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Materiale ad uso didattico a cura di: Amelio Faccini - SPSAL AUSL Ferrara
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CLASSIFICAZIONE DEI LUOGHI IN CUI POSSONO
FORMARSI ATMOSFERE ESPLOSIVE PER LA
PRESENZA DI GAS
Occorre valutare, con uno studio dettagliato e approfondito, la probabilità che si formi una
atmosfera esplosiva secondo le definizioni di zona 0, 1 o 2.
Bisogna quindi determinare: frequenza e durata della emissione (grado della emissione),
portata, concentrazione, velocità di emissione, ventilazione ed altri fattori che
influenzano il tipo e/o l’estensione delle zone.
SOSTANZE INFIAMMABILI
Occorre accertare la presenza di quantità significative di sostanze, gas – vapori – nebbie, che possono
formare con l’aria atmosfere esplosive.
La Norma non fornisce indicazioni circa la quantità significativa di sostanze; ma considera il luogo
pericoloso in generale solo se il volume di atmosfera pericolosa non è trascurabile (alcuni dm³), in
relazione con gli effetti conseguenti al loro innesco, tali da richiedere provvedimenti particolari.
In Appendice GA della GUIDA CEI 31-35 è riportato un elenco, non esaustivo, di oltre 300 sostanze
infiammabili o combustibili e delle relative caratteristiche chimico-fisiche.
AMBIENTI
- Ambiente aperto.
- Ambiente chiuso, con lo stesso tipo e disponibilità della ventilazione.
All’interno di un locale chiuso possono esistere più ambienti quando nelle diverse sue parti vi sono
condizioni di ventilazione diverse: es. una fossa per i gas pesanti, oppure un sottotetto per i gas
leggeri.
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SORGENTI DI EMISSIONE E GRADI DI EMISSIONE
La sorgente di emissione (SE) è un punto o una parte di impianto da cui può essere emessa
nell’atmosfera una sostanza infiammabile con modalità tale da originare una atmosfera esplosiva.
La Norma considera tre gradi di emissione, in relazione alla probabilità che essa avvenga e quindi
di presenza di atmosfera esplosiva di volume non trascurabile intorno alla SE:
es:
a) la superficie di un liquido infiammabile in un serbatoio a tetto fisso con uno sfiato permanente
nell’atmosfera;
es:
c) i punti di campionamento;
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- emissione di secondo grado:
emissione che non è prevista durante il funzionamento normale e che se avviene è possibile solo
poco frequentemente e per brevi periodi.
es:
c) i punti di campionamento;
c) contenitori di sostanze infiammabili con coperchi chiusi a regola d’arte o comunque in modo
efficace allo scopo, con emissioni trascurabili, quando sono soddisfatte le seguenti condizioni:
- sono depositati e movimentati in modo tale da considerare non prevedibili cadute che possono
provocare l’apertura del coperchio o il danneggiamento con fuoriuscita significativa della
sostanza infiammabile contenuta;
- è attuata in sito ogni ordinaria cautela contro la presenza di pozze e vi è una costante presenza
di mezzi per la loro neutralizzazione in tempi rapidi;
d) le tenute doppie applicate sugli alberi rotanti o traslanti provviste di dispositivi tali da escludere
perdite significative anche in funzionamento anormale.
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DETERMINAZIONE DEL TIPO ED ESTENSIONE DELLA ZONA
Secondo la Norma devono essere definite le zone per ciascuna SE e ciascun grado di emissione.
Il tipo di zona è strettamente correlato da un legame di causa-effetto al grado di emissione, per cui
in generale una emissione di grado continuo genera una zona 0, quella di primo grado una zona 1 e
quella di secondo grado una zona 2.
La ventilazione è l’elemento che può alterare questa corrispondenza (una cattiva ventilazione o la
sua assenza potrebbe condurre una zona 1 ad una zona 0).
Dopo aver stabilito il tipo di zona in funzione del grado di emissione e del grado e disponibilità
della ventilazione, si può eseguire una verifica con la tabelle seguente che indica la durata
complessiva di atmosfera esplosiva
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VENTILAZIONE
I gas o vapori emessi nell’atmosfera possono diluirsi affinché la loro concentrazione scende al di
sotto del limite inferiore di esplodibilità, LEL.
a) naturale;
Ventilazione naturale
La velocità minima del vento che si può assumere essere presente continuamente è di 0,5 m/s.
- Luoghi all’aperto tipici dell’industria chimica e petrolifera; strutture aperte, percorsi delle tubazioni,
zone pompe e simili;
- Un edificio aperto che ha aperture nei muri e nel soffitto tali da considerarlo equivalente a un luogo
aperto ai fini della classificazione;
- Un edificio che non sia aperto ma che ha una ventilazione naturale (generalmente inferiore a quella
di un edificio aperto) attuata tramite aperture permanenti realizzate ai fini della ventilazione.
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Ventilazione artificiale
- Presa in considerazione della classificazione nel punto di scarico del sistema di estrazione;
- Definire ubicazione, grado e portata delle emissioni prima di definire le caratteristiche del sistema
di ventilazione.
GRADO DI VENTILAZIONE
Il grado di ventilazione indica la quantità di aria che investe la SE in rapporto alla quantità di
sostanze infiammabili emesse nell’ambiente.
La Norma stabilisce tre gradi di ventilazione: ALTO (VH); MEDIO (VM); BASSO (VL),
che vengono definiti facendo riferimento a:
- Quantità di aria di ventilazione “Qamin”che interessa il volume totale da ventilare Vo, alla quale
viene applicato un fattore di efficacia della ventilazione “f” (f=1, situazione ideale; f=5, flusso d’aria
impedito da ostacoli);
- Numero di ricambi d’aria fresca nell’unità di tempo “Co” nel volume totale da ventilare Vo;
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GRADO DI VENTILAZIONE
ALTO (VH)
MEDIO (VM)
Quando la ventilazione è in grado di influire sulla concentrazione, determinando una situazione stabile
in cui la concentrazione oltre il limite della zona è inferiore al LEL mentre avviene l’emissione e dove
l’atmosfera esplosiva non persiste eccessivamente dopo l’arresto dell’emissione.
BASSO (VL)
Quando la ventilazione non è in grado di controllare la concentrazione mentre avviene l’emissione e/o
dove non può prevenire la persistenza eccessiva di un’atmosfera esplosiva dopo l’arresto dell’emissione.
La portata teorica minima di ventilazione per diluire una certa emissione di sostanza infiammabile
alla concentrazione richiesta al di sotto del LEL, può essere così calcolata:
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a) Per emissioni di gas o liquidi che bollono (con Pv > Pa):
Xo% = Pv * 100
Pa * 2
Vz = f * Qamin = f * Qamin
Co 0,03
All’esterno una velocità dell’aria di 0,5 m/s corrisponde ad oltre 100 ricambi/h (0,03 s-1).
Co = Qa = w * Lo2 = w
Vo Lo3 Lo
Quindi: Lo = w = 0,5 = 15 m
Co 0,03
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La guida ha introdotto la distanza “dz”, che è la distanza oltre la quale la concentrazione in atmosfera
della sostanza infiammabile è inferiore al LEL.
La distanza dz può essere utilizzata per definire più accuratamente la lunghezza Lo del percorso
dell’aria all’interno del volume totale da ventilare Vo e per definire il numero di ricambi nell’unità di
tempo Co nel volume stesso.
La distanza dz si può considerare per definire la quota “a” che rappresenta l’estensione della zona
pericolosa nella direzione di emissione.
La quota “a” deve essere almeno uguale alla distanza pericolosa dz meglio se maggiore, per cui:
Lo = 2 * a + Dse
dove:
- a = valore attribuito dall’utente (stabilito in base alla distanza dz);
- Dse = dimensione massima della SE (es. pari a 2 req per una superficie circolare; pari al lato maggiore
per una superficie quadrangolare; pari al diametro equivalente Db dell’apertura verso l’ambiente per
un contenitore; trascurabile in tutti i casi in cui la SE può essere considerata puntiforme.
Negli ambienti chiusi occorre generalmente considerare il numero di ricambi di aria fresca Co uguale
al numero di ricambi dell’intero ambiente Ca e il volume interessato dalla zona pericolosa o volume
totale da ventilare Vo uguale al volume dell’intero ambiente Va:
Co = Ca e Vo = Va
A meno che la concentrazione media Xm% nell’atmosfera del volume totale dell’ambiente Va sia:
Per cui se è rispettata la formula di cui sopra si può assumere Vo < Va e Co > Ca.
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Quando deve essere considerata la contemporaneità delle emissioni si avrà:
Xm% = ΣXr
(quando si deve stabilire il grado della ventilazione relativo alle emissioni continue)
Anche per gli ambienti chiusi la guida ha introdotto la distanza dz per definire il numero di ricambi
d’aria Co, per cui quando Xm% ≤ k * LELmix %vol Co > Ca, mentre in tutti gli altri casi Co = Ca.
f
Stabilito Co , utilizzando lo stesso sistema per gli ambienti aperti, si può calcolare Vz.
Co = Qa = Qa
Vo Va
Nel caso di ventilazione naturale, per il calcolo della portata di ventilazione si possono utilizzare
le formule dell’appendice GB.6 della Guida, in relazione alla disposizione delle aperture e, se tale
portata deriva dalla spinta del vento (Qaw), oppure dalla differenza di temperatura (effetto camino) (Qat).
A1 A1 A3
L A L L
A2 A2 A4
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La distanza pericolosa dz per emissioni di gas
In appendice GB.5 della Guida sono riportate le formule empiriche per il calcolo della distanza pericolosa
dz valide per emissioni strutturali, emissioni di gas o vapori con densità relativa all’aria compresa tra
0,5 e 2, emissioni a temperatura ambiente, portata di emissione inferiore a 1 kg/s e velocità di emissione uo
inferiori di 10 m/s.
Per gas con densità maggiore di 2 le formule forniscono risultati a favore della sicurezza, mentre per gas
con densità minore di 0,5 le formule forniscono dati comunque validi allo scopo.
dove:
Il grado della ventilazione negli ambienti aperti, se si escludono fosse o sottotetti che dovrebbero
essere considerati ambienti chiusi, può essere:
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Il grado della ventilazione negli ambienti chiusi può essere:
b) se l’atmosfera esplosiva corrispondente fosse innescata, l’entità del danno prevedibile definito
tramite una valutazione del rischio, è ritenuta trascurabile.
Quando il volume Vz è trascurabile, il tempo t non influisce sulla valutazione del grado della
ventilazione.
Per definire l’efficacia della ventilazione è previsto un ulteriore elemento, la disponibilità, che esprime
il livello di disponibilità del grado di ventilazione considerato.
SCARSA quando la ventilazione considerata non risponde ai requisiti di buona o adeguata; tuttavia
non sono previste interruzioni per lunghi periodi, nel qual caso occorre assumere un altro
grado di ventilazione, più basso, con una migliore disponibilità.
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Influenza della ventilazione sui tipi di zone
Grado della ventilazione
Grado
Alto Medio Basso
della
emissione Disponibilità della ventilazione
Per la determinazione dell’estensione delle zone pericolose è necessario analizzare ogni caso specifico
tenendo presente:
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Modalità di emissione
Le sostanze infiammabili possono essere emesse dai sistemi di contenimento in modi diversi in relazione
allo stato ed alla velocità di emissione:
a) stato:
- gas o vapore (in singola fase);
- liquido, che evapora in modo trascurabile nell’emissione (singola fase);
- liquido o gas liquefatto, che evapora nell’emissione.
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Le aperture come possibili sorgenti di emissione
Le aperture tra luoghi diversi dovrebbero essere considerate possibili sorgenti di emissione.
Il loro grado di emissione dipende da:
- tipo di zona del luogo dal quale proviene il pericolo (a monte dell’apertura);
Esempi:
- passaggi aperti per l’accesso o il passaggio di servizi, come condutture, tubazioni che attraversano
pareti, soffitti e pavimenti;
- uscite di ventilazione fisse dei locali ed aperture simili, dei tipi B, C, e D, che vengono aperte
frequentemente o per lunghi periodi.
Tipo B – Aperture che sono normalmente chiuse (es. con dispositivo di autochiusura), aperte poco
frequentemente e che hanno una buona tenuta su tutto il perimetro.
Tipo C – Aperture normalmente chiuse o aperte poco frequentemente, conformi a quelle di tipo B,
provviste inoltre di dispositivi di tenuta (es. una guarnizione) su tutto il perimetro; oppure,
due aperture di tipo B in serie, dotate di dispositivi indipendenti di autochiusura.
Tipo D – Aperture normalmente chiuse conformi a quelle di tipo C, apribili solamente con mezzi
speciali od in caso di emergenza.
Le aperture di tipo D sono sicuramente a tenuta, come nei passaggi di servizi (es. condutture,
tubazioni); oppure, possono essere una combinazione di una apertura di tipo C, adiacente al
luogo dal quale proviene il pericolo, in serie ad un’altra apertura di tipo B.
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Condizioni per l’applicabilità della regola del filo teso
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PROCEDIMENTO GENERALE DI CLASSIFICAZIONE DEI LUOGHI PERICOLOSI (riepilogo)
a) Si individuano gli ambienti e le relative caratteristiche;
c) Si individuano le SE;
(Esempio di foglio dati per la classificazione dei luoghi pericolosi - Elenco delle sorgenti di emissione):
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e) Si analizzano le influenze di tutte le emissioni sulla classificazione del luogo considerando il loro grado
(Nell’appendice GB.4 della guida, sono riportate diverse formule per il calcolo della portata di emissione)
(Per le emissioni di secondo grado nell’appendice GB della guida sono riportati criteri di valutazione
e dimensioni dei fori di emissione conseguenti a guasti o anomalie del sistema per alcuni componenti
tipici degli impianti, riportati in tabella, ed eventualmente se siamo o meno in presenza di vento).
Sorgente di emissione Area del foro (mm2)
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g) per ogni luogo si definiscono i valori di riferimento di temperatura ambiente e grado e disponibilità
della ventilazione;
h) per ogni SE e grado di emissione si determina il tipo di zona pericolosa, valutando se al caso in esame
sono applicabili Guide, Raccomandazioni relative a specifiche industrie o Applicazioni, nel rispetto
comunque della norma;
i) per ogni SE e grado di emissione si calcola la distanza dz (ad eccezione degli ambienti chiusi con
estensione a tutto l’ambiente);
l) la classificazione si ottiene dall’inviluppo delle singole zone pericolose determinate come indicato nei
punti precedenti.
DOCUMENTAZIONE
c) Posizione delle aperture negli edifici (porte, finestre, ingressi e uscite dell’aria di ventilazione.
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Esempio n°1 - Una normale pompa industriale (portata 50 m3/h, a bassa pressione)installata a livello del
suolo, situata all’aperto, che pompa liquido infiammabile.
Esempio n°2 - Una normale pompa industriale (portata 50 m3/h, a bassa pressione)installata a livello del
suolo, situata al chiuso, che pompa liquido infiammabile.
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Esempio n°3 – Valvola di sfioro in aria libera, da un serbatoio di processo (pressione di apertura
circa 0,15 MPa).
Esempio n°4 – Valvola di regolazione, installata in un sistema di tubazioni a circuito chiuso che
trasportano gas infiammabile.
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Esempio n°5 – Miscelatore industriale di tipo fisso, situato all’interno, che viene regolarmente aperto per
ragioni funzionali. I liquidi vengono immessi e scaricati attraverso tubazioni
completamente saldate e flangiate al miscelatore.
Dimensioni:
a) 1 m in orizzontale dalla SE;
b) 1 m al di sopra della SE;
c) 1 m in orizzontale;
d) 2 m in orizzontale;
e) 1 m sopra il suolo.
Esempio n°6 – Serbatoio di stoccaggio di liquido infiammabile, situato all’esterno, con tetto fisso e senza
tetto galleggiante interno.
Dimensioni:
a) 3 m a partire dallo sfiato;
b) 3 m al di sopra del tetto;
c) 3 m in orizzontale dal serbatoio.
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Esempio n°7 – Impianto di carico autobotti, situato all’esterno, per benzina, carica dall’alto.
Dimensioni:
a) 1,5 m in orizzontale dalla SE;
b) in orizzontale fino al limite della
passerella di carico;
c) 1,5 m al di sopra della SE;
d) 1 m sopra il livello del suolo;
e) 4,5 m in orizzontale dal canale di
drenaggio;
f) 1,5 m in orizzontale dalla zona 1;
g) 1 m al di sopra della zona 1;
h) 3 m in orizzontale dalla zona 2.
SOSTANZE INFIAMMABILI
Occorre accertare la presenza di quantità significative di polveri combustibili, che possono formare
con l’aria atmosfere esplosive.
La Norma adotta il concetto simile a quello utilizzato per i gas e i vapori infiammabili, di usare la
classificazione delle aree allo scopo di fornire una valutazione del rischio di incendio e/o esplosione
da nubi di polvere.
Attualmente non vi è una guida alla norma (che è allo studio per aiutare gli esperti nella classificazione),
per cui per avere un elenco non esaustivo di polveri e delle relative caratteristiche chimico-fisiche
occorre riferirsi ancora alla Tabella II della Norma CEI 64-2, dove invece il capitolo IV sulla
classificazione dei luoghi per la presenza di polveri (ex. Classe 2) non è più in vigore.
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I pericoli presentati dalle polveri combustibili sono:
1) La formazione di una nube di polvere da qualsiasi sorgente di emissione, compreso uno strato di
accumulo tale da formare un’atmosfera esplosiva.
2) La formazione di strati di polvere non suscettibili di formare una nube di polvere ma in grado di
accendersi a causa di auto-riscaldamento o superfici calde, e provocare un pericolo d’incendio o
di surriscaldamento dell’apparecchiatura.
Lo strato acceso può, inoltre, fungere da sorgente di innesco per un’atmosfera esplosiva.
Il pericolo di esplosione è tanto maggiore quanto minori sono le dimensioni delle particelle di polvere.
Stimare il volume di atmosfera esplosiva che la polvere può originare è molto difficile, ma essenziale,
perché se la quantità di polvere in gioco determina un volume di atmosfera pericolosa trascurabile, si
evita ogni problema (in genere volumi di atmosfera da 1 a 100 dm3).
La “Classe di esplosione della polvere” (St) dipende dal valore di Kst come di seguito indicato:
Per avere un’esplosione pericolosa la quantità di polvere emessa deve essere tale per cui la sua
concentrazione in aria superi il LEL in un volume significativo di aria:
- se il volume di aria nel quale la concentrazione supera il LEL è piccolo, l’energia sviluppata e la
conseguente sovrapressione determinano un danno per le persone e/o per l’ambiente tollerabile.
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SORGENTI DI EMISSIONE E GRADI DI EMISSIONE PER LE NUBI DI POLVERE
Le sorgente di emissione (SE) di polveri sono costituite da un punto o da un luogo dal quale la polvere
può essere emessa o sollevata, in modo tale da formare una atmosfera di polvere/aria esplosiva.
Questo comprende strati di polveri combustibili in grado di essere dispersi e di formare una nube di
polvere.
luoghi nei quali una nube di polvere può essere presente continuamente o per lunghi periodi, oppure
per brevi periodi a intervalli frequenti.
es:
a) l’interno di sistemi di contenimento di polveri: tramogge, sili, ecc., cicloni e filtri;
b) sistemi di trasporto polveri, eccetto alcune parti dei trasportatori a nastro e a catena, ecc.;
es:
d) macchinari e recipienti aperti che emettono polveri nel funzionamento ordinario (mulini,
polverizzatori, crivelli, classificatori, miscelatori, macine, apparecchi per l’insaccaggio,
essiccatoi, ecc.);
e) bocche, porte, passi d’uomo, ecc. per l’ispezione o il campionamento (almeno una volta ogni turno
di lavoro);
f) cumuli di polvere che si formano all’esterno degli apparecchi (la polvere potrebbe essere sollevata
in aria a causa delle operazioni di processo o di fatti occasionali esterni).
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- emissione di secondo grado:
sorgente che si prevede non possa rilasciare polveri combustibili occasionalmente durante il
funzionamento ordinario, ma se avviene è possibile solo poco frequentemente e per brevi periodi.
es:
a) sorgenti di emissione di cui alle lettere a), b), c) e d) precedenti, ma queste sono chiuse (non aperte
come nel caso precedente) e sono ipotizzabili condizioni di guasto o anomalie tali per cui la polvere
può fuoriuscire dal sistema di contenimento (depositi, macchine, flange, tubi flessibili, ecc.);
b) sorgenti di emissione di cui alle lettere a), b), c) e d) precedenti, ma dotate di un sistema localizzato
di asportazione polveri;
c) bocche, porte, passi d’uomo, ecc. per l’ispezione o il campionamento aperte non frequentemente
(non una volta ogni turno di lavoro);
e) depositi dove si movimentano sacchi di prodotti polverosi (bisogna valutare la probabilità che il
sacco si possa rompere);
f) strati di polvere, che si formano in conseguenza di emissioni vere e proprie o di polvere presente
nell’aria a causa di perdite continue dai macchinari (emissioni strutturali).
a) recipienti in pressione, la struttura principale dell’involucro compresi gli ugelli e i passi d’uomo
chiusi;
b) tubi, condotti e derivazioni senza giunti flangiati, purché nella loro progettazione e costruzione sia
stata tenuta adeguata considerazione alla prevenzione di perdite di polveri.
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DETERMINAZIONE DEL TIPO ED ESTENSIONE DELLA ZONA
Secondo la Norma devono essere definite le zone per ciascuna SE e ciascun grado di emissione.
Il tipo di zona è strettamente correlato da un legame di causa-effetto al grado di emissione, per cui
in generale una presenza continua di una nube di polvere genera una zona 0, quella di primo grado
una zona 1 e quella di secondo grado una zona 2.
Per le aperture come possibili sorgenti di emissione, la norma non dice niente.
In analogia con quanto diceva la norma 64-2, la zona pericolosa si poteva estendere solo attraverso
aperture senza serramento, per cui per il momento è meglio evitare aperture di questo tipo.
Zona 20
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Zona 21
- l’interno di alcune apparecchiature di movimentazione delle polveri in cui è probabile che si produca
una miscela di polveri esplosive/aria.
- in genere è sufficiente una distanza di 1 metro intorno alla sorgente di emissione (con
un’estensione verticale verso il basso fino a terra, o fino al livello di un pavimento continuo).
(Nel caso di zone all’aperto, il limite della zona 21 può essere alterato a causa degli effetti meteorologici.)
- laddove la diffusione è limitata da strutture (muri, ecc.) le superfici di queste strutture possono essere
considerate come il limite della zona.
- per considerazioni pratiche, può essere opportuno classificare l’intera area considerata come zona 21.
Zona 22
- laddove la diffusione è limitata da strutture (muri, ecc.) le superfici di queste strutture possono essere
considerate come il limite della zona.
- per considerazioni pratiche, può essere opportuno classificare l’intera area considerata come zona 22.
Una zona 21 non limitata (da strutture metalliche, es. un recipiente con un pozzetto aperto) posta
all’interno, è sempre circondata da una zona 22.
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Estensione delle zone con pericolo di esplosione per la presenza di polveri:
a) Zona 20 all’interno dei contenitori;
b) Zona 21 e zona 22 in corrispondenza di una emissione di primo grado;
c) Zona 22 in corrispondenza di una emissione di secondo grado.
La zona 22 si estende a tutto il locale se gli strati di polvere sono diffusi, oppure la quantità di polvere
emessa è notevole in relazione alle dimensioni del locale, specie se la polvere è leggera e molto fine.
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Procedura per la classificazione di un luogo con pericolo di esplosione per la presenza di
polveri combustibili.
Esempi di classificazione
Esempio n°1 – Unità di svuotamento sacchi all’interno di un edificio senza sistema di estrazione aria.
(In questo esempio i sacchi vengono svuotati manualmente di frequente in una tramoggia, dalla quale il
contenuto è trasportato con sistemi pneumatici in un’altra parte dell’impianto. Parte della tramoggia è
sempre piena di prodotto).
Legenda:
Zona 20 – interno della tramoggia, data la presenza di una miscela di polveri esplosive/aria
frequentemente, o persino continuamente.
Zona 21 – la bocca di carico aperta è un’emissione di primo grado. Conseguentemente attorno alla bocca
viene definita una zona 21 con un’estensione di 1 m dal suo bordo e fino al pavimento.
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Esempio n°2 – Unità di svuotamento sacchi all’interno di un edificio con sistema di estrazione aria.
(Come l’esempio precedente ma in questo caso è previsto un sistema di estrazione aria. In questo modo la
polvere può essere contenuta all’interno del sistema quanto più possibile).
Legenda:
Zona 20 – interno della tramoggia, data la presenza di una miscela di polveri esplosive/aria
frequentemente, o persino continuamente.
Zona 22 – la bocca di carico aperta è un’emissione di secondo grado. Non vi è fuga di polveri in
funzionamento ordinario, grazie al sistema di estrazione delle polveri. Conseguentemente
attorno alla bocca viene definita solo una zona 22 con un’estensione di 1 m dal suo bordo e
fino al pavimento.
(Il ciclone e il filtro fanno parte di un sistema di estrazione ad aspirazione. Il prodotto estratto passa
tramite una valvola rotante a funzionamento continuo e cade in un bidone chiuso. La quantità di
materiali fini è molto bassa, per cui gli intervalli di pulitura sono lunghi, l’interno quindi contiene una
nube infiammabile solo sporadicamente durante il funzionamento ordinario).
Legenda:
1 – zona 22
2 – zona 20
3 – pavimento
4 – ciclone
5 – al sito del prodotto
6 – entrata
7 – filtro
8 – al recipiente di affinamento
9 – ventilatore estrattore
10 – alla bocca di scarico
11 – zona 21
Zona 20 – interno del ciclone, data la presenza di una miscela di polveri esplosive/aria frequentemente,
o anche continuamente.
Zona 21 – lato sporco del filtro solo se piccole quantità di prodotto non sono raccolte dal ciclone durante
il funzionamento ordinario. In caso contrario, il lato sporco del filtro è una zona 20.
Zona 22 – si estende per 1 m intorno all’uscita del condotto e fino al pavimento (non si vede nel disegno).
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PERICOLO DA STRATI DI POLVERE
Lo strato di polvere è da considerarsi una vera e propria SE, perché la polvere che forma lo strato può
essere sollevata per un fatto accidentale e quindi formare una nube, che se innescata può generare
un’esplosione.
La norma non dice qual è lo spessore minimo di uno strato pericoloso, ma strati di 1 millimetro
possono già essere pericolosi.
Un elemento fondamentale per la limitazione dello strato di polvere è la pulizia, che il responsabile
dell’impianto deve dichiarare.
1) un’esplosione primaria all’interno di un edificio può sollevare strati di polvere sotto forma di nubi e
provocare esplosioni secondarie più pericolose del primo evento.
2) Strati di polvere possono essere innescati dal calore proveniente dalle apparecchiature sulle quali si
trovano (in questo caso il rischio è di incendio più che di esplosione).
3) Uno strato di polvere può essere sollevato in una nube, incendiarsi su una superficie calda, e
provocare un’esplosione.
Questi rischi dipendono dalle caratteristiche della polvere e dallo spessore degli strati, che è
influenzato dai criteri di mantenimento della pulizia.
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Si considerano tre livelli di mantenimento della pulizia:
Buona: gli strati di polvere sono mantenuti a spessori trascurabili, oppure sono assenti,
indipendentemente dal grado di emissione.
Adeguata: gli strati di polvere non sono trascurabili ma di breve durata (meno di un turno).
Scarsa: gli strati di polvere non sono trascurabili e perdurano per oltre 1 turno.
Uno scarso mantenimento della pulizia unito a condizioni suscettibili di creare una nube di polvere
durante il funzionamento ordinario, dovrebbe essere evitato.
Uno scarso mantenimento della pulizia unito a condizioni suscettibili di creare una nube di polvere
durante il funzionamento anormale, può costituire una zona 22.
Allegato B – Rischio di incendio dall’innesco di uno strato di polvere dovuto ad una superficie calda.
DOCUMENTAZIONE
c) Parametri di processo che influiscono sulla formazione di miscele di polveri/aria e di strati di polvere;
d) Proprietà dei materiali di processo, es.: temperature di innesco di nubi e strati, limiti di esplodibilità,
resistività elettrica, umidità e dimensioni delle particelle.
a) Piante e prospetti che riportino il tipo ed estensione delle zone, l’estensione degli strati di polvere, le
temperature minime di innesco delle polveri e massima temperatura superficiale ammessa per le
apparecchiature;
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