegazione di questo effetto si ha applicando la seconda eq. di Eulero

zio
in prossimità dello spigolo del bordo di uscita.

i
∂ u2

nin
(p + γh) = −ρ
∂n R

dalla quale si evince che la vena non è in grado di seguire il bordo e quindi di

odu
compiere una curva a spigolo vivo, pichè in questo caso si avrebbe un raggio di
curvatura che tende a zero: R → 0. In base alla seconda equazione di Eulero
questo richiederebbe pressioni assolute che tendono a −∞.

a
La vena allora si stacca dal bordo della luce in direzione inclinata in modo
da dare luogo ad una sezione fluida che è minore della sezione della luce. Il
rm
fenomeno è noto da tempo come vena contratta (o nella forma latina di vena
contracta).

ipr
Nel caso di efflusso in assenza di gravità (figura 14.1 a sinistra) a breve
distanza dalla luce le linee di corrente divengono praticamente parallele. Si
identifica quindi la sezione contratta come la sezione più prossima alla luce alla
.A

quale le linee di corrente si possono considerare parallele.


Il rapporto tra la sezione della vena contratta Ac e la sezione A del foro si
la r
definisce come coefficiente di contrazione:

def Ac
Cc = (14.1)
A
f. A

Nel caso di un getto che esce da una luce grande (rispetto alla sezione del
flusso in arrivo) allora l’effetto della forza di gravità, che tende a flettere verso il
basso il getto, diviene rilevante. In linea di principio è praticamente impossibile
tata

identificare la sezione contratta. Osservando tuttavia che il bordo inferiore della


vena, prima si alza per poi abbassarsi definitivamente, convenzionalmente ci si
può riferire alla sezione nella quale il bordo inferiore della vena raggiunge il
pro

punto più elevato (figura 14.0 a destra).

14.2 Coefficiente di contrazione


Vie

L’effetto della contrazione di vena di un getto bidimensionale uscente da un


ugello in assenza di gravità può essere studiato nell’ipotesi di fluido perfetto e
moto irrotazionale con il metodo della trasformazione conforme.
Impress Tryout

ne
A.Armanini- Mecc.Fluidi II 03/04 Università di Trento - Nov.2003 269

zio
β

i
nin
b

odu
a
Il coefficiente di contrazione che si ottiene in funzione del rapporto di con-
trazione a/b e dell’angolo di convergenza β ◦ è riportato nel grafico successivo.
rm
1,0
Cc

ipr
0,9

0,8
.A

β=45o
0,7
la r
β=90o
0,6
β=135o
β=180o
f. A

0,5 180o
0,0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0,7 0,8 0,9 1,0
a/b

Fig.14.2 Valore del coefficiente di contrazione in funzione del rapporto di


tata

contrazione e dell’angolo di convergenza dell’ugello.


pro

a/b β = 45◦ β = 90◦ β = 180◦


0.1 0.746 0.611 0.500
0.5 0.752 0.644 0.586
1.0 1.0 1.0 1.0
Vie

Il caso di bordo della luce inclinato a 90◦ , e di apertura piccola rispetto alla
dimensione del recipiente (a/b → 0), era stato risolta da Kirchhoff nel 1869 che
aveva trovato:
Impress Tryout

ne
270 A.Armanini Mecc.Fluidi II 03/04 Università di Trento - Nov.2003

zio
π
Cc = = 0.611

i
π+2

nin
14.3 Luce di fondo
– Si assume il fluido perfetto e il moto irrotazionale;

odu
– si assume che l’area della luce A sia di piccole dimensioni rispetto all’area
del serbatoio Ao .

a
rm
ipr
.A
la r
Fig.14.3 Efflusso da luce di fondo
f. A

Si può applicare allora il teorema di Bernoulli tra la sezione indisturbata


sulla superficie libera e la sezione contratta:
tata

Uo2 po U 2 po
h1 + + = c + (14.2)
2g γ 2g γ
se la superficie del serbatoio Ao è sufficientemente più grande della sezione del
pro

tubo (Ao >> A), dall’equazione di continuità si ha Uo << Uc , per cui la (14.2)
si riduce a:
Vie

Uc2
h1 =
2g
e quindi:
q
Uc = 2 g h1 (14.3)
Impress Tryout

ne
A.Armanini- Mecc.Fluidi II 03/04 Università di Trento - Nov.2003 271

La relazione (14.3) è stata ricavata da Torricelli (1644) e la relativa velocità

zio
è detta velocità torricelliana.

i
Se il foro è sottile si può assumere il coefficiente di Kirchhoff:

nin
Cc = 0.61

q q
Q = Ac Uc = A Cc 2 g h1 ' A C c 2 g ho (14.4)

odu
Si definisce coefficiente di portata il rapporto:

a Cq =
def

Q
A 2gh
(14.5)
rm
Il coefficiente di portata è, da un punto di vista fisico, un numero di Froude.
Dalla (14.5) risulta che:

ipr Cq = Cc ' 0.61


.A

14.4 Luce piccola in parete verticale


– Si trascura il contributo della gravità;
la r
– si assume moto irrotazionale e fluido perfetto.
f. A
tata
pro
Vie

Fig.14.4 Efflusso da una luce di piccole dimensioni da una parete verticale


Impress Tryout

ne
272 A.Armanini Mecc.Fluidi II 03/04 Università di Trento - Nov.2003

Si può applicare allora il teorema di Bernoulli tra la sezione indisturbata a

zio
monte della parete e la sezione contratta:

i
nin
Uo2 po Uc2 po
ho + + = +
2g γ 2g γ
essendo U o ¿ uc si ottiene

odu
q
Uc = 2 g ho (14.6)

a
Essendo il foro è sottile, si può assumere per il coefficiente Cc il coefficiente
di Kirchhoff:
rm
Cc ' 0.61

ipr
La portata risulta essere:
.A

q
Q = Ac Uc = A Cc 2 g ho (14.7)
la r
Definizione di coefficiente di portata:
f. A

def Q
Cq = √ (14.8)
A 2gh

Dalla (14.8) risulta che:


tata

Cq = Cc ' 0.61
pro

14.5 Luce grande in parete verticale


Vie

– Si assume il moto irrotazionale il fluido perfetto;

– si assume la sezione contratta in concomitanza del massimo del bordo


inferiore della vena.
Impress Tryout

ne
A.Armanini- Mecc.Fluidi II 03/04 Università di Trento - Nov.2003 273

zio
i
nin
odu
a
rm
Fig.14.5
ipr Efflusso da una luce di grandi dimensioni da una parete sottile
.A

verticale
la r
Nella trattazione di Poleni (1717) si assume che tutti i tubi di flusso subis-
cano la stessa contrazione (Cc = cost) e che la velocità nella sezione contratta
sia torricelliana (trascura di fatto la pressione dell’acqua).
f. A

q
dq = Cc uc dh = Cc 2 g h dh
Z h2 q
q = Cc 2 g h dh
tata

h1
2 q h 3/2 ih2
= Cc 2g h
3 h1
2 q ³ 3/2 ´
pro

3/2
= Cc 2g h2 − h1 (14.9)
3
Se la velocità della corrente in arrivo non è trascurabile, allora basta porre:
Vie

v à !
u
u Uo2
t
dq = Cc 2 g h + dh
2g

che integrata dà:


Impress Tryout

ne
274 A.Armanini Mecc.Fluidi II 03/04 Università di Trento - Nov.2003

Ã !2/3 Ã !2/3 
2 q

zio
U2 U2
q = Cc 2g  h2 + o − h1 + o  (14.10)

i
3 2g 2g

nin
odu
a γ
rm
ipr γ
.A

Fig.14.6 Distribuzione delle pressioni in corrispondenza della parete


la r
14.6 Luce a stramazzo
f. A

Quando nell’efflusso da parete sottile verticale il battente è sufficientemente


piccolo, allora la parte superiore della vena non lambisce più la parete, ma
passa sotto il bordo superiore della luce. Questo tipo di deflusso viene detto a
tata

stramazzo (Bazin, 1890 ?) (Poleni, 1717)

γ
pro
Vie

Fig.14.7 Efflusso da luce a stramazzo


Impress Tryout

ne
A.Armanini- Mecc.Fluidi II 03/04 Università di Trento - Nov.2003 275

– il carico ho è rappresentato dal dislivello tra il pelo libero indisturbato a

zio
monte dello stramazzo e il punto più basso della luce;

i
– l’altezza della parete verticale viene detta petto dello stramazzo;

nin
– il carico viene misurato in un punto sufficientemente a monte della luce
da non risentire dell’effetto di chiamata;
– il deflusso deve essere libero, nel senso che la vena deve essere indipen-

odu
dente dalle condizioni di valle;

a
– quando invece le condizioni di valle influenzano il deflusso della vena il
deflusso stesso è detto rigurgitato;
rm
– anche il bordo inferiore della vena deve essere libero, altrimenti la azione
continua dell’acqua tende ad asportare l’aria e la vene viene depressa.
Bisogna in ogni caso garantire l’aerazione della vena.

ipr
Applicando lo stesso procedimento adottato da Poleni per la luce di grandi
dimensioni in parete verticale e considerando questo come il caso particolare in
.A

cui si annulla h1 , la soluzione è data dalla stessa eq.(14.10):


Ã !3/2 Ã !3/2 
2 q
la r
U2 Uo2
q = Cc 2g  ho + o −  (14.11)
3 2g 2g
che di solito viene scritta nella forma seguente:
f. A

q
q = Cq 2 g h3/2
o (14.12)
in funzione del coefficiente di portata:
Ã !3/2 Ã !3/2 
tata

2 Uo2 Uo2
Cq = Cc  1 + −  (14.13)
3 2gho 2gho
Nel caso che la velocità in arrivo sia trascurabile, quest’ultimo si riduce a:
pro

2 2
Cq = Cc ' 0.611 = 0.41 (14.14)
3 3
quindi per la portata si ha:
Vie

q
q = 0.41 2 g h3/2
o

= 1.81ho3/2 [ho ] in [m]; [q] in [m3 /s/m] (14.15)


Impress Tryout

ne
276 A.Armanini Mecc.Fluidi II 03/04 Università di Trento - Nov.2003

14.6.1 stramazzi normalizzati

zio
Lo stramazzo Bazin in parete sottile può essere uno strumento normalizzato

i
per la misura della portata. In questo caso la formula per il coefficiente di

nin
portata viene stabilita dalle norme stesse.

aerofori

odu
a
rm
=

ipr
.A

Fig.14.8 Condizioni per uno stramazzo in parete sottile normalizzato


la r
L’espressione generale per il coefficiente di portata dovrebbe essere del tipo:

ho
Cq = f unct( , W e , Re ) (14.16)
p
f. A

We è un particolare numero adimensionale, numero di Weber, che rappresenta


il rapporto tra le forze di inerzia e le forze di tensione superficiale:

Uo
tata

def
We = q T (14.17)
ρ Lo

dove T [F L−1 ] è la forza di tensione superficiale.



pro

Nel caso degli stramazzi, si pone Uo = 2 g ho e Lo = ho , per cui si ha:


√ √
2 g ho 2 ρ g ho
(We )stram = q T = √ (14.18)
Vie

ρh
T
o

Se il fuido è acqua a temperatura ambiente, si ha:

(We )stram = 5.2 · 10−4 ho (14.19)


Impress Tryout

ne
A.Armanini- Mecc.Fluidi II 03/04 Università di Trento - Nov.2003 277

La dipendenza dal numero di Weber può divenire importante quando il

zio
carico è piccolo, mentre la dipendenza dal numero di Reynolds è generalmente

i
trascurabile. Tenendo conto che le norme si riferiscono al caso che si usi acqua
come fluido, la dipendenza da entrambi questi parametri viene messa in conto

nin
facendo dipendere sostanzialmente il coefficiente di portata dal carico e dal
rapporto tra carico e petto e modificando opportunamente i coefficienti. Le
formule raccomandate sono: Ã !2 
µ ¶

odu
2 0.0045  ho  Bazin
Cq = 0.6075 + 1 − 0.55
3 ho p + ho
à !
Cq =
2
3
à a
0.6075 +
0.001
ho
+ 0.08
!
ho
p
Rehbock (1913)
rm
2 ho
Cq = 0.602 + 0.075 Kindsvater e
3 p
Carter (1959) (ISO)

ipr
Le norme ISO e UNI indicano le regole che devono essere rispettate nell’uso
degli stramazzi. Tra queste si ricorda che:
.A

– la soglia di sfioro deve essere perfettamente orizzontale;


la r
– la soglia di sfioro deve avere uno spessore di circa 1 ÷ 2 mm;

– la parete verticale, almeno nella parte prossima alla soglia, deve avere
f. A

uno spessore di circa 5 mm;

– il bordo esterno della soglia deve essere sagomato a 45◦ , secondo quanto
indicato della figura 14.8 ;
tata

– la misura del carico va effettuata a circa 3 ÷ 4 volte il carico massimo;


pro

– il tratto a monte dello stramazzo deve essere sgombro da ostacoli e a


fondo quasi orizzontale per una distanza pari a circa 50 volte il carico
massimo;
Vie

– la vena deve essere accompagnata lateralmente a valle e deve essere com-


pletamente areata, eventualmente con opportuni aeratori, in modo che
la pressione dell’aria sul bordo inferiore della vena sia sempre pari alla
pressione atmosferica.
Impress Tryout

ne
278 A.Armanini Mecc.Fluidi II 03/04 Università di Trento - Nov.2003

14.6.2 stramazzo con contrazione laterale

zio
Atteso che il carico, almeno in laboratorio, può essere misurato con la precisione

i
di 0.1÷0.2 mm, l’errore relativo è tanto più piccolo quanto maggiore è il carico.

nin
Nel caso in cui la portata in arrivo sia modesta, si può immaginare di aumentare
il carico, riducendo la larghezza dello stramazzo, senza ovviamente ridurre la
larghezza del canale.
In questo caso tuttavia si presenta un (doppio) effetto di contrazione lat-

odu
erale.

a
rm
ipr
.A
la r
f. A

Fig.14.9 Stramazzo con contrazione laterale


tata

Per valutare la portata dello stramazzo con contrazione laterale, si può


adottare la proposta di Francis(1883), secondo il quale è sufficiente ridurre
la larghezza utile dello stramazzo di una quantità pari a 2/10 del carico nel
pro

caso che la contrazione laterale avvenga da ambo i lati (stramazzo centrato),


oppure di una quantità pari a 1/10 del carico nel caso che la contrazione laterale
avvenga da un solo lato (stramazzo appoggiato ad una delle due pareti).
Vie

2 q
Q = Cc 2g h3/2
o (Bo − 0.10 n ho ) (14.20)
3
quindi con n = 2 per lo stramazzo centrato e n = 1 per lo stramazzo appoggiato
ad una delle due pareti.
Impress Tryout

ne
A.Armanini- Mecc.Fluidi II 03/04 Università di Trento - Nov.2003 279

14.6.3 stramazzo triangolare

zio
Nel caso si voglia avere una precisione sufficientemente elevata per un campo di

i
la portata sensibilmente ampio, allora l’uso di uno stramazzo a luce triangolare

nin
consente di adattare la larghezza in superficie al carico.

odu
a
rm
ipr α
.A
la r
Fig.14.10 Stramazzo triangolare
f. A

Il calcolo della portata che defluisce in questo caso si ottiene con la stessa
procedura di Poleni. La portata che passa per una striscia orizzontale di altezza
Cc dh risulta:
tata

q α
dQ = Cc 2 g h 2h tan (14.21)
2
pro

che integrata tra

8 α q
Q= tan Cc 2g h5/2 (14.22)
Vie

o
15 2
Lo stramazzo triangolare con α = 90◦ è normalizzato e usato come stru-
mento di misura di precisione. Il problema in questo caso è la misura precisa
della quota del vertice del triangolo.
Impress Tryout

ne
280 A.Armanini Mecc.Fluidi II 03/04 Università di Trento - Nov.2003

14.6.4 stramazzo trapezio

zio
Lo stramazzo Cipoletti è uno stramazzo trapezio, nel quale si cerca di dare alle

i
pareti inclinate una pendenza tale da compensare la diminuzione di portata

nin
data dalla contrazione laterale. Calcolando il contributo di portata che com-
pete ai lati inclinati come uno mezzo stramazzo triangolare per ciascun lato
inclinato.

odu
4

a 1
rm
ipr
Fig.14.11 Stramazzo trapezio Cipoletti
.A
la r
È facile dimostrare che questa condizione si ottiene con una pendenza del
lato di 4 : 1.
f. A

14.7 Luce a battente


tata

Si consideri il deflusso che avviene al di sotto di una paratoia sollevata di una


altezza pari a, sia ho il tirante idrico a monte della paratoia.
pro

– Si assume il fluido perfetto e il moto irrotazionale;

– il campo bidimensionale.
Vie

A valle della paratoia si forma una sezione contratta, la cui altezza si può
scrivere come a Cc .
Impress Tryout

ne
A.Armanini- Mecc.Fluidi II 03/04 Università di Trento - Nov.2003 281

zio
i
nin
γ

odu
γ

a
rm
Fig.14.12 Deflusso da luce a battente

ipr
Si può applicare allora il teorema di Bernoulli tra la sezione indisturbata a
monte della paratoia e la sezione contratta:
.A

Uo2 po U 2 po
ho + + = a Cc + c + (14.23)
2g γ 2g γ
la r
Inoltre l’equazione di continuità porge:

Uo ho = Uc a Cc (14.24)
f. A

sostituendo si ottiene:

µ ¶
Uc2 a Cc 2 U2
ho + = a Cc + c
2g ho 2g
tata

à !
2 µ ¶2 µ ¶
Uc a Cc a Cc
− 1 = ho 1 +
2g ho ho
2 µ ¶
pro

Uc a Cc
+1 =1
2gho ho
1
Uc2 = 2gho
a Cc
Vie

+1
ho
q 1
Uc = 2gho s (14.25)
a Cc
+1
ho
Impress Tryout

ne
282 A.Armanini Mecc.Fluidi II 03/04 Università di Trento - Nov.2003

La portata per unità di larghezza è quindi:

zio
q 1

i
q = ac Uc = a Cc 2gho s (14.26)
a Cc

nin
+1
ho
Cc
Cq = s (14.27)
a Cc

odu
+1
ho

a 0,70
rm
0,65

Cc

ipr 0,60

Cq
.A

0,55

0,50
la r
0,0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6
a/b
f. A

Fig.14.13 Coefficiente di contrazione e coefficiente di portata per deflusso


da luce a battente
tata

Quando la luce è sufficientemente sottile (a/ho → 0) si può assumere il


coefficiente di Kirchhoff Cc = 0.61, si ottiene allora:
pro

Cq = Cc ' 0.61

14.8 Profili di sfioro


Vie

Il profilo inferiore delle vene degli stramazzi senza contrazioni laterali possono
essere assunti a riferimento come profili degli sfioratori degli scarichi di superfi-
cie. In linea di principio, se si prescinde dalla condizione di aderenza un profili
Impress Tryout

ne
A.Armanini- Mecc.Fluidi II 03/04 Università di Trento - Nov.2003 283

sagomato come il bordo inferiore di un getto stramazzante dovrebbe avere una

zio
distribuzione di pressioni costanti pari alla pressione atmosferica.

i
Nella letteratura sono state proposte diverse espressioni per la forma di

nin
tali profili; ancora oggi tuttavia viene ampiamente utilizzata l’espressione di
E.Scimeni del 1930.

à !1.85
z x

odu
= 0.5 Scimemi(1930) (14.28)
ho ho

a
Il profilo è calcolato a partire dal colmo del profilo stesso, punto rispetto
che si trova al di sopra del bordo di uscita di circa 0.12 h. Rispetto a questo
rm
punto viene anche calcolato il carico h, che pertanto risulta essere ho = 0.88ho .

ipr =
.A
la r
=
f. A

Un profilo analogo a quello di Scimemi ma più cautelativo è quello proposto


da W.P. Creager del 1917.
tata

à !1.80
z x
= 0.47 Creager(1930) (14.29)
ho ho
pro

In entrambi i casi la portata sfiorata è data dalla:


Vie

q
3/2
q = Cq∗ 2 g ho (14.30)

nella quale, sempre secondo Scimemi, si può porre Cq∗ = 0.49 ÷ 0.50
Impress Tryout

ne
284 A.Armanini Mecc.Fluidi II 03/04 Università di Trento - Nov.2003

zio
-1 0 1 2 3 4 5
0

i
nin
1 =

odu
3 =

a 4
rm
5

ipr
Fig.14.14 Profili di sfioro secondo Scimemi e secondo Creager
.A

14.9 Configurazione dei getti liquidi


la r
Per studiare la configurazione del getto liquido prodotto da un idrante, conviene
adottare l’approccio lagrangiano, immaginando che la sezione trasversale del
getto rimanga invariata. Questa ipotesi è bene verificata se la velocità iniziale
f. A

del getto è sufficientemente elevata, almeno nel tratto ascendente del getto.

y
tata
pro

α
Vie

Fig.14.15 Schema della traiettoria di un getto effluente da un ugello


Impress Tryout

ne
A.Armanini- Mecc.Fluidi II 03/04 Università di Trento - Nov.2003 285

Si pone il sistema di riferimento cartesiano (x, y) con l’asse x orizzontale e

zio
l’asse y orientato con la verticale ascendente e l’origine nella sezione di sbocco

i
dell’ugello. Si consideri quindi un elemento liquido di lunghezza infinitesima e
di sezione pari alla sezione trasversale del getto.

nin
Sia v = (vx , vy ) il vettore velcità lagrangiana dell’elemento e vo = (vox , voy )
la velocità iniziale, ossia la velocità all’uscita dall’ugello.
Trascurando l’attrito con l’aria e considerando il fluido perfetto l’accelerazione

odu
orizzontale dell’elemento è nulla, mentre quella verticale è pari a −g. le equazioni
del moto dell’elemento sono quindi:

a ax = 0 =
dvx
dt
d2 x
= 2
dt
(14.31)
rm
dvy d2 y
ay = −g = = 2 (14.32)
dt dt

ipr
che, integrate, danno:
.A

x = c1x t + c2x (14.33)


1
y = − gt2 + c1y t + c2y (14.34)
la r
2
Date le condizioni iniziale, risulta che:
f. A

c2x = c2y = 0
c1x = vox c1y = voy
tata

quindi, sostituendo in (14.31) e (14.32), si ottengono le equazioni parametriche


della traiettoria:
pro

x = vox t (14.35)
1
y = − gt2 + voy t (14.36)
2
Vie

eliminando t tra le equazioni (refgetto-3x) e (refgetto-3y), si ottiene:

1 x2 voy
y=− g 2 + x (14.37)
2 vox vox
Impress Tryout

ne
286 A.Armanini Mecc.Fluidi II 03/04 Università di Trento - Nov.2003

La (14.37) che rappresenta l’equazione di unaqparabola e può essere conve-

zio
nientemente scritta in funzione del modulo vo = vox 2 + v 2 del vettore velocità
oy

i
iniziale e dell’angolo α da esso formato con l’asse orizzontale:

nin
1 x2
y=− g 2 + x tan α (14.38)
2 vo cos2 α
La gittata del getto, vale a dire l’ascissa x del punto di caduta del getto, si

odu
ottiene ponendo y = 0 nella equazione (14.38) e scartando la soluzione (x = o):

a 1
0=− g 2
x
2 vo cos α
+ sin α
rm
v2 v2
x = 2 sin α cos α o = sin 2α o (14.39)
g g

ipr
Dalla (14.39) si evince che massima gittata si ha per α = 45◦ .
La massima altezza y raggiunta dal getto si realizza nel punto di ascissa
.A

x = 0.5x = vo2 /g sin α cos α:

1 vo2 v2 1 v2
y=− sin2 α + o sin2 α = g o sin2 α (14.40)
la r
2 g g 2 g
Si verifica facilmente che in questa sezione si ha:
f. A

vo2 v2
= y + ox (14.41)
2g 2g
in conformità c al on il teorema di Bernoulli.
tata
pro
Vie
e
on
Indice

ni

uzi
ani
11 MOTO UNIFORME NELLE CONDOTTE CILINDRICHE 221
11.1 Moto uniforme nei tubi cilindrici . . . . . . . . . . . . . . . . . . 222
11.1.1 distribuzione degli sforzi tangenziali . . . . . . . . . . . . 222

od
11.1.2 Regione interna . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 225
11.1.3 Regione esterna o di scia . . . . . . . . . . . . . . . . . . 229
11.2 Velocità media e portata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 229
m

11.3 Resistenza al moto e coefficiente di resistenza . . . . . . . . . . 231


11.3.1 diagramma di Moody . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 233
ipr
11.3.2 formule di Colebrook e White . . . . . . . . . . . . . . . 234
11.4 Moto uniforme in condotte a sezione non circolare . . . . . . . . 235
Ar

11.4.1 raggio idraulico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 235


11.4.2 formule empiriche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 236
11.4.3 moto nei canali a pelo libero: sezione compatta . . . . . 238
ar

12 FENOMENI LOCALIZZATI NELLE CONDOTTE 243


12.1 Separazione dello strato limite . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 243
A.

12.2 Perdite di tipo Borda . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 245


12.2.1 diffusori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 247
ta l

12.2.2 imbocchi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 248


12.2.3 sbocchi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 248
12.2.4 collegamento tra due serbatoi, brusco e sagomato . . . . 250
12.2.5 gomiti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 251
eta
Vi

220
e
on
Capitolo 11

ni

uzi
MOTO UNIFORME NELLE
ani
CONDOTTE CILINDRICHE

od
Si consideri una condotta cilindrica, alimentata con portata costante nel tempo
m

e dotata di un imbocco raccordata. A partire dall’inizio dell’imbocco si ha la


formazione a ridosso della parete di una zona di influenzata dalla viscosità che
ipr
presenta forti gradienti di velocità in direzione normale alla parete, simile ad
uno strato limite. Questa zona va rapidamente crescendo via via che si procede
Ar

verso l’interno della tubazione.


ar

u(r)
A.

u D
ta l

L=40-60 D
= (0.03 R e )D
adattamento
eta

Fig.11.1 Schema del moto nel tratto iniziale di una tubazione


In effetti, essendo questa zona non piccola rispetto alla intera sezione della
tubazione, non si potrebbe parlare di strato limite, il fenomeno presenta tut-
Vi

221
222 A.Armanini Mecc-Fluidi II 05/06 Università di Trento - Ott.2005

e
tavia moltissime analogie con quest’ultimo. All’esterno di quest’area distur-
bata, si può assumere che il moto sia ancora di tipo a potenziale.

on
La zona di influenza dell’effetto di parete tende quindi ad interessare tutta la
sezione e ad una distanza dall’imbocco pari a circa ∼ 0.03Re volte il diametro,
dove (Re = U D/ν) il Reynolds della tubazione, il moto si può considerare
uniforme. Questa distanza in prima approssimazione può essere rapportata al
diametro della condotta, risultando circa 50 ÷ 60 volte il diametro.

ni

uzi
A valle di questa distanza di adattamento quindi l’accelerazione in direzione
del moto è nulla:
ani
∂us ∂us
as = + us =0 (11.1)
∂t ∂s

od
∂us
essendo inoltre il moto permanente, ∂t
= 0, si ha che

∂us
m

=0
∂s
ipr
11.1 Moto uniforme nei tubi cilindrici
Ar

11.1.1 distribuzione degli sforzi tangenziali


ar
Si consideri un volume di controllo formato da cilindro di raggio r e altezza dx,
coassiale con la tubazione di raggio R.
Si applichi al volume di controllo cosı̀ definito il bilancio di quantità di
A.

moto:
ta l

 ∂  
Fe = ρ u d∀c + 
ρ u(u · dA) (11.2)
∂t ∀c Σc

Considerando che si tratta di moto permanente, il primo termine a secondo


membro è nullo.
Se si esegue il bilancio nella direzione x del moto, le forze esterne al volume
eta

di controllo da considerare sono: la risultante delle forze di pressione che agis-


cono sulle facce laterali, la forza peso e la risultante degli sforzi di attrito che
agiscono sulla faccia laterale del cilindro. Nel caso che il moto sia turbolento e
statisticamente stazionario, questi includono anche gli sforzi di Reynolds.
Vi
A.Armanini- Mecc-Fluidi II 04/05 Università di Trento - Ott. 2005 223

e
dx

on
h R
p τT τT
r
 ∂p 
τT p+ dx 
τT  ∂x 

ni
dx
α x

uzi
dh
dh
cos α =
dx
 ∂h 
G = (− g )ρ ( πr 2 ) dx  
ani
 ∂x 

od
Fig.11.2 Bilancio delle forze su un cilindretto in asse delle tubazione
m

∂p ∂h
p (π r2 ) − (p + dx) (π r2 ) − ρ g (π r2 ) dx − τT (2 π r) dx = 0 (11.3)
∂x ∂x
ipr
Semplificando si ottiene:
Ar

∂p ∂h
− r − ρg r − 2 τT = 0 (11.4)
∂x ∂x
1 ∂ r
ar
τT = −
(p + ρ g h) r = γ i (11.5)
2 ∂x 2
∂ p
ove si è introdotta la cadente piezometrica i = ∂x ( γ + h).
A.

Secondo la (11.5) la distribuzione degli sforzi tangenziali totali è di tipo


triangolare.
ta l

r
y
τT
x
eta

τo

Fig.11.3 Distribuzione degli sforzi totali nella sezione trasversale di una


tubazione in moto uniforme
Vi
224 A.Armanini Mecc-Fluidi II 05/06 Università di Trento - Ott.2005

e
In particolare, lo sforzo alla parete risulta:
R

on
τo =
γi (11.6)
2
e quindi dal rapporto tra la (11.5) e la (11.6):
τT r R−y y
= = =1− (11.7)

ni τo R R R

uzi
1
Lo sforzo totale assomma il contributo dello sforzo viscoso
∂ux ∂ux
= −µ
ani
τµ = µ (11.9)
∂y ∂r
e dello sforzo apparente turbolento:

od
τtur = − ρ ux uy (11.10)
Sostituendo nella (11.5), si ottiene:
m

 
∂ux r y
τT = µ − ρ ux uy = γ i = τo 1 − (11.11)
ipr ∂y 2 R
Tenendo conto che le linee di corrente sono rettilinee e parallele, dal bilancio
Ar

della quantità di moto in direzione radiale risulta che la distribuzione delle


pressioni è idrostatica in direzione radiale, vale a dire che (i = −∂(p/γ +h)/∂x)
è costante rispetto ad r. Per potere integrare la eq.(11.11) è anche necessario
ar
trovare una relazione relazione di chiusura della turbolenza) che leghi lo sforzo
apparente ρux uy alla velocità media ux . Come già fatto per lo strato limite
turbolento, si può adottare il modello diffusivo di Boussinesq.
A.

∂ux
−ρ ux uy = ρε
= (11.12)
ta l

∂y
dove appunto ε rappresenta il coefficiente di diffusione turbolenta.
Si ottiene cosı̀:
 
∂ux y
τT = ρ(ν + ε) = τo 1− (11.13)
∂y R
eta

1
ove si è tenuto conto che la distanza dalla parete y può essere espressa in funzione della
distanza radiale r:

y =R−r e dy = −dr (11.8)


Vi
A.Armanini- Mecc-Fluidi II 04/05 Università di Trento - Ott. 2005 225

e
11.1.2 Regione interna
In stretta analogia a quanto già visto per lo strato limite lungo la piastra, esiste

on
un zona a contatto con la parete condizionata interamente dalla presenza della
parete stessa. Lo spessore di questa regione risulta essere:
y u∗
y+ = ≤ 70 ÷ 100 (11.14)

ni
ν

uzi
Misurata rispetto alla distanza dall’asse l’estensione della regione interna
risulta comunque modesta (r ≤ 0.85R), tanto che il secondo termine a destra
della (11.13) è trascurabile e lo sforzo totale può essere considerato costante e
ani
pari al suo valore alla parete:

∂u

od
τT = ρ(ν + ε) = τo (11.15)
∂y
La soluzione della (11.15) è quindi formalmente la stessa della regione in-
m

terna dello strato limite lungo la piastra.


Come nello strato limite la regione interna è divisa in tre sottostrati: il
ipr
sottostrato viscoso, la cui estensione risulta essere pari a 5u∗ /ν, caratterizzato
da assenza di turbolenza e da una distribuzione lineare delle velocità:
Ar

u+ = y + (11.16)
u y u∗
dove u+ = e y+ =
ar
.
u∗ ν
Nella fascia 5 < y + < 30 si sviluppa una zona di buffer, all’interno della
quale gli sforzi viscosi e quelli apparenti sono dello stesso ordine di grandezza.
A.

Anche nel caso delle tubazioni, nella maggior parte delle applicazioni questa
zona viene trascurata e si assume che per y +  11.6 si abbia il passaggio al
ta l

sottostrato di turbolenza di parete.


Nella fascia 30 < y + < 100 ÷ 120 si quindi il sottostrato di turbolenza
di parete, all’interno del quale lo sforzo viscoso del moto medio è trascurabile
rispetto a quello apparente. Anche in questo caso la distribuzione delle velocità
è di tipo logaritmico:
eta

1
u+ = ln y + + B (11.17)
κ
Quando y + supera il valore di circa 120 inizia la cosiddetta regione es-
terna, che si estende fino al centro della tubazione. Nella regione esterna
Vi
226 A.Armanini Mecc-Fluidi II 05/06 Università di Trento - Ott.2005

e
non è più possibile considerare costante lo sforzo totale. Espressa rispetto alle
variabili esterne, la regione esterna si estende per r ≤∼ 0.85R.

on
Nella equazione (11.17) κ è la costante di von Kàrmàn. In effetti una soluzione
si seconda approssimazione ottenuta da Tennekes (1968) mostra che, se si tiene
conto della variazione radiale degli sforzi tangenziali, la costante di von Kàrmàn
non è più tale, ma diviene una funzione del numero di Reynolds: (κ = 0.33/(1−
2.1Re−1/3 ) ). Poichè la maggior parte degli esperimenti sono stati condotti con

ni

uzi
numeri di Reynolds non sufficientemente elevati, nell’intervallo dei valori di
Reynolds sperimentati risulta con buona approssimazione κ = 0.4 ÷ 4.1.
Anche sulla costante B esiste una certa discordanza tra gli sperimentatori.
ani
Nikuradse, che per primo verificò la legge (11.17), propose κ = 0.4 e B = 5.5.

30
u+

od
regione interna regione esterna
25 sotto- sottostrato
strato buffer turbolenza
20 viscoso di parete
m

legge di scia
15
ipr y+=11.6
Ar

10

5
y+=350
ar y+=35
y+=5

0
1 10 100 1000 y+ 10000
A.

Fig.11.4 Distribuzione delle velocità in una tubazione in regime di moto


ta l

turbolento

parete idraulicamente scabra

In questo caso le asperità creano una serie di effetti di scia, rappresen-


tati, come verrà spiegato nel successivo capitolo, da successioni di vortici di
dimensione tale da perturbare il sottostrato viscoso facendone perdere appunto
eta

le caratteristiche di regolarità che rendono dominante l’effetto della viscosità.


Per quantificare questi effetti bisogna porre a confronto la dimensione delle
asperità es con la dimensione del sottostrati viscoso δ   5ν/u∗ .
Il rapporto tra queste due grandezze è dato dal seguente parametro:
Vi
A.Armanini- Mecc-Fluidi II 04/05 Università di Trento - Ott. 2005 227

e
es u∗
e+ = (11.18)
ν

on
Risulta alquanto problematico definire la scabrezza di una parete, basti
osservare che da sola la dimensione geometrica delle asperità della parete non
è sufficiente a definire il comportamento idraulico della parete, come si evince
dalla figura seguente in cui sono messe a confronto tre tipologie di scabrezza

ni

uzi
aventi la stessa dimensione geometrica.
e

1) scabrezza naturale
ani
u e

od
2) scabrezza artificiale
orientata
u
e
m

2) scabrezza artificiale
orientata
ipr
Ar

Fig.11.5 Diversi schemi di scabrezza

Per definire la scabrezza Johann Nikuradse(1933), un allievo di Prandtl,


ar
condusse una celebre serie di esperimenti con tubi commerciali resi artificial-
mente, incollandovi sulle pareti interne dei granelli di sabbia omogenea di
diametro es ed assegnando convenzionalmente alla scabrezza il diametro dei
A.

granelli di sabbia.
Sulla base delle esperienze di Nikuradse, si è osservato che, per e+ > 35 ÷
ta l

70 il sottostrato viscoso scompare e la parete risulta essere completamente


scabra dal punto di vista idraulico, ossia idraulicamente scabra. Assieme
all’annichilimento del sottostrato viscoso si ha anche la scomparsa degli effetti
della viscosità sul campo di moto medio.
Quando questo parametro risulta sufficientemente piccolo, vale a dire per
e+ < 5 invece la scabrezza della parete risulta ininfluente sulla dinamica del
eta

sottostrato viscoso, e quindi la parete risulta idraulicamente liscia.


Per i valori intermedi 5 < e+ < 35 ÷ 70 si ha in prossimità della parete sia
l’influenza della viscosità che quella della scabrezza sul campo di moto.
In definitiva:
Vi
228 A.Armanini Mecc-Fluidi II 05/06 Università di Trento - Ott.2005

0 < e+ < 5

e
tubo liscio
5 < e+ < 70 comportamento intermedio
e+ > 70

on
tubi scabri

Nel caso di parete idraulicamente scabra quindi il sottostrato di turbolenza


di parete si appoggia direttamente sulle scabrezze, la cui dimensione es diviene
la scala di riferimento: la distribuzione delle velocità è sempre di tipo logarit-

ni

uzi
mico, ma la scala di riferimento delle distanze non dipende più dalla viscosità
(ν/u∗ ), ma dalla es stessa.
ani
1 y
u+ = ln + B (11.19)
κ es

od
con:
B = 8.5

2
m

Nella legge (11.19) può essere utilizzata anche per la parete liscia, purchè si
faccia dipendere B da e+ , in forma più generale:
ipr
u 1 y
= ln + B(e+ ) (11.20)
Ar

u∗ κ es
12
B
ar
10
8
6
A.

4 liscia transizione idraulicamente


ta l

scabra
2
0
e+
1 10 100 1000 10000
e + =5 e + =70
eta

Fig.11.6 Funzione B(e+ ) della legge logaritmica (11.20)


2
La costante B, detta anche costante di Keulegan, è stata recentemente stimata da
Reynolds (1974) con un’incertezza del 15%: B = 8.5 ± 15%
Vi
A.Armanini- Mecc-Fluidi II 04/05 Università di Trento - Ott. 2005 229

e
11.1.3 Regione esterna o di scia
L’estensione della regione esterna nel tubo è meno estesa di quella dello strato

on
limite. Anche in questo caso la distribuzione delle velocità nella regione es-
terna viene rappresentata da una legge di deficit di velocità in funzione della
coordinata adimensionale esterna η = y/R. Tale legge è formalmente analoga
a quella dello strato limite.

ni

uzi
u − umax 1
= ln η + B∗ (11.21)
u∗ κ
ani
Il valore della costante B∗ risulta minore di quello dello strato limite.
Questo significa che la deviazione del valore misurato rispetto a quello pre-
visto dalla distribuzione logaritmica è minore nel caso dei tubi.

od
Una legge di scia W (η) che adatta bene la legge logaritmica ai valori mis-
urati è stata proposta da Tennekes e Lumley (1987):

u − umax
m


 1

 = ln η − 1 + W (η)
u∗ 0.4


ipr con: (11.22)


W (η) = 12 (sin π(η − 12 ) + 1)
Ar

11.2 Velocità media e portata


ar
La portata si ottiene integrando il profilo delle velocità sulla sezione.
Data la piccola estensione
A.

dell’eventuale sottostrato
viscoso e dai gradienti
ta l

modesti nel sottostrato dr


r
R
esterno, l’errore che si
commette estendendo nella
valutazione della portata la
legge logaritmica a tutto il
tubo è modesto.
eta

Con riferimento allo schema di figura precedente si ottiene cosı̀:

 
1 y u∗
dQ = u (2πr) dr = 2πr u∗ ln + 5.5 dr tubo liscio (11.23)
κ ν
Vi
230 A.Armanini Mecc-Fluidi II 05/06 Università di Trento - Ott.2005
 
1 y

e
dQ = u (2πr) dr = 2πr u∗ ln + 8.5 dr tubi scabri (11.24)
κ es

on
Integrando si ha:3

 
2 1 R u∗
Q = πR u∗ ln + 1.75 tubo liscio (11.25)

ni
κ ν

uzi
 
1 R
Q = πR2 u∗ ln + 4.75 tubi scabri (11.26)
ani
κ es

Spesso le portata viene riferita ai logaritmi decimali, invece che a quelli

od
neperiani. In questo caso, introducendo la velocità media sulla sezione U =
Q
, si ottiene:
πR2
m

 
R u∗
U = u∗ 5.75 log10 + 1.75 tubo liscio
ipr ν
Ar

 
R
U = u∗ 5.75 log10 + 4.75 tubi scabri
es
ar

La legge di distribuzione delle velocità scritta come deficit rispetto alla


A.

velocità media, risulta essere la stessa per il tubo liscio e per i tubi scabri:
ta l

 R  R   
ln yrdr = ln(R − r)rdr = − ln(x) (R − x) dx = x ln(x) dx − R ln(x) dx =
0 0
 
1 2 1
x ln(x) − − Rx(ln(x) − 1)
2 2
 
R
1 1

eta

2
= (R − r) ln(R − r) − − R(R − r) (ln(R − r) − 1)

2 2 0
 
1 2 1 1 3
= − R ln(R) − + R2 (ln(R) − 1) = R2 ln(R) − R2
2 2 2 4
Vi
A.Armanini- Mecc-Fluidi II 04/05 Università di Trento - Ott. 2005 231

e
u−U 1 y
= ln + 3.75 (11.27)

on
u∗ κ R
In particolare per la velocità massima, sull’asse del tubo si ha:

umax − U
= 3.75 (11.28)

ni
u∗

uzi
11.3 Resistenza al moto e coefficiente di resi-
ani
stenza
Analogamente a quanto fatto per la piastra si può definire il coefficiente di

od
scabrezza per i tubi, avendo l’accortezza di riferirlo alla velocità media anzichè
alla velocità massima (velocità esterna per lo strato limite):
m

τo
f =8 (11.29)
ρ U2
ipr
nella quale è stato introdotto un fattore 8 per ragioni che saranno evidenti più
Ar

avanti.
Ricordando che la (11.6) dà (τo = γ i R/2 ) o anche che (τo = ρu2∗ ), si ottiene:

u2∗ g R2 i
ar
f =8 2 =8 2 (11.30)
U U
La formula (11.30) è nota come formula di moto uniforme di Darcy-Weisbach
A.

ed è di solito scritta nella seguente forma:


ta l

f U2 ∂ p U2
i= = iE = − ( + h + α ) (11.31)
d 2g ∂x γ 2g
La forma dell’espressione (11.31) giustifica il fattore 8 nell’equazione (11.29).
Il valore di u∗ /U , che compare nel secondo membro della (11.30), può
essere calcolato utilizzando i valori si ottengono dalla (11.25) e dalla (11.26),
eta

rispettivamente per il tubo liscio e per i tubi scabri:


8 U RU f
= = 5.75 log10 + 1.75 tubo liscio (11.32)
f u∗ ν 8
Vi
232 A.Armanini Mecc-Fluidi II 05/06 Università di Trento - Ott.2005

e
8 U R
= = 5.75 log10 + 4.75 tubi scabri (11.33)
f u∗ es

on
ni

uzi
ani

od
m

ipr
Fig.11.7 Arpa di Nikuradse
Ar

Le costanti delle equazioni ottenute sono state leggermente modificate da


Prandtl nel 1935 per tener conto del sotto strato viscoso e della regione esterna
ar
in modo da interpretare al meglio il comportamento dei dati relativi ai tubi a
bassi valori del numero di Reynolds, ottenendo quindi:
A.


√1 = 2 log10 Re f − 0.8 tubo liscio (11.34)
f
ta l

R
√1 = 2 log10 + 1.74 tubi scabri (11.35)
f es

e per il regime laminare:


64
f= (11.36)
Re
eta

dove Re = UνD è il numero di Reynolds della condotta.


Le equazioni di cui sopra sono note come formule di Prandtl-von Kàrmàn,
sono state verificate sperimentalmente da Nikuradse, che con le sue famose
esperienze, ha anche definito la scabrezza artificiale in sabbia.
Vi
A.Armanini- Mecc-Fluidi II 04/05 Università di Trento - Ott. 2005 233

e
11.3.1 diagramma di Moody
Il diagramma di Nikuradse è caratterizzato da curve con un evidente andamento

on
a ginocchio, cioè le curve con scabrezza relativa costante presentano un minimo
nella zona di transizione. Ripetendo le stesse esperienze per i tubi manufatti,
si trova un diagramma sperimentale che non presenta l’andamento a ginocchio
ma curve monotone. Il diagramma che si ottiene per i tubi commerciali è noto
come diagramma di Moody (1944).

ni

uzi
Nel diagramma di Moody la scabrezza dei tubi manufatti viene assegnata
per equivalenza della funzione di resistenza con il diagramma di Nikuradse.
Nello stesso diagramma viene riportato anche l’andamento della funzione
ani
di resistenza per il tubo in regime laminare:
64

od
f= (11.37)
Re
1001
moto turbolento
m

f transi-
tubi idraulicamente scabri
ipr zione

−1
100,1
Ar

e/D=0,05
0,02
ar
0,002
0,0002
−2
0,01
10 moto laminare 0,00002
A.

tubo liscio
ta l

−3
0,001
10
1e+02
102
1e+03
10 3 1e+04
104
1e+05
10 5 1e+06
106
1e+07
107 108
1e+08

U D
Re =
ν
eta

Fig.11.8 Diagramma di Moody


Nella tabella successiva vengono riportati alcuni valori della scabrezza equiv-
alente relativa a diversi materiali utilizzati nella tecnica.
Vi
234 A.Armanini Mecc-Fluidi II 05/06 Università di Trento - Ott.2005

e
Tab. 11.1 Valori di scabrezza equivalente per alcuni tipi di materiale da
impiegare nella formule di Prandtl-von Kàrmàn

on
Materiale es [mm]

ni
PVC, vetro, ottone 0.01 ÷ 0.02

uzi
tubi verniciati 0.02
tubi in acciaio chiodati 1 ÷ 10
tubi nuovi in acciaio trafilati 0.25
ani
tubi vecchi in acciaio trafilati 1 ÷ 1.5
tubi in cemento lisciato 0.3 ÷ 3
tubi in malta non lisciata 3 ÷ 10

od
tubi in ghisa 0.3 ÷ 0.5
tubi in ghisa asfaltata 0.1 ÷ 0.2
gallerie in roccia 90 ÷ 600
m

ipr
Ar

ar
11.3.2 formule di Colebrook e White
Nel regime intermedio i punti sperimentali sono interpolati dalla formula semi-
A.

empirica di Colebrook & White (1939):


ta l

 
D

1
√ − 2 log10
D  es 
= 1.14 − 2 log10 1 + 9.35 √  (11.38)
f es  Re f 

che può anche essere riscritta come:


eta

 
1 es 2.52
√ = −2 log10 + √ (11.39)
f 3.71 D Re f
Vi
A.Armanini- Mecc-Fluidi II 04/05 Università di Trento - Ott. 2005 235

e
11.4 Moto uniforme in condotte a sezione non
circolare

on
11.4.1 raggio idraulico

ni
dx

uzi
h
pA
τo

τo  p + ∂p 
ani
A
 ∂x dx  A

od
G = γ A dx

 ∂h 
 −  g ρ A dx
m

 ∂x 

Fig.11.9
ipr
Bilancio globale delle forze in un condotto cilindrico in moto
uniforme
Ar

  
∂p ∂h ∂
τo dCont ) dx = pA − p + dx − ρ gA dx = − (p + γ h) A dx
ar
(
∂x ∂x ∂x
Cont
(11.40)

A.

L’integrale ( τo dCont ) rappresenta la


Cont
risultante degli sforzi tangenziali lungo la τo
ta l

parete del condotto (contorno bagnato).


1 
τo
τo = τo dCont (11.41) Cont
Cont
Cont

rappresenta il valore medio dello sforzo tan-


eta

genziale sul contorno.


L’equazione di bilancio (11.40) si può quindi riscrivere cosı̀:


τo Cont = − (p + γ h) A (11.42)
∂x
Vi
236 A.Armanini Mecc-Fluidi II 05/06 Università di Trento - Ott.2005

e
A
Il rapporto Rh = tra la sezione liquida e il contorno bagnato viene
Cont
detto raggio idraulico, i = −∂(p/γ + h)/∂x è la cadente pezometrica. Dalla

on
(11.42) si ha quindi:

τo = Rh γ i (11.43)
In particolare per la sezione circolare si ottiene la seguente espressione per il

ni

uzi
raggio idraulico:

A πD2 1 D
Rh = = = (11.44)
Cont 4 πD 4
ani
Con buona approssimazione le relazioni dei tubi circolari si possono esten-
dere a condotti di sezione compatta semplicemente sostituendo al diametro D

od
il valore 4Rh :




f U2
 i=
m

4Rh 2g  (11.45)

 es 4Rh U

 f =f ,
ipr 4Rh ν
Ar

circolazioni secondarie
ar
A.

ta l

Fig.11.10 Circolazione secondarie in un condotto a sezione rettangolare

11.4.2 formule empiriche


eta

formula di Chèzy Tadini


Una delle prime formule monomie, ancora oggi utilizza, fu introdotta, su basi
puramente empiriche, da Antoine Chèzy (1768), professore dell’Ecole des Pontes
Vi
A.Armanini- Mecc-Fluidi II 04/05 Università di Trento - Ott. 2005 237

e
et Chaussées di Parigi:

on
D
U =χ i (11.46)
4

La formula, particolarmente semplice per la sua forma quadratica, fu rifor-

ni
mulata successivamente ed indipendentemente anche da altri autori, tra i quali

uzi
in Italia Tadini (1830).
Chèzy ipotizzò che il coefficiente χ fosse costante: χ = cost = 50 [m1/2 s−1 ]
Dal confronto tra la formula di Chèzy e la formula di Darcy-Weisbach, si ha:
ani

od
U2 f U2
i= =
χ D4 D 2g

χ 8 U
m

√ = =
g f u∗
ipr
Poichè (f = f (Re , De )), anche χ dovrebbe dipendere da questi due parametri.
Ar

Di norma la formula di Chèzy viene applicata solo nel regime di tubo idraulica-
mente scabro, per cui non è prevista una dipendenza dal numero di Reynolds,
mentre esistono delle espressioni empiriche che mettono in conto la dipendenza
ar
del coefficiente di Chèzy dalla scabrezza:
A.

87
χ = γB Bazin(1897)
1+ 
ta l

D/4
γ = 0.06 m1/2 cemento
γ = 0.36 m1/2 ghisa

100
χ = mK Kutter(1869)
eta

1+ 
D/4
mK = 0, 175 m1/2 ghisa nuova
mk = 0, 350 m1/2 gres consumato
Vi
238 A.Armanini Mecc-Fluidi II 05/06 Università di Trento - Ott.2005

e
formule monomie

 α

on
D
U =k iβ (11.47)
4

Gauckler-Strickler

ni

uzi
 2/3
D
U = ks i1/2 [m1/3 s−1 ] (11.48)
4
ani
Dal confronto tra la formula di Gauckler(1868) e Strickler(1923) e la formula
di Darcy-Weisbach, si ha:

od
U2 f U2
i= =
ks2 (D/4)4/3 D 2g
8g −1/3
m

f = D
ks
ipr (11.49)
Ar

Poichè (f = f (Re , De )), anche ks dovrebbe dipendere da questi due parametri.


Anche la formula di Gauckler-Strickler viene applicata solo nel regime di tubo
idraulicamente scabro, per cui non è prevista una dipendenza dal numero di
ar
Reynolds. Per quanto riguarda la dipendenza dalla scabrezza relativa, basta os-
servare che, se (ks ∝ e−1/3
s ), la dipendenza dalla scabrezza relativa è assicurata,
per cui ks dipende solo dalla scabrezza assoluta.
A.

Dal confronto tra la formula di Chèzy e la formula di Gauckler-Strickler si ha


inoltre:
ta l

D 1/6
χ = ks (11.50)
4

11.4.3 moto nei canali a pelo libero: sezione compatta


Il caso del moto uniforme nei canali prismatici può essere affrontato con gli
eta

stessi strumenti utilizzati per la sezione non circolare, con alcune avvertenze:

– Le forze esterne al volume di controllo in questo caso sono solo la forza


di gravità, in quanto, essendo il canale cilindrico e uniforme il campo
Vi
A.Armanini- Mecc-Fluidi II 04/05 Università di Trento - Ott. 2005 239

e
di moto, le forse di pressione agenti sulle sezioni di monte e di valle si
bilanciano tra di loro.

on
ni

uzi
ani

od
Fig.11.11 Bilancio globale delle forze in un canale a moto uniforme
m

ipr
Se la pendenza del canale è piccola allora si può assumere sin α = tan α =
∂(hsl + zb )/∂x, dove hsl rappresenta il tirante idrico, zb rappresenta la
Ar

quota del (punto più depresso del) fondo e quindi (zb + hsl ) la quota della
superficie libera. Essendo inoltre il moto uniforme, la pendenza della
 ∂h + z 
sl b
superficie libera coincide con la pendenza del fondo: i = − =
ar
∂x
∂zb
− . Il bilancio delle forze nella direzione del moto fornisce allora la
∂x
seguente relazione:
A.


ta l

∂hsl + zb
( τo dCont ) dx = −ρ gA dx
∂x
Cont
τo Cont = A γ i
τo = Rh γ i (11.51)
eta

del tutto ananloga alla (11.43).

– lo sforzo tangenziale sulla porzione di contorno appartenente alla super-


ficie è trascurabile, per cui questa parte del contorno non viene inserita
nel calcolo del raggio idraulico;
Vi
240 A.Armanini Mecc-Fluidi II 05/06 Università di Trento - Ott.2005

e
– l’area liquida è una variabile dipendente del problema, per cui spesso il
corso d’acqua, ancorchè in moto permanente, non è in moto uniforme

on
(vedasi figura 11.12 );

A h sl

ni

uzi
b
zb
h sl
ani

od
zb
m

ipr
Fig.11.12 Canale a pelo libero in moto non uniforme
Ar

– se la sezione è sufficientemente larga b ≥ hsl il contributo delle sponde sul


contorno bagnato è trascurabile, per cui il raggio idraulico coincide con
ar
il tirante Rh  hsl ;

– nei corsi d’acqua naturali e spesso nei canali artificiali la sezione non è
A.

compatta e quindi il metodo non è immediatamente applicabile, come


verrà meglio spiegato nel paragrafo successivo.
ta l

sezioni con espansioni di golena


Nel caso di corsi d’acqua naturali spesso la sezione è assai irregolare, tanto che è
difficilmente assimilabile ad una sezione compatta. Spesso il corso d’acqua pre-
senta un canale principale inciso thalweg nel quale il fiume scorre in condizioni
di magra, affiancato da aree che vengono esondate in condizioni di piena golene.
eta

Inoltre a causa delle diverse condizioni di umidità le golene sono caratterizzate


da presenza di vegetazione naturale (e spesso artificiale) rigogliosa tanto che la
loro scabrezza assoluta e, a maggior ragione, la loro scabrezza relativa è assai
maggiore di quella del thalweg.
Vi
A.Armanini- Mecc-Fluidi II 04/05 Università di Trento - Ott. 2005 241

e
on
ni

uzi
ani

od
Fig.11.13 Canale con espansioni di golena

In questo caso si può dividere la sezione in sub-aree (Ar ) in corrispondenza


m

delle variazioni di batimetria o delle variazioni di scabrezza ed applicare a


ciascuna delle sub-aree una formula di moto uniforme, che fornisce la portata
per ciascuna sub-area:
ipr

Ar

Qr = Ar χr (Rh )r i (11.52)
La portata totale sarà quindi data dalla somma dei singoli contributi:
ar

Q = Q1 + Q2 + Q3 = Qr (11.53)
r

In questa ipotesi si assume che la cadente della linea dell’energia di ciascuna


A.

sub-area sia sempre la stessa e, in moto uniforme, coincida con la pendenza


longitudinale dell’alveo. Si assume inoltre che lungo le linee di divisione in
ta l

sub-aree non si trasmettano sforzi tangenziali.


L’ipotesi è vera solo se le linee di divisione sono perpendicolare alle linee
isotachie, la cui distribuzione non è nota a priori poichè la loro posizione dipende
dalle variabili incognite stesse. In genere l’errore che si commette tagliando
in sub-area lungo linee verticale invece che lungo le normali alle isotachie è
tollerabile se il numero delle sub-aree non è eccessivo e se la profindità di
eta

ciascuna sub-area è piccola rispetto alla sua larghezza media.


Vi
242 A.Armanini Mecc-Fluidi II 05/06 Università di Trento - Ott.2005

e
on
ni

uzi
ani

od
m

ipr
Ar

ar
A.

ta l
eta
Vi
e
on
Capitolo 12

ni

uzi
FENOMENI LOCALIZZATI
ani
NELLE CONDOTTE

od
12.1 Separazione dello strato limite
m

Lo studio del moto in prossimità della parete di un corpo profilato non piano
ipr
con curvatura non troppo spinta, in presenza cioè di gradiente longitudinale
di pressione, può essere fatto semplificando le equazioni di Navier-Stokes sulla
Ar

base delle ipotesi di strato limite:

∂ux ∂ux 1 ∂p ∂ 2 ux
=−
ar
ux + uy +ν 2 (12.1)
∂x ∂y ρ ∂x ∂y
nell’eq.(12.1), nota come equazione di Prandtl, si è sfruttata la circostanza che,
A.

stante lo spessore modesto dello strato limite, i gradienti della velocità in di-
rezione longitudinale sono trascurabili rispetto a quelli in direzione trasversale.
ta l

A ridosso della parete l’eq.(12.1) può essere ulteriormente semplificata,


tenendo conto che per y → 0 si ha ux → 0 ed uy → 0:
 
∂p ∂ 2 ux
→µ (12.2)
∂x ∂y 2 y→0

Secondo la (12.2) cioè, in prossimità della superficie il gradiente delle pres-


eta

sioni determina la curvatura del profilo delle velocità.


Con riferimento alla figura 12.14, nel punto A, dove il gradiente delle pres-
sioni è negativo, in base alla (12.2) il profilo delle velocità è convesso. Nel punto
B, dove il gradiente della pressione si annulla, il profilo tende ad avere sulla
Vi

243
244 A.Armanini Mecc-Fluidi II 05/06 Università di Trento - Ott.2005

e
parete un andamento lineare, cioè un flesso alla parete. Nel successivo punto
C, dove il gradiente delle pressioni è positivo, il profilo è concavo alla parete

on
e il punto di flesso si è spostato dalla parete verso l’esterno. Se la corrente
continua a rimanere ritardata il punto di flesso tenderà ad allontanarsi ulteri-
ormente dalla parete e la concavità del profilo ad accentuarsi, fino a produrre
valori negativi della velocità, punto D.

ni
∂p ∂p
<0 >0

uzi
∂x ∂x
ani
y
Uo

od
ux
m

B C
A
ipr R
D
Ar

Fig.12.14 Schema di separazione dello strato limite


ar
Esisterà dunque un punto R, che separa la zona di velocità positiva alla
parete dalla la zona di velocità negative, nel quale il gradiente trasversale delle
velocità si annulla (lo sforzo tangenziale a sua volta si annulla). Da questo punto
A.

si diparte una linea di corrente che delimità la cosiddetta zona di separazione


di corrente o di separazione dello strato limite. La zona di separazione
ta l

è una zona di ricircolo della corrente, all’interno della quale, per ragioni di
continuità, la portata è nulla.
Le zone di separazione sono causa di molti inconvenienti, tra i quali aumenti
di resistenza dei corpi immersi e nel caso di moti turbolenti sono sede di forti
dissipazioni di energia.
Si può dire in generale che ogni volta che si sia in presenza di gradienti
eta

positivi di pressione esista la propensione al distacco dello strato limite.


Lo studio della separazione dello strato limite resta tuttora uno dei problemi
più difficili della meccanica dei fluidi. Esistono delle soluzioni approssimate
basate sull’integrazione della equazione dello strato limite di von Kàrmàn, nella
Vi
A.Armanini- Mecc-Fluidi II 04/05 Università di Trento - Ott. 2005 245

e
quale vengono introdotte delle particolari funzioni di forma. Con questi metodi
si riesce a prevedere abbastanza bene l’insorgere della separazione dello strato

on
limite, mentre l’esatta ubicazione del punto di distacco è più incerta, salvo per
quei casi, come si vedrà più avanti in cui si sia in presenza di spigoli vivi.

12.2 Perdite di tipo Borda

ni

uzi
Una dei fenomeni più importanti di separazione dello strato limite è quella che
si verifica in corrispondenza di un brusco allargamento di sezione. Il fenomeno
era già stato studiato con bilanci globali nel 1776 da J.C.Borda, dal quale
ani
ancora oggi prende il nome.

od
m

ipr
Ar

0
1 2
ar

Fig.12.15 Schema di un allargamento di sezione


A.

Per poter curvare mantenendosi adiacente alla parete in prossimità dello


spigolo la corrente dovrebbe, nell’ipotesi di fluido perfetto, essere soggetta a gra-
ta l

dienti di pressioni negativi, che tendono a → −∞, secondo la seconda equazione


di Eulero:
∂ u2
(p + γ h) = −ρ
∂n R
eta


Per R → 0 si avrebbe infatti: (p + γ h) → −∞.
∂n
Questo non avviene se c’è la separazione dello strato limite che consente alla
linea di corrente di allontanarsi dallo spigolo riducendo al minimo la curvatura.
Il moto che segue alla separazione dello strato limite può essere visto come un
Vi
246 A.Armanini Mecc-Fluidi II 05/06 Università di Trento - Ott.2005

e
fenomeno diffusivo molto simile a quello di un getto, essendo però il campo
confinato, la separazione provoca un fenomeno di separazione di corrente con

on
ricircolazione, ossia con le linee di corrente (intese come relative alle velocità
medie, se il moto è turbolento) che si racchiudono sui sè stesse.
Le zone di separazione sono sede di forti dissipazioni di energia, alta in-
tensità della turbolenza (con piccole velocità medie) e scale temporali relativa-
mente elevate che determinano vistose oscillazioni della zona di separazione e

ni

uzi
soprattutto del suo punto di riattacco. Queste pulsazioni sono fonte di fenomeni
diffusivi trasversali relativamente elevati che consentono un certo scambio anche
nelle zone di separazione.
ani
   
∆Energ p U2 p U2
= ∆E = + − + (12.3)

od
γQ γ 2g 1
γ 2g 2

(p1 − p2 ) U12 − U22


m

= + (12.4)
γ 2g
ipr
Dall’applicazione del teorema della quantità di moto al volume di controllo, si
ottiene:
Ar

p1 A1 − p2 A2 − τo (2 π R) ∆x = ρ Q(U2 − U1 )
ar
A2 (p1 − p2 )  ρ U2 A2 (U2 − U1 )
(p1 − p2 ) = ρ U2 (U2 − U1 ) (12.5)
A.

Dopo aver trascurato il termine relativo agli sforzi tangenziali, per sostituzione
di (12.5) in (12.4), si ottiene:
ta l

ρ U 2 − U22
∆E = U2 (U2 − U1 ) + 1
γ 2g
1  
= 2 U22 − 2 U2 U1 + U12 − U22
2g
eta

1
= (U2 − U1 )2 (12.6)
2g

in termini di area:
Vi
A.Armanini- Mecc-Fluidi II 04/05 Università di Trento - Ott. 2005 247

e
 2  2
1 2 Uo2 U2 Uo2 Ao
(U2 − U1 ) = −1 −1

on
∆E = =
2g 2g Uo 2g A2
 2 2
Uo2 Do Uo2
= −1 =ξ
2g D2 2g
 2 2

ni
Do

uzi
con ξ= −1 (12.7)
D2
Più in generale si può scrivere:
ani
 2 2
Uo D Do
ξ = fR ( ) −1 (12.8)
ν D2

od
nella quale è stato introdotto un coefficiente fR dipendente dal numero di
Reynolds (Re = Uo D/ν) per tener conto dell’eventuale influenza delle azioni
viscose. Questo coefficiente tende all’unità (fR → 1) quando il numero di
m

Reynolds è sufficientemente elevato, di solito per (Re >∼ 103 ).


ipr
12.2.1 diffusori
Ar

Per ridurre la perdita di carico per brusco allargamento si può raccordare il


passaggio tra i due diametri con un diffusore.
ar
0,6

ξ
A.

0,5
α
ta l

D1 D2

0,4

0,3
eta

0 15 30 45 60 75 α 90

Fig.12.16 valori del coefficiente di perdita ξ per un rapporto di allargamento


D2 /D1 = 2
Vi
248 A.Armanini Mecc-Fluidi II 05/06 Università di Trento - Ott.2005

e
Si deve tuttavia tenere presente che un diffusore troppo corto non riesce ad
evitare il distacco dello strato limite e che il costo di questo manufatto dipende

on
dall’angolo di allungamento.
Nella figura 12.16 è riportato l’andamento del coefficiente ξ in funzione
dell’angolo di apertura per D2 /D1 = 2. L’angolo di apertura che minimizza la
perdita globale è pari a circa 6◦ .
Si osservi che per angoli prossimi a 30◦ il coefficiente di perdita ξ è ad-

ni

uzi
dirittura maggiore di quello del brusco allargamento, in quanto in questi casi
a causa della lunghezza del raccordo alla perdita dovuta alla separazione dello
strato limite si somma la perdita indotta dalla turbolenza di parete.
ani
12.2.2 imbocchi

od
Anche nel caso di un imbocco brusco vi sono delle perdite di tipo Borda dovute
alla separazione dello strato limite all’imbocco e alla formazione di una zona di
separazione. Il coefficiente ξi di perdita in caso di imbocco brusco può essere
m

valutato in prima approssimazione pari a 0, 5.


ipr ∆E ∼ 0 ,5 U
2

2g
U2
Ar

2g
ar
A.

ta l

Fig.12.17 Schema di moto in prossimità di un imbocco.

12.2.3 sbocchi
Nel caso di sbocco di una tubazione in un serbatoio, tutta l’energia cinetica
viene dissipata all’interno del serbatoio, per cui ξs = 1. Per ridurre questa dis-
eta

sipazione si può dotare la tubazione di un diffusore, che, se l’angolo di apertura


è sufficientemente piccolo da non provocare distacco dello strato limite, può
portare il carico cinetico nella sezione di sbocco a valori più piccoli in modo da
ridurre l’energia di dissipazione.
Vi
A.Armanini- Mecc-Fluidi II 04/05 Università di Trento - Ott. 2005 249

e
U s2
2g

on
U o2
2g

ni

uzi
Do Ds
ani

od
m

Fig.12.18 Linea piezometrica e linea dell’energia in prossimtà di uno sbocco


con diffusore.
ipr
Ar

ar
A.

ta l
eta
Vi
250 A.Armanini Mecc-Fluidi II 05/06 Università di Trento - Ott.2005

e
12.2.4 collegamento tra due serbatoi, brusco e sagomato
Vengono poste a confronto due dispositivi di collegamento tra due serbatoi, che

on
si ipotizza rimangano a livello costante nelle due situazioni.
Nel primo caso i serbatoi sono collegati con una tubazione con imbocco
brusco e senza diffusore allo sbocco. Siano Q1 e i1 rispettivamente la portata
e la cadente dell’energia in questo primo caso. Immediatmente dopo l’imbocco

ni
si verifica una perdita di carico. Mentre immediatamente prima dello sbocco

uzi
la corrente conserva ancora tutta l’energia cinetica, che verrà quindi dissipata
nel serbatoio.
ani
linea dell'energia

i1

od
linea piezometrica
m

ipr
Ar

a)

linea dell'energia
ar

i2
A.

ta l

linea piezometrica

b)
eta

Fig.12.19 Collegamento tra due serbatoi.


a) Collegamento senza raccordi b)Collegamento con raccordi
all’imbocco e allo sbocco.
Si noti che, a parità di quota nelle due situazioni, i2 > i1 e
pertanto Q2 > Q1 .
Vi
A.Armanini- Mecc-Fluidi II 04/05 Università di Trento - Ott. 2005 251

e
Nel secondo caso i serbatoi sono collegati con una tubazione con imbocco
sagomato e viene inserito un diffusore allo sbocco. Siano Q2 e i2 rispettivamente

on
la portata e la cadente dell’energia in questo secondo caso. Il diffusore porta
gradatamente l’energia cinetica allo sbocco a valori prossimi a zero. La portata
Q2 risulta maggiore della Q1 e pertanto i2 > i1 .

12.2.5 gomiti

ni

uzi
Anche nei cambiamenti di direzione delle condotte si manifestano di solito
fenomeni di separazione di corrente con conseguente perdita di carico per ra-
ani
gioni del tutto analoghe a quelle del brusco allargamento.
Per valutare la perdita di carico in
questa situazione si può utilizzare

od
la seguente espressione di Weis- α
u
bach:
m

αc αc
ξc = sin2 + 2 sin4 (12.9)
2
ipr
2
dove αc è l’angolo di deviazione.
Ar

Per eliminare, o quantomeno ridurre, l’entità delle perdite di solito si rende


la deviazione graduale inserendo una curva sagomata in modo da ridurre la
curvatura delle linee di corrente. Se la curvatura non è sufficientemente mod-
ar
erata, la separazione avviene ugualmente anche se in maniera più contenuta,
sia all’estradosso della curva sia all’intradosso.
A.

R
u
ta l

Rc
eta

In questo caso inoltre si manifesta anche un effetto di circolazione secon-


daria, la cui natura è stata evidenziata da Prandtl confrontando la situazione
Vi
252 A.Armanini Mecc-Fluidi II 05/06 Università di Trento - Ott.2005

e
che si ha nel caso di fluido reale con quella che si avrebbe nell’ipotesi di fluido
perfetto e campo irrotazionale.

on
Si immagini infatti che il moto in curva sia interessato da un fluido per-
fetto e che il campo sia irrotazionale. In questa ipotesi, come si è visto
nell’esempio del vortice irrotazionale, la distribuzione delle velocità assume un
andamento iperbolico, vale a dire con una velocità all’intradosso maggiore di
quella all’estradosso. Si ritorni ora all’ipotesi di fluido reale, immaginando che

ni

uzi
questa situazione si manifesti come una deformazione rispetto al caso del fluido
perfetto.
ani
u a)

u
α

od
∆u −

u
∆u − ⇒ ∆p ++
m

∆u − −
ipr b)
Ar

∆u − − ⇒ ∆p ++++

Fig.12.20 Schema della formazione della circolazione secondaria di


ar

Prandtl. Il profilo a) di veloctà si forma nell’ipotesi di fluido


perfetto e moto irrotazionale. Il profilo b) invece si forma nel
caso fluido reale con aderenza sulle pareti.
A.

La velcità alle pareti sarà nulla per ragioni di aderenza, ciò comporta,
ta l

rispetto al caso di fluido perfetto, una riduzione della velcità maggiore all’intra-
dosso che non all’estradosso. Dal teorema di Bernoulli ne conseguirà un au-
mento di pressione che è quindi maggiore all’intradosso che non all’estradosso.
Questo squilibrio di pressione è responsabile di una circolazione secondaria
all’interno di ciascuna metà della sezione trasversale che è stata osservata anche
sperimentalmente. La combinazione della componente longitudinale della ve-
eta

locità con quella trasversale conferisce al moto un andamento doppio elicoidale


che produce un’ulteriore perdita di energia. Nel caso di curve con raggi di
curvatura Rc grandi rispetto al raggio della condotta R, alla eventuale perdita
per distacco delle strato limite si deve sommare anche la perdita di carico di
Vi
A.Armanini- Mecc-Fluidi II 04/05 Università di Trento - Ott. 2005 253

e
tipo distribuito, che in genere dipende dal numero di Reynolds Re per cui in
generale si pone:

on
 
R
ξc = ξc αc , , Re
Rc
Per una curva arrotondata in una condotta circolare liscia è stata proposta

ni
da Weisbach la seguente espressione:

uzi
  3.5 
R αc
ξc = 0.13 + 1.85 (12.10)
Rc 90◦
ani
Nel caso di tubi scabri, con scabrezza relativa es /D, Idel’cik(1960) ha dato
la seguente espressione, valida per α = 90◦ e Re > 2 · 105 :

od
   
D 0.5 es
ξc = 0.21 1 + 103 (12.11)
Rc D
m

Schlichting infine propone un espressione in funzione della funzione di re-


sistenza dei Darcy-Weisbach:
ipr
 
fc R 0.25
Ar

= 0.11 R0.5
e in regime laminare (12.12)
f Rc
 0.5
fc R R
= 1 + 0.075R0.25
e in regime turbolento con Re < 103
ar
f Rc Rc
(12.13)
A.

ta l
eta
Vi
Impress Tryout

ne
zio
i
nin
Indice

odu
a
8 MOTI DI LENTO SCORRIMENTO
8.1 Moti di lento scorrimento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
167
167
rm
8.1.1 moto tra due piani paralleli . . . . . . . . . . . . . . . 168
8.1.2 cenni alla lubrificazione idrodinamica . . . . . . . . . . 171

ipr
8.1.3 modello analogico di Hele Show . . .
8.1.4 moto laminare nei tubi circolari . . .
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
172
172
.A
la r
f. A
tata
pro
Vie

166
Impress Tryout

ne
zio
i
nin
Capitolo 8

odu
MOTI DI LENTO
SCORRIMENTO a
rm
8.1 iprMoti di lento scorrimento
.A

Dalle equazioni di Navier Stokes:


à !
1 ∂ 2 ũi
la r
Dũi ∂ 1
=− p̃ Eu + h̃ 2 +
Dt̃ ∂ x̃i Fr Re ∂ x̃2j

con:
f. A

xi ui Uo
x̃i = ũi = t̃ = t
Lo Uo Lo
po Uo Uo Lo ρ
Eu = 2
Fr = √ Re =
ρUo g Lo µ
tata

per Re → 0, i termini inerziali risultano trascurabili rispetto ai termini vis-


cosi; le equazioni di Reynolds in forma dimensionale si riducono alle seguenti:
pro

∂ ∂ 2 ui
0=− (p + ρ g h) + µ 2 (8.1)
∂xi ∂xj
L’equazione (8.1) è valida anche per numeri di Reynolds maggiori dell’unità
Vie

anche di qualche ordine di grandezza, purchè il moto sia stazionario e uni-


forme. In questo caso infatti i termini inerziali sono identicamente nulli. Al
crescere del numero di reynolds tuttavia il moto tende a divenire instabile e
a degenerare in moto turbolento.

167
Impress Tryout

ne
168 A.Armanini Idraulica 02/03 Università di Trento - October 14, 2003

8.1.1 moto tra due piani paralleli

zio
i
y
Uo

nin
b
p

odu
x

a
Si tratta di moto di lento scorrimento tra due piani paralleli. Si assume
che il moto sia bidimensionale in un piano perpendicolare ai due piani. Con
rm
riferimento alla figura, si assume un sistema di assi cartesiani con l’asse (x)
parallelo alla direzione della velocità. Inoltre si assume trascurabile la com-

ipr
ponente della velocità normale ai piani (ux >> uy ), di conseguenza anche
le variazioni della velocità nella direzione (x) sono molto minori di quelle in
direzione (y). In altre parole il moto è quasi uniforme.
.A

∂ux
'0
∂x
la r
Il moto è allora governato dalle seguenti equazioni:
 Ã !

 ∂ ∂ 2 ux ∂ 2 ux
f. A


 0 =
 − (p + ρ g h) + µ
∂x ∂x2
+
∂y 2

(8.2)

 ∂

 0 = − (p + ρ g h)
∂y
per le ipotesi fatte, la prima derivata dell’ultimo termine della prima equazione
tata

2
è trascurabile ( ∂∂xu2x ' 0), quindi la (8.2) si riduce a:
pro

∂ ∂ 2 ux
0 = − (p + ρ g h) + µ 2 (8.3)
∂x ∂y

0 = − (p + ρ g h) (8.4)
∂y
Vie

dalla equazione (8.4) si deduce che:

(p + gρ h) = f unct(x)
Impress Tryout

ne
A.Armanini- Idraulica 02/03 Università di Trento - October 14, 2003 169

ma dalla (8.3), in base alle ipotesi di moto quasi uniforme poichè ux non
2
dipende da x, neanche ∂∂yu2x può dipendere da x, e quindi neanche ∂y

zio

(p + γh)

i
dipende da x, per cui:

nin

− (p + g ρ h) = cost = γ i (8.5)
∂x
sostituendo (8.5) nella eq.(8.3), si ottiene:

odu
∂ 2 ux
−γi = µ (8.6)
∂y 2

a
può essere integrata, separando le variabili:
rm
∂ux
µ = −γiy + c1 (8.7)
∂y
e

ipr γ 1
ux = − i y 2 + c1 y + c2
µ 2
(8.8)
.A

Le condizione al contorno sono date dalla condizione di aderenza sulle


due pareti:
la r
( (
y=0 y=b
(8.9)
ux = 0 u x = Uo
f. A

Dalla prima condizione si ottiene: c2 = 0.


La seconda condizione porta a:

γ 1
Uo = − i b 2 + c 1 b
tata

µ 2
Uo γ 1
c1 = + i b (8.10)
b µ 2
pro

che sostituita in (8.8) dà:


γi 1 y
ux = y(b − y) + Uo (8.11)
µ 2 b
Vie

e per gli sforzi tangenziali:


∂ux b Uo µ
τ =µ = γi ( − y) + (8.12)
∂y 2 b
Impress Tryout

ne
170 A.Armanini Idraulica 02/03 Università di Trento - October 14, 2003

la distribuzione delle velocità è parabolica, mentre quella degli sforzi tangen-

zio
ziali è lineare.

i
nin
Uo > 0 Uo > 0 Uo > 0
Uo = 0
∂ ∂

( p + γ h) < 0 ∂
( p + γ h) < 0 ( p + γ h) = 0 ( p + γ h) > 0
∂x ∂x ∂x
∂x
Uo Uo
Uo

odu
y

b U U U U

a x
rm
y

ipr τ

x
τ τ
.A

a) b) c) d)
la r
Fig.8.1 Rappresentazione della distribuzione delle velocità e degli sforzi
tangenziali per il moto di lento scorrimento tra due piani paralleli
per diverse condizioni di moto
f. A

Nel caso il piano superiore sia fermo (Uo = 0), allora i profili sono sim-
metrici (grafici b nella figura 8.1 ). La soluzione è nota come moto piano
di Poiseuille (1841).
tata

γi 1
ux = y(b − y) (8.13)
µ 2
pro

e per gli sforzi tangenziali:


b
τ = γi ( − y) (8.14)
2
Vie

In questo caso si può calcolare la portata unitaria:


Z b
γi³ 2 ´ γi 3
q= b − 4y 2 dy = b (8.15)
o 8µ 12µ
Impress Tryout

ne
A.Armanini- Idraulica 02/03 Università di Trento - October 14, 2003 171

la velocità media:

zio
q γi 2 2

i
ux = V = = b = (ux )max (8.16)
b 12µ 3

nin
Se invece il moto è determinato solo dal movimento del piano superiore,
vale a dire se è assente il gradiente di piezometrica (∂(p + γh)/∂x = 0), si
ottiene il moto piano di Couette (1890): grafici c nella figura 8.1 .

odu
y
u x = Uo (8.17)
b

a
la distribuzione delle velocità è di tipo lineare, mentre lo sforzo tangenziali
risulta costante:
rm
Uo µ
τ= (8.18)
b

ipr
È possibile ovviamente avere un moto nel quale il movimento del piano
superiore e il gradiente delle pressioni agiscono in verso opposto: grafici d
.A

nella figura 8.1 .


la r
8.1.2 cenni alla lubrificazione idrodinamica
– il moto tra due piani fissi è possibile solo in presenza di differenza di
pressione tra monte e valle del piano.
f. A

– se il piano superiore (pattino) è di dimensioni limitate, alle sue es-


tremità regna sempre la pressione atmosferica, quindi perchè ci sia
moto liquido tra i due piani serve che uno dei due piani (il pattino
tata

superiore) si muova;

– se il piano si muove e non c’è differenza di pressione, non cè neanche


una forza in grado di sostenere il piano superiore;
pro

– si riesce a ottenere sostentamento, solo inclinando il pattino;

– questo è il principio della lubrificazione idrodinamica


Vie

– lo stesso principio si applica agli alberi rotanti all’interno dei cuscinetti,


nei quali per evitare il contatto tra le parti solide è necessaria una
eccentricità tra albero rotante e cuscinetto.
Impress Tryout

ne
172 A.Armanini Idraulica 02/03 Università di Trento - October 14, 2003

8.1.3 modello analogico di Hele Show

zio
8.1.4 moto laminare nei tubi circolari

i
nin
Il moto di lento scorrimento in un tubo in moto uniforme è stato studiato
da Poiseuille (1841). La soluzione del problema potrebbe essere facilmente
trovata utilizzando le equazioni del moto di lento scorrimento, nell’ipotesi di
moto uniforme o quasi uniforme quale quello che si instaura ad una certa

odu
distanza dall’imbocco del tubo in regime permanente:

∂ ∂ 2 ui

a ∂xi
(p + γh) = µ 2
∂xi
(8.19)
rm
Vista la simmetria radiale del moto conviene fare riferimento ad una terna
cilindrica. Il Laplaciano in coordinate cilindriche si scrive infatti: 1
à !

ipr ∂ 2 ui
∂xi 2
= ∇2 =
1 ∂
r ∂r
r
∂u
∂r
(8.24)
.A

1
Infatti:

p
la r
r = z2 + y2
∂r 2z z
= p =
∂z 2
2 z +y 2 r
∂r 2y y
f. A

= p = (8.20)
∂y 2 z2 + y2 r

µ ¶ µ ¶
∂2u ∂ ∂u ∂ ∂u ∂r ∂ z ∂u
= = =
tata

∂z 2 ∂z ∂z ∂z ∂r ∂z ∂z r ∂r
µ ¶ µ ¶
∂ z ∂u ∂ 1 ∂u
= = z
∂z r ∂r ∂z r ∂r
µ ¶
1 ∂u ∂ 1 ∂u z
pro

= +z
r ∂r ∂r r ∂r r
µ ¶
z 2 ∂ 1 ∂u 1 ∂u
= + (8.21)
r ∂r r ∂r r ∂r
Vie

e analogamente: µ ¶
∂2u y2 ∂ 1 ∂u 1 ∂u
= + (8.22)
∂y 2 r ∂r r ∂r r ∂r
%
Impress Tryout

ne
A.Armanini- Idraulica 02/03 Università di Trento - October 14, 2003 173

In questo contesto risulta più semplice trovare la soluzione dal bilancio

zio
delle forze su un cilindro concentrico alla tubazione di lunghezza infinitesima

i
(dx).

nin
g
h

odu
dx
R p

a r p+
∂p
∂x
x
dx
rm
(γ π r dx )
2

ipr ∂p ∂h
.A

p π r2 − (p + dx ) π r2 − γ π r2 dx − τ 2 π r dx = 0 (8.25)
∂x ∂x
lo sforzo τ si può calcolare attraverso la condizione di Newton, scritta con
la r
riferimento al sistema cilindrico. È facile verificare che in questo caso essa si
scrive:
f. A

∂u
τr,θ = −µ (8.26)
∂r
stante la simmetria infatti la velocità di deformazione risulta (− ∂u
∂r
), ed il
segno meno stà ad indicare che nel verso positivo della direzione radiale r la
tata

velocità diminuisce.

µ ¶ µ ¶
∂2u ∂2u z 2 + y 2 ∂ 1 ∂u 2 ∂u ∂ 1 ∂u 2 ∂u
pro

+ 2 = + =r +
∂z 2 ∂y r ∂r r ∂r r ∂r ∂r r ∂r r ∂r
µ µ ¶¶ µ ¶
1 ∂u ∂ 1 ∂u 1 ∂u 1 ∂ 2 u ∂u r2
= = 2 + r2 = 2 + r2 −
r ∂r ∂r r ∂r r ∂r r ∂r2 ∂r r2
µ ¶
Vie

1 ∂u ∂ ∂u
= +r
r ∂r ∂r ∂r
µ ¶
1 ∂ ∂u
= r (8.23)
r ∂r ∂r
Impress Tryout

ne
174 A.Armanini Idraulica 02/03 Università di Trento - October 14, 2003

Per cui, sostituendo (8.26) in (8.25), dopo aver semplificato si ottiene,

zio
nell’ipotesi di fluido incomprimibile:

i
nin
∂p ∂h ∂u
− r−γ r + 2µ =0
∂x ∂x ∂r
∂ ∂u
− (p + γ h)r + 2µ =0 (8.27)
∂x ∂r

odu
Dall’applicazione del bilancio delle forze in direzione normale si ha:

a ∂
∂r
(p + γ h) = 0 (8.28)
rm
Si evince quindi dalla (8.28) e dalla (8.27) che la cadente piezometrica
deve essere costante:

ipr ∂
∂x
(p + γ h) = cost = −γ i (8.29)
.A

per cui la (8.27) diviene:


la r
∂u 1 γi
= − r
∂r 2 µ
1 γi
u = − r2 + c1 (8.30)
f. A

4 µ
La condizione al contorno è data dalla condizione di aderenza alla parete,
pichè la condizione di simmetria è già stata posta:
(
tata

r=R
(8.31)
u=0
dalla quale si ha:
pro

1 γi
0 = − R2 + c1 (8.32)
4 µ
Vie

1 2γ i
c1 = R (8.33)
4 µ
e quindi:
Impress Tryout

ne
A.Armanini- Idraulica 02/03 Università di Trento - October 14, 2003 175

1γi ³ 2 ´

zio
u= R − r2 (8.34)
4 µ

i
La velocità massima è quindi:

nin
1γi 2
umax = R (8.35)
4 µ

odu
La portata si calcola come contributo elementare ad una superficie infinites-
ima di corona circolare:

a
rm
r
dr R

ipr
.A
la r
f. A

dA = 2πr dr
1γi ³ 2 ´
dQ = 2πr dru(r) = 2πr R − r2 dr
4 µ
Z R
1γi Z R³ 2 ´
Q = dQ = 2π R − r2 rdr
tata

o 4 µ o
πγ i 4
Q = R

Q γi 2 1
pro

U = = R = umax (8.36)
πR2 8µ 2
La (8.36) può essere riscritta come relazione tra velocità e cadente piezo-
metrica:
Vie

à ! à !
8µ ∂ p ∂ p U2
i= 2
U =− +h =− +h+α = iE (8.37)
γR ∂x γ ∂x γ 2g
Impress Tryout

ne
176 A.Armanini Idraulica 02/03 Università di Trento - October 14, 2003

La relazione tra velocità (o portata) e cadente piezometrica è cioè lineare.

zio
Si noti che in moto uniforme la cadente piezometrica coincide con la cadente

i
della linea dell’energia per la rel.(8.37). L’equazione (8.36) fornisce quindi
anche la relazione cercata che ci mette in grado di calcolare la dissipazione

nin
di energia nel bilancio energetico:

8µ U 2 1 64 64 1 U 2
iE = U = = (8.38)
2g D U ρD

odu
R2 g ρ Re D 2 g
µ

a
rm
ipr
.A
la r
f. A
tata
pro
Vie

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