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Dichiarazione d'Indipendenza degli Stati Uniti d'America

La dichiarazione di Indipendenza degli Stati Uniti d'America costituisce il pilastro su cui si fonda tale federazione.
Siglata il 2 Luglio 1776, fu resa effettiva il 4 Luglio 1776 dal Congresso di Philadelphia, nello Stato della Pennsylvania.
Le tredici colonie britanniche della costa atlantica nordamericana dichiararono la propria indipendenza dalla Corona,
esponendo nella stesura di questo documento le motivazioni che avevano condotto a tale atto, sancendo
ufficialmente la nascita degli Stati Uniti d'America. Nonostante alcuni precedenti scontri fra i coloni ribelli e l'esercito
britannico, fu con la dichiarazione d’indipendenza che si suggellò l’inizio della rivoluzione americana, conclusasi 7
anni dopo con la vittoria dell'esercito continentale di George Washington sulle forze di re Giorgio III. Di fatto, il
Congresso di Philadelphia, guidato da John Adams, uno dei principali leader nella lotta per l'indipendenza americana,
fu teatro della trasformazione della rivendicazione dei propri diritti da parte dei coloni nei confronti della Gran
Bretagna, in una vera e propria rivoluzione volta a rovesciare la politica esistente. Il documento non mirò
propriamente a definire una nuova forma di governo, ma l'obiettivo fu invece quello di rafforzare il supporto interno
alla propria battaglia, incoraggiando l'intervento a proprio favore di alcune potenze europee, in particolare
della Francia. Nello stesso documento, si accusava direttamente il re e non più i suoi collaboratori, come in passato,
in quanto ritenuto l'unico legame esistente tra i coloni e la madrepatria. La dichiarazione fu redatta e scritta dalla
cosiddetta Commissione dei Cinque, composta da Thomas Jefferson, che fu il principale redattore della prima bozza,
John Adams, Benjamin Franklin, Robert R. Livingston e Roger Sherman. Anche se già due giorni prima, martedì 2
Luglio, il Congresso approvò la sua indipendenza dalla Corona, il documento fu invece ratificato formalmente su
carta nella sala congressi di Philadelphia, la sera del 4 luglio 1776. 55 delegati del secondo congresso continentale,
chiamati Padri Fondatori, si unirono, nei giorni successivi, all’unica prima firma apposta quella sera dal politico John
Hancock.

La guerra di Indipendenza

La rivoluzione americana
Il conflitto che si scatenò tra le tredici colonie britanniche in Nord America e la madrepatria, fra il 1776 e il 1783 e
terminato con la costituzione di una nazione indipendente, gli Stati Uniti d’America, è conosciuto come guerra
d’indipendenza americana.

Le cause della guerra


Alla fine della guerra dei Sette anni (1756-1763), la Gran Bretagna, risultò essere la maggiore potenza e dominatrice
assoluta sui mari, ma nonostante ciò la corona inglese si ritrovò a dover sostenere enormi spese di guerra e la
responsabilità di amministrare e difendere i nuovi territori acquisiti in Nord America. Allo scopo di far contribuire alle
spese dell’impero anche i coloni, il Parlamento inglese, nel marzo del 1765, impose una tassa di bollo su tutti i
documenti legali stampati in terra americana. L’imposta provocò una forte opposizione tra i coloni. Normalmente,
infatti, erano le assemblee locali ad emanare leggi fiscali e di organizzazione della sicurezza interna; tale legge venne
quindi percepita dai coloni come un tentativo di limitare i loro piani di autogoverno. Nell’ottobre del 1765, i delegati
di nove colonie si riunirono a New York per far conoscere alla madrepatria le proprie lamentele. In effetti, nel Marzo
successivo, il Parlamento abolì la tassa ma ciò non fu determinato dalle obiezioni dei coloni sull’istituzionalità della
tassa, bensì dalle pressioni dei mercanti inglesi, fortemente danneggiati dalla protesta dei coloni.
La cancellazione dell’imposta lasciò irrisolti i problemi finanziari della corona britannica che ben presto impose nuove
tasse sull’importazione di vetro, piombo, vernici, carta e tè, inviando nel contempo delle truppe allo scopo di
imporre ai coloni l’osservanza della legge. Ancora una volta, la reazione fu pronta e vigorosa. Manifestazioni di
protesta accolsero ovunque l’arrivo degli ufficiali doganali e i commercianti adottarono nuovamente la politica di non
importazione delle merci britanniche. Le tensioni esplosero il 21 giugno 1768, quando migliaia di manifestanti
bostoniani minacciarono i commissari delle dogane obbligandoli alla fuga; immediatamente Londra inviò quattro
reggimenti di truppe per permettere il rientro dei commissari e dando inizio all’occupazione militare della città. La
lunga serie di scontri che ne seguirono culminò nel marzo del 1770 nel cosiddetto massacro di Boston, quando i
soldati britannici, provocati dalla folla, aprirono il fuoco uccidendo cinque coloni; si scatenò allora una nuova violenta
ondata di protesta. Piegata ancora una volta dal boicottaggio economico, Londra dispose la revoca della tassa. Ma
tre anni dopo il Parlamento dispose il monopolio della vendita di tè in America. Tale provvedimento risollevò
immediatamente il conflitto tra i coloni e la madrepatria tanto che a il Boston Il dicembre 1773, per protestare
contro l’imposizione da parte della Corona britannica, alcuni coloni americani, guidati da Samuel Adams, salirono a
bordo di navi britanniche e gettarono in mare i carichi di tè.
Per tutta risposta, nel 1774 il Parlamento inglese approvò alcune misure repressive, intese a riaffermare l’autorità
regia: il porto di Boston fu chiuso e venne rafforzato il regime di occupazione militare della città, riducendo anche le
leggi di autogoverno dei coloni.

Il conflitto
I rappresentanti di tutte le colonie si riunirono a Philadelphia nel settembre del 1774 nel primo Congresso
continentale per stabilire una linea d’azione comune e definire i diritti delle terre d’America e i limiti dell’autorità del
Parlamento di Londra. In una Dichiarazione dei diritti i delegati ribadirono il rifiuto di pagare tasse e decisero la
cessazione di ogni commercio con la Gran Bretagna fino al ritiro delle truppe inglesi. Nel frattempo nel
Massachusetts le milizie cittadine andavano organizzandosi in un Comitato di salute pubblica clandestino. Nella notte
del 18 aprile 1775 il governatore inglese inviò un reggimento a requisire un deposito d’armi nei pressi di Boston ma i
coloni intercettarono le truppe inglesi che furono costrette a ritirarsi a Boston che fu posta sotto assedio dai ribelli.
Nell’aprile 1775, mentre si dirigeva verso Concord, nel Massachusetts, per distruggere le riserve di polvere da sparo
dei coloni americani, un contingente britannico, sotto la guida del generale Thomas Gage, si scontrò a Lexington con
un gruppo di 70 volontari. Non si sa quale delle due parti abbia scatenato la battaglia, ma gli otto coloni morti nello
scontro furono i primi caduti della guerra d’indipendenza americana. Questi sviluppi determinarono, da parte dei
coloni la costituzione di un esercito che venne posto sotto il comando di George Washington. Tuttavia, tra i delegati
era ancora prevalente una volontà di riconciliazione con la Gran Bretagna ed infatti essi riaffermarono la lealtà al Re,
chiedendogli però di ritirare le truppe. Intanto gli inglesi asserragliati a Boston, ricevuti rinforzi via mare, avevano
conseguito una netta vittoria sugli americani che non servì tuttavia a rompere l’assedio della città. Le notizie sulla
battaglia e sulle richieste del Congresso raggiunsero Londra contemporaneamente. Senza prendere in nessuna
considerazione le richieste dei coloni il Re Giorgio III dichiarò guerra ai ribelli. In risposta alle decisioni inglesi il
Congresso continentale emanò la Dichiarazione d’indipendenza (4 luglio 1776), con la quale le colonie si costituivano
in stati liberi e indipendenti, impegnandosi a respingere l’invasione di quella che veniva ormai considerata una
potenza straniera.

La fine delle ostilità


All’inizio del 1779 anche la Spagna dichiarò guerra alla Gran Bretagna, e l’anno successivo altrettanto fece l’Olanda.
In territorio americano le operazioni proseguirono con alterne vicende fino all’assedio di Yorktown, dove si erano
rifugiare le truppe inglesi. Nell’agosto del 1781 la flotta francese sbaragliò quella inglese, impedendo così ogni
possibilità di collegamento via mare. Dopo una serie di inutili tentativi di forzare le linee nemiche, il 19 ottobre 1781
il comandante inglese si vide costretto alla resa. Yorktown segnò la fine delle ostilità, anche se i negoziati di pace si
trascinarono fino al 3 settembre del 1783, quando la Gran Bretagna firmò il trattato di Parigi, con il quale riconobbe
l’indipendenza delle ex colonie; i confini degli Stati Uniti d’America vennero stabiliti a ovest con il Mississippi, a nord
con il Canada, a sud con la Florida.

La nascita della Costituzione dopo la guerra d'indipendenza

Ottenuta l'indipendenza, alle tredici colonie si presenta la necessità di costruire il nuovo stato federale. Ecco che
inevitabilmente emergono divergenze di vedute, di necessità e di posizioni. Come conciliare tutto questo nella carta
costituzionale?

Terminata la guerra d’indipendenza ed ottenuta la tanto desiderata e sospirata autonomia, si affacciava ora un
compito alquanto ambizioso, impegnativo e complesso: costruire gli Stati Uniti. Infatti, le colonie non avevano
un governo unitario, una divisione delle competenze e dei poteri, una costituzione, ma non avevano nemmeno
abitudini ed usi comuni. Lo statuto della confederazione, che il congresso continentale aveva adottato, non
disciplinava se non in modo alquanto sommario e vago poteri, ruoli e competenze del governo centrale. Pertanto,
ben presto, al difficile compito di costruire la nuova confederazione, si aggiunsero anche discussioni, scontri e
divergenze di opinioni derivanti da abitudini e opinioni differenti tra le colonie e tra i diversi rappresentanti. Inoltre,
si aprirono alcune questioni importanti riguardanti il commercio, duramente provato dalla guerra d’indipendenza, la
pratica della schiavitù, accettata in certe colonie e rifiutata da altre, le finanze, anch’esse duramente provate dalla
guerra ed in uno stato di elevata incertezza riguardo alla competenza di tassazione (federale o locale?), e
la distribuzione delle terre conquistate. A quest’ultimo problema provvidero due atti successivi: il Decreto dei
Territori (Land Ordinance del 1785) redatto da Thomas Jefferson, e il Decreto del Nord-Ovest (Northwest
Ordinance del 1787). Ma la tappa più importante fu la riunione degli stati a Philadelphia nell’estate del 1787, dove
parteciparono cinquantacinque delegati provenienti da dodici delle tredici colonie. George Washington fu eletto
presidente della convention all’unanimità. I lavori della convention miravano a formalizzare e strutturare il nuovo
governo centrale, ed in particolare definire le competenze e le modalità di esercizio dei tre poteri: legislativo,
esecutivo e giudiziario. I problemi incontrati furono numerosi, in particolare relativamente al problema della
rappresentanza presso l’organo legislativo. Alcune colonie più grandi, infatti, sostenevano una rappresentanza in
base alla popolazione, mentre le colonie più piccole proponevano che ogni stato godesse dello stesso numero di
rappresentanti. La soluzione adottata, nota come “Great Compromise” (del 16 luglio 1787), fu quella di istituire due
camere, una camera bassa con rappresentanti proporzionali alla popolazione di ciascun stato, a una camera alta
(Senato) composta da due membri per ogni stato. La Costituzione fu infine firmata il 17 settembre 1787. 

La Dichiarazione dei diritti (Bill of rights)

La Dichiarazione dei diritti consiste dei primi dieci emendamenti della Costituzione, tutti approvati nei primissimi
anni di storia della nuova federazione, e condivide il tema della limitazione del potere del governo federale. Essi
vennero aggiunti come conseguenza delle obiezioni mosse alla Costituzione durante i dibattiti sulla ratifica negli stati
e basate sulle critiche del nuovo documento (incluse quelle di Thomas Jefferson, che era all'estero durante la stesura
della Costituzione); l'obiezione più diffusa era che un forte governo centrale avrebbe tiranneggiato i cittadini se
lasciato senza vincoli. Nel settembre 1789 il Congresso approvò questi emendamenti in un blocco di dodici e le
legislature di un numero sufficiente di stati ratificarono dieci di questi dodici entro il dicembre 1791; essi divennero
quindi parte del principale documento giuridico dello Stato. Originariamente la Carta dei diritti non era intesa per
applicarsi agli Stati; ad esempio, alcuni Stati nei primi anni dello Stato stabilirono una religione ufficiale. Questa
interpretazione degli emendamenti rimase fino al 1868, quando venne approvato il XIV emendamento, che in parte
dichiara:
«  Nessuno Stato farà o metterà in esecuzione una qualsiasi legge che limiti i privilegi o le immunità dei cittadini degli
Stati Uniti; né potrà qualsiasi Stato privare qualsiasi persona della vita, della libertà o della proprietà senza un
processo nelle dovute forme di legge; né negare a qualsiasi persona sotto la sua giurisdizione l'eguale protezione delle
leggi.  »
La Corte suprema ha interpretato questa clausola per estendere alcune, ma non tutte, parti della Carta dei diritti agli
Stati. Ciononostante l'equilibrio tra potere statale e federale è rimasto luogo di scontro nella Corte Suprema; ad
esempio, un caso recente ha dovuto stabilire se uno Stato può essere citato in giudizio da un impiegato in base
all'Americans with Disabilities Act del 1990. Un'undicesima proposta, riguardante il compenso dei membri del
Congresso, rimase non ratificata fino al 1992, quando la legislatura di un numero sufficiente di Stati l'approvò e,
come risultato, divenne il XXVII emendamento, nonostante sia rimasto in sospeso per più di due secoli. Una
dodicesima proposta - ancora tecnicamente pendente davanti alle legislature di Stato per la ratifica - riguarda
l'aggiustamento delle quote della Camera dei rappresentanti dopo ogni censimento decennale. Lo Stato i cui
legislatori hanno ratificato più di recente questo emendamento è il Kentucky durante il primo mese di esistenza
come Stato degli Stati Uniti nel 1792. I dieci emendamenti noti come Carta dei diritti sono ancora nella forma in cui
vennero adottati oltre due secoli fa.

La Costituzione americana

La prima stesura della Costituzione degli Stati Uniti risale al 17 settembre 1787, quando fu firmata dai rappresentanti
dei 13 stati che, all'epoca, si affrancarono dal dominio britannico. Sebbene sia stata modificata più volte, ancora oggi
i principi base rimangono gli stessi. Uno fra tutti è l'uguaglianza dei cittadini nei confronti della legge, i quali
beneficiano egualmente del diritto alla protezione da essa fornita. Nella costruzione dello stato nordamericano, tutti
gli stati membri sono uguali e nessuno può ricevere un trattamento speciale dal governo federale, così come ogni
stato deve riconoscere e rispettare le leggi degli altri. Inoltre, i governi statali, come il governo federale, devono
avere una forma repubblicana, la cui autorità finale risiede nel popolo.  "Rivoluzionaria" per l'epoca, la Costituzione
americana sancisce un punto fondamentale per la creazione e la preservazione del sistema democratico, cioè
la divisione dei poteri. Esistono, infatti, tre branche principali di governo: potere esecutivo, potere legislativo, e
potere giudiziario, separati e distinte l'uno dall'altro, laddove ogni branca è controllata e bilanciata dall'altra, in
modo di evitare eccessi di potere. Il potere dei rappresentanti pubblici è limitato e sottoposto all'approvazione
dell'elettorato che si esprime attraverso il diritto di voto. Unica eccezione sono le nomine a vita, da parte del
Presidente, dei giudici della Corte Suprema e di altri giudici federali. Secondo quanto sancisce l'Articolo I della
Costituzione americana, il potere legislativo (cioè il potere di fare le leggi) è affidato al Congresso degli Stati Uniti,
composta dalla Camera dei Rappresentanti e dal Senato. La Camera dei Rappresentanti viene rinnovata ogni 2 anni.
Tale tempistica permette che l'elezione dei rappresentanti coincida con l'elezione del Presidente e con la metà del
suo mandato (le cosiddette elezioni di mezzo termine, in inglese mid term). Il numero dei rappresentanti eletti nella
Camera è proporzionale al numero di elettori di ogni singolo stato, mentre in senato vengono eletti due senatori per
stato. Il sistema bicamerale statunitense, in cui il rapporto di rappresentanti legato alla popolazione dei singoli stati
è, per così dire, bilanciato dai 2 senatori eletti per ogni stato, risponde ad un'esigenza apparsa con la stessa creazione
della nazione. I padri fondatori della Costituzione erano divisi tra chi, rappresentando gli Stati più popolosi, avrebbe
voluto che il Parlamento venisse eletto in base alla popolazione residente nei vari Stati e chi, provenendo dagli Stati
meno popolosi, sosteneva l'identica rappresentanza per tutti gli Stati membri. Alla fine si giunse ad un compromesso,
conosciuto come Connecticut Compromise, in cui il potere legislativo veniva diviso tra due rami del Parlamento. La
Camera dei Rappresentanti, quindi, diventava rappresentativa del popolo (e quindi il numero dei membri eletti dal
singolo stato dipendeva dall'entità della popolazione) e l'altra, il Senato, espressione degli Stati (con un identico
numero di rappresentanti svincolato dal loro peso demografico). Negli Stati Uniti (con eccezione dello stato di
Louisiana) vige il sistema giuridico chiamato Common Law, mutuato dalla Gran Bretagna. Tale sistema è fondato su
leggi non scritte, ma ogni sentenza diventa precedente alla quale devono attenersi le future decisioni
giurisprudenziali. L'articolo II della Costituzione riguarda il potere esecutivo, cioè il potere di applicare le leggi,
affidato al Presidente degli Stati Uniti, in carica massimo per due mandati di 4 anni ciascuno.  Il Presidente è anche
capo delle forze armate e ha il potere di raccomandare al Congresso le misure che ritiene necessarie ed opportune,
di nominare consiglieri, di accordare la grazia e di sospendere le pene per i reati puniti a livello federale. Ma può
anche esercitare il diritto di veto sulle leggi approvate da entrambi rami del Congresso. Secondo la Costituzione
americana, infatti, è possibile che l'appartenenza politica di Presidente e Congresso non coincidano, come spesso
succede dopo le elezioni di mezzo termine. L'Articolo II determina anche gli estremi per la procedura
dell'impeachment, cioè la sfiducia nei confronti dell'esecutivo (dal Presidente, al vice presidente e agli altri funzionari
delle amministrazioni statali). Promotori dell'impeachment sono la camera dei Rappresentanti (con la semplice
maggioranza) ed il Senato (con un voto favorevole pari al 2/3). (Nella storia degli Stati Uniti, solo due presidenti
hanno subito il procedimento di impeachment: nel 1868 fu sfiduciato Andrew Johnson, vice di Abramo Lincoln,
succedutogli dopo l'assassinio di quest'ultimo e nel 1998 Bill Clinton per l'affare Monica Lewinsky; per lo scandalo
Watergate, il presidente Richard Nixon si dimise poco prima dell'impeachment).
Secondo l'Articolo III della Costituzione, il potere giudiziario (cioè il compito di far rispettare le leggi) è affidato
alla Corte Suprema (Supreme Court of the United States), presieduta dal Chief Justice of the United States, e
composta da 8 membri, Associates Justices, nominati a vita dal Presidente, con il consenso del Senato. Le funzioni
della Corte Suprema sono di due tipi. Nella Original jurisdiction (competenza in primo grado di giudizio) la Corte
decide in prima ed unica istanza alcuni tipi di controversie, come nel caso di ambasciatori, consoli e rappresentanti
stranieri. Nell'Appellate jurisdiction (giurisdizione d'appello) la Corte, invece, si pronuncia sull'impugnazione (cioè la
richiesta di un controllo di una sentenza da parte di un giudice diverso da quello che la emessa) di una sentenza
emessa da una corte inferiore. Nella giurisdizione d'appello la Corte può decidere su richiesta di un giudice federale
che, chiamato ad applicare una legge, l'abbia considerata in contrasto con la Costituzione, una legge federale od un
trattato stipulato dalla Federazione La Costituzione viene considerata la legge suprema degli Stati Uniti, in quanto
qualsiasi legge, federale o statale, venga in contrasto con la Costituzione, è da considerarsi nulla e priva di effetto. La
Costituzione americana prevede la possibilità di essere modificata. Al tempo stesso, come garanzia di democrazia,
tale possibilità non può essere esercitata così facilmente, in questo modo, sin dalla sua prima formulazione, venne
data la possibilità di introdurre degli emendamenti (proposta di parziale modifica di una legge o di una proposta di
legge). Per introdurre nuovi emendamenti alla Costituzione, bisogna che il Congresso dia il via alla procedura con due
terzi del voto favorevole in ogni camera (Senato e Camera dei Rappresentanti). Un iter differente prevede che le
legislature dei due terzi degli stati della federazione possano chiedere al Congresso di indire una convenzione
nazionale per introdurre nuovi emendamenti. In entrambi i casi, gli emendamenti devono avere l'approvazione delle
legislature di tre quarti degli stati esistenti, prima di diventare parte della costituzione. Da un punto di vista pratico,
tale sistema rischia di essere piuttosto macchinoso, inficiato soprattutto dalla disparità di popolazione dei singoli
stati. Alcuni stati, infatti, che rappresentano soltanto il 4% del popolo americano, in teoria sono in grado di bloccare
gli emendamenti desiderati dal resto della popolazione.

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