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Liceo Artistico “Fulvio Muzi”

Anno scolastico 2020/2021


Lavoro di Ricerca di Luca Bricchi
Teofilo Patini, Arte e Libertà

Cenni Biografici e poetici


Teofilo Patini, pittore nato a Castel Di Sangro nel 1840 rappresenta un caposaldo della pittura
realista italiana. La sua attività si svolse, principalmente, tra L’Aquila, Castel Di Sangro e Napoli. I
contatti con la città e la scuola napoletana saranno fondamentali per l’evoluzione della sua arte. Di
idee fortemente socialiste, e per questo dimenticato dalla critica, Patini verrà riscoperto
nell’ultimo novecento grazie alla mostra e la pubblicazione del relativo catalogo, curata da
Ferdinando Bologna. Le idee politiche del pittore avranno nella sua opera una forte influenza,
parliamo di una pittura sociale che metteva a nudo la povertà, ma allo stesso momento la
resistenza e il sacrificio della sua terra. La sua attività girò attorno ad un solo argomento: i miseri,
gli oppressi, i diseredati. L’arte di Patini è un megafono ideale donato agli ultimi. La sua formazione
avvenne nell’Accademia di Belle Arti e nell’università di Napoli, dove studiò Filosofia. Come già
detto, l’ambiente napoletano eserciterà una importante influenza nell’erudizione della sua arte. Le
personalità più influenti nella sua formazione furono Giovanni Solomone e Giuseppe Mancinelli, la
cui arte si ispirava ai modelli antichi in una ricerca di più ampio respiro rispetto all’ispirazione
Neoclassica. Al di fuori degli ambienti Accademici, si legò al gruppo di pittori facenti riferimento a
Filippo Palizzi e Domenico Morelli. L’influenza di questi due pittori, in particolare di Palizzi (di cui
allievo) lo allontanarono dall’accademismo per una maggiore aderenza allo studio del vero e del
sociale. L’arte di Patini è carica di un intenso realismo, anche nei dipinti religiosi. Il realismo delle
simbologie religiose avviene tramite umanizzazione in senso storico di quest’ultime, già
sperimentata da Morelli. Le idee politiche di Patini, convinto socialista, furono la causa della sua
mancata fama. Durante il ventennio Fascista, come racconta Federico Zeri, illustre storico
dell’arte, nella terza pagina del giornale “La Stampa”.
“Verso il 1935 la statua in bronzo del Patini, un monumento eretto davanti al Teatro Comunale per
pubblica sottoscrizione, fu fatta precipitare dal piedistallo da un gruppo di scalmanati
(evidentemente, seguendo un disegno dettato in alto loco) e trascinata per ludibrio attraverso la
città. Il monumento - proseguiva Zeri - commemorava infatti un pittore la cui opera e le cui
intenzioni male si accordavano con l’immagine dell’Italia sostenuta dalla retorica del regime
fascista; il Patini, con i suoi cafoni vestiti di stracci, non poteva essere accetto da chi esaltava
il «popolo di eroi, di santi e di navigatori» per celebrare il quale si stava costruendo (o si sarebbe
costruito da lì a poco) quell’assurda quinta scenografica che, nel quartiere dell’Eur a Roma, è oggi
nota come il “Colosseo quadrato”. Per giunta - aggiungeva Zeri - il Patini risultava socialista, una
pecora nera…”

Arte e Libertà
Scheda tecnica
Opera: Arte e Libertà
Autore: Teofilo Patini
Data di realizzazione: 1868
Collocazione: sconosciuta
Tecnica: olio su tela
Dimensioni: 74x123 cm

L’opera si colloca nei dipinti storici dell’età giovanile di Patini. Così come “La campagna della
morte”, anche l’opera presa in analisi si ispira alla rivolta di Masaniello avvenuta a Napoli nel
seicento. Nell’opera viene rappresentata una scena di rivolta popolare all'interno di un palazzo
nobiliare; la scena è ispira alla celebre rivolta secentesca contro il malgoverno del Viceregno
spagnolo che dilagò fino a Castel di Sangro, sua città natia. Evidente è l’ispirazione alla pittura
barocca Napoletana. L’ispirazione al Barocco Napoletano si nota sia nell’ambientazione dei
personaggi, sia nei loro vestiti. Stilisticamente vi è l’abbandono della pennellata rifinita ma l’uso di
grandi macchie di colore dai forti effetti plastici, alla maniera seicentesca. I colori sono brillanti e, i
dettagli nitidi e definiti definiscono uno straordinario realismo. L’opera fu presentata da Patini alla
V promotrice di Belle Arti di Napoli nel ’68 ed il suo successo è testimoniato dall’acquisto del
Principe Amedeo di Savoia. L’opera si stacca dalle tecniche accademiche, questo è evidente dal
taglio dato alla composizione: ravvicinato, lontano dalle classiche composizioni spaziali. La tela è
una raffigurazione storica, non più intesa come scenario di una parata ma come vita quotidiana dei
personaggi. Di estrema originalità è la figura dipinta sul lato sinistro, la quale sembra uscire
dall’opera, ampliando idealmente lo spazio visivo.

Bibliografia
M. Brescia, Il pittore dei cafoni e il regime fascista.
V. Serafini, Il pittore dei poveri, Teramo, Arts et Labor, 1949.
B. Costantini, L’arte di Teofilo Patini, Sulmona, Rotary Club, 1971.

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